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Ohayō…
Ancora con gli occhi socchiusi e la bocca impastata dal sonno, Yu arrivò in cucina, miracolosamente senza sbattere l’alluce contro qualche stipite - risultato di giorni e giorni in cui invece era capitato, con sommo dolore del proprietario del piede. Si era persino premunito, indossando l’haori di Takumi, nel caso in cui vi fosse stata Shizuka, ma a tavola trovò solamente Kai, intento a consumare la colazione. Contrariamente a lui, lo Yuki era già lavato, sistemato, vestito e pettinato: letteralmente pronto per uscire, cosa che non si poteva di certo dire del Rosso che ancora stava con i pantaloni della tuta, scalzo, a petto nudo se non fosse stato per l’haori, e con i capelli che andavano dove volevano…non che fosse troppo diverso dal solito quest’ultimo punto.
Ohayō a te, bell’addormentato. Il sorriso beffardo e divertito, nascosto alla bell’e meglio dalla tazza di tè, fu quanto bastava per iniziare a far svegliare un pochino Yu.
Che c’è di divertente?
Nulla. Non mi sono ancora abituato a vederti indossare quell’affare. Non è proprio nel tuo stile. Si giustificò lui. E, in effetti, la ricercatezza dell’haori di Takumi era davvero inusuale per Yu, ma al ragazzo piaceva. Anche se ormai aveva perso l’odore caratteristico dell’amico. D’altronde andava lavato. Vuoi che ti prepari qualcosa per colazione mentre vai a lavarti?
No, non serve, grazie. Sbadigliò Esco a fare colazione con un amico. Dice che vuole offrirmela in un ryokan, rifiutare mi sarebbe sembrato stupido.
Molto stupido. Fece eco il fratello con un ampio cenno d’assenso del capo. Parliamo del tipo che era con te sulla nave?
Sì, Takumi.
Mh, capito. Mise giù il bicchere di tè, che duro per duro rintoccò sul tavolo in legno, andando poi a dare un morso ad un bel dorayaki dorato, rivolgendosi a Yu che ancora masticava. Beh allora è meglio che ti dai una mossa, no? Non vorrai fare tardi!
No, assolutamente non voleva fare tardi. Non per nulla si era anche svegliato dannatamente in anticipo sulla tabella di marcia, mettendo in conto il suo ritardo fisiologico di base e anche quello che si sarebbe accumulato a causa della gamba non ancora del tutto guarita. D’altronde era fresca fresca del giorno prima quell’ammaccatura e, anche se il Mizukage l’aveva curata seduta stante, spesso e volentieri lanciava ancora qualche stilettata, segno che aveva bisogno di non essere esageratamente sforzata per potersi rimettere in sesto completamente. Ma questo non l’avrebbe fermato dall’andare al ritrovo con il castano! No, no e poi no. Se l’erano promesso, ripromesso e riconfermato. Senza contare che gli andava proprio di rivedere Takumi. Dacchè erano tornati da quell’esperienza a Fukagizu erano passati ormai diversi giorni, la chiacchierata sulla nave sembrava ormai lontana e non avevano più avuto modo di incrociarsi in quei giorni di licenza che erano stati loro affibbiati una volta tornati a Kiri. In un certo senso, era una fortuna che si fossero messi d’accordo per quel giorno: quanto meno sapevano che, se non si fossero visti prima, avevano quel punto fisso a cui nessuno dei due sarebbe mancato: Takumi, perché sarebbe stato stupido invitare qualcuno e poi dargli buca, Yu perché era davvero curioso di vedere il posto tanto decantato dall’amico, e l’amico stesso. Quindi cercò di darsi una svegliata, per non inficiare la fatica fatta per svegliarsi così presto. Si infilò sotto la doccia per darsi una lavata veloce, utile soprattutto a lavare via completamente il sonno dalle sue membra, prima di andare a scegliere qualche cosa da indossare. Optò per degli abiti comodi e casual, diversi dai soliti che indossava per lavoro, ma altrettanto liberi nei movimenti. Una maglietta verde chiaro con sopra un giacchetto nero, con le maniche arrotolate sugli avanbracci, furono la sua scelta. Avrebbe voluto utilizzare un paio di pantaloni che arrivassero corti sulle caviglie, ma si vedevano le medicazioni alla gamba, quindi preferì andare su qualcosa di più lungo. Anche il tesoro dei Rospi rimase a casa, sostituito da un solo guanto di pelle scura sulla mano sinistra, tanto corto che quasi non arrivava al polso, chiaramente più decorativo che di protezione. In linea generale, tutto il suo equipaggiamento venne lasciato in camera…tutto tranne l’Hakanai, che il ragazzo appese alla cintura. Vai a sapere cosa potrebbe accadere, meglio avere qualcosa per difendersi, no?
Kai, sto uscendo! Ci vediamo dopo, non ti preoccupare se dovessi fare tardi! Ormai pronto, si diresse a passo spedito verso la porta. Aveva già messo mano alla maniglia, quando la voce del fratello, che si era voltato per salutarlo non lo bloccò sul posto.
Aspetta un momento! Non vorrai uscire in quelle condizioni,spero! Hai i capelli di uno che s’è appena alzato!
Avrebbe tanto voluto dire allo Yuki che a lui quel genere di cose non interessavano, tuttavia comprese anche che se era così per lui…magari non era così per gli altri. E dacchè ne sapesse, in effetti, un ryokan era un posto abbastanza raffinato. Forse, per una volta, era caso di dare ascolto a Kai?
