Jouri 場裏 - Anello Esterno

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view post Posted on 16/10/2018, 16:11
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Evento


VII Torneo Chunin








Tsuchi no Kuni, 3 Giugno 249 DN


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Fulgida, di un bianco da bruciare quasi gli occhi, l'immensa arena attendeva di vincere il loro sguardo al termine della lunga strada pavimentata che iniziava dalla muraglia. Chi aveva avuto il privilegio di essere stato invitato nel Paese della Terra per quella occasione l'avrebbe vista sorgere all'orizzonte, un'alba ad ovest in pieno giorno, il riverbero tanto forte da far dubitare dello stato di natura.
A mano a mano che gli stivali avanzavano sul pavimento bianco della strada, che gli occhi prendevano confidenza con quella visione, l'aura di luce lasciava il passo a fattezze che, anche da grande distanza, potevano essere distinte. Incassato tra due massicci rocciosi, come la punta di un osso che sporge scomposta tra due lembi di carne, lo stadio era un connubio straordinario di brutalità e precisione architettonica. La mano esperta del Clan della Calce si ritrovava in ogni riflesso, capace di combinare antichità e modernità, dimensione e dettaglio, funzionalità e magnificenza... timore e trepidazione. Un monumento alla lotta, allo scontro e alla gloria, le arcate delle porte ampie quanto un passo di montagna, i cornicioni tanto alti da scacciare ogni nuvola, i drappi cremisi come tendini ancora attaccati, come rivoli di sangue, lunghi fino a sfiorare la steppa che, in oscuro presagio o in tributo, parve inesorabilmente tingersi di un rosso sempre più intenso. Finché non arrivarono, finché attorno a loro non vi fu che pietra immacolata.
Superato il breve iato d'ombra offerto dall'arco d'ingresso, ricevuto un breve rinfresco, i convenuti si sarebbero trovati al centro di un grande crocevia, lo spazio vasto abbastanza da poter essere chiamato piazza. Al centro lo zampillare di una fontana, ai lati quattro imponenti pilastri sormontati di bracieri ancora non necessari, e voltando lo sguardo, ovunque, clamore. L'evento aveva attratto curiosi da ogni angolo del Paese, forse anche oltre, il loro giubilo reso ancor più festoso e selvaggio dai conflitti sopportati negli ultimi anni... e con essi, inevitabilmente, esultava chi era lì per fare una fortuna. Botteghe e luoghi di intrattenimento sorgevano già lì nella piazza, proseguendo per l'anello esterno e per il cammino centrale quasi senza soluzione di continuità. Ma per quanto potessero animare l'atmosfera, per quanto la folla radunatasi per il loro arrivo potesse confondere i sensi del visitatore, il sentore che avevano percepito fin dal momento in cui avevano visto comparire l'arena si sarebbe, inevitabilmente, imposto. L'immensità dello spazio generava echi distanti e solenni, cui l'orecchio tornava infallibilmente, e pur gremite le strade non perdevano distanza e formalità. Tutto gli avrebbe ricordato al cospetto di chi erano, e perché vi erano, con una forza che aveva quasi del sacro.
Con questa consapevolezza avrebbero seguito la lunghezza dei tre percorsi che si dipanavano dalla piazza. A destra e a sinistra due corridoi, si sarebbe detto in circostanze normali, ma le arcate del soffitto erano talmente lontane, le fughe da cui entravano vento e luce talmente ampie, che al singolo uomo sarebbero apparse piuttosto come arterie di città. In basso una pavimentazione simile a quella del cammino che avevano seguito per giungere fin lì, in alto l'ondeggiare lento dei vessilli di Iwa e Tsuchi, e ad intervalli regolari uno svincolo di minor ampiezza per proseguire verso gli anelli centrali e, naturalmente, il cuore dell'edificio.
Ogni passaggio infatti, fosse esso maggiore o minore, cardo o decumano, vi tendeva inesorabilmente. Prendendo la via centrale, dritta rispetto alle porte, i convocati si sarebbero visti sfilare affianco le grandi arcate delle strade interne, ciascuna unita alla via da una piazza, ma presto avrebbero visto opporsi un cancello sorvegliato. Oltre, la vita mondana cessava bruscamente, sostituita da un cammino freddo e solenne, destinato unicamente agli spettatori invitati. Era qui, in questa porzione più interna, che si trovavano gli ambienti riservati a ciascuno di loro. Li avrebbero trovati percorrendo i passaggi laterali, sfuggendo, anche se solo brevemente, alla luce che filtrava dal capo opposto rispetto all'ingresso. Costante, opportunamente canalizzata perché ferisse lo sguardo, rammentava ai candidati quale fosse il loro obiettivo, la loro destinazione ultima: l'arena.

GdR-OFF || Benvenuti ufficialmente al VII Torneo Chunin, ospitato per la prima volta nella storia del nostro GdR dall'austera Tsuchi No Kuni! Di seguito sono tenuti a postare tutti coloro che hanno deciso di prendere parte all'evento (quindi sia i partecipanti iscritti ai giochi, sia i loro sovrani, sia gli spettatori che vorranno sfruttare l'occasione con la Libera Extra a disposizione). Al vostro arrivo verrete scortati dagli ANBU di Iwa sino all'arena di cui sopra, dove si terrà il torneo. Verrete smistati al prossimo giro nelle vostre 'aree'. Giocatevi l'arrivo e la traversata verso il luogo descritto, e tenetevi pronti. Fermatevi tutti all'ingresso dell'arena, ovviamente.

Per maggiori informazioni sulle regole base da seguire, vi invitiamo a visionare il topic delle Specifiche Evento. [X]
||



Edited by ¬BloodyRose. - 16/10/2018, 17:12
 
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GdrOff// Continua da [Studio dell'Hokage] //GdrOn

Immaginare la vecchia Kyoko Yamanaka inseguire suo cugino fino ad Iwa avrebbe dovuto divertirlo eppure l'imbarazzo del momento gli impedì di godere di quel pensiero. Sua zia era la classica donna di una volta, di quelle che elargivano consigli e dispensavano saggezza per via di detti antichi e come tutte le donne della sua età metteva sopra ogni cosa l'educazione e il rispetto per le tradizioni. Il dono che Hachi ricevette da parte sua doveva essere senza dubbio un pensiero di premura, un manifestare la sua vicinanza al nipote e quindi allo stato interessante dell'Hokage, un argomento assai delicato e che al solo pensarci il jonin arrossì. Faticando a riconoscersi in una situazione tanto semplice finì per chiedersi come avrebbe fatto a superare eventi più importanti come i festeggiamenti della nascita, era già nel panico al solo pensiero di dover organizzare la cerimonia del Oschichiya - evento in cui oltre a festeggiare la nascita si da' il nome alla nuovo arrivato e che dire poi della cerimonia dell'Omiyamairi - la prima visita al tempio - o peggio ancora, del loro futuro matrimonio. Volando con la fantasia in quei pochi secondi alle prese con Kacchan vide tra i regali il corredo matrimoniale, il vestito da sposa, il ricevimento, i loro figli fare da paggetti e mille altri dettagli che rischiarono di mandarlo nel pallone.
Poi gli sovvenne che non aveva ancora fatto la proposta di matrimonio e controllare l'agitazione si fece più difficile, non aveva idea di che reazione avrebbe avuto Akane, specie considerando che non avrebbe avuto un padre ad accompagnarla all'altare.


"Molto gentile da parte tua, della zia voglio dire.. grazie si ecco. Ti senti pronto per la competizione?"

Affrettando i ringraziamenti per l'evidente disagio di entrambi cambiò subito argomento e muovendosi verso i carri che li avrebbero accompagnati fino a Tsuchi no Kuni ritrovò finalmente il suo equilibrio emotivo.
Hikarikage nel mentre li anticipò tutti e sfrecciandogli di fianco con addosso il suo enorme zaino si affrettò nel salire a bordo. Preso posto tirò fuori una scacchiera, un gioco di strategia che ricordava molto gli shoji ma con delle varianti piuttosto singolari, dettagli che durante il biondino non avrebbe mancato di spiegare ai compagni di viaggio.


"Davvero non ci avete ancora giocato? Si chiama Gyūki, la base della scacchiera si può modificare in base al numero dei giocatori, da due fino ad un massimo di otto, in questo modo guardate.."

L'idea di quel gioco era nata dopo che sua madre gli aveva raccontato cosa le era successo a Fukagizu dopo essere stata assorbita nel Gedo, dell'incontro con l'Hachibi e della strana prova cui il demone li aveva sottoposti.
Un po' per suo interesse e un po' per sdrammatizzare al ragazzino venne l'idea di crearci sopra un gioco di strategia basato su una scacchiera simile a quella vissuta da sua madre e gli shinobi che erano con lei, si giocava tramite pedine in legno e la strategia era affiancata da fattori casuali. Partito il progetto Hikari si occupò di seguirne gli sviluppi e di testarli, il più difficile fu inserire nella base un sistema di sigilli che collegava i giocatori e il loro chakra: di nuova uscita e con pezzi sofisticati il prezzo di Gyūki era ancora alto ed era normale che non fosse ancora molto conosciuto. Fiducioso sul suo successo il genin sfruttava ogni occasione possibile per pubblicizzare la sua creatura e con quel viaggio di certo non avrebbe perso l'occasione di mostrarlo ai mercati di Iwa.


"Se volete provare tutti siamo in sei, quindi una base esagonale andrà bene. L'obiettivo è raggiungere la zona franca, ovvero il centro dove c'è la biglia, e di farlo con il maggior numero di pedine. Per iniziare la partita basta imprimere sulla sfera un piccolo quantitativo del vostro chakra e posizionare a turno le pedine sulla prima riga. "

Andando avanti con la spiegazione delle regole esibì diversi dei suoi migliori sorrisi, il suo entusiasmo era sempre contagioso e chissà che non avrebbe aiutato a distendere i nervi di Natsuko e degli altri aspiranti chunin.
Tra tutti Reiki fu il più titubante del gruppo e scegliendo di limitarsi ad osservare lasciò agli altri che a turno iniziarono a muovere le pedine e se all'iniziò furono preoccupati di veder volare i pezzi a causa degli scossoni dovuti alla velocità di viaggio, presto scoprirono che i pezzi restavano ben saldi sulla scacchiera grazie a delle calamite. Alla fine del primo giro poi finalmente poterono osservare l' "effetto Gyūki": staccandosi dal suo incavo in legno la biglia posta al centro si sollevò a mezz'aria e girando su se stessa iniziò ad illuminarsi, emettendo un ronzio sempre più acuto alla fine fece partire una minuscola scarica elettrica che andò a rompere una delle pedine di Kacchan.



