Chiisai nozomi ちいさい のぞみ - Un desiderio molto piccolo, Role libera per Lucifergirl88 (1°pg) e BloodyRose (2°pg)

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view post Posted on 22/7/2019, 17:50     +1   -1
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|| Continua da qui. ||

Era passata una settimana abbondante da che si erano salutati, ripromettendosi di vedersi per la famosa colazione al ryokan. Certamente un lieto evento, considerato che in quella maniera e con quella banale scusante si era assicurato una mattina in compagnia del compagno che aveva l’aveva sempre affiancato da quella burrascosa presentazione al parco. Ma nonostante tutto, in un certo qual senso, al castano era dispiaciuto abbastanza abbandonare il ponte ligneo di quella nave straripante di cadaveri in lenta decomposizione e shinobi devastati nello spirito. Una sensazione piuttosto macabra, preso in esame lo scenario generale. Eppure, era stato proprio il fetore nauseabondo della carne in putrefazione che l'aveva costretto a uscire da sottocoperta contro ogni consiglio medico ricevuto e che aveva reso possibile una piacevolissima nottata in compagnia di quel fuoco magnetico di nome Yūzora.
Nei giorni seguenti non era proprio riuscito a dimenticare la piacevole sensazione di averlo stretto fra le sue braccia sotto la calda coltre, e tanto meno a dimenticare cos'aveva provato nell'avvicinarsi alle sue labbra e baciarlo. Non riusciva a capacitarsi di come un semplice contatto avesse fatto scattare quel qualcosa di totalmente anomalo, di come fosse stato in grado di bruciare nella sua pelle il desiderio di ubriacarsi di quella dannata sensazione. Non era certo il primo bacio che dava! Aveva baciato tante persone nella sua permanenza in quel della Nebbia, eppure con Kaen-chan era stato assolutamente diverso, come accendere una miccia pericolosa. Seppure poco approfondito e certamente non attivamente corrisposto, quel semplice contatto gli tornava in mente ogni qual volta non era applicato in qualcosa, e a volte anche quando lo era. E non è che non l’avesse già baciato una volta! Era il secondo bacio che gli rubava indebitamente… o forse era il terzo? Non ricordava con precisione. Ciononostante, rimaneva fatto che voleva baciarlo ancora, che voleva averlo per sé e godere della sua presenza come con nessun altro.
Avrebbero dovuto vestirsi, era quasi ora: il Kyōmei sarebbe presto arrivato a bussare alla sua porta e da quel momento avrebbero raggiunto assieme il famigerato ryokan di cui il castano aveva fatto menzione. Uno dei migliori sia per posizione che per cibo, a sua detta. Ma prima doveva ultimare l’ultimo ritocco di colore nel dipinto dei signori Itou. Sarebbero venuti a ritirarlo l’indomani, quindi voleva assicurarsi che il colore fosse ben asciutto e che le forme rispecchiassero quello che i suoi occhi avevano colto delle figure raffigurate: una giovane coppia ben agghindata, con sguardi sorridenti e costosissimi kimono. Non che si divertisse più di tanto a ritrarre forzosamente qualcosa (seppure i soggetti non fossero affatto male, specialmente lei nel suo lungo kimono fiorato), ma quelli pagavano meglio di un qualsiasi altro dipinto partorito dalla sua immaginazione. Doveva farselo andare bene per ottenere qualche spiccio in più, specie in quei giorni di licenza e con una colazione a cui non avrebbe badato a spese.
Non appena ne fu soddisfatto, si asciugò la fronte col dorso della mano che teneva il manico del pennello, sospirando. Nonostante tutto stare attenti ai dettagli era stancante. Doveva muoversi perché era in ritardo con la sua tabella di marcia e il Rosso sarebbe arrivato a momenti. Prese dunque tavolozza, bicchiere e pennelli e andò subito a sciacquarli bene per poterli riporre ad asciugare, poi tornò in camera e dal cassettone mise fuori i vestiti che avrebbe indossato per quell'occasione e andò a farsi una doccia.


Ho fatto troppo tardi ieri. Se avessi dormito almeno una mezz'oretta in più avrei potuto finire prima...

Brontolò fra sé, maledicendo qualsiasi cosa l’avesse trattenuto dal dormire un po’ prima e poter finire con un gocciolino d’anticipo il ritratto per Itou-san. Che poi la scadenza era stata davvero risicata. Due giorni a stento e già quel ritratto doveva essere pronto, perché la figlia si sposava e quello era il loro regalo per la nuova coppia. Commissionarlo in un lasso di tempo più comodo no eh? Stupido vecchio. Che almeno pagasse profumatamente per la sfacchinata!
E con questi pensieri, terminata la doccia e asciugatosi bene con un telo, raggiunse camera e prese a vestire degli hakama candidi come la neve d’inverno. Quel suo sguardo smeraldino cadde sulle figure appena dipinte, che parevano osservare ogni suo movimento, e con un sorrisetto sornione pennellato sulle labbra si espresse in un retorico
Beh? Cosa avete da guardare?!

 
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view post Posted on 28/7/2019, 13:51     +1   -1
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|| Continua da Qui ||

Ohayō…

Ancora con gli occhi socchiusi e la bocca impastata dal sonno, Yu arrivò in cucina, miracolosamente senza sbattere l’alluce contro qualche stipite - risultato di giorni e giorni in cui invece era capitato, con sommo dolore del proprietario del piede. Si era persino premunito, indossando l’haori di Takumi, nel caso in cui vi fosse stata Shizuka, ma a tavola trovò solamente Kai, intento a consumare la colazione. Contrariamente a lui, lo Yuki era già lavato, sistemato, vestito e pettinato: letteralmente pronto per uscire, cosa che non si poteva di certo dire del Rosso che ancora stava con i pantaloni della tuta, scalzo, a petto nudo se non fosse stato per l’haori, e con i capelli che andavano dove volevano…non che fosse troppo diverso dal solito quest’ultimo punto.

Ohayō a te, bell’addormentato. Il sorriso beffardo e divertito, nascosto alla bell’e meglio dalla tazza di tè, fu quanto bastava per iniziare a far svegliare un pochino Yu.

Che c’è di divertente?

Nulla. Non mi sono ancora abituato a vederti indossare quell’affare. Non è proprio nel tuo stile. Si giustificò lui. E, in effetti, la ricercatezza dell’haori di Takumi era davvero inusuale per Yu, ma al ragazzo piaceva. Anche se ormai aveva perso l’odore caratteristico dell’amico. D’altronde andava lavato. Vuoi che ti prepari qualcosa per colazione mentre vai a lavarti?

No, non serve, grazie. Sbadigliò Esco a fare colazione con un amico. Dice che vuole offrirmela in un ryokan, rifiutare mi sarebbe sembrato stupido.

Molto stupido. Fece eco il fratello con un ampio cenno d’assenso del capo. Parliamo del tipo che era con te sulla nave?

Sì, Takumi.

Mh, capito. Mise giù il bicchere di tè, che duro per duro rintoccò sul tavolo in legno, andando poi a dare un morso ad un bel dorayaki dorato, rivolgendosi a Yu che ancora masticava. Beh allora è meglio che ti dai una mossa, no? Non vorrai fare tardi!

No, assolutamente non voleva fare tardi. Non per nulla si era anche svegliato dannatamente in anticipo sulla tabella di marcia, mettendo in conto il suo ritardo fisiologico di base e anche quello che si sarebbe accumulato a causa della gamba non ancora del tutto guarita. D’altronde era fresca fresca del giorno prima quell’ammaccatura e, anche se il Mizukage l’aveva curata seduta stante, spesso e volentieri lanciava ancora qualche stilettata, segno che aveva bisogno di non essere esageratamente sforzata per potersi rimettere in sesto completamente. Ma questo non l’avrebbe fermato dall’andare al ritrovo con il castano! No, no e poi no. Se l’erano promesso, ripromesso e riconfermato. Senza contare che gli andava proprio di rivedere Takumi. Dacchè erano tornati da quell’esperienza a Fukagizu erano passati ormai diversi giorni, la chiacchierata sulla nave sembrava ormai lontana e non avevano più avuto modo di incrociarsi in quei giorni di licenza che erano stati loro affibbiati una volta tornati a Kiri. In un certo senso, era una fortuna che si fossero messi d’accordo per quel giorno: quanto meno sapevano che, se non si fossero visti prima, avevano quel punto fisso a cui nessuno dei due sarebbe mancato: Takumi, perché sarebbe stato stupido invitare qualcuno e poi dargli buca, Yu perché era davvero curioso di vedere il posto tanto decantato dall’amico, e l’amico stesso. Quindi cercò di darsi una svegliata, per non inficiare la fatica fatta per svegliarsi così presto. Si infilò sotto la doccia per darsi una lavata veloce, utile soprattutto a lavare via completamente il sonno dalle sue membra, prima di andare a scegliere qualche cosa da indossare. Optò per degli abiti comodi e casual, diversi dai soliti che indossava per lavoro, ma altrettanto liberi nei movimenti. Una maglietta verde chiaro con sopra un giacchetto nero, con le maniche arrotolate sugli avanbracci, furono la sua scelta. Avrebbe voluto utilizzare un paio di pantaloni che arrivassero corti sulle caviglie, ma si vedevano le medicazioni alla gamba, quindi preferì andare su qualcosa di più lungo. Anche il tesoro dei Rospi rimase a casa, sostituito da un solo guanto di pelle scura sulla mano sinistra, tanto corto che quasi non arrivava al polso, chiaramente più decorativo che di protezione. In linea generale, tutto il suo equipaggiamento venne lasciato in camera…tutto tranne l’Hakanai, che il ragazzo appese alla cintura. Vai a sapere cosa potrebbe accadere, meglio avere qualcosa per difendersi, no?

Kai, sto uscendo! Ci vediamo dopo, non ti preoccupare se dovessi fare tardi! Ormai pronto, si diresse a passo spedito verso la porta. Aveva già messo mano alla maniglia, quando la voce del fratello, che si era voltato per salutarlo non lo bloccò sul posto.

Aspetta un momento! Non vorrai uscire in quelle condizioni,spero! Hai i capelli di uno che s’è appena alzato!

Avrebbe tanto voluto dire allo Yuki che a lui quel genere di cose non interessavano, tuttavia comprese anche che se era così per lui…magari non era così per gli altri. E dacchè ne sapesse, in effetti, un ryokan era un posto abbastanza raffinato. Forse, per una volta, era caso di dare ascolto a Kai?

…Sono così male?

“Male” è un eufemismo. Sospirò quello. Sistemateli un po’, dai, non puoi uscire così.

« Solo perché mi piace far valere anche la mia di opinione…sono perfettamente d’accordo con lui, sappilo. »

Uff…e va bene, vedrò di fare qualcosa.

Sì, ma cosa?

Come non fosse risaputo che quei capelli andavano sempre dove volevano, qualsiasi cosa facesse. Arrivato di fronte allo specchio della camera, la cosa fu più che evidente, tanto come il motivo per cui Kai l’avesse fermato. Erano anche peggio del solito, essendo stati appena lavati! Per domarli avrebbe come minimo dovuto legarli…Magari la treccia che gli aveva insegnato a fare Kasumi avrebbe potuto fare al caso suo: ci avrebbe messo un po’ a farla, ma per lo meno se ne sarebbero stati buonini nella trama concatenata.

« No, non mi piace. Troppo costrittiva. E ci metteresti un’eternità a farne una decente! »

Non aveva tutti i torti. A quel punto non restava che una sola soluzione. Fu pensando proprio alla Volpe e alle sue nove estremità vaporose, che il ragazzo prese il nastro che aveva trovato nell’haori di Takumi, raccogliendo i propri capelli in un’alta coda. Alcuni ciuffi ribelli, uscivano sempre dal laccio, ricadendogli attorno al viso, ma era sicuramente un bagno di sangue inferiore di quanto non fosse prima. Sembrava quanto meno più ordinato e meno selvaggio. Ottenuta l’approvazione di Kurama, il Rosso tornò in cucina dove il fratello aveva ormai finito di sparecchiare le stoviglie che aveva usato per la propria colazione.

Sembri quasi rispettabile così. Sentenziò vedendolo. Ci sarebbe ancora da fare, ma adesso ti contiene uscire, altrimenti chi lo sente quel tuo amico se fai tardi! Vedi di non cacciarti nei guai, ok?

Promesso!