…Sono così male?
“Male” è un eufemismo. Sospirò quello. Sistemateli un po’, dai, non puoi uscire così.
« Solo perché mi piace far valere anche la mia di opinione…sono perfettamente d’accordo con lui, sappilo. »
Uff…e va bene, vedrò di fare qualcosa.
Sì, ma cosa?
Come non fosse risaputo che quei capelli andavano sempre dove volevano, qualsiasi cosa facesse. Arrivato di fronte allo specchio della camera, la cosa fu più che evidente, tanto come il motivo per cui Kai l’avesse fermato. Erano anche peggio del solito, essendo stati appena lavati! Per domarli avrebbe come minimo dovuto legarli…Magari la treccia che gli aveva insegnato a fare Kasumi avrebbe potuto fare al caso suo: ci avrebbe messo un po’ a farla, ma per lo meno se ne sarebbero stati buonini nella trama concatenata.
« No, non mi piace. Troppo costrittiva. E ci metteresti un’eternità a farne una decente! »
Non aveva tutti i torti. A quel punto non restava che una sola soluzione. Fu pensando proprio alla Volpe e alle sue nove estremità vaporose, che il ragazzo prese il nastro che aveva trovato nell’haori di Takumi, raccogliendo i propri capelli in un’alta coda. Alcuni ciuffi ribelli, uscivano sempre dal laccio, ricadendogli attorno al viso, ma era sicuramente un bagno di sangue inferiore di quanto non fosse prima. Sembrava quanto meno più ordinato e meno selvaggio. Ottenuta l’approvazione di Kurama, il Rosso tornò in cucina dove il fratello aveva ormai finito di sparecchiare le stoviglie che aveva usato per la propria colazione.
Sembri quasi rispettabile così. Sentenziò vedendolo. Ci sarebbe ancora da fare, ma adesso ti contiene uscire, altrimenti chi lo sente quel tuo amico se fai tardi! Vedi di non cacciarti nei guai, ok?
Promesso!
E con un cenno di saluto, Yu si chiuse la porta alle spalle, imboccando la strada che l’avrebbe portato all’abitazione di Takumi. C’era stato solamente una volta, quella sera dopo il funerale.., ma ricordava abbastanza bene come arrivarci. In effetti, a ben pensarci, non era troppo distante dal promontorio dove il castano si rifugiava quando voleva starsene un po’ tranquillo. Certe volte quasi si stupiva di come non fosse mai capitato di incontrarsi prima di quel giorno al parco…o chissà, magari si erano incrociati, solo che lui non ci aveva mai fatto caso e, di conseguenza, non gli era rimasto impresso il viso dell’amico. Anche se dubitava: passi il viso, ma l’odore avrebbe dovuto colpirlo in ogni caso. Chissà, magari era destino andasse così, con il castano che passeggiava alla ricerca di un buon posto per disegnare e lui che gli rovinava addosso come un pero! Gli venne da ridere da solo al pensiero, e per fortuna che a quell’ora c’era poca gente in giro sennò l’avrebbero scambiato per uno schizofrenico.
Era quasi piacevole quel silenzio, peccato che sopravviveva solamente nelle vie secondarie, sulle principali era tutta un’altra storia. Il caos lì regnava sovrano sin dalle prime ore del mattino, figuriamoci! Ah, ma non avrebbero mai e poi mai scoraggiato il Rosso quel giorno! L’idea della colazione deliziosa che l’aspettava e della compagnia dell’amico lo accompagnarono fin davanti alla casa del castano. Giunto sul portico, si apprestò a bussare, ma bloccò la mano al primo tocco sulla porta. Infatti, non appena sfiorata, questa scivolò verso l’interno: era aperta. Il primo istinto del ragazzo, fu quello di tendersi in allerta e controllare con l’olfatto se vi fosse la presenza di qualcun altro oltre al compagno. Per fortuna era solo. Probabilmente quel baka totale aveva solamente lasciato la porta aperta per distrazione. Che poi “solo”. Gli era andata bene che era arrivato lui e non qualcun altro, cazzo. Ma come si fa?!
« L’ho sempre detto che è un caso perso quel LinguaLunga… »
Sospirò Yu, decidendo, a questo punto, di entrare in casa, chiudendo adeguatamente la porta alle proprie spalle. Lasciò i sandali nell’area apposita sull’entrata, inforcando un paio di ciabatte prima di avviarsi effettivamente all’interno.
Takumi sono io! Sto entrando!
Avvisò, seguendo poi l’odore inconfondibile del castano fino alla stanza in cui stava. Era commisto al lezzo fresco dei colori ad olio, ma riusciva perfettamente a sentirlo ugualmente. E non ci volle molto prima che lo trovasse in camera. La porta era spalancata, tanto che Yu ebbe modo di vedere anche l’origine della traccia di colore che aveva avvertito: un dipinto presumibilmente terminato da poco. Stava su un telaio in legno addossato ad un lato della stanza, con sotto un lenzuolo che una volta doveva essere bianco. Sembrava rappresentare delle persone, ma avrebbe dovuto avvicinarsi per vederle meglio. Accanto al letto, invece, c’era il castano. Intento ancora a vestirsi. E lui che temeva di arrivare tardi…
H a r a d a T a k u m i, nessuno ti ha insegnato a chiudere le porte? Fece, fintamente piccato, appoggiandosi con la schiena allo stipite della porta e incrociando le braccia. Sei fortunato che sia arrivato io e non qualcun altro, altrochè.