* * * *


Aveva lunghi capelli corvini e occhi di ghiaccio la jonin seduta di al cocchiere. Sotto lo sguardo vigile di Nahoko Hyuga i cavalli trainavano il primo carro con una buona andatura, a meno di imprevisti e soste fuori programma sarebbero arrivati a destinazione nel giro di cinque o sei ore. Quei mezzi erano stati costruiti e ristrutturati di recente dai maestri del mokuton, fatti di legno Senju di prima qualità erano stati successivamente lavorati e dipinti. Bilanciato il tetto ricordava i templi che era possibile visitare nel Fuoco e lo stesso si poteva dire dei colori utilizzati: rosso e verde a predominare, oro per i dettagli e lanterne ai quattro angoli che oscillando durante le curve curve e le prime salite cigolavano lievemente.
Sicuri di essere in ottime mano all'interno di Akane Uchiha ne approfittò per riposarsi, le gambe distese su morbidi cuscini e la testa poggiata sul petto del suo amato il quale avrebbe fatto bene a non intavolare "quel" discorso.


"Possiamo riparlarne dopo che sarà nata? Mi sembra prematuro, tutto la, so che per te è importante ma.."

Ed ecco quale fu la reazione di lei all'argomento matrimonio, non un si timido, non un no arrabbiato nè altre alternative che il medico aveva immaginato, Akane svirgolò agilmente dal discorso senza dare una vera risposta - lo fece forse stanchezza , forse il periodo per il periodo particolare che stava vivendo - quale che fosse la ragione quella reazione portò Hachi a ridere istericamente delle sue stesse preoccupazioni.

"Perchè ridi adesso? "

"Niente niente, davvero.. pensa solo a riposare, ti aspettano lunghe giornate."

Al che l'espressione di lei si fece ancora più confusa e imbronciata ma come accadeva spesso nell'ultimo periodo si vide assecondata ed egoisticamente si lasciò andare: cullata dall'ondeggiare della carrozza rimase concentrata sul battito della piccola che portava in grembo e si addormentò tra le braccia del suo uomo.


* * * *


Capirono di essere arrivati nel Paese della Terra quando le vibrazioni si fecero più frequenti e gli scossoni più intensi, la carovana viaggiava su ruote e nonostante i sentieri battuti, il terreno impervio si odiare mentre salivano su per le montagne che portavano a Iwa. La loro destinazione ultima tuttavia non sarebbe stato il villaggio della Roccia, lo scoprirono solo una volta arrivati dinnanzi a quell'immensa muraglia di calce eretta dai maestri dello Yoton.

Se da un lato i viaggiatori furono costretti ad abbandonare la comodità delle loro cabine, i cavalli ebbero il piacere di riposare e liberatisi del loro peso venendo accompagnati dal cocchiere in un'area apposita, una stazione dove avrebbe potuto farli rifocillare.
Mangiati gli ultimi cracker allo zenzero il Sandaime fu grata di non aver avuto nausea durante il tragitto e indossati i sandali comodi che aveva portato per l'occasione, si preparò psicologicamente a ciò che l'attendeva.


"Da qui proseguiremo a piedi."Abbassando il tono poi prese in parte Hikari per una raccomandazione che inevitabilmente gli avrebbe fatto alzare lo sguardo al cielo. "..tu signorino non allontanarti a causa di quel gioco, ti ho promesso che faremo il giro ma ogni cosa a suo tempo. Ricorda che siamo pur sempre stranieri in casa d'altri". Effettivamente presentarsi con lo scopo di vendere non era un bel biglietto da visita e conoscendo l'esuberanza del figlio preferì mettere subito in chiaro le cose.

Superata l'ampia arcata presto scoprirono di essere giunti nei pressi di un vero e proprio monumento, le strade erano talmente ampie da poter accogliere agilmente tutti i visitatori e al contempo le mura spesse e quei drappi appesi davano l'idea di sicurezza e di una certa robustezza; tutto era stato preparato a regola d'arte per quel torneo, Chiye non si era certo risparmiata - dovette riconoscerlo - tuttavia non avrebbe perso l'occasione di farle notare che era la prima sovrana ad aver organizzato l'evento fuori dalle mura del proprio villaggio. Le motivazioni potevano essere molteplici ma se aveva imparato a conoscerla come credeva, la risposta era soltanto una: era una sovrana cauta e al contempo furba, previdente e terribilmente conservatrice. A tal proposito fu sufficiente uno scambio di sguardi tra l'Hokage e i suoi due accompagnatori per trasmettere la necessità di memorizzare quelle strade e tracciare una sorta di mappa, anche se venivano in pace e si respirava aria di festeggiamenti infatti la mente di uno shinobi restava tale: in caso di necessità avrebbero avuto bisogno di sapere come muoversi in un luogo del genere.


"Qualcosa da bere?"

Il rinfresco fu cosa gradita dopo il viaggio e nonostante non avesse fatto altro che mangiare, Akane aveva ancora un certo languorino. Nell'offerta di Hachi vi lesse del giudizio per le sue forme e superandolo in silenzio preferì servirsi da sola, perchè limitarsi a bere del succo se c'erano così tanti stuzzichini dall'aspetto delizioso? Presi diversi assaggi cercò di darsi un contegno e aspettando che qualcuno li guidasse rimasero nei pressi della fontana al centro dello spiazzo.

Presto la delegazione di Konoha venne raggiunta da un anbu della Roccia che si offrì di guidarli fino all'arena e a man a mano che si avvicinavano al fulcro dell'evento l'ansia nel cuore dei genin si fece più intensa, più viva.


"Sei shilenzioso da quando shiamo partiti, qualcosa non va?"

Parlare con la bocca piena era uno dei suoi peggiori vizi, uno che gli aveva passato Gamatatsu, con in mano uno spiedino di dango il figlio dell'Hokage cercò di capire cosa preoccupava Reiki, quello che in base alle regole del torneo poteva essere il suo compagno di squadra. Non sapeva quasi nulla di lui e durante il viaggio non era riuscito a inquadrarlo, sentiva il bisogno di entrare in sintonia con lui, seppur con la sua innocenza e spensieratezza Hikari desiderava aiutarlo.

GdrOff// Continua in [Jouri 場裏 - Arena/Loggia]//GdrOn



Edited by ~Angy. - 11/11/2018, 09:12
 
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Legenda codici
Narrato
«Parlato»
"Pensato"
Kacchan
#00ffff
Chiyo Akimichi
(team)
khaki
Natsuko Fueguchi-Hyuga
(team)
#ddadaf
Matsuda Nara
(Sensei team)
#918151


Zh1Evc3a partenza da Konoha procedette senza alcun intoppo: il gruppo diretto ad Iwa si divise così su due carrozze, una in cui si sistemò l’Hokage e la sua ristretta cerchia di collaboratori e/o guardie del corpo e l’altra, un po’ più grande, per permettere una comoda sistemazione per i sei ragazzi che avrebbero partecipato al grande evento. Dietro di loro, altri carri e corriere erano stati preparati, per permettere ai civili e altri ninja, di poter seguire l’evento direttamente ad Iwa, intenzionati a respirarne l’aria elettrizzante carica di tensione.

Kacchan, seduto di fianco a Chiyo e di fronte a Natsuko, non smise di staccare gli occhi di dosso da quest’ultima: da quando erano saliti a bordo era rimasta in silenzio, lo sguardo spento fisso nel vuoto oltre il finestrino. Non aveva una gran bella cera, la giovane Hyuga, quasi come se non fosse riuscita a chiudere occhio, quella notte, e non si fosse riposata abbastanza. Una grave mancanza a cui bisognava rimediare, pensò il ragazzo, specie considerando le fatiche che avrebbero dovuto affrontare, se non direttamente quel giorno, quanto meno in quelli a venire.

Non sapendo bene come comportarsi, si allungò verso l’amica, sfiorandole appena il ginocchio, lasciato scoperto dai corti pantaloncini della sua succinta tenuta da combattimento color vinaccia. Nel sentirsi sfiorare, la ragazza si voltò di scatto, le braccia strette intorno al petto, lo sguardo che metteva a fuoco chi aveva osato disturbarla dai suoi pensieri, quasi a volerlo incenerire nell’aver osato tanto. «Ehm, non sembri avere una gran bella cera… Il viaggio verso Iwa è lungo, perché non ti riposi un poco?» Le propose Kacchan, imbarazzato. Quella freddezza da parte della Hyuga lo ferì nel profondo, specialmente quando lei, accigliandosi, rivolse nuovamente lo sguardo verso l’esterno, senza degnarlo di ulteriore attenzione. «Non serve che ti preoccupi tanto per me, ok?»

Sospirando, Kacchan abbassò lo sguardo, consapevole di aver fallito una partita persa in partenza: lei ce l’aveva ancora con lui per come l’aveva trattata e lui, d’altro canto, si sentiva impotente e messo da parte proprio dall’atteggiamento tanto orgoglioso della ragazza. Non riusciva proprio a capire: loro tre si confidavano tutto, perché Natsuko si ostinava a voler mantenere il riserbo con lui? Diamine, con tutto quello che avevano passato, pensava di esser molto di più che un semplice collega, anzi… Per quello che LEI faceva a lui, era convinto di poter dire di essere ben più che amici, loro due… Forse amanti?Non ne aveva la benché minima idea, specie perché Natsuko era un tipo fin troppo lascivo e lussurioso nei modi di approcciare, quindi poteva anche aver facilmente frainteso tutto quanto, magari lui era solo uno dei tanti della sua lista di giocattoli con cui si divertiva…

In quel momento bramava una sigaretta, così, con lo sguardo ancora basso e il cervello in confusione, iniziò a prepararsi una prima sigaretta, poi una seconda, quasi a voler ritrovare la calma nel semplice gesto di rollarle e prepararle. Cartina, filtro, tabacco e rollata. Cartina, filtro, tabacco e rollata. ”Amici, amanti, giocattolo o niente? Amici, amanti, giocattolo o niente?” Preso com’era nel cercare di trovare un senso a tutti quegli anni trascorsi insieme, Kacchan quasi non prestò attenzione a chi gli stava intorno, ma poi Chiyo, che sia benedetta quella santa ragazza, gli tirò una gomitata nel fianco, strappandolo alle sue elucubrazioni amorose.

«Ehm, cosa?» Domandò, stralunato, osservando l’amica indicare Hikarikage che, tutto contento, tirava fuori una strana scacchiera, tutto preso ad elencare una lunga serie di precisazioni e regole su un gioco da lui inventato. «Volete giocare?» Domandò l’Akimichi, mordendo quella che aveva tutta l’aria di essere una carota. A quanto pareva il suo snack per quel viaggio consisteva in un sacchetto di carote già pelate e tagliate a bastoncini. « Nha, non ne ho granché voglia….» Fece Kacchan, triste e sconsolato, con un sospiro mesto e lo sguardo avvilito, atteggiamento che non passò inosservato alle sue due ragazze: il sorriso di Chiyo perse parte del suo solito bagliore, mentre Natsuko, stizzita, sorrise radiosa al più piccolo del gruppo, urtando di proposito il ginocchio di Kacchan e rischiando di fargli cadere tutte le sigarette preparate in quel momento. «Sono curiosa di provare questo tuo gioco, Hikari-ani.»