E con un cenno di saluto, Yu si chiuse la porta alle spalle, imboccando la strada che l’avrebbe portato all’abitazione di Takumi. C’era stato solamente una volta, quella sera dopo il funerale.., ma ricordava abbastanza bene come arrivarci. In effetti, a ben pensarci, non era troppo distante dal promontorio dove il castano si rifugiava quando voleva starsene un po’ tranquillo. Certe volte quasi si stupiva di come non fosse mai capitato di incontrarsi prima di quel giorno al parco…o chissà, magari si erano incrociati, solo che lui non ci aveva mai fatto caso e, di conseguenza, non gli era rimasto impresso il viso dell’amico. Anche se dubitava: passi il viso, ma l’odore avrebbe dovuto colpirlo in ogni caso. Chissà, magari era destino andasse così, con il castano che passeggiava alla ricerca di un buon posto per disegnare e lui che gli rovinava addosso come un pero! Gli venne da ridere da solo al pensiero, e per fortuna che a quell’ora c’era poca gente in giro sennò l’avrebbero scambiato per uno schizofrenico.
Era quasi piacevole quel silenzio, peccato che sopravviveva solamente nelle vie secondarie, sulle principali era tutta un’altra storia. Il caos lì regnava sovrano sin dalle prime ore del mattino, figuriamoci! Ah, ma non avrebbero mai e poi mai scoraggiato il Rosso quel giorno! L’idea della colazione deliziosa che l’aspettava e della compagnia dell’amico lo accompagnarono fin davanti alla casa del castano. Giunto sul portico, si apprestò a bussare, ma bloccò la mano al primo tocco sulla porta. Infatti, non appena sfiorata, questa scivolò verso l’interno: era aperta. Il primo istinto del ragazzo, fu quello di tendersi in allerta e controllare con l’olfatto se vi fosse la presenza di qualcun altro oltre al compagno. Per fortuna era solo. Probabilmente quel baka totale aveva solamente lasciato la porta aperta per distrazione. Che poi “solo”. Gli era andata bene che era arrivato lui e non qualcun altro, cazzo. Ma come si fa?!


« L’ho sempre detto che è un caso perso quel LinguaLunga… »

Sospirò Yu, decidendo, a questo punto, di entrare in casa, chiudendo adeguatamente la porta alle proprie spalle. Lasciò i sandali nell’area apposita sull’entrata, inforcando un paio di ciabatte prima di avviarsi effettivamente all’interno.

Takumi sono io! Sto entrando!

Avvisò, seguendo poi l’odore inconfondibile del castano fino alla stanza in cui stava. Era commisto al lezzo fresco dei colori ad olio, ma riusciva perfettamente a sentirlo ugualmente. E non ci volle molto prima che lo trovasse in camera. La porta era spalancata, tanto che Yu ebbe modo di vedere anche l’origine della traccia di colore che aveva avvertito: un dipinto presumibilmente terminato da poco. Stava su un telaio in legno addossato ad un lato della stanza, con sotto un lenzuolo che una volta doveva essere bianco. Sembrava rappresentare delle persone, ma avrebbe dovuto avvicinarsi per vederle meglio. Accanto al letto, invece, c’era il castano. Intento ancora a vestirsi. E lui che temeva di arrivare tardi…

H a r a d a T a k u m i, nessuno ti ha insegnato a chiudere le porte? Fece, fintamente piccato, appoggiandosi con la schiena allo stipite della porta e incrociando le braccia. Sei fortunato che sia arrivato io e non qualcun altro, altrochè.

 
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view post Posted on 10/8/2019, 10:53     +1   -1
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Nonostante vivesse da solo in quel suo piccolo mondo perfettamente in ordine, non era solito chiudere a doppia mandata l’ingresso. Era una brutta abitudine che si portava dietro da un bel po’ di anni, dal riformatorio dove era costretto a rimanere rinchiuso nella sua angusta stanza con la compagnia di una persona che non gli andava per nulla a genio. Chiudere equivaleva per lui a sentirsi oppresso, per questo anche la notte si ritrovava a lasciare appena aperta la finestra della camera. Era il suo spiraglio, la speranza di una fuga, la connessione verso un senso di libertà che spesso e volentieri era venuto a mancare nella sua vita, oltre che un ottimo metodo per far circolare l’aria e far asciugare più in fretta i suoi dipinti. Non era certo l’abitudine più sicura che avesse fatto sua, ma non era così rischiosa come sembrava. Era abituato a dormire con uno stato d’allerta addosso che gli permetteva di avvertire i rumori e agire tempestivamente nel caso in cui qualcuno di abbastanza stolto avesse deciso di avventurarsi indebitamente in casa sua. E poi gli piaceva il brivido del pericolo. Sotto sotto, un po’ sadicamente, ci sperava di beccare qualche mentecatto dentro casa per sfogare ogni sua truce fantasia in termini di tortura. E questo era anche il motivo per il quale dormiva sempre con degli spiedi sotto al cuscino.
Avvertì con chiarezza quel rumore un po’ incerto provenire dalla porta d’ingresso, accompagnato da un appena percettibile cigolio che ne indicava chiaramente lo scivolare verso l’interno, mentre terminava di sistemarsi i candidi hakama con precisione maniacale sul ventre. Lo sguardo scattò immediatamente nella direzione indicatagli dal fine udito, assottigliato come quello di un felino al quale hanno appena invaso il territorio, poi con estrema cautela si mise in ginocchio presso il futon. Allungò la mano sotto il cuscino e sempre senza fare rumore, aspettandosi sorprese da un momento all'altro, estrasse un’affilatissima coppia di spiedi. Sorrise ambiguo nel sentire il freddo metallo degli aghi fra le dita, ma la sensazione di crescente tensione venne annichilita dalla splendida voce che giunse alle sue orecchie, dopo il chiaro rumore dei primi passi in casa. Era il rosso. Sospirò e sorrise, dandosi dello stupido da solo, riponendo le armi laddove le aveva prese. E fu mentre sfilava la mano da sotto il cuscino che il compagno comparve sulla soglia per rimproverarlo di aver lasciato aperto, con un tono perentorio ma che a Takumi suonò come un piccolo scherzo, una puntualizzazione per il semplice gusto di punzecchiarlo. Inutile dire che gli piacque da impazzire quel piccolo teatrino.
Volse appena il capo verso il suo rinomato ospite della giornata e non appena i suoi occhi smeraldini incontrarono la sua figura adagiata alla porta con le braccia conserte, in quella tenuta non esageratamente elegante ma sicuramente un pelo più formale del solito vestiario di tutti i giorni, ne rimase come folgorato. I colori risaltavano il rosso dei suoi splendidi capelli, raccolti in una coda un po’ scomposta ma abbastanza ordinata da permettere ai lineamenti del viso di essere apprezzati. Era… dannatamente magnetico. Sorrise sornione.
Anch'io sono felice di rivederti. rispose con un tono ironicamente seducente, alquanto divertito dal rimprovero del più piccolo. E con tranquillità tornò a sistemarsi, davanti al compagno, con la dovuta calma. Sia il kimono che l’haori erano adagiati sul futon, pronti per essere indossati, il primo di un piacevole verde elaborato con motivi simili a delle foglie dalla forma appuntita, il secondo di un marrone scuro, coordinato con un obi bianco. Simile al solito ma un tantino più impegnativo se vogliamo. Di certo gli hakama bianchi davano un che di eleganza che altrimenti non avrebbe avuto.

Perdonami se sono in ritardo. Ho dovuto terminare un lavoro e mi sono sbrigato solo nella mattinata. Ma siamo ampiamente in tempo per la colazione, troveremo posto senza problemi. s’espresse, mentre indossava con minuzia il kimono, facendolo scivolare sulle spalle nude. Dalle movenze e dalla precisione con cui lo indossava, eliminando pieghe anomale e stando attento al verso dei lembi, sembrava quasi un rituale di perfezione. E poi stava volutamente indugiando un po’ di più, nemmeno stesse cercando di sedurre il compagno con il gioco del vedo-non vedo. E poi diciamolo, gradiva la carezza pesante del suo sguardo sulla pelle. Voleva che quegli occhi verdi simili a limpide pozze d’acqua lo divorassero come i suoi divoravano giorno dopo giorno ogni lineamento di quell'enigmatico Fuoco.

 
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view post Posted on 15/8/2019, 10:28     +1   -1
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Ma si poteva lasciare la porta aperta a quel modo? Per altro era pressoché certo, considerato il tipo, che non solo fosse rimasta socchiusa quella mattina, ma anche tutta la notte! Insomma, avrebbe potuto entrare chiunque e qualsiasi cosa. E d’accordo che in Accademia gli avevano insegnato a dormire senza cadere in un sonno esageratamente profondo, proprio per evitare d’essere colti di sorpresa durante le soste notturne in missione, ma almeno dove si poteva una porta chiusa non avrebbe fatto male. Poi, chiaro, se qualcuno voleva entrare, un modo o un altro lo trovava.., però dubitava seriamente che l’intento di Takumi nel lasciare la porta socchiusa, fosse quello di evitare che gli sfasciassero la serratura durante i tentativi di scasso. Insomma, nel finto rimprovero di Yu, c’era anche un filo di serietà. Erano da poco usciti da una situazione surreale in cui avevano rischiato seriamente la pelle, sai che ridere se il castano si fosse fatto ammazzare nel sonno da un mascalzone qualsiasi? A parte che Kurama non glielo avrebbe mai perdonato - sopravvivere a lui e poi morire per mano di un omuncolo squattrinato? Non sia mai. - ma probabilmente il Rosso si sarebbe recato alla sua tomba, a cadenza regolare, solamente per insultarlo.
Ma, come ovvio, Takumi non lo prese minimamente sul serio. Si volse appena nella sua direzione, sorridendo sornione non appena lo vide sulla soglia della camera, salutandolo divertito per quella sua uscita prima di riprendere a vestirsi. A quel punto, un sospiro appena appena esasperato uscì dalle labbra del Rosso, che lasciò perdere l’argomento, era inutile continuare a battere viste le premesse, concentrandosi piuttosto sulla stanza del più grande. Era piuttosto in ordine, per quanto fosse evidente che avesse lavorato lì su quel dipinto addossato alla parete, e sul futon campeggiavano l’haori, il kimono e l’obi che il ragazzo aveva scelto per quella giornata. Gli hakama già erano al loro posto, candidi come la neve ed elegantissimi, forse l’unico pezzo che dava quel tocco fine che richiedeva la loro destinazione. Il resto non era poi troppo diverso dal solito: l’haori era marrone scuro, coordinato con un obi chiaro, mentre il kimono, sul tono del verde, aveva una stampa con dei motivi simili a delle foglie appuntite. Il fatto che non fosse qualcosa di esagerato, consolò un sacco Yu, che temeva di sentirsi fuori luogo. D’altronde lui non era solito vestirsi in maniera esageratamente elegante, non ci era abituato. E se Takumi non si era messo a ridere vedendolo quando era arrivato lì sulla soglia, allora evidentemente andava bene com’era. Ringraziando Kai per l’accorgimento dei capelli.


Eeeeeh, parli di questo? Alle parole di scusa del più grande, il Rosso si sentì quasi invitato ad entrare, andando ad osservare il dipinto a cui accennava l’amico. Un ritratto, ora che lo vedeva da vicino poteva dirlo, di due persone distinte…probabilmente dei coniugi o qualcosa del genere. Era molto bello, ma si vedeva che mancava quell’anima che di solito il castano metteva nel disegnare ciò che davvero gli piaceva. Ma questo se lo tenne per sé. In fondo Takumi probabilmente già lo sapeva. Ti è riuscito molto bene! I clienti ne saranno senz’altro soddisfatti, vedrai. Era giusto che dessi precedenza a questo, non ti preoccupare per il ritardo. Al limite, se troviamo chiuso possiamo cercare da un’altra parte.

Per quanto sarebbe stato un peccato per quei melonpan, ma l’importante era passare del tempo col castano, in qualsiasi posto fosse. E voleva che Takumi lo sapesse, tant’è che dicendo quelle parole, si volse appena dietro di sé, cercando la sagoma del compagno che stava indossando il kimono. Sorrideva, ma il sorriso gli si sbiadì un poco nel notare che cosa la stoffa dell’abito stava mano a mano nascondendo. Una cicatrice. Profonda, orribile, frastagliata e slabbrata che deturpava la schiena del compagno, ricordo di una ferita altrettanto terribile. O delle ferite, perché per lasciare un segno di quel tipo, doveva essere stato colpito più e più volte nello stesso punto. E fu come ricevere un pugno alla bocca dello stomaco. Sapeva che il castano non aveva avuto una vita facile - come tanti a Kiri - ma quella cicatrice andava oltre. Non sembrava recente e il solo immaginare come fosse accaduto, faceva male. Molto male, oltre che accendere una rabbia sconosciuta. Qualcosa di molto simile a quella che provava nel pensare - o nel ricordare? - a ciò che aveva passato il demone che ora dimorava dentro di lui.

« Non credo siano cose comparabili. Quella è stata questione di pochi attimi in confronto a ciò che ho passato io. »
Certo, lo so, ma…
« Tuttavia mi chiedo come sia accaduto. Non te ne ha mai accennato. »
Infatti.

