覚醒 Kakusei: scontro finale, [Fase 4]

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view post Posted on 3/5/2018, 11:07
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K U M O W A V E

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Una sinfonia di lamenti e caos. Questa era l'unica cosa che vedeva Akira in quel momento, dei battenti pesanti, erano i colpi delle bestie al di fuori della barriera, e fraseggi melodici di cantanti incapaci ma pieni di entusiasmo, la voce di mille guerrieri li radunati. In questo turbinio lui si sentiva energico, sentiva quel fervore di voler combattere, ma da cosa era nato? Sembrava un ricordo di un lontano passato, forse mai esistito. Non era quella foga della sua filosofia, l'arte come arma, era qualcosa di più rude di più selvaggio, sembrava quell'anima da maschio alpha di suo padre.
Il cuore pompava tantissimo sangue, talmente tanto che in quel momento inopportuno lo shinobi ebbe addirittura un'erezione, ben visibile se qualcuno avesse abbassato gli occhi, ma chi in mezzo a quella folla avrebbe guardato la protuberanza del genin, quando in mezzo alla piazza stava accadendo qualcosa di più interessante. Il ritmo del muscolo cardiaco era in controtempo rispetto a quella massa sonora circostante, gli prudeva la mano, avrebbe cercato con essa il suo kunai invece del flautofono.

Tutta energia sprecata quella che stava provando Akira.
Era la prima volta che vide accadere qualcosa di simile, era come una magia di prestidigitatore, degli strani segni apparvero sotto i suoi piedi e sotto quelli di tutti gli altri.

*Sembra un disegno di un bambino di otto anni, che diavolo sono sti scarabocchi*

Fossi in te Akira farei come gli altri, allontanati potrebbe essere pericoloso.
Il mio consiglio L'istinto dello shinobi lo portò in salvo, lontano da quei sigilli sul terreno. Erano pericolosi e presto ogni soldato li presente lo percepì.
Era come quando uno strumento produce dei forti bassi, senti che pure le tue interiora vibrano. A volte quando la frequenza è esattamente accordata su quella del tuo corpo può fare male, molto male.
Senza alcun maestro a dirigere l'orchestra, tutti gli esecutori stavano lasciando cadere il proprio strumento e il proprio corpo a terra. Soffrivano. No c'è spazio per metafore musicali qui. Solo dolore.
Anche il giovane flautofonista lo percepì. Si mise in ginocchio, strinse la mano al petto. Quella sensazione la riconosceva bene.
Si girò cercando lo sguardo dei suoi tre compagni di squadra, ma la vista era leggermente offuscata, non gli era possibile capire se stessero bene o meno.
Riconobbe la giubba bianca di Honami.
Senti la testa vacillare, era pesante, voleva poggiare a terra. Le palpebre sbattevano. Il dolore aumentava, sentiva le energie in corpo svanire.
Tutti questi sintomi Akira li conosceva molto bene. Li riconobbe all'istante...


R...r...ragazzi...m...mi sa che mi faccio u...un....un pisolino, ho...s....s...sonno...svegliatemi d...dopo.... La voce tremolava, era rauca, come avesse sete, balbettava, faceva fatica ad esporre un pensiero completo e lucido.


Si gettò a terra nella tipica posizione che assumeva quando dormiva, pancia in giù, mano destra sotto la testa e mano sinistra vicino allo sterno.
Rimase in quella posizione qualche secondo. Il dolore era ancora presente, la testa viaggiava e vagava facendo pensieri strani che qui non posso riportarvi.
Il durello nei pantaloni scomparì, man mano che il battito cardiaco stava diminuendo pure la sua voglia di combattere svanì. E così si spense, restò a terra non emettendo alcun suono, alcuna musica. Solo un respiro flebile ma leggermente lamentato. Sudava molto forte da tutto il corpo. Sembrava il sonno di una persona che aveva appena fatto indigestione e stava affrontando degli incubi.

Era il preludio alla sua morte o aveva davvero solamente un sonno pazzesco dovuto all'ora tarda?
Intanto attorno a lui si scatenava il caos, accaddero cose, si aggiunsero timbri diversi alla grande orchestra di quella piazza, ma lui non sentiva niente e lentamente il respiro modulò in un russare molto profondo e gutturale.
Il peggior shinobi di sempre, stava davvero dormendo nel mezzo della battaglia.
 
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view post Posted on 3/5/2018, 18:07
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Non furono le parole ad attrarre l'attenzione del castano; erano accavallate, insignificanti e confuse nell'inferno della caciara che i due principali protagonisti di quell'assurda vicenda stavano sollevando. Pure quelle che avrebbero dovuto essere le maggiormente importanti non dicevano assolutamente nulla, dimenticabili nella cieca convinzione che, fomentandosi da sola, sfociava inevitabilmente nel becero fanatismo. No. Erano i rimbombi esterni quelli che lo avevano messo in condizione d'allerta, che gli mozzavano il respiro nonostante i suoi occhi vagassero in mezzo a uno spettacolo dalle tinte grottesche e, in un certo qual senso, comiche. C'erano i demoni la fuori, desiderosi di accedere, di sfondare la barriera che, per il momento, teneva al sicuro tutti loro. Ed era come sentire il pulsare sordo del cuore in petto, in un eco sinistro che ghermisce l'anima e paralizza il corpo. Strinse maggiormente sull'elsa e, frustrato, digrignò i denti. Lo sapeva che quella sarebbe stata la fine; sapeva di essere, come tutti gli altri presenti, un viscido verme appeso ad un amo. Non importava quanto si dimenasse per trovare una speranza e non importava quanta forza avesse in corpo per lottare: ogni tentativo sarebbe stato vano. Beh. Forse era anche un bene lasciare una volta per tutte quel mondo di merda, ma non gli andava certo a genio farla finita in una maniera così squallida. Oltretutto non sapendo che uno dei pochi ad aver saputo condividere con lui dei momenti importanti, talmente vicino da poter perfettamente scindere dal resto il pulsare alquanto forsennato del suo cuore, sarebbe andato incontro al suo stesso destino. Quello, su tutto, non era per nulla facile da accettare.
Da li a poco accadde tutto sin troppo in fretta, tanto da confonderlo. Nonostante avesse avuto la prontezza di sguainare la sua arma nello stesso momento in cui percepì la barriera cedere del tutto alla carica disperata dei demoni codati, pronto a lottare indomito per salvaguardare la propria vita e, al massimo, quella del compagno alla sua destra, quel maledetto figlio di una cagna al centro delle rovine aveva sollevato qualcosa e un bagliore li aveva resi ciechi per qualche istante, costringendolo a chiudere gli occhi e pararseli col dorso della sinistra. Fu a quel punto che le cose precipitarono, che tutto quello che aveva attorno prese una connotazione distorta, come se un forte capogiro l'avesse colto con conseguente abbassamento di pressione. Una sensazione pessima, che non fece che peggiorare nella sintomatologia ad una rapidità impressionante.
Cedette in ginocchio, devastato dal malessere sempre più marcato, pieno di una collera senza precedenti che si rifletteva soltanto nel suo sguardo infuocato.
Kono yarou.. Espressione semplice, ma che abbandonò le sue labbra con estrema fatica. Sapeva che era colpa di quel disgraziato ragazzino con tanto di paraocchi, che non aveva fatto altro che attirarli li per metterli tutti letteralmente a novanta con la scusa di salvare il mondo. Ma saperlo non aiutava. Avere il capro espiatorio a non troppi passi di distanza non serviva a placare né la sua rabbia né tanto meno il panico che pareva montargli dentro come panna sostenuta da uno sbattitore elettrico.
Cominciava a sentire una certa nausea, al punto da costringerlo a lottare più che altro contro l'istinto di rigettare il poco che aveva mangiato quel giorno che contro il destino che stava abbattendosi su di loro. Aveva preso a tremare la terra, e quei glifi sotto i piedi vennero spezzati in un battibaleno, accompagnati da un suono acuto, stridente, fastidioso e profondo come unghie su una lavagna. Ebbe modo di sollevare lo sguardo, di rendersi conto di qualsiasi cosa stesse accadendo fuori dal suo diretto controllo: una statua dalle sembianze umanoidi, piena di occhi strabici, spiritati, agonizzante in una maniera atroce, stava spingendosi fuori dalla fenditura aperta nel terreno, in cerca di libertà. Ne rimase paralizzato, spiazzato, spaventato. Era davvero la fine, quindi. Che strano aspetto che aveva la Morte, pronta a ghermire le anime dei superstiti di quel maledetto rituale. Serpenti luminosi attraversarono uomini e donne, indistintamente dalla loro fazione e dai loro ideali; l'ecatombe senza precedenti non avrebbe risparmiato nessuno, nemmeno quelli più audaci da tentare strenuamente di contrastare quell'attacco.


A quanto pare dovrò espiare i miei peccati prima del previsto.

Sorrise a quel pensiero insulso, stupido, fuori luogo. Non avrebbe avuto tempo per espiarli, e non ne aveva nemmeno volontà. Era frutto di quello che gli avevano fatto, frutto dell'odio di un genitore che l'aveva quasi spedito all'altro mondo, di un fratello che l'aveva sempre sminuito, di una madre incapace di proteggerlo e di un villaggio che l'aveva trasformato nel peggior assassino di sempre. Non aveva rimorsi per essere quello che era, per aver fatto quello che aveva fatto. L'unico rimorso si presentò sotto forma di uno spintone, che l'aveva scansato dalla traiettoria di uno di quei serpentelli della fine. Un rimorso che aveva l'aspetto di un irriverente ragazzino dai capelli rossi, che in un ultimo sforzo aveva cercato di salvarlo, facendosi scudo poi con la sua arma a forma di ombrello e finendo per essere colpito sotto i suoi occhi. Quella visione, penosa, dolorosa, s'impresse a fuoco nella sua mente negli ultimi attimi che gli restavano da vivere.
Tutto parve svolgersi a rallentatore: grida silenziose fecero per uscire dalle sue labbra, mentre con le ultime forze rimaste si protendeva verso il corpo in caduta libera del compagno privo di vita. Non fece in tempo a piangerlo. Non fece in tempo a realizzare. Fu colpito. Tutto cadde lentamente nell'oblio e il suo corpo, guscio vuoto di un'anima nera, cadde al fianco del compagno che aveva appena raggiunto durante la caduta. Destino crudele sopravvivere a una delle persone che contano maggiormente, anche solo per un istante in più.

