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<div align="center"><div style="background-color: #424242; border-radius: 10px; border: 3px solid #FF5555; width: 600px; color: #CECECE; line-height: 120%; text-align: justify; padding: 20px; font-size: 11px; font-family: Verdana">
<div style="float: left; margin-right: 10px"><img width= "200 px" src="https://image.forumcommunity.it/1/0/7/5/2/2/0/4/1620489503.jpg"></div>
<table align="center" class="cquote" style="border-collapse: collapse; border-style: none; background-color: transparent;">
<tr>
<td width="20" valign="top" style="color: #FF5555; font-size: 35px; font-family: 'Times New Roman',serif; font-weight: bold; text-align: left; padding: 9px 10px 0pt;">“</td>
<td valign="center" style="padding: 4px 10px 5px;"><i>[...] Sai, ci sono solo due cose che mi aiutano a schiarire le idee quando sono confuso: allenarmi fino allo sfinimento, oppure… scrivere.
[...] In realtà, mi sono reso conto che scrivere è molto più utile per capire sé stessi di quanto possa sembrare. Inoltre è più semplice di parlare!
[...] Quindi credo che questo quaderno e una bella penna potrebbero esserti d’aiuto più di quanto potrei esserlo io, o chiunque altro, in questo momento.</i></td>
<td width="20" valign="bottom" style="color: #FF5555; font-size: 35px; font-family: 'Times New Roman',serif; font-weight: bold; text-align: right; padding: 10px 10px 0px;">”</td>
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<td style="padding-top: 0pt;" colspan="3"><p style="font-size: 9px; line-height: 1em; text-align: right;"><cite style="font-style: normal;">~ Kyōmei Yūzora</cite></p></td>
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<p align="center">[IMG=png]https://image.forumcommunity.it/1/0/7/5/2/2/0/4/1620493027.png[/IMG]</p>
<div data-slide= "height: adapt; effect: flyin{left}; autoslide: none; buttons: buttons, labels; style: forumfree;">
<div data-label="Prologo">
<fieldset style="background-color: #E8E4D6; border: 3px solid #aaa697; border-radius: 10px; color: black; line-height: 120%; text-align: justify; padding: 10px; font-size: 13px; font-family: Book Antiqua;">
<p align="center"><b style="font-size: 20px">~ Prologo:</b></p>
<fieldset style="border: none; overflow: auto; height: 400px">
[color=#999999]<p align="center"><b>Senti Yu…ma tu dove sei?</p></b>[/color]
Una domanda semplice, addirittura sciocca considerando che la direttrice dell’orfanotrofio mi aveva proprio davanti a sé. Eppure i suoi occhi grigi da lupo osservavano al di là di ciò che ero…scrutavano a fondo nella mia anima, frugando di qua e di là, alla ricerca di quel bambino rintanato al buio, al sicuro da tutto e da tutti, dove nulla avrebbe potuto toccarlo mai più o farlo soffrire. Perché è lì che ero io, non mi sono più mosso da là sotto per anni, nascosto alla vista dei più.., ma non alla sua.
In qualche modo lei mi aveva capito, aveva capito che il viso felice e spensierato, o indifferente e canzonatorio che mostravo non era altro che una maschera. Un bel costume costruito attorno ad un’anima distrutta, schiacciata e spaventata che se ne stava lì ferma sotto il letto. Il luogo da cui ho osservato impotente i miei genitori venire uccisi. Oh, ma nemmeno quell’evento è stato la causa di questo mio comportamento, no. E’ stato solo la conclusione di un ciclo.
Il punto di partenza è che sono nato <i>sbagliato</i>.
I miei genitori si aspettavano qualcosa di diverso evidentemente, qualcosa di più, qualcosa che io non avrei mai potuto dargli. Da bravi ninja di Kiri desideravano un figlio che avrebbe seguito le tracce del padre, dotato di poteri ed abilità particolari. E invece sono nato io, tutto mia madre; ottima ninja eh…ma priva di qualsivoglia speciale capacità.
E io ero il suo riflesso in miniatura.
Non se ne resero conto subito, ovviamente, venni trattato bene ed amato finchè non fu evidente la realtà dei fatti: io non ero che inutile spazzatura.
[color=#339999]<p align="CENTER"><b>Avrei preferito che non fossi mai nato. </b></p>[/color][color=#000000]
Sono stato rifiutato, non ero più voluto. Ah certo, in pubblico eravamo la classica famigliola felice, ma in casa per me non c’era verso d’avvicinarmi a loro. Ogni volta che lo facevo, la loro aperta negazione mi procurava nuove ferite…finché un giorno rinunciai a provarci, anzi no a sperarci. Me ne feci una ragione, mi nascosi nella parte più profonda del mio stesso essere e lì rimasi: per evitare di soffrire, per evitare di far soffrire gli altri, per evitare di causare dolore a me e loro. Rinunciai al diritto d’avere quello che aveva chiunque altro e accettai la cosa come se fosse scontata.
E lo stesso feci quel giorno che mia madre mi fece nascondere sotto il letto. Non capii il motivo di proteggere della spazzatura come me, proprio lei che come mio padre mi aveva rifiutato. Forse venne mossa da pietà, forse in fin dei conti qualche goccia d’amore materno le era rimasto. Bah non mi interessava, accolsi il suo comportamento come al solito ed osservai la fine dei miei genitori da lì sotto. Non seppi mai il motivo, non lo cercai e non desiderai nemmeno comprenderlo. Era solo l’ennesimo fatto da accettare ed archiviare. Nulla di più.
Da quel giorno iniziai ad osservare la vita scorrere di fronte a me, semplice spettatore vivente dei fatti, mentre il mio vero io se ne stava nascosto sotto il letto di quella casa ormai lontana e vuota. Venni portato in uno dei tanti orfanotrofi di Kiri e lì, in qualche modo, nonostante il mio essere e non essere, alcuni degli altri bambini si legarono a me. Loro definivano il nostro gruppo una “famiglia”. Curioso come si potesse chiamare tale un’accozzaglia di ragazzini che si erano conosciuti nella peggiore situazione possibile e in un villaggio come quello della Nebbia. Tuttavia anche non credendo fino in fondo a quel concetto come loro, iniziai a sentirmi legato ai miei compagni, in special modo a Kai, l’unico che conoscesse le circostanze che mi avevano portato in quel luogo.
Mi sentivo abbastanza responsabile da farmi picchiare dai bulli purché loro ne restassero fuori, infondo se ero io l’unico a soffrire andava bene, lo avrei accettato come sempre.
Ed era quello il motivo che mi aveva portato dalla direttrice anche quel giorno.
Un bell’occhio nero e la faccia pesta erano una ragione abbastanza buona per essere finito in quell’ufficio, specialmente considerando il fatto che non avevo minimamente reagito, come al solito. Era questo che, a quanto pareva, preoccupava gli adulti, quello che loro definivano tendenza masochistica all’autodistruzione.
Non capivano perché, pur avendone la possibilità – quantomeno secondo il loro metro di giudizio – non mi facessi valere, perché mi facessi picchiare di fronte a coloro che mi amavano. Una domanda stupida ai miei orecchi, mi sembrava ovvio che lo facessi per proteggerli no? Eppure, secondo loro, questo mio comportamento non era normale.
[/color][color=#FF9933]<p align="center"><i>Che sia a me che sta sfuggendo qualcosa?</i></p>[/color]
La domanda mi balenò in testa per qualche istante per poi sfuggire via, inghiottita dalle pieghe della coscienza. Era assurdo, se solo io venivo tirato in ballo tutto andava bene. Almeno così credevo fino a quel giorno.
Ennesima rissa come tante, ormai i bulli ci avevano preso gusto a prendermi di mira considerato che non reagivo. Certo, non per il motivo che credevano loro, ma questo aveva poca importanza. Tuttavia quella volta qualcosa andò diversamente: eravamo solamente io e Kai, lui preso in ostaggio e io che subivo per entrambi, perché era questo il mio compito, no?
Allora perché gli occhi glaciali di Kai trasudavano rabbia e dolore verso di me? Perché sembrava stesse trattenendo delle parole che da troppo tempo teneva per sé?
Fu mentre un pugno mi colpiva vicino alla tempia, stordendomi, che sentii finalmente quei pensieri uscire come un'onda di piena dalle labbra contratte dall’ira del mio compagno.
Un’ira talmente bruciante che riuscì a raggiungermi nel luogo dove mi nascondevo da tanto tempo.
[color=#99ccff]<p align="center"><b>Esci da sotto quel letto, Yu! Smettila di nasconderti! Nessuno ha bisogno che ti sacrifichi in questo modo! Nè io, né tanto meno tutti gli altri…Non lo sai? Chi non ha rispetto per la propria vita non può proteggere quella degli altri! Quindi svegliati e reagisci! Esci da lì e vieni a proteggere la tua famiglia sul serio!</b></p>[/color]
Io ne avevo davvero il diritto? Potevo fare ciò che desideravo davvero, senza temere ripercussioni? Potevo tornare a sperare e a seguire il mio istinto, le mie brame e i miei obiettivi pur essendo solamente un rifiuto? A questo punto forse sì…in fin dei conti sembrava che il mio modo di fare più che essere d’aiuto a Kai e gli altri, li stesse facendo soffrire, proprio ciò che non volevo accadesse.
Bastò un attimo. Quello di realizzare che se anche i miei genitori non avevano avuto stima di me, la mia nuova famiglia, contrariamente, sembrava nutrirne molta. Seguendo le parole di Kai, nutrendomi di quella fiducia e della speranza ch’esse mi infusero, strisciai fuori dal letto e ripresi possesso della mia vita in pochi secondi. Quanto serviva per fermare l’ennesimo pugno e restituirlo con gli interessi di decine di pestaggi passati semplicemente a subire.
Ero furioso, a causa della mia inettitudine avevo sprecato parte della mia vita a pensare di non poter fare ciò che desideravo semplicemente perché inadeguato. Avevo smesso di combattere ancora prima d’iniziare, ma da quel momento in poi sarebbe stato diverso.
Probabilmente anche i bulli si resero conto che qualcosa in me era cambiato, perché si dileguarono in pochi istanti, spaventati dallo stesso giocattolo con cui si erano divertiti per così tanto tempo. Patetici.
Per la prima volta, sorrisi davvero a colui che mi aveva trascinato fuori a forza da quella condizione di indifferente distacco ed accettazione in cui mi ero rinchiuso da solo…ma fu anche l’ultima volta che lo vidi. Dopo quell’ennesima rissa, la direttrice dell’orfanotrofio decise di dividere il gruppo che vi aveva preso parte: ognuno di noi venne inviato in altri istituti del Villaggio e, di fatto, la mia famiglia si sfaldò. Non ho idea di dove sia finito Kai, tuttavia conto di riuscire a rivederlo, in fin dei conti Kiri non è poi così grande e poi lui…sa benissimo difendersi da solo. Se l’avessi capito prima forse avremmo potuto evitare un bel po’ di problemi, ma ormai è tardi per queste recriminazioni.
Ho altro a cui pensare adesso.
In fin dei conti sono stato fortunato: proprio ora che finalmente sono riuscito a riprendere possesso della mia vita, sono finito nell’unico luogo di Kiri in cui anche chi come me è nato senza particolari capacità ha la possibilità di diventare un ninja abile. Si dice che, proprio qui, nell’orfanotrofio più grande del Villaggio, abbia sede il clan Awa ed io ho tutta l’intenzione di entrare a farvi parte. Basta nascondersi, basta pensare che la mia vita valga meno di quella degli altri. Adesso ho intenzione di vivere fino in fondo, di divertirmi, di rifarmi di tutto ciò che in questi anni ho perso e lasciato scivolare via di fronte al mio naso. I miei desideri valgono tanto quanto quelli di chiunque perchè io esisto, ed esistere non è un peccato.
E’ con questo spirito che, anche se con qualche anno di ritardo, mi sono iscritto all’Accademia ninja di Kiri. La scuola non era molto diversa dall’orfanotrofio, infondo. Soliti bulletti che spadroneggiavano e si pavoneggiavano, credendosi superiori agli altri, anche se non era detto fosse davvero così. Stesse scene a cui avevo già assistito se non come osservatore, come protagonista. Ma non avrei più lasciato che accadesse, non a me.
Le parole di Kai si erano incise a fuoco nella mia testa e seguendo il loro chiaro eco, non mi feci più mettere i piedi in testa da nessuno e per nessun motivo al mondo.
Adesso avevo un obiettivo da raggiungere e una vita da vivere, quindi nascondersi non era concesso.
Furono necessarie solo un paio d’occasioni perché i bulli capissero che dovevano lasciarmi in pace e, messe in chiaro le cose, non ebbi più nessun intralcio nello studio delle arti ninja, tanto che all’età di sedici anni, riuscii ad ottenere il diploma da Genin e quel coprifronte a cui tanto avevo ambito: l’inizio della mia rivalsa sulla vita e su me stesso.
Fu una sorpresa venire a sapere che in fin dei conti, qualcosa da mio padre avevo ereditato…uno sberleffo del destino forse, ma fatto sta che come lui possiedo chakra di tipo Suiton. Ora, non mi resta che dare il meglio di me e cercare di entrare a far parte del Clan Awa: non mi arrenderò di fronte a nulla pur di riuscirci. Ho fatto una promessa a me stesso e a Kai e cascasse il mondo, ho tutta l’intenzione di mantenerla.</fieldset>
</fieldset></div>
<div data-label="Volume 1">
<fieldset style="background-color: #E8E4D6; border: 3px solid #aaa697; border-radius: 10px; color: black; line-height: 120%; text-align: justify; padding: 10px; font-size: 13px; font-family: Book Antiqua;">
<p align="center"><b style="font-size: 20px">~ Volume 1:</b></p>
In seguito alla mia promozione, ho deciso di tenere una sottospecie di diario. In previsione del mio reincontro con Kai gli altri, non volevo proprio presentarmi a mani vuote senza storie da raccontare! Loro e io stesso, venivamo sempre rapiti quando gli adulti ci raccontavano quelle strane leggende, o resoconti reali di fatti accaduti in passato. Ma perché guardare solo indietro? A volte basta aprire occhi e orecchi e darsi un’occhiata attorno, per trovare qualcosa da raccontare. E a Kiri di storie ce ne sono veramente un sacco, basta saperle vedere, basta saperle ascoltare. Ciò che scriverò di seguito saranno quelle che mi riguardano, da vicino o da lontano, tenute nero su bianco per evitare di dimenticare. La mia memoria è buona, ma prima che riveda i miei fratelli potrebbero passare ancora degli anni. Ne sono passati già quattro da quando ho lasciato il vecchio orfanotrofio d’altronde. Avete presente che figura se dopo tutto il tempo in cui siamo rimasti divisi mi presentassi senza uno straccio di storia?
Ecco, sì. La sensazione è più o meno quella. Un misto di vergogna e senso di colpa, che non ho la benchè minima intenzione di provare! Quindi ecco qui le mie novelle: non aspettatevi chissà cosa eh, sono un ninja non uno scrittore.
