Hideyoshi Jiyuu - Heiki no Kashu (兵器歌) Sukoshi dōmu, Ishi no Kuni. 31 gennaio 253, ore 13.35 Un buco nell'acqua, anzi... nella roccia. La creatura ritrovò lentamente la propria strada verso la taverna. Guidata dal sapore della terra, dall'odore del legno e della cera, di ciò che rimaneva del calore e dei fumi della notte. Non vista, si sarebbe inerpicata per lo stesso percorso adottato nel discendere all'alba. Due leggeri colpi contro il vetro della finestrella che dava sulla stanza... e fu dentro. Davanti a lei i volti dei tre esseri umani che l'abitavano, ciascuno nel proprio odore e umore, nascosto dietro un comune velo di polvere e sudore. Proseguì oltre, cercando il riparo caldo e cieco della coperta adagiata su uno dei letti. Qui, senza alcun ulteriore pensiero cosciente, terminò il proprio ciclo vitale. La metamorfosi non sarebbe stata facile, né indolore. Nello schioccare delle ossa che spingevano per ritrovare il proprio ruolo, dapprima lentamente, poi sempre più velocemente a mano a mano che guadagnavano reciproca coerenza; nell'intrecciarsi frenetico di pelle e muscoli, vene e arterie, ciascuno inseguendo lo svilupparsi caotico di questo o quell'arto. Sotto la tenue copertura del velo che aveva scelto come riparo, una massa guizzante e spasmodica prese via via una forma nuovamente familiare. In essa pensieri, sensazioni vestite di coscienza e fermezza, guidate da un istinto finalmente sganciato dal momento. Il Kokage tornava in quella stanza. Venti minuti, mezz'ora... quindi, madido di sangue e sudore, si sarebbe lentamente messo a sedere. Non era la prima volta che subiva quel procedimento, ma per certe cose non esiste abitudine."Chiedo perdono... per la scena..."Si scusò, senza addurre giustificazioni, una volta che gli venne fatto presente anche quello che aveva lasciato la mattina nella stanza. Benché le alternative non fossero molte, l'immagine e l'odore che il gruppo si era trovato davanti al risveglio meritavano, quantomeno, costernazione. La vista era ancora sfocata, così come il ricordo di quanto aveva visto, ma i contorni erano sufficientemente definiti da consentirgli un resoconto. Domandò in ogni caso di sapere prima come fosse andata in miniera, solo per ascoltare una storia non molto diversa dalla sua: niente di sospetto, niente fuori luogo. Una normale miniera, semi-abbandonata ormai, la pietra utilizzata quasi esclusivamente per i lavori in superficie. Ad un certo punto i soldi avevano smesso di arrivare... e con essi, inevitabilmente, il lavoro, mandato avanti soltanto dall'organizzazione del vecchio Ushijima.(Il minerale è terminato...? Viene estratto all'insaputa di tutti? E come?)Si passò lentamente una mano tra i capelli umidicci, contando uno ad uno i propri respiri mentre il cuore tornava ad un battito normale."Nel magazzino... nulla di sospetto, non fin dove sono riuscito a vedere... sono riuscito ad ascoltare la conversazione di due minatori... ma l'unico elemento rilevante erano i lavori per l'espansione del villaggio... Perché mai poi... perché continuare con i lavori in superficie..."Non aveva strumenti per formulare un'ipotesi. Né lui, né, immaginò, gli altri: le loro informazioni erano rimaste pressoché le stesse dalla sera prima. A questo punto, risultò rapidamente chiaro a tutti quanti che l'unica pista percorribile rimaneva Ushijima stesso. Non erano riusciti a reperire informazioni aggirandolo: avrebbero dovuto far sì che fosse lui a procurargliele. La domanda era... come? Il gruppo si sarebbe trovato ad un bivio in argomento, ed una breve discussione ne sarebbe seguita. Sui rischi dell'avvicinarlo, dell'interrogarlo, del farlo sparire... sul come, sul dove, sul quando. Era l'approccio più diretto, ma al Cantore, che ancora era lungi dal riprendersi dalla trasformazione, sembrava ci fosse ancora spazio per la cautela."Vale... vale la pena tentare di pedinarlo. Mizukage-sama, Ushijima-san è un uomo importante