 
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Blazing Phoenix
view post Posted on 3/5/2018, 22:38




L'intero piazzale cominciò a fremere. Le miriadi di voci si accavallavano tra di loro, non riuscii a capire cosa stesse venendo discusso. Nel baccano generale, studiai con più attenzione la figura dell'anziana donna in testa alle forze del Kyo Dan.

Portava i capelli raccolti dietro la nuca e vestiva come una sacerdotessa. La sua espressione era distesa ma i suoi occhi, piantati sul leader del Taisei da quando aveva messo piede nella piazza, traboccavano indignazione e puro astio. La sua compostezza e l'aura che la circondava mi ricordò in qualche modo la sacerdotessa in blu con cui mi confrontai nel Paese del Ferro. La differenza stava nel fatto che quella era una ciarlatana imbrogliona, al contrario della donna armata di una lama fiammeggiante, che fronteggiava apertamente l'immenso schieramento di forze dinanzi a lei. Prese la parola, rivolgendosi principalmente alla nobile Hokage della Foglia ed il Kokage ma mantenendo gli occhi fissi sul leader rivale. Parlò di blasfemia, di Kami e di come le bestie alle sue spalle fossero all'origine del chakra stesso. Il mio sguardo si assottigliò mentre continuavo a studiare i lineamenti e le parole della donna. La sua ferrea convinzione era facilmente percepibile ma non era con questi sermoni che avrebbe ottenuto la ragione. Era per nostra stessa colpa che ora queste creature fossero accecate dalla furia? Poteva darsi, così come ero disposto a credere su di una generale innocenza ma -e quello era un grosso “ma”- erano ben lontane dall'essere anche minimamente indifese o innocue. Raccolsi il coraggio che mi era rimasto e spostai lo sguardo nuovamente sulle torreggianti sagome appena oltre la barriera. Dietro ognuna di esse, un insolito numero di code si dimenava come fossero tentacoli. Il terrore mi attanagliò nuovamente il petto, immobilizzandomi. Dovetti prendere diversi, lunghi respiri prima di sentirmi in grado di muovermi di nuovo. Se l'unica cosa che quelle creature conoscevano era la distruzione indiscriminata e selvaggia allora, Kami o no, la convivenza era fuori questione.

Quasi come se mi avesse letto nel pensiero, uno dei Bijuu lanciò l'ennesimo attacco. Fu la goccia che fece traboccare il vaso. La barriera si illuminò un ultima volta e, infine, si dissolse. L'aria venne immediatamente riempita da ruggiti selvaggi, talmente potenti da scuotere la terra, i palazzi in rovine e perfino rimbombarmi nella tassa toracica. Polvere e detriti si staccarono dalle pareti degli edifici mentre le scosse crescevano d'intensità anziché diminuire; i Bijuu erano partiti in carica. Fu il caos. Le scosse che crescevano d'intensità, le grida incomprensibili, la devastazione che seguì l'avanzata di quelle gigantesche creature, cominciai ad avere serie difficoltà a mantenere i nervi saldi, anche con mio padre a farmi da scudo. Il mio respiro si fece affannato, digrignai i denti, gemendo, mentre tentavo disperatamente di tenermi pronto a difendere me e la mia famiglia.

Un bagliore scaturì dal centro della piazza. Voltandomi potei scorgere il leader del Taisei mentre sollevava un braccio. La fonte di quella luce era proprio nella sua mano; dovetti ripararmi gli occhi per osservare meglio, sembrava una specie di medaglione. Espandendosi dal centro della piazza, un'elaborata rete di sigilli comparve sul terreno, illuminandosi. Fu allora che accadde. Improvvise grida allarmate si sparsero tra la folla e, infine, i glifi comparvero anche sotto i miei stessi piedi. Mio padre venne come scosso da una forza invisibile, le gambe di mia sorella Ren tremarono e lei rapidamente si sorresse con la propria lancia. Quanto a me... sembrava come se avessi preso un pugno direttamente nell'anima. Mi si annebbiò la vista, la testa cominciò a girarmi, non potei far altro che aprire la bocca e lasciar sfuggire un debolissimo gemito mentre il mio corpo si lasciava cadere a terra. La vista mi abbandonò per qualche istante.

« Ngh... cos... SUN?! »

« SUUUUUUN! »

Non capivo più niente, non sapevo cosa stesse succedendo. Era come se la mia energia vitale stessa mi stesse venendo strappata dal corpo. Riaprii gli occhi, riuscivo a malapena a mettere a fuoco i volti di mio padre e mia sorella. Mio padre doveva avermi impedito di cadere completamente, sosteneva gentilmente il mio torso con un braccio; Ren faceva altrettanto. Gocce di sudore imperlavano la fronte di mio padre, aveva il fiatone. Ma che diavolo stava succedendo?! Strinsi i denti e provai ad issarmi ma non riuscii a smuovermi neanche di un millimetro, fui colto da un altro mancamento e la vista si annebbiò nuovamente. Guardai mia sorella. Il suo volto era pallido, gli occhi erano spenti, affaticati oltremisura, sembrava sul punto di collassare anche lei. Il cuore mi si riempì di tristezza, le mie labbra tremarono; allungai debolmente una mano verso di lei mentre le lacrime iniziarono a rigarmi il volto. Sentivo che presto avrei perso completamente i sensi... se non peggio.

« R-Ren...Pa...pà... »

La vidi mordersi le labbra, cominciò a piangere silenziosamente anche lei. Abbassò lo sguardo per appena un istante, dopodiché le sue forze vennero a mancare. Si accasciò accanto a me con un tonfo a malapena percettibile.

« Ren. Sun.»

Mio padre aveva la voce rotta dal pianto, serrava la mascella con forza. Provò ad alzarsi in piedi ma le sue gambe vacillarono, riuscì solo a mantenersi in ginocchio.

« OOOOOOOAAAAAAAAAAAAH! MALEDETTI! »

Gridò con tutto il fiato che aveva, mentre le lacrime scendevano copiosamente lungo le sue guance. Si gettò in avanti e sbatté i pugni a terra. Era evidente che anche solo provare a sostenere il suo stesso peso gli stesse diventando faticoso. In tutto questo, la mia frustrazione non faceva che aumentare. Non riuscivo minimamente a muovere il corpo, stavo lentamente perdendo ogni sensibilità, non riuscivo a parlare e respiravo a malapena. A parte il respiro debolissimo, le lacrime che continuavano a sgorgare dai miei occhi erano l'unica cosa che dimostrava fossi ancora vivo.

Un grido provenne dal centro della piazza, una forza invisibile attraversò l'aria e la terrà si spaccò. Un boato che sovrastava di gran lunga tutti quelli che fino a poco tempo prima riempivano l'aria accompagnò la distruzione dei sigilli sotto di noi. Fu come una boccata d'aria dopo un'apnea prolungata. Ansimando, sentii tornare una minima parte delle mie forze, abbastanza da permettermi di rotolarmi su di un fianco e darmi un'occhiata intorno. Sentii il cuore sprofondare, non avevo minimamente notato che qualunque atrocità fosse avvenuta a noi, questa aveva immobilizzato pure i Bijuu. Adesso, però, quei “demoni” avevano ripreso la loro feroce carica, demolendo ogni palazzo che intralciava il loro cammino come se niente fosse. Tutti gli eserciti, ogni singolo shinobi, genin o Kage che fosse, era accasciato a terra o in condizioni pessime. Non potevamo opporci. Un nuovo grido straziato esplose con fragore. Troppo intenso e profondo per essere umano, gli echi distorti che lo avevano accompagnato erano fuoriusciti dall'enorme cratere che spaccava Fukagizu. Quel grido disumano, disperato e feroce al tempo stesso, crebbe d'intensità. Due mani... due mani gigantesche si aggrapparono alle due estremità del cratere. Ciò che le seguì... mi fece sprofondare nel terrore più totale. Una gigantesca statua dalle fattezze umane e al tempo stesso demoniache. Gridava, agonizzava, si dimenava. Con enorme sforzo, mi trascinai verso mia sorella, anche lei aveva cominciato a muoversi. Le afferrai una spalla.

« Ren...coff...Ren! Ren dobbiamo andarcene da qui! »

Parlare mi faceva male alla gola ma nulla mi avrebbe impedito di portare mia sorella e mio padre via da quest'inferno. Mio padre era ancora in ginocchio, si teneva sollevato da terra con le braccia ma tremava vistosamente, era ancora sovraffaticato.

« Papà! Un altro mostro è spuntato da sottoterra, dobbiamo metterci al riparo! »

La mia voce venne sovrastata da un altro, disumano grido. Arrancando ferocemente, la statua vivente si trascinò verso gli shinobi... verso di noi. Mi voltai verso Ren un'ultima volta, allungai una mano ma, prima che potessi anche solo sfiorarla, il nuovo urlo di quell'abominio sembrò aggrapparsi alla mia stessa anima e prendere controllo del mio corpo. Con la coda dell'occhio scorsi la statua spalancare le proprie fauci, un'infinità di lingue sembrò scaturirne. Si riversarono sulla folla esanime, in un silenzio terrificante. Come serpenti si muovevano sinuosamente in ogni anfratto, ogni strada, ogni vicolo. Uno di essi, si mosse attraverso il suo corpo come fosse uno spettro, e Maeda Sanzo rovinò a terra, immobile. Un grido disperato esplose dalla mia gola, potei solo allungare un braccio verso di lui. Un pallido bagliore preannunciò l'arrivo di un secondo serpente spettrale. Lambì mia sorella, senza alcun suono o spostamento d'aria. Lei mi guardò mentre questo accadeva, vidi il suo sguardo perdere ogni bagliore di vita. Si immobilizzò. Continuava a guardarmi con occhi vitrei. Disperatamente mi trascinai su di lei, avvolgendo un braccio intorno alle sue spalle. Poggiai la mia fronte contro la sua, piangendo silenziosamente. Non potevo credere che stesse succedendo davvero... non volevo crederlo. Non volevo accettarlo. Non potevo accettarlo. Un altro di quei serpenti spettrali comparve, poco più di un metro sopra la mia testa.

