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Periferia di Namisiu, Nord di Yuki no Kuni La punta del pennino scivolava con eleganza sulla pergamena bianca, sporcandola con segni d’inchiostro che però avevano una universale interpretazione riconosciuta. Pantegana stava compilando diligentemente l’ennesimo rapporto dettagliato riguardante il recupero di una certa persona da una situazione a dir poco particolare. Una incredibile coincidenza che valeva la pena essere trascritta e comunicata. Il guanto imbottito stringeva l’utensile goffamente, eppure il tratto era impeccabile, segno di un rigore al proprio lavoro fuori dal normale anche in condizioni complicate e avverse. Avvolto completamente da capo a piede, l’uomo si trovava nell’arco di un’intera giornata a chiedersi almeno una volta come fosse finito in un posto così frigido proprio lui che il freddo lo pativa così tanto. Nella sua abitazione c’erano ben più di venti gradi. Ed in quell’esatto momento, mentre il polso scorreva preciso sulla tela, Pantegana stava pensando ad una dei suoi ospiti, la vittima dell’aggressione da parte dell’Averla che riposava nella stanza a fianco e che gli era stata consegnata poco più di un giorno prima. Una ragazza particolare. Estremamente alta, almeno dal suo punto di vista, e quasi troppo magra. Eppure di una bellezza misteriosa, non quella che ti rapisce all’istante e ti conquista in un minuto, ma che ti riscalda pian piano l’anima. Pelle pallida come latte e lunghi capelli neri come la pece. Era arrivata impaurita e ancora turbata dall’accaduto. Pantegana era riuscito ad avere con lei una misera conversazione consistente in un solo paio di scambi di battute. Aveva deciso di accantonare la faccenda e lasciarle appunto recuperare le energie e il proprio equilibrio interno in santa pace. Da quel momento la tranquillità della sua base era stata scombussolata da più di un evento anomalo. Aveva ricevuto una rapida risposta dal Monastero del Sole, cosa abbastanza rara, che lo informava che un piccolo gruppo di persone si stava dirigendo proprio da lui e ne spiegava in maniera concisa il motivo. C’era poi l’altra persona arrivata da qualche ora, che anch’essa recuperava le forze e si rimetteva in sesto nei piani alti della struttura e di cui stava scrivendo al momento per informare il Monastero. Ma di quella questione se ne sarebbe parlato più tardi. Da un momento all'altro, il suo rifugio si era trasformato in un bed and breakfast. Dall’interno dell’abitazione arrivò prepotente una folata di piacevola aria calda che, al pari di quella sbuffata dai tombini, si trasformò all’istante in vapore. Il minuscolo uomo si prese qualche secondo per osservare bene la scena che gli si era presentata davanti. I suoi occhi, celati dalle lenti oscurate, si soffermarono sui presenti: era pressoché ciò che si aspettava di trovare fuori dal suo rifugio. Fece un paio di passi indietro ed allargò l’uscio cosicchè gli ospiti potessero entrare. Era molto basso, lo si sarebbe potuto scambiare senza problemi per un bambino, ed era avvolto da uno spesso giaccone imbottito troppo grosso per lui, con tanto di cappuccio tirato sulla testa, che ne nascondeva ogni forma. “Il mio nome è Pantegana, come già saprete, e no, non è il mio vero nome. Benvenuti a Namisiu, o per meglio dire, nella sua periferia. Prego, accomodatevi pure.” Il timbro della voce era estremamente basso e roco, un sorprendente contrasto con la figura mingherlina. Un piccolo guanto sbucava dalla manica ed indicava un tavolo al centro della stanza fornito di sedie. Nell’aria aleggiavano una dolce fragranza di resina e di legna bruciata, anche se era evidente che il grosso del calore non arrivava dal caminetto nell’angolo ma da alcuni radiatori posizionati qua e là Una punta d’inchiostro ed un leggero ma gustoso residuo di carne stufata andavano a chiudere in maniera armonica la sinfonia di aromi. L’interno dell’abitazione era quasi nella totalità in legno, c’erano tappeti ed una luce calda. Sembrava una baita. L’omino diede agli altri il tempo di ambientarsi ed accomodarsi. Sui fornelli scintillava in bella vista il metallo di un pentolone, probabilmente tra le prime cose che il padrone di casa avrebbe poi offerto ai visitatori se mai avessero voluto consumare un pasto. “Immagino abbiate diverse domande e vogliate incontrare subito la donna oggetto del vostro interesse, ma mi permetto di chiedere di pazientare. Sono certo che l’altro mio ospite abbia la priorità. Ho informato il Monastero appena saputa la notizia, ma temo di non aver fatto in tempo a farla arrivare anche a voi. Con permesso, vado a chiamarlo.” Attese il benestare dei suoi interlocutori, quindi si allontanò imboccando le scale che portavano al piano superiore. Dopo qualche minuto, tornò preceduto da una figura familiare. |