nel villaggio... se dovesse sparire di colpo, inevitabilmente l'intera comunità ne sarebbe allertata in qualche modo... e con ogni probabilità il nemico. Abbiamo ancora tempo. Permettetemi di provare a seguirlo... a vedere cosa fa durante il giorno. Non sarà un grande investimento di tempo ed energie."Disse, ben consapevole del costo personale che quella metamorfosi gli imponeva. Ma era un'alternativa valida, e, nelle loro condizioni, una che ancora presentava minimi margini di rischio. Decisero di fare un tentativo.Sukoshi dōmu, Ishi no Kuni. 1 febbraio 253, ore 5.30 Polvere, roccia, acqua. Carne putrefatta, lontano. Il gelo della terra. La figura si muoveva lentamente nella penombra del mattino, ammantata di calore e odore. Ogni passo sullo sterrato un terremoto, benché lento, ferito... no, vecchio, stanco. Non c'era fretta, ma c'era sospetto, attesa di qualcosa che andava visto assolutamente. Così la creatura attese, la lingua guizzante di tanto in tanto, via via scivolando in un'oscurità sempre più fitta all'intensificarsi della luce del giorno. Ma ciò che doveva avvenire non avvenne. La figura si muoveva di luogo in luogo, sempre lenta, sempre docile, emettendo suoni normali e odori normali. Ogni attività monotona, che suonava come risaputa, evidente: nessun segreto; non che alla creatura, o alla coscienza latente che vi risiedeva, fosse dato rinvenire. Una sensazione familiare. Era ormai notte quando, spinto dal freddo, il rettile tornò nuovamente alla taverna. Una scena in tutto identica a quella della mattina del giorno prima, fallimento incluso. Lentamente recuperata forza e cognizione, Hideyoshi riportò quanto aveva visto. Una vita perfettamente ordinaria, una routine tanto banale da poter generare sospetto."Ushijima-san fa la vita di un monaco... si alza al mattino prima dell'alba, va al pozzo, va al deposito, schiaccia un pisolino... al ritorno dal lavoro passa di nuovo al pozzo e poi rientra a casa."Nulla da dichiarare. Nulla di sospetto. Veniva da pensare che davvero quella loro spedizione si fosse rivelata un fallimento totale. Anche sul fronte della miniera, in cui la famigliola era tornata anche quel giorno, nulla di davvero utile. Una sola possibilità rimaneva per evitare di ammettere l'enorme perdita di tempo, una che il Kokage avrebbe volentieri evitato di intraprendere ma che, data la situazione e le prove che pesavano contro Ushijima, non poteva più essere postposta: interrogare direttamente il vecchio. L'idea era già stata tirata in ballo, e, ora che conoscevano la sua routine, si sarebbe trattato solo di selezionare il momento più opportuno. Alla fine, optarono per svolgere l'interrogatorio in casa sua, lontano da occhi e orecchie indiscreti.(Anche ammesso che l'operazione non sia più in corso, Ushijima sa senz'altro qualcosa. Non ha senso lasciarlo qui senza prenderlo di petto.)Sukoshi dōmu, Ishi no Kuni. 2 febbraio 253, ore 18.00 Così, attese. Per il Kokage sarebbe stata l'occasione per riprendersi da quei due giorni: immobile nel proprio giaciglio, né sveglio né addormentato, di tanto in tanto bevendo un sorso d'acqua e mangiando un boccone lasciatogli dagli altri. Convalescente, c'erano pochi altri modi per definirlo, mentre gli altri erano usciti alle prime luci per il turno di lavoro. I dettagli della serata, con suo minimo apporto, erano stati definiti la notte prima: come muoversi, cosa domandare, come e se disfarsi del corpo. Già, del corpo: la loro partenza avrebbe fatto breve seguito a quell'interrogatorio, e Ushijima-san non avrebbe mai più lasciato la propria casa per arrivare al pozzo. Ogni alternativa, ammesso che valesse la pena considerarla, era fin troppo rischiosa. Si risolsero per lasciarlo lì in casa, abbandonando Sukoshi dōmu prima che qualsiasi sospetto potesse emergere, purché distante da quella anonima famigliola giunta per lavoro. Alla fine, quasi senza che se ne avvedesse, la luce morente fuori