<b style="font-size: 15px; color: #FF9933">~ Cap. 1</b>
<ul><li><b>Kiri, in una giornata qualunque.</b></li></ul>
<fieldset style="border: none; overflow: auto; height: 200px">
Nebbia. Quella mattina nel Villaggio c’era davvero una nebbia fittissima. Mi alzai con la voglia di fare di un bradipo e decisi di oziare ulteriormente all’aria aperta, per osservare i flutti della bruma che s’alzavano sinuosi nel cielo plumbeo del Villaggio. Certo, non mi sarei mai immaginato di imbattermi in un capannello di persone proprio nel bel mezzo della radura dove andavo di solito a riposare! Era davvero un bel miscuglio di personalità quello, credetemi, ed era destinato a crescere. Due Chunin, una studentessa, un Genin come me e…un cadavere. Sì, sì proprio un cadavere! Una bella fanciulla a dirla tutta, se non fosse stato per lo squarcio che aveva sulla gola sarebbe sembrata semplicemente addormentata tra le margherite, ma non fu quello ad attirare la mia attenzione. Di cadaveri a Kiri se ne vedono tutti i giorni, e quello non aveva nulla di interessante: sembrava la triste conclusione di uno stupro o di una rapina, oppure chissà magari di semplice furia omicida. In ogni caso la mia attenzione venne presto catturata dal ragazzo Corvino, quello che probabilmente era un mio coetaneo. Somigliava in maniera assurda a qualcuno che conoscevo, ma ci volle un po’ prima che mi rendessi conto che colui che la mia memoria andava cercando, altri non era se non lo Yondaime Mizukage, Ki Momochi. Non avete idea della scenata che quel ragazzo ha fatto al mio evidenziare la cosa!
Totalmente sclerato, ha addirittura ammesso di essere il figlio di quel Kage! Ma la sua scena fu talmente buffa che non riuscii ad esimermi dal ridere. Se fossi stato al suo posto, mi sarei picchiato da solo, ma…lui non lo fece. E ancora mi chiedo perché. Glielo chiederò la prossima volta che lo incontrerò.
In seguito a questo divertente teatrino, ho provato a chiedere all’unico Chunin rimasto se avesse intenzione di occuparsi o meno di quel corpo ma quel tale, che si presentò come Shirō, dimostrò d’essere svogliato almeno come l’altro suo collega e dopo aver confermato che non aveva alcuna voglia di occuparsene se ne andò. A quel punto sembrava che tutto stesse volgendo al termine nella radura, ma ai presenti si aggiunsero presto due nuovi arrivati, altri due studenti, un ragazzo dai capelli blu che aveva tutta l’aria di avere appena visto un fantasma e una scheletrina molesta. Gli eventi che seguirono li ricordo perfettamente. Non appena quella ragazzina si mise a chiacchierare, non dimostrando rispetto alcuno per il cadavere della fanciulla, il Corvino la inchiodò a terra con la sua katana. In quel momento…solamente per un istante, provai pena per la studentessa. Ma fu una cosa breve. Uno sbaglio, perché non appena quella aprì bocca dimostrando di non tenere minimamente alla propria vita, invitando quel ragazzo a continuare, rividi il me stesso di un tempo. Quello Yu che per quanto volesse proteggere la sua famiglia, non lo faceva nel modo opportuno lasciandosi picchiare gratuitamente nella vana certezza che così gli altri non avrebbero sofferto. In qualche modo quella ragazzina mi ricordava il vecchio me, quello che non aveva rispetto per la propria vita. E la odiai. Sperando, nel luogo più oscuro di me, che il Corvino la facesse fuori veramente, iniziai a scommettere con Nuru, lo studente dai capelli blu. Un po’ perché di lei non me ne fregava nulla, un po’ perché come tutti in quel prato non potevo fare a meno di stare lì a vedere come sarebbe finita, specialmente dopo l’intervento fortuito di Shirō, tornato indietro per grazia divina, che salvò la pelle alla scheletrina, dimostrando di tenere alla sua vita molto più di lei stessa. Restai con Nuru, pronto a proteggerlo in caso lo scontro fosse degenerato, ma…tutto finì ancora prima di iniziare, portandomi a vincere una scommessa che credevo persa in partenza. Mmmh…credo che Nuru sia il mio primo amico da quando ho finito l’Accademia. In qualche modo mi ricordava i miei fratellini e, in una situazione come quella che si era andata a creare lì alla radura, ho sentito di doverlo proteggere. Sono proprio un caso perso!
Comunque in seguito a tali fatti, il Corvino che ora sapevo chiamarsi Netsubō Shi, portò la ragazzina, da lui stesso ferita, all’'ospedale, mentre io e Shirō, in seguito alla comunicazione di altri due cadaveri nei Giardini da parte dell’altro Chunin che era tornato, decidemmo di andare a controllare: lui controvoglia ma per dovere, io perché tra tutti quegli omicidi…spiccava quello di un ninja. E uno Shinobi non poteva certo essere stato ucciso dalla mano di un assassino qualunque no? Così salutammo Nuru ed Urako, questo il nome dell’altra studentessa, e ci avviamo nei luoghi indicati. Tuttavia non ne cavammo un ragno dal buco: non c’erano tracce che potessero indicare qualsivoglia cosa sull’omicida, se non che fosse uno a cui piaceva fare le cose in maniera appariscente. A quel punto decidemmo di allontanarci per parlare un po’ e mettere qualcosa sotto i denti. La scelta del posto venne data a me, quindi decisi di giocare in casa, in una zona a me molto conosciuta , portando Shirō da Tako-san che, a mio avviso, è il miglior cuoco di Takoyaki di tutta Kiri! Davanti alle polpettine di polpo e ad una bottiglia di buon sakè, atto a festeggiare il mio tentativo d’ingresso nel Gruppo Awa che sarebbe avvenuto il giorno seguente, io e Shirō iniziammo a raccontarci. E’ incredibile come l’alcool sciolga la lingua, eh? In altre circostanze, con un bacchettone come il Bianco, non so se avrei detto cose così personali…tuttavia, vuoi perché quel Chunin aveva il tatto di un elefante, vuoi perché infondo non sembrava in cattiva fede, mi sono aperto con lui su alcuni argomenti delicati del mio passato come non facevo da molto tempo con nessuno. E lui…beh, lui ha fatto più o meno lo stesso. Non sembrava tipo da spiattellare i propri affari al primo che passava, quello lì, anzi, aveva tutta l’aria di essere un ragazzo riservato, quasi disabituato alle relazioni sociali. E doveva essere così visto che, su sua stessa ammissione, non aveva nessuno. Tuttavia devo ammettere che, nonostante alcuni momenti pungenti, è stato piacevole parlare con lui. Ancora non riesco ad afferrare bene il significato del suo Nindō, non lo condivido molto, ma forse mi è sfuggito qualcosa durante la sua spiegazione. In ogni caso, anche se del suo Credo non riesco a fidarmi e anche se sono certo che lo porterà a farsi uccidere, come ha detto Tako-san posso almeno fidarmi di lui. E così farò, magari col tempo capirò meglio che cosa passa in quella testa arruffata e bianchiccia!</fieldset>
<b style="font-size: 15px; color: #FF9933">~ Cap. 2</b>
<ul><li><b>Un posto dove stare.</b></li></ul>
<fieldset style="border: none; overflow: auto; height: 200px">
Tornare all’orfanotrofio in cui avevo passato gli ultimi quattro anni prima d’essere promosso Genin, portò con sé un misto di nostalgia e felicità. Vivere da solo era stata una mia scelta, in realtà avrei potuto benissimo restare ospite all’Hikisaku con tutti gli altri, bearmi della confusione che aveva animato per anni le mie giornate e che nulla aveva a che fare col gelido silenzio che permeava casa mia. Tuttavia non potevo permettermelo. Il mio obiettivo era di trovare e, possibilmente, riunire la mia famiglia, se possibile, un tetto sulla testa sarebbe servito. Fu con quel criterio che scelsi l’indipendenza e anche l’abitazione. I Kami vollero che una bella casetta fuori dal centro, fosse stata svalutata a causa di alcune dicerie su degli omicidi e conseguenti fantasmi che aleggiavano tra le stanze. Il prezzo era calato tanto da potermela permettere!
Ed ora ero di nuovo lì, dove tutto era iniziato. Ero nel luogo in cui avevo imparato ad ammirare ed amare lo spirito e le tecniche che i membri del Gruppo Awa utilizzavano per sollevare il morale agli ospiti dell’orfanotrofio. Erano così bizzarre ed imprevedibili che mi si addicevano alla perfezione! Quindi, non fu difficile decidere di lasciarmi alle spalle tutte le ambizioni che quei due, che si erano definiti genitori, mi avevano fatto pesare per ben otto anni. Desideri sporchi che nulla avevano a che fare con l’amore che si dovrebbe provare verso il proprio figlio. Era solo…boh non so nemmeno come definirlo. D’altronde erano loro ad avere un problema con me, non il contrario.
Fu un piacere, comunque, vedere che le cose non cambiavano mai lì all’Hikisaku, il solito ordinario e piacevole caos, si disperdeva un po’ ovunque anche nell’atrio in cui Jiyuu mi accolse affidandomi alle cure di Namine per l’addestramento. Ecco, quella ragazza.., avevo capito subito che qualcosa non andava in lei. Era così assente, quasi sempre persa nel suo mondo a soffiare bolle. Nulla la entusiasmava, nulla le interessava, è arrivata addirittura al punto di dirmi che lei non aveva piacere che qualcun altro entrasse a far parte del Gruppo! E’ un concetto strano, no? Insomma l’Awa non è un vero e proprio clan, ma credo che valgano comunque gli stessi concetti di base, e quello che Namine mi disse andava contro l’idea generale che mi ero fatto di gruppo o famiglia. Perché andando lì, oltre all’imparare le abilità degli Awa che erano solamente una minima parte dei miei obiettivi per quella giornata, avevo intenzione di trovare un posto dove stare. Ma quella ragazza sembrava sbattermi la porta in faccia ogni lì per là. Il suo stesso compito di insegnante non le piaceva: mi metteva alla prova, ma non si sforzava minimamente di nascondere il fatto che sperasse con tutta sé stessa che fallissi o che decidessi di lasciar perdere. Un tipino niente male, eh? Ma sapete una cosa? Quando mi venne proposto di cambiare Guida, rifiutai. Non solo non volevo dargliela vinta, ma avevo intravisto qualcosa nei suoi comportamenti, uno spiraglio che forse mi avrebbe permesso di comprenderla fino in fondo. Ma nulla mi fu chiaro finchè non giunse la notte. Venni invitato a dormire lì all’orfanotrofio, per riposare e completare l’addestramento il giorno seguente. Mentre mi aggiravo nei corridoi notai Jiyuu in una stanza con il lume acceso, lui mi richiamò e vidi che la ragazza stesa sotto le coltri era Namine. Senza che io chiedessi alcunché, Jiyuu mi raccontò la storia della biondina. Disse che quando Namine era una bambina, uno scricciolo coperto di fango come ce ne sono tanti alla Nebbia, fu lui a salvarla portandola al Gruppo. Dato che la piccola si dimostrò interessata e portata alle arti ninja, le venne tramandato il segreto dell’arte degli Awa e con facilità, in seguito, divenne Genin. Tuttavia, un giorno il Villaggio, che ben poco conosceva il Gruppo, la mise nella posizione di dover scegliere tra gli Awa e la fedeltà a Kiri. Namine, che era una brava kunoichi, scelse la seconda e Jiyuu venne inviato a fermarla. Due amici, o forse qualcosa di più, che si affrontavano in un combattimento col rischio di lasciarci la pelle, era sempre una brutta storia. Per loro non fu diverso, solamente quando Namine ferì Jiyuu all’occhio, accecandolo, si rese conto di cosa fosse ciò che valeva davvero. Costretta a rimanere rinchiusa a vita nell’orfanotrofio perché se fosse uscita, Kiri l’avrebbe catturata e torturata, da quel giorno Namine si era allontanata dal mondo, erigendo un muro tra lei e gli altri, mentre Jiyuu sembrava arreso all’evidenza dei fatti! Non lo tolleravo! Il modo in cui Namine aveva reagito a quella situazione era del tutto simile a ciò che era capitato a me in passato…Ma io ero stato salvato. Kai mi aveva tirato fuori a forza da quella situazione, senza arrendersi mai. Punzecchiandomi se serviva, picchiandomi se doveva, gridandomi in faccia la verità. Tuttavia Jiyuu, ai miei occhi, non stava facendo nulla di tutto questo per quella che lui definiva “la sua Namine”. Mi arrabbiai. Sputai veleno su veleno, cercando una reazione da parte sua, ma non ricevetti nulla.
Quella notte dormii poco e male. Mi chiedevo che avrei fatto in una situazione simile a quella di Namine, cosa avrei scelto tra il Gruppo e il Villaggio o tra la fedeltà agli Awa e la vita di un mio famigliare. Non riuscii a darmi una risposta certa, ma era sicuro che non ci fossero risposte giuste o sbagliate in casi come quelli. Nonostante quella strana nottata, comunque, proseguii l’allenamento con Namine il mattino seguente, portandolo a termine. Sono pure riuscito a vederla sorridere alla fine! Certo, poi l’ho fatta arrabbiare perché ancora non avevo capito che facevo parte della famiglia dell’Hikisaku già da parecchi anni…ma sono fatto così, che volete. A volte serve che le cose mi vengano sbattute in faccia, soprattutto se riguardano il concetto di famiglia. Ciò a cui ambivo, era anche una cosa a me molto estranea. Patetico eh? Tuttavia in fondo era finito tutto bene. Riuscii a chiarirmi con lei e le promisi che sarei tornato per fare una chiacchierata di tanto in tanto, perché nonostante fossi sulle tracce di Kai e gli altri, adesso avevo anche un’altra famiglia a cui appartenere e se le mie chiacchiere avrebbero potuto aiutare Namine ad uscire dal suo guscio, allora tanto meglio! In qualche modo sarei stato d’aiuto al Gruppo, e partire dalle piccole cose era sempre l’opzione migliore.</fieldset>
<b style="font-size: 15px; color: #FF9933">~ Cap. 3</b>
<ul><li><b>Primi passi.</b></li></ul>
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La prima missione giunse inaspettata. Fino a quel momento non avevo mai ricevuto incarichi di sorta, quindi fu una sorpresa per me, quella mattina, essere convocato in uno dei tanti uffici del Palazzo del Mizukage, al cospetto di un Jonin. Non ero solo però! Con me era stata chiamata anche una mia conoscenza: Urako. Quella che qualche tempo prima, alla radura, non era altro che una studentessa che amava nascondersi alla prima occasione buona e lanciarmi occhiatacce per ragioni chiare solamente a lei, ora era una mia pari grado, nonché compagna per quella missione. Il nostro superiore ci spiegò brevemente di che cosa si trattava. In poche parole avremmo dovuto recuperare o distruggere il corpo di un Jonin di Kiri che, in seguito alla pensione, si era allontanato dalla Nebbia per passare gli ultimi anni della sua vita. Il piano originale era che un Chunin, messo alle sue calcagna nel momento stesso in cui abbandonò Kiri, avrebbe dovuto occuparsi dello smaltimento del corpo una volta che questo tale Yugen, fosse passato a miglior vita. Ma c’erano stati dei problemi evidentemente, perché dopo aver annunciato la morte dell’Ex-Jonin non aveva più dato notizie. Era evidente che qualcosa non andava, ma fummo assicurati che del Chunin si sarebbe occupato un ufficiale e che il nostro compito stava solamente nel recupero del corpo. Tuttavia c’erano molti “se” e molti “ma” in quella faccenda e, lasciati soli, io ed Urako non ci trattenemmo dall’esporli, senza tuttavia giungere a conclusioni soddisfacenti. L’unica cosa sicura era che del corpo da recuperare non sapevamo realmente nulla: infatti, nonostante fosse stato per lungo tempo non solo Jonin, ma anche Anbi di Kiri, nessuno conosceva il suo vero volto, probabilmente nemmeno il suo nome. Abile trasformista della vecchia guardia, il nostro obiettivo era stato talmente accorto nello scegliere e cambiare sistematicamente la propria identità che nemmeno il Villaggio della Nebbia stesso avrebbe saputo dire chi fosse realmente. Come avrebbero fatto due Genin a rintracciarlo senza avere uno straccio di prova concreta in mano, dite? Beh ce lo siamo chiesti pure Urako ed io, soprattutto perché c’era la quasi palese possibilità che il Chunin di cui si erano perse le tracce, fosse caduto in qualche tipo di trappola.
