Sbagliava a pensare che si tirasse indietro solamente perché doveva sottostare a regole che non conosceva. Forse quella Voce non lo conosceva abbastanza bene da sapere che quello non era per nulla un ostacolo per Yu, anzi…era quasi uno stimolo. Sfidarlo a quella maniera, non faceva altro che aumentare la sua voglia di vincere, anche non sapendo a che gioco stesse giocando, anche non sapendo quali fossero le strategie di quella stramba provocazione, anche non sapendo a menadito il regolamento da seguire. In fin dei conti non c’era altra scelta se non andare avanti ed uscirne, con le unghie e con i denti, senza dare soddisfazione al suo avversario di vederlo spaesato e confuso come in realtà un po’ si sentiva. Non capiva davvero cosa stesse accadendo. E più ci pensava, meno riusciva a decifrare. Un sogno che non era un sogno, in cui uno sfidante misterioso aveva messo in piedi una scacchiera i cui pezzi e le cui caselle erano parzialmente nascosti - se non completamente - agli occhi del Rosso, che era comunque obbligato a giocare se voleva avere una minima speranza di uscire da quel…come lo aveva chiamato lui? Ah, sì! Limbo. Trovarsi con le mani legate per la seconda volta nel giro di così poco tempo - tanto che ancora non aveva digerito del tutto la prima esperienza - non era per nulla facile. Anzi, era particolarmente fastidioso. Tuttavia non era lasciandosi sopraffare dalla paura, dall’angoscia e dall’ira di quella prima brutta avventura che Yu ne sarebbe uscito. Ne era pienamente cosciente. Doveva sottostare alle regole che il suo aguzzino aveva preparato, se non voleva essere ucciso come un cane, ma questo non significava che non potesse metterci del suo, per quanto minimo. E se anche questo poco avesse dovuto essere solamente istinto, determinazione e cocciutaggine piuttosto che un qualche particolare acume, beh andava bene ugualmente, perché era sempre parte di lui. Finchè non si fosse lasciato annullare, finchè non si fosse perso, sarebbe andato tutto per il meglio. Era chiaro che ci fosse qualche fregatura da qualche parte, ma se anche non la vedeva, l’importante era esserne cosciente ed essere pronto ad affrontarla, qualsiasi essa fosse. Non che si trattasse di una cosa semplice di fronte all’assurdo, ma, ehi, ci si provava lo stesso. D’altronde, darla vinta all’avversario senza nemmeno tentare di fare qualcosa, beh, quella sì che si chiamava sconfitta! Ma finchè si fosse operato per opporre anche una minima resistenza, senza darla vinta a quella Voce con così tanta facilità, accettando quelle regole sconosciute solo perché non c’era alcun vantaggio nello starsene con le mani in mano, non avrebbe mai perso. Mai. E se davvero quel qualcuno condivideva la sua individualità con lui, probabilmente sapeva bene anche questo.
Fu con questo spirito che Yu affrontò la scelta definitiva che gli venne posta. Non appena si avvicinò alla bolla che aveva scelto, la Voce proruppe profonda e risolutiva, in qualche modo descrivendo, con sommo stupore del Rosso, ciò che rappresentava l’effimera di fronte a lui. Parole che non fecero altro che confermare ulteriormente nel suo animo, ciò che l’istinto aveva valutato per lui con la rapidità che solo un impulso animale avrebbe potuto avere. Irrazionale, spontaneo, inconscio…eppure non per questo sbagliato. Non c’erano errori in quella stima rapida che la sopravvivenza aveva dettato, raccogliendo forse stimoli più velocemente di come avrebbe potuto fare l’intelletto stesso. Lo stesso intelletto che ora si vedeva chiamato in causa, nel confermare qualcosa che non aveva scelto di propria mano, ma che condivideva, non potendo fare appello a nulla che non fossero le giustificazioni irrazionali che avevano portato a quella scelta.
Puoi dire quello che ti pare, la mia scelta non cambia. E’ definitiva.