dalla finestra gli suggerì di muoversi. Hide si trasformò in un comune serpente, aprendo la finestra senza eccessive cerimonie per poi scivolare fuori. Non sarebbe stato difficile raggiungere inosservati la casa del vecchio, né, stante l'assenza di qualsivoglia misura di sicurezza, entrarvi. Naturalmente avrebbe comunque usato la debita cautela, specialmente per via del viavai di minatori che iniziava a rincasare. Evitò i percorsi più trafficati, nascondendosi all'occasione guidato dalla mera necessità di non provocare spavento: nessuno gli avrebbe dedicato più di uno sguardo, in ogni caso, e presto sarebbe stato lontano da occhi indiscreti. Una volta raggiunta la propria destinazione si fermò, immobile, in attesa. Dalla casa nessun rumore, nulla che facesse sospettare ospiti in visita. Doveva essere andato tutto liscio. Alla fine, dopo diversi minuti, apparve anche l'immagine del padrone di casa. Lemme lemme, il vecchio girò l'angolo per giungere in vista del pozzo. Ricevuta quella conferma, il Kokage entrò in casa non visto."Tutto nella norma, presumo?
Sta arrivando."Riferì silenziosamente al gruppo, una volta recuperate le proprie fattezze. I tre lo avevano preceduto all'interno, come da accordi, ancora trasformati. Si prepararono, prendendo posizione strategicamente lontani dall'ingresso e dalla luce. Nessuna ragione di sospettare che Ushijima avesse subodorato l'agguato. Questione di attimi: l'uomo sarebbe rincasato con l'usuale verve da tartaruga di terra, chiudendosi dietro la porticina per accendere il lume poco lontano dall'ingresso. Nel momento in cui voltò le spalle, Harada-san lo tramortì con un colpo secco, trattenendolo immediatamente dopo dal rovinare a terra. Allora lo bendarono, e, ciascuno nuovamente nella propria forma, lo ridestarono bruscamente. Un immagine pietosa, meschina, che non lasciava presagire alcun felice destino. Ma non c'erano alternative: Ushijima era alle dipendenze del loro nemico, ed egli li aveva spinti a quel punto. Ascoltò il respiro affannato del vecchio farsi più breve e concitato a mano a mano che la paura riempiva il vuoto lasciato dallo sgomento. Solo e in trappola, dolorante e infreddolito, avrebbe rivolto un appello all'oscurità della stanza, ricevendo in cambio soltanto il tintinnare sinistro degli spiedi nella mano di chi l'aveva assalito. Sarebbe stato il Mizukage ad incominciare il confronto. Una domanda semplice, diretta, riguardo i rapporti intrattenuti con la Tanjo. Per la sorpresa di tutti, certamente per quella del Kokage, il vecchio oppose immediatamente il silenzio.(O la Tanjo Co., lontana centinaia di chilometri, fa più paura di un gruppo di assassini dentro casa propria, o Ushijima-san è un uomo che prende seriamente i propri accordi... in entrambi i casi, non è da tutti reagire a questo modo bendati e sotto minaccia di tortura... bisogna rendergliene merito...)Avvertì Niku muoversi letale dentro di sé, percependo la tensione montare dentro la stanza nell'istante stesso in cui Ushijima decise di fare il duro. Non avrebbe fatto alcuna differenza. Harada-san, schernito l'interrogato, avrebbe immediatamente fatto ricorso ad una genjutsu per sciogliergli la lingua. Opposta minima resistenza, la mente del vecchio avrebbe iniziato presto a cedere... e con essa, la parola. Ushijima ammise il proprio rapporto con la Tanjo Co., così come la propria mano nel gestire l'estrazione del fantomatico minerale da una vena speciale, in profondità sotto il villaggio, una volta che gli venisse riferita la parola d'ordine.