Ma c’era ben poco da fare a quel punto. Ci mettemmo in viaggio verso il piccolo borgo di Kuriarare con più incertezze che informazioni adeguate, sicuri solamente di come infiltrarci nel paesello senza destare troppi sospetti. Siccome le facce nuove, in posti tanto piccoli, sono le prime cose a saltare all’occhio, decidemmo di interpretare le parti di un paio di cani randagi. Un’idea che ci avrebbe permesso di vagare per le vie senza colpo ferire, visto che un punto importante di quella missione era evitare di allarmare la popolazione. Non avevamo messo in conto però che da canidi, avremmo fatto fatica a comunicare tra noi. La cosa divenne un problema quando una ragazzina stranamente triste si avvicinò a noi. Forse cercando un compagno fidato a cui confidarsi, parlò di un nonno…un nonno che non era davvero suo nonno, ma che comunque aveva svolto quel ruolo per lei, insegnandole anche a difendersi. Purtroppo tale persona che era morta recentemente ed era stata sepolta sotto al tempio. Ci si accese presto una lampadina su quella faccenda: possibile che il nonno della bimba fosse Yugen? Da cani cercammo in tutti i modi di farle capire di accompagnarci laddove l’uomo era stato riposto, ma fu necessario che mi ritrasformassi in umano per chiarire la cosa. Ovviamente lo feci di nascosto, mi allontanai e tornai nei panni di un viaggiatore che cercava il proprio cane. La ragazzina fu subito sospettosa, fece un sacco di domande e, benchè le mie bugie fossero ben orchestrate, la sua diffidenza non calò, ma decise comunque di mostrarmi il tempio.
Quella stessa notte, dopo un primo sopralluogo svolto il pomeriggio dove individuammo la tomba più recente, Urako ed io scendemmo nelle catacombe. Lei rimase sulle scale di guardia, mentre io mi occupai dell’estrazione del corpo. Usai delle bolle corrosive per bucare la calce, in modo da evitare che con qualche urto scattasse qualche strana trappola. Ma non ve ne fu motivo. Non c’era alcun marchingegno lì, solo il corpo di quella che scoprii essere una donna!
Immaginatevi la mia sorpresa nello scoprire una cosa simile! Mi stavo appunto schiarendo le idee in proposito quando dei rumori dalle scale mi fecero correre verso la mia compagna di squadra, la stessa a cui avevo promesso durante il viaggio d’andata che non avrei mai permesso le accadesse qualcosa di male. La trovai ricoperta di pagliericcio coi piedi canini poggiati troppo vicino a dei fuuda che recavano la scritta Fuoco. Le feci capire la gravità della situazione, facendola allontanare dalla paglia: se quei sigilli avessero preso fuoco lì, tutte le catacombe, pregne di fieno com’erano, sarebbero diventate un inferno! Ad aver portato lì quelle armi era stata la ragazzina. Quello che seguì fu uno scontro breve, in cui la bambina ci rese partecipi del suo dolore e della promessa che sua nonna, Yugen…o qualsiasi fosse il suo vero nome, le aveva imposto: bruciare il suo corpo quando Kiri fosse venuto a cercarlo. Nonostante l’affetto della bambina l’avesse fatta tentennare per settimane nel portare a termine quel compito, riuscimmo a farla ragionare. D’altronde se anche noi avessimo rinunciato, la Nebbia avrebbe inviato qualcun altro, magari non altrettanto disposto ad ascoltare la ragazzina.
L’odore di carne bruciata, le lacrime della piccola, il suo rancore e la nostra inesistente soddisfazione nell’aver portato a termine quel compito, fecero da sfondo alla conclusione della vicenda. Il tutto accompagnato dalla curiosità di conoscere una strana tecnica utilizzata dalla bambina. Non avevo mai visto una sequenza di sigilli come quella…in seguito ad essa la bionda aveva fatto apparire un grosso insetto corazzato a cui aveva dato ordine di sistemare il foro sulla tomba e di dissipare il puzzo che aleggiava nelle catacombe. Decisi che avrei cercato delle notizie più precise una volta tornato a casa, perché nonostante il nostro compito fosse stato portato a termine, finchè io ed Urako non ci fossimo trovati al di là delle mura di Kiri, quella missione non poteva dirsi ancora conclusa.</fieldset>
<b style="font-size: 15px; color: #FF9933">~ Cap. 4</b>
<ul><li><b>Specchi infranti.</b></li></ul>
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Ciò che accadde quel giorno, davvero non avrei mai potuto immaginarlo. Fermo nelle mie ingenue convinzioni, difficilmente sarei stato in grado d’intuire la serie di fatti di cui sarei venuto a conoscenza in quel primo pomeriggio. Un pomeriggio normale, come ce ne sono tanti a Kiri. Appena tornato dalla missione svolta con Urako, avevo dormito tutta la mattina per recuperare quella notte di rientro passata in bianco, quando, dopo pranzo, decisi di andare a saziare la mia curiosità riguardo alla tecnica utilizzata dalla ragazzina di Kuriarare. Mi recai così, in biblioteca, dalla bella Kasumi che, grazie alla descrizione che le feci e ai sigilli che ero riuscito ad identificare, riuscì senza troppa fatica ad affidarmi un libro che potesse risolvere i miei dubbi e le mie lacune riguardo quel jutsu a me ignoto.
Come ero solito fare, presi in prestito il libro, dirigendomi in un luogo più consono, a mio dire, per poter leggere in santa pace. Non mi è mai piaciuto starmene chiuso in biblioteca a studiare, ci sono troppe regole. Naaa, decisi senza troppa fatica di andarmene al parco per studiare meglio ciò che scoprii essere la Tecnica del Richiamo. Seduto sul ramo di una quercia, avevo giusto iniziato a capire meglio che cosa fossero le Evocazioni, quando, sfogliando il libro, mi capitò tra le mani un foglietto. Solo i Kami sanno per quanto il mio cuore si è fermato nel leggere le poche parole scritte su di esso. Perché sì, i kanji erano pasticciati e tremolanti, come se chi li avesse scritti avesse una gran fretta, ma si riusciva comunque a capire il messaggio contenuto in quelle macchie d’inchiostro: “Aiutami”, firmato Kai.
Diciamocelo, la cosa era alquanto sospetta. Per quanto desiderassi sperare o credere che quel biglietto fosse stato davvero scritto di suo pugno da quello che considero come un fratello, quante possibilità c’erano che quel messaggio arrivasse proprio a me, che mi ero solamente di recente interessato alle Evocazioni? Era strano, e a riconferma dei miei dubbi , immediatamente dopo il ritrovamento di quel foglietto, mi ritrovai sotto il tiro di un cecchino! Inizialmente pensai che fosse solamente il solito attaccabrighe, uno dei tanti che si trovano in giro per Kiri, ma mano a mano che il combattimento che di lì a poco sarebbe scaturito, proseguiva, mi resi sempre più conto che qualcosa…qualcosa di grosso, non quadrava per niente. A partire da quella prima freccia scoccata che, invece di colpire me, aveva centrato il libro di Kasumi. Avanti…un cecchino non sbaglia il primo colpo, MAI. A meno che non sia voluto. Per forza, per un assassino dalla distanza, fare un errore simile equivale a mostrare la propria presenza e la propria posizione. Soprattutto in quel caso! Perché, vedete, quel cechino, per scoccare le proprie frecce, si avvaleva di una sottospecie di puntatore di chakra. Solo in seguito ho scoperto che quel fascio d’energia serviva anche a potenziare i lanci, già…ma questo l’ho capito solo quando ci ho quasi rimesso la testa. In ogni caso, quel fascio lasciava facilmente intuire la traiettoria dei dardi del tiratore e anche l’area in cui se ne stava appostato.
Era sospetto, almeno tanto quanto le voci che di tanto in tanto mi esplodevano in testa. Kami, quelle voci…Parole, prese a casaccio da discorsi differenti e messe assieme, in stile puzzle, per dare un senso compiuto alle frasi. Ma fosse stato questo il peggio, oh no…il peggio era che tutte, e dico TUTTE, utilizzavano il tono di voce di Kai. Come se quel biglietto non fosse bastato a scuotermi, ora ci si mettevano pure quelle voci! Tuttavia reagii abbastanza lucidamente: ero convinto che fosse tutto un trucco del mio nemico, magari una specie di Genjutsu atta a distrarmi dallo scontro. Così, piuttosto che dare credito ad esse, preferii concentrarmi su come fronteggiare la minaccia…o quella che ritenevo tale.
Volevo capire che diavolo volesse quel tipo da me! Perchè utilizzasse Kai per tentare di destabilizzarmi e come facesse a sapere del mio legame con lui. Forte di queste decisioni, alla fine con uno stratagemma, sono riuscito a rivoltare il punto di forza del mio nemico contro lo stesso, stanandolo…anzi, stanandola.
Il fatto che quella cecchina fosse gnocca da paura non aiutò per nulla, ma non ebbi il tempo di perdermi troppo sul corpo di lei, perché proprio nel momento in cui la scovai, delle immagini mi investirono in maniera non dissimile alle parole sconclusionate che mi erano esplose in testa per tutta la durata dello scontro. Fu così che venni a conoscenza che quella donna non respirava come noi, ma attraverso la pelle, a causa di una serie di esperimenti che l’avevano privata della facoltà di parlare. Fu così che venni a conoscenza che gli specchi deboli e fragili, su cui mi ero arrampicato per tutti quei quattro anni di distanza, erano già rotti da un bel pezzo. Kai, mio amico, mio fratello, colui che più di tutti era importante per me e a cui dovevo ciò che ero, era stato catturato almeno un paio d’anni prima da una strana organizzazione che rapiva ragazzini per farne chissà cosa! Ed era stata proprio la donna che avevo di fronte a portarlo via dall’orfanotrofio in cui era ospite. La rabbia mi consumò dentro come fiamme! Verso me stesso, per essere stato tanto ingenuo da credere che Kai se la stesse cavando, così come facevo io. E verso quella donna, intrappolata ai miei piedi, che lo aveva portato via.
Una volta che quella carrellata di immagini fu conclusa, ero così livido d’ira che fui sul punto di guardarla morire soffocata dall’effetto della mia tecnica. E l’avrei fatto, probabilmente…se non avessi iniziato a raccogliere i cocci. Nonostante il dubbio avesse iniziato a sussurrarmi agli orecchi, capii dolorosamente che quelle visioni non potevano essere false! Troppi dettagli sul modo di fare del mio amico erano coerenti con la realtà, troppe cose…Ho capito che quelle frasi sconclusionate e quelle immagini erano l’unico modo che quella donna aveva per comunicare e che per questo non potevano essere fittizie. Lei usava immagini di fatti che aveva vissuto e frasi che aveva sentito, non potevano essere una trappola…tanto più che, se davvero avesse voluto uccidermi, lo avrebbe potuto benissimo fare dal primo istante. Tornai allora a ripensare a quel primo colto andato a vuoto, al modo in cui mi aveva affrontato e alle parole che aveva cercato di comunicarmi. E più ci pensavo, più sembrava che, Shizuka, questo il nome della cecchina, fosse diversa. Per qualche ragione, doveva aver iniziato a provare dell’interesse per il comportamento di Kai, laddove lo tenevano rinchiuso, ed aveva fatto in modo di avvertirmi! Anche quando il suo partner tornò con il “bottino” della giornata, un ragazzo moro della mia stessa età, fece di tutto per salvarmi. Se non fosse stato per la sua recita, se lei non avesse fatto a finta di star male, ben sapendo che l’altro tizio avrebbe dato la precedenza alla sua salute per non contraddire il padre della donna, nonché capo del loro gruppo, piuttosto che alla mia morte…Beh a quest’ora non sarei qui a raccontarvelo. E se li avessi seguiti, probabilmente ora sarei a pancia in giù in qualche fosso.
Credetemi, non mi sono mai sentito così impotente ed inutile come in quegli istanti. Subii gli sgherri dell’uomo con la falce e la sua ovvia minaccia di tornare a finire il lavoro, con un ghigno, ma c’era ben poco da fare i sostenuti. Kai era in pericolo, io ero in pericolo, un altro numero non ben definito di ragazzini lo era e, cazzo, l’unica cosa che potevo fare era avvisare le autorità del mio Villaggio! Che schifo, davvero…Tuttavia mi rendevo perfettamente conto che era l’unica via. Come ho già detto, inseguirli sarebbe servito solo a farmi uccidere e poi…stento a crederci, ma infondo io di Shizuka mi fido. Lo so che può sembrare folle, ma quella donna non mi ha dato motivi per dubitare di lei, al contrario, me ne ha dati per avere fede in lei. E ne ho avuta così tanta, da affidarle un messaggio per Kai.
In ogni caso, quando quei due se ne andarono, raccolsi le ultime forze che mi erano rimaste e mi diressi dal Mizukage per metterlo al corrente della cosa. Ripetere a menadito cosa fosse accaduto, fu come buttare sale su ferite fresche, ma era necessario se volevo avere qualche speranza di salvare mio fratello. In seguito a quel colloqui, venne deciso di affidarmi alla sorveglianza di un Anbu, semmai l’uomo con la falce fosse tornato come aveva minacciato di fare e Hogo mi diede la sua parola che avrebbe fatto il possibile per sistemare la faccenda.
Nonostante questo, però, né la conversazione col Mizukage, nè quella seguente con Kasumi, a cui spiegai che fine aveva fatto il suo libro, mi aiutarono come avrei sperato. Certo, entrambi mi porsero la mano, entrambi mi dissero che tutto sarebbe andato bene, ma il vero aiuto che ebbi quel giorno arrivò dalla persona più inaspettata che potessi pensare!
Stavo tornando a casa, stufo d’infliggermi pugnalate ogni volta che rievocavo quanto appena scoperto. L’unica mia aspirazione era quella di farmi una bella doccia e di restarmene tranquillo a casa, nonostante sapessi benissimo che in quell’abitazione grande e vuota, i fantasmi sarebbero stati molti di più che in qualsiasi altro posto. Ma non avevo proprio idea che sarei stato bloccato da Netsubō Shi! Sì, sì, proprio quel tipo che avevo fatto sbroccare giorni prima al parco! In un primo momento sembrò che volesse solamente cercare qualcuno con cui ammazzare la noia, tanto che appena capito che avevo il morale sotto i piedi, si offrì di picchiare chiunque mi avesse ridotto in quel modo, ma con l’andare dei minuti e delle chiacchiere mostrò un lato che fino a quel giorno avevo solo potuto ipotizzare.
