Narrato | «Parlato» | "Pensato" |
L'attesa fu snervante, non quanto per la sua durata temporale, quanto emotiva. Per tutta la durata del rinfresco, Kacchan era rimasto in disparte, preda dei suoi pensieri, nessuno che riguardasse lui in prima persona, quanto gli altri che gli stavano intorno, e quasi ringraziò i Kami quando vide arrivare l'Anbu che li avrebbe scortati verso la loro prossima meta.
Non aveva granché voglia di interagire coi presenti, specie con le sue compagne, così continuò a seguire la carovana di delegazioni, lasciandosi trascinare senza troppi fastidi dalla corrente. Ed osservava. Natsuko camminava sicura e spensierata, continuando ad intrattenersi con più persone le fosse possibile. Tipico suo, voler saggiare il terreno in quel modo, mostrandosi "accondiscendente" nella maniera più particolare a seconda di chi aveva dall'altra parte. Astuta come una volpe, lei, e fatale come una vedova nera.... O una mantide religiosa, almeno stando alla comune passione di entrambe di metterla a quel posto al compagno che si sceglievano. E stando al numero di “quote azzurre”, la Hyuga aveva solo l’imbarazzo della scelta.
”E tu fai già parte del suo harem di vittime sacrificali...” Pensò rassegnato, scrollando le spalle e volgendo lo sguardo verso l’altra sua compagna, Chiyo. Era incredibile quella ragazza, e non perché riuscisse a mangiare spuntini e snack del più alto livello salutare nelle più disparate delle sitazioni, ma per il suo modo di affrontare le cose: sempre col sorriso sulle labbra, non si scoraggiava mai, non demordeva mai, sempre pronta a trovare il barlume di speranza nella più oscura e disperata delle situazioni. Un inguaribile ottimista, insomma.
E lui, invece? Il disfattista, nonché masochista, che in tutto questo non si stava minimamente preoccupando di se stesso, del fatto che in combattimento facesse schifo, a patto di avere le spalle coperte, che senza il supporto di qualcuno a dargli copertura, poteva fare ben poco. Non si stava crucciando di quali pericoli avrebbero potuto minacciarlo o metterlo alla prova, tuttaltro. Per tutto il tempo non aveva fatto altro che preoccuparsi per loro due, per quelle due ragazze, domandandosi se ce l’avrebbero fatta a superare le prove che avrebbero di li a breve affrontato.
”Non puoi proteggerci per sempre...” Quante volte le ragazze gliel’avevano ripetuto? Ormai aveva perso il conto... Era troppo apprensivo e protettivo nei loro riguardi. Ed erano solo amiche: se, un giorno, fosse mai diventato padre, sarebbe stato altrettanto apprensivo? Tanto da farsi adirittura odiare dai propri figli, perché così opprimente nel volerli proteggere, da non lasciarli vivere?
Rabbrividì, inorridito da quella sua visione del futuro. Doveva assolutamente cambiare atteggiamento, o avrebbe finito per fare la fine di... suo cugino? Perché diaavolo doveva pensare a lui in un momento come questo? Forse per via dell’odio viscerale che provava nei suoi riguardi? Chissà come deve essere, vivere sapendo che c’è qualcuno che ti odia così tanto da volerti... Che so, far cadere un pianofrote a coda in testa, mentre esci dall’ospedale, facendolo precipitare dal sesto piano?
Immaginare mille e uno modi per accoppare il cugino lo aiutò a distendere i nervi, spingendolo così a volgere lo sguardo ben oltre le sue compagne, ma verso gli altri ragazzi che avrebbero preso parte al torneo, ognuno appartenente ad una propria delegazione. Kumo era quella più numerosa, quell’anno, e sembrava ce ne fossero anche alcune di stati minori, alcuni dei quali Kacchan aveva a mala pena sentito nominare.
Il suo sguardo, però, si soffermò su una delegazione in particolare, quella capitanata dal famoso Hayate Kobayashi, Mizukage e membro dei famigerati Sette Spadaccini della Nebbia. Eppure i suoi occhi cobalto non si fermarono su quella figura tanto importante, quanto su una molto più esile, molto meno impattante. Una ragazza dai lunghi capelli neri, camminava seguendo la delegazione del suo villaggio, accompagnando ogni suo passo con l’aiuto di un bastone, quasi facesse difficoltà a camminare bene. E fu proprio il suo modo di zoppicare a rapire l’attenzione dello Yamanaka.