Fu di poche parole Yu in quel frangente e la Volpe preferì non rigirare troppo il coltello nella piaga. Sapeva che ciò che il Rosso stava vedendo era spiacevole, lo percepiva nel suo animo inquieto, quindi cercò di lasciar perdere quanto prima…lasciando che fosse il suo tramite stesso a decidere se rovinarsi la giornata continuando a pensare a quella roba o metterci una puntina e passare oltre. E il ragazzo così fece. Non avrebbe scordato ciò che aveva visto, prima o poi avrebbe anche chiesto, forse, ma non adesso…magari nemmeno quel giorno. C’erano momenti adatti per fare quei discorsi e altri meno, e quello non lo era. Non voleva che la giornata andasse a rotoli solo perché era curioso, non voleva che l’amico perdesse quel sorriso sornione con cui l’aveva accolto. Quindi cercò di “passarci su” per adesso, concentrandosi piuttosto sul modo perfezionista con cui l’amico stava vestendosi, quasi fosse un rituale.
Piano piano, la morsa allo stomaco, allentò la presa e lui riprese a respirare. Riuscì anche a sorridere, osservando la maniera con cui Takumi lisciava ogni singola piega, facendo attenzione al verso dei lembi e a tutto. Ripensandoci, non era la prima volta si ritrovava a fissare l’amico. Era capitato anche quando si era svegliato al mattino, dopo quella notte a chiacchierare sulla nave. Il castano era ancora addormentato e, nonostante il sonno, lo teneva ancora stretto. Il suo viso era talmente vicino che Yu sentiva il respiro caldo sulla propria pelle e…era l’immagine della serenità. Non aveva mai visto il più grande con quell’espressione tranquilla, tanto che si era soffermato a guardarlo per un po’ prima di pizzicargli scherzosamente la guancia per svegliarlo. Adesso, mentre si vestiva, il suo viso non lo vedeva, ma non era tranquillità quella che traspariva dai movimenti calcolati del compagno, questo era sicuro. Ma per qualche ragione era bello ugualmente osservarlo, come se fosse magnetico e non riuscisse a levare gli occhi da quelle movenze perfette. Ridacchiò.


Lo sai? Una donna ci starebbe meno tempo di te a vestirsi.

 
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view post Posted on 26/8/2019, 18:20     +1   -1
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Nascose con estrema naturalezza quel sorrisetto sinceramente deliziato alla prevedibile reazione del compagno, che con esasperazione aveva sbuffato, distogliendo appena lo sguardo dalla sua persona, l'alquanto labile limite della sopportazione nei confronti del suo assoluto menefreghismo sull'argomento 'porta'. Era semplicemente adorabile mentre cercava strenuamente di soprassedere a un qualcosa che, conoscendolo abbastanza bene, sapeva gli sarebbe valso una romanza con contorno di succulento pugno sul grugno. Ma nonostante le apparenze sicuramente fuorvianti, questo giro non aveva gradito soltanto la snervata replica al suo atteggiamento. Sapeva che dietro le parole del rosso non vi era soltanto un modo simpatico di attirare la sua attenzione, ma anche una sincera apprensione. In un certo qual senso, avvertire quella premura nei suoi riguardi era come avvertire il calore stesso di un piccolo fuoco di campo nel pieno inverno. Ed era piacevole. Dannatamente. Al punto che pure le sue labbra si piegarono in un istintivo sorriso, uno di quelli senza costrutti, simili a quelli di un bambino che si sente amato dalla persona al quale maggiormente sente di essere legato. Una pura fortuna che fosse di spalle rispetto al compagno, appena chino sui suoi vestiti.
Ma ben presto l'attenzione venne distolta da quel piacevole siparietto in favore di una conversazione più pratica e meno imbarazzante per entrambi. Non era certo abituato a provare sentimenti più profondi dello spasso e dell'indolenza, quindi fu un riflesso immediato riprendere le redini della situazione. E poi, seppure non fosse un dramma, doveva proprio scusarsi col compagno per il ritardo; una cortesia che soltanto pochi potevano vantare di aver ricevuto da uno come lui. E mentre udiva i passi del compagno farsi avanti verso il dipinto che aveva realizzato con una certa premura e con poca voglia, pronto a osservarlo e commentarlo, per un momento s'arrestò sul posto, col kimono fra le mani, per poterlo osservare a sua volta. No. Non il dipinto, ovviamente. Quelle sue pozze smeraldine si fermarono sulla figura che stava di spalle proprio davanti all'oggetto incriminato. Era particolare vedere l'interesse che il rosso aveva per le sue rappresentazioni, poiché sembrava non soffermarsi sulla superficie, sullo scontato. Pareva quasi scavasse nei colori e nelle figure per poterne suggere dei significati nascosti, delle sfumature poco evidenti ma altrettanto importanti. Aveva guardato anche lui quel giorno sul ponte della nave con la stessa intensità e attenzione, prima di svegliarlo?


Dici? A me sembra mediocre. si espose, tornando sull'indumento che avrebbe dovuto indossare da li a poco, cercando con delicatezza una delle due maniche fra la stoffa ripiegata. E' solo un insieme di colori abbinati bene, che risaltano due figure. Ma niente di più. Non c'è anima, è una mera rappresentazione di una realtà senza alcuno scopo. Vuoto. Privo di personalità. fu aspro nell'esprimere quello che pensava, estremamente duro con se stesso e con il suo stesso talento. Di essere era gradevole all'occhio e certamente era di ottima fattura considerato il tempo e la minuzia che il castano investiva in ogni cosa che faceva, ma non c'era nient'altro oltre a due figure piatte, senza alcun valore per l'artista che l'aveva realizzato. Sospirò. Se l'aveva portato a termine era soltanto per incassare la paga, altrimenti gli avrebbe dato fuoco al primo tocco di colore applicato sulla tela. Comunque, non ripiegheremo da nessuna parte. Ho detto che ti avrei portato in quel ryokan, e li andremo. rispose, facendo scivolare la stoffa sulle spalle con delicatezza, convinto di poter tranquillamente mantenere la parola data senza alcun cambio di programma. Sembrava quasi incaponito, come se niente e nessuno avrebbe potuto ostacolarlo dal portare il rosso ad assaggiare quei melonpan sulle rive del fiume. Ad un certo punto però l'espressione del rosso mutò repentinamente, come se avesse visto qualcosa di orrendo. Era appena sbiancato in viso e la sua espressione tradiva una sorpresa che Takumi comprese essere dovuta alla cicatrice che si portava sulle spalle. Non c'era altro che avrebbe potuto suscitare quella reazione. In silenzio, l'osservò quasi come un gatto colto sul fatto, alimentando quel momento di imbarazzo che però presto distrusse con un dissacrante sorrisetto. Coprì rapido i lasciti della brutta ferita con uno strattone morbido al kimono, procedendo a sistemarlo con cura, a chiuderlo nella maniera giusta e stirarlo con le mani perché calzasse perfettamente. Non voleva che i fantasmi del suo passato tornassero a bussare in un momento che avrebbe dovuto essere bello. Non voleva che il ricordo di quel mentecatto di suo padre rovinasse tutto ancora una volta.

Fortunatamente anche il Kyōmei parve essere dello stesso avviso e in pochi istanti direzionò la sua attenzione altrove, prendendolo goliardicamente in giro per il tempo che stava impiegandoci a calzare il resto delle vesti. Ridacchiò divertito a quell'uscita improvvisa, mentre con uno strattone deciso chiudeva l'obi. Sollevò lo sguardo dalla stoffa per osservarlo con un'attenzione particolare, penetrante, seducente e un po' invasiva, mentre teneva alti i capelli per poterli legare nella consueta pettinatura.
Beh.. cominciò, completando l'acconciatura e successivamente avvicinandosi con passo felino al compagno dalla chioma fulva. ..sono molto meglio di una donna. disse senza peli sulla lingua, con un sorriso che avrebbe incendiato persino l'oceano, mentre con l'indice della mano destra domava un ciuffo ribelle del compagno, portandolo al suo posto, vicino a quella ciocca che contornava il suo meraviglioso volto. Senza nemmeno rendersene conto, i suoi occhi caddero sulle sue labbra. Diamine. Se solo avesse potuto baciarlo..

 
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view post Posted on 31/8/2019, 13:44     +1   -1
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« Anche un vecchio decrepito ci starebbe di meno, se è per questo. E ancora che si è appena scusato del ritardo! Se la prende comoda LinguaLunga… »

…A farsi guardare. Ma questo Kurama non lo disse ed ebbe l’accortezza di non permettere che quel pensiero raggiungesse la mente di Yu. Non aveva ancora parlato al ragazzo di cosa fosse accaduto una volta che lui si fu addormentato sulla nave. Stava aspettando il momento migliore, e la verità era che non sapeva bene come trattare quegli argomenti da umani con gli umani… Insomma, era qualcosa del tutto fuori dalla sua competenza e se avesse potuto se ne sarebbe lavato le zampe e sarebbe rimasto fuori da quella faccenda! Ma non poteva. Si sentiva colpevole ad essere rimasto vigile ed aver assistito a quel momento al posto del suo tramite. Era come se gli avesse rubato qualcosa che era suo di diritto, poco importava che arrivasse da quel castano che parlava sempre troppo - e adesso agiva anche troppo! Prima o poi avrebbe dovuto trovare la maniera per parlarne al Rosso, avrebbe anche potuto restituirgli ciò che lui aveva percepito al posto suo, essendo stato Yūzora trascinato tra le braccia del sonno pochi istanti prima. Sì, quello che aveva sentito…e che non riusciva ancora a metabolizzare, tanto meno ad ammettere a sé stesso, giustificando il tutto col fatto di aver ricevuto quelle sensazioni attraverso il corpo del suo tramite. Per tutti i Demoni dello Yomi, ma come ci si era ficcato in una situazione come quella?! Lui e le sue geniali idee di mettere in atto piani perfetti…e farsi fottere come un cucciolo dalla presenza di un misero essere umano che, come sempre, gli metteva i bastoni tra le ruote! E ora?! Ora, come se non bastasse, gli complicava pure la vita! Era davvero una spina nel fianco. E poi, perché diavolo osservarlo mentre si atteggiava in quella maniera gli aveva fatto tornare in mente quella storia? Assurdo, veramente assurdo. Se poi aggiungeva il fatto che, probabilmente, nel corpo di quel LinguaLunga si nascondeva suo fratello, la storia assumeva sfumature che avevano dell’inconcepibile. No basta, era meglio non pensarci. Che poi era lui quello che tirava per le orecchie Yu quando rimuginava troppo sulle cose, facendogli venire il mal di testa. Se continuava così, il ragazzo avrebbe sicuramente sofferto della stessa cosa.

Ma, fortunatamente per la Volpe, il Rosso era fin troppo preso a ridacchiare mentre paragonava i tempi di Takumi con quelli di una donna. Perché diciamocelo, il più grande ci stava mettendo veramente un’eternità e il ragazzo era convinto che quelle prostitute con cui era capitato che condividesse un giaciglio, ci avessero messo decisamente meno tempo a vestirsi al mattino. Non che gli dispiacesse, in realtà. Era quasi bello vederlo assorto in tutti quei movimenti precisi, simili ad un rituale, però se non voleva davvero rischiare di doverlo portare a fare colazione altrove, rispetto ai suoi piani, Takumi avrebbe davvero avuto ragione a darsi una smossa. Fortunatamente aveva finito. Yu lo sentì ridere di gusto alla sua uscita, mentre stringeva l’obi con un bello strattone e un rumore di stoffa tirata, prima che alzasse la testa con, tra le labbra, un laccio del tutto simile a quello che aveva usato il Rosso stesso - d’altronde apparteneva al castano - e le mani intente a raccogliere i capelli nella consueta acconciatura che lo caratterizzava. Fu mentre finiva di legarsi quei fili castani che si avvicinò con passo felino a Yu, impossibilitato a retrocedere se non voleva rovinare il duro, sebbene poco gratificante, lavoro dell’amico. Lo sguardo intenso, particolarmente penetrante, Takumi gli arrivò di fronte sostenendo in maniera abbastanza convinta d’essere meglio di una donna, riuscendo a strappare una risata al Rosso, risata un po’ smorzata nel momento in cui le dita del più grande lisciarono un ciuffo a lato del volto di Yu. Il calore del chakra Katon irradiato dalla pelle dell’amico, gli lambì appena il viso…ma non fu quello a colpirlo più di tutto, quanto piuttosto la delicatezza del gesto. Non che fosse la prima volta che il castano aveva quel genere di attenzioni per lui, solo che di solito non gli correva un brivido come quello che aveva sentito lungo la schiena in quel momento. E poi lo fissava. Perché lo fissava? Aveva qualcosa sulla faccia?
Ma prima ancora che Kurama snocciolasse un
« Non credo sia la tua faccia, il problema... » l’istinto di Yu lo portò a volgere lo sguardo verso lo specchio lì a lato.

Ma che..? Sgusciò via da davanti al compagno, per guardare il proprio riflesso contornato dalla cornice essenziale. Il ciuffo ribelle che se ne stava lì impettito e rigirato all’insù fino a quando era uscito di casa, ora era bello che liscio, un tutt’uno con il resto della ciocca fulva che gli contornava il viso. Non collegò subito il Katon a quel miracolo divino, ci mise qualche istante, salvo poi ridersela di gusto, in un certo senso quasi soddisfatto. Guarda che roba! Per fortuna che ho scommesso con Urako e non con te, se fosse stata in grado di domare i miei capelli! Quella puntata, per altro, era ancora tutta da giocare, ora che gli veniva in mente. Chissà se posso farlo anche riscaldandomi la mano col Raiton… fece pensieroso, voltando le spalle allo specchio e guardandosi la mano, prima di alzare lo sguardo e spiegarsi, facendo spallucce. Non che ci tenga particolarmente a queste cose, eh, ma sarebbe utile riuscire a sistemarsi decentemente, in tempi brevi, almeno quando serve. Questi capelli sono sempre stati un casino e sono identici a quelli di mia madre…almeno per quanto ricordi di lei. E tu dirai “dovresti tagliarteli se sono così ingestibili”. Beh sì, una persona con un po’ di testa lo farebbe, ma non è il mio caso! Anche se sono difficili da tenere e sembro sempre appena sveglio, a me piacciono. Senza contare che erano il miglior manifesto per dimostrare il disprezzo che provava per suo padre. Portare con orgoglio quella chioma del tutto identica a quella della donna che era stata la fautrice, in un certo senso, del suo destino, era una specie di moto di ribellione. Anche se l’interessato non aveva più modo di vederli.

