Adunata - Shuukai 集会, Per coloro che parteciperanno all'evento e non.

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view post Posted on 17/4/2018, 15:44     +1   -1
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Kirigakure no Sato, Nel Villaggio, Gennaio 249 DN


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Alea iacta est.
Trascorsero pochi giorni dal momento in cui impartì l'ordine a Fuyu di convocare gli Shinobi del villaggio degni di accompagnarlo in quella missione, apparentemente vitale per la sopravvivenza dell'intero mondo ninja. Sin dall'istante in cui lesse la lettera non furono pochi i dubbi che afflissero la sua mente. Non si fidava; d'altronde le scarne informazioni che aveva a riguardo aggravavano la situazione. Si, ai Kage erano state date delle sommarie indicazioni sulle intenzioni dell'Ordine, ma in realtà non poteva prenderle come verità assolute in quanto ignorava quei rituali e gli effetti da essi causati. Poteva solamente constatare autonomamente quale fosse il motivo di quella convocazione nel paese della Terra. Avrebbero sigillato i Bijuu? L'avrebbe saputo, da lì a qualche giorno, o settimana nel caso.

I preparativi erano già iniziati; i suoi sottoposti si erano prodigati per permettergli di partire senza che nulla fosse in ritardo. Le missive erano state inviate e i pochi Shinobi che erano ancora fuori dal villaggio per commissioni varie di minima entità, erano stati richiamati affinché vigesse un equilibrio tra le forze militari predisposte per il viaggio e quelle che avrebbero dovuto difendere la loro terra natia da eventuali attacchi esterni. Era giunto il momento di presenziare all'adunata che aveva diramato, ma il caso volle che giungesse alla magione del Mizukage un'altra lettera, la cui provenienza era pressoché incerta. Una delle segretarie la consegnò tra le mani dell'Efebico, rassicurandolo sulla non pericolosità della stessa; dalle verifiche che avevano effettuato alcun chakra vi era stato impresso, così da accantonare l'eventuale possibilità che si trattasse di una bomba, o qualcosa del genere. Non indugiò, leggendone immediatamente il contenuto. Da quanto poteva asserire il mittente era colei che capitanava la fazione opposta al Taisei, il Kyodan. Ne aveva sentito parlare di quella donna, ma mai aveva avuto l'opportunità di incontrarla o poterci colloquiare. Aveva già potuto comprendere, seppur con rivelazioni precarie, quali fossero le intenzioni della loro fazione, ma con quelle parole le sue incertezze risultarono soddisfatte.

Cosa poteva mai pensare? Era un vicolo cieco, un sentiero che lo avrebbe condotto nel Paese della Pietra. Professavano una fine per il chakra degli Uomini, esito che avrebbe potuto cambiare radicalmente il mondo che conosceva. Realtà? O fandonie proferite per avvalersi della paura trasmessa? Sospeso, come su di un filo invisibile, le cui sommità erano sorrette da quelle due fazioni. Doveva solamente decidere la direzione che avrebbe intrapreso, a quale ideologia allinearsi. Era ancora troppo presto per farlo; da una parte vi erano delle persone che professavano la distruzione del mondo ninja qualora i bijuu non fossero stati sigillati, dall'altra, un'ordine il cui intento era quello di lasciare libere quelle creature e proteggere quel potere immenso.

- E sia.

Confabulò con se stesso. Era ovvio che fosse preoccupato, ma per il momento non poteva lasciarsi prevaricare dalle emozioni. Doveva essere ferreo, impavido e impassibile. Non poteva trasmettere le proprie incertezze ai suoi sottoposti, a coloro che si sarebbero affidati alla sua forza per uscirne vivi.

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Qualche ora dopo...



Il posto designato per la convocazione era la piazza principale del villaggio, ove era stato eretto frettolosamente un palchetto ligneo per sopraelevare la figura del Mizukage. L'Efebico vi giunse con passo cadenzato, avvolto nel mantello della veste cerimoniale, lasciando che gli shinobi di più alto rango del suo gabinetto lo precedessero. Tra di essi spiccavano le figure di Fuyu, Sawa e Aoki, tralasciando Natsu che al momento non era presente nel villaggio dato che era stato incaricato di seguire gli spostamenti di Sabaku no Keiichi. Non aveva sue notizie da un bel po', ma era pur vero che non poteva permettersi alcun errore che lo potesse mettere in condizione di essere scoperto. Doveva pazientare, solo questo.