Il modo in cui le spalle oscillavano, ad ogni passo, la maniera in cui le gambe caricavano il peso e la schiena si inclinava... C’era qualcosa di strano, nel modo in cui si trascinava, e questo aveva subito acceso il piccolo medico che c’era in lui, domandandosi quale trauma avesse subito, per zoppicare a quel modo, eppure... Forse avrebbe dovuto farsi gli affari suoi, molto probabilmente, ma fu più forte di lui, voleva sapere, così da potersi togliere quel tarlo di dubbio.
Incuriosito, quindi, accorciò la distanza che li separava, avvicinandosi e continuando ad osservarla. E più la osservava e più si convinceva che qualcosa non quadrava. Come poteva qualcuno, con un handicap simile, riuscire a gestire quello che li aspettava? Non che avesse qualcosa contro gli storpi o i menomati... A quel punto avrebbe dovuto avere da ridire anche sulla partecipazione di Natsuko, dato che rischiava di diventare cieca, ma....
Maledicendosi per esser ritornato con i propri pensieri su quel maledetto sentiero, prese un profondo respiro e si avvicinò ulteriormente alla ragazza, procedendo spedito senza pensarci ulteriormente troppo su.
« Quanto è recente la tua ferita?» Le domandò, mantenendosi alle sue spalle, dandosi del deficiente. Bravo Kacchan, ottimo modo per attaccar bottone con qualcuno. Sei un vero mostro nelle relazioni sociali, complimenti. Meglio rimediare in qualche modo, pensò, o rischiava di fare una figura peggiore di quanto non stesse già facendo.
Scrollò quindi le spalle con un gesto vagamente non curante, sospirando via l’imbarazzo per quel primo approccio.
”Santa Inari, a frequentare Naoko sia fuori che dentro l’ospedale, sto iniziando a relazionarmi con le persone proprio come lei....” « Sai com'è, ti ho vista zoppicare e, per farlo a quel modo, deve essere una cosa relativamente recente... Trauma al ginocchio, forse una dislocazione del menisco? Oppure una frattura alla tibia? Con un infortunio del genere, deve esser difficile riuscire a stare al passo, specie considerando le prove che dovremo affrontare in un evento del genere....» Aggiunse quindi immediatamente, quasi a voler giustificare quella sua uscita così poco invadente. È evidente l’imbarazzo sul volto della ragazze che, trovatasi in una situazione che non si aspettava, sorrise imbarazzata, facendo sfoggio di due splendidi occhi azzurri.
«Non sembra molto saggio spifferare il punto da colpire per causare il Massimo del danno, non trovi?» Rispose al ragazzo con un’ulteriore domanda, lasciandolo per un attimo basito, senza sapere bene come risponderle. Che avesse completamente cannato? Impossibile. Se c’era una cosa di cui poteva esser certo, della sua persona, era delle sue conoscenze e intuizioni in ambito medico che, più di una volta, si erano dimostrate affidabili. E poi, considerando quanto detto dalla kiriana, quello di Kacchan era più un dare voce all’ovvio: avesse o meno detto quel che aveva detto, chiunque con un minimo di spirito d’osservazione l’avrebbe potuta vedere zoppicare, vedere da che lato portava il bastone, e da li capire il punto più debole dove colpire, quindi non c’era da sentirsi granché in colpa.
Continuando la camminata, le si affianca, alzando comunque le mani davanti a se, imbarazzato.