(Libernio... siamo arrivati tardi.)Era tutto finito, tutto gestito con la massima rapidità. Con ogni probabilità, tutto già fatto sparire dalla Tanjo Co. Ammesso che riuscissero ad avvicinarsi ai magazzini nel Paese della Neve, quella situazione li metteva in estremo svantaggio. Un momento di silenzio, quindi avrebbe preso parola."Ushijima-san, il minerale veniva estratto da uomini portati dalla tanjo direttamente per lavorare, o da minatori locali? Chi lo lavorava ha mai mostrato qualche sintomo, qualcosa che non andasse?"La domanda aveva un doppio scopo: sapere se il committente aveva impiegato innestati per i lavori di estrazione e conoscere eventuali effetti collaterali del lavoro su normali esseri umani. Entrambe informazioni che potevano essere molto utili nel valutare eventuali tracce lasciate dal passaggio del Libernio. La risposta, in ogni caso, non avrebbe minimamente preso in considerazione questi aspetti. Il minerale era estratto da chiunque fornisse la password, da chiunque la Tanjo Co. inviasse o indicasse: ad Ushijima poco importava."Che aspetto aveva, ai suoi occhi?"Ripiegò su una domanda ben più banale, utile unicamente a riconoscere qualcosa che, con ogni probabilità, sarebbe stato già evidente per la difficoltà di mettervi le mani sopra. Il Libernio era un cristallo nero, duro e freddo, pesante, difficilmente scheggiabile. Il Cantore avrebbe preso la parola di Ushijima come quella di un esperto in materia, benché nulla sapessero davvero della sua esperienza di minatore. Di lì in avanti l'interrogatorio virò sul come e perché la Tanjo Co. avesse individuato il minerale e l'avesse estratto, considerata la posizione isolata del villaggio. Il vecchio, tuttavia, non seppe offrire dettagli di rilievo su questo argomento.(Scoperto per caso... già, immagino...)Era comprensibile come simili informazioni fossero ben oltre il libro paga di un mero organizzatore della manovalanza, che come direttiva aveva unicamente quella di fare bene e fare in fretta. Caricare e spedire senza fare domande. Con ogni probabilità l'uomo non se le era fatte lui stesso, abituato al lavoro com'era, nemmeno una volta... almeno fino a quel momento. Altri si occupavano della gestione delle informazioni, individui più vicini al Tossico, un nome che per il vecchio non significava più che per loro: un'immagine di sfondo, una longa manus capace di muovere intere operazioni tramite preposti. Nessuno dei quali era rimasto in zona. Non a lavoro ultimato.(Non resta più alcuna opzione allora. Se una pista esiste ancora, la troveremo a Yuki no Kuni...)Yuki no Kuni... di nuovo. Il paese aveva più di un conto in sospeso con Hideyoshi, che vi aveva quasi trovato la morte tre volte nel corso della propria carriera... l'ultima fin troppo recente perché la prospettiva di rimettervi piede non lo turbasse. E poi c'era il freddo, il peggior freddo del Continente. C'era tutto quello... e c'era anche qualche volto amico, ancora, nonostante tutto. L'immagine di chi l'aveva accolto il Suono nel suo momento di massima debolezza accompagnò lo schiocco sinistro che mise fine alla vita del vecchio Ushijima. Un colpo secco, in tutto simile a quello che l'aveva tramortito, stavolta uccideva senza lasciare scampo o traccia. Ci sarebbe stato senz'altro qualcosa da chiedere, ancora, ma la bocca dell'uomo tornava a serrarsi, questa volta preda di un turbamento che la tortura, fisica o psicologica, non poteva forzare. Allora, come da piano, la chiusero per sempre.Nord di Yuki no Kuni. 4 febbraio 253, ore 14.00 Gelo. Sui vestiti, sulla pelle, nelle ossa. Il vento flagellava la pianura congelata, correndo senza alcun freno tra un cumulo e l'altro, sollevando e spianando, scolpendo e spezzando. Non gli era dato osservare, soltanto immaginare: chino sotto il proprio cappuccio, il Kokage non sollevava lo sguardo. La destinazione rimaneva nascosta dietro un muro di neve, appena oltre il rifugio che avevano scelto per ripararsi dalla tempesta."Il monastero non è lontano da qui. Se siete ancora favorevole, Mizukage-sama, vi troveremo un facile riparo... uno privo di domande indiscrete. Chi vi abita mi ha già prestato assistenza più di una volta."Con ogni probabilità non vi avrebbero risieduto a lungo; la loro destinazione finale non era lontana.
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