« Fuggirò dall'inferno più profondo, sconfiggerò il più micidiale dei demoni. Torneremo a Suna insieme. Tu, papà ed io. Te lo prometto, Ren. »

La manifestazione eterea calò su di me. Tutto si fece bianco. Non sentii più nulla.
 
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view post Posted on 4/5/2018, 14:31
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Raion: Parlato
***Pensato***


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Ancora tentacoli???





Raion: Si Keinji-sama rispose alle parole del Jonin che sembrava avere la situazione sotto controllo come sempre.
***Anche se non mi convince per niente tutta questa storia... anzi...***

Quando sotto i piedi vide un sigillo richiamato dallo stesso Katuritsen a Raion parti' un urlo di gioia.
Raion: AHHH! Avevo ragione luridi impostori! Ci state fottendo! Verrete dannati dai Kami!
Si volto' verso Kinji al suo fianco, avrebbe voluto dire qualche cosa ma si trattenne
***Mi ride talmente il culo Kinji-sama.... quanto avevo.... avevo... ma prorco di un cane....*** le forze cominciarono ad affievolirsi: quel sigillo gli stava risucchiando il chakra.
Dovette appoggiarsi con un ginocchio a terra e reggersi la capoccia in preda a un giramento di testa prossimo al mancamento.

Raion: Ki...Kinji-sama... ma che....

E fu poi il momento del volta-gabbana di uno del taisei. Raion non ne vide la scena ma ne potè solo verificare gli effetti: la terra tremo', il suolo comincio' a frazionarsi...
Quando la terra tremo' il Kamata senti' dentro di se la paura montare. Non la paura per cio' che succedeva, ma... la paura di aver ragione..

Grosse spaccature nel terreno iniziarono a rivelare un corpo di un bestia gigantesca. Il suolo venne letteralmente squarciato dall'uscita di quella bestia.

Ed infine tentacoli di chakra uscirono da quell'orrenda creatura evocata solo per metà.
Fu una visione orrenda. I tentacoli mietevano anime come se nulla fosse.
***Santissimi Kami....***
Giovani genin e jonin non vennero risparmiati. Kyo-dan o Taisei erano anche loro in preda a quelle evocazioni di puro chakra.

***Maledizione... è peggio di quello che pensassi... non solo ci volevano inculare... ma è pure andato a puttane il loro piano! E ora.... ecco le conseguenze!!***

I primi tentacoli arrivarono nella piazza e subito presero di mira i primi shinobi della foglia. Di fronte a se il primo venne preso. Il Kamata si mise le gambe in spalla buttandosi dietro le più vicine zolle di terra e rovine riversatesi nella piazza.

Raion: Kinji-sama! Presto! Prenda un riparooooo! Ma che diavolo fa?? e lo vide aprire le braccia abbandonare se stesso alla mercé dell'inevitabile.

***Ma gli è dato di volta il cervello?? Bisogna che faccia qualcosa altrimenti...***
Swissshhhh
Swishhhhh

Altri due tentacoli gli passarono sopra la testa, sopra il nascondiglio trovato e puntavano verso i genin e Hakurei non distante.
L'eremita dell'inchiostro fece per aprire bocca, ma era troppo tardi, Hakurei stava giá perdendo conoscenza.

Raion: Hakuuuuuuuuuu! Maledizione... testone di un Uchiha... anche lui.... e moh?

Da tutti i lati, uno dopo l'altro gli shinobi cadevano come mele mature.
Raion: Santi Kami... sto nella merda.... se metto il naso fuori da sto buco son fritto... ma dovrò pur uscire...

Per terra vi era un pezzo di metallo abbastanza lucido. Lo prese, lo pulì per bene cercando di renderlo il più lucido possibile e "specchioso".
Con un colpo secco lo infiló nella parte "pelosa" sulla punta del suo scopettone da cessi.
Raion: e... ora... vediamo se ho strada libera...
Allungando lo scopettoncino fuori dal bunker che si era trovato, sperava di vedere la situazione circostante senza mettere il muso fuori.

Ma ciò che vide fu solo devastazione. E....
Raion: Santiiii Kamiiiii! un tetacolo puntava diretto allo specchietto riflettente.

Il Kamata fece per ritirare subito lo scopettone dentro la fossa in cui era ma il tentacolo si avvinghiò allo stesso come una serpe inviperita.

Raion: Merda merda merda merda merda merda.... continuó a ripetere scuotendo "l'arma" per liberarsi dalla presa. Ma fu inutile, il tentacolo risalì fino all'impugnatura e al polso del disegnatore.

Raion: Maledizione!! Vattttteeeeee....nnnnn......eeeeee...... e gli occhi del disegnatore si chiusero sentendo ogni minima forza svanire attimo dopo attimo.


 
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view post Posted on 4/5/2018, 16:53

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Rimase su quella colonna per diverso tempo, perso fra i propri pensieri, mentre lo sguardo scrutava l'orizzonte per poter constatare quanto percepito fino a quel momento. L'esercito nemico era in marcia ed in poco tempo avrebbe raggiunto il luogo presso il quale evidentemente ci sarebbe stato l'ultimo confronto o, almeno questo, era il pensiero dello spadaccino. Quella mole immensa di chakra s'avvicinava inesorabile e la sola vicinanza di cotanta energia riuscì a smuovere la compagna, rimasta fino a quel momento silente. Null'altro che un nuovo banchetto per lei, un pasto dalle portate talmente prelibate da risvegliare gli istinti più animaleschi. Mitsuaki però era di tutt'altra idea e non avrebbe più ceduto al potere della spada così come accaduto durante il precedente scontro.
Passarono diversi minuti e nel frattempo il sole iniziò a sparire all'orizzonte, lasciando spazio ad una luce ben più tenue, con le ombre delle rovine che parvero allungarsi come a voler cingere a se qualsiasi cosa. Si ritrovò a scendere da quella colonna solo quando percepì la vicinanza degli uomini del Kyo Dan, ormai giunti ai piedi della barriera assieme alle bestie codate. E furono proprio queste ultime a rimanere escluse dal confronto per via della barriera, ancora integra nonostante le ripetute percosse da parte dei mostri.
Si ritrovò ad affiancare Hayate non appena le compagini ebbero raggiunto il centro esatto di quella piazza, con il leader dell'ordine che ora fronteggiava frontalmente quell'anziana signora avvolta da una spessa coltre fumosa e la quale si rivelò immediatamente essere invece a capo delle forze nemiche. Le parole di Manpeiko, questo il suo nome, provarono a rispondere alle rimostranze dei leader presenti esponendo in maniera più o meno palese il pensiero del Kyo Dan stesso.


(Dei...blasfemia...questi sono tutti pazzi! Ma non capiscono che quelle cose sono mostri di puro chakra pronti ad ammazzarci con una sola zampata?!)

Si morse il labbro, costringendosi a rimanere in silenzio per poter ascoltare cos'altro quegli invasati avevano da dire.
Ma non vi fu tempo per continuare ad ascoltare ed evidentemente il tempo delle parole era terminato. Dopo i continui attacchi la cupola cedette non potendo più tenere a bada i cinque demoni che, dal canto loro, iniziarono a riversarsi verso la loro stessa posizione. Il tempo di combattere era giunto tanto che la mano corse quasi involontariamente a cercare l'elsa della Samehada, trovandola li dov'era sempre riposta. Eppure non vi fu il tempo di sguainare le armi o compiere qualsiasi altra azione che qualcosa parve sconvolgere l'andamento naturale delle cose: sotto i loro piedi sigilli pulsanti di luce propria iniziarono a risplendere con sempre più forza, bloccando chiunque sul posto ed inchiodando persino le cinque bestie rimaste allo stato brado. Mitsuaki percepì il suo chakra venir risucchiato con sempre maggior intensità senza poter far nulla per impedirlo. Il corpo si faceva sempre più pesante e persino tenersi in piedi stava diventando difficoltoso. Era questa la sensazione che chiunque provava nell'essere colpito dalla Pelle di Squalo? Ironico come si potesse passare da un lato all'altro della medaglia con tanta facilità. Attorno a lui molti iniziarono a cedere a quello spossamento tanto potente, finendo al suolo privi di conoscenza. Sentì le urla umane mischiarsi a quelle delle bestie mentre una rabbia crescente si impadroniva di lui nell'osservare il colpevole di tutto questo, quel giovane uomo a capo del Taisei che ora stringeva fra le mani un gioiello vistosamente luminescente. E proprio quando le forze stavano per abbandonarlo inesorabilmente qualcosa di ancor più sconvolgente accadde, mettendo fine a quello strano risucchio di chakra ma dando vita a qualcosa di ancor più spaventoso. Vide chiaramente un uomo strappare a quell'individuo la pietra e quasi contemporaneamente un boato giunse dalle viscere della terra, squarciando il terreno sotto i loro piedi e portando con se parte di quelle rovine. Come nel peggiore dei suoi incubi Mitsuaki vide due mani gigantesche aggrapparsi alle estremità di quel cratere, rimanendo senza fiato nell'osservare quel che ne uscì poco dopo. Un essere dalle dimensioni mastodontiche dalle fattezze quasi umanoidi ma che di umano aveva ben poco. Il volto rivelava diversi occhi iniettati di rabbia ed il solo incrociare lo sguardo con quella creatura gli raggelò il sangue nelle vene e forse per la prima volta in quella battaglia percepì la paura impadronirsi di lui.
Un urlo, poi un altro ed un altro ancora. Il mostro sembrò spingersi in avanti con la sola forza delle proprie braccia e quando sembrò non farcela più una strana luce si dipanò dalla sua bocca, rivelando diversi serpenti fatti di puro chakra pronti a schizzare in ogni direzione. I primi colpiti caddero al suolo e persino senza utilizzare la propria abilità lo Squalo comprese come la vita aesse abbandonato definitivamente quei corpi.
Stava davvero per morire?
Vide uno di quei tentacoli puntarlo e d'istinto provò ad utilizzare un fendente per poterne tranciare le fattezze. Tutto inutile, tanto che venne trapassato da parte a parte senza la minima difficoltà. E fu questione di un attimo, mentre tutt'attorno il mondo perdeva i suoi colori e quella sensazione di leggerezza si impadroniva del suo corpo. Tutto finito in meno d'un battito di ciglia.
Che modo stupido di morire.
 