« Non me ne volere eh... Non è per farmi gli affari tuoi, sia ben chiaro.... È che sono un medico, quindi nel vederti zoppicare in quel modo mi ha dato da pensare...» Un sospiro gli sfuggì dalle labbra, abbassando lo sguardo e infilandosi le mani in tasca, in cerca del suo kit. Una volta tirato fuori, con un mezzo sorrisetto sornione, Kacchan iniziò a prepararsi una sigaretta, mettendo nella cartina la giusta quantità di tabacco turco, per poi, mantenendo in equilibrio cartina, filtro e contenuto in una mano, riporre il kit nella tasca. Il tutto, però, continuando a parlare con disivoltura. Ormai la stava prendendo come causa personale, il fatto di volerla smascherare.... Sarebbe però stato comico scoprire di aver preso un abbaglio, facendo la figura del cretino, ma ehi! Prendi la vita così come viene. E la sua impulsività nell’aprire bocca lo stava praticamente indirizzando in quella direzione del
“Oh, ehi! Ho fatto una cazzata! Facciamone un’altra per rimediare. Tanto, che vuoi che sia...”« Potresti rimanere stupito nello scoprire quanto si può fare con una sola gamba.» Pronuncia la ragazza, sorridendo. Non aveva alcuna intenzione di dargliela vinta, ma non si sarebbe arreso, peccato che la domanda che la ragazza gli fece, così a bruciapelo, per un attimo gli fece dimenticare quel di cui stava discutendo.
« Tu, invece? Cosa ti porta a competere per la promozione alla tua età? » Eh, bella domanda, ma cosa poteva rispondere? Che aveva evitato di prendervi parte, perché distrutto per la morte di suo padre? Perché non aveva alcun interesse nel volersi mettere alla prova? Non che adesso le cose fosse cambiate.... Se non fosse stato per i suoi studi, non avrebbe tentato la strada per la promozione, di questo ne era certo. E poi, doveva ammetterlo, lo doveva all’Hokage, per avergli dato nuova fiducia dopo il macello che aveva combinato.
Si limitò, quindi, a scrollare le spalle.
« Oh, beh, meglio tardi che mai, no?Diciamo che ho procrastinato finchè ho potuto... E no, non funzionerà a farmi distogliere dall’argomento di cui stavamo parlando.» Pronunciò, infilandosi la sigaretta in bocca, facendo gesto di volerla accendere, le dita già pronte a voler far scattare la pietra focaia dell’accendino, ma corrucciando leggermente la fronte si trattenne, rimanendo con l’accendino stretto nel palmo della mano. Si poteva anche poter fingere di zoppicare, ma il fumo poteva dar fastidio a tutti, perciò voleva evitare di imporle il suo fumo passivo. Non sembrava giusto e corretto nei suoi confronti, così rimase con la sigaretta spenta, serrata tra le labbra, continuando il suo discorso, e quindi mettendo in luce i dubbi sulla sua disabilità.
« Sai, in base a come il corpo si inclina e si adatta al proprio peso, si può dedurre quale disturbo strutturale abbia. E, nel tuo caso, le possibilità sono due: o il tuo trauma è talmente recente che il tuo organismo non sa ancora bene come comportarsi per il riposizionamento del baricentro, e quindi ribilanciare il peso, oppure stai fingendo di zoppicare, per una tua qualche strategia personale...» Rimase quindi ad osservarla, gli occhi cobalto fissi nei suoi, cercando di cogliere qualunque segno potesse tradire il suo stato. Ed eccolo, finalmente! Quel guizzo nello sguardo, quella leggera contrazione nel corpo. La ragazza aveva capito di esser stata scoperta, ma per quanto si stesse ostinando, Kacchan si rese conto che non l’avrebbe mai e poi mai annunciato apertamente, ne tanto meno a lui.
Si ritrovò così a sogghignare amareggiato, volgendo lo sguardo perso davanti a se, in direzione di una ragazza più avanti, e chi poteva mai essere? Natsuko, ovvio.
« Non ho alcuna intenzione di giudicarti, per questo, ne tanto meno metterti i bastoni tra le ruote. Ognuno è libero di approcciarsi nel miglior modo che crede. Non saresti la prima né l'ultima a fingersi più debole del dovuto, per ottenere un qualche vantaggio. Per sopravvivere in questo mondo di merda, devi per forza diventare una piccola volpina astuta, altrimenti a fare il coniglio si finisce sbranati. » Alla fine, esasperato per il suo puntualmente ritornare con la mente a Natsuko, si accese la sigaretta, rivolgendo uno sguardo perplesso alla ragazza, nel caso il fumo speziato dal vago sentore di cioccolato e caffe tostato le desse fastidio. E dire che si era tanto premurato, prima, di non intossicarla col suo fumo passivo... Gran bell’ipocrita, che era...