 
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view post Posted on 1/9/2019, 19:03     +1   -1
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Se solo avesse dato ascolto all'istinto l'avrebbe baciato in quel preciso istante, attraendolo a sé come un'onda che veemente reclama la sua unione con la costa, coinvolgendolo passionale in quel feroce turbinio di emozioni confuse che gli s'agitava dentro. Sarebbe bastato davvero poco. Una carezza appena accennata e un approssimarsi delle loro labbra sarebbe stato molto più che sufficiente per appicciare quella miccia pericolosa chiama passione. Ma fu la dannata ragione ad avere la meglio, coadiuvata sicuramente da una buona dose di tentennamento emotivo dettato da un profondo timore di fondo. Sapeva di non potersi permettere quel lusso ancora, di non poter dare sfogo ai suoi desideri nei confronti dell'amico. Avrebbe soltanto rischiato di allontanarlo, di perderlo. Non era questo che voleva.
Ascoltare la sua risata attenuarsi appena per lasciare spazio all'imbarazzata curiosità per quel suo sguardo provocante e per quel tocco gradevolmente caldo, appena percepibile fra i capelli, fu come assaporare il preludio di un qualcosa di inaspettatamente gradevole. Anche solo il semplice fatto che non lo stesse allontanando e non stesse cercando di scappare da quelle sue attenzioni tanto blande quanto profondamente mirate era motivo di serenità per il castano, come vedere uno spiraglio di luce fendere l'opprimente oscurità. Ma così come lui mise a tacere l'irresistibile brama di assaggiare le sue labbra, così Yūzora ruppe con estrema naturalezza quel pericoloso impasse e lo sorprese superandolo e avvicinandosi allo specchio per potersi guardare. Ovviamente, nessun movimento venne perso dal castano, che con un sospiro profondo ma non palese tentò di riprendersi dall'incantesimo di cui era stato vittima fino a pochi istanti prima.


Che cosa mi sta succedendo? Perché mi faccio tanti scrupoli?

Non poté fare a meno di domandarsi, conoscendo bene quali sarebbero stati i risvolti se al posto del compagno dalla lunga chioma fulva ci fosse stato qualcun altro. Chiunque altro. Non saprei, eviterei di utilizzare il Raiton per sistemarmi i capelli, fossi in te. rispose ridacchiando, divertendosi un po' alle sue spalle mentre stava immaginandoselo a peggiorare la situazione indomita della sua capigliatura soltanto per poter domare un paio di ciocche. Che poi, perché domarle? Erano ribelli come ribelle era colui che le portava, assolutamente perfette nelle indomite punte che andavano a marcare i lineamenti del suo bel viso. E oltretutto, sperava ardentemente che pure la ragazzina fallisse nel domare quei capelli e perdesse la scommessa. L'idea di essere l'unico a poterlo fare lo faceva sentire insospettabilmente bene, come se avesse una sorta di esclusiva. Sentire poi la storia della somiglianza con sua madre lo costrinse a sorridere e ad abbassare lo sguardo nell'attimo in cui il pensiero fosse baluginato in esso. Anche lui somigliava a sua madre, ma solo perché di suo padre non aveva assolutamente nulla. E grazie al cielo, avrebbe aggiunto. Spesso gli avevano detto che i suoi occhi erano come quelli di sua madre, profondi come pozze d'acqua adombrate da una voluminosa chioma d'acero e colmi di una sofferenza difficile da scorgere. Patetico.

Profondamente errato. s'intromise, una volta che il compagno ebbe terminato il discorso. Fece per avvicinarsi allo specchio per poterlo guardare meglio negli occhi, anche se attraverso la semplice immagine riflessa. Non ti direi mai di deturpare una così perfetta immagine. poche e semplici parole per esprimere quello che pensava di quella visione d'insieme riflessa allo specchio. Bellezza, perfezione. Non c'era nulla che fosse fuori posto in quei lineamenti perfettamente levigati da adolescente, nell'accostamento di colori, nelle sfumature fulve dei suoi indomiti capelli. L'aveva appena dipinto per come i suoi occhi smeraldini l'avevano colto, prima d'esprimersi in un sorrisetto soddisfatto e in 'suki' appena soffiato fuori dalle labbra, con quella sua voce flautata pregna di una innata sensualità. Andiamo? chiese quindi di punto in bianco, non appena fu certo che avesse recepito il messaggio, che l'avesse metabolizzato a dovere. Questa volta era stato lui stesso a spezzare quell'attimo di tensione che aveva volutamente creato, per poterlo lasciare con quel fare enigmatico e quell'alone di mistero che sapeva avrebbe stimolato la sua curiosità. Non attese un vero e proprio cenno d'assenso per avviarsi lungo il corridoio, poiché era consapevole del fatto che il rosso avrebbe subito trovato il passo, accompagnandolo nella non esageratamente lunga camminata che li separava dal famoso ryokan del quale il castano aveva fatto menzione.


H1ArOjV


L'ingresso della struttura, visibilmente sospesa sul fiume principale, dove sovente venivano consegnate una miriade di lanterne durante la ricorrenza dell'Obon Matsuri, si trovava ovviamente sulla parte opposta, su strada. Non fosse stato per il retro non troppo esposto da quella posizione, si sarebbe detto che fosse un ryokan come un altro: molto classico e ben curato anche nel piccolo spazio esterno antecedente la soglia. Le due insegne, compresa quella sospesa al primo piano, indicavano il nome 'Hajimari', in perfetta calligrafia. Nonostante le apparenze potessero trarre in inganno e tutto pareva essere uno scherzo di pessimo gusto, Takumi avanzava sereno in direzione del luogo d'interesse, sicuro. Ci siamo. annunciò appena arrivati all'entrata, permettendo al compagno di fare il primo passo in quel piccolo angolo di mondo che lui conosceva bene e che era diventato un posto speciale per passare del tempo in compagnia del fiume stesso. All'interno vennero accolti da un anziano signore che subito riconobbe il castano e che con un gesto plateale simile a quello di un nonno che accoglie a casa il nipote dopo tanto tempo lo salutò. Ovviamente, anche il castano risposte a quel caloroso saluto, ma con un certo distacco e con compostezza. Sembrava quasi l'immagine di un gatto che al primo avvicinamento troppo rumoroso gonfia la coda.

Cosa posso fare per te? chiese quindi l'oste dopo essersi scollato dal semi abbraccio che aveva tentato malamente di dare al suo giovane interlocutore, attendendo da lui una risposta che non tardò ad arrivare, affabile come solo una vera faccia di bronzo poteva dare. Un tavolo per due.. possibilmente quello in fondo sulla destra, così che possiamo goderci l'ottima colazione che ci attente e una vista libera sul fiume.
E con un 'ryōkai' accompagnato da una risata venne indicato loro di accomodarsi. Al che Takumi si espresse in un occhiolino nei confronti del compagno, prima di avviarsi. Un modo semplice e altamente funzionale di esprimere quel 'è fatta' pieno di soddisfazione per aver mantenuto perfettamente la sua promessa.

 
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view post Posted on 7/9/2019, 14:59     +1   -1
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Userei solamente il calore generato, baka!

Si immusonì in un primo momento, ma lo prendeva per stupido? Lo sapeva benissimo che se avesse usato il Raiton direttamente avrebbe solamente peggiorato la situazione, ma, forse, solo col calore no…ammettendo che la mano non trattenesse troppa elettricità statica. Altrimenti sarebbe stato realmente un suicidio. In ogni caso, non era che non ci avesse mai pensato a darci un taglio con quella criniera indomabile, semplicemente riteneva che, all’atto pratico, le cose non sarebbero migliorate poi chissà quanto. Sua madre aveva i capelli che le ricadevano in un caschetto morbido e mosso che le lasciava libero il collo…eppure erano un casino lo stesso: punte che giravano dove volevano e sbuffi scocciati ogni mattina quando la donna si guardava allo specchio. Forse solo una sfoltita seria avrebbe risolto tutti i suoi crucci, ma non l’avrebbe mai fatto, non a quei livelli. Li avrebbe tollerati per il solo gusto di sbandierare in faccia al mondo quanto poco avesse di suo padre nel sangue, e quanto, nonostante tutto, potesse arrivare in alto ugualmente. Era una sensazione che gli dava un certo piacere distorto, ma che sentiva condividere con fierezza da Kurama che gongolava dal suo antro, facendogli il solletico. Alla Volpe piacevano un sacco quelle sue prese di posizione, se n’era reso conto. Forse perché nella sua testa dura, un po’ rivedeva sé stesso, a sua volta cocciuto e perseverante nelle proprie idee. Di fatto, non fu quella gradevole sensazione di comunione a stupirlo più di tutto, quanto piuttosto la risposta di Takumi alla sua presunzione di sapere cosa gli avrebbe suggerito. Perché, contrariamente ad ogni sua aspettativa, negò. Negò in maniera netta la supposizione generica del Rosso, avvicinandosi a lui e facendolo girare nuovamente verso lo specchio con una lieve pressione sulla spalla, concludendo il discorso guardandolo negli occhi attraverso il suo riflesso. Disse qualcosa che ci si aspetterebbe effettivamente da un artista, una valutazione estetica soggettiva in fin dei conti, che però Yu non si aspettava minimamente. Oddio, non era di certo la prima volta che Takumi usava parole simili con lui, per un motivo o per un altro…glielo aveva già detto che era “perfetto”, eppure in quella situazione la cosa riuscì in qualche modo a metterlo in imbarazzo, soprattutto a causa di quel “suki” finale, che gli arrivò in un soffio all’orecchio assieme al sorrisetto soddisfatto del compagno. Come faceva a dire una cosa del genere ad un altro uomo con così tanta naturalezza?! E poi era tremendamente equivocabile! Non si poteva andare in giro a dire…a dire…Aaaah! Ma che cavolo! Poi in quel modo.., perché si divertiva tanto a prenderlo in giro? Doveva essere dannatamente divertente da vedere.

« Succederà un cataclisma visto che sto prendendo le difese di quel LinguaLunga, ne sono perfettamente cosciente, ma non credo si stia prendendo gioco di te. Non questa volta, almeno. »
Tu stesso sei un cataclisma Kurama. Ricordi che diceva il libro? “Il Kyūbi è un cataclisma vivente”, testuali parole. L’inorgoglirsi della Volpe fu talmente forte che il ragazzo riuscì a stento a trattenere una risata. E comunque mi sta sicuramente prendendo in giro. E’ così, non può essere altrimenti.

Che altro avrebbe dovuto essere d’altronde? Giusto? Giusto. Ma allora perché non era il fastidio l’emozione predominante nel suo animo? La Volpe tacque a quelle sue domande tra sé, lasciando che fosse solamente la sua mente a ragionarle, a cercarvi risposte che non arrivarono mai…anzi. Il suo rimuginare venne interrotto bruscamente da Takumi che, di punto in bianco, lo invitò ad avviarsi, precedendolo lungo il corridoio. Avrebbe potuto chiederglielo, no? Sì, per dare pace a quel tarlo che rosicchiava impazzito nella sua testa. Capire cosa intendesse, avere una spiegazione, insomma…quello che serviva per mettere a tacere tutto quello che s’era messo in moto a quella semplice parola. Invece no. Quando si mosse per raggiungerlo, scambiando un’ultima occhiata a quel sé stesso riflesso che sembrava più cosciente di lui circa cosa fosse accaduto poco prima, ciò che uscì dalla sua bocca, mentre gli trotterellava dietro, fu un goliardico rimprovero.

Non dovresti dire certe cose con così tanta leggerezza. Le gente potrebbe fraintenderti.