Fece per agguantare la bolla, ma non appena i polpastrelli sfiorarono la superficie, questa si dissolse, portando con sé ciò che in essa era contenuto e rilasciando una luce evanescente che turbinò nell’aria, prima di infrangersi sul petto di Yu. Attimi rapidissimi, pregni di meraviglia da parte del Rosso, così come di inquietudine nel vedersi piombare addosso quel qualcosa la cui natura gli era sconosciuta, senza fare nemmeno a tempo a scansarsi o difendersi. Il contenuto luminoso gli fu addosso prima che potesse anche solo formulare una frase nella testa, e, non appena lo toccò, Yu provò una strana sensazione di fastidio, seguita però da una carezza piacevole. Un calore familiare, nostalgico, una coltre di sicurezza che cancellò la paura provata nel ricevere quella strana cosa. Si dipanò nel suo petto, come il tepore del fuoco stando accanto al caminetto, cacciando l’inquietudine e sostituendola con quel gradevole piacere conosciuto, calmandolo, regalandogli un qualcosa per contrastare quel mondo fatto di insicurezze, oscurità e dubbi.
Si portò una mano al petto, istintivamente, stupito e in qualche modo meno mal disposto di prima. Quella scelta fatta con l’impulso di un animale ferito, era riuscita a dargli un pelo di fiducia e sicurezza in più, sentimenti che vennero messi immediatamente alla prova dal nuovo intervento della Voce che preannunciò l’imminente arrivo di una nuova selezione tra le bolle rimanenti, questa volta circa quella a cui avrebbe voluto rinunciare, concludendo in modo enigmatico il discorso, prima di incalzare il Chunin perché si muovesse a decidere.
Ma ‘sta volta, il ragazzo aveva qualche elemento in più. La Voce si era lasciata dietro di sé alcune tracce non indifferenti, che Yu non si era lasciato sfuggire. Volute o meno, quelle parole e ciò che era contenuto nelle iridescenti erano gli unici appigli che il ragazzo aveva per imbastire un minimo di ragionamento. E questa volta era davvero necessario, perché la scelta non era semplice. Si trattava di rinunciare a qualcosa tra il kiseru di sua madre coi pastelli e quell’erhu con la maschera indefinita. Apparentemente una scelta facile, ma…il primo intervento della Voce iniziò a vorticargli in testa con insistenza.
Occasioni, rinunce, sacrifici. Così aveva detto, no? Quindi se scegliessi una di queste bolle come rinuncia, l’altra automaticamente sarebbe il sacrificio, mi pare evidente.
Il problema è come vengono intese da questo tizio, parole apparentemente tanto simili.
Escludendo le occasioni, di cui Yu si era appropriato scegliendo l’arco di Shizuka e le frecce, in effetti rinunce e sacrifici avevano un risultato molto simile, guardandole a questa maniera. Era sempre qualcosa che non sarebbe arrivato nelle sue mani, l’unica differenza era il modo. Le rinunce, davano l’idea di un qualcosa di l’asciato da parte, mentre i sacrifici…beh, serviva davvero una spiegazione? Insomma se avesse dovuto basarsi unicamente sulle eccezioni classiche di tali parole, le sue scelte sarebbero state due: rinunciare al kiseru di sua madre e ai pastelli che gli ricordavano Shi, per sacrificare un erhu e una maschera che per quanto lo incuriosissero non gli dicevano nulla di che; oppure rinunciare allo strumento e alla copertura facciale, per sacrificare la lunga pipa e i colori. Se non ci fossero stati questi ultimi, ai suoi occhi non si sarebbe stata molta differenza tra lo scegliere l’una o l’altra bolla, basandosi su quanto poteva dedurre analizzando le parole per ciò che sembravano. Non gli avrebbe fatto differenza. Da questo punto di vista, i pastelli erano la discriminante di scelta, secondo quei criteri. Ma Yu non era uno sprovveduto. Annusava puzza di fregatura da un miglio e quel “niente è come sembra, all’ombra delle tenebre” non aveva fatto altro che accentuare quella sua sensazione. Tanto più che sarebbe stato uno sciocco a non prestare attenzione alle descrizioni delle singole bolle, ora che sapeva di poterle sentire. Decise quindi di prendersi un po’ di tempo, quanto meno finchè il suo interlocutore non avesse iniziato a innervosirsi come poco prima. Si avvicinò quindi alla prima bolla, quella col kiseru, senza toccarla, ma dando l’idea di voler scegliere quella, proprio come aveva fatto poco prima.