Rifugiatici in un shushi bar di sua conoscenza, parlammo di cosa avessi scoperto e lui cercò in tutti i modo di tirarmi su di morale. Non che ce ne fosse molto modo, così, a botta calda. Per quanto io sia una persona piuttosto ottimista, in quel momento vedevo tutto molto buio e nero…ma nonostante questo Shi cercava di illuminare quelle tenebre: un piccolo lumino in quella giornata tremenda. La cosa ridicola era che poi, lui, si definiva una brutta persona. E che diamine! Mi stava praticamente aiutando, come poteva esserlo?! Spinto dalla voglia di accantonare per un poco i miei problemi e di capire meglio il ragazzone che avevo di fronte, cercai di sondare il terreno, ma Shi non mi diede modo di scoprire troppo. Ebbi l’impressione in quel momento di capire che cosa provasse Kai con me, quando ero il vecchio Yu. Era come venir chiusi fuori da un muro spesso ed invalicabile, ma una porta c’era, così, nonostante tutto, decisi di aspettare. A me quel ragazzone piace, e credo che sia proprio in quel giorno di chiacchiere che Shi si sia meritato la mia fiducia. Tanto che mi portò a chiedergli un favore che nessun altro avrebbe potuto farmi. Un favore d’amico. Perché sì, alla fine è così che lo ritengo, anche se ancora non ho valicato quel portone sigillato, in quel muro d’acciaio dietro cui si è rinchiuso.
In qualche modo, è riuscito a darmi un lumino di speranza. Piccolo piccolo, ma in una giornata buia come quella, fu essenziale. Credo sia anche merito suo se non sono finito con il tornare io stesso dietro ad un muro e sotto al letto. Quando ci separammo e me ne tornai a casa facendo il giro largo, senza passare dal ghetto – come il ragazzone mi consigliò – avevo ancora l’umore sotto ai piedi, ma quanto meno ero certo di una cosa: non sapevo come, non sapevo quando, non sapevo se sarei sopravvissuto abbastanza per poterlo fare, ma sarei riuscito a salvare Kai. Questo era certo.</fieldset>
<b style="font-size: 15px; color: #FF9933">~ Cap. 5</b>
<ul><li><b>Cadere e Rialzarsi.</b></li></ul>
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I giorni seguenti furono tra i più difficili dell’ultimo periodo. Era da un sacco di tempo che non mi sentivo tanto a terra ed impotente e, forse proprio per questo, non riuscivo più a rialzarmi. Strano, eh? Proprio io, che di solito vedo il mondo dal punto divista migliore, in quell’occasione mi feci inevitabilmente prendere dallo sconforto. Ma sapete…non era tanto la situazione in sé il problema, ma il mio modo di affrontarla. La faccenda del rapimento di Kai e degli altri ragazzini era un peso enorme, una responsabilità che non avevo richiesto e che le mie spalle mal sopportavano da sole. Ed era proprio questo il punto! Io mi vedevo <i>solo</i> ad affrontare quel problema. Nonostante l’appoggio del Mizukage, nonostante le belle parole di Kasumi, nonostante il palese aiuto di Shi, io mi vedevo ancora <i>solo</i>. Ma il problema era mio, non degli altri. Ero io a dover cambiare prospettiva, io a dover imparare che a volte se si vuole raggiungere un obiettivo è giusto accettare di rischiare non solo la propria vita, ma anche quella altrui, perché da soli non si può fare tutto. E rischiare è diverso da sacrificare.
Servirono alcuni giorni e l’appoggio di Namine all’Hikisaku, per aiutarmi a capire che non ero solo, che potevo fidarmi del Gruppo come di una famiglia e che loro sarebbero stati lì per aiutarmi sempre. Giorni in cui continuai ad andare alla biblioteca sistematicamente, per ripagare il danno al libro – che di fatto era illeggibile ormai – causato dalla freccia di Shizuka. Il lavoretti che mi dava Kasumi tennero la mia mente occupata, finchè non iniziarono a diventare tediosi. Fu a quel punto che la bella bibliotecaria mi diede il suo via libera, perché se quei compiti cominciavano ad essermi stretti, significava che ero tornato lo Yu di sempre.
Alla fine dei conti Kasumi aveva badato a me come una sorella maggiore, in quei giorni bui: dandomi il lavoro in biblioteca, con la scusa di ripagare il libro sulle Evocazioni, mi tenne d’occhio finchè la crisi non fu superata. A quel punto ero di nuovo libero! Mi dissi che probabilmente ormai ero pronto a fare un capatina sull’isola in cui sorgeva l’orfanotrofio in cui venne ospitato Kai, e che sarei potuto partire alla volta di quel luogo già il giorno seguente, prendendomi quello odierno di pausa. Di certo non avrei mai pensato che non avrei riposato nemmeno un po’! Me ne stavo tranquillo al molo, quando un ragazzetto combina guai cercò di lavare il suo animaletto da compagnia nell’acqua sotto il pontile. Inutile dire che il risultato fu un disastro: ragazzino fradicio e il suo furetto in fuga.
Hikari, così si chiamava il bambino, proveniva da Konoha ed era lì con la madre per assistere al torneo Chunin che in quei giorni si stava tenendo proprio lì a Kiri. Sembrava parecchio preoccupato per l’amico peloso e considerato la sua tendenza a cacciarsi nei pasticci decisi di aiutarlo. D’altronde lasciare che se ne andasse solo soletto nell’entroterra della Nebbia, non mi pareva un’idea brillante, soprattutto considerato che il suo tempo era limitato, avendo una nave in partenza che l’aspettava.
Assieme ci inoltrammo nelle steppe fuori dal villaggio, alla ricerca di quel mustelide che, a quanto pareva, non aveva per nulla intenzione di farsi trovare. Tuttavia non mi scocciava quella ricerca, Hikari si rivelò una ragazzino solare, era piacevole parlare con lui, tanto più che assomigliava un sacco a Naoki e Tsuyu! Eh sì, era biondo con gli occhi verdi proprio come loro. Quindi la sua compagnia non mi diede per nulla fastidio…Anche se poi iniziarono i guai.
Stanchi di girare a vuoto, ci fermammo in una pineta per riposare un po’ e notammo uno strano gorgoglio nell’acqua del torrente che passava lì vicino. Incuriosito dalla cosa, mi diedi da fare per scoprire di che si trattasse, ma mentre mi immergevo per afferrare quello che poi risultò essere un rospo peloso, Hikari prese per le mani il mio Hakanai iniziando a fare delle bolle, nonostante gli avessi espressamente detto che quel soffietto fosse un’arma! Beh…diciamo che il risultato non è stato dei più piacevoli.
Non so come, ma quel ragazzino è riuscito a imprimere del chakra in una delle bolle che è esplosa a poca distanza da me, devastando l’area circostante. Quando mi ripresi dalla botta, ritrovai il rospo peloso poco più a valle, ferito e un po’ pesto e il ragazzino sull’orlo del pianto. Ovviamente lo sgridai il giusto per fargli capire che il suo comportamento non fosse stato dei più corretti ed in seguito ci rimettemmo in marcia. Decidemmo di tornare sui nostri passi, nella speranza che anche il furetto avesse fatto lo stesso e ci portammo dietro il rospo ferito, con l’intenzione di lasciarlo libero una volta che si fosse ripreso. La cosa accadde quando non fummo troppo distanti dal molo, ma l’anfibio non prese bene il fatto d’essere in un posto diverso da quello a cui era abituato: in un primo momento attaccò me, rilasciandomi in faccia una secrezione che riuscì in qualche modo a intorpidirmi i muscoli, in un secondo momento Hikari. Tuttavia il bimbo non reagì come avrebbe fatto chiunque in quella situazione. Inaspettatamente, cercò di far fuori il rospo, costringendomi ad intervenire in difesa della creatura. E’ stato a quel punto, quanto Hikari fece per andarsene offeso e deluso, che apparvero i Rospi, quelli veri.
Immaginatevi la mia sorpresa quando, caricatosi il bambino il spalla, il più grosso di loro rivelò che la fantomatica madre del piccolo, nonché loro Eremita, era niente popò di meno che l’Hokage! Credo di non aver mai sudato freddo come in quel momento, ma la cosa durò poco.
I Rospi si dimostrarono affabili e per nulla ostili con me, anzi. Parlare con loro sulla via del ritorno mi fu di grande aiuto per capire meglio me stesso, tanto che una volta riportato Hikari alla madre, quando questa mi propose di firmare il rotolo dei Rospi, non ebbi alcun dubbio sulla risposta!
Sì, sì, sì, assolutamente sì! A prescindere dal fatto che fosse del tempo che ormai cercavo notizie valide riguardo le Evocazioni, credevo, e credo tutt’ora, che il rapporto con i Rospi potesse davvero aiutarmi a crescere e a comprendere meglio chi è Yu. Per quanto possa sembrare assurdo, di me so ancora poco: so chi NON voglio essere, ma come dissi a Gerami ancora non so ben definire chi io sia. Magari col tempo lo scoprirò, ma per ora devo fare ancora troppe esperienze per poter avere l’arroganza di dirlo con certezza.
In ogni caso da quella bizzarra giornata ricavai dei nuovi amici, un equipaggiamento unico nel suo genere donatomi dai Rospi stessi, simbolo della loro fiucia e…sì un nuovo fratellino. A distanza, certo, ma sono sicuro che Hikari non si dimenticherà di me – e questo indipendentemente dalle bolle che gli regalai quel giorno – così come io non mi dimenticherò di lui.</fieldset>
<b style="font-size: 15px; color: #FF9933">~ Cap. 6</b>
<ul><li><b>Di D in D.</b></li></ul>
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L’incontro con i Rospi sembrò portarmi una ventata di fortuna, perché pochi giorni dopo mi si palesò dinnanzi Fuyu, l’Anbu con il compito di tenermi d’occhio, con un compito assegnatomi dal Mizukage. Un compito davvero molto particolare, un compito che avrei affrontato anche da me, se non fosse stato convertito in una vera e propria Missione D : cercare informazioni sulla sparizione di Kai e, eventualmente, di altri ragazzini, dall’orfanotrofio sull’isola di Ai.
Manco a dirlo fui veramente felice di poter affrontare quell’incarico. Ormai ero pronto. Sentivo che avrei retto l’impatto con quel luogo e tutto ciò che nascondeva, ma, soprattutto, ero certo d’essere preparato ad affrontare le mie paure.
Venni traghettato sull’isola da un genere d’uomo che mi fa venire il voltastomaco solamente a parlarne e lì venni accolto dalla Direttrice dell’istituto Chie che mi fece fare un’inutile giro del luogo, prima di dedicarci al reale motivo per il quale ero stato mandato lì. La donna, una di quelle d’acciaio, si dimostrò tutt’altro che ostile e assieme a lei scoprii che, oltre a Kai, molti altri ragazzini erano misteriosamente scomparsi da quell’istituto, ma il tutto venne insabbiato dal precedente Direttore. Infatti nei registri e nelle cartelle dei ragazzini in questione, venivano segnalati come adottati o addirittura recuperati dai propri genitori stessi.
Anche per Kai era così…Ma vi rendete conto? Proprio lui, ripreso dai propri genitori, che cosa ridicola.
Quel vecchio Preside, ne aveva fatte di cotte e di crude da quello che mi raccontò Chie…così decisi di requisire tutti gli oggetti personali e i registri dei ragazzi scomparsi per portarli ad analizzare dal Mizukage a Kiri, certo che tra di essi ci sarebbe stato anche il diario di mio fratello. Ma mi sbagliavo!
Quando trovai lo scatolone con gli effetti di Kai, con mia grande seccatura notai la mancanza del diario e mi diedi subito da fare per ritrovarlo, in quanto era stato certamente prelevato da uno degli ospiti dell’istituto. Non mi ci volle molto per individuare il colpevole: un amichetto che mio fratello si era fatto lì dentro e che, come me, era preoccupato della fine che avrebbe potuto aver fatto.
Con la promessa di riportare a casa Kai ad ogni costo, il ragazzo acconsentì a consegnarmi il diario e con esso, più tutto il resto della documentazione e degli oggetti recuperati ad Ai, feci ritorno a Kiri.
Fu piuttosto scocciante dover consegnare anche il diario di mio fratello a Fuyu…Sapevo che poteva contenere informazioni importanti, tuttavia era un oggetto molto importante per me. Uno scorcio sull’anima di Kai, tutti i suoi pensieri, le sue paure, le sue gioie erano incise su quelle pagine, proprio come le mie in queste. Ma il lavoro era lavoro e se tra quei fogli ci fosse stata la minima possibilità di ricavare un’informazione utile al ritrovamento di mio fratello…allora era importante che le autorità gli dessero un’occhiata. Lo consegnai assieme al resto, un po’ riluttante…ma quello stronzetto di Fuyu, a suo modo, mi promise di riconsegnarmi quel diario e il resto degli oggetti di Kai, quanto prima.
Passarono dei giorni, giorni d’attesa rallegrati solamente dal lieto incontro con Nuru e Urako al mercato, prima che l’Anbu si ripresentasse alla mia porta scaricandomi tra le braccia lo scatolone di Kai. Peccato che non ebbi nemmeno il tempo di rallegrarmene, in quanto assieme a quel regalo, l’Anbu recava seco un nuovo compito per me. Ufficiosamente avrei fatto da capitano ad una squadra che aveva il compito di scortare un Perito a controllare lo stato di un orfanotrofio colpito da un incendio la notte precedente e, oltre a questo, avremmo dovuto controllare che non vi fosse nulla di sospetto. Pareva infatti che il Mizukage sospettasse la presenza di spie nel Villaggio ed era quindi importante verificare che in quel luogo fosse tutto pulito.
Come compagni per quella missione trovai Nuru, Shi e Shitsuki, una canaglia armata di falce. Dopo un primo momento di briefing, ci recammo al luogo designato per incontrare in primis il Perito. Un ometto fastidioso come una zecca, ma necessario per la buona riuscita dei nostri piani. Una volta nell’istituto, dopo aver avuto un breve colloquio con la figlia del Direttore ed aver controllato che i registri degli studenti fossero tutti in ordine, ci demmo da fare col nostro compito primario. Divisi, ognuno con un carico diverso, fu chiaro quasi fin da subito che non vi fosse l’ombra di spie all’interno dell’orfanotrofio, quanto più di qualche bricconcello con strani grilli per la testa. Ci volle un po’, ma seguendo le tracce che i colpevoli si erano lasciati alle spalle, riuscimmo a risalire alle loro identità e alle motivazioni che li avevano spinti a fare quella ragazzata. Non posso dire che la cosa non mi abbia toccato…Quei quattordicenni mi hanno ricordato un po’ il me stesso di un tempo, senza una meta, senza futuro e senza appigli. Credo sia per questo che li indirizzai all’Hikisaku, per avere un luogo a cui appartenere davvero, un posto da chiamare casa e una famiglia che abbia la possibilità di aiutarli. A missione ultimata, con successo nonostante qualche sbavatura qua e là, ognuno se ne andò per la propria strada, me compreso. Avevo un dannato rapporto da compilare e un Fuyu a cui dare qualche spiegazione. Fu proprio in quell’occasione, dopo aver cenato in compagnia di Gamakichi e Gamatatsu come ricompensa per avermi dato una mano in Missione, che l’Anbu mi consegnò l’ennesimo incarico di grado D da portare a termine.</fieldset>
<b style="font-size: 15px; color: #FF9933">~ Cap. 7</b>
<ul><li><b>Una prova esplosiva.</b></li></ul>
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Più il tempo passava, più la mia speranza di riuscire ad avere riscontro sulla scomparsa di mio fratello e degli altri ragazzini rapiti diminuiva drasticamente. Non avevo più avuto notizie in merito da parte delle Autorità di Kiri praticamente da poco dopo la mia prima missione D, perché anche dopo l’incarico affidatomi circa le indagini sull’Isola di Ai, non ebbi alcun aggiornamento sulla faccenda. Davvero, iniziavo seriamente a chiedermi se avessi fatto bene ad affidare la vita di Kai nelle mani del Mizukage e se quanto millantava quell’uomo non fossero solo belle parole e fumo negli occhi. Evidentemente mi sbagliavo.