Esatto “la gente”, mica lui. Lui aveva capito benissimo che voleva solo giocare un po’ al gatto col topo, prenderlo in giro, come faceva di solito, per il semplice gusto di farlo e poi passare ad altro. Però, mentre lo diceva, aveva un bel sorriso sul volto, uno di quelli che faticavano davvero molto ad andarsene e non sparì per tutta la breve camminata che li separava dal ryokan in cui avrebbero fatto colazione.
Arrivando lungo la strada, fu palese come la struttura tradizionale fosse in parte sospesa sul fiume che passava proprio alle sue spalle, mentre l’ingresso principale desse direttamente sulla strada, per accogliere al meglio i clienti che passavano di lì e venivano attratti dalla delicata calligrafia dell’insegna che recitava il nome del locale. “Hajimari”. Il rumore gorgogliante del fiume sul retro dell’edificio, accompagnò lo scalpicciare dei loro piedi sul selciato fino all’ingresso. Era un bel posto, molto classico, ben tenuto, pulito e ordinato…per qualche motivo Yu si ritrovò a pensare che rispecchiasse molto i gusti del castano. Anche l’interno era curato nei minimi dettagli e, non appena varcarono la soglia, un anziano signore con il kimono recante il logo del ryokan, si avvicinò subito con fare piuttosto confidenziale, salutando Takumi calorosamente benchè questi non rispose con altrettanto trasporto, ma rimase piuttosto composto, quasi distaccato. Sbrigati i convenevoli, il più grande richiese un tavolo in particolare e fu lui stesso a fare da guida a Yu fino al posto. A quanto pareva l’aveva pensata proprio bene, perché dava l’idea di aver scelto quell’angolino con particolare attenzione, quasi come fosse il più bello di tutto il locale, il tavolo migliore, e si espresse anche in un occhiolino soddisfatto al Rosso che, di suo, non vedeva l’ora di vedere quale fosse il motivo di così tanta premura da parte del compagno e di assaggiare le pietanze da lui tanto decantate.
Se la colazione avrebbe dovuto attendere ancora un po’ prima di essere degustata, la motivazione per cui Takumi avesse preteso proprio un tavolo specifico, fu presto detta. L’angolino, leggermente separato dal resto della sala ricoperta di tatami - infatti avevano lasciato i sandali all’ingresso della stessa - dava su un terrazzo perfettamente visibile. Le porte in carta di riso erano spalancate e il basso tavolino era sistemato più sul terrazzo che nella stanza in sé. Cuscini viola erano posizionati ai lati dell’appoggio in legno e l’arredamento tradizionale del loco faceva da contorno a tutto il resto. Ma il vero spettacolo di quel cantuccio di mondo era l’esterno. Appena giunti nei pressi del loro posto, Yu si fiondò subito sulla balaustra in legno levigato, per guardare il fiume che scorreva sotto di loro e lo splendido giardino. In primavera doveva essere meraviglioso quello scorcio, col fiume che scorreva e gli alberi di ciliegio e di glicine che coloravano tutto con i loro fiori, riflettendosi nell’acqua sottostante. Magico. Non gli serviva nemmeno chiudere gli occhi per immaginarselo, poteva vederlo anche se al momento sui rami c’erano solamente i primi coraggiosi boccioli che sfidavano, audaci, la coda dell’inverno. Era una bella giornata quella, non faceva così freddo da non poter rimanere lì sul terrazzo, erano stati davvero fortunati.


Sugoooooi! Questo posto è fantastico! Si espresse Yu, una volta che Takumi l’ebbe raggiunto alla balaustra. Ma questo giardino è parte della proprietà del ryokan? Mi pare di vedere delle persone laggiù…se non sbaglio hanno il kimono del locale. Affilò lo sguardo per poter osservare meglio, ma non si sbagliava. Quello che svettava sulla schiena dei due che camminavano tranquilli lungo il ponte che attraversava il fiume e portava al parchetto, era proprio lo stesso simbolo che aveva visto sull’abbigliamento da lavoro dell’uomo che li aveva accolti all’entrata. Sembra quel genere di kimono che ti danno quando vai in un onsen…

 
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view post Posted on 8/9/2019, 21:43     +1   -1
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Di sorprenderlo l'aveva sicuramente sorpreso. Era sufficiente osservare l'espressione sul suo volto trasformarsi gradualmente nel riflesso sullo specchio verso il quale era rivolto, per accorgersi dell'improvviso stupore e di quel pizzico di imbarazzo che ben presto prese a dare appena un po' di colore alle sue gote in risposta a quella semplice affermazione. Forse fu proprio questo a soddisfarlo, al punto tale da non riuscire a trattenersi dal mostrare quel sorrisetto appagato e alquanto sornione: aveva ottenuto una reazione piuttosto interessante da parte del ragazzino, che a quanto pareva non gli era affatto indifferente come pensava. Era un buon punto di partenza. Non volle però rincarare la dose e spremere quell'attimo, correndo il rischio di rovinare tutto per dare ascolto all'istinto e saziare quel desiderio crescente nei suoi confronti, sfidando il Kyōmei a far qualcosa che altrimenti non avrebbe mai fatto. Non voleva mandare tutto a puttane. Voleva che quegli occhi verdi lo osservassero con la stessa intensa curiosità e ammirazione con cui i suoi lo osservavano; voleva che quelle labbra pendessero dalle sue per un altro bacio, e assaporassero la stessa emozione che aveva provato lui sulla nave. Ma doveva essere un bisogno, non una forzatura. Per questo decise di spezzare la tensione allontanandosi con quel semplice invito sotteso, quasi facendosi rincorrere lungo il corridoio. Le parole del ragazzo, che nel frattempo l'aveva raggiunto alle spalle trotterellando, suonarono quasi come un rimprovero di stampo goliardico. Sorrise. Se solo potessi essere frainteso da te.. disse senza alcun pelo sulla lingua, affidando quel sussurro a fior di labbra, quel pensiero costante, a chiunque avesse avuto orecchie per ascoltarlo. Non sapeva se il compagno avesse sentito qualcosa o soltanto un brontolio, ma non aveva importanza: avrebbe benissimo potuto suonare come una frecciatina tipica delle sue, per stimolare ancora una volta una reazione e svagarsi nel rincarare la dose.

Tanaka-san era sempre il solito buontempone, pronto ad accoglierlo a braccia aperte come un nipote e ad assecondarlo in tutti i suoi capricci. Da che si conoscevano (e oramai erano almeno un paio d'anni) aveva sempre avuto una certa qual simpatia nei suoi confronti. Difficile dire se quest'ultima fosse dovuta al suo essere sottilmente amabile o più semplicemente alla portata del suo portafogli o alla sua rara influenza sulle persone, considerato quante persone aveva portato in quel ryokan anche solo per una serata. Fatto stava che l'uomo lo trattava sempre con una certa attenzione e che per questo alla sua richiesta specifica non aveva opposto alcuna problematica, anzi! Fece loro cenno di accomodarsi, lasciando passare avanti proprio colui che aveva richiesto il tavolo più esclusivo del locale. Takumi sapeva bene dove andare e quindi fece strada al rosso sino al terrazzo, separato dal locale interno da una semplice porta scorrevole realizzata nella tipica carta di riso dei locali classici, color panna. Inutile dire che lo spettacolo da quella posizione era davvero mozzafiato. C'erano ancora solo i boccioli dei fiori che avrebbero dovuto arricchire di un tenue riflesso le acque cristalline del fiume che scorreva sotto ai loro piedi, ma anche solo le gemme del glicine che avrebbe dovuto fiorire da li a poco rendeva suggestivo tutto quel quadro naturale dalle tinte piacevolmente rilassanti.
La reazione del rosso fu divina. Lo osservò superarlo e sporgersi dalla balausta, esprimendosi in un 'sugoooi' che stranamente ebbe l'effetto di rasserenarlo. Si. Era davvero contento nel vedere il compagno tanto entusiasta, nel vederlo sorridere ed esplorare l'ambiente circostante con estremo interesse. Al punto da sorridere sereno ammirandolo, mentre Tanaka-san che li aveva silenziosamente seguiti accendeva la candela aromatica sul basso tavolino nella paziente attesa di prendere l'ordinazione.
Esattamente. Tutto quello che vedi appartiene alla famiglia di Tanaka-san e al ryokan. rispose alla domanda del compagno, avvicinandosi anch'egli alla balaustra non tanto per ammirare il paesaggio che tante volte i suoi occhi avevano avuto modo di godere, quanto più per poter osservare più da vicino lui e scorgere nei suoi occhi lo stupore e quel pizzico d'entusiasmo di cui era fautore. Da quella parte c'è pure l'onsen, per questo vedi i residenti del ryokan li. In questo periodo non sono ancora molti a pernottare, ma nella bella stagione questo posto si riempie quasi quanto il fiume durante l'obon matsuri. proseguì, cercando di soddisfare nel limite delle sue possibilità la sete di sapere di quel rosso che ai suoi occhi era lo spettacolo più bello di quel piccolo terrazzo sospeso sulle acque. Se solo avesse avuto un pennello per poterlo imprimere su tela, probabilmente avrebbe potuto realizzare il dipinto migliore della sua carriera.

Gradite qualcosa, Harada-kun? chiese cortesemente il vecchio Tanaka, che paziente aveva atteso che la conversazione dei suoi ospiti terminasse prima di intervenire. Al che Takumi volse il suo sguardo in sua direzione, prima di rispondere con un bel sorriso sulle labbra. Una colazione tradizionale completa per entrambi, senza tsukemono. Solo daikon e zenzero per accompagnare il riso. prese a spiegare, sapendo perfettamente che l'uomo conosceva abbastanza bene i suoi gusti da aver messo in conto alla parola 'tradizionale' di non portare sottaceti di melanzane, carote, prugne e cetrioli. E per concludere un taiyaki e del melonpan. concluse osservando con la coda dell'occhio il compagno sul terminare dell'ordinazione. E mentre Tanaka-san scriveva i desideri del suo cliente su un blocchetto di carta, Takumi si rivolse al suo ospite con assoluta tranquillità, quasi come se tutto quel ben di dio che aveva ordinato non avrebbe avuto alcun impatto cruciale sui suoi risparmi. Vuoi aggiungere qualcosa? Chiedi tutto quello che desideri.

 
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Non credeva di sbagliare. I suoi occhi non erano superlativi come il suo naso, ma ci vedeva comunque benissimo! E quello che i kimono di quelle persone riportavano sulla schiena era decisamente il simbolo col fiore di glicine che caratterizzava il ryokan. Ci volle poco, infatti, perché Takumi gli confermasse la cosa. Mentre Yu osservava ancora meravigliato quel giardino che in primavera doveva essere a dir poco spettacolare, il castano si era avvicinato alla balaustra, piazzandosi di fianco a lui iniziando a spiegare e a sciogliere i nodi che, in pochi attimi, si erano formati nella catena di curiosità che da sempre caratterizzava il Rosso. Effettivamente il locale, a gestione famigliare a quanto pareva, comprendeva anche un onsen. In quel periodo dell’anno non era molto trafficato, in quanto non molte persone pernottavano.., ma nell’alta stagione doveva essere davvero una piccola chicca! Non faceva per nulla fatica ad immaginarselo, Yu. Durante l’Hanami quel ryokan doveva sicuramente lavorare ad un ritmo forsennato. In un posto come quello, sul fiume, con un giardino fiorito che comprendeva sia sakura che glicini, era facile figurarsi gruppi di famiglie, amici o colleghi che si sedevano, con il loro telo, sotto gli alberi ad osservare la fioritura. E anche durante l’Obon Matsuri doveva essere un vero spettacolo. Tutte quelle lanterne sul fiume, luminose come stelle in cielo, nella notte della ricorrenza per onorare gli spiriti. Anche se dubitava, il Rosso, che tutti quelli che partecipavano alla festa lo facessero per tradizione…lui stesso ci andava soprattutto perché le bancarelle vendevano del cibo da strada buono come pochi altri! E per vedere lo spettacolo delle lanterne, ovvio.
Sarebbe stato bello, poterlo guardare da quel posto, lontano dalla calca. Avrebbe potuto farci un pensierino per quello di quell’anno. Gli sarebbe piaciuto anche provare un bell’onsen tradizionale, un giorno…Per ovvie ragioni non c’era mai stato, ma aveva spesso visto gli ospiti dei locali che offrivano il servizio delle terme, aggirarsi con quei kimono inconfondibili e il catino in legno con dentro il necessario. Per questo non aveva faticato a riconoscerli anche lì.


Eeeeeh, dev’essere fantastico! Come tutto il resto d’altronde.

Era talmente contento di essere lì ed era rimasto talmente abbagliato dalla potenzialità del posto, che si era quasi scordato della sua gamba. Distratto dalla bellezza del locale, dalla perfezione del giardino, e sì…un po’ anche da quel sorriso sereno talmente raro da vedere sul viso del compagno, non aveva fatto due più due. Perché sì, tavolini bassi e tatami significava che avrebbe dovuto stare, per tutta la colazione, seduto in ginocchio o a gambe incrociate e, in un modo o nell’altro, di sicuro l’ombra dell’infortunio si sarebbe fatta sentire. Probabilmente meno stando con le gambe incrociate, dopotutto.

« Non si noterà. » Lo rassicurò Kurama, anche se il demone era più conscio del ragazzo di quanto in realtà Takumi fosse attento a tutte le reazioni di Yu. « E poi, anche se fosse…che vuoi che succeda? Gli puoi dare la stessa spiegazione che hai dato al Ghiaccio. »
Il Ghiaccio sarebbe stato Kai. Lo so, ma non è che mi faccia impazzire raccontare frottole a destra e a manca. Soprattutto a quelli a cui tengo. Mi sembra di fargli un torto.
« Ma non puoi farci nulla in questa situazione. Sarebbe problematico dover spiegare come stanno le cose. »
Su questo hai ragione.
« Certo che ho ragione! Non ho millenni sulle spalle per nulla, sai? »

Fu la voce dell’uomo che li aveva accolti poco prima all’ingresso, a spezzare quel momento. Yu si era talmente perso nella contemplazione ammirata del giardino che si accorse solo allora dell’aroma che aveva iniziato a diffondersi nell’aria. Un misto tra l’odore marcato della menta e qualcosa di più delicato, che non riuscì ad identificare. Voltandosi assieme a Takumi verso Tanaka-san, vide che il padrone di casa aveva piazzato una candela aromatica sul tavolino. Era verde chiaro e galleggiava in una ciotolina d’acqua elegantissima, bruciando e spandendo il suo profumo nella stanza. Un tocco di classe…davvero. Yu non era mai stato in un locale simile, non era abituato a tanta eleganza, nemmeno a tutte quelle premure nei confronti degli ospiti. Era tutto nuovo per lui, lì, quasi come fosse un bambino che per la prima volta andava al lunapark o un negozio di giocattoli. Si sentiva coccolato, sia dallo staff, che dall’ambiente, che da Takumi stesso che ordinò una marea di roba! Senza ovviamente scordarsi del melonpan promesso. Solo a sentirne il nome al Rosso brillarono gli occhi! L’aveva tanto decantato, il compagno, che si era fatto un sacco di film su quel dolce…sperando che fosse buono anche solo la metà di quelli che faceva sua madre. E non mancò di dirlo al cortese Tanaka, dopo aver risposto anche alla domanda del castano, prima con un cenno del capo e poi a parole.