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view post Posted on 4/5/2018, 20:04
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Qualcuno parla, i kage parlano, il Diavolo parla, ma che importanza ha? Il kyo dan ha oltrepassato la barriera e si erge dall'altro lato della piazza. Alla loro testa vi è quella donna, che ci sfida con il suo sguardo di fuoco. Le parole che dice lei sembrano le più importanti, Manpeiko, così si chiama, sembra essere il cardine di questa guerra, il kyo dan il motivo per cui siamo qui a combattere. Nemmeno ciò che esce dalla sua bocca però ha un peso reale: la stessa guerra tra i due ordini non è altro che un litigio tra bambini, quando i veri protagonisti non sono soliti far ricorso alle parole, né ne hanno bisogno, basta la loro presenza a far gelare il sangue nelle vene e il loro passo a far tremare la terra. Nonostante tutto mi chiedo se la donna abbia ragione, se nelle sue parole, oltre al folle fanatismo che non mi sogno nemmeno di mettere in dubbio, ci sia del vero. Terrificante a pensarci, che la colpa sia nostra, eppure dentro di me sento che almeno in parte sia così. È la sensazione sgradevole che schierandoci con il Taisei non faremo una cosa molto migliore di unirci ai ranghi dei cultisti.

Importa? Probabilmente non più, nemmeno questo. La barriera crolla davanti ai miei occhi e i kami del kyo dan, lanciati al galoppo, portano la rovina che tutti aspettavamo. Lo so che il Taisei deve aver previsto qualcosa, che il loro piano non può finire con quella barriera, ma quale forza umana può avere anche solo un barlume di speranza contro non una, ma cinque, di quelle creature?
Sto in guardia, perché so che è ciò che devo fare, pronta a reagire al primo ordine di prendere parte allo scontro che sta per avere luogo. Vedo che qualcuno è sicuro di sé, convinto delle proprie capacità in quella guerra; non hanno idea di quello che accadrà. In un attimo però scopro di non averla neanche io, né il kage, né nessuno dei leader degli altri villaggi, né tantomeno Manpeiko che appare sorpresa come ogni altro dalle linee di luce che si propagano nel terreno. Con i glifi viene la spossatezza, sento il mio chakra venire prosciugato, strappato via con forza da ogni parte del mio corpo. Così è questo il piano del Taisei, assorbire il chakra di tutti i presenti nella piazza. Pochi secondi e già fatico a tenermi in piedi, le ginocchia tremano per il solo sforzo di mantenersi dritte. Prendo il bastone per sorreggermi, ma la mano scivola dall'impugnatura e cado. Finisco lunga distesa, il bastone a terra al mio fianco, troppo debole per sentire, figuriamoci per muovermi.

Il ruvido tocco della pietra è freddo sul mio volto, non so quanto tempo è passato, credo secondi, ma potrebbero essere state ore. Scopro di essere ancora debole quando provo a rialzarmi e la testa mi ricade pesante sul terreno. Faticosamente riesco ad issarmi sui gomiti e guardo davanti a me. I glifi sono scomparsi, ma in compenso una statua di dimensioni immani è apparsa dal terreno. Deve essere stata lei a causare quel boato e quelle urla tremende. La statua cerca di uscire faticosamente dal terreno e, questo è certo, fa paura. Se la guerra e i bijuu sono spaventosi perché potrebbero facilmente ucciderti, questo è peggio, perché in qualche modo tu lo sai, che vuole farlo. Anche quando per un momento spero che si sia miracolosamente fermata, la statua rivela un'ultima terrificante sorpresa: draghi evanescenti fuoriescono dalla sua bocca, e vedo gli shinobi più vicini a lei, colpiti, accasciarsi a terra probabilmente senza vita. Non c'è speranza, né via di fuga. Non voglio morire, è così presto e la vita è tutto ciò che ho, ma è troppo tardi ormai, stavolta è finita davvero. Osservo con orrore il drago che si avvicina, senza nemmeno tentare un'inutile difesa.
È sempre più vicino, in un attimo mi sarà addosso. Non riesco a guardarlo, chiudo istintivamente gli occhi un istante prima dell'impatto. Li chiudo per non riaprirli più. La statua si prende tutta me stessa, la luce mi attraversa e a terra rimane soltanto il corpo vuoto di una ragazza che avrebbe voluto cambiare le cose, ma il condizionale passato non ha mai cambiato nulla.

Edited by Pellegrinxi - 5/5/2018, 01:18
 
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view post Posted on 5/5/2018, 01:29
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Parlato Yuji <Testo>
Parlato Kiyomi (madre) <Testo>
Pensato §Testo§


Guardò Eiji salire in cima di una roccia e iniziare un monologo con i presenti. Yuji non aveva idea dell'ideologia di ciascuna delle due fazioni, tuttavia era d'accordo con le argomentazioni mosse dal caposquadra. Era anche vero che non sarebbe stato per nulla facile iniziare un'azione pacifica con un demone che vuole solo vendicarsi dei torti subiti. Comunque il chunin non venne ascoltato dalle persone più influenti presenti, ma addirittura gli parlarono sopra come se non avesse aperto bocca. Una vecchia iniziò un monologo, parlando di Dei dalle sembianze di Biju e stronzate varie. Yuji non sapeva che pensare, ma sicuramente non avrebbe mai venerato un demone sterminatore di umani. Nel frattempo dei boati proveniente dalla barriera si fecesero sempre più forti. All'inizio sembrò quasi che la barriera dopo alcuni attacchi stesse per rompersi e difatti così avvenne. La barriera che fin'ora aveva protetto gran parte del luogo cadde, lasciando entrare l'esercito nemico e i biju che nel frattempo avevano fatto la loro comparsa con ruggiti e distruzione. Che fosse la fine di tutto? Che fosse la fine di Yuji? Le sorprese però non finirono. Da sotto i piedi del flautista comparvero dei sigilli e una luce molto intensa fece la sua comparsa, accecando per un momento i presenti. Dopo qualche istante gli occhi di Yuji parvero chiudersi da soli e una sensazione mai provata prima d'ora lo travolse come un fiume in piena. L'unica cosa che voleva in quel momento era addormentarsi e fare un riposino.

< ...Io...chiudo... gli occhi... un... momento... >

Tra il lamento dei Biju e tra le urla degli scontri in lontananza, il flautista vide tutto nero come se fosse stato risucchiato in un sogno. Per un momento vide sua madre, morta a causa del parto, sorridergli in lontananza.

§ ...D-dove mi trovo?...Che sta succedendo?... Dove sono finiti tutti?... §

< ...Yuji alzati... >

Una voce femminile e distante riecheggiò nella sua mente. Sembrava che qualcuno lo stesse chiamando. Ma chi poteva essere? Tuttavia, prima che potesse capire, Yuji si risvegliò da quello strano sogno e ritornò nella realtà. Davanti a sè comparve Eiji che nel frattempo avevano sguainato le sue armi. Un boato e un ruggito ancora più forte di quelli sentiti fin'ora fecero da padrona nella scena. Sembrava di essere in un incubo. Da sotto le macerie sbucò un qualcosa di non definibile. Cosa diamine era quel coso?! Yuji incominciò a sudare freddo per il terrore e le sue gambe iniziarono a tremare vistosamente. Il panico ebbe il sopravvento e ghermì il giovane genin.

§ ... Prendi il Kunai Yuji! NON STARE Lì IMPALATO! FAI QUALCOSA CAZZO! §

Urlò tra sè il giovane genin. Tuttavia il corpo non rispondeva ai suoi comandi e anzi rimase lì fermo come una statua. Era come se qualcosa lo tenesse bloccato dal fare qualsiasi cosa. Nel frattempo era scoppiato il caos. Quella cosa non ben definita stava creando il caos fagocitando il chakra di tutti i ninja presenti in quella zona, compreso quello di Yuji. Cosa avrebbe fatto il genin? La risposta era semplice: avrebbe dovuto scappare e tentare di salvare la pelle, ma come detto era in qualche modo bloccato dal compiere qualsiasi azione. Davanti a sè intanto, Eiji venne preso da una delle serpi che fuoriuscivano dalla creatura in cerca di chakra e in un battibaleno anche Yuji venne preso da uno di quei cosi. Senza possibilità di fare nulla, il flautista si lasciò risucchiare le ultime gocce di chakra in corpo quasi senza far nulla per cercare di contrastarlo. Ormai era tardi, era in balia della creatura...


Scusate per il ritardo. Ho avuto una marea di cose da fare
 
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Mhh... mhhhh..

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Ishi no Kuni, 20 gennaio 249


*Gli eventi precipitarono quasi troppo rapidamente perché Hideyoshi potesse maledirli uno ad uno. Quasi.
Dal centro della piazza e delle attenzioni di tutti i convenuti, Manpeiko rivolse loro la propria risposta. Che le avessero augurato la morte, che l’avessero incalzata o anche solo cortesemente invitata a dar loro delle risposte non fece differenza alcuna: le parole di Manpeiko suonarono al Cantore come una parafrasi vuota e banale, una fanatica ripetizione di quanto era scritto nella lettera. La donna era un’invasata, e il ragazzo non poteva fare a meno di pensare che lo fossero anche tutti coloro che avevano deciso di seguirla. Inspiegabile come potessero, come fossero in grado di buttare le proprie vite sulla base delle promesse di una donna che chiaramente non aveva idea di cosa la attendesse al termine di quel folle proposito. Nonostante in vita sua avesse visto quella cieca sudditanza assumere mille forme diverse, non riusciva a non sorprendersi, a non biasimare. Le conseguenze non variavano mai.*


(Carne da macello. Carne da macello.)

*Non riusciva a togliersi quelle parole dalla testa, né il tono di chi, per la prima volta, gliela aveva rivolte. Ed ogni volta che le ripeteva il cuore saltava un battito, il Segno prendeva piede in corpo e mente. Non sarebbe morto nella guerra di qualcun altro, non sarebbe stato più uno strumento altrui. Diecimila volte se l’era promesso, ora come allora, messo di fronte ad ordini o promesse folli.
Ritenere che i demoni potessero avere un legame con loro, potessero addirittura convivere con loro, rientrava pienamente nella categoria. Il modo in cui il Sette Code li aveva sterminati non aveva nulla di folle o bestiale: la creatura li aveva attratti, aveva atteso il momento opportuno ed aveva colpito senza alcuna esitazione. E se questi potevano ancora latamente assumersi come comportamenti animali, predatori, certamente non lo erano state le parole che il demone gli aveva rivolto un istante prima di impalare Utako.*


(Follia. Queste creature sono per noi il lupo. No, nemmeno, sono l’uragano, il terremoto, il cataclisma. Non hanno alcun interesse nel cacciarci, non hanno alcun interesse nel nostro sopravvivere, esistere. Siamo insetti, irrilevanti.)