Prendendosi la testa tra le mani, Kacchan si afflosciò sul suo sedile, non sapendo se sbattere la testa per la frustrazione o se strapparsi i capelli. Ah già, aveva le sigarette, poteva pur sempre fumarne una, ma così avrebbe dato fastidio anche agli altri, e di certo lui non voleva imporre quel suo “calmante” anche agli altri. Riconobbe senza guardare la mano di Chiyo, che gli accarezzò, delicata ma decisa, la spalla sinistra, sfregandogliela leggermente. «Non so come fare Chiyo… Dico davvero…»

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A stento riconobbe la sua voce, per quanto era roca e carica di emozione. L’Akimichi si sporse verso di lui, poggiando la testa sulla sua (questo per via della differenza di stazza tra i due), così da potergli parlare senza che gli altri, Natsuko compresa, potesse sentirli. Non che ce ne fosse la necessità: Hikarikage era così preso dal suo gioco, che aveva, fortunatamente per loro, monopolizzato l’attenzione del gruppo. «Natsuko si è trasferita a casa mia, ieri pomeriggio.» Sorpreso, Kacchan avrebbe voluto poter guardare in faccia l’amica, ma in quella posizione era impossibilitato a fare granché, così si limitò ad irrigidirsi al suo posto, quasi intuendo il perché di una scelta del genere, da parte della Fueguchi-Hyuga. E Chiyo, quasi ad avergli letto nel pensiero, fece di si con la testa, continuando a stringere il braccio dell’amico. «Già, ha ricevuto una visita da suo nonno.»

«Figlio di puttana.» Perché c’era solo una cosa che ci si poteva aspettare, quando quell’uomo si presentava da sua nipote, dopo anni di assenza, e di certo non un allegra rimpatriata di famiglia. Essendo rimasta incinta al di fuori del matrimonio, e di più con un ninja straniero che aveva deciso di abbandonarla, la mamma di Natsuko era stata cacciata e diseredata dalla famiglia, bistrattata in ogni modo possibile dalle persone che le sarebbero dovute stare vicino. Ovviamente, la vita per quella donna non era stata facile, vuoi per le maldicenze e le calunnie nate sul suo conto, che per i disagi economici, crescere la figlia non era stato facile, e di certo il destino non era voluto esser clemente con loro. Come ciliegina sulla torta, di quella disastrata condizione familiare, la mamma di Natsuko si era gravemente ammalata quando lei aveva solo otto anni, per poi morire quando ne aveva raggiunti dodici, e Natsuko aveva ereditato debiti e maldicenze, spesso infarcite proprio da quello schifo di essere umano che era suo nonno e i suoi parenti. Quindi poteva benissimo immaginare cosa una sua visita potesse aver comportato, ai danni della povera Natsuko.

«Me ne ha parlato ieri, quando mi ha chiesto se poteva stare da me… Sai com’è quel verme di suo nonno, così tradizionalista, ferreo e rigido, con quelle sue stronzate del dovere e dell’onore di famiglia…» «Aspetta, provo ad indovinare… “Non osare infangare il buon nome della famiglia”, “Non presentarti mai più a Konoha se dovessi mai screditare l’onore del villaggio”, “Tutto il mondo ti guarda…”» «Ts… Fosse solo quello. Le ha proibito di usare il nome di famiglia. E in più le ha regalato un bel plico di fogli, in cui si attestava che non faceva più parte della famiglia, che veniva cancellata definitivamente dall’albero genealogico e, in più, l’avrebbero dovuta marchiare, perché a detta sua “era inammissibile che una come lei potesse metter a repentaglio il bene più prezioso in possesso del loro clan, e quindi impedirle di ammorbarlo con la sua condotta scellerata e inqualificabile, così come aveva fatto sua madre.”» Nel sentire una cosa del genere Kacchan scattò in piedi, desideroso di prendere quel vecchio bastardo e investirlo più e più volte con quella stessa carrozza, e magari legarlo per le caviglie ad un cavallo imbizzarrito, lasciandolo libero di correre a rotta di collo verso Iwa e anche oltre.

«Come può dire e fare una cosa del genere… Quel verme schifoso… Se lo trovo davanti, giuro che gli faccio rimpiangere di esser nato. Altro che i rituali jashinisti: faccio ritrovare il corpo sparpagliato in seimiladuecentocinque parti, una per ogni giorno di tormento inflitto a quella povera ragazza.» «Lascia perdere, da quel che ho capito, Natsuko non si è stata zitta e gliene ha cantate quattro. Per lo meno non si farà più marchiare, per inibire il suo Byakughan.» Sentenziò con una punta di sarcasmo Chiyo, ritirando giù Kacchan, per evitare che tirasse troppa attenzione su di se. «Aspetta… Come diavolo ha fatto a convincere il vecchio a non farsi marchiare?»

Il silenzio che ne seguì valse più di mille parole, cadendo su di loro come una cappa gelida, e furono le conoscenze mediche di Kacchan a dargli la risposta. «Il glaucoma… Ha peggiorato la sua vista così tanto?» Chiyo alzò le spalle, tirandosi su e rimanendo piegata, per evitare di colpire con la testa il tettuccio della carrozza. «Conosci Natsuko, sai quanto sia orgogliosa e testarda. E io conosco te, e la tua mania di volerci sempre aiutare, anche a costo di ledere la tua salute psico-fisica. Se non ti ha voluto dire nulla, non è perché non si fidi di te, tutt’altro. Non vuole gravarti dei suoi problemi, così come le toccò a lei con sua madre…»

Con un imprecazione, Kacchan diede le spalle alla ragazza, che raggiunse così il gruppo intento a giocare. Davvero non riusciva a capire perché quella ragazza si ostinasse così tanto a tagliarlo fuori.

[…]


L’aria lì fuori era fresca e frizzante, in netto contrasto col bruciore generato dal fumo di sigaretta. Ormai erano quasi giunti a destinazione, e Kacchan, non potendone più, si era issato fuori dalla carrozza e sistemato li sopra, sdraiato sul tettuccio, a contemplare il paesaggio e la calma che gli generava il fumare quella sigaretta numero…. Boh, ormai aveva perso il conto.

«Hai preso proprio un brutto vizio, lo sai?» Natsuko sbucò al suo fianco, tirandosi su esattamente come il ragazzo aveva fatto un’ora prima. Non l’aiutò in alcun modo, rimanendo impassibile, sdraiato con gli occhi rivolti verso il cielo. La sentì sdraiarsi al suo fianco, le braccia piegate dietro la schiena, ad ammirare il panorama. «Ho parlato con Chiyo, prima e… Lo sai come la penso.» «Eppure continuo a non capire. Perché non me ne hai parlato? Chissà magari…» «Magari cosa? Avresti tentato, come tuo solito, di dannarti l’anima per riuscire a trovare una soluzione a tutti i miei problemi?»

Punto sul vivo, il ragazzo rimase in silenzio, la sigaretta tra le labbra serrate, ma lei gliela tolse via, buttandola oltre il bordo del loro mezzo di locuzione. «E anche se fosse? Che male c'è?» Si voltò su un lato, così da averla di fronte rimase ad ammirare la curva della schiena, le gambe lunghe, le braccia dalla pelle chiara e morbida, il suo viso, nascosto in parte dai capelli corti, caduti in avanti perché in quel momento Natsuko aveva posato la fronte sul ginocchio piegato. «Ed è questo il problema. Io non voglio la tua commiserazione, ne quella di nessun altro...» «Commiserazione? Sul serio credi che sia per questo?»

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Accigliandosi, Kacchan le prese il viso tra le mani, cosicché potesse guardarla dritto negli occhi, in quei suoi meravigliosi occhi perlacei sfumati di rosa. «Sei una stupida se pensi che mi preoccupi di te solo per pietà. Lo sai benissimo, farei qualsiasi cosa per proteggere te e Chiyo. Diamine, siete un pezzo del mio cuore, come potrei sopportare di vedervi soffrire? Non posso restare con le mani in mano, senza far nulla...» «Ma devi anche renderti conto che non potrai mai proteggerci per sempre. Dobbiamo anche saper affrontare superare i problemi da soli. Non posso sempre fare affidamento su di te, non posso... E poi tu hai così tante cose a cui pensare.... Non mi sembrava giusto, ecco.»

Con gli occhi lucidi, la ragazza abbassò lo sguardo, senza però smuovere il viso, crogiolandosi del contatto pelle a pelle. Perché diamine non riuscivano ad aprirsi completamente, loro due? Tenendola li, vicino a se, KAcchan era tentato, tentato di dirle tutto, dei sentimenti che lo tormentavano e lo confondevano, delle sue paure e dei suoi sogni, ma quando la ragazza chiuse gli occhi, sospirando, le parole gli morirono in gola, riuscendo a stento a pronunciare il suo nome. «Mi spiace Kacchan, ma... Non posso. Non posso, perchè... Non voglio che tu viva quello che ho vissuto io con mia madre, nei suoi ultimi anni di vita. Non avrei la forza per sopportarlo.»

Quelle parole gli spezzarono completamente le gambe, bloccarono in una morsa gelida il cuore, serrarono le costole sui polmoni, impedendogli di respirare. Le mani scivolarono via dal suo viso, le braccia caddero inermi lungo i fianchi. Cercò la voce, ma l'orrore, anche solo di immaginare un futuro del genere, gli impedirono di proferire verbo alcuno, lasciandolo attonito, mentre sudori freddi iniziavano ad imperlargli la schiena. «N-natsuko.... Io....» La ragazza gli posò una mano sul petto, sorridendogli delicata, iniziando a massaggiargli lo sterno in circolo, quasi avesse percepito il gelo sprofondato nel suo cuore e volesse riscaldarglielo. «In te ho piena fiducia, non potrei mai non averne, lo sai... E comunque le cose si sistemeranno, ho tutto sotto controllo, quindi... Non preoccuparti di me, piuttosto pensa a come dovrai fare per affrontarci al torneo.» Lo agguantò per il mento e lo baciò delicata, sorridendo sorniona. La ragazza indugiò per qualche istante sulle sue labbra, mordicchiandogli quello inferiore, per poi staccarsi.

«Sarà divertente vederti gareggiare al torneo con un tale stato d'animo... Niente favoritismi, però... Solo perché sto per diventare mezza cieca, non vorrà dire che ci andrò leggera con te!» Un occhiolino, un ciao ciao con la mano, e Natsuko scivolò nuovamente in cabina, lasciando Kacchan lì fuori, immobile, lo sguardo fisso davanti a se, sulla carrozza che li precedeva, sulla strada che si dipanava davanti a loro e... sulla città bianca tra le montagne che si delineava all'orizzonte.

«No... Non voglio crederci... Brutta troia....» Che stupido che era stato. Non era sempre stato così, con Natsuko? Quella dannata volpe, che aveva fatto dell'inganno e del raggiro la sua più grande fonte di guadagno, l'aveva infinocchiato proprio per bene: fingere di essere arrabbiata con lui, stuzzicarlo, farsi vedere tanto indifesa in quel momento, per poi nuovamente punzecchiarlo... Era una tattica, una subdola strategia che aveva architettato per ottenere il miglior vantaggio possibile. Perché era noto che il Torneo Chunin fosse una competizione individuale, che metteva alla prova le capacità del singolo, e Natsuko aveva sfruttato la cosa a suo vantaggio. In questo modo Kacchan non solo sarebbe stato clemente nei suoi riguardi, ma l'avrebbe pure coperta le spalle, e probabilmente anche Chiyo era stata raggirata allo stesso modo.