Nono, direi che è abbastanza. Fece, prima di rivolgersi al vecchio e simpatico ometto. Takumi ha detto che il vostro melonpan è spettacolare. Spiegò. Non velo l’ora di assaggiarlo!

Come non mettere ansia alla gente, volume 1 di Kyōmei Yūzora. Accompagnate da quel sorriso entusiasta, quelle parole inchiodarono il povero Tanaka agli elogi che il castano aveva fatto del suo ryokan: ora non avrebbe proprio potuto deludere le aspettative di Yu. Che dalla sua parte, non aveva alcuna intenzione di mettere angoscia a nessuno, era solo dannatamente curioso e affamato della bontà decantata dall’amico, circa i dolci di quel locale.
Sperava veramente di risperimentare la sensazione che ricordava, addentando il melonpan: quasi come mordere una nuvola! Certo, anche tutto il resto della colazione che aveva ordinato Takumi era degno della sua curiosità e aspettativa, ma quel panetto zuccheroso era senza alcun dubbio la portata principale per lui. Kaaaaami, se avesse avuto una coda si sarebbe sicuramente messo a scodinzolare! Stavolta non avrebbe proprio potuto contraddire Kurama se glielo avesse fatto notare. Ma che ci poteva fare? Era talmente contento! Probabilmente glielo si leggeva in faccia, ma non gliene importava proprio nulla! Anzi, tanto meglio! Almeno avrebbe meglio nascosto eventuali smorfie, se la gamba gli avesse fatto male a lungo andare.
Non appena Tanaka se ne fu andato, i due Shinobi presero posto al tavolo. Sedendosi, rigorosamente a gambe incrociate, Yu notò che il simbolo del ryokan era cucito in filo dorato anche sul cuscino e impresso a fuoco su un angolo del basso tavolino. Vi passò le dita, saggiando la differenza tra il legno levigato e perfetto ed il solco ruvido creato dalla marchiatura, prima di aprire conversazione col compagno.


Takumi, questo posto è pettinato da morire! Commentò un po’ a bassa voce, per poi ridacchiare, prendendosi in giro. Mi sento leggermente fuori posto. E’ davvero, davvero bellissimo! Il locale, il giardino…è tutto fantastico! Anche il personale, quanto meno il Sig. Tanaka. Sorrise. Sembrate molto in confidenza…se non altro, lui sembra in confidenza con te: è la prima persona che vedo tentare di abbracciarti senza temere d’essere morsa a sangue!

 
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view post Posted on 21/9/2019, 19:43     +1   -1
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Poter osservare quel sorriso rendere radioso il suo bel viso e potervi di riflesso assaporare quell'euforia quasi infantile era una soddisfazione, oltre che una vittoria affermata. Aveva fatto centro portandolo in quel ryokan. Era riuscito a stupirlo, a portarlo in un angolo di mondo che doveva essere senz'altro stupefacente per chi come loro era abituato a un lavoro sanguinario come quello dello shinobi. E quello che aveva accanto e che continuava a osservare con la concentrazione di un artista pronto a carpire ogni minima sfumatura della realtà era il suo ambito premio: un giovane dalla bellezza disarmante, con un sorriso talmente mozzafiato che avrebbe potuto far fiorire i boccioli di ciliegio prematuramente. Forse non se ne rendeva nemmeno conto, ma per il castano era semplicemente l'immagine della perfezione. E in quel frangente tanto delicato Tanaka-san era stato davvero impeccabile, come sempre. Era anche per quello che amava quel posto. Era stato discreto, quasi come se la sua presenza fosse stata quella di una farfalla silenziosa posata su una foglia. E poi quella candela che aveva acceso al centro del tavolino era davvero un tocco di classe di semplice realizzazione ma di enorme impatto. Osservare quella candela galleggiare su quel fondo d'acqua cristallina mentre la fiamma che la consuma riverbera in un gioco di colori sulla sua superficie, spandendo nell'aria il profumo aromatico della menta, era assuefacente. Ben giocata.
Al momento dell'ordinazione non fece davvero caso alle spese che due colazioni tradizionali complete e due dolci realizzati sul posto con ingredienti di prima qualità, per non parlare della location che aveva scelto per quel pasto, avrebbero comportato. Non era importante. Non se il destinatario di quelle attenzioni era Yūzora. Per questo chiese al ragazzo se avesse voglia di aggiungere dell'altro alla ricca colazione che li aspettava, senza porre limitazioni. Quest'ultimo però fece cenno negativo col capo, prima di tramutare quel gesto in parole e.. in pressione ulteriore per Tanaka-san, che allargò un sorriso dei suoi prima di esibirsi in un inchino e in un semplicissimo 'arigato gozaimasu'. Un modo semplice per essere cordiali e mascherare alla perfezione l'impatto che le aspettative altrui hanno sullo stato d'animo di un professionista. Takumi sorrise sornione a quella scena, specialmente quando lo sguardo del vecchio proprietario si posò su di lui. Sapeva bene che adesso non poteva deludere le sue aspettative nemmeno di una virgola, ma era fiducioso che l'uomo non avrebbe sgarrato e anzi l'avrebbe anche sorpreso.
Sentito, Tanaka-san? Il mio ospite ha grosse aspettative. Mi aspetto il meglio del meglio, quest'oggi. disse per rincarare la dose, con un sorriso serafico pennellato sulle labbra. Non chiedeva mica il continente dopotutto. A quel punto Tanaka-san non poté sottrarsi dall'ardua impresa che lo aspettava, e con un ulteriore inchino rispose con un piacevole Farò del mio meglio per non deludere le vostre aspettative. per poi congedarsi e avviarsi in direzione delle cucine per preparare il tutto.

Da li a poco entrambi si accomodarono ai loro posti. Takumi inspirò profondamente il profumo aromatico scaturito dalla candela posto sul tavolo, chiudendo d'istinto le palpebre per concentrarsi meglio sulla buona fragranza e rilassarsi. Erano giorni rari anche per lui quelli. Non sempre le sue compagnie erano buone compagnie e soprattutto nessuno poteva paragonarsi minimamente al Kyōmei, che con curiosità stava saggiando con le dita la qualità del legno di quel supporto. Nel frattempo il castano aveva appoggiato entrambe le braccia sul tavolo, la destra puntata di gomito per sorreggere appena il viso e la sinistra a racchiudere. Era davvero curioso vedere con quanta attenzione stesse osservando ogni cosa, come se fosse piombato in un mondo fantastico. A quel punto aprì bocca e il commento che ne scaturì lo fece sorridere.
Fuori posto? Io non vedo assolutamente nulla di fuori posto. E' tutto esattamente dove deve essere. rispose così al suo non sentirsi all'altezza di un posto come quello, con quel pizzico di sensualità nella voce e quel sorrisetto di difficile interpretazione che gli rendeva indietro un fascino misterioso. Intendeva davvero quello che aveva detto. Yūzora era perfetto e non doveva sentirsi inadeguato a un posto come quello. Anzi! A rendere maggiore giustizia a un posto meraviglioso come quello era soprattutto lui, per quanto lo riguardava.

La prima dici? sogghignò a quella domanda, assolutamente retorica per quanto lo riguardava. Eppure ricordo che qualcuno ha dormito a stretto contatto con me di recente, e non ho notato morsi sulla sua pelle. Ma forse possiamo rimediare.. commentò con una certa sensualità, scendendo con lo sguardo sul suo collo. Ah si. Un morso glie l'avrebbe dato sul serio. Ma ben presto sorrise e cambiò discorso: non voleva tediarlo più del dovuto, anche se doveva ammettere che amava alla follia farlo. Tanaka-san è una brava persona. disse quindi in risposta alla sua ultima affermazione. Mi ha sempre trattato con i guanti, nonostante non abbia fatto assolutamente nulla per meritarmi un simile trattamento. Anzi.. e a quell'ultima parola una risata appena sbuffata fuoriscì dalle sue labbra, come se avesse ricordato un episodio imbarazzante. Non voleva prendere quell'argomento, non con il rosso e non in quel luogo, prima che quella pazza furiosa della sorella di Atsuko-chan potesse sentire e intervenire come una squilibrata ad attaccarlo perché 'lei ti amava e tu l'hai ferita' e bla bla bla. Insomma, tutte quelle grosse puttanate da ragazzina troppo legata all'idea dell'amore.

Poco dopo Tanaka-san fece nuovamente la sua comparsa, portando con se un carrello pieno di pietanze che svuotò sul loro tavolo, adagiando ogni piatto con cura e precisione, come piaceva al castano. Era soddisfacente persino per gli occhi vedere quel cibo. Non appena ebbe finito di servire le ordinazioni, poggiando il piattino con un bellissimo melonpan adagiato su un meraviglioso taiyaki rigonfio di marmellata di azuki e accompagnato da una salsina al cioccolato, l'uomo li rese partecipi di una delle sue meravigliose trovate di cortesia: pose sul tavolo una piccola piastra che accese con cura e consegnò a Takumi due meravigliose capesante dall'aspetto appetitoso, dopo aver riposto sul tavolo anche burro, salsa di soia, wasabi e zenzero.
Queste le offre la casa. disse, esibendosi poi in un 'douzo meshiagatte kudasai' con lieve inchino, prima di lasciarli nuovamente soli. Si. Tanaka-san è davvero una gran brava persona. si espresse il castano nell'ammirare quelle capesante, pregustandole nel suo immaginario. Capasanta cotta con burro e salsa di soia era un piacere per le papille gustative di chiunque, e l'uomo sapeva bene che Takumi amava quel mollusco. S'adoperò subito il castano, ponendole a cuocere sulla piastra per poterle servire anche al suo prezioso ospite.



Edited by ¬BloodyRose. - 21/9/2019, 21:16
 
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« Ah! Se sapesse, non lo ripeterebbe due volte! »

La voce di Kurama arrivò tempestiva nel commentare la risposta di Takumi al sentirsi totalmente fuori luogo di Yu. Una replica che si sarebbe potuto pensare dettata dalla semplice cortesia, così come quella della Volpe avrebbe potuto essere alimentata da quell’attrito silente ch’era nato tra i due all’interno del Gedo Mazo, eppure, per un motivo o per un altro, il Rosso era pianamente cosciente che nessuno dei due era corrotto da falsità in quel frangente. Il demone aveva tutte le ragioni nel far presente ironicamente che, se il castano fosse stato a conoscenza della sua presenza lì, forse non avrebbe mai detto che tutto era esattamente dove avrebbe dovuto essere. Ma d’altronde lui non ne sapeva nulla di quella faccenda…per il più grande Yu era sempre e solo lo Yu che ricordava, neanche si immaginava che ora di fronte a lui ci fosse anche la Volpe a cui aveva augurato un’eternità d’agonia e sofferenza. Il commento di Kurama, era dannatamente azzeccato circa quella circostanza, tuttavia fortunatamente non riuscì a scalfire il buonumore del suo tramite. Da questo punto di vista, le parole di Takumi ebbero certamente più effetto su di lui, rasserenandolo un poco circa quella sensazione simile a spilli sotto al culo che provava nello stare in un ryokan bello come quello e, al contempo imbarazzandolo ulteriormente. Sì, perché, a volte era difficile anche per lui capire cosa si nascondesse dietro a quei sorrisi irriverenti che spesso e volentieri coloravano il viso del compagno…Capitava non comprendesse se dovesse vederci una presa in giro, un tentativo d’essere gentile, o chissà cos’altro! Accoppiato poi a quel tono di voce che riusciva a fargli venire i brividi, lo mandava ancora più in confusione, infittendo il mistero dietro alla persona ch’era Takumi. Ma era anche questo che gli piaceva di lui: la soddisfazione di poter guardare al di là di tutti quei costrutti, era probabilmente il premio più importante di quella sottospecie di sfida. E se per poterlo fare ne avrebbe passate di tutti i colori, poco importava, in fin dei conti nemmeno lui era un tipo da lasciarsi blandire con così tanta facilità.

Uruse, baka. Fece, con un finto muso, atto a mascherare l’imbarazzo per l’affermazione dell’amico. Smettila di prendermi in giro.