Non si fece annunciare, né, tanto meno, che qualcuno facesse un'introduzione, recandosi sulla sponda opposta della struttura, quella maggiormente vicina agli shinobi ivi radunatasi per ascoltare le sue parole.

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- Shinobi di Kiri, vi ringrazio per esservi radunati qui con questo poco preavviso ma c'è un'ultima missione che dobbiamo compiere per porre fine a questa guerra. Ci recheremo nel Paese della Pietra per assistere il Taisei nell'attuazione dell'ultimo atto. Non sappiamo a cosa andremo incontro, non sappiamo cosa accadrà realmente, ma dobbiamo farlo per rendere possibile la sopravvivenza di Kiri. Molti di noi hanno già affrontato queste creature e hanno potuto constatare, sulla propria pelle, le conseguenze della loro forza distruttiva. Non posso permettere che possano errare liberamente nel nostro territorio, o che arrechino dolore nella nostra terra natia. Noi, non possiamo permetterlo. Dobbiamo abbatterli, abbattere chiunque si intrometta sul nostro cammino. E' tutto pronto.
Che il viaggio abbia inizio.


Smise di parlare. Avrebbe atteso una manciata di minuti, per permettere a chi volesse di porre delle domande, per poi incamminarsi verso le porte delle mura di Kiri. Ora il suo obiettivo risiedeva nel Paese della terra. Ora, voleva solamente capire.



Per quanto riguarda il contenuto delle missive che vi sono state inviate ( dato che partecipate all'evento ) è piuttosto scarno. Le uniche informazioni che avete a riguardo sono: Missione riguardante i bijuu estremamente pericolosa nel Paese della Pietra. Siete convocati all'adunata, pre-partenza, ma qualora non doveste partecipare potete facilmente sintetizzarlo o non farne voce nel viaggio. E' facoltativo, quindi non vi sentite obbligati a postare.


Edited by ~Steve. - 17/4/2018, 22:49
 
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view post Posted on 17/4/2018, 21:59     +1   -1
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Ascolta col naso all'insù l'uomo in bianco che parla, il peso dello zaino che le schiaccia leggermente le spalle sottili e i corpi di altri ninja che la premono da tutti i lati. Tutti, come lei, guardano col naso all'insù l'uomo in bianco che parla, il Mizukage, Hayate Kobayashi.

Mentre enuncia i primi convenevoli, lei pensa che è identico spiccicato a quando l'ha incontrato nella locanda a Momo, che ancora era un ricercato e voleva ammazzare Hogo Kyujo; lo sente parlare di Taisei, e ripensa alle ore trascorse a imballare l'ospedale da campo assieme ai tirocinanti genin. Tutti talmente impegnati a seguire le check-list da non pensare a cosa sarebbero davvero servite quelle attrezzature. Tutti troppo giovani da non rendersi conto dell'impiego reale di quelle attrezzature. Tutti troppo intorpiditi da quel colpo di maglio, da riuscire a immaginare davvero cosa sarebbe potuto accadere sul campo di battaglia.
L'ospedale era diventato improvvisamente un luogo fervente di attività, e incredibilmente efficiente.
Era un piacere lavorarci. Buffo, eh?
Gli sguardi dei sensei erano assenti, sfuggenti - ma pensare che non volessero soffermarsi a lavorare con loro, per il timore di non vederli tornare, era pura paranoia... no?
Anche loro avevano tanto da fare.
Chissà come si sentivano sotto pressione, con tutti i preparativi da coordinare.
Rimanevano giusto il tempo necessario per verificare che le casse di antibiotici, di flebo, di suture, di bisturi, di bende, di tamponi e di mille altre cose fossero correttamente imballate, numerate e trasportate nel retro dell'ospedale, dove sarebbero state caricate sui carri che avrebbero seguito l'esercito.

Eh già, esercito.