«Quell'infame....» E che fosse dannato pure lui, che, molto probabilmente, farebbe esattamente quello che Natsuko gli chiederebbe.

[...]

Giunti a destinazione, Kacchan rimase folgorato dalla bellezza candida di Iwa, nonostante non fossero effettivamente dentro le sue mura. Si accese una sigaretta, cercando di mettersi il più lontano possibile dall'Hokage, ammirando i vicoli che si intrecciavano, le mura, la folla.... Cavolo, quanta gente si era ammassata li, per vederli combattere per una promozione...

Rabbuiandosi, sbuffò una voluta di fumo verso l'alto, studiando come i flussi d'aria catturassero la cortina e la facessero disperdere, dandogli l'impressione di scorgere delle figure, al suo interno. In testa aveva una confusione tale che, se gli avessero chiesto come si chiamasse, probabilmente avrebbe risposto con un "Emerito Somaro di sto gran cazzo". Di certo non il miglior mod mentale da avere, se si voleva affrontare una competizione del genere. E come avrebbe fatto, allora, a superarla?

«Viviamola come meglio viene...» Sospirò rassegnato, spegnendo il mozzicone di sigaretta sulla suola del suo stivale. Dopotutto, quello non era ormai diventato il modus operandi della sua esistenza?

Le mani infilate in tasca, si limitò ad osservare i presenti, intenti a rifocillarsi con un rinfresco. Quasi controvoglia spilluzzicò qualcosa, ma lo stomaco era ormai serrato in una morsa d'acciaio: a parte qualche sorso d'acqua, non sarebbe riuscito a mandare giù nient'altro. D'altro avviso erano invece Chiyo e Natsuko, che a differenza sua, sembravano perfettamente a loro agio li in mezzo. Chiyo ormai era diventata un tutt'uno con il tavolo del buffet, deliziata dalle lecornie locali, ma manteneva sempre ecomunque un atteggiamento composto e ben educato, intervallando una portata e l'altra con chiacchiere di cortesia con gli altri commensali.

Natsuko, invece? Ovviamente aveva iniziato a sondare il terreno, cercando di studiare i nuovi arrivati,
avvicinando ciascuno con il giusto approccio, con chi gentile, con chi spigliata e con chi... beh, quando iniziò a fare la civetta con un biondino allampanato,
Kacchan distolse lo sguardo, fissando il piatto ancora mezzo pieno che aveva in mano... "Che tristezza... Pensò, lasciando il piatto e facendo quattro passi, almeno fino a che non vide sopraggiungere un anbu di Iwa, così il suo gruppo venne richiamato, per essere così scortato verso l'Arena.
Ancora non avevano iniziato, e già non ne poteva più...Chissà per colpa di chi.
 
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view post Posted on 22/10/2018, 11:57
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Kirigakure no Sato, Viaggio verso Iwa, 249 DN


Come di consueto, Hayate aveva lasciato l'onere e l'onore di sostituirlo durante la sua permanenza nel villaggio della Roccia a Fuyuki. Si era sempre contraddistinto per la sua neutralità, non lasciandosi influenzare dalle varie vicissitudini nell'organigramma di Kiri. D'altronde, poi, le capacità di cui era dotato erano tali da renderlo l'unica persona in grado di poter organizzare il villaggio al meglio e affrontare le problematiche senza perderne il controllo. Dopo aver convocato gli aspiranti Chunin all'interno dello studio, l'Artefice incontrò gli Anbu che lo avrebbero accompagnato durante il viaggio; avrebbe fatto in modo di dividerli equamente, lasciando i più alti in grado a difendere la popolazione, mentre gli altri avrebbe racimolato un po' di esperienza, sia diplomatica, sia combattiva, durante l'evento. Non temeva per la propria incolumità; sebbene si fossero appena lasciati alle spalle una tragedia a dir poco immane, confidava ciecamente nelle proprie abilità e in quelle di quei genin che, da lì a poco, avrebbero messo in mostra cosa la prole di Kiri fosse in grado di fare. Certo, qualora si fosse palesata loro una difficoltà al di là della loro portata, non avrebbe esitato a brandire le Hiramekarei.

Il giorno seguente alla convocazione, l'adunata era stata stabilita alle porte del villaggio. Non ritardò, trovandosi lì esattamente all'orario riferito ai sottoposti. Era vestito come di consueto, tranne per il fatto che aveva fatto un po' più di attenzione per la capigliatura e l'aspetto in generale. Beh, avrebbe incontrato, nuovamente, le più alte cariche dei villaggi del mondo ninja. Non avrebbe mai potuto sfigurare rispetto agli altri. Aveva fatto allestire dei carri per portare i bagagli appartenenti ai sottoposti e a coloro che li avrebbero accompagnati, così da non affaticarli o porli in una situazione tale da renderli stanchi prima dell'inizio del Torneo.

- Possiamo partire.

Proferì, quando poté avvedersi della presenza di tutti coloro che erano stati chiamati. Il viaggio fu relativamente tranquillo, non dovette preoccuparsi di alcunché. Gli Anbu erano posizionati lungo i lati della carovana, nell'avanguardia e nella retroguardia, onde evitare qualsiasi problema o fastidio. Nel mentre, il Mizukage, esibiva sorrisi entusiasti a destra e a manca, per infondere positività in quei ragazzi che avrebbero dovuto affrontare, per la prima volta, un'esame del genere. Dopo Fukagizu avevano potuto assaporare un po' di pace, senza che nulla più potesse tediarli o incutere in loro timore. Ovvio, la piaga del Taisei e del Kyodan era ancora viva nella landa ninja, ma sarebbe bastato un po' di tempo prima di poterli scovare tutti.

...



Il sentiero iniziò a divenire ripido, rendendo più impervia la salita da parte dei carri. Sembrava essere la medesima montagna che lo accolse durante Masayume, ma era piuttosto differente. Non si era mai recato nel Villaggio della Roccia, quindi per lui era tutta una novità. Dovettero abbandonare, però, la propria carovana dato che sul percorso era stato eretto un muro di calce, probabilmente terra, per ragioni di sicurezza, presunse. Senza tergiversare ulteriormente, i cavalli vennero affidati al cocchiere che li portò con sé nella zona designata loro, per poi incamminarsi verso la meta prestabilita. Beh, che dire, uno spiazzale ampio li accolse con la propria maestosità. Chiye non aveva tralasciato alcun dettaglio; quel torneo sarebbe stato un modo per dimostrare agli altri villaggi il potere di Iwa. Comprensibile, dopotutto. Si compiacé nel ritrovare dinanzi a sé un banchetto di tutto rispetto, e l'intero gruppo si giovò dell'opportunità. Non che fossero affamati, ma quando una cosa è gratuita si suole approfittare.

Non dovettero attendere parecchio tempo prima di essere intercettati da quel che pareva essere un Anbu della Roccia; li invitò a seguirlo per giungere all'arena ove si sarebbe svolto il Torneo.

- E' il vostro momento.

Proferì Hayate, in direzione dei Genin che erano alle sue spalle.


 
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NightFlight
view post Posted on 22/10/2018, 16:18




Legenda:
parlato Reiki
pensato Reiki
parlato Hikari
parlato Miho


    Gyūki


Il viaggio verso Iwa proseguì senza intoppi. La preoccupazione non era bassissima, vista la dolce attesa dell'Hokage, ma non ci furono problemi. Viaggiò in una carrozza con i suoi stretti collaboratori... diversa da quella di Reiki, che con il solito spirito di osservazione notava ciò che accadeva nella sua, senza guardarla davvero. Ognuno dei partecipanti sembrava avere qualcosa di diverso per la testa, che non fosse il torneo. Tutti ad eccezione di Miho. Miho Akimichi pensava solo a quello e l'aveva reso una scusa (piuttosto credibile) per rivolgere la parola a Reiki.

Sono migliorata, sai?! La mia Arte del Vento non è più quella cosa incontrollata che hai visto in accademia!

Fantastico!

Continuava a fissare il paesaggio fuori dal finestrino, disinteressato...

Non mi vedi dimagrita?!

Fu costretto a voltarsi verso di lei, per la prima volta...

Miho-chan, io -

- e tu?! Mi sembri cambiato, sai? E poi, sei sempre giù di morale! Sono io il problema?!

No. Scusami, stavo solo pensando al torneo... e poi sono un po' stanco.

La compagna si rese conto del fatto che stava mentendo quando, poco dopo, Reiki si sarebbe unito agli altri per osservare il nuovo gioco inventato dal figlio di Akane Uchiha, Hikarikage. Inutile mentire, del resto Miho era una delle poche persone a sapere del cugino. Ne avevano già parlato al loro primo incontro. Il fratello della ragazza conosceva molto bene Akashi... Reiki lo aveva completamente rimosso. Come aveva fatto a dimenticare che una delle persone che poteva aiutarlo su Akashi, era così incredibilmente vicina?! Cercò immediatamente di sistemare le cose ma gli venne decisamente male.

Miho-chan! A proposito... tuo fratello Yoshiki...

Ma tu non eri stanco?!

La ragazza rispose immediatamente, con tono sarcastico. Seguirono istanti di silenzio, in cui Reiki si stava rendendo conto di essersi comportato piuttosto male con la compagna di squadra, se così si poteva definire, visto che non si vedevano praticamente mai.

La situazione torno alla normalità quando Hikarikage spiegò a tutti il gioco. Reiki decise di non partecipare, non ne aveva proprio voglia di giocare o di parlare con gli altri. Gyūki sembrava un gioco niente male agli occhi dell'Uchiha, che osservava le varie mosse cercando di capire eventuali regole e strategie che potevano sfuggirgli.


Ma... che cosa sto facendo? Che sia davvero la strada giusta? In fondo, se Akashi fosse qui fuori io non lo saprei. Perché sono dentro questa carrozza, poi seguirò l'Hokage dentro Iwa, parteciperò al torneo e, indipendentemente dal risultato, tornerò al servizio di Konoha... ma forse questo è un passaggio necessario, se voglio smetterla di inseguire bestiame, proteggere studiosi e catturare ladruncoli... che sonno però ... mi si chiudono gli occhi...

Fece in tempo ad alzarsi, si allontanò dalla "scacchiera" in silenzio, rivolgendo un'ultima parola a Miho, intenta a giocare tutta sorridente... forse ci teneva ad apparire gentile e far divertire Hikarikage, visto il comportamento degli altri. Reiki oltrepassò il punto in cui si trovava Miho, dandole le spalle e senza guardarla disse le parole che avrebbero lasciato la giovane Akimichi in blocco totale per una piccola manciata di secondi.

Hey... che tu ci creda o no, mi dispiace.

Quella situazione, per certi versi, ricordava proprio il gioco a cui gli altri giocavano da un po', quello creato da Hikarikage. Tutti, in fondo, muovevano delle metaforiche pedine, per raggiungere un scopo. Ma chi, o cosa, era la biglia al centro del terreno di gioco? Reiki tornò a rivolgere lo sguardo all'esterno, iniziò a vederci male, gli occhi si chiudevano ormai da soli. Decise di non resistere, decise che avrebbe smesso di pensare... totalmente. Almeno per ora, almeno fino ad Iwa.