Decise quindi di spegnerla immediatamente, riponendo il mozzicone nella tasca posteriore dei suoi pantaloni, per poi sfregandosi con forza le mani sul tessuto che fasciavano le cosce, quasi temesse di poterla contaminare con quel suo brutto vizio che aveva preso.
« Comunque sia, piacere di conoscerti, volpina. Il coniglio qui presente si chiama Kacchan. » Si presentò, tendendole la mano.
La ragazza, dal canto suo, lo scrutò come se volesse incenerirlo lì su due piedi, per quello che le aveva detto, ma qualcosa la spinse a ricambiare quella stretta, probabilmente semplice buona educazione.
« Sumiye. » Si presentò, confusa, rendendo ancora più imbarazzato lo Yamanaka che, lasciata la presa di quella mano delicata, le sorrise impacciato.
« Bhe, Sumiye... Ci becchiamo dopo in arena... »[ ... ]
«Mocca alla luce di Amaterasu... Certo che non si sono risparmiati proprio....» Alibito, Kacchan non poté fare a meno di restare a bocca aperta, davanti all’incredibile maestosa magnificienza di quel grandioso stadio, con le sue sculture marmoree e i suoi innumerevoli drappi scarlatti. Dovevano proprio tenerci, li ad Iwa, di fare la loro porca figura, pensò, ma era più che logico che fosse così: da sempre i tornei di quel tipo servivano alle nazioni ospitanti di far sfoggio della propria potenza davanti agli altri ospiti/rivali, quasi a voler lasciare intendere
” Ehi, pezzenti, guardate cosa siamo in grado di fare, quindi occhio a non farci incazzare”. Bhe, almeno per ora, sul piano economico-sociale avevano stravinto, bisognava vedere se sarebbe stato altrettanto sul piano bellico.
Ogni delegazione venne fatta sfilare all’interno di una vasta arena, il cui candore quasi accecava, ma probabilmente sarebbe durato poco, con tuttoil sangue che sarebbe stato versato lì dentro... Degludendo, Kacchan scacciò dalla sua mente visioni di macabri massacri, concentrandosi sull’unica differenza cromatica presente nella vasta costante di bianco calcareo e rosso purpureo: al centro, sopra un’alta piattaforma, vi erano stati sistemati gli scranni su cui avrebbero posato le regali chiappe le più alte cariche del mondo ninja allora conosciuto, ognuno con un drappo di tessuto colorato a seconda della nazione di appartenenza. E li, sullo scranno più alto, più visibile rispetto agli altri, vi era adagiata con leggiadra femminilità la padrona di casa.
Chyie Koizumi era davvero la bellezza di cui tanto si andava vociferando, e quel suo sguardo, la piega delle labbra, lasciavano ben trasparire il suo fascino da femme fatale.... Proprio come una sua certa conoscenza. Chissà, magari Natsuko avrebbe imparato qualcosa di nuovo, studiando quella sua “sorella maggiore” nell’arte della seduzione...
”Merda, non di nuovo!”« Benvenuti, cari shinobi e spettatori provenienti da ogni parte del continente conosciuto. E' un onore per me ospitarvi in questa struttura, che accoglierà lo spettacolo del ben noto Torneo Chunin.» La sua voce giunse chiara e distinta, abbastanza forte da essere chiaramente percepita, nonostante il brusio della folla, e il tutto senza nemmeno una fonte artificiale di amplificazione, segno che l’acustica di quel posto era stata studiata ad arte, fin nel minimo dettaglio.
”Se la voce di quella donna ci giunge così chiara, figuriamoci come le arriveranno le nostre urla di dolore, mentre ci massacreremo a vicenda....!” Pensò macabramente, ma doveva smetterla. Non era la fottuta Kiri, quella che dicevano essere la patria per antonomasia di assassini e massacratori, era Iwa, per la miseria....
”E per adesso si sono dimostrati essere solo dei bravi arredatori e architetti.” Ma questa constatazione era meglio tenerla per se, anche perché era convinto avrebbe trovato la disapprovazione della magnificiente Chiye... Chissà perché se la immaginava come una temibile dominatrice...