Quella mattina era uscita di casa all'alba, lo zaino pienissimo sulle spalle, e si era recata di buon'ora a terminare i preparativi assieme a una decina di genin di cui non ha fatto in tempo a imparare i nomi. Poi la voce gracchiante all'interfono li aveva invitati ad affrettare il completamento delle operazioni, ma a quel punto loro erano già pronti a incamminarsi verso la piazza principale, dopo aver appeso i camici negli armadietti.
Chiudere gli sportelli di latta a chiave le aveva fatto un certo effetto, non aveva potuto negarlo. Poi si erano radunati tutti assieme sotto al palchetto, era arrivato Kobayashi-sama ed aveva iniziato a parlare... e siamo arrivati al suo discorso, che parla di Taisei, con Urako che ripensa ai giorni scorsi e all'impressione di essersi persa qualche informazione importante.

Non avrebbe dovuto sapere di più, su quel Taisei, di quanto enunciato di sfuggita dal vecchio disgustoso incontrato quella volta? Non avrebbe... non avrebbe dovuto sapere con esattezza, di quali creature stesse parlando l'albino?
Kobayashi-sama ne parla come se tutti avessero dovuto conoscere esattamente l'argomento della sua arringa.
La destra ravvia con un gesto istintivo le ciocche di capelli dietro all'orecchio.

Sì, in un certo senso lo sa, di cosa sta parlando.
Impossibile non saperlo, con tutti i disastri e le voci e le notizie e le discussioni che si scatenano tutti i giorni in corsia. Ma lei dalla bocca di Hayate Kobayashi o dalla sua penna, non ha mai ricevuto indicazioni di nessun tipo – prima di quel momento. L'ha visto coi suoi occhi, quel gigante dalle otto braccia e dal torso di toro e forse, se avesse infranto la sua promessa, l'oscurità in cui ha mosso i suoi passi sarebbe stata meno fitta.
Forse non ha da biasimare altri se non sé stessa, per aver taciuto.
Si domanda se il suo tacere possa mai aver avuto un peso, ma in cuor suo ne dubita. Chi è lei, in fondo, se non una testa nella folla? Un puntino marrone in mezzo a tanti altri puntolini che riempiono la piazza.
E mentre si fa le sue domande, gli occhi vagano tra i cento e più ninja: cercano in silenzio un volto conosciuto tra i cento e più, tirati e seri e velati dalla nebbia.

Uno scoglio a cui aggrapparsi in questo mare che non smette mai di muoversi.

 
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view post Posted on 18/4/2018, 15:34     +1   -1
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Aveva sempre odiato quella frase, ritenendola superficiale, in quanto scartava a priori ciò che era improbabile, relegandolo nell’angolino dell’impossibile, quando invece non era altro che una piccolissima regione del possibile. Tuttavia quel mattino, mentre era sotto la doccia, l’ovvietà dietro a quanto sarebbe accaduto di lì a poco, fu inequivocabile.
Era appena tornato dalla sessione di allenamento giornaliera e, come di consueto, si era fiondato sotto l’acqua per lavare via le fatiche e dare sollievo al suo corpo, dopo aver dato un saluto ad una Shizuka intenta a leggere sul divano in una posizione non del tutto convenzionale e un Kai che stava cercando di fare chiarezza nella sua testa per trovare che cosa cucinare per pranzo. Quegli ultimi giorni erano stati dominati da una falsa pace irritante…Non c’erano più state notizie dopo la missione con Takumi e Nuru circa gli attacchi dei Bijuu, se non qualche voce di corridoio che aveva sentito da altri Shinobi ai campi da allenamento, ma si sa, le voci restano voci fino a quando non c’è qualcuno con una certa autorità che possa confermarle. Di conseguenza stare al villaggio non era poi tanto diverso da prima che scoppiasse quel casino e che la realtà delle cose si spargesse a macchia d’olio. Solo…era tutta facciata. In realtà, gli Shinobi si allenavano più di prima. Gli spazi adibiti erano stranamente affollati - mai visti così tanti ninja dediti alla causa come quando sapevano di rischiare seriamente il collo - e non era raro scoppiassero delle risse per chi doveva usare i campi e quando. I negozi di armi ed equipaggiamenti stavano vivendo un periodo d’oro, la biblioteca era stata chiusa, il sapere di Kiri sigillato in salvo nei sotterranei e, nonostante Yu non ci si avvicinasse troppo, era chiaro che anche l’ospedale, così come i piccoli medici che avevano una struttura privata, fossero in gran fermento. Insomma, in perfetto stile della Nebbia. Chi più chi meno tutti stavano aspettandosi qualcosa. Non sapevano cosa, non sapevano quando, né tanto meno come, ma non uno di loro aveva l’ardire di credere che quella bolla di quiete prima della tempesta durasse ancora a lungo. Quindi ogni istante era importante. Ogni momento era utile in preparazione a ciò che sarebbe accaduto e Yu non fu diverso da quel punto di vista. Si era allenato ed esercitato con costanza, chiedendo anche l’aiuto di ‘Kichi e ‘Tatsu di tanto intanto, venendo anche a conoscenza delle possibilità di richiamare un Rospo più preparato di loro due semmai ne avesse avuto bisogno. E non era stato facile per quei fratelli dai colori sgargianti ammettere quella realtà.
Insomma, si era dato da fare e non aveva dormito sugli allori, eppure, quel mattino, sotto la doccia, mentre l’acqua scrosciava scivolando sul suo corpo carezzandolo piacevolmente e disegnandone le linee, quasi si piegò in due nell’avvertire quell’improvvisa esplosione di chakra. Fu come ricevere un pugno in pieno stomaco, secco, inaspettato, unito alla sensazione dell’elettricità che come tante piccole formiche percorreva la pelle facendo rizzare tutti i peli, e al gelo che ghermì la sua anima come un artiglio affilato. Ah la conosceva quella sensazione, l’aveva già provata di fronte ad una lumaca enorme che con uno sputo sarebbe stata capace di prenderlo e rigirarlo da dentro a fuori come un calzino, se solo avesse voluto. Non c’era alcun dubbio sulla natura di quell’energia, l’ipotesi della zebra in quel frangente non era proprio da prendere in considerazione di fronte all’ovvietà della cosa. E ciò che era più inquietante era che dopo quella prima violenta botta, quell’emissione di chakra anomalo non sparì nel nulla ma rimase lì, come si fosse assestata, come avesse trovato il suo posto, e se anche Yu che non aveva particolari doti sensitive riusciva a percepirlo…beh dire che era smisurata era altamente riduttivo.