« Pastelli per disegnare,
ricordo d'una infanzia dal Cielo plumbeo;
speranza sbiadita nel tempo.
E' questo ciò a cui rinunci? »
La voce tuonò, imperiosa, dando gli estremi di cosa quella bolla contenesse, prima di porre la domanda fatidica a cui Yu non rispose. Non aveva detto nulla in più e nulla in meno di quanto non sapesse già. Frasi enigmatiche, ma il loro senso era abbastanza chiaro agli orecchi del Rosso, quanto meno per come interpretava lui la cosa. Fece una smorfia, prima di fare un passo indietro e presentarsi d’innanzi all’altra bolla disponibile, con le medesime finte intenzioni dimostrate per la precedente. L’erhu e la maschera di fronte a lui, così ignoti e poco chiari ai suoi occhi, mentre la voce del suo interlocutore squarciò nuovamente l’oscurità, rimbombando ovunque, dentro e fuori il giovane Shinobi.
« Corde vibranti di una musica sconosciuta,
strumento armonico dal suono agrodolce,
anonima preservazione dell'io.
E' questo ciò a cui rinunci? »
E quelle parole furono altrettanto ignote, enigmatiche. Non dissero nulla in grado di accendere qualche lampadina nella mente del Rosso. Per come le recepì lui, non fecero altro che descrivere l’ovvio, l’apparenza di ciò che lui stesso vedeva. Uno strumento a corda dal suono gradevole, a volte aspro a volte dolce, e una maschera anonima utile a nascondere il proprio viso. In qualche modo era curioso come le descrizioni della Voce, ricalcassero il suo modo di vedere il contenuto delle bolle…forse non era un caso, o forse sì. Difficile dirlo, fatto stava che ascoltare le spiegazioni del suo aguzzino, non fu di alcun aiuto a Yu, che si tirò indietro nuovamente di qualche passo, ritrovandosi al punto di partenza.
Dal suo punto di vista era chiaro: se avesse valutato quella scelta sulla base del significato letterale delle parole enunciate gravemente dalla Voce al suo arrivo in quel luogo strano, la scelta sarebbe ricaduta sulla bolla col kiseru. Avrebbe rinunciato a quella e sacrificato quella che non gli diceva più di tanto. Per quanto questa l’incuriosisse, nell’altra c’erano quei pastelli che…proprio non gli andava di rischiare.
Ma se avesse ragionato e scelto in base all’idea che ci fosse un trucco sotto? Come sarebbe andata? Se la scelta non fosse stata davvero una scelta, e se sacrificio e rinuncia non avessero avuto significati così simili come pensava? Ricordava di un gioco…un gioco di carte. Non gli veniva in mente quale, ma era certo ci fosse una regola che permetteva a uno dei giocatori di prendere le carte ad un altro, sceglierne alcune per sé, sceglierne altre da gettare nello scarto e ridare le rimanenti all’avversario. Se fosse stato qualcosa del genere? Le carte scelte avrebbero potuto essere accomunate alle occasioni, quelle gettate ai sacrifici e quelle restituite…
…Quelle restituite sarebbero le rinunce.
Se fosse così, se fosse una cosa del genere, cosa sarebbe più saggio fare?
Se la rinuncia di cui parlava la Voce non fosse una vera rinuncia, ma qualcosa che gli veniva restituito, causando di conseguenza il sacrificio, lo scarto definitivo della bolla rimanente, allora quale sarebbe stata la scelta più sensata? Dare in mano al suo avversario qualcosa di cui Yu era curioso, ma che non conosceva, o qualcosa che conosceva, ma che detestava?