Pochi giorni dopo il termine di una missione C che aveva portato me, Urako e Shi per mare, venni convocato da Hogo nel suo studio. C’erano delle novità: alcune positive, altre meno, ma comunque erano finalmente delle notizie che avrebbero saziato la mia frustrazione di quel periodo.
Dell’uomo di cui avevo fatto accenno nel rapporto sulla missione all’isola di Ai, purtroppo nessuna traccia. Qualcuno lo aveva messo a tacere prima che arrivasse al Villaggio e quel qualcuno era stato probabilmente già sistemato dagli Inseguitori. Inutile dire che non ho mai maledetto l’efficienza degli Anbu come nel momento in cui mi venne riferito questo episodio, tuttavia, quanto meno, parva che la cosa avesse smosso un po’ le autorità. Le indagini, infatti, erano proseguite in tutto il Paese dell’Acqua, confermando il diffondersi di quei rapimenti in diversi orfanotrofi della Nazione. Tuttavia sembrava anche che il gruppo colpevole del tutto, stesse facendo perdere le proprie tracce o che stesse chiudendosi a riccio, aspettandosi preso una reazione da parte della Nebbia. In ogni caso erano ancora notizie frammentarie, in quanto il resoconto dettagliato del tutto sarebbe stato steso di lì ad un paio di giorni, quando i membri della squadra speciale incaricati del tutto fossero rientrati al Villaggio.
Poca cosa in fin dei conti. Era un po’ come la scoperta dell’acqua calda, se non che il Mizukage se ne uscì con una proposta che pareva aver letto direttamente nella mia testa. Mi disse di volermi dare la possibilità di scendere in prima linea in quelle indagini, a patto che riuscissi a superare una prova: avrei dovuto convincere Fuyu di essere all’altezza. Ovviamente accettai. Era da tempo che aspettavo quell’opportunità e di sicuro non l’avrei sprecata! Quella missione era <i>mia</i>, col cavolo l’avrei lasciata a qualcun altro!
Fu così che, un paio di giorni dopo, mi ritrovai a fronteggiare il Capo Anbu. Non ci andò leggero…e mise subito in chiaro che fallire quella verifica da parte sua, avrebbe significato morire per me. Credo abbia fatto anche più di quanto avrebbe dovuto. Quell’Anbu mi conosceva molto bene, avendomi seguito per un periodo mediamente lungo, sapeva dove colpire per ferirmi e per farmi reagire…non si limitò a svolgere il compitino e di questo gliene sono grato tutt’ora. Ho dato fondo a tutto ciò che avevo in quello scontro - sempre che di scontro si potesse parlare – distrutto casa, ridotto il mio corpo ad un colabrodo, consumato tutto il chakra, ma quanto meno riuscii a dimostrare di che pasta sono fatto e a far sì che Fuyu riconoscesse il mio valore. Quando dopo due giorni mi sono svegliato in ospedale, coperto di bende e con dolori diffusi ovunque, quell’Anbu che avevo sempre detestato e a cui io stesso stavo sul culo, ammise di aver cambiato opinione su di me e…sapete una cosa? Anch’io cambiai opinione su di lui in quell’occasione. Di lì a poco dopo quei primi momenti di “smancerie”, come li definì lui, si passò a parlare della missione che mi ero guadagnato.
Un incarico di ricerca, per ora, in quanto il covo non era stato ancora individuato. Ma era abbastanza, così come fu abbastanza che mi venisse permesso di scegliere due compagni da portare con me. La scelta ovviamente ricadde sulle persone di cui mi fidavo maggiormente: Urako e Shi. “Squadra che vince non si cambia”, si diceva no? Ebbene, ora non restava che sperare che quel detto fosse veritiero, perché quanto ci aspettava non era per nulla un gioco da ragazzi.</fieldset>
<b style="font-size: 15px; color: #FF9933">~ Cap. 8</b>
<ul><li><b>Il Sentiero Cremisi.</b></li></ul>
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Penso che nessuno di noi tre fosse realmente pronto a quanto avremmo affrontato. Ci eravamo preparati, certo. Passato giorni e giorni ad allenarci, a studiare, a confrontarci.., ma, di fatto, una volta fuori dal villaggio, con solamente noi stessi e le nostre forze, l’unica cosa che siamo riusciti a fare è stato…annaspare. Aggrapparci ad un filo di ragnatela e stringere forte per non cadere giù. Quanto meno, io la vedo così.
La missione non iniziò nel migliore dei modi. Eravamo spaventati, tutti. Non lo mostravamo apertamente, forse, fingendo tranquillità e non curanza, ma il conoscere perfettamente con chi avremmo avuto a che fare non era di alcun aiuto. Tutt’altro! Bastò davvero un soffio all’Uomo con la Falce per dividerci sin dai primi istanti. Sì, nonostante fossero latitanti da parecchio tempo, non appena la nostra nave prese il largo, fummo subito attaccati. Messi k.o. come dei dilettanti, Urako ed io ci risvegliammo all’interno di una grotta puzzolente e lercia, di Shi nessuna traccia. Nonostante le parole del Grigio sulla nave, avevo capito che non fosse Urako il loro obiettivo, ma non riuscivo ancora a capire che cosa volessero dal corvino. In ogni caso, all’interno di quello che poi ci venne detto essere chiamato “Il Ragno”, quanto meno ebbi la possibilità di ritrovare Kai. Non avete idea…tutto ciò che mi ero tenuto dentro per quei lunghi giorni d’agonia in cui non arrivavano notizie né aggiornamenti, uscì sotto forma di un bel pugno diretto a mio fratello. Un pugno liberatorio, un pugno che, nonostante la pessima situazione in cui eravamo, mi fece sorridere. Stava bene.., ma, soprattutto, aveva un piano.
Grazie al suo supporto e alle sue informazioni - e all’intervento indiretto, ma provvidenziale di Shizuka - riuscimmo a fuggire da quella prigione, liberando tutti i ragazzini mutilati ivi imprigionati e dirigendoci dove ora sapevamo trovarsi Shi. Un piano congegnato in fretta e furia tra le mani e tanta, troppa voglia di lasciare presto quel posto.
La concitazione della battaglia ai piani superiori dell’ospedale di Hatoma, fu tale da non permettermi nemmeno di provare esageratamente terrore quando mi ritrovai di fronte la creatura nata dal sangue di tutti i ragazzini che in quegli anni erano stati sequestrati. Un essere atto a saziare l’ossessione di Endo Keizo, padre di Shizuka, per lo Yondaime Mikukage Ki Momochi. Non oso nemmeno immaginare cosa sia stato scoprire quella faccenda per Shi…non voglio o mi sentirei ulteriormente in colpa per quanto accaduto negli ultimi istanti di quella battaglia. Urako era fuggita, come il buon senso voleva, non appena quella creatura aveva iniziato a impastare un chakra nero e caotico, foriero di un jutsu di cui non conoscevamo potenza e portata, ma che non sembrava promettere nulla di buono. E io avrei fatto lo stesso se solo non avessi visto quel testone di Shi tentare di ammansire la creatura, di toccare la sua anima con le parole. Ai miei occhi solo pura follia.
So che se non fossi rimasto lì, a quest’ora Shi sarebbe morto. Che se non l’avessi spostato quel po’ dalla traiettoria del colpo, alla fine della missione non avrei sentito le sue strazianti urla di dolore, ma solo il gelido silenzio della morte. Tuttavia, a botta calda, la cosa mi scosse parecchio.
Il bilancio della missione non era buono: era riuscita, tuttavia Shi era stato dilaniato su metà corpo, Shizuka era ferita gravemente e anche Kai, rimasto a difendere i ragazzini, era stato coinvolto. Non me lo perdonavo. “Se avessi agito prima” mi dicevo “Se non l’avessi lasciato solo”, tanto che non riuscivo a vedere ciò che di positivo era stato fatto, tanto da accettare la promozione a Chunin solo perché quegli eventi non fossero stati del tutto inutili. Nessuno riuscì a farmi dire veramente quello che pensavo, nessuno riuscì a farmi sputare completamente quel tarlo che mi stava trapanando dentro. Solo Fuyu-san.
Non so bene nemmeno io perché, ma il giorno dell’esecuzione di Endo Keizo, gli dissi tutto e, per quanto il suo consiglio fosse stato aspro come un ordine, fu l’unico ad attecchire in maniera salda, ad aiutarmi ad abbandonare quel pensiero fisso che non mi lasciava da quando eravamo tornati e che si era acuito, quando Shi venne punito per il suo comportamento.
Fui io ad eseguire la sentenza di Endo Keizo. Su ordine dell’ANBU, compii il mio primo omicidio effettivo e fu davvero strano, sapete? Perché mi ero sempre immaginato che mi sarei sentito una merda, un vile assassino, invece no…Forse dipendeva dal fatto che non provassi alcuna pena per quell’uomo, che avessi tutte le ragioni per odiarlo e per non avere remore nel togliergli la vita, ma è difficile dirlo con certezza ora come ora. In ogni caso, l’unica sensazione che mi accompagnò fu una gelida presa che mi si avvinghiò alle viscere, la consapevolezza di star per compiere un passo importante e definitivo sul mio percorso di Shinobi.
Non so ancora bene perchè Fuyu mi abbia imposto quella direttiva, sul momento ipotizzai che volesse farmi capire che chiunque poteva essere un Demonio, utilizzando la leva giusta, e che volesse mettermi alla prova in qualche modo…anche se non ho ancora capito per cosa.
La stessa cosa vale per le sue ultime parole. La parte più pessimistica di me, pensava che con quella giornata sarebbe finito tutto. Che se anche c’era ancora il Chimico in giro da catturare per chiudere per davvero quella faccenda, non era detto che venissi coinvolto, o, se sì, non c’era alcuna garanzia che avessi ancora modo di avere a che fare con l’ANBU. E la cosa mi dispiaceva. Il perché non lo so nemmeno io, magari perché Fuyu-san è stato il primo adulto a riconoscere il mio valore e conquistarsi la mia fiducia, o perché è stato il primo a fare quel passo in più con me, oppure perché lo avevo preso come obiettivo, non lo so. Ma sentirgli dire quelle parole, sibilline, misteriose, ma non così tanto da coprire la possibilità di poterci avere ancora a che fare in futuro, mi fece felice. Da un certo punto di vista, mi diede uno scopo da raggiungere, un primo traguardo a cui mirare. Non sapevo per cosa dovessi essere pronto o come fare a capirlo, ma il fatto che fosse stato l’ANBU a dirmi di andare a cercarlo era rilevante.
Lo avrei fatto. Lo avrei fatto di sicuro. Perché in quel mondo dove le reggenze dei Villaggi mutavano di continuo e dove le leggende, di punto in bianco, si tramutavano in tetre realtà, Fuyu no Yuki, ai miei occhi, restava l’unico punto di riferimento solido e costante verso cui guardare.</fieldset>
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<div data-label="Volume 2">
<fieldset style="background-color: #E8E4D6; border: 3px solid #aaa697; border-radius: 10px; color: black; line-height: 120%; text-align: justify; padding: 10px; font-size: 13px; font-family: Book Antiqua;">
<p align="center"><b style="font-size: 20px">~ Volume 2:</b></p>
<b style="font-size: 15px; color: #FF9933">~ Cap. 9</b>
<ul><li><b>Quando il passato ritorna...</b></li></ul>
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…e si scatena l’inferno. E’ così che si dice, vero? Beh, non avevo mai avuto modo di toccare con mano quanto queste parole fossero veritiere fino a quando ‘Kichi e ‘Tatsu non vennero da me a portarmi una notizia a dir poco shoccante: i Bijuu si erano risvegliati. Dopo un sonno di secoli, le creature che conoscevo solamente tramite miti e leggende erano tornate a solcare i continenti e tutti gli scompensi che stavano verificandosi in giro per il mondo - anche a Kiri stesso - erano causati dalla loro presenza. Era a dir poco assurdo! Lo sapete anche voi, no? E’ un po’ come se venissero a dirvi di punto in bianco che i kappa esistono veramente! Non è così semplice da digerire una cosa simile, di fatto, anche se a raccontarmelo erano stati i miei preziosi alleati Rospi, non riuscii a convincermi appieno della cosa, fino a quando non me ritrovai uno davanti. Nemmeno il silenzio assenso di Fuyu durante l’esecuzione, quando accennai la cosa, fu abbastanza. Non per me. Dovevo vedere quelle creature coi miei stessi occhi, dovevo poterne avvertire la presenza ancestrale e la furia che probabilmente avevano covato in tutto quel tempo.
E l’opportunità arrivò. In quel periodo d’emergenza, durante il quale il nuovo Mizukage vietò qualsiasi missione, io, Takumi e Nuru fummo convocati per un compito da svolgere ad Ame no Kuni. Una semplice missione di ricognizione dalle poche informazioni dateci dai superiori…che si trasformò in qualcosa di davvero molto pericoloso non appena fummo sul posto. Il luogo in cui avremmo dovuto trovare il nostro contatto, un villaggio di passaggio, era stato colpito da una maledizione lanciata proprio da una di quelle creature antiche: il Rokubi. Tale maledizione comportava la trasfigurazione totale delle persone…che diventavano…cavolo, ancora non riesco a trovare le parole. Degli esseri orribili, rivoltanti, ma è ancora troppo poco per rendere l’idea. Fatto stava che non potevamo guardarli in faccia, altrimenti un naturale antagonismo verso di loro si impadroniva di noi, spingendoci ad attaccarli senza criterio, cosa pericolosissima perché al contatto, avremmo fatto la loro stessa fine. L’unico modo per mettere fine a tutto, era convincere Saiken ad andarsene dal laghetto in cui si era appostato e così facemmo. Non senza difficoltà, ovvio. Attorno allo stagno erano appostati dei cultisti folli, adoratori della creatura, tutti trasformati come gli abitanti del villaggio. Abbiamo dovuto aspettare che uno di quegli accampamenti sgomberasse, prima di poterci avvicinare e, anche così, le cose hanno preso una piega inaspettata. Un paio di quegli invasati si sono suicidati, spargendo sangue infetto ovunque e una goccia è riuscita a colpirmi tramutandomi in quell’orrore. Vedere il disgusto sul volto dei miei compagni, vederli abbassare lo sguardo per non incrociare il mio aspetto mostruoso, mi fece male…ricordandomi cose che pensavo morte e sepolte. Ma c’era ancora una speranza per me. Convincere quella creatura.
E ci riuscimmo. Non come avremmo voluto, ma in un modo o nell’altro sì. Richiese a Takumi di baciarmi. In quello stato. E poi è un uomo! Ancora stento a crederci, mi sembra tutto assurdamente surreale. Ma l’importante era essere riusciti a farlo spostare da lì. Mantenne la parola, Saiken. La maledizione si spezzò e lui se ne andò via verso ovest, lasciandoci con un consiglio che credo ricorderò a lungo. Devo molto a Nuru e Takumi, sono stati dei compagni preziosi senza i quali, forse, non sarei riuscito a cavarmi da quell’impiccio. Ma se credevo che il peggio fosse passato mi sbagliavo di grosso.