*A questa realizzazione tornò inevitabilmente, un istante prima che i Kami gliene portassero terribile conferma.
La barriera cedette di schianto, il bagliore argenteo sostituito dal fuoco infernale, dal tumultare di una cavalcata inarrestabile. Non più ovattati dallo schermo d'energia, i suoni e le sensazioni di cui i demoni erano forieri li investirono come una valanga, annientando qualsiasi possibilità di dibattito. Panico, grida, la necessità immediata e primordiale di mettersi in salvo, fuggire... ma di nuovo non trovò risonanza nel suo cuore, che battendo ormai da tempo nella prospettiva di un annientamento incombente non poteva più votarsi all'autoconservazione, non fine a sé stessa. Ma aveva promesso a Kira che sarebbe tornato, si era promesso che non sarebbe morto lì: il Suono dipendeva dalla sua sopravvivenza.
Fece per appellarsi a Kuro, cercare un modo per sottrarsi alla carica apocalittica, ma prima che potesse farlo l'ennesimo bagliore gli offuscò lo sguardo... quindi l'udito, l'olfatto, ogni senso superstite, divelti uno ad uno da una stretta implacabile.*




(Ma che... che diavolo?!)

*Sentì le ginocchia venir meno, forzandolo a sorreggersi sulla lancia per non stramazzare al suolo. Il respiro si fece pesante, e con sguardo offuscato il Cantore cercò attorno a sé una risposta. Qualcosa lo stava prosciugando, lui e tutti i presenti, senza lasciargli scampo.
Poi, a mano a mano che i ninja cadevano e i lamenti si facevano più strozzati, gli occhi isolarono la luce prodotta dal ciondolo di Kataritsuen. Pulsante, si estendeva oltre la figura sfocata del ragazzo, scivolando tra loro ed illuminando la città in un intricato lavorio di glifi. Una fuuinjutsu di qualche tipo, una trappola, l'ennesimo vergognoso tradimento.
Se avesse levato il capo, se avesse potuto distinguere un suono dall'altro, si sarebbe accorto che i demoni stessi andavano soffrendo quella stretta. E perché non avrebbero dovuto? I sospetti del Kyo Dan erano senz'altro fondati, ma ciò non ne migliorava minimamente la natura... anzi, ne evidenziava l'inettitudine, al contempo dipingendo di colori spaventosi il Taisei. Non che il giovane avesse la capacità di elaborare quel tipo di implicazioni: costretto in ginocchio, stretto all'asta della propria arma come un sostegno nella tempesta, Hideyoshi ribolliva d'odio e furia. Più il talismano risucchiava chakra, più si ampliava il vuoto d'energia, più il Segno montava come una marea impazzita. E il Kokage non aveva alcuna intenzione di resistergli.
Il chakra nero prese a trasformarlo, a deformare il corpo senza coerenza, a sfrigolare sulla pelle come acido, nascondendone quasi la figura. Gli occhi si tinsero di un giallo incandescente, la bocca stretta in un morso serrato, schiumante.*


"Bastardi... bastardi... bastardi..."

*Ripeté, il grugnito di un animale, trascinandosi verso Kataritsuen, strisciando, finché la vista non gli fu sottratta quasi del tutto, la mente consumata da un lato dal sigillo, dall'altra dal Segno. Il richiamo dell'Oblio si fece vicino, sempre più vicino, ed il ragazzo finì ad un passo dal precipitarvi dentro. Il pavimento sotto i suoi piedi prese a disintegrarsi, la luce del talismano a mescolarsi con i suoi stessi vapori, sollevandosi e distorcendosi; i palazzi si allungarono verso di lui, le loro figure familiari, i loro volti vetusti, famelici.
Quando lo sconosciuto intervenne ad interrompere il rituale, Hideyoshi, fuori di sé e fuori dalla realtà, si trovava incredibilmente vicino al suo bersaglio... terribilmente vicino. Il tempo di sentirsi trascinato indietro, il tempo di aprire gli occhi, che il pavimento della piazza esplose dal di dentro. Con violenza indescrivibile il Kokage venne sbalzato all'indietro, libero dalla stretta del pendaglio quanto da quella della gravità, finché non colpì la pietra delle rovine, e poi nuovamente il pavimento... e qui rimase, vuoto ed inerte, mentre il resto della città gli crollava attorno. Ogni sensazione andava scomparendo, ogni suono lontano, ogni pensiero spazzato via dal dolore, dallo stordimento.
Tentò di muoversi, di alzarsi, ma qualsiasi comando o pensiero compiuto intentasse si infrangeva contro un muro invalicabile. Nemmeno il Segno sembrava in grado di raggiungerlo... una circostanza felice, segno inequivocabile che la morte era vicina. Nonostante tutto si era sbagliato, nonostante tutto Kira aveva avuto ragione.
I Kami gli mostrarono finalmente misericordia, sottraendolo alla sofferenza terrena prima che potesse sprofondare nuovamente nell'autocommiserazione. Il Cantore sentì i sensi abbandonarlo, un richiamo nel petto, gelido, irresistibile... si lasciò andare, rendendo la propria anima.*
 
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view post Posted on 6/5/2018, 15:38
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GdrOff// Continua da //GdrOn

Mezz'ora prima all'arrivo del Gedo



Ci eravamo fermati all'interno di una scalanatura, probabilmente realizzata da qualcuno del posto diversi anni fa. Il capitano della nostra squadra fece cenno di sedersi, quello era il mio momento, dovevamo confrontarci, studiare la situazione, elaborare una mappa della situazione e infine decidere cosa fare. Senza esitazione presi la mia cartina dallo zaino e la poggiai su di una fredda roccia, allo stesso tempo afferrai compasso e matita, sotto la cartina avevo un foglio, in questo modo ciò che tracciavo sulla cartina veniva automaticamente riportato sotto al foglio.

Aasu: Mentre il ragazzino qui fa i suoi disegni, noi pensiamo a come procedere. Come avrete visto con i vostri occhi, siamo alle spalle di uno dei tanti eserciti riuniti qui per qualche oscuro motivo.

Concluse alzando le mani in modo sarcastico, evidentemente era così sicuro di se da non aver timore di ciò che, eventualmente, avrebbe potuto cambiare la nostra prospettiva in quella giornata tetra.

Aneko: Sono veramente tanti... non possiamo fare altro che aspettare e cercare di capire cosa sta succedendo. Gli eserciti si estendono fino al centro della piazza e terminano al di fuori di essa, dove c'è quella strana...

Aasu: Si Aneko, è una barriera. Per quanto mi riguarda potrebbe essere opera di una squadra esperta di sigillatori, tuttavia è molto strano.


Ho finito la mappatura, tracciando diverse circonferenze partendo dal punto in cui gli eserciti si concentrano possiamo dedurre che noi non siamo in una zona sicura. Per essere salvi in caso di qualsiasi evenienza dovremmo distanziarci due chilometri a est dall'epicentro, il che equivarrebbe a tornare indietro.

Aasu: No, ormai non possiamo. Ormai anche noi siamo coinvolti in questo casino, quindi tanto vale cercare di reperire più informazioni possibili.

Sapevo benissimo dove voleva andare a parare, la sua idea di piano sarebbe stata quella di, con molta semplicità, addentrarsi ancora di più, verso gli eserciti e verso la piazza. Non ero affatto d'accordo ma, come avevo già dedotto dal suo parlare, le opinioni degli altri non avevano importanza per Aasu. Qualche chilometro più indietro a noi l'esercito del gelo marciava, illuso di essere al sicuro grazie alle squadre di avanscoperta. Nonostante il grande titolo, avevamo fornito ben poche informazioni al resto degli Shinbobi, probabilmente dovuto all'incompetenza dei singoli leader oppure perché, effettivamente, le informazioni da dare erano ben poche.

Aasu: Nessuno sta facendo guerra con nessuno. Gettiamoci nella mischia e cerchiamo di capirci qualcosa.

Lo confesso, fino a qualche minuto prima avevo seriamente pensato che il nostro capitano fosse una persona seria, che avesse un minimo di visione d'insieme, che sapesse muoversi in un contesto più grande di lui. Tuttavia, con l'ultimo ordine impartito, la mia idea su di lui cambiò radicalmente, mi diede la possibilità di constatare quanto le sue decisioni avrebbero messo in pericolo l'intera squadra, se non tutto l'esercito.




Qualche minuto prima all'arrivo del Gedo



A pochi metri della barriera, mischiati a qualche migliaio di altri shinobi, c'era la mia squadra, che, come tutti loro, scrutava l'orizzonte in attesa di capire cosa stava succedendo all'interno di essa.

Qualcosa accadde, qualcosa che mi fece cambiare idea su quella spedizione, qualcosa che cambiò il mio umore e innescò uno strano e inspiegabile meccanismo in me. All'interno della barriera, dall'entroterra, fuoriuscì una statua, proprio il punto su cui gli occhi di tutti gli shinobi erano puntata. Diamine se era bella, non mi soffermai nemmeno a riflettere sul perché di ciò che stava accadendo, rimasi immobile, ammaliato da quella cosa stupefacente. Anche attorno a me le cose stavano cambiando, improvvisamente i dannati si erano palesati accanto agli shinobi, intenti, come me, ad ammirare quella statua. Mi ricordavano molto le visioni che tentavo costantemente di sopprimere, non avevo tempo di pensare a loro, quell'essere, pur essendo semplice appariva splendido ai miei occhi. Non riuscivo a distogliere lo sguardo da esso, non riuscivo a muovermi, non riuscivo a fare nulla. Ero impotente ma felice... capitava di rado che lo fossi, ma lo spettacolo che si era materializzato davanti ai miei occhi fu in grado di innescare questo.

Dall'istante in cui ero fermo a guardarlo a quello dopo potei percepire una forza tirarmi con una certa violenza ma i miei occhi erano piantati in quel punto, impedendomi di capire quella distorta apparenza di realtà.