* * * *





Il viaggio fu particolarmente rilassante... ma nemmeno quei carri così ben costruiti potevano resistere al terreno irregolare delle montagne del Paese della Terra. Le vibrazioni delle ruote causate dalla roccia svegliarono Reiki. Appena sveglio, confuso a causa della lunga dormita, proseguì per inerzia dal momento in cui l'Hokage disse che avrebbero proseguito il viaggio a piedi... fu la notizia peggiore della giornata. Le grandi mura ed il maestoso ingresso ad Iwa lasciavano intendere che anche questo, come gli altri villaggi, aveva curato la propria immagine in modo da dare agli shinobi e ai visitatori l'idea di essere entrati in uno dei grandi villaggi ninja più importanti del mondo. Il clima molto più austero trasmetteva una sensazione totalmente diversa da Konoha, ormai lontana. Forse era davvero così, o forse era solo questione di abitudini... una percezione della realtà a cui non erano abituati gli abitanti del Paese del Fuoco. La grande fontana, i quattro pilastri, i drappi di Iwa, tutto questo per il Torneo di Selezione dei Chunin. Tanta gente in attesa dell'arrivo dei partecipanti, per l'evento che attirava ogni volta un numero straordinario di signorotti, commercianti, studiosi, shinobi e, ovviamente, spettatori.

Del resto il torneo era uno spettacolo vero e proprio. Già il solo fatto di parteciparvi, di avere i requisiti necessari, era sintomo di buone capacità dei genin iscritti a questa sorta di "esame". Poteva essere un vanto, in un certo senso, un traguardo raggiunto. Un traguardo piccolo però, in confronto a quello che ancora dovevano affrontare. L'evento si sarebbe svolto al di fuori delle mura del villaggio... una chiara misura di sicurezza. Scelta criticabile ma anche comprensibile e indicativa del fatto che i piani alti di Iwa non reputavano questo momento un momento facile e privo di pericoli. O forse no... ma la prudenza non era mai troppa.

Si goderono il rinfresco. Reiki non si sentì minimamente in difficoltà ad approfittarne. Non si comportò da ingordo ma, anche se con educazione e discrezione, passò la maggior parte del tempo più vicino possibile a cibo e bevande offerte dal villaggio ospitante. Mangiava e beveva, immerso nei suoi pensieri, con lo sguardo perso che rimbalzava tra i partecipanti ed il cielo.

Dopo essersi rifocillati, seguirono l'anbu della Roccia che li guidava verso l'arena. Reiki non aprì bocca e non parlò con nessuno... fino a quando...

Sei shilenzioso da quando shiamo partiti, qualcosa non va?

Un altro dei partecipanti al torneo, con la bocca piena di dango, si rivolse all'Uchiha per la prima volta. Reiki non riconobbe la sua voce ma quando si voltò, si rese immediatamente conto di conoscere già quel ragazzo almeno di vista. Il figlio dell'Hokage, Hikarikage, lo osservava tutto interessato con occhi innocenti. Aveva tutta l'aria di chi non chiede solo per educazione. Dopotutto, era stato proprio lui ad avvicinarsi a Reiki ed era stato l'unico tra quegli sconosciuti ad interessarsi di lui. L'Uchiha non aveva molta voglia di parlare, ma non era il caso di essere scontroso con qualcuno di una tale gentilezza. Hikarikage sembrava una persona pulita e, probabilmente, avrebbe fatto squadra con Reiki e Miho nel torneo.

Tu sei Hikarikage, giusto?

Abbozzò un sorriso, e rispose in modo gentile.

Niente, stavo solo pensando al torneo.

Concluse la frase sorridendo a bocca ed occhi chiusi, inclinando leggermente la testa verso la spalla destra. Stava mentendo, ancora una volta. Almeno per il momento, non era minimamente preoccupato per il torneo. I suoi pensieri erano gli stessi che lo perseguitavano fin da quando suo padre gli aveva affidato una katana identica a quella che anche Akashi aveva brandito, probabilmente nello stesso torneo, in un luogo diverso. Non tese la mano a Hikarikage ma con timidezza ed un po' di difficoltà, si presentò.

Se il torneo sarà a squadre, potremmo ritrovarci nello stesso team... io, te e Miho. Piacere di conoscerti. Vengo dal clan Uchiha, proprio come l'Hokage...

...sorrise ad Hikari per fargli capire di essere a conoscenza del legame tra lui ed Akane. Sorrise e si apprestò a concludere con le parole con cui sarebbe stato meglio esordire. Purtroppo non era affatto bravo in queste cose.

... mi chiamo Reiki.

La situazione però, al di fuori di quei pochi metri cubi che racchiudevano i due genin, sembrava strana e confusa. Ognuno seguiva la propria strada, secondo le proprie idee. Ognuno avrebbe mosso al meglio le proprie pedine, secondo la propria strategia. Tutto sembrava al proprio posto. Eppure, da un momento all'altro, una biglia avrebbe potuto sollevarsi dal suo incavo in legno e cominciare a sparare scariche di chakra sulle pedine stesse, complicando le cose... quella biglia, probabilmente, era rappresentata dal torneo.

Esattamente come un gioco, proprio come una partita a Gyūki.
 
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view post Posted on 23/10/2018, 15:10
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Stamattina sveglia presto. Quando sono uscita di casa, le braccia strette intorno al corpo per proteggermi dal freddo umido del mattino, oltre la densa coltre di nebbia si scorgevano appena i bagliori dell'alba. Non era passato davvero molto tempo quando dalle porte la carovana ha iniziato la strada verso Iwa. I bagagli di tutti sono stati caricati sui carri, noi camminiamo a piedi scortati dagli anbu. Dal viaggio verso Fukagizu non è trascorso molto tempo, ma sembra tutto così diverso. Un po' di tensione nell'aria c'è anche oggi, certo, ma l'entusiasmo, l'eccitazione, i sorrisi, quelli l'altra volta mancavano del tutto. La strada procede, tranquilla, attraversando paesaggi e luoghi diversi, finché a un certo punto non prende a salire e lascia spazio al muro di calce che ci indica che la destinazione è vicina. Questa però non sembra essere il villaggio, una sorpresa, perché sono sicura che almeno entrambe le volte che il torneo si è tenuto a Kiri, è stato all'interno delle mura. Il mio pensiero corre ovviamente a quel luogo spaventoso, all'arena delle lame, e rabbrividisco. Non ho mai avuto il coraggio di avvicinarmici, lo spettro del Momochi non è più lì, ma il suo ricordo non sarà seppellito così facilmente. E pensare che i miei genitori si sono conosciuti proprio lì.

Brilla, alla fine della strada. Come una gemma incastonata tra le rocce, riflette il bagliore del sole ormai alto nel cielo, ma è come se rifulgesse di luce propria. Una volta più vicini, con gli occhi che si abituano all'incredibile vista, ciò che appare allo sguardo è un'arena, un'arena enorme, mastodontica, di una bellezza fredda e terribile, ma certo eccezionale.
Il torneo chunin, per quanto il nome possa trarre in inganno, non esiste per selezionare gli shinobi adatti alla promozione, o meglio, questa è solo una parte inessenziale del più grande evento politico del continente ninja. Il torneo di selezione dei chunin è, in sostanza, una prova di forza tra villaggi, e Iwa sta già facendo sfoggio della sua.

Entro nella piazza zoppicando, appoggiandomi al bastone per sostenere la gamba buona. Le gambe buone in realtà sono tutte e due, per imparare a zoppicare in modo credibile ci ho messo un po', ma sono davvero soddisfatta del risultato. Sarebbe sciocco negare che il torneo mi preoccupa, so che nel passato le prove sono state molto varie tra loro, molto varie e spesso molto pericolose. Fingermi zoppa potrebbe distogliere l'attenzione dal bastone, e chissà che la cosa non mi torni utile in qualche modo.
Mangiucchio timidamente qualcosa al rinfresco, ma è come se l'arena, le strade, la piazza, tutto volesse prepotentemente ricordarmi che c'è una cosa a cui guardare, un solo pensiero da avere. Chissà se questa è opera del ramo di Iwa del clan, ho sentito che la loro abilità nelle costruzioni è eccezionale, così come, del resto, è eccezionale tutto questo.

Seguiamo un anbu della roccia in direzione dell'arena. La folla chiassosa lascia spazio a un silenzio solenne. Sento le parole di incoraggiamento del Mizukage. Quel luogo è sempre più vicino. Ho il cuore in gola, ogni passo aumenta la tensione. Manca poco. Ce la posso fare?
 
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view post Posted on 23/10/2018, 22:41

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Stavo ormai camminando da diverse ore. Testa bassa, sguardo a fissarmi la punta dei piedi che, con andatura sostenuta, seguivano il passo degli altri shinobi che come me erano stati convocati per rispondere all'invito del Tsuchi no Kuni. Tutti procedevamo in silenzio, ognuno di noi perso nei suoi pensieri. Ansie, speranze, angosce, preoccupazioni si alternavano mutando repentinamente il mio stato d'animo. Ero stato informato del tutto solo il giorno prima. Non avevo avuto modo di prepararmi per quell'evento e non avevo la più pallida idea di cosa mi attendeva. Di tanto in tanto gli altri si avvicinavano a parlottare tra di loro o si limitavano a scambiarsi qualche occhiata più o meno amichevole, mentre io me ne stavo muto, in fondo al gruppo, a fissarli quasi in disparte.

Una svolta si ebbe superata la cinta muraria del kuni che ci ospitava. Da lì, aveva inizio, una strada dal candore immacolato che aveva come meta un punto fisso ad ovest che sembrava risplendere di luce propria. Alla vista di quello spettacolo seguì un brusio che coinvolse la maggior parte dei presenti. Mentre io, in cuor mio, provavo un profondo senso di angoscia misto ad ansia che aumentava ad ogni passo fatto in avanti in direzione della meta. Una strana sensazione cominciò a pervadere il mio corpo. Una sensazione nuova ed inusuale, mai provata prima e difficile da comprendere. Era come se mi fossi risvegliato da un sogno, solo per accorgermi che in realtà quel sogno era la realtà che stavo vivendo. Fino alla vista dell'arena mi ero quasi illuso che nulla di tutto quello che stava accadendo intorno a me fosse reale e che il tutto era frutto della mia fantasia. Ma ora, ad ogni passo in avanti, la fantasia prendeva corpo e diventava una realtà sempre più opprimente e sfiancante, che sembrava quasi far venir meno il fiato e man mano che ci avvicinavamo all'arena quella sensazione diveniva sempre più opprimente. Volevo andare via, fuggire da quel luogo, non ero pronto. Non avrei dovuto trovarmi lì e non volevo essere lì.