Che fosse vero oppure no, l’unica cosa certa era che quella frase aveva messo un po’ a tacere la coscienza scalpitante che gli faceva notare ad ogni sguardo in quel locale, quanto fosse sbagliato che lui fosse lì. Qualsiasi fosse il reale intento del castano, in un modo o nell’altro, qualcosa di buono l’aveva fatto. A modo suo, forse senza nemmeno volerlo fare davvero, ma c’era riuscito. Tanto che la conversazione prese il via in maniera del tutto naturale, marcando il clima disteso di quella colazione pacifica. Il discorso aperto su Tanaka-san, mise sul piatto d’argento del più grande una portata di tutto rispetto, di cui tuttavia Yu non si vergognava per nulla. Non c’era nulla di male nell’aver dormito “a stretto contatto” come diceva lui, lì sul ponte della nave: cavolo faceva un freddo cane quella notte! E poi aveva proprio voglia di stare vicino all’amico, dopo l’avventura svoltasi nel suo subconscio.

E ho dormito benissimo, se proprio lo vuoi sapere! Disse, alzando un po’ il naso con fare orgoglioso. D’altronde io non ho mica detto che sei tu a mordere la gente, ma che è la gente a temere una cosa del genere e per questo ti sta alla larga. Precisò, facendo spallucce. Peggio per loro.

…E, in un certo senso, meglio così.

Per qualche ragione, non gli andava troppo che altre persone - troppe persone - avessero gli stessi privilegi che aveva lui. Si sentiva davvero fortunato a poter spiare, ogni tanto, dietro la corazza del castano, osservando e conoscendo ciò che era veramente. Sapeva che era egoistico da parte sua, ma l’idea che in tanti altri potessero arrivare e fare altrettanto lo infastidiva. Quasi temesse che quel Takumi incorrotto e sempre protetto dalla corazza, potesse finire per esserne intaccato…Un po’ come quei luoghi da sogno, belli e incontaminati che finiscono per diventare tremendamente commerciali non appena la voce della loro esistenza e ubicazione si sparge. Ovviamente era un pensiero davvero idiota il suo…d’altronde lui conosceva il castano relativamente da poco tempo, sicuramente c’era qualcuno che aveva un legame con lui da molti più anni e che avrebbe avuto più diritto di lui di pensare una cosa del genere. Ma non poteva farci nulla. Era qualcosa che lo pungolava. Così, in sordina, senza dare eccessivamente fastidio, se non quando vi si rivolgeva l’attenzione. Una sensazione che, magari, si sarebbe affievolita col tempo. Anzi che sicuramente l’avrebbe fatto, perché non aveva senso d’esistere. Come la sua iatrofobia, che diventava più gestibile mano a mano che aveva a che fare coi medici.

« Sei solo un po’ geloso, che vuoi che sia? »
Io non sono affatto geloso! Non è gelosia questa. Non ha senso.
« Ah no, eh? Ne sei proprio sicuro? »
Sicurissimo!
« Se lo dici tu. »

Che cazzate. Lui geloso? E perché mai avrebbe dovuto esserlo? Neanche fosse un animale e Takumi facesse parte del suo territorio. Tsè, ridicolo. Per fortuna il castano catturò la sua attenzione con quelle due parole su Tanaka-san, distraendolo da quel bisticcio interiore, precedendo l’arrivo dell’uomo stesso e, manco a dirlo, della loro colazione.
Proprio come era capitato poco prima quando si era avvicinato per porre la candela sul tavolo, il proprietario del ryokan era comparso con la delicatezza di una bolla di sapone, seguito dagli aromi del cibo che recava con sé su di un carrello. Un vero piacere per gli occhi!
C’era di tutto, proprio come richiesto da Takumi e l’ometto iniziò presto a disporre con precisione e grazia ogni singola ciotolina e ogni piccolo piatto sul tavolo. Una sequela di riso, zuppa di miso, pesce grigliato, tamagoyaki, tofu, seguiti dalle immancabili verdure tra le quali spiccava una bellissima radice di loto a fette, salsa di soia e tè. Come richiesto da Takumi, poi, c’erano solo daikon e zenzero per accompagnare il riso, nonché la loro ordinazione speciale: fu l’ultimo piatto ad essere piazzato sul tavolo. In una piacevolissima composizione di scodelle decorate finissimamente e piatti altrettanto belli, venne posato, giusto al centro del tutto, una coppia di dolci che parevano centrare poco e nulla col resto della colazione, ma che agli occhi di Yu brillavano più di tutto il resto messo assieme. Il suo melonpan e il taiyaki di Takumi, con tanto di salsina al cioccolato d’accompagnamento, spiccavano davvero in mezzo a tutta la colazione. Ed erano a dir poco bellissimi! L’odore zuccheroso del melonpan gli stuzzicò subito lo stomaco; aveva un aspetto meraviglioso, la trama biscottata a reticolo sulla superficie era al contempo ben visibile e delicata. Pure il taiyaki del compagno era spettacolare: un bellissimo pesce rigonfio di marmellata di azuki il cui profumo stuzzicò la golosità di un altro commensale a quella tavola.


« Potresti chiedergliene un pezzetto, no? Solo un bel morso carico di marmellata! »
Ridacchiò tra sé. Va bene, dopo vedo di farmene dare un boccone. Sei proprio goloso di azuki eh?
« Lo dicevo per te, mica per me. Io sono superiore a queste cose. »
Aahahah, come no!

La cosa pazzesca era che quell’essere attratto immancabilmente dai fagioli rossi della Volpe, si rifletteva anche su di lui, tanto che, alla fin fine, il poter assaggiare il taiyaki di Takumi divenne anche un suo desiderio. Ma quello sarebbe stato solo il piatto finale di quella colazione, andava preservato e gustato alla fine, assieme a quel bellissimo melonpan che aveva tutta l’aria d’essere delizioso! Però le sorprese non erano finite. Proprio quando pensava che Tanaka-san stesse per alzarsi e accomiatarsi, Yu lo vide posare sul basso tavolinetto ormai stracolmo di roba, una piastra, passando poi a Takumi due capesante di prim’ordine come omaggio della casa. “Omaggio”. Due capesante come quelle! Yu passò basito lo sguardo dalle capesante, a Takumi che le reggeva, all’uomo che posò sul tavolino burro, wasabi e zenzero, assieme alla salsa di soia, prima di lasciarli soli. Non credeva ai suoi occhi…non gli sembrava un mondo reale quello dove due molluschi meravigliosi come quelli venivano letteralmente regalati! Tant’è che quando il castano ripetè nuovamente, e con più convinzione di prima, che Tanaka-san era davvero una brava persona, Yu non potè che essere d’accordo.

Non ho parole. Riuscì a dire, osservando la figura dell’ometto allontanarsi nella sala. Nel frattempo, Takumi si adoperò subito per cuocere le capesante sulla piastra. Lo sfrigolio della polpa che si cucinava bastava per mettere più appetito di quanto il Rosso non avesse già. E quando il loro profumo prese a spargersi, nulla riuscì a trattenere il brontolio della sua pancia. Ma non gli andava di iniziare a mangiare altro, prima che il più grande avesse finito di cucinare i pettini di mare, quindi si impose di resistere, anche se gli occhi spesso e volentieri cadevano sulla piastra maneggiata dal compagno. Aaaah, sembrano buonissime! Tanaka-san sembra essere davvero una persona a modo, gentile soprattutto. Credo che siano ben pochi i locali dove farebbero un omaggio del genere! A prescindere dal fatto che lui ti tratti coi guanti o meno, insomma. Che poi, se non ricordava male, Takumi gli aveva detto che aveva conosciuto quel posto dopo aver passato una notte di passione con la figlia del proprietario, senza nascondere che fosse stata fine a sé stessa. Anzi, a proposito di questo, dimostra di essere proprio un gran Signore: conosco posti dove chi ha mollato la figlia del proprietario, non ha più potuto mettere piede!

 
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view post Posted on 6/10/2019, 11:00     +1   -1
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Era impossibile non ridacchiare di gusto alla prima reazione del suo ospite alle sue parole. Quel piccolo broncio che s'era andato a pennellare sui lineamenti del suo viso era semplicemente adorabile, oltre che chiara conferma di un colpo andato a segno. Non era difficile leggere fra le righe, dopotutto. Non per lui, che si dilettava da sempre a stuzzicare le persone con qualsiasi arma a sua disposizione per il semplice gusto di cogliere sfumature d'emozioni diverse, marcate. E solitamente era l'imbarazzo quello che l'espressione generalmente immusonita tendeva a nascondere, specialmente se a quest'ultima non veniva ad aggiungersi una forte componente di veemente fisicità con conseguente innalzamento del tono vocale. Era un peccato non poter godere di un minimo di colore sulle gote del compagno, ma andava assolutamente bene così. Era per questo che gli piaceva, quel piccolo tentatore dai capelli rossi. Era un osso duro! Ma se questo non riuscì a sorprendere il castano, a farlo furono le seguenti parole. Aveva sentito bene? Aveva appena affermato di aver dormito 'benissimo' fra le sue braccia? Davvero? Per un attimo il significato stesso di quella frase si perse nell'incredulità, nella convinta accettazione di una burla.. eppure quell'atteggiamento orgoglioso col quale aveva accompagnato la sua dichiarazione e il successivo rincaro della dose non fecero altro che far crollare la sua maschera d'impassibilità accompagnata dal sorriso irriverente di chi il mondo lo prende in giro. Sorrise, sorpreso e nel pieno del disagio, e abbassò lo sguardo, nemmeno volesse celare agli occhi del suo interlocutore quello sprazzo di naturalezza. O forse era per non permettere a quella vampata di calore improvvisa, accompagnata da una strana sensazione allo stomaco, anomala, di far notare sul suo volto i segni di un'emozione piuttosto evidente. In cuor suo sperava che non se ne accorgesse. Doveva cambiare discorso, spezzare quel breve momento di silenzio imbarazzato con qualcosa di accattivante che distogliesse l'attenzione del Kyōmei dal suo improvviso stato d'animo, e fu allora che gli venne in soccorso Tanaka-san. In tutti i sensi. Ben presto infatti, non prima di averne speso qualche parola, fece nuovamente la sua comparsa in scena per servire le pietanze ordinate, con un piccolo omaggio per i due ospiti del ryokan. Ah. Lo conosceva bene, non c'era alcun dubbio.

L'incredulità del rosso era musica per le sue orecchie. L'abbondanza sul loro tavolo e l'attenzione per ogni minimo dettaglio in quel luogo metteva sicuramente buon umore, così come le presentazioni semplici e perfette di ogni singolo ingrediente posizionato sui piatti serviti. Le capesante erano gonfie e traslucide e il loro odore mentre sfrigolavano sulla piastra permeava l'ambiente circostante, stuzzicando piacevolmente le loro narici.
Credimi, lo sono. Si vede dal loro colore che sono freschissime. affermò in risposta alla prima esclamazione di Yūzora, afferrandole delicatamente sui bordi con una coppia di hashi per voltarle sul piano incandescente e farle cuocere dal lato apposto. E no, nessuno lo farebbe. Ma Tanaka-san.. sai.. e prese una generosa dose di burro dal piattino sul quale l'uomo l'aveva servito, per irrorare le due capesante e insaporirle durante la cottura. ..è sempre stato così con me, da che ne ho memoria. proseguì un po' pensieroso, togliendo quindi i due molluschi ormai pronti dal fuoco per porli nei rispettivi piatti da portata e versarci sopra un pizzico di salsa di soia. Avrebbero fatto gola anche a un nauseato. Glie ne porse una al compagno, con un sorriso orgoglioso pennellato sulle labbra. Probabilmente ho portato tante di quelle persone in questo posto da averlo reso famoso e questo è il suo modo di sdebitarsi. ridacchiò sfrontato, con quel pizzico di disillusione che sempre lo contraddistingueva. Era chiaro che non credesse minimamente alla semplice magnanimità della gente. Dopotutto era cresciuto in un ambiente in cui aveva dovuto lottare con le unghie e con i denti per avere qualcosa e tenersela stretta, senza considerare che ogni azione era perpetrata per avere qualcosa indietro. Giocattoli, protezione, informazioni. E poi perché mai Tanaka-san avrebbe dovuto trattarlo come lo trattava, se non per questo? Probabilmente era per questo che ai gesti espansivi dell'uomo non contraccambiava, se non con un sorriso e l'affabilità di chi sa come giocarsi bene il famoso coltello dalla parte del manico. Anche se era strano. Aveva adulato sua figlia maggiore, Atsuko, e l'aveva fatta sua per poi scaricarla come se non contasse nulla.. e invece di cacciarlo a pedate sembrava avesse dimenticato la faccenda, a differenza della figlia minore che non perdeva occasione per rimestare la minestra. Che altro motivo avrebbe potuto avere per essere così gentile con lui, se non per un mero tornaconto d'affari? Buon per noi, non trovi? concluse quindi con un sorrisetto che era tutto un dire, mormorando poi un 'itadakimasu' e cominciando dalla ciotola di riso, a cui aggiunse sia lo zenzero che il daikon oltre che l'immancabile punta di wasabi. Ogni movimento sembrava un cerimoniale, tanto era dannatamente perfetto ed elegante. Gesti morbidi e sapienti, come le pennellate di colore sulla tela. La capasanta avrebbe aspettato un momento, giusto il tempo di intiepidirsi e sciogliersi piacevolmente in bocca.