 
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Fare quel passo, quella richiesta, cosa le era saltato in mente, non avevano mai risposto ai loro quesiti in modo esauriente o anche solo con un pizzico di logica. Eppure nonostante tutto Akane sentì la necessità di fare quell'ultimo tentativo venendo affiancata poco dopo dal Kokage, chi speranzoso e chi fatalista. Tentativi che si rivelarono nulli, entrambi, nemmeno la criticità della situazione era servita ad ottenere qualcosa dalle due fazioni, se da un lato infatti Manpeiko farneticò elogiando i suoi adorati dei codati, denigrando le azioni del Taisei e chiedendo agli shinobi di deporre le armi, dall'altra parte Kataritsuen non fu da meno.

(La barriera crollerà se non facciamo nulla, attendiamo ordini.)

Quando all'ennesimo tremore la barriera cedette, lo sguardo del sessantaduesimo leader del Taisei s'accese di determinazione e sussurrando appena qualcosa con fare colpevole diede inizio al rituale.
In breve anticipo la bella Hokage vide quell'esplosione luminosa provenire dal medaglione che aveva al collo ma non potè nulla per deviare il corso degli eventi. Dal terreno apparve una lunga sequenza di glifi e sigilli, dalla reazione dei suoi uomini capì che si stavano estendendo lungo tutta la piazza e seguendone la scia con lo sguardo non riuscì a definire fin dove di spingesse quella tecnica. La trappola anzi, la beffa che si aspettavano. Come tutti ci era finita dentro con tutte le scarpe e quando i genin iniziarono a stramazzare al suolo iniziò anche lei a sentire gli effetti di quella tecnica ad ampio raggio. Silenziosamente stava risucchiando il chakra di tutti i presenti facendo come pronosticato da Manpeiko ma che fosse una cosa temporanea o permanente non potevano saperlo.


(I Bijuu vi saranno addosso in un lampo, dobbiamo distrarli!)

Distante dal fulcro dell'azione lo Yamanaka era frustrato come non mai.

(No. Ne-ga -ivo ripet-o.. rest..te do..ve -ete. Se le cose peggiorano allont..-evi)

(Che diamine sta succedendo.. perchè queste interferenze. Akane non possiamo abbandonarvi..)

Di nuovo la terra tremò e quando Hachi iniziò ad avvertire disturbi nella comunicazione telepatica aperta con l'Hokage capì che stava succedendo qualcos'altro in piazza ma dalla sua posizione potè accorgersene solo più tardi. Quell'agitazione, quella tensione nell'aria non era dovuta al passaggio dei bijuu in libertà, fu qualcosa di diverso, di una presenza se possibile ancor più grande e mostruosa. Emergendo dalle viscere della terra questa nuova forza si apprestò a inghiottire ogni uomo, donna, vecchio, bambino, shinobi o meno che fosse; senza fare alcuna distinzione la statua demoniaca richiamata dall'intervento azzardato di Hajime ruggì ancora e Fukagizu vide presto la sua fine insieme a tutti i presenti che l'avevano rianimata in quella notte memorabile.

(Era questo che ci nascondevi Kataritsuen, è questo il Gedo Mazo su cui facevi tanto affidamento? Un'arma che non conosci, che non controlli.. sei stato più sciocco di tutti noi messi assieme.)

Fece diversi tentativi per fermare il dissanguamento di chakra a cui stava assistendo ma, impotente, anche l'Hokage dovette arrendersi a quel potere: era semplicemente troppo grande per essere combattuto e troppo incalzante per resistergli. Quando anche i chunin furono a terra e quelle lingue di chakra iniziarono a farsi strada tra i ranghi dei vari villaggi e Paesi capì che quello era l'inizio della fine. Con le forze prossime ad esaurirsi, prima che l'attacco del Gedo giungesse a lei e alla sua truppa, fece in tempo a vedere poche cose - molte di cui andò fiera e che ammirò - come ad esempio la resistenza degli irriducibili, oppure la determinazione di Kinji e la corruzione del segno che nulla potè, nè in lui, nè in Hideyoshi.
Sembrò una maledizione la sua, costretta dalla sua forza a vederli cadere uno dopo l'altro e piegarsi come fuscelli piegati al vento. Un vento misterioso e senza eguali che presto avrebbe spezzato anche lei.

In un ultimo gesto disperato, con un ginocchio a terra e la vista offuscata, un manto scuro s'innalzò attorno a lei avvolgendo con le sue ali bianche i suoi uomini, alto diversi metri -con due occhi rossi e composto di denso chakra scuro e sabbioso - fece la sua breve comparsa Shinigami: la materializzazione del Susano'o, lo spirito guardiano generato dal suo mangekyou sharigan. I riflessi violacei che lo animavano tuttavia iniziarono presto a sfarfallare, la sabbia del mantello a sgretolarsi e infine, glitchando, abbandonò la sua falce a terra.

    "Minna..

      Gome nasai."

2rwdpIA


Nemmeno lo Yōkai di Konoha potè nulla.
Shinigami si piegò e si spezzò come tutti e scomparendo così com'era apparso.
L'agitazione tutt'attorno scomparve, i serpenti di chakra fuoriusciti dal Gedo avevano spento ogni cosa, dalla disperazione alla combattività fino alle voci che chiedevano cosa fare e di chi, spaventato, incitava ad una fuga disonorevole.
Accasciandosi al suolo l'unica consolazione che trovò nella disfatta fu sapere che Hikarikage era lontano da quel massacro e che, per quanto il mondo che aveva contribuito a costruire era appena scomparso, al fianco di Hachi avrebbe avuto la possibilità di farcela e di sopravvivere alla catastrofe annunciata.


(In tempi di pace i figli seppelliscono i genitori.. in tempi di guerra i genitori seppelliscono i figli..
In tempi di pace i figli seppelliscono i genitori.. in tempi di guerra i genitori seppelliscono i figli..
In tempi di pace i figli seppelliscono i genitori.. ... )


Mentre le veniva strappata via anche l'ultima briciola della sua anima Akane non smise di ripetere quel detto nella sua testa. Stesa a terra poi, con il freddo a stringere le sue membra, sorrise.
Nel suo ultimo respiro riuscì ugualmente a vedere del positivo, nella sua visione romantica la scelta di dividersi aveva capovolto i pronostici: alla fine la guerra non l'aveva portata a sopravvivere al figlio e con la sua caduta la guerra poteva dirsi conclusa. Se Hikari l'avrebbe seppellita significava che ad attendere i sopravvissuti v'era una nuova era di pace.

GdrOff
// Continuerà in "[Fase IV] The chamber of secrets" // GdrOn



Edited by ~Angy. - 7/6/2020, 21:04
 
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GdrOff// Continua da Missione Evento fase 3 e Sessione Autogestita #4 [X] // GdrOn


    20 Gennaio 249 DN

In marcia disse, e marcia fu.
Risoluto come suo solito il Kazekage affacciato dal suo palazzo dalle forme tondeggianti pronunciò quelle due sole parole. L'esercito riunito rispose con determinazione, chi urlando, chi battendo a terra le proprie lance, chi invece con un muto silenzio e tra questi v'era Fujie; il suo silenzio tuttavia fu diverso, fu carico di eccitazione e infatti mentre i due compagni di squadra, Shou e Reiko si limitarono a ricevere l'ordine del Kage, la rossa con il suo cane presero a scodinzolare e a fremere, entrambi entusiasti di partire. Era evidente che la lezione di Shukaku non era bastata a frenare l'interesse di lei per le bestie codate e per simbiosi il lupo semplicemente le andava dietro assecondando quello stimolo e sguazzandoci dentro.


Shou: "Ma guardali, quasi mi fanno tenerezza.. quasi."

Reiko: "Non la penserai più così quando partiranno alla carica rischiando di farci ammazzare tutti."

Shou: "E' passato tanto dall'ultima missione insieme, ti mancavano eh?"

Reiko: "Cosa, rischiare la pelle, assistere ai vostri teatrini oppure aspetta, cos'è che potrebbe essere.. ah si, di nuovo finire in qualche trappola mortale con il rischio che ti infilzino un palo nel culo?"

Shou: "eDDai, ammettilo, non fare la scontrosa con me."

Ammiccando con due delle sue sei braccia l'aracnide dalla pelle olivastra stuzzicò la bionda con delle gomitate di simpatia riuscendo alla fine, dopo non poca fatica, a strapparle un sorriso. O forse solo un'espressione di rassegnazione mista all'affetto che provava per il duo selvaggio dagli occhi dorati.

"Avete sentito? L'ultimo che arriva al ritorno pagherà la cena per tutta la truppa, forza muovetevi sacchi di lardo."

L'avevano persa di vista un attimo e quando gli sfrecciò davanti cavalcando Yasei aveva già messo su una scommessa senza senso e dietro alla quale non poterono fare a meno di correre dietro. Shou e Reiko erano amici rari, gli unici che avevano rischiato per lei e gli unici che ancora la sopportavano stando ai suoi giochi e ai suoi modi assurdi.


* * * *


L'esplosione di chakra che aveva percepito l'intero continente si faceva più forte e tangibile a man a mano che si avvicinavano a Fukagizu, nel Paese della Pietra, ovvero dove il Taisei aveva richiesto l'intervento degli shinobi di tutto il mondo per completare il rituale. A Fujie del rituale non fregava assolutamente nulla tuttavia in quei giorni aveva avuto modo di parlare con Pakkun, Yorime e gli altri cani dell'eremo, la dimora dei suoi cari amici pelosi era a dir poco in subbuglio trovandosi a poca distanza dal covo di quei fanatici. Se non fosse stato per la chiamata alle armi di Himura avrebbe raggiunto quei luoghi molto prima per sincerarsi che non corressero rischi, quel briciolo di rispetto che aveva per Himura - che in realtà non era così piccolo come credeva - le aveva impedito di distaccarsi dal gruppo e deviare verso le caverne sotterranee dove risiedeva la famiglia dei canidi. I compagni di squadra tuttavia non mancarono di notare il suo cambiamento d'umore nei minuti che precedettero l'ingresso oltre la barriera.

Shou: "Avrà già fame?"

Reiko: "Nah, niente bava. Sono depressi per altro secondo me. Hey Fujie, che hai?"

"..."