L'arena, che fino a qualche minuto prima, era un mero bagliore all'orizzonte si innalzava ora imponente d'inanzi ai miei occhi e, superato l'ultimo muro in calce, ci ritrovammo nella zona d'ingresso. Il bianco era ormai accecante e le dimensioni dell'edificio imponenti, fino a sembrarmi fuori luogo. Volevo andar via da lì, le tempie erano ormai fradice di sudore e il cuore mi batteva veloce nel petto. Non facevo più caso alle reazioni dei miei accompagnatori e tutto ciò che provavo era un profondo senso di angoscia misto a panico. Volevo andar via da lì. Volevo nascondermi da qualche parte e restarvici. Ma, nonostante tutto, il mio corpo, continuava a incedere tra i bianchi corridoi seguendo il resto del gruppo. E fu solo a quel punto che provai una nuova sensazione, anche peggiore di quella provata in precedenza, prigioniero del mio corpo incedevo verso una meta a me ostica impossibilitato a fuggire. Come un vitello, che condotto al mattatoio, resosi conto del triste destino che lo aspetta, poiché allertato dal muggito morente e disperato dei suoi simili, non ha modo di fuggire e gli va incontro rassegnato.

 
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view post Posted on 24/10/2018, 15:32
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CITAZIONE
Anche qui, chiedo scusa per il post stringato e soprattutto per il ritardo, sia ai ragazzi di Kumo che al Paese ospite.

Kumani: per qualsiasi dettaglio da me omesso, scrivetemi per includerlo nei vostri post.
Raccomando di postare tutti il prima possibile, sono la prima ad avere sforato, ma nonostante le rassicurazioni dalla regia preferisco che ci diamo una mossa...
Vi raccomando di pormi domande con ordine e senza spammare: sapete che in caso contrario rischio di non leggere, e di farvi aspettare inutilmente una mia risposta.

Attraversare Shimo, Yu, Yuki, Taki e infine giungere alle vaste, aride distese di Iwa: questa l'impresa che attendeva le squadre della Nuvola, capitanate da Shogetsu Saburo.
E avrebbero varcato le porte delle grandi mura di calce a testa alta, nonostante gli zaini gravino impietosamente sulle loro spalle: i mantelli da neve arrotolati in cima al bagaglio e le borracce ormai vuote, private del loro contenuto durante la lunga marcia.

Varcare le porte a testa alta: fa parte delle istruzioni impartite a tutti i genin in partenza, durante l'adunata ai cancelli di Kumo. Varcare le porte a testa alta, e fare tutto – tutto, o quasi – tranne mostrare eccessivi segni di stupore di fronte agli inevitabili prodigi a cui avrebbero assistito, approssimandosi all'area della competizione.
Che la Roccia avrebbe dato sfoggio delle due risorse più spettacolari, era prevedibile. Quello che il Consiglio vuole a tutti i costi evitare, è che i loro soldati si comportino come un pugno di contadinelli in gita scolastica, prorompendo in commenti entusiastici alla prima architettura ardita o davanti a un paio di drappi ricamati più sfarzosi della media.

Quando il candore abbacinante dello stadio balena all'orizzonte, sente i muscoli delle spalle irrigidirsi: non si volta verso i ragazzini, si aspetta che proprio questa afasia valesse per loro più di mille discorsi o raccomandazioni.
Iwa si è superata, lei e quei suoi Yoton, lontani congiunti degli stessi che donano a Kumo la gomma che non l'ha protetta contro Son Goku: che nemmeno gli artisti della calce bianca abbiano potuto nulla contro i Cercoteri, è di magra consolazione.

Dell'offerta di cibo, meglio non parlare neppure: messi alla prova dal viaggio e dai climi spietatamente contrastanti, a ricordare la disciplina provvedono le occhiate gelide dell'uomo, a far sì che i giovani non si avventino sul rinfresco come un branco di locuste. Sa di non poterli biasimare del tutto: il razionamento ha imposto sacrifici all'intera popolazione, tuttavia nemmeno la nomea di morti di fame è tra quelle che è disposto a tollerare, a nome del Consiglio intero.
Kumo è ancora forte, Kumo risplenderà, Kumo rialza la testa, forte come e più di prima, fenice risorta dalle proprie ceneri innumerevoli volte – questi gli slogan dati in pasto ai civili ammassati gli uni sugli altri fuori dalle mura, a infiammarli quando strappano via la vita dei rei una pietra dopo l'altra: la medesima propaganda con cui il Consiglio infonde alle nuove generazioni la determinazione che vacilla, assieme alle mura delle loro case.

Saburo avanza a passo cadenzato, precedendo una piccola frotta di giovani promesse, due ali nere di ANBU stranieri a scortarli ai fianchi... prova sempre un leggero brivido, quando le figure nerovestite appaiono dal nulla, anche quando si tratta di quelle di Kumo.
Anche questa è tra le cose da non dare a vedere, né agli stranieri, né tanto meno ai propri uomini.
Sorrisi garbati e cenni di saluto, questa l'essenza del suo incarico di qui sino alla fine del torneo; conversazioni pacate e prese di posizione moderate, sotto la patina sfavillante della propaganda.
Ancor più che l'assalto delle Bestie Codate, è del retaggio di Reisei che Saburo serba timore: la donna che abbandonò il tavolo del congresso, che rese la Nuvola un'isola tra tutti i Paesi Ninja, pur rivelandosi a conti fatti la mente più lungimirante.
Mai scelta fu più giusta, e ingrata.
È per ricucire lo strappo che Saburo Shogetsu, del Clan del Magnetismo, colto e fine soldato di Kumo, è inviato in terra straniera e a Kumo renderà conto, una volta tornato in patria, offrendo i frutti del suo travaglio ai fratelli Consiglieri.

E che i frutti siano abbondanti e maturi.

 
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view post Posted on 24/10/2018, 21:40
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Sono tutti così giovani...

In un mondo politicamente corretto, sarebbe dovuta essere questa l'affermazione della ex-Takeda-ora-Kamizuru, mentre osservava le schiere di stranieri che calcavano la polvere chiara dell'area di accoglienza.
Alcuni di loro erano anche più alti di lei, ma ciò non cambiava i sentimenti perplessi della donna: ai suoi occhi, puzzavano tutti di latte.
E “latte” era a sua volta un bell'eufemismo.
Perché una mandria di pre-adolescenti reduci da una marcia forzata di durata consistente, di tutto può puzzare tranne che di latte.

Le api se ne restavano cautamente nascoste, al riparo da certi stimoli olfattivi – beate loro -, seguendo i dettami di Joou Kamizuru in persona: lasciar ronzare difatti la propria arma segreta sotto il naso di tutti, alla vigilia di un torneo, sarebbe stato a dir poco controproducente.
La donna poggiò le mani sui fianchi e perse gli occhi nocciola nella folla, un'espressione sempre più scontenta a dipingersi a tinte sempre più visibili sul volto incipriato.
Probabilmente, non si era mai resa conto prima di quel momento del fatto di essere indietro.

Eh sì.
Quelli della sua età, chissà che rango avrebbero dovuto avere: chuunin almeno, Jounin quasi di certo, se non sono fossero qui e là o peggio, se fossero stati talmente inetti da non ricevere mai una promozione.
E lei, a che categoria apparteneva?
Troppo matura per per confondersi in quella piccola marea brufolosa e dalla pelle lucida, di rango troppo basso da poter passare per un'istruttrice o un'accompagnatrice, troppo sofisticata per attirare le simpatie dei candidati più giovani di lei, finì per essere scambiata un paio di volte per un membro del comitato di accoglienza – al che, ella si limitava ad additare gli ANBU in maschera che brulicavano ovunque, per placare la sete di informazioni dei nuovi arrivati dagli accenti così estranei; poi sospirava, e si ritirava con passo deliberatamente lento nel primo angoletto che trovava libero dagli stranieri.
Da quel che sapeva, loro di Iwa avrebbero ricevuto indicazioni allo stesso modo degli ospiti: recandosi quindi nell'arena ed attendendo gli ordini della Tsuchikage, o di chi per lei. Non le restò che farsi coraggio, insinuarsi nella folla quando il grosso fu passato avanti e lasciarsi trascinare dalla corrente, meditando tra sé il frutto rovente del colloquio con Koizumi-sama.

La sensazione di non poter fallire stavolta, di non poter deludere, le attanagliava l'animo in un abbraccio inflessibile. Era come non poter respirare liberamente, pur senza avere nulla a costringerle il torace.

Fu così che per la prima volta in trent'anni, Kamizuru Kaoru provò il gelido morso dell'ansia.

 
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view post Posted on 25/10/2018, 23:32
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Fummo in grado di scorgere il nostro comitato di benvenuto già prima di varcare il confine con il Paese della Pietra. Una piccola squadra di Anbu ci affiancò e ci scortò fino al luogo dove si sarebbe tenuto il torneo. Non avremmo avuto modo di visitare il Villaggio della Roccia in sé, ma le cose si prospettavano comunque molto interessanti. Il clima qua non era affatto male, il sole splendeva e scaldava il terreno roccioso. In un certo senso, mi faceva sentire a mio agio, come se fossi familiare con il territorio. Non esattamente rovente come le sabbie del deserto, e decisamente molto meno soffice, ma quel calore era il benvenuto.

La marcia stava cominciando a farsi faticosa pure per me quando finalmente potemmo scorgere Jouri, l'Anello Esterno di Iwa. Era, semplicemente, magnifico. Una gigantesca arena, circondata da mura colossali, sembrava essersi fatta strada tra le rocce sotterranee, apparendo come un bellissimo bocciolo perlaceo tra due immensi petali rocciosi. Più ci avvicinavamo a quel meraviglioso luogo e più dettagli si facevano chiari ai miei occhi. Da prima, la grandiosità delle sue arcate, seguirono poi i lucenti stendardi cremisi che garrivano sospinti da una gentile brezza. Per ultime arrivarono le miriadi di rifiniture che adornavano le pareti, segno di impareggiabile maestria. Sì, un'arena mozzafiato come quella era senz'altro perfetta per un evento di questa portata e ben di più! Varcando le mura ed entrando nell'enorme piazza appena oltre, ciò che ci accolse fu un'esplosione di vita e attività. Shinobi, mercanti, semplici spettatori, tutti quanti si stavano riversando ordinatamente sulle strade in pietra. Mi sentii così elettrizzato davanti a tale spettacolo, inevitabilmente. Per adesso potevo lasciarmi andare e godermi queste sensazioni senza problemi, ma dovevo comunque stare attento a non lasciarmi prendere la mano e montarmi la testa. Fummo scortati oltre quella piazza gremita e lungo un percorso via via sempre più deserto. Ci fermammo davanti ad un cancello sorvegliato da delle guardie, facile intuire che si trattasse di una zona riservata ai partecipanti.

« Heheh, ci siamo! »

Poggiai i pugni contro i fianchi, ghignando soddisfatto.
 
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view post Posted on 26/10/2018, 15:08
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K U M O W A V E

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Narrato
*Pensato *
Parlato


Che mesi lunghi quelli che separarono la presentazione dei partecipanti al torneo chunin al giorno della partenza per Iwa. Una delle tante giovani promesse di Kumo aveva passato il suo tempo dando il massimo di sè nella preparazione. La sua famiglia sapeva che era l'occasione per riscattare un'altra volta la tradizione della famiglia Sakata. Sempre forti, sempre nobili e mai dei perdenti. Così è sempre stato, fatta eccezione per il terzo genito, il non combattente, il musicista, l'unico musicista maschio della stirpe Sakata: Akira

L'inverno finì, la primavera giunse, il diciassettesimo compleanno di Akira passò, mancava qualche giorno al torneo. Quando semplicemente e con naturalezza accadde...