Fu il rumore di porcellana in frantumi a farlo tornare coi piedi per terra. Si fiondò fuori dal bagno, senza nemmeno chiudere la doccia e con solo un asciugamano in vita, passando di fronte ad una Shizuka che si coprì all’istante il viso con le mani imbarazzata, arrivando in cucina dove Kai stava raccogliendo i cocci di una ciotola. Le mani gli tremavano ed era seduto al suolo, come non riuscisse a rialzarsi e quando voltò il viso nella sua direzione, Yu vide negli occhi del fratello le stesse identiche sensazioni che aveva provato lui stesso, la stessa sconcertata paura, la stessa inquietante consapevolezza, con la sola differenza che Kai quelle creature non le aveva ancora viste. Forse adesso, vivere in quella bolla di quiete fittizia, poteva non sembrare tanto male in fin dei conti. Ora che si era infranta e che gli strascichi di quel mondo impazzito erano riusciti ad entrare, tutto appariva dannatamente più vivido e reale, come se d’improvviso la Nebbia che sempre ammantava il Villaggio fosse stata risucchiata via mettendo a nudo il vero volto di Kiri, come se la pelle venisse strappata via dal corpo lasciando solo un ammasso di carne viva sottoposto alle intemperie del mondo, così indifeso, così scoperto…in definitiva quasi inerme. E Yu capiva perfettamente le paure che lo Yuki stava provando in quel momento. Le condivideva, forse meglio di lui stesso. Ma piuttosto che restare lì senza sapere nulla, in un limbo straziante foderato di falsa pace, per quanto potesse essere piacevole non pensare a cosa stesse accadendo al di fuori delle mura del Villaggio o al di là dei loro confini, era meglio che quella bolla si fosse dissolta. La cruda realtà era sempre meglio di una cortese ipocrisia, con tutte le conseguenze del caso.