Al rientro da quella missione assurda, a casa, nel luogo che pensavo sicuro, la mia tana accogliente, mi aspettava una notizia che mai mi sarei aspettato. Shi era morto. Un incidente stupido se lo era portato via, proprio in quei giorni in cui ero via. Non ero pronto a questo. Anni e anni di preparazione per poter affrontare la morte dei compagni in missione non erano riusciti a temprarmi abbastanza per accettare, ad occhi chiusi, la dipartita di un amico a causa di un qualcosa che col nostro lavoro non aveva nulla a che fare. Sono stati giorni bui. Ero arrabbiato, furioso, senza nemmeno capire con chi di preciso. Forse col mondo, per quel senso d’impotenza che mi sentivo appiccicato addosso, chissà. Fatto sta che piano piano, grazie alle persone che mi stanno attorno ho iniziato a migliorare, fino ad arrivare a quella sera in cui un biglietto stampato mi diede una piccola speranza in cui credere. Non so se sia una cosa buona farlo. Non so se sia solo un’illusione che presto o tardi mi farà stare peggio di come sono stato in precedenza. Ma ci voglio credere. Quanto meno voglio prenderla in considerazione fino a quando non verificherò il tutto con i miei stessi occhi. Ma tutto a tempo debito.</fieldset>
<b style="font-size: 15px; color: #FF9933">~ Cap. 10</b>
<ul><li><b>Trascinati all'inferno.</b></li></ul>
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Quei giorni di pace apparente trascorsero nella consapevolezza che, presto o tardi, saremmo stati chiamati ad affrontare qualcosa che era dannatamente più grande di noi. Ma benchè mi aspettassi una svolta irruenta prima o poi, accadde tutto dannatamente all’improvviso e le vicende scivolarono via, travolgendo me e gli altri Shinobi di Kiri in quegli eventi che sarebbero stati ricordati nei secoli a venire. Richiamati dal Mizukage ad intraprendere un viaggio fino ad Ishi no Kuni, finimmo con l’arrivare nella piazza di Fukagizu, dovei maggiori esponenti di Taisei e Kyo Dan tentarono in tutti i modi di accattivarsi il favore degli Shinobi ivi raccolti. Eravamo una quantità incredibile! Mai vista una distesa di eserciti del genere! C’erano esponenti di tutti i Grandi Villaggi e non solo.
Vi dirò, essere lì in quella barriera, mentre i Bijuu dall’esterno premevano per entrare, mi fece sentire come un topo in trappola. Oh, non per via delle bestie, ma per quelle due organizzazioni che si facevano la guerra e pretendevano di tirane in mezzo alle loro beghe anche noi Shinobi.
Come andò a finire? Non ci fu nessun vincitore. Nessun vinto. Tutto precipitò in pochissimi istanti non appena quella dannata statua fece capolino dalla ventre della terra. Capimmo d’essere stati ingannati ed usati come mangime per quell’abominio, giusto qualche attimo prima che dei serpenti spettrali ci mandassero letteralmente ai Kami. Takumi era vicino a me, ho provato a salvarlo, ma non ce ne fu verso. Ci ritrovammo entrambi assieme ad altre persone in un luogo bizzarro che ci avrebbe fatto passare le pene dell’inferno. Io, Takumi, Urako, Shitsuki, Mitsuaki, Takeshi e il Mizukage fummo catapultati in un luogo da incubo, in cui qualsiasi cosa facessimo sembrava riservare solamente dolore. Vi risparmierò i dettagli o finirei tutte le pagine disponibili, sappiate solamente che in quel luogo incontrammo delle perfette copie di noi, Kurama e quella che ora so essere Amaterasu. Ho seriamente pensato più di una volta che non ce l’avremmo fatta. Siamo stati costretti a compiere scelte difficili, moralmente logoranti, vivendo ciò che la Dea ci confessò essere il fato passato dai Bijuu sigillati per millenni. Ci aveva affidato un compito, ricucire la ferita ancestrale che chi ci ha preceduto ha inferto, profonda e letale, nel rapporto tra Bestie Codate e uomini, ma non ci siamo riusciti. Non penso. Un rancore tanto profondo e antico non si cancella con qualche bella parola, per quanto credo che Kurama sia molto di più di quello che ci ha voluto far vedere. Penso che il Kyūbi sia stato ferito in passato, tradito, e che per questo abbia quel comportamento di chiusura nei confronti di chiunque. Non si nasce in quel modo, lo si diventa. Per questo sostengo che sia un bugiardo. Che sia vero o no lo scoprirò presto. Vedete…non sono tornato da solo da quella statua quando Urako mi ha fatto rinvenire. Kurama è venuto con me: si è annidato nel mio corpo perché ha perso il suo. Non l’ho detto ancora a nessuno. Né a Urako, né a Takumi, nè a Kai, né a nessuna autorità. Voglio prima digerire la cosa, capire meglio cosa questo significhi, perché presto o tardi dovrò farci i conti, anche se mi spaventa. In fondo, una scommessa è una scommessa, no?</fieldset>
<b style="font-size: 15px; color: #FF9933">~ Cap. 11</b>
<ul><li><b>Kurama.</b></li></ul>
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Lo sapete cosa significhi perdere consapevolmente i ricordi di una persona cara? Sentirseli scivolare via dalle mani, mentre cercate di trattenerli con tutte le vostre forze? Sentirseli strappati con violenza senza poter fare nulla per impedirlo? No? Beh, io si.
Non avrei mai immaginato di finire in un incubo come quello, intrappolato in una tela di ricordi in cui tutto mi era nemico, in cui tutto era stato costruito appositamente perché mi perdessi. Era quello lo scopo di Kurama, inizialmente. Logorarmi lentamente, lacerandomi l’animo, colpendomi lì dove faceva più male e dove nessuna cura sarebbe mai stata abbastanza efficace da guarirmi, per poi prendere il sopravvento. Un gioco. Un gioco assolutamente non necessario, perché, se avesse voluto, la Volpe avrebbe potuto sopraffarmi in un attimo. Ma, a suo dire, desiderava che provassi ciò che aveva passato lui. Bramava vedere in me, uno dei sette con cui aveva avuto a che fare nel tempio di luce, un millesimo del dolore che aveva provato lui. Voleva vedermi perdere tutto, mentre mi divincolavo disperatamente cercando di non soccombere. Mi diede uno scopo: uscire da quell’incubo. Mi diede un incentivo: recuperare i ricordi di Takumi che stavano sbiadendo uno dopo l’altro. Mi diede la sua parola di demone. Ah, lo sapevo benissimo che, anche nell’utopica ipotesi che fossi riuscito a vincere al suo gioco, probabilmente non sarei più uscito da lì, sapevo benissimo che quel mio correre nei ricordi era atto solamente al sollazzo della Volpe. Tuttavia…se anche solo ci fosse stata una possibilità su mille per poterne uscire, io avrei giocato. Fosse anche stato solo per la soddisfazione di battere il demone al suo stesso gioco. Sì, fosse stato anche solo per dimostrargli che era un bugiardo. Perché in cuor mio, in qualche modo percepivo quella sfumatura sbagliata. Quel piccolo puntino nero sul foglio bianco. Quella sensazione che ci fosse ben di più dietro ciò che la Volpe faceva uscire dalla sua bocca come fiele. E la mia cocciutaggine mi diede ragione.
Fu Kurama stesso a farsi avanti. Nel bel mezzo del suo gioco lui venne da me, per parlare. Per conoscermi meglio. E fu proprio in quel momento che cambiò idea. Me lo disse in seguito, quando tutto il suo gioco finì, quando in me trovai la forza di surclassare il mio stesso dolore, che prese forma nelle sembianza di mio padre. Quando ogni verità fu svelata e quando ogni ricordo tornò al suo posto. Kurama mantenne la parola…fu anche più gentile di quanto pensassi, perché, in teoria, ciò che avevo perso di Takumi sarebbe dovuto ritornarmi una volta sveglio nel mondo reale, ma lui mi diede almeno il suo nome. Non avete idea della sensazione..! E’ una cosa che non so spiegare tutt’ora. Come se tutti i pezzi fossero nuovamente al posto giusto, come se la nota stonata o mancante di una melodia fosse stata finalmente sistemata.
Ma quella non fu l’unica cosa che mi venne donata. La fiducia della Volpe fu qualcosa che non mi sarei mai aspettato. Tutto quel gioco, tutto quell’incubo, quella tortura…vennero vanificati dalle parole che mi disse. Sapevo che faceva il tifo per me da quando aveva bloccato il gioco per parlarmi, tuttavia sentirgli dire quelle cose, sentirmi così speciale agli occhi di qualcuno che avrebbe dovuto odiarmi, ecco…fu una bella sensazione. “Io sono te e tu sei me”, da quel momento io e lui saremmo stati una cosa sola. I ricordi di ognuno, le sensazioni di entrambi, condivise. E ciò significava che, per il bene sia mio che del demone, avrei avuto accesso al suo chakra. Per proteggerci da chi in futuro ci caccerà.
Ah! Lo sapete? Prima di svegliarmi sono anche riuscito ad accarezzare una delle sue folte code! Una scommessa è una scommessa, e anche quel dettaglio ci rientrava. Riaprire gli occhi sulla realtà fu strano, come mettere piede in un sogno. Quando però mi ripresi abbastanza, notai che Takumi era lì e che il suo haori era su di me a mo’ di coperta, spiegandomi come mai riuscissi a sentire il suo odore costantemente nell’incubo, anche se avrei dovuto scordarmelo. Fu un sollievo rivederlo e riconoscere i suoi lineamenti, tanto che, nonostante il sonno, passai parte della nottata lì, con lui, a parlare sul ponte della nave, sotto una coperta di fortuna che Kai ebbe il buon senso di portarci. Una notte speciale quella. Davvero speciale.
Sia per quanto accaduto con Kurama, sia per il tempo passato con il castano che avevo capito ormai essere diventato più importante di quanto immaginassi. Lui, alla Volpe, non piace più di tanto: il Bijuu è rimasto scottato da quelle parole che gli rivolse in punto di morte mentre eravamo nel tempio. Ma non mi sembra poi troppo strano…quei due si somigliano così tanto, che hanno reazioni simili l’uno nei confronti dell’altro. Takumi però non sa nulla del fatto che Kurama sia con me. Solo il Mizukage è stato messo al corrente della cosa, una volta che tornammo a Kiri. Era mio dovere farlo. E in questa maniera mi sono tolto un gran peso dallo stomaco, nonostante il demone avesse qualche remora nel palesare la propria presenza. Alla fine è andato tutto bene. Adesso non resta che riprendere la mia solita routine di allenamenti e missioni, ben sapendo che ora, qualsiasi cosa faccia, una grossa Volpe dal pelo fulvo e la lingua tagliente se ne sta accovacciata in un qualche anfratto della mia anima, accompagnandomi sempre e comunque.</fieldset>
<b style="font-size: 15px; color: #FF9933">~ Cap. 12</b>
<ul><li><b>Un mosaico di pietre splendenti.</b></li></ul>
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A volte faccio i suoi stessi sogni. Sogno di correre in sterminate praterie, con la terra che si infila tra le dita delle zampe e il vento che mi scompiglia il pelo. Spesso, però, questi sogni diventano incubi…molto spesso. Terribili visioni di un passato che fa ancora male, un passato interminabile di prigionia e sofferenza che ha segnato profondamente l’anima di Kurama. E anche se lui fa l’incrollabile, che nulla tange e nulla distrugge, so che, nel profondo, quella ferita brucia come sale su una lacerazione aperta. Ci provo anche a confortarlo, ma poi finisce sempre con lui che lo fa con me! Tuttavia mi sto abituando alla sua presenza, mi ci sono realmente affezionato a quella palla di pelo dal vocione grosso e dalla lingua tagliente. Parlarci mi aiuta e, mentre il nostro rapporto progredisce piano piano, anche la mia vita prosegue.
Questo è stato un periodo di allenamenti e piccoli successi personali. Ne ho fatti davvero un sacco: da solo, all’Hikisaku, con Kurama stesso e, udite udite, sì, anche con Fuyu-san…che, beh, ora posso chiamare in maniera diversa. Ognuno è stato molto particolare a modo suo e mi ha aiutato a sviluppare campi diversi delle mie conoscenze o…a dimostrare qualcosa. Con Shizuka ho affinato quella tattica di saltare di bolla in bolla, portando il combattimento ad un livello diverso. Non ci avevo mai pensato in maniera concreta. E’ capitato usassi questo trucco sia durante l’incubo intessuto per me da Kurama, sia nel combattimento contro il Mizukage, ma solo poi valutai la cosa da un punto di vista seriamente utile. L’aiuto della Cecchina è stato essenziale per aiutarmi in quel frangente, tanto che sull’onda dei buoni risultati appena ottenuti sono andato all’orfanotrofio nella speranza di poter passare ad un livello superiore anche con le tecniche del Gruppo. Così è stato…con non pochi problemi. C’era uno strano tipo all’Hikisaku, stava tenendo dei seminari sul suo metodo, essendo lui un luminare tra gli Awa. Tra una cosa e l’altra, l’uomo ci ha messo tutti alla prova, fingendo d’essere ciò che non era pur di insegnarci la lezione più importante: cosa sia un vero Sensei. Certo, alla fine ci ha dato pure qualche dritta sulle tecniche del Gruppo e sono pure riuscito ad apprenderle, ma erano passate in secondo piano rispetto a tutto il resto. E, parlando di Sensei, ne conosco un paio che mi sono stati davvero molto utili. Sia Kurama che Fuyu mi hanno aiutato in questo periodo, con obiettivi diversi, ma sono stati ugualmente pratici. La Volpe è stata essenziale nell’insegnarmi come gestire tutto quel chakra in suo possesso! Per la prima volta sono andato ad allenarmi sulle alture, dove il Mizukage aveva fatto preparare la barriera contenitiva…e qui, proprio qui, ho iniziato l’allenamento. E’ stata dura…non avete idea del dolore che causa il peso e la furia del chakra di un Biju che scorre nel proprio corpo. Tanto meno potete sapere che male facessero i muscoli a sessione terminata. Senza contare che cercare di contenere e controllare quell’energia non è minimamente pensabile. Ed è qui che c’è stato il punto di svolta per me, comprendere questo concetto è stata la chiave di volta per aprirmi la strada alla gestione del chakra di Kurama. Ancora non riesco a farlo con la sua totalità, ma ehi, sono a buon punto!
E’ stato proprio verso gli ultimi giorni di questo allenamento intensivo e distruttivo che Fuyu si è presentato alla barriera. Mi ha attaccato senza darmi alcuna spiegazione, sfidandomi. SfidandoCI. E noi abbiamo accettato. E’ stato uno scontro terribilmente violento in cui entrambi stavamo cercando di far capire qualcosa all’altro, come se solo nel sangue le parole non dette in quella battaglia trovassero reale forma e significato. C’è stato un momento in cui ero talmente ridotto male che Kurama si sentì in dovere di prendere il mio posto per continuare, ma ho preteso di poterlo fare da me. Fuyu è il mio obiettivo, la mia preda…non sopportavo l’idea di dover lasciare il campo, sarebbe stato come arrendersi e io non mi arrendo così facilmente. E Kurama deve averlo capito, perché ha lasciato che conducessi io, aiutandomi come meglio poteva per ritardare la mia dipartita a causa dell’enorme perdita di sangue. Alla fine penso d’essere riuscito a fare breccia, a lasciare un segno nella dura corazza di ghiaccio dello Yuki. In fin dei conti, quando ci siamo svegliati in ospedale, bardati come delle mummie, ho potuto scorgere l’uomo che si nasconde dietro la maschera. E’ stato bello parlare con l’ANBU in libertà…per la maggior parte del tempo non mi sono sentito né sotto esame, né limitato. Ho avuto paura di rovinare tutto quando mi ha fatto quella domanda su come avrei agito se Shi non fosse morto, ma avesse tradito la Nebbia e io fossi stato mandato ad ucciderlo…ma per fortuna erano paure infondate. D’altronde non mi avrebbe mai detto di chiamarlo Sensei, d’ora in avanti, se così non fosse stato, giusto? Giusto. E questo credo sia il mio successo più grande. Ne sono estremamente orgoglioso, sorrido ancora adesso a ripensarci. Nonostante il dolore diffuso in tutto il corpo, nonostante fossi ridotto ad uno straccio costretto a stare per settimane in un posto che detesto e temo, quelle poche parole riuscirono a darmi tutta la carica di cui avevo bisogno.</fieldset>
<b style="font-size: 15px; color: #FF9933">~ Cap. 13</b>
<ul><li><b>Qualcosa di nuovo. Qualcosa di bello.</b></li></ul>
<fieldset style="border: none; overflow: auto; height: 200px">
Da quanto conosco Takumi ormai? Da un bel po’ di tempo. Non sono anni, non è una vita - anche se qui lui avrebbe qualcosa da ridire - eppure da quando ci siamo incontrati, quella volta al parco, la sua presenza è diventata una costante piacevole nella mia esistenza. Ho iniziato a rendermene conto quando Kurama, per mettermi alla prova, prese a rubarmi i ricordi che lo riguardavano. Il vuoto che si era creato dentro di me, faceva un male cane…ed era più profondo di quanto mi potessi aspettare. Non avrei mai immaginato che il tassello, il posto che il castano si era scavato dentro di me potesse causare una voragine simile, una volta svuotata. Credo sia stato in quel momento che ho iniziato a pormi delle domande. Da quella notte sulla nave, una notte speciale e irripetibile in cui rivedere la persona che mi era stata sottratta così brutalmente aveva dato al tutto una luce più intensa. Come se qualsiasi cosa fosse amplificata.