”Te sei malato di mente Kacchan.... Pensarla in una veste sado-maso in un momento come questo.... Porco Jashin, cosa non darei per fumarmi una sigaretta... Sto andando fuori di cervello, e non abbiamo ancora iniziato....”« Vedo il fuoco nel vostro sguardo, la brama di sapere e di buttarvi subito nella mischia....» Tossì, strozzandosi con la sua stessa saliva, preferendo abbassare lo sguardo sui propri piedi, iniziando a giocherellare con la punta dello stivale con la brecciolina chiara per terra. Quella frase non aveva alcun riferimento a quello che stava pensando in quel momento... Proprio per niente...
”No cara, in questo momento è davvero l’ultimo dei miei pensieri, mi spiace....” Una mano venne posata sulla sua spalla, facendolo leggermente sobbalzare: gli occhi cobalto si spalancarono, sorpresi, nel vedersi davanti la maschera di un Anbu di Iwa.
”Cazzo, si è accorto che stavo facendo pensieri a sfondo sessuale sul suo kage, ora mi ammazza....” Niente a che vedere con tutto questo, per sua fortuna. L’uomo, in religioso silenzio, si limitò semplicemente a direzionarlo verso un lato dell’arena, e solo allora si accorse, distratto com’era fino a quel momento, che anche altri venivano spostati e direzionati, dividendo così tutti i partecipanti in due grossi gruppi.
La realtà di ciò che stava succedendo lo riportò immediatamente con i piedi per terra, facendogli capire che non era più il momento di cazzeggiare, che doveva seriamente preoccuparsi di salvare il culo, a se e alle sue compagne... Ok, cambio di programma: le sue due compagne stavano venendo scortate da un altro Anbu verso l’altro gruppo, lontano dal suo... Lontano dalla sua ala protettrice.
Con lo sguardo preoccupato, osservò da sopra la spalla le due ragazze che, quasi captando e condividendo quella sua preoccupazione, gli volsero lo sguardo... O meglio, l’unica a farlo fu Chiyo che, in tutta risposta, gli fece un occhiolino e alzò il pollice in alto, scandendo in silenzio un in bocca al lupo che non si sentiva di meritare.
Bene, non si sarebbe dovuto preoccupare della salvaguardia delle due, giusto? GIUSTO? Forse non era un bene, questa separazione... Temeva che, non avendole a portata d’occhio, avrebbe potuto andare in escandescenza, immaginandosi i peggio scenari possibili...
”Cazzo Kacchan, ma vuoi pensare a te stesso, per una volta? Loro se la caveranno, sono in grado di farcela.... Pensa a te piuttosto, che sei una schiappa cosmica. Devi trovare un modo per non diventare carne trita già dal primo scontro...”Rigido per l’agitazione, leggermente pallido in viso, si massaggiò il petto, osservando con occhi spiritati i componenti del suo macro gruppo mentre, inesorabile, l’altra mano andava a picchiettare sulla tasca sinistra dei suoi pantaloni, dove conteneva il kit per prepararsi le sigarette. Insieme a lui c’era la ragazza di Kiri con cui aveva scambiato qualche parola, insieme ad un suo connazionale. Quattro ninja di Kumo, uno di Suna e due ninja provenienti da Paesei Minori. C’era anche un ninja di Konoha, Reiki Uchiha, con cui non aveva avuto granché modo di relazionare e... Un singolo ninja di Iwa. Una donna, e sicuramente molto più grande di lui.
”E Natsuko che si stava preoccupando di essere la più anziana del torneo...” Imprecando a denti stretti, si diede un forte strattone dietro la nuca, tirandosi i capelli.
”E falla finita, cazzo.”« Ho bisogno che formiate tre squadre da quatto elementi, per gruppo. Decidete con attenzione. Uno shinobi che si rispetti deve saper valutare bene in un arco di tempo ristretto, quindi.. avete solo cinque minuti.» Ed ecco sganciata la bomba. Immediata iniziò la casciara, tra i due gruppi, un gran vociare, nel cercare di capire come comportarsi in quella situazione.... Kacchan, invece? Rimase impietrito al suo posto, cercando di rielaborare quanto appena pronunciato dalla Tsuchikage: lavoro in team. Non in solitaria.