La lettera del Mizukage era arrivata qualche giorno dopo quei fatti. Una missiva col simbolo dell’autorità impresso nella ceralacca blu, recante poche parole, forse anche superflue. Ed era seguendo quelle poche righe che quel mattino si era svegliato all’alba. Aveva fatto in tempo a salutare Shizuka prima che la Jonin precedesse lui e Kai all’incontro voluto da Hayate Kobayashi nella piazza principale del villaggio, giungendo al luogo prefissato col fratello, ma perdendolo di vista dopo qualche istante nel carnaio che si era assembrato davanti al palchetto. Fortuna che si erano salutati già prima. Avevano scambiato poche parole durante il percorso da casa fin lì, ma quelle poche erano bastate. Non c’era bisogno di alcun gran discorso per comprendere il reciproco desiderio di entrambi. Negli occhi glaciali dello Yuki, il Rosso non aveva fatto fatica a leggere un “Sopravvivi” grande come una casa e nello sguardo limpido di Yu, il moro avrebbe potuto leggere altrettanto, probabilmente con termini meno eleganti. Avrebbe potuto ritrovarlo lì in mezzo se avesse voluto, ma l’idea di utilizzare l’olfatto immerso in quel marasma di gente di tutti i tipi non lo solleticava per nulla e, comunque, non era una cosa necessaria. Kai era lì da qualche parte, e come lui stava alzando lo sguardo verso il Mizukage in bianco che si era affacciato sulla palizzata del piccolo palco ligneo ch’era stato allestito per quell’occasione. Attorno alla guida di Kiri, alcuni ufficiali di cui l’unico volto noto a Yu era quello di Fuyu. Ricordava ancora cosa gli aveva detto nelle diverse occasioni con cui aveva avuto a che fare con lui, quello che gli aveva indirettamente - e anche direttamente - insegnato e fatto comprendere, così come quelle parole misteriose e lapidarie che gli aveva rivolto dopo l’esecuzione di Endo Keizo. Un invito che Yu non aveva capito ancora a fondo, ma che non avrebbe rifiutato…sempre ammettendo che Hayate non li stesse mandando dritti dritti nelle fauci del mostro con quella missione.
L’idea di assistere il Taisei in qualsiasi cosa avesse intenzione di fare quell’organizzazione, gli faceva storcere il naso. Non conosceva poi molto dell’Ordine e della sua controparte, tuttavia quel poco che sapeva era abbastanza per non fidarsi. Sia Taisei che Kyo Dan avevano qualcosa da nascondere, era evidente, i loro reali scopi di certo non andavano a spiattellarli in giro e questo li rendeva, allo stato attuale delle cose, quelli che impugnavano il kunai dalla parte giusta. Quindi non lo stupì troppo che quel loro viaggio nel Paese della Pietra fosse a scatola chiusa, sperava solamente di sbagliarsi…che fosse solo una sua impressione quella che poneva Taisei e Kyo Dan come presenze ben più pericolose delle Bestie stesse sia per Kiri che per il resto del Continente.


Questo viaggio, nel bene o nel male, chiarirà ogni cosa.

 
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view post Posted on 19/4/2018, 20:59     +1   -1
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Vivere quelle successive settimane facendo finta che nulla fosse realmente accaduto, come se non esistesse altro che la solita routine, senza demoni dalle molteplici code a piede libero in giro per il continente, era piuttosto surreale. Dopo quello strambo viaggio nella lande uggiose della lontana Ame, si era praticamente imposto di dimenticare, di passare oltre quello che aveva sperimentato durante quei lunghi giorni oramai trascorsi, seppure sapesse piuttosto bene quanto difficoltoso fosse passare quel rapido colpo di spugna. Ma non era riuscito nell'intento ovviamente, nonostante tutti gli sforzi. Avrebbe potuto "dimenticare" le immagini scomode semplicemente non pensandoci, ma le sensazioni erano marchiate a fuoco nella memoria e di quelle, volente o nolente, sapeva bene non si sarebbe mai liberato. Era per questo che probabilmente aveva continuato a darci dentro con gli allenamenti, non rifiutando nessun tipo di lavoro sporco gli venisse offerto. Pur di non pensare e fossilizzarsi su pensieri distruttivi avrebbe fatto carte false. Era pur sempre un testardo.
Perdersi nella musica era un diletto, un piacere per i sensi quasi quanto del buon sesso; lo aiutava a distendere la tensione interna e le note che produceva, pizzicando sapientemente quelle corde e lasciandole vibrare dolcemente con l'arco orizzontale, riuscivano meglio delle parole a fargli esprimere quello che sentiva e provava. Una liberazione, un modo per distaccarsi da tutto e tutti, per rimanere con se stesso. Oltretutto l'erhu non era uno strumento facile da maneggiare, soprattutto per un autodidatta; tutto questo rendeva quegli esercizi impegnativi abbastanza da regalargli momenti di qualità, privi di pensieri troppo oscuri ma pregni di tutte le sensazioni che si agitavano nel profondo della sua anima. Non per nulla le melodie che proponeva erano complesse, toccanti, struggenti, a volte con qualche tinta oscura. Ma quel giorno la magia delle note ebbe un brusco arresto, sancito dal palpitare sordo del suo cuore in petto e da quell'improvvisa esplosione di energia distante, costante. Persino il suo preziosissimo strumento, sempre tenuto con estrema cura, come tutto quello che gli apparteneva e che custodiva gelosamente, risentì di quell'onda dal momento che una corda s'era spezzata al passaggio dell'arco, producendo un suono stridulo, strozzato. Brutto segno. Lo sguardo smeraldino era rivolto alla volta celeste, per quel che la nebbia perpetua consentiva; stava succedendo qualcosa e presto quell'impetuoso disturbo d'energia, seppur momentaneamente distante, avrebbe travolto e distrutto la campana di vetro dentro la quale si erano tutti rifugiati. Di questo ne era certo.