Restando in testa al loro gruppo la rossa non rispose e quando le espressioni dei compagni si fecero preoccupate un rombo intermittente e familiare li raggiunge insieme all'amabile odore di formaggio stantio e..

Shou: "No ok, è solo in ansia perchè deve fare la cacca."

Reiko: "Heee.."

La kunoichi dello Shkuton vergognandosi per lei portò una mano al volto e tappandosi il naso sperò che quella sosta davanti alla barriera non sarebbe durata a lungo o che il vento della Sabbia li raggiungesse fin li per spazzare dia quell'odore acre.

Shou: "Una scia potente stellina, complimenti."

Aggiunse il moro iniziando a sventolare con tutte e sei le sue mani mentre se la rideva cercando lo sguardo complice di Yasei. Rimasto solo il lupo si limitò a tenere la lingua fuori e ansimando non sembrò accusare il colpo e anzi, annusando l'aria sembrò apprezzare. Cose da cani, pensò rassegnata Reiko, scrollando le spalle per poi lasciarsi guidare dall'amico a quattro zampre per scoprire dove si era imboscata la compagna: dovevano trovarla prima che Himura notasse la sua assenza in un momento simile.


* * * *

P3OBMi0



La terra che iniziò a tremare, gli eserciti sempre più numerosi radunati tutt'attorno e poi la breve arringa tra i vari leader. Fujie osservò il tutto da lontano e senza molto interesse, il suo sguardo era proiettato altrove, verso la barriera che li proteggeva separandoli dai bijuu. Ad ogni tremore e sfarfallio, anche dopo l'arrivo del Kyo Dan la sua attenzione fu solo verso quell'orizzonte lontano, desiderò muoversi per andare a scontrarsi con el bestie ma di nuovo fu frenata dalla consapevolezza che Himura non gliel'avrebbe fatta passare liscia - anche nell'aldilà nel caso fossero morti - e poi ci fu Reiko a trattenerla per la collottola. Perfino la presenza di Misato Kojima fu un ostacolo in tal senso, la ragazzina divenuta ormai chunin aveva dichiarato di volerle restare attaccata al culo per tutto il tempo: se fosse partita alla carica l'avrebbe avuta sulla coscienza.

"Chikushou.."

E mentre brontolava pensando che fosse in atto un mega complotto ai suoi danni per ostacolarla dall'incontrare i bijuu ecco che finalmente la barriera cedette e forse fu l'unica a gioirne.

"SI! Arrivano finalmente."

Inutile dire che quell'esclamazione attirò sguardi perplessi in quantità da shinobi di Suna, alleati di Konoha e altri che per un attimo credettero fosse complice di Manpeiko. Non vestiva di rosso come loro ma la sua chioma e il suo fido dal pelo del medesimo colore in quel momento furono elementi che ispirarono ben poca fiducia.
Quando le bestie furono visibili qualcosa arrestò la loro corsa, una tecnica che si agì su tutta l'area e che in migliaia maledirono accompagnando il ruggito delle sacre. Il chakra venne loro sottratto come nel peggiore dei prelievi che aveva effettuato in pronto soccorso, il paragone che le sovvenne fu istintivo, stavano per essere dissanguati solo che non era il sangue il sacrificio richiesto ma il chakra.


"Anche voi, ragazzi.. ma che.. Jei no, rialzati forza!"

La confusione che si creò tutt'attorno non le permise di capire cosa stava accadendo al centro della piazza e resistendo come potè a quella tecnica infida si abbassò a soccorrere Yasei curandolo con i suoi jutsu medici ma senza successo. Il risultato che ottenne fu quello di vedere il proprio chakra medico dissolversi tra le dita accelerando il processo.

"Non può finire così, tutto quello per cui ci siamo battuti.. tutto quello che ancora possiamo dare.."

"In piedi Shou, avanti ragazzone. Anche tu Reiko dai, alzati e andiamo a prenderli a calci. Forza!"

Sempre più debole cercò ugualmente di tirar su i compagni i quali tuttavia cedettero ben prima di lei che grazie al chakra dell'Okami ebbe la fortuna - o la sfortuna - di assistere alla strage di quell'affare mostruoso sbucato dal terreno. Dapprima le braccia, poi il corpo la statua demoniaca sovrastò quello spiazzo appropriandosene e attaccandoli estendendo dei serpenti di chakra. Con le poche forze rimaste e il solo manto cremisi a coprirle le spalle Fujie non esitò a contrattaccare quelle lingue di chakra quando giunsero dinnanzi a lei ma non fu nessun impatto, le sue Senkuchi avanzarono nel vuoto, i suoi pugni lo stesso e ben presto si sentì come svuotata di ogni energia e della sua stessa volontà.
Ancora tentò e dando la forma di lunghe braccia al suo mantello cercò di stritolare la morsa del serpentone che l'avvolgeva ma più grande di lei e più forte fu una battaglia inutile. Quando perse i sensi di shinobi ancora in piedi ve n'erano ancora solo poche decine.



GdrOff
// Continuerà in [Fase IV] Lacrime di un futuro passato" //GdrOn



Edited by ~Angy. - 8/5/2018, 20:15
 
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Chi vive senza follia non è così saggio come crede...


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[x] Il volto che cambiava espressione nonostante le palpebre fossero chiuse, il leggero sudore sulla pelle che le appiccicava i capelli alla fronte e quel respirare irregolare tipico di chi non sta facendo sogni sereni. Scatti nel sonno che poco si addicevano alla sua apparente tranquillità, anche in quel mondo l’aura in lontananza era presente ed influenzava ognuna delle loro vite come una presenza incessante. La stanza era ancora buia quando allungando una mano dall’altra parte del letto cercò la figura del compagno. Una ricerca istintiva che durò solo pochi secondi, non appena il cervello si mise in modo per fare il resoconto della situazione. Fuyuki non era ancora tornato e lei stava per andare in guerra... una seconda volta. Rimase immobile a fissare quel buco vuoto, avvertendo le coperte fredde sotto le sue dita affusolate. A quel punto amareggiata tornò a distendersi e a fissare il soffitto. Che fine aveva fatto il suo amato? In quei giorni aveva continuato a domandarselo più e più volte, ma senza poter ricevere nessuna risposta. Abbattersi sicuramente non l’avrebbe rinvigorita con il lavoro che l’attendeva. Aveva parlato chiaro con i suoi bambini; questa volta quello che la loro madre andava ad affrontare andava oltre ogni missione, la riuscita dell’intervento di Konoha e di ogni altro villaggio avrebbe sancito la salvezza o la distruzione del mondo. Non ci sarebbe stato più nessun posto sicuro, nessun futuro e chissà che la loro specie non finisse per essere completamente estinta. I suoi pensieri vagavano ed erano l’unica cosa che potevano fare con così tanti tasselli di puzzle mancanti. Le informazioni dei piani alti erano state condivise con i sottoposti più di alto grado, ma rimanevano superficiali. Lo sguardo passò per un attimo dalle ombre sul muro al comodino, dov’era riposta la pergamena con i nomi selezionati per quella spedizione. Sapeva di essere stata dura ma la lettera che aveva inviato ad ognuno di loro racchiudeva la freddezza di quello che sarebbe potuto accadere, senza troppi giri di parola; chi partiva doveva essere consapevole a cosa andasse incontro e non solo perché un leader glielo aveva ordinato. I genin erano quelli più a rischio, lo aveva visto durante la battaglia a Kumo. Uno dopo l’altro erano caduti sotto i giochetti di quelle creature mostruose, finché sul campo non si potevano contare sulle dita il numero dei sopravvissuti. Sarebbe stato uno sfacelo, per l’ennesima volta. Aveva intrapreso la strada dell’essere medico per salvare le persone e non per vederle agonizzare ai suoi piedi ed invece succedeva sempre il contrario. Si passò una mano sul viso stanca ed abbattuta da tutto ciò. I suoi adorati fratelli erano stati spediti in ricognizione in ogni casa a studiare la situazione, e già la giovane aveva deciso di cancellare alcuni nomi dalla sua lista. Non sapeva se il suo modo di muoversi sarebbe stato condiviso dal Kage, ma poco le importava. Se non si partiva convinti dal principio verso quella prova, i danni subiti sarebbero potuto essere ancora più ingenti durante lo scontro. Lo scricchiolio della porta, che si apriva lentamente, riportò la kunoichi sulla terra. Una piccola figura mingherlina, ancora in pigiama si avvicinò a lei. Chiaki gli sorrise dolcemente, scivolando di lato per lasciargli spazio. Sapeva perfettamente cosa fosse venuto a fare lì Aiko.

- Mamma non riesco a dormire... posso stare un po’ qui con te? - domandò il cucciolo con voce pacifica, ma fu chiaro come l’acqua per la ragazza capire che fosse preoccupato.

- Certo amore - rispose il genitore di rimando.

Infondo il suo ometto non era stupido, non lo era mai stato. Mirai al contrario di lui, sicuramente stava dormendo come un sasso. Increspò le labbra a quell’immagine astratta, rendendosi conto di quanto la differenza d’età non significasse nulla rispetto al carattere. Il moretto sembrava una piccola copia in miniatura di suo marito, anche se tra loro non scorreva nessun legame di sangue. Chissà se anche da così acerbo il partner avesse avuto un atteggiamento simile? Sicuramente il suo passato era stato più spensierato del piccolo di fianco a lei. Lo avvolse tra le sue braccia, facendogli avvertire tutto il suo calore.

- Hai fatto qualche brutto incubo? - indagò lei, felice di poter fare una conversazione con qualcuno dato che ormai il suo sonno era andato a farsi benedire con quel risveglio brusco.

- Non proprio... non riesco a prendere sonno. Ho una brutta sensazione mamma - disse il pargoletto rimanendo immobile, senza incrociare minimamente lo sguardo della donna.

Non aveva dormito per nulla fino a quel momento suo figlio ed anche se era ancora piena notte, aveva perso delle ore preziose che gli sarebbero servite per gli studi del mattino seguente. Trovare delle parole confortanti quando tutto era così ignoto non era facile, non voleva fare la parte della bugiarda, non con lui. Ci fu un attimo di silenzio prima che prendesse una boccata d’aria e provasse a mettere delle parole di senso compiuto insieme.

- Voglio partire con te. Sento di essere pronto - esordì di nuovo il fanciullo.