”Daje cazzo! Grazie Sette Divinità della Fortuna, grazie! Giuro che non imprecherò più per tutta la giornata!” Aveva una gran voglia di saltare in aria per la contentezza, gonfiandosi come un palloncino pieno di elio, tanto era il sollievo che provava in quel momento. Si limitò, però, a manifestare solo un bieco sorriso, chinando così il capo e recuperando il suo kit. Si, ora poteva proprio concedersi una sigaretta.
Con calma, iniziò a prepararsi la sigaretta, senza perdere però di vista le persone presenti intorno a lui. Dopo aver incrociato lo sguardo di Sumiye, si chinò, piegato sulle ginocchia, iniziando a scrivere col dito sulla polvere dell’arena, iniziando a stilare una prima lista di possibili abbinamenti. Si accese quindi la sigaretta, iniziando così a studiare alcune linee di congiunzione tracciate tra diversi piccoli gruppi, borbottando tra se.
«Essendo quello di Kumo il gruppo più numeroso, tra noi, di per certo si dividerano in due coppie, puntando a creare le migliori combinazioni possibili. Si dice siano gente molto orgogliosa, quindi di per certo punteranno a voler far sfoggio della propria potenza, quindi probabilmente tenderanno a voler primeggiare nel loro gruppo. Di conseguenza abbiamo due gruppi su tre già con una “coppia leader”, cosa che potrebbe esser problematica per la realizzazione di una collaborazione in team, specie considerando che veniamo tutti da culture e formazioni diverse.» Non gli importava, a dirla tutta, se qualcuno lo stesse seguendo nel suo ragionamento o meno. Aveva bisogno di rielaborare le idee per conto suo, ecco perché parlava tra se e se, a bassa voce. L’avrebbero potuto sentire solo se si fossero avvicinati a lui, e quindi poter vedere quello che stava scrivendo col dito per terra, continuando a fumare imperterrito.
«Konoha e Kiri, invece, dispongono di due ninja ciascuno, ed è più probabile che tenderanno a creare coppia, ma hanno due linee di pensiero diammetralmente opposto, non so se potrebbero fare facilmente lavoro di squadra....» Perplesso, assaporando la sigaretta, mentre tutto intorno a lui si propagava la nube di fumo speziato, col suo vago aroma di caffè tostato e cioccolato, continuava a tracciare possibili combinazioni, nessuna delle quali, però, lo convinceva appieno, anche perché, non conoscendo le abilità combattive dei singoli, si stava limitando esclusivamente ad elaborare una correlazione sul piano psicologico, almeno stando all’ideale profilo psico-sociale fatto di stereotipi e pregiudizi che si tramandavano tra i ninja di ciascuna nazione: ovvero che a Kiri erano tutti spietati e sanguinari, o che a Kumo fossero tutti degli scimmioni esaltati, o che Konoha e Suna fossero amiconi iperglicemici, e chi più ne ha più ne metta.
Sospirando, alzò lo sguardo sui presenti, osservandoli uno per uno per diversi secondi, per poi concludere, candidamente, soffiando fuori una nuvola di fumo che, per un momento, gli offuscò i lineamenti.
«Sapete che vi dico? Sbattetevi le corna tra di voi. Io, sinceramente, non mi sento di poter dire voglio fare squadra con te, te e te.» Così dicendo puntò il dito a caso verso i presenti, soffermandosi però su Sumiye.
«Non conosco nessuno di voi, sia dal piano caratteriale che dal piano fisico, e di per certo nessuno di voi, penso, si metterebbe a dire che caratteristiche ha, col rischio di fornire dettagli preziosi al team avversario. Almeno per quel che ne possiamo sapere adesso, potremmo essere tutti rivali, o tutti alleati. Troppe poche informazioni a nostra disposizione. Quindi, a meno che non vogliate già creare delle coppie, perché vi conoscete e sapete il vostro rispettivo potenziale, proporrei di terminere la formazione dei gruppi in maniera casuale. Poi, ovviamente, se la cosa non vi sta bene, nessun problema. Di mio, mi adatto facilmente a qualunque situazione.» E, così concludendo, strofinò la punta della sigaretta per terra, spegnendola, rimanendo piegato per terra. Lui si era fatto avanti, gettando l’esca. Ora doveva solo vedere come avrebbero reagito i pesci tutti intorno a lui.