Qualche giorno era passato da quell'esplosione che aveva scosse le fondamenta stesse dell'intero continente, prima che la lettera col sigillo del Juudaime Mizukage gli venisse recapitata direttamente a casa. Sentì chiaramente il rumore dei passi di colui che l'aveva portata a destinazione, così come lo strofinare caratteristico della carta ruvida sotto la porta mentre tendeva bene le corde dell'erhu, sostituendo quella malandata con una nuova. Pose delicatamente lo strumento sul tavolo, avendo cura di non urtarlo o danneggiarlo in alcuna maniera, quindi si diresse all'ingresso per prendere la lettera. Ne spezzò con un colpo secco la ceralacca e lesse rapido le poche righe scritte: era stato convocato per presenziare e partecipare a una missione nel Paese della Pietra, per fronteggiare nuovamente i demoni codati. Ebbe un brivido e storse il naso. Essere tenuto in considerazione per un affare di tale importanza era un onore e un onere, ma il pensiero di dover incontrare nuovamente la lumaca e la sua fottuta maledizione non era esattamente piacevole. Sospirò. L'adunata era prevista da li a poche ore, presso la piazza principale. Era meglio darsi una mossa, sistemarsi e posare l'erhu al suo posto prima di lasciare casa.
Erano un numero alquanto nutrito, quelli che presenziarono al discorso di Kobayashi Hayate, accompagnato dall'incipriato Fuyu e da altre personalità che aveva adocchiato ma mai conosciuto. Su quel palchetto rialzato, quel giovane uomo dalla folta chioma pallida fece un discorso che mirava a spronare gli shinobi a garantire la "sopravvivenza" del villaggio, e di conseguenza ad assistere il Taisei nell'ultimo atto di quella storia dalle pennellate cariche di chiaroscuri. Aveva avuto poco a che fare con entrambi i gruppi, quindi non stava a lui giudicare (per quanto avesse voluto). Se un superiore ti ordina di uccidere, uccidi; se ti ordina di morire per una causa, muori. Questo gli avevano insegnato al riformatorio. Ma che crediti aveva questo fantomatico gruppo chiamato "Taisei" per affermare di essere in grado di arrestare un cataclisma di quelle proporzioni? Potevano realmente fidarsi? Francamente non ci sperava, ma per ordine del Mizukage avrebbe quantomeno dovuto fare buon viso a cattivo gioco e concedere il beneficio del dubbio sulle scelte fatte.


Nessuno avrà il mio bel culetto servito con cura su un piatto d'argento, né una parte né l'altra. Dovranno sudarselo. Questo poco, ma sicuro.

E lo sguardo si perse fra la folla, saettando da una parte all'altra con garbo, nel silenzio irreale di quei pochi momenti. Era alla ricerca di qualche sagoma conosciuta, di qualcuno sul quale era certo di poter fare affidamento in quella missione suicida. Se doveva morire, almeno farlo vedendo per l'ultima volta un volto amico invece di quello di un perfetto sconosciuto gli avrebbe allietato il trapasso.

 
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