Strinse i denti, incrociando le braccia al petto. Se avesse potuto respirare, sicuramente avrebbe sbuffato scocciato, perché la risposta a quella domanda lui la conosceva benone. Non gli piaceva per nulla, ma la conosceva…e coincideva con quella dell’ipotesi precedente. Se avesse dovuto scegliere cosa restituire in mano al suo avversario, quali carte dargli, era chiaro che non sarebbero dovuto essere cose a lui ignote: meglio sapere quali carte avrebbe potuto subire sulla sua stessa pelle, se voleva prepararsi per tempo. Di conseguenza, anche in questa visione, la scelta sarebbe ricaduta sul kiseru e i pastelli.
Un’opzione antipatica, che in realtà disprezzava, ma non poteva non ammettere che fosse quella più sensata tra le due. Quindi, ricapitolando, se avesse preso in considerazione le parole per il loro significato letterale, avrebbe scelto la pipa e i colori per non sacrificare qualcosa che poteva avere a che fare con un suo caro amico; se invece avesse pensato alla scelta come a un trucco, similmente a quel gioco di carte di cui non ricordava il nome, avrebbe scelto sempre il kiseru, per gettare via l’ignoto e non dare modo al suo avversario di avere un vantaggio simile su di lui.
Che ironica la vita, eh? Era talmente convinto che non avrebbe mai e poi mai posto gli occhi su quel dannato oggetto fumante, e invece i suoi stessi ragionamenti lo avevano portato a quella decisione. Solo i Kami sapevano che fatica stesse facendo per autoconvincersi che quella fosse la strada più corretta e che, quindi, non ci fosse alcun motivo valido - tranne il suo personale rigetto per ciò che quel kiseru rappresentava - per puntare lo sguardo sull’altra bolla. In fin dei conti non conosceva le regole di quel gioco, non aveva idea se le sue deduzioni e le sue intuizioni fossero corrette o meno…magari era anche quello un inganno della Voce: un trucco nel trucco per farlo arrivare alla scelta sbagliata. Ma onestamente non aveva gli estremi per capirlo. Quindi per quanto fosse una situazione antipatica, per quanto quella scelta lo disgustasse, per quanto il terreno sotto i suoi piedi scricchiolasse pericolosamente ad ogni passo che compiva verso l’iridescente prescelta, nulla confermava o confutava ciò che aveva pensato. Nessuna certezza. Solo i suoi pensieri, solo le sue idee, solo quelle misere briciole sparse qui e là che il suo interlocutore si era lasciato - volutamente o meno - sfuggire a terra. E più ci rimuginava, peggio era, quindi smise di farlo. Non ce n’era motivo, in fin dei conti. Doveva avere coraggio, giusto? Doveva fidarsi delle proprie percezioni. E di nuovo la Voce tuonò, ripetendo parole già pronunciate, frasi già dette…sebbene con un tono lievemente scocciato dal doverlo fare per l’ennesima volta.
« Pastelli per disegnare,
ricordo d'una infanzia dal Cielo plumbeo;
speranza sbiadita nel tempo.
E' questo ciò a cui rinunci? »
Di fronte a quell’effimera fumosa, le braccia sciolte, Yu se lo chiese a sua volta: era quello a cui voleva rinunciare? Era la sua decisione definitiva? Osservò di sbieco l’altra bolla, gli occhi chiari che sondavano nuovamente quel contenuto ignoto che forse stava scartando, che forse stava sacrificando. Pochi attimi, prima di tornare ad osservare quella che doveva essere la propria scelta. Il fumo che usciva dal fornello del kiseru, aveva riempito la sfera iridescente, rendendo quasi opachi i bei colori dei pastelli a cera consumati. Come la speranza di quel bambino che non era mai potuto essere, quell’infanzia mai vissuta veramente.
Guardò negli occhi la sua paura, riflessa su quella superfice iridata, la sfidò, con la logica e con il cuore che lo avevano portato a prendere quella decisione, prima di alzare lo sguardo verso il nero profondo di quel bizzarro limbo, fiero e risoluto, per quanto tormentato, dando quella risposta che colui che si fregiava d’essere lui stesso gli aveva richiesto.
Sì. E’ questo ciò a cui rinuncio.
Descrizioni della “Voce” gentilmente offerte dal Master.