E mentre cacciava elegantemente il primo boccone fra le labbra, senza nemmeno rendersi conto si ritrovò a osservare l'altro commensale.
Sai, tempo fa ti ho visto all'esecuzione di quel tipo.. Kaizo.. Keizo.. non ricordo bene il suo nome. disse di punto in bianco, dopo aver ingoiato il boccone. Non seppe ben spiegarsi perché quell'episodio fosse tornato a galla in un momento così tranquillo, ma la curiosità di sapere era troppo per ingoiare il rospo e non intavolare la discussione. Ma non si profuse nel chiedere cosa ci faceva in quel posto infelice o del perché quel ghiacciolo formato damerino che era Fuyu No Yuki avesse affidato proprio a lui il compito di eseguire la sentenza. Non voleva calcare la mano e non voleva rovinare quel momento di pace. Sarebbe stato il rosso a decidere se continuarla o cambiare discorso.

 
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Lo sfrigolio delle capesante accompagnò quell’inizio di conversazione che, tuttavia pareva non schiodarsi più di tanto dal “Tanaka-san è proprio una brava persona”. Infatti, nonostante Yu avesse cercato di buttare una pietra e far capire a Takumi che fosse davvero molto singolare la maniera confidenziale ed estremamente gentile con cui il padrone del ryokan si relazionava con lui, il castano non si sbottonò più di tanto. Concentrato nella cottura dei molluschi, per lo più diede ragione al Rosso aggiungendo qualche dettaglio mentre imburrava i pettini sulla piastra. Sembrava che non ci avesse mai pensato granchè o che, quanto meno, non vi avesse mai dato troppo peso, perché si impensierì proprio mentre cercava di dare una risposta a Yu…risposta che, molto facilmente, nemmeno lui aveva con certezza. Forse era proprio per quel motivo che non contraccambiava con lo stesso calore i gesti espansivi di Tanaka-san: non sapeva davvero da cosa questi derivassero. Accampò qualche spiegazione, lì per lì, tuttavia non riuscì a persuadere il più piccolo fino in fondo. Infatti il giovane si espresse in una smorfia poco convinta, un “sarà…ma ci credo poco” grande come una casa che, tuttavia, non avrebbe mai trovato reale soluzione. Se lo stesso Takumi non sapeva le motivazioni della gentilezza del padrone di casa, di certo lui, che lo aveva appena “conosciuto” non avrebbe potuto fare ipotesi serie di alcun tipo. L’unica cosa che potevano fare entrambi era approfittare della sua cortesia e godersi quella colazione con tutte le coccole che il servizio offerto dal ryokan poteva permettere.
Anche se a Yu restò un po’ l’amaro in bocca per la sua curiosità non sfamata - e magari anche per quelle tante persone di cui aveva accennato l’amico - la vista delle capesante belle che pronte, riuscì a tirarlo su di morale in un attimo. Erano spettacolari! Con quel filo di salsa di soia che il castano ci aveva versato sopra, avevano un aspetto proprio appetitoso! Se non fosse stato che fumavano come dei camini in inverno, il Rosso non avrebbe atteso due secondi di più per afferrare la propria e darci un bel morso, ma ci teneva alla sua lingua. Avrebbe aspettato un po’. Afferrò quindi il piattino porto da Takumi, per posarlo tra una ciotolina e l’altra nella sua parte del tavolo, per lasciare che si intiepidisse un poco prima di gustarsela con tutti i dovuti onori.


Itadakimasu!

Rispose entusiasta al compagno, iniziando a spiluccare il pesce grigliato, senza però mangiarlo, staccando semplicemente dei piccoli bocconcini dalle lische con cui dopo avrebbe condito il riso bianco assieme al daikon. Non propriamente elegantissima come cosa, ma a lui il riso piaceva così. Al contrario suo, Takumi era decisamente più fine e misurato nell’approcciarsi al cibo…e non solo perché sbocconcellava le cose come un usignolo, ma proprio per i movimenti che faceva, simili a un cerimoniale, proprio come aveva fatto quando aveva indossato il kimono che ora portava. Yu non sarebbe mai riuscito ad imitarlo, ma nemmeno voleva. Compiute da lui quelle movenze sarebbero sembrate probabilmente ridicole: non era proprio fatto per certe cose. Poteva solo ammirarle negli altri. C’erano persone che avevano una certa raffinatezza nel sangue, Takumi, Fuyu…anche il Mizukage in un certo senso, ma lui no. Lui era come sua madre, selvatico. E andava bene così. Dicevano che l’imitazione fosse il primo metodo d’apprendimento, ma c’erano cose che o le avevi o non le avevi. E quella era una di queste.

« Ma a te non serve nulla del genere. Sei perfetto come sei! »
Rise tra sé. Cosa fai adesso? Parli come Takumi?
« Chi ti dice che non l’abbia pensato prima di lui? E comunque, anche se fosse, amaramente ammetterei che almeno su questo siamo d’accordo. » Impettito, Kurama non avrebbe mai ammesso di avere qualche visione comune con LinguaLunga, tant’è che non tardò ad aggiungere le sue conclusioni. « Ma dato che non è così, non c’è alcun problema. D’altronde se fossi stato un damerino tutto impettito e perfettino non saresti entrato nelle mie grazie. »
Oh-ooh allora sono proprio fortunato ad essere come sono, eh?
« Puoi scommetterci, ragazzo. »

Fu ancora mentre Yu spiluccava la polpa dalla lisca del pesce che Takumi intervenne con una frase che lasciò per qualche istante il Rosso sorpreso…forse perplesso. Le bacchette con cui stava lavorando si bloccarono e gli occhi verdi del giovane si alzarono su quelli del compagno più grande. Non sapeva che quel giorno lui fosse lì. Non l’aveva proprio visto e non ne aveva neanche sentito l’odore…ma forse era normale con tutta quella gente che c’era. Significava che Takumi l’aveva visto compiere la sentenza di Endo Keizo e che anche lui era stato coinvolto in quella faccenda, perché altrimenti non sarebbe stato presente a quell’esecuzione. Non lo sapeva e non capiva nemmeno perché stesse tirando fuori quel discorso proprio adesso che era passata un’eternità. Se era curioso avrebbe potuto chiederlo anche prima, no? In fin dei conti era normale che si facesse due domande: si erano appena conosciuti e per quanto ne sapesse il castano, Yu era un genin…piuttosto strano che un soldato semplice si trovasse in mezzo a quella gente e venisse incaricato dal Capo Anbu in persona di eseguire la sentenza di propria mano. In un certo senso capiva le domande nascoste tra le righe di quelle parole, anche se il castano non le aveva poste in maniera diretta, lasciandogli la possibilità di argomentare o meno. Baka, poteva chiedere e basta.

Quindi anche tu sei stato coinvolto in quella ricerca a tappeto… Esordì, senza porre domande, facendo più che altro una constatazione basata sui fatti, e dando già la prima informazione all’amico, prima di ricominciare a togliere la carne del pesce dalle ossa, sistematicamente. In realtà non avrei dovuto esserci solo io, erano stati invitati anche i miei compagni di squadra, ma non sono venuti, quindi posso immaginare ti sia sembrato strano. Però…te lo ricordi, no? Ti ho accennato al fatto che avrei dovuto affrontare una missione difficile che metteva in gioco le vite dei miei migliori amici e che poteva valere la salvezza di mio fratello, dovrei avertene parlato un po’ sia quel giorno sul promontorio che sulla nave di rientro da Fukagizu. Finito di spiluccare parte del pesce, Yu aggiunse la polpa al riso e vi mise anche qualche pezzo di daikon, prima di iniziare a mangiare. Prese un boccone, in attesa di vedere se Takumi stesse ricordando le occasioni in cui già aveva accennato a quella cosa e se avesse già messo assieme i pezzi di quel puzzle di cui ormai aveva ogni singolo tassello tra le mani. Mio fratello era uno di quei ragazzini. Rivelò alla fine, senza aggiungere altro. Non ce n’era bisogno. Qualsiasi altra spiegazione sarebbe venuta da sé…in un domino di ragionamenti che avrebbero portato il castano a rispondere alle domande che cercava, senza che Yu rivelasse più di quanto serviva. Diversamente dai quesiti del Rosso che potevano essere riassunti in un unico e solo interrogativo che non tardò a farsi sentire. Come mai questo discorso proprio ora?

 
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view post Posted on 18/10/2019, 20:43     +1   -1
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Non sapeva davvero spiegarsi il perché quel dannato pensiero, così distante concettualmente dalla piacevole serenità che stavano condividendo in quel momento, aveva attraversato la sua mente. Era come se l'impulso di trovare una risposta concreta a ciò che allora aveva inaspettatamente fatto tremare le fondamenta della sua anima avesse in qualche modo visto nel volto sereno del ragazzino la soluzione all'enigma, e senza chiedere alcun permesso avesse deciso di prendere la palla al balzo. O forse era la mera curiosità, o l'inconscio bisogno di comprendere e far comprendere al suo ospite quanto a fondo avesse scavato nella sua corazza d'indifferenza e prese per i fondelli. Non lo sapeva. E risolse il tutto auto convincendosi di aver fatto solo un'ammissione, per mera conversazione. Si. Eppure qualcosa bruciava ancora, come delle braci non del tutto spente che ardono nella speranza di essere ravvivate da un soffio di vento.
Il quesito implicito alla semplice confessione che aveva appena fatto a cuor leggero era facilmente leggibile fra le righe e quasi si pentì di aver dato fiato alla bocca, osservando Yūzora arrestare repentinamente quel metodico movimento delle bacchette sul pesce mezzo spiluccato e successivamente sollevare lo sguardo per piantare i suoi occhi su di lui. Aveva un'aria senz'altro stupita, ma perplessa al contempo. Era palese che non si aspettasse minimamente quella domanda da parte sua, così come era chiaro come il sole che rievocare quei ricordi non doveva essere felice nemmeno per lui. Che baka che era.

Fece cenno col capo per confermare la prima constatazione partorita in risposta dal rosso, che nel frattempo era tornato a lavorare sul pesce grigliato. Come dimenticare quel misero fallimento dell'ultimo secondo, che tra l'altro era stato anche rinfacciato senza alcun ritegno proprio da Fuyu No Yuki quel giorno? Seguendo l'esempio del compagno tornò sulla ciotola di riso e immerse le bacchette per tirare su un ulteriore boccone, che accompagnò alle labbra distogliendo lo sguardo smeraldino dal suo interlocutore. E fu allora che tutti i fili presero il giusto posto nell'intreccio, confermando sospetti e aggiungendo dettagli di cui non aveva fatto caso. Ricordava perfettamente il giorno in cui si conobbero e la strana domanda che il Kyōmei aveva posto circa il fare da caposquadra e il non poter assolutamente contemplare un fallimento. E ricordava gli avesse accennato qualcosa anche sulla nave, prima di cedere alla stanchezza. Adesso tutto aveva un senso. Entrambi erano stati mandati nella ricerca dei responsabili di quelle sparizioni non per semplice caso, ma per poter ritrovare suo fratello. Lo stesso ragazzino che sul ponte della nave aveva dato loro una coperta e che l'aveva tirato fuori da un'impasse autodistruttiva ai tempi dell'orfanotrofio. Adesso capiva, ed era chiaro intuire che l'esecuzione di quella sentenza spettasse a lui più di chiunque altro.
E fu mentre tutti i pezzi andavano ad incastrarsi perfettamente per comporre e completare il puzzle che giunse la domanda fatidica: perché aveva tirato fuori quell'argomento in un momento così? Era una gran bella domanda, che lo costrinse a paralizzarsi su posto, con le bacchette piene di riso, daikon e zenzero a mezz'aria sopra la ciotola. Io.. prese col dire un po' incerto, quasi stesse cercando di rispondere a un quesito non chiaro con qualcosa di difficile comprensione persino per lui.
..non saprei.. eluse, portando l'ennesimo boccone alle labbra e masticare con un'espressione corrucciata, nemmeno stesse raschiando il fondo di un pensiero scomodo. E scomodo lo era, perché ripescare le sensazioni d'allora lo faceva sentire a disagio, senza alcun nesso. O forse il nesso c'era ma faticava ad ammetterlo. Ingoiò. Quando ti ho visto li volevo avvicinarmi, farmi vedere.. ma poi ti ho visto discutere con lo Yuki e ho preferito stare in disparte. cominciò quella sua confessione, sentendo il bisogno di liberarsi da quel peso, di dire ad alta voce quello che pensava per non lasciare che lo logorasse come un veleno. Quando poi hai eseguito la sentenza eri.. perfetto. Talmente tanto che avrei potuto prendere un pennello e rappresentare ogni attimo di quell'epilogo. sbuffò una mezza risata, quasi con una punta di imbarazzo e di scherno per se stesso. Che cosa stava dicendo? Qual'era il punto di quella questione? Perché ci stava girando attorno?

Dopo qualche secondo di silenzio, spezzato soltanto da quell'evasivo tentativo di sdrammatizzare il tutto, dovette piantare il suo sguardo smeraldino su quello del compagno e confessare tutto, come in uno specchio.
Allora avrei voluto che i tuoi occhi si posassero su di me, e non su di lui. l'aveva detto. Si era liberato di quel peso. Ma s'apprestò ad aggiungere dell'altro, dopo aver poggiato la ciotola con ancora del riso all'interno per poter versare del buon té verde sia nella sua coppetta che in quella del rosso; un gesto di cortesia. Avrei voluto prenderlo a pugni per averti trattenuto lontano da me.. mugugnò, buttando giù tutto d'un sorso il contenuto della coppetta.

Se ci ripenso mi salgono i nervi..

 
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