Zaino in spalla carico di tutto l'occorrente, flautofono nella sua custodia con tutto l'occorrente per la manutenzione, qualche kunai e shuriken che non si sa mai servano, razioni e acqua appena sufficienti.
Stava per uscire di casa era pronto al viaggio, ma in entrata c'era sua madre che lo osservava uscire e chiese dubbiosa:
Akira, scusa, dove pensi di andare con tutta quella roba addosso? - al che come se niente stesse succedendo rispose - Vado dal nonno per un mesetto, ho bisogno di ritornare da lui per imparare alcune cose.
I dubbi non erano certo svaniti, ma la madre ormai ci era abituata aveva già intuito cos'era successo e glielo chiese senza indugiare oltre: Ti ricordi vero che domani devi partire per Iwa per il torneo chunin vero? - ma il ragazzo con la naturalezza che lo contraddistingue rispose semplicemente Il torneo cosa?.

Sarebbe uno spiegone troppo lungo da fare, quindi cercherò di riassumere un po' gli eventi. Dall'inverno fino all'altro ieri il padre aveva preso in custodia Akira per insegnarli qualche trucchetto per cavarsela al torneo chunin, un passo importante per un ninja, tuttavia la cosa più sorprendente non fu certo che il giovane stesse imparando davvero qualcosa, ma che proprio Gennosuke, sempre stato scettico nei confronti del giovane ninja musicista, lo stesse addestrando. Oltre all'esercizio per il fisico, che di certo non nuoce ad un fisico gracile come il suo, aveva imparato alcune nozioni base di etichetta del tipico ninja di Kumo. Era davvero migliorato in tutto e per tutto, già dall'inizio di Maggio si poteva dire che una brillante pietra era cominciata a splendere. Aveva realizzato cosa significasse davvero essere un ninja di Kumo. Il tutto senza rinunciare mai alla musica che in maniera molto intelligente il padre era riuscito a convogliare con tutti questi esercizi grazie anche al supporto della miglior musicista della famiglia, proprio la madre. Si può dire che quelli siano stati mesi in cui aveva riguadagnato la fiducia della famiglia.
Purtroppo però nei pochi minuti successivi alla domanda di Akira, Midori apprese una triste verità: la fiducia e il tempo erano stati tutti buttati nel cesso. Non era rimasto niente nella testa del giovane flautofonista, non un insegnamento, nemmeno si ricordava che aveva preso parte al torneo chunin, manco cosa fosse un torneo chunin. Il padre tornato a casa non era furibondo, ormai era abituato ad avere uno spirito di rassegnazione con Akira. La rabbia con lui non era mai servita a niente, se non a farlo scappare di casa.
Non ne volle sapere niente, gli disse di arrangiarsi.

Quella sera al tavolo c'erano tutte le donne di famiglia: Midori, Megumi e Chidori.
La sfida era rispiegare tutte le regole di etichetta del ninja di Kumo in poche ore. Bizzarro come queste cose le sapevano addirittura Midori e Megumi che non erano ninja, mentre Chidori era l'esempio principe dell'atteggiamento che si confà ad una Kunoichi del paese del fulmine *Certo anche se lei però è ancora una Genin* Ehi! Non puoi intervenire in un fast forward, taci e attendi il tuo turno!
Come dicevo.
La serata fu intensa e piena di domande a botta e risposta. Verso mezzanotte il ninja esausto ebbe il permesso di andare a dormire.
Che questa storia fosse finita?
Fatto sta che nel mezzo della gelida traversata verso il paese della roccia la mattina successiva del 3 Giugno le poche parole dei famigliari risuonavano come un mantra nella testa del giovane Sakata.
Erano in marcia, non mancava moltissimo ad Iwa. Assieme a lui alcuni volti noti, il nanissimo Shun, la biondissima Rikku e la freddissima Rika. Vederli insieme per questa esperienza lo rassicurava in parte.

Arrivati a destinazione, sembrò di aver finito concluso una maratona. Il giovane era esausto stava per buttare a terra lo zaino e sedersi a terra per riposarsi, ma poi si ricordò le parole dei genitori: Posa Marziale!
Quella era la parola d'ordine, e non aveva nemmeno bisogno di studiarla bastava guardare il ninja che li aveva accompagnati per tutta la trattata, un certo Shogetsu Saburo. Slanciato e fiero a testa alta in ogni momento, ma soprattutto non faceva niente che non fosse strettamente necessario.
*Che noia questo tizio, spero che se ne vada il prima possibile così posso sciogliermi un po'*

Chiaramente tutto questo Akira lo aveva imparato ma non era nella sua natura, si sentiva incatenato, ma sapeva che per farcela il segreto era solo uno: Posa Marziale, Posa Marziale, Posa Marziale!
Un mantra che gli annebbiava la mente a tal punto che non capì nemmeno dove si trovava seguì soltanto il gruppo fino a che non si fermarono e a quel pu...*Oh guarda, cibo, avevo giusto un po' di fame* Pacatamente afferrò una mela e si mise a sgranocchiarla silenziosamente e senza dar troppo nell'occhio. Ma non gli bastò. Così ne prese una seconda.

Si guardò attorno in cerca di un senso per la quale fare contro voglia una cosa del genere, ma l'unica via era quella di seguire il corso degli eventi e lasciarsi trascinare. Anche se nei volti di Shun e Rikku rivide qualcosa che qualche mese prima lo convinse a dar man forte nella guerra. La voglia di diventare più forti per proteggere ciò che si ama. E si ricordò pure il suo motto. La musica come arte nella guerra. Un'arena con Shinobi da ogni parte del mondo era l'occasione per dimostrare al pubblico che le sue non erano stronzate di un pazzo, ma il frutto degli insegnamenti del nonno, la prima persona che Akira non potrà mai dimenticare e smettere di ringraziare se un giorno realizzerà il suo scopo.
 
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Bambi155
view post Posted on 26/10/2018, 22:45




Legenda:
"Parlato Rikku"
*Pensato Rikku*


Uscì dalla porta di casa salutando il piccolo Maru per ultimo. Era vestita come al solito, con la lunga coda bionda, ma quel giorno sembrava particolarmente più carina. Era radiosa, stava per iniziare il viaggio che l’avrebbe condotta alla promozione Chunin. Se qualcosa fosse andato per il verso storto, si sarebbe comunque accaparrata un bel bagaglio di esperienza che le sarebbe servito in futuro. Si sentiva una donna di mondo, già immaginava tutte le storie che avrebbe raccontato al suo ritorno. Avrebbe narrato di tutti i posti visitati e tutti gli ostacoli incontrati all’esame. Si sentiva forte e pronta per affrontare qualsiasi avventura che l’aspettava all’orizzonte, in un paese sconosciuto.

***


“Quando arriviamo?”

Dopo 5 minuti che sembravano ore…

“Quando arriviamo?”

Rikku chiedeva continuamente la stessa cosa a chiunque fosse vicino a lei. Poteva essere fastidiosa e assillante ma proprio non riusciva a percepirlo. Era al culmine dell’emozione da ore, sentiva la meta avvicinarsi e il suo corpo non era provato dalla stanchezza o dalla fame o dalla sete, perché l’adrenalina non lasciava spazio ad altro.
Per tutta la durata del viaggio aveva represso le sue emozioni, le nascondeva cercando di distrarsi con i nuovi paesaggi che le forniva la lunga marcia. A volte cercava di scambiare qualche parola con gli altri partecipanti della nuvola per cercare di accelerare il tempo.

“Quando arriviamo? Siamo arrivati?”

Questa fu finalmente l’ennesima e ultima di quelle inutili domande, perché davanti a lei poteva finalmente scorgere quelle architetture maestose e lucenti. Era difficile distinguere quale bagliore fosse più forte, se la roccia di Iwa o gli occhi di Rikku. Se si potesse associare uno smile alla sua espressione facciale, sarebbe senza dubbio quello con gli occhi a stellina.

*Devo concentrarmi, non devo far vedere a tutti quanto sono contenta! Devo controllarmi, Rikku ce la puoi fare! Ma sono così felice!*

Cercò di darsi un contegno, quindi riuscì ad aggiustare l’espressione facciale rendendola un po’ più seria. Ma aimè! Quel fiume di emozioni positive doveva sfociare in qualche modo e senza accorgersene iniziò a saltellare rendendo il suo viso assolutamente non credibile.
Ed è così che attraversò tutto il percorso di roccia con arcate e vessilli. Era così sopraffatta che non si accorse neanche dell’arrivo degli Ambu, ovviamente anche se fosse stata attenta non gli avrebbe visti. L’entrata era epica, la marcia era epica e lei non poteva essere da meno. Si sarebbe data parecchio da fare per poter essere all’altezza di quell’evento così importante. E’ con questo stato d’animo che la piccola Rikku avrebbe iniziato quell’esame. Niente paure e timori, c’era spazio solo per una grande determinazione e voglia di farcela.
 
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Niffler
view post Posted on 28/10/2018, 15:29








Rika Kikimora ~ Kumo ~ Clan Ranton ~ Genin ~ Livello 5 ~ Ranton (Raiton) ~ Fama 0 ~ Scheda Torneo


Jouri 場裏 - Anello Esterno

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Sulla strada per Iwa, Tsuchi no Kuni, 3 giugno 249 DN



Zaino in spalla, i mantelli pesanti arrotolati in cima ad essi e le borracce che si stavano sistematicamente svuotando: ecco come gli shinobi di Kumo stavano raggiungendo Iwa, capitanati dal componente del Consiglio che apparteneva al Clan del Magnetismo, Shogetsu Saburo.
Rika conosceva almeno uno degli altri kumosi che avrebbero partecipato al Torneo: Sakata Akira, del Flauto Demoniaco. Aveva svolto una missione con lui, e sebbene all’inizio praticamente non lo guardasse neanche, si era rivelato un buon elemento.
E poi c’era Yotsuki Shun, una sottospecie di nano con i capelli bianchi sparati verso l’alto… un momento, non li aveva neri prima? Anche se il ragazzino avesse avuto voglia di raccontarglielo, lei in realtà non era davvero curiosa di saperlo.
Voleva solo arrivare a destinazione, perché la cintura della katana iniziava a pesare, anche se non tanto quanto la sola presenza degli altri quattro shinobi - il ninja del Magnetismo non lo contava, anzi, il suo comportamento le era congeniale, non la infastidiva.

Fu solo quando le borracce si svuotarono completamente che arrivarono a destinazione: lo spettacolo che il Villaggio della Roccia stava offrendo ai kumosi era così impressionante che la fredda Kikimora stessa non potè non lasciarsi sfuggire un piccolo ”Oh!” di sorpresa - ma solo quello, sia chiaro.
Quando venne servito un breve rinfresco, la Genin cercò di limitarsi, anche se aveva lo stomaco che rumoreggiava in risposta alla vista di quel cibo che pareva assolutamente gustoso. Aveva la sensazione che qualcuno non avrebbe approvato.
Ma la meta finale era l’arena, era là che erano diretti, e lei non poteva - né voleva - venire distratta.