Dopo quella notte, ho visto ancora Takumi. Come da sua promessa andammo a fare colazione in un ryokan fantastico! Un locale assurdamente lussuoso, il cui proprietario sembrava conoscere Takumi davvero molto bene. Avevo ancora male alla ferita riportata nello scontro col Mizukage, ma ho fatto qualsiasi cosa per nasconderlo: non volevo che quella giornata ne venisse inficiata. E ne avevo ben donde! Quel giorno ho scoperto diverse cose. La prima era che io e Takumi ci eravamo già visti, molto molto molto tempo fa. Io non lo ricordo, ero evidentemente troppo piccolo, ma lui sì. Solo che non sapeva fossi io. Ricordava solo un ragazzino e, come un sogno ricorrente, lo disegnava spesso sul suo blocco per gli sketch, tanto che stupidamente ne sono stato anche un po’ geloso quando l’ho scoperto. Però conoscevo il posto dove si erano incontrati, così ho deciso di portarcelo. Ho guidato Takumi fino al quartiere Hōzuki, senza pormi domande su come la cosa fosse curiosa…e una volta lì, lui si è avvicinato alla mia vecchia casa. E’ stato allora che entrambi abbiamo capito, chi con più consapevolezza e chi con meno, ma era evidente, i conti tornavano. Il bambino che Takumi aveva visto da piccolo ero io. E’ stato strano, ma allo stesso tempo molto bello. Come se avessi capito che lui mi apparteneva da sempre, anche se non volevo ammettere che le cose stessero proprio così. Ero molto confuso quando sono tornato a casa. Felice, ma con la testa piena di pensieri che si scontravano ed eludevano. Sentimenti che non comprendevo - o che non volevo comprendere - mi torturavano nel profondo. Sentimenti che, infine, sfociarono quella sera stessa. Sull’onda di quella giornata, Takumi mi ha invitato ad una fiera che si teneva vicino casa sua. E io ci sono andato. E’ stata una serata magica, terminata con il lancio della lanterna che avevamo decorato assieme e con quel bacio di cui non mi pento. E’ stato improvviso, come un mandare a fanculo tutti i dubbi che mi avevano tormentato fino a quel momento, perché cazzo era giusto così! E non ho avuto di che pentirmene mai.
Anche quando sono rimasto rinchiuso in casa per colpa delle ferite riportate dallo scontro con Fuyu-sensei, Takumi mi è rimasto accanto. Si è impuntato ed ha preteso di restare fino a che non mi fossi rimesso completamente. E per fortuna l’ha fatto… altrimenti sarei morto di noia.</fieldset>
<b style="font-size: 15px; color: #FF9933">~ Cap. 14</b>
<ul><li><b>Visione distorta.</b></li></ul>
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Mio padre è vivo.
L’ho scoperto durante la missione che mi ha portato al villaggio di Kokuhyō ad indagare su una serie di sparizioni inspiegabili. Un incarico importante, complesso…precedentemente fallito da altri colleghi della Nebbia. Il mio nome poi era stato fatto da Fuyu in persona, non potevo permettermi di fallire per nessuna ragione. Sapevo che un’altra squadra di Kiri era presente sul territorio per recuperare chi mi aveva preceduto facendo un buco nell’acqua o, alternativamente, distruggerne i resti…ma non sapevo di chi si trattasse.
Non l’ho saputo finchè non mi sono trovato davanti mio padre. Vivo. Con un figlio a seguito. Un figlio che, avevo conosciuto quella mattina, inconsapevole fosse mio fratello - così come lui - un figlio che, contrariamente a me, era portatore di vero sangue Hōzuki. Solo l’impellente necessità della missione mi ha impedito di prendere quell’uomo a male parole o a pugni. Non solo mi ha trattato come un rifiuto quando ero un moccioso, ma ha tradito mia madre con un’altra vista l’età di Hisakata - questo il nome di mio fratello - e mi ha fatto credere di essere morto. Mi ha abbandonato. Vi lascio immaginare come mi sentissi.
Ero arrabbiato, confuso, avrei voluto spaccare tutto, ma non potevo! E per di più ci si metteva LUI, che a tratti sembrava diverso da come lo ricordavo. Ho tollerato la sua presenza solamente per la buona riuscita della missione e il bene di Hisakata che mi è piaciuto fin da quando non sapevo veramente chi fosse…o, come direbbe Kurama, per cui ho un debole. Una volta a casa, però, ho avuto dei giorni difficili.
Continuavo a pensare e ripensare a tutto quello che era successo e a confrontarlo con l’Aoi che avevo rivisto in missione. E, se da una parte volevo credere a un suo possibile cambiamento, a quelle parole che mi ha rivolto…dall’altra la paura di mostrare il fianco per finire ferito di nuovo era soverchiante. Ma non ne stavo parlando con nessuno. Né con Takumi, né con Kai, né con Kurama. Alla fine sono esploso e per fortuna la Volpe mi ha aiutato…altrimenti non so che cosa sarebbe successo. Certe volte me lo chiedo, sapete? Come andrebbero le cose se non ci fosse lui con me. In questa occasione ad esempio, come sarebbe andata a finire? Chi mi avrebbe aiutato a sfogare quella rabbia e a farmi ragionare? Non lo so. Ma nemmeno è importante parlare del sesso degli angeli, visto che non è andata così.
E’ stato molto crudele, e io suscettibile com’ero in quel momento non l’ho presa benissimo. Ma quel diverbio è sfumato così rapidamente da poter essere dimenticato. Le parole che mi ha detto dopo, sono più importanti di tutte le altre. Mi piace averlo con me. Lui conosce il mio lato debole, ma non ne approfitta. Un po’ come la lupa copre la gola del suo compagno, anche Kurama protegge le mie parti esposte.</fieldset>
<b style="font-size: 15px; color: #FF9933">~ Cap. 15</b>
<ul><li><b>Zenko.</b></li></ul>
<fieldset style="border: none; overflow: auto; height: 200px">
Non ero preparato. Non ero minimamente preparato a quello che sarebbe successo in quello studio quando Fuyu-sensei mi convocò. Credevo di essere stato chiamato per un nuovo incarico, non avevo fatto nulla di male - a mio dire - quindi non c'era altro motivo per il quale lo Yuki avrebbe dovuto farmi andare lì, in quella giornata afosa. Anzi, ero quasi contento, avrei potuto fargli quelle domande che tanto mi premevano su quanto accaduto nella missione a Kokuhyō. Sulla presenza di mio padre, sul perché fossi stato mandato proprio io, se tutto fosse stata una sua idea sin dall'inizio... Quanto mi sbagliavo. Non ci fu tempo per niente. Nemmeno di godermi la promozione a Jonin, comunicatami da lui stesso, nemmeno per pentirmi delle parole che pronunciai in quel momento.
Non so come abbia fatto a scoprirlo, davvero non ne ho la più pallida idea, ma Fuyu-sensei SAPEVA che io stavo nascondendo qualcosa a proposito di Shi. Mi ha messo con le spalle al muro. Incatenato con le stesse stupide e ignoranti parole che ho pronunciato per ringraziarlo della promozione. Mi sono trovato nella posizione di dover scegliere tra lui e Shi. Tra il mio sensei e il mio amico. Tra chi mi tendeva la mano per aiutarmi e chi mi aveva messo in quella situazione di merda per poi sparire nel nulla. Ci ho messo un po’ a capirlo. Se ero lì, se non ero stato braccato dagli ANBU, se non ero incatenato a una sedia per essere interrogato e poi buttato in una cella, era perché Fuyu non ne aveva parlato con nessuno. Lui l’aveva capito, stava tendendo una mano per aiutarmi e, per farlo, il suo unico modo possibile era farmi entrare nella Squadra ANBU sotto la sua diretta supervisione. Non avrei ricevuto ordini che da lui, sarebbe stato sempre e solo lui a cui avrei dovuto rendere conto e non gli interessava come avrei agito. Avrei potuto scegliere dei compagni a mia scelta, tra gli ANBU o chiunque altro, per compiere la prima missione che mi avrebbe assegnato: trovare Shi e riportarlo al villaggio. Perché la sua sola esistenza fuori dalle mura dello stesso, metteva in pericolo me, lui che mi stava aiutando, Urako e tutte le persone a noi care.
Ho accettato. Non è stato facile. Ma alla fine ho capito chi veramente ci teneva a me. Non so ancora perché, ma se sono ancora qui e posso scrivere queste parole, è solo perché Fuyu mi ha teso la mano e preso sotto la sua ala, rischiando a sua volta, in quanto tacere ciò che sapeva al Mizukage, rendeva lui stesso un traditore omertoso tanto quanto me.
Fu così che nacque Zenko. La mia identità ANBU, donatami dal mio stesso sensei - anche se in quei primi momenti, a ferita fresca, mi vergognavo a chiamarlo così - così come la maschera di volpe che avrebbe nascosto il mio viso durante le missioni. E’ stato tutto surreale. Dal primo momento in cui quella storia è iniziata, fino al proseguo. Perché il mio primo compito era proprio lì, alla base: interrogare Netsubō Ikari, scoprire qualunque cosa circa suo figlio Shi e chi sapesse del suo essere ancora vivo. Non avevo mai fatto una cosa simile…torturare e interrogare persone non è mai stato il mio pane, Takumi era quello bravo in quel genere di cose. Ho fatto quello che ho potuto, ma Ikari era un osso duro. Ne siamo usciti con un nulla di fatto e il cadavere di uno dei jonin più rinomati del villaggio. Quando sono uscito da quella stanza, quando quel battesimo del fuoco fu terminato e mi fui un attimo ripreso dall’orrore, me ne sono preoccupato subito: si sarebbero accordi che Ikari non era più in giro, cosa avrebbe fatto Fuyu del corpo? Che avremmo dovuto fare come prossimo passo? Ammetto di essere stato un po’ nervoso a riguardo, ma bastò uno sguardo e poche parole del mio sensei perché la nebbia e l’ansia si diradassero. Avremmo aspettato. E solo allora avremmo compiuto la nostra prossima mossa.</fieldset>
</fieldset></div>
<div data-label="Volume 3">
<fieldset style="background-color: #E8E4D6; border: 3px solid #aaa697; border-radius: 10px; color: black; line-height: 120%; text-align: justify; padding: 10px; font-size: 13px; font-family: Book Antiqua;">
<p align="center"><b style="font-size: 20px">~ Volume 3:</b></p>
<b style="font-size: 15px; color: #FF9933">~ Cap. 16</b>
<ul><li><b>Gli anni bui.</b></li></ul>
<fieldset style="border: none; overflow: auto; height: 200px">
Relativamente stava andando tutto bene. Avevo imparato a gestire la mole di chakra di Kurama, stavo prendendo lezioni di scherma al dojo di mio padre - inutile dire che lo stavo facendo soprattutto per Hisakata - con Takumi filava tutto liscio…Ero anche riuscito a scegliere i compagni che mi avrebbero affiancato nella ricerca di Shi, tanto che avevamo già iniziato delle indagini di massima, senza dare troppo nell’occhio e senza prenderci esageratamente sul serio. Insomma, tutto quadrava, tutto funzionava, tutto era come sempre. Fino a quel giorno.
Non ricordo la data precisa, ricordo solo che è iniziato in sordina. Proprio come accade con le epidemie, piano piano le persone iniziarono a manifestare i problemi più svariati. Lo chiamammo “il Disturbo” o “il Morbo”. L’entità e la gravità erano variabili e sembrava come se agguantasse ognuno in maniera differente, non sempre in modo logico. Non sembrava esserci uno schema, bastava pensare che i disturbi presentati da Kai erano mal di testa e febbre che andava e veniva. Febbre! Uno Yuki! E non è finita. Qualsiasi cosa fosse questa specie di epidemia…o forse pandemia, avrei dovuto chiedere ad Urako il nome più calzante, in alcuni casi era mortale. Che fossero Shinobi o persone comuni, se decideva di uccidere lo faceva. E nessuno era esente dai sintomi. Gli ospedali erano pieni. I medici lavoravano giorno e notte, senza sosta, ma come tutti anche loro cadevano vittime del Disturbo, senza contare la cosa più grave: il chakra. Da quando i problemi si erano presentati, chiunque fosse avvezzo ad utilizzarlo, iniziò a lamentare forti difficoltà nel suo controllo.
Io stesso mi sono trovato a non essere più in grado d’utilizzare tecniche conosciute precedentemente. Non riuscivo più a ricorrere al Raiton, e molte mosse ormai sedimentate col passare degli anni erano inutilizzabili. Gli stessi insegnamenti del Gruppo Awa mi creavano fatica nell’essere gestiti, così come il chakra di Kurama! Ma la cosa peggiore fu rendersi conto, di punto in bianco, di non essere più capace di evocare i Rospi.
Accadde un giorno qualunque. Preso dall’ansia iniziale di quel caos, avevo provato a fare un po’ di tutto e non appena mi accorsi di non avere più il Dono di Gamakichi e Gamatatsu alle mani, venni preso dall’angoscia. Ho provato, riprovato e riprovato, ancora, ancora e ancora, tirandomi uno straccio. Ma niente. Non sono riuscito a far apparire neanche un girino. Era come se il legame con i Rospi si fosse spezzato. E, di certo, con quel disastro in atto, non potevo prendermi la libertà di partire per Konoha. Quindi mi arresi all’evidenza, anche un po’ consolato dalle parole di Kurama che mi venne incontro dicendo che, forse, era meglio così: d’altronde mi sentivo da tempo in colpa nei confronti dei Rospi per dovergli tenere nascosto il Bijuu. Una colpa del tutto simile a quella che avvertivo in quel momento nei confronti di un po’ chiunque.
Vedete…ho aspettato molti giorni, conscio e sicuro che prima o poi qualche disturbo si sarebbe presentato anche a me, ma non è mai accaduto. A parte il problema nel controllo del chakra, il mio corpo non accusò alcun altro colpo. Stavo bene. Quanto meno, stavo meglio degli altri.