7pjP8bt
Narrato • ”Parlato””Pensato”

sTu1vN4
Tecniche utilizzate ~ //

Altro ~ è stato un parto, ma spero vada bene
 
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view post Posted on 28/10/2018, 19:15
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1 Giugno 249 DN, Shimo no Kuni

BryrvBN

Quello era proprio un bel periodo per me e per il villaggio, per quanto riguarda il primo si può dire che dopo aver vissuto quella brutta esperienza, di cui ho già parlato, nel paese del ferro è aumentata la considerazione sul mio lavoro. Dopotutto, non è cosa da tutti i giorni che uno Shinobi Genin con una sporca nomea come la mia riesca ad uscirne trionfante, come se avessi effettivamente vinto qualcosa, da una situazione del genere. Non solo, per immortalare quella piccola vittoria, una delle poche presentatesi a me durante il mio vivere, mi cambiai anche colore di capelli, tingendomi la parte posteriore di nero, ma per questo ne parlerò a tempo debito. Nei primi di giugno ero stato coinvolto in un'operazione piuttosto interessante, proprio verso la fine di maggio un gruppo di ricercatori aveva scoperto una grotta immensa nei pressi Uratsumi, uno dei pochi grandi villaggi esistenti nel paese del Gelo - chiaramente "grande" è un eufemismo. Comunque, il mio obiettivo era quello di esplorarla, molto semplice no? Beh, non esattamente, purtroppo in tal caso l'impiego del chakra aiutava ben poco. Era così profonda che una caduta sarebbe stata fatale, pertanto fummo costretti a ricorrere a qualche attrezzo per aiutare la nostra discesa, nello specifico usammo corde e rampini. La parete rocciosa era intaccata da un sottile ma pericoloso strato di ghiaccio che rendeva difficoltosa l'arrampicata, penso che quasi un terzo degli shinobi furono impiegati per assicurare l'esplorazione in massima sicurezza. Io, in quanto inventore e geniere ufficiale dell'esercito di Shimo no Kuni, ottenni presto un compito più preciso rispetto alla semplice esplorazione, nonché quello di escogitare un sistema funzionale e sicuro per muoversi all'interno del burrone. Sicuramente avrei potuto fare un sistema complesso ma il problema principale era la mancanza di tempo, i superiori ne volevano uno immediato e immediatamente. Alla fine, per quanto la mia volontà creativa andasse in direzione opposta, optai per un banale sistema di carrucole. Era mezzogiorno quando stavo montando l'ultimo gancio per il trasporto e, proprio in quel momento, mi sentii nominato in lontananza. I suoni in una grotta, come ci si potrebbe immaginare, arrivano ovunque. Dopo essere risalito, non con poche difficoltà, mi fece cenno di avvicinarmi un chunin del villaggio e io, purtroppo, non essendo di Uratsumi non lo riconobbi.

Watanabe Sadou?
Sì, sono io.
Mi dispiace ma il tuo lavoro si interrompe qui, seguimi, ti spiegherò strada facendo.

E così, seguendo la volontà di voler capire cosa stesse accadendo, mi misi in cammino assieme a lui.

Le tue imprese nel paese del ferro non sono passate inosservate, tutti sappiamo che te la sei vista brutta ed esserne uscito illeso - tutto sommato, no? - ti fa onore.
Sarebbe potuto andare peggio, ho avuto la fortuna che i miei dei compagni di squadra non hanno avuto.
Oh, credimi, la fortuna è l'ultima accompagnatrice della morte. Quello che hai fatto, qualsiasi cosa tu abbia fatto, è frutto di una mente fredda che solo uno di noi del Gelo può avere. Proprio perché porti con te il respiro del ghiaccio sei stato scelto per rappresentare il nostro paese al Torneo Chunin che si terrà nel paese della Terra. Ne hai mai sentito parlare?
Poco, me lo avevano accennato gli operati nella grotta. Un momento...

Mi fermai di colpo, probabilmente mi ero perso parte del suo discorso o non avevo capito bene cosa intendesse. In tutto questo stavo già iniziando a chiedermi il perché di quella scelta, dopotutto non avevo seguito gli ordini, il mio obiettivo, quello della mia squadra, era quella di perlustrare e poi riportare quanto visto. Non dovevamo buttarci nella mischia, nonostante ciò, il capo gruppo ci ordinò di farlo. Quindi, perché "premiarmi"?

Respiro del ghiaccio... cosa intendi?
Tu sei in grado di riflettere sempre con attenzione e lucidità durante una situazione difficile giusto? E' come se il tuo cuore si fermasse, lasciando posto a un lento e riflessivo respiro che accompagna i tuoi ragionamenti. Non tutti ne sono capaci, è quello che io amo definire come il respiro del ghiaccio. Anche uno dei miei fratelli lo possedeva, Doi era il suo nome. Ma quella sua capacità, purtroppo, non bastò a salvarlo dalla sorte.
Ho capito... quali sono le mie indicazioni?

Onestamente? Volevo tagliare corto, non ero preparato a una discussione così lunga e ormai avevamo camminato per una ventina di minuti.

Alle ore 23:00 dovrai recarti nella piazza di Nansetsu, ad aspettarti troverai Koya e Ruka ad aspettarti. Il primo è un Responsabile delegato incaricato di rappresentare il paese a livello diplomatico, mentre il secondo porterà lo stendardo. Una volta riuniti dovrete partire per Yuki no Kuni, dove troverete Takara, lei si unirà a voi e si accerterà che abbiate sempre un posto dove dormire e una tavola sui cui mangiare, oltre che eventuali approvvigionamenti per soggiornare. Finiti i preparativi partirete in viaggio per il Paese della Terra.
D'accordo.
Bene, buon viaggio e buona fortuna.

Dopo essere stato congedato, mi misi subito in cammino verso la capitale. Non avevo nulla con me e a quanto pare non ci sarebbe nemmeno stato il tempo per fermarmi a casa.

Nulla di eclatante accadde in questo lungo viaggio. La mia delegazione era piuttosto preparato, sì erano civili, ma sapevano come destreggiarsi nei movimenti. Non mi rallentarono affatto, pur non essendo shinobi, sapevano il fatto loro. Per il tratto iniziale impiegammo delle slitte in legno, successivamente una carrozza e via dicendo. Non vi nascondo che per me sarebbe stato più semplice correre da Ninja, tuttavia dipendevo da loro e non potevo lasciarli in dietro. Tutto andò come previsto, incontrammo Takara in un ostello e lei ci accolse con dei vestiti di ricambio e qualcosa da mangiare, non desideravamo altro. Il giorno seguente, alle quattro del mattino, lasciammo il paese della Neve per raggiungere quello della Terra.





3 Giugno 249 DN, Tsuchi no Kuni

Ad accoglierci un capolavoro architettonico indescrivibile, sicuramente frutto di sudore ma anche di una mente preparata e di occhi in grado di visualizzare le giuste proporzioni anche prima di vedere qualcosa di concreto. Quello era pane per i miei denti, non riuscivo a crederci che in tutto ciò io ne sarei stato attivamente partecipe. I miei occhi scattavano di qua e di là, coglievano tutto: dalle luci, alle voci e alle variegate tonalità di qualsiasi superficie su cui si posavano. E noi, il nostro piccolo gruppo di delegato, saremmo stati un minuscolo puntino se visti dall'altro. Accanto a noi, in quel piacevole cammino, c'erano Ninja di ogni nazione e braccianti, operai, locandieri, cacciatori, tutti per prendere parte a quell'evento. Io, però, umano ipocrita, stavo già pensando storto, avevo già iniziato a speculare sull'andarmene, sul lasciare perdere, sul fallire di proposito. Un masochismo che dava vita alle incertezze, alle preoccupazioni e all'infondato pessimismo, ciò mi apparteneva da sempre e nulla mi sarebbe servito per evitare quella condanna. Ma ero certo, mentre mi trascinavo in avanti stando attento a non beccare i sandali di un coetaneo, che sicuramente in quella massa qualcun altro stava vivendo la stessa, se non peggiore, situazione. Quindi mi rassegnai e lasciai lo spazio a ciò che meritava di essere ammirato.

Giovane.

Proferì Koya.

Sei uno shinobi e quindi sei preparato al combattimento ma non dimenticarti di ciò che sai fare. Sei anche inventore, no?

Sì.

Risposi io, ignaro di dove volesse arrivare.

Cosa è un inventore se non un bambino che si diverte? Non lasciare che la tua capacità di creare ti abbandoni, non lasciare che il bambino celato dentro di te ti abbandoni. Tu rappresenti il Gelo. Che i polpastrelli doloranti, i capelli congelati, le gambe caduche e il gelido respiro ti guidino.

Trovai poco di pragmatico in tutto ciò, quell'augurio aveva un ché di incerto, ma era pur sempre un augurio. Nient'altro mi sarebbe servito di più di quelle parole in quell'occasione. Le presi e le fissai nella mia mente, forse sarebbe bastate affinché l'umano ipocrita che io sono rimanga in letargo.

 
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view post Posted on 29/10/2018, 18:11
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Artificial Flower's Lullaby

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La delegazione di Suna giunse alle porte del Villaggio della Roccia con Himura in testa. Ad affiancarlo vi erano due Anbu, un ragazzo con la maschera da Lucertola e una donna con quella del Gallo. Seguivano i partecipanti, non molti ma tutti preparati e con il coprifronte di Suna in bella mostra sulle loro uniformi.
Passare dal deserto alle montagne era stato un bel cambiamento per molti di loro, specie i Genin più giovani che probabilmente non avevano mai viaggiato oltre le oasi.
Quello che però fu seriamente impressionante, e che lasciò tutti a bocca aperta -tranne il Kazekage, che però alzò per un attimo le folte sopracciglia- fu la visione dell'arena.

«Questo sì che è un bell'esempio di...»
«Cazzolunghismo.»


Tokage, al secolo Yoichi Hino, rivolse la maschera alla collega. Ondori l'aveva interrotto con un commento sprezzante, uno di quelli che lei faceva spesso e volentieri.

«Che c'è? Guarda quanto è imponente, quanto ci tengono a farci sentire piccoli e infimi. E l'odore lo senti?»

Dietro la maschera, Tokage sospirò.

«Perché devi sempre rovinare tutto, Ondori?»

Ci fu una breve e soddisfatta risatina da parte della donna, che però morì di colpo quando Himura sbuffò aria dal naso e proseguì. Dietro al proprio silenzioso Kazekage, Suna riprese ad avanzare, tra i commenti ammirati o eccitati dei convenuti che in quella mastodontica arena avrebbero sostenuto la loro prova.

«Restate concentrati» fu l'unico ammonimento dell'Hachidaime, mentre seguiva la scorta che Iwa aveva messo a disposizione dei convenuti per raggiungere il luogo designato.
 
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