Quando mi resi conto della cosa, iniziai a fingere. Troppo strano che non presentassi disturbi. Troppo strano che proprio io non avessi niente. Legai immediatamente lo strano fenomeno alla presenza di Kurama nel mio corpo, nonostante la Volpe non stesse facendo nulla per resistere ad un attacco esterno e non avesse nemmeno idea di cosa potesse causarlo.
Ho passato così questi ultimi anni. Simulando mal di testa e spossatezza e aiutando Fuyu-sensei nei compiti che gli spettavano. Dividendomi tra missioni atte ad aiutare chi si trovava in difficoltà o ad indagare sullo strano fenomeno che stava dilagando sul Continente, e nel cercare di riprendere il controllo del mio stesso chakra.
Fu utile. Impegnarsi così tanto fu davvero utile per superare lo shock iniziale. Arrendersi all’evidenza non è nel mio stile, se potevo trovare una soluzione l’avrei trovata, inutile incaponirsi e sbattere la testa su un muro che mai sarebbe crollato. Tanto meglio ingegnarsi.
Decisi, quindi, di abbandonare ciò che non riuscivo più a fare, inventandomi nuovi jutsu per aggirare il problema, cercando di recuperare il controllo del resto. Piano piano, ho recuperato abbastanza da potermi ancora considerare un Jonin efficiente. Solo una cosa mi è rimasta incastrata in gola e proprio non vuole saperne di scendere. L’evocazione.</fieldset>
<b style="font-size: 15px; color: #FF9933">~ Cap. 17</b>
<ul><li><b>I Custodi del Crepuscolo.</b></li></ul>
<fieldset style="border: none; overflow: auto; height: 200px">
Sono arrivato sull’isola di Ryōshi, nel piccolo villaggio portuale di Tsuriito, quasi per caso, spinto dalle indicazioni di Kurama. Mai avrei immaginato dove mi avrebbe portato quel viaggio. Eppure, come in uno di quei racconti che leggo sempre, sono stato trascinato in una storia che dire magica, è dire poco. In realtà più che trascinato mi ci sono tuffato di mia volontà! Mi sono fatto coinvolgere da una piccola volpe che ha provato in tutti i modi a farmi desistere, ma quando mai avrei potuto rivedere una kitsune? Avrei dovuto essere proprio un baka per non approfittarne! Sulla piccola Isola delle Lanterne ho vissuto una delle avventure per me più importanti…Non era una missione, non ero obbligato, ma sentivo di doverlo fare, spinto dalla curiosità e da qualcosa di più profondo. Lì ho scoperto un mondo a parte, un piccolo villaggio di Kitsune, devastato e messo in ginocchio da un male troppo più grande di loro. Un male che aveva corrotto il loro Signore, una Zenko benedetta da Inari, che Kurama sembrava conoscere. Motivo in più per non lasciar perdere.
E’ qui che ho conosciuto Natsume, che ora mi sta facendo compagnia mentre scrivo queste pagine. La volpe, assieme alla sua compagna Umeko si prendeva cura dei pochi sopravvissuti, cercando di resistere alle angherie e alla Corruzione dilagante che ormai divorava ogni cosa. Ma ogni giorno era sempre più pesante, sempre più difficile...Non sarebbero andati avanti ancora per molto, senza trovare una soluzione e l’unica era andare al fulcro del problema. Yoyuki, questo il nome della Zenko, era da tutti amato e considerato come un capo saggio, dolce e posato. La stessa candida volpe che in un passato lontano aveva aiutato anche Kurama…e che ora stava a sua volta cercando di resistere al male che lo avviluppava. Una corruzione nata da lui, dai suoi sentimenti negativi, suscitati dal suo amato Kami per metterlo alla prova, ma che si erano fatti così grandi e potenti da quasi schiacciarlo. La sua luce era debole quando io e Natsume arrivammo lì, decisi più che mai a salvare il villaggio e Umeko, corrotta a sua volta durante un assalto. Fu una battaglia aspra, che sembrava non avere via d’uscita, ma alla fine, l’aiuto congiunto di tutti mise fine a quell’incubo. Ci sarebbe voluto tempo per curare i feriti, nel corpo e nell’anima, per ricostruire tutto, per dare nuova vita a Momiji. Per questo ho deciso di fermarmi ad aiutare. Incapace di abbandonare quel luogo senza saperlo finalmente in grado di riprendere la vita di sempre dignitosamente. O semplicemente perché, tra una cosa e l’altra, mi è entrato nel cuore. Come tutti i suoi abitanti. Quegli ultimi giorni sono stati speciali. Abbiamo ricostruito tutto! Anche il tempio di Yoyuki. E Yoyuki stesso ha dato una mano, sentendosi in colpa per quanto accaduto. Il suo cuore era forse quello più ferito di tutti…ma lentamente ha iniziato a guarire, così come il sorriso a tornare sui musi e sui volti delle Kitsune. Il regalo più grande, però, è arrivato alla fine.
Proprio quando gli animi di chi si era legato iniziavano a soffrire la separazione imminente, Yoyuki ha organizzato una cerimonia. Una festa per celebrare la rinascita di Momiji e pe ringraziare tutti. Ho accettato di partecipare sia perché volevo passare ancora un po’ di tempo con Natsume e tutti gli altri, sia perché…beh, era una festa! Ed è stato proprio nel corso di quest’ultima che il Candido, durante il suo discorso, mi ha proposto di diventare suo braccio destro, nonché a Natsume di essere il mio protettore. In questo modo saremmo stati legati per sempre, non avremmo avuto motivo di separarci perché se anche fosse accaduto, riunirci sarebbe stato semplice. Esplodevo di gioia e il Fulvo con me. Non avevo idea di quali fossero i miei compiti, ma…se questo mi avrebbe permesso di non dover voltare per sempre le spalle a quel luogo e ai suoi abitanti, non avevo alcun dubbio su cosa fare. I Rospi mi hanno accompagnato bene, resteranno sempre i miei primi alleati, ma Natsume e le Kitsune sono qualcosa di speciale, qualcosa di più.
E infatti ora sono qui, a scrivere queste pagine sotto le fronde rosse d’un acero, mentre il crepuscolo illumina il cielo coi suoi colori brillanti e con il muso di Natsume appoggiato sulla gamba. Le nostre firme giacciono nel rotolo, scarlatte sulla pergamena, una accanto all’altra fino a che il fato lo vorrà.</fieldset>
<b style="font-size: 15px; color: #FF9933">~ Cap. 18</b>
<ul><li><b>Sensei e allievo.</b></li></ul>
<fieldset style="border: none; overflow: auto; height: 200px">Quando quel giorno Fuyu-sensei mi chiamò nel suo studio con tanta urgenza da farmi balzare lì da quel paesino sperduto in cui ero stato inviato in missione, non avevo proprio idea della piega che avrebbero preso quegli eventi. Natsu no Kaze era stato liberato, l’ala nord della Gabbia Bianca sventrata, una dozzina di altri prigionieri in fuga verso il confine più vicino. Una situazione disastrosa, come se la condizione del Villaggio non lo fosse già abbastanza, con lo Yuki che si doveva dividere tra Capo della Squadra Speciale e Reggente, in sostituzione di un Mizukage ormai assente da tre anni. Le implicazioni, poi, di quell’atto erano molteplici e preoccupanti: il pensiero di entrambi corse immediatamente al Kyo Dan, che già in passato aveva controllato mentalmente Natsu e le indagini svolte da me e la mia squadra non fecero altro che confermare presto quell’inquietante presagio. Mi sono ritrovato a combattere con niente popò di meno che Manpeiko, la sacerdotessa a capo dell’organizzazione delle cappe scarlatte…una donna infida, venefica e ostinata come poche. L’ho spuntata per un pelo, riportando gravi ferite, ma compiendo la missione che mi era stata assegnata: eliminare definitivamente Natsu no Kaze e portare a Kiri uno dei suoi rapitori, nella fattispecie proprio la donna.
E’ stato al mio ritorno che le cose hanno iniziato a prendere una piega inaspettata. Fuyu mi ha mandato a chiamare guidandomi fino a casa sua - non ci ero mai stato! - fuori dalle mura del Villaggio. Qui, dopo aver parlato della missione e di ciò che essa ha portato con sé, tra cui un presunto tradimento di Hayate Kobayashi, per la prima volta da quando l’ho conosciuto, il sensei si è aperto con me permettendomi di dare una sbirciata in un passato che non pensavo nemmeno esistesse. Mi ha parlato di suo figlio, di come è morto durante l’esame per il coprifronte e di come la sua compagna si sia suicidata. Ho visto il dolore nel suo sguardo per la prima volta, il rimpianto, i sensi di colpa…ma anche l’affetto nel momento in cui mi ha confessato che piano piano sono diventato come un figlio per lui. Credo che sentirglielo dire sia servito a chiudere un cerchio spezzettato da tanti buchi, ma che ora finalmente aveva ottenuto la sua interezza. Tutti quei perché avevano finalmente una motivazione e sapete una cosa? Avrei tanto voluto avere un padre come lui, davvero. In quell’occasione mi ha anche fatto un regalo preziosissimo! La sua naginata, che ho subito ribattezzato Yukinko in onore suo e di Koichi - suo figlio - che non ha mai potuto ereditarla.
Ma le sorprese non erano finite. Dopo quella parentesi, mi ha portato sul tetto e qui…qui mi ha veramente spiazzato. Aveva deciso di nominare un successore che prendesse il posto di Mizukage tutt’ora vacante e tra tutti i nomi che avrebbe potuto scegliere, Fuyu no Yuki, aveva scelto me. ME. Fuyu no Yuki, QUEL Fuyu no Yuki, desiderava che fossi io a ereditare la responsabilità di proteggere la Nebbia a cui aveva sacrificato la sua intera esistenza. Penso sia scontato dirvi che mi sono cacato sotto. Sul momento ho avuto una paura folle, tanto da riuscire a mettere in dubbio la lucidità di quella sua decisione…Trovavo assurdo che uno come me, nato ultimo tra gli ultimi, potesse salire sul podio dell’onorificenza più alta di tutte, non sono nemmeno uno Spadaccino! Tutte cose dettate senza dubbio dalla paura e da un’insicurezza di fondo che, tuttavia, Fuyu-sensei e Kurama sono riusciti a spazzare via ognuno a modo proprio. Tanto che, nel momento in cui scrivo queste parole, a Kiri hanno già iniziato a chiamarmi Juuichidaime Mizukage.
</fieldset>
</fieldset></div>
<div data-label="Sommario">
<fieldset style="background-color: #E8E4D6; border: 3px solid #aaa697; border-radius: 10px; height: 400px; color: black; line-height: 120%; text-align: justify; padding: 10px; font-size: 13px; font-family: Book Antiqua;">
<p align="center"><b style="font-size: 20px">~ Sommario:</b></p>
<fieldset style="background-color: #aaa697; border: 1px solid; border-radius: 10px; border-color:black; overflow: auto; height: 250px;">
- Role libera Morti al giardino - [URL=?t=57897822#entry408342270]La Fanciulla[/URL] | [URL=?t=57897828#entry410388085]Il Vecchio[/URL] | [URL=?t=57897834#entry408197859]Il Ninja[/URL]
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- Addestramento base con png - [URL=?t=58448971#entry412828740]Rise of the Villains - Falce e Silenzio[/URL]
- Role col Mizukage - [[URL=http://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=7311064&st=570#entry413097907]X[/URL]]
- Role libera - [URL=http://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=58553510#entry413736816]Due Cacciaviti Spuntati[/URL]
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- Autogestita #2 - [URL=?t=58758704#lastpost]Ricordi incisi su pagine perdute[/URL]
- Role libera - [URL=http://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=58815414#entry416035344]Quattro salti in padella[/URL]
- Role libera - [URL=http://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=59457628#entry422063843]Di procioni e bevande sospette [/URL]
- Missione D a Kiri - [URL=http://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=58828213#entry416099759]Missione 92D - Puzza di bruciato[/URL]
- Autogestita #3 - [URL=http://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=59390107#entry421468921]Qui gatta ci cova[/URL]
- Role libera - [URL=http://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=59641347#entry423712483]Il polpo rosso e la bottiglia rotta[/URL]
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- Autogestita #5 - [URL=?t=60224102#entry427390964]Il tempo spezza le ossa, non i legami[/URL]
- Role con Fuyu no Yuki - [URL=?t=60218880#entry427333193]Essere un Demonio[/URL]
- Missione B Evento - [URL=http://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=60241296#entry427577269][Fase III] - In un lago di Depressione[/URL]
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- Missione S Evento - [URL=https://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=60705915&st=60#entry434415811][Fase IV] - Eidolon[/URL]
- Role topic centrale Evento - Kakusei: scontro finale - Il risveglio [[URL=https://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=60663803&st=90#entry434526831]X[/URL]]
- Autogestita #7 - [URL=https://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=60866572#entry434581331]Sotto uno strato di polvere[/URL]
- Quest Stabilizzazione Bijuu - [URL=https://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=60872124#entry434650434]Kokoro ni Tobikomu 心に飛び込む - DESTATI[/URL]
- Role libera - [URL=https://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=61112196#entry437322003]Chikai 誓い - Non pensarci due volte[/URL]
- Role col Mizukage - [[URL=https://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=7311064&st=675#entry437321948]X[/URL]]
- Role libera - [URL=https://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=61320194#entry439806129]Chiisai nozomi ちいさい のぞみ - Un desiderio molto piccolo[/URL]
- Autogestita #8 - [URL=https://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=61222867#entry438582808]Scala ad caelum[/URL]
- Quest Clan Chunin - [URL=https://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=61235651#entry438735586]Il guru[/URL]
- Autogestita #9 - [URL=https://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=61359297#entry440290111]Vis unita fortior[/URL]
- Addestramento medio con png - [URL=https://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=61360996#entry440316423]Namida 涙 - Lacrime dal passato[/URL]
- Role con Fuyu no Yuki - [URL=https://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=61400282#entry440840896]Come neve al sole[/URL]
- Role libera - [URL=https://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=61781916#entry445763638]Crocevia nella Nebbia[/URL] <i>(in corso)</i>
- Missione A a Kiri - [URL=https://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=61504037#entry442226087]Shinimadeni 死にまでに - Ovunque tu sia[/URL]
- Autogestita #10 [URL=https://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=61793758#entry445937115]Kyousen 鏡戦[/URL]
- Addestramento superiore con png - [URL=https://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=61812837#entry446132124]儀式 Gishiki - Iniziazione[/URL]
- Quest Rotolo delle Kitsune - [URL=https://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=61979042#entry449106321]Kawaakari 川明かり - I Custodi del Crepuscolo[/URL]
- Autogestita #11 - [URL=https://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=62296983#entry453799155]Shinrai 信頼[/URL]
- Addestramento superiore con png [URL=https://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=62330448#entry454233105]栄光 Eikō - Ascesa[/URL]
- Cerimonia nuovo Mizukage [[URL=https://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=62411115#entry455980770]X[/URL]] | Role in Studio [[URL=https://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=7311064&st=705#entry456005590]X[/URL]]
- Role libera - [URL=https://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=62466376#entry456873084]Isan 遺産 - L'eredità della Nebbia[/URL] - <i>Work in progress..</i>
- Role libera - [URL=https://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=62431529#entry456296398]Kaigi 会議 - Due opposte ragioni[/URL]
- Inaugurazione Yuumen [[URL=https://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=62403011#entry456091849]X[/URL]] | Role libera in Biblioteca [[URL=https://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=62426159#entry456233732]X[/URL]] | Summit dei Kage [[URL=https://gdrnarutouniverse.forumcommunity.net/?t=62423309#entry456233734]X[/URL]]
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