- Aiko... - sussurrò istintivamente il tutore.

Sul viso di nuovo il sorriso, gli occhi lucidi a trattenere le lacrime. La mano delicatamente si spostò sui capelli e sul volto dell’infante, poi un bacio sulla nuca.

- Non hai affrontato ancora l’esame per diventare genin, non ti permetterebbero mai di partire; e poi mi sento più sicura ad averti qui. Amane ha bisogno di te ed anche Mirai nonostante sia più grande, e non lo ammetterebbe mai - esortò la diciottenne.

- Posso farlo domani l’esame e raggiungerti. Loro se la caveranno... - nemmeno lui sembrava convinto sul da farsi.

- E se le cose dovessero mettersi male? Chi si prenderà cura di loro? Aiko ognuno di noi ha un ruolo in questa vita... a volte non si ha voglia di seguirlo, ma lo facciamo per dovere. Cresci, impara, divertiti... che questi momenti non torneranno più. Sei ancora nel tratto più spensierato della tua vita, dovresti farne bagaglio - rispose l’evocatrice, assegnando il compito all’orfanello.

- Mamma ma io sono già grande... non voglio divertirmi, voglio diventare il più potente ninja sulla faccia della terra, così che nessuno possa far del male alla mia famiglia. Ma stare qui con le mani in mano mi rende inutile - disse tutto convinto, lasciando di stucco persino l’ex nukenin.

- Sono sicura che lo diventerai amore mio, ma ci vorrà tempo. Non sei inutile... devi solo capire cosa puoi e non puoi fare, sfruttando le tue potenzialità al meglio. Adesso riposiamo che domani sarà una giornata molto lunga - terminò il discorso lei con tono celestiale, facendo passare le sue dita tra i capelli mossi del moretto.

Una serie di brillantini luminosi abbandonarono il corpo della fanciulla, scomparendo a contatto con la chioma di Aiko; finché questo non si trovò a sprofondare in una stanchezza indotta.

- Mamma sono sicuro che tornerai... lo fai sempre - l’ultima parola fu difficile persino da comprendere tanto era il sonno.

Non riuscì a trattenersi nel dargli un ulteriore bacio, prima di lasciarsi andare nel sonno insieme al suo piccolo.

D7g4Hgy

Recuperò tutto ciò di cui aveva bisogno mantenendosi comunque piuttosto leggera per il lungo viaggio in programma. Ogni rotolo con i medicinali, ogni arma venne prontamente nascosta nel posto più pratico e consono. Nemmeno questa volta utilizzò la giubba datale in dotazione, non ne aveva bisogno anzi la trovava piuttosto scomoda ed antiestetica. Il suo kimono corto, realizzato con le sue stesse mani era una sicurezza. Nel tragitto verso le porte se la prese piuttosto con calma, dato che era ancora presto quando aveva decido di abbandonare la sua abitazione. Buona parte della passeggiata fissò il coprifronte che risaliva all’epoca di quando era genin, la stoffa era stata modificata ma la placca di metallo rimaneva la stessa. Si sentiva nostalgica perché nonostante fosse tornata alle sue vecchie abitudini ancora non aveva riabbracciato quel simbolo, indossandolo con orgoglio. Adesso che aveva visto il mondo quanto poteva essere vasto quel monile le sembrava una cosa tanto insignificante, un attaccamento estremo ad un simbolo banale a confronto di ciò che stava per succedere. Eppure quel giorno doveva essere una guida per quel popolo, una sicurezza verso una totale incertezza. Prese un lungo respiro e lo indossò legandolo al collo. Si sentiva diversa adesso. Continuò a camminare completamente a disagio. Come poteva una cosa così inanimata creare una simile sensazione? Prima di raggiungere il punto di ritrovo, non riuscì a trattenersi e lo sfilò via riponendolo all’interno delle vesti; lì dove aveva sempre preso posto fino a quel momento. Vicino al cuore ma lontano dagli occhi di tutti. Si appostò su un albero, lì dove osservò con calma il progredire dell’armata che di minuto in minuto si espandeva a vista d’occhio. Non aveva mai amato stare al centro dell’attenzione, soprattutto ora che la sua posizione rimaneva comunque ambigua visto il ruolo ricoperto in passato. Chissà se i suoi uomini avevano accettato di buon grado la sua leadership? Non che potessero farci qualcosa. Riconobbe immediatamente la sua squadra anche se i nomi non erano facili da ricordare, almeno non così tanti e tutti insieme. Le schede che le erano state assegnate avevano parlato chiaro e aveva poco da condividere con il suo gruppo. Infondo ognuno sapeva esattamente dove stessero andando e quali erano i pericoli che incombevano con la loro adesione. Per quanto Chiaki non appoggiasse completamente l’ideologia dell’Uchiha nell’appoggiare il Taisei, dentro di lei sapeva di dover contribuire a dare speranza alle nuove generazioni. Se le cose si fossero messe male e lei non fosse stata lì, non si sarebbe mai perdonata quella sua mancanza. L’Hokage arrivò spaccata e puntuale, quando ormai tutto era pronto e solo i ritardatari mancavano all’appello. Non sarebbero partiti senza prima un discorso d’incitamento, qualcosa che avrebbe rinvigorito l’esercito per affrontare quel lungo viaggio che li attendeva. Ascoltò con acutezza la fanciulla, carpendo le ragioni a cui la donna si aggrappò per trascinare tutti con lei. Non poteva scegliere un appiglio migliore per far leva nei cuori dei suoi sottoposti. L’urlo finale che ne seguì fu un chiaro segno di quanto il popolo potesse sentirsi risucchiato in quelle dottrine. Il chakra era un elemento talmente fondamentale con cui erano cresciuti loro tutti, che era impossibile immaginarsi una vita senza. La Hyuga annuì e non appena la marcia iniziò, la diciottenne con un breve volo si mise in testa alla sua fila. Vide qualcuno sussultare alle sue spalle, forse non aspettandosi quell’ingresso in scena. Pensavano forse che avesse abbandonato la missione dopo le missive che aveva inviato personalmente? Temeva la morte come ogni essere vivente, ma non si sarebbe lasciata bloccare dalla paura. Il suo tesoro più grande rimaneva lì e doveva essere protetto con tutte le sue forze. Sapevano bene i bambini che se le cose si fossero messe male, l’eremo li avrebbe ospitati. Aiko ed i furetti conoscevano bene la strada per raggiungere quell’angolo nascosto di paradiso.

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Per quanto fosse abituata a traversate così lunghe, il tragitto con una massa di gente così corposa non fu facile. I più in erba erano quelli che subivano di più, quelli che dovevano stringere i denti nonostante la stanchezza e la tensione. I loro corpi ancora non erano temprati da allenamenti estenuanti, le loro menti che non avevano mai vissuto qualcosa del genere. Brancolavano nel buio con l’unica sicurezza che le figure dei loro superiori l’avrebbero protetti. Illusioni, ognuno doveva aggrapparsi a speranze per non finire affogato dalla disperazione. Il tempo non giocava sicuramente un ruolo vantaggioso in quella marcia silenziosa. Quell’andatura era estenuante ed ogni tanto la kunoichi non riusciva a trattenersi nell’andare in perlustrazione. Il Byakugan le aveva mostrato qualcosa in lontananza, un chakra che aveva riconosciuto immediatamente e che era stata costretta a cambiare direzione. Quando le sue ali si spiegarono nel cielo azzurro e la forma di Kurama si palesò, il suo cuore perse un battito. Ecco che fine aveva fatto, se ne andava scorrazzando tranquilla nel Paese del Fuoco. C’era qualcosa di strano nel suo comportamento però: si muoveva in linea retta, passo tranquillo e con lo sguardo rivolto verso una direzione ben precisa; la stessa del loro esercito. La Volpe se la ricordava molto più agitata, irrequieta. Quel modo di fare era assurdo, sembrava quasi ammaliata. Che quel richiamo energetico fosse motivo di tale comportamento? Il jonin preferì comunque non avvicinarsi, mantenendosi in linea d’area vicino al suo plotone. Un’altra presenza imponente presto fece capolino alle loro spalle, ma ad una distanza tale che era quasi difficile distinguerla. Le sembianze sembravano quelle di una scimmia, ma cercò di assopire la sua curiosità per risparmiare le energie rimettendosi in riga. Tornò ad essere un puntino in quella scia di corpi, nell’attesa di vedere qualcosa all’orizzonte.

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Fukagizu magnifica e desolata al tempo stesso. Le rovine abbracciavano quello che rimaneva di una civiltà ormai estinta. Il luogo ideale per una battaglia epica. Se solo quelle pietre potessero parlare chissà quante storie avrebbero da raccontare. Ogni sfumatura di grigio predominava su tutto, persino il cielo che si apprestava all’imbrunire incrementava la teatralità di quel posto. Il presagio rimaneva negativo, insieme all’aura potente che si avviluppava fino al centro della città. Il tutto circondato da una strana barriera azzurrina, che il medico scoprì quasi per caso. Una trappola per contenere o una protezione per gli indesiderati. Ogni dubbio era lecito in una battaglia in cui le informazioni si potevano contare sulla punta delle dita. Rimaneva il fatto che il Taisei si trovava probabilmente all’interno e sarebbe stato quello il posto dove avrebbero dovuto recarsi. Ne studiò la forma sferica e approfittò di un breve volo per vedere quante armate erano in arrivo da altri fronti. Raggiunse il campo base, allestito sul momento per far refrigerare soprattutto i combattenti più giovani; e per far riflettere e prendere tempo agli adulti. Naturalmente le voci si erano fatte largo tra le file finché la notizia di quel campo di contenimento non aveva raggiunto la maggior parte dei militi. Preferì avvicinarsi ai membri più esperti per poter cogliere qualche dettaglio in più, qualunque cosa fosse sfuggita ai suoi occhi, ma c’era ben poco su cui studiare. L’unica cosa che ottenne furono le nausee che le scossero le viscere quando un elemento urlante e particolarmente agitato si presentò completamente sudicio di letame. Il capovillaggio non sembrava molto contento della sua presenza e Chiaki preferì non indagare a riguardo. Sicuramente in parecchi lo conoscevano, quindi non doveva essere un tipo che passava inosservato... e come poteva dopotutto per essersi presentato in quella maniera all’esponente più alto in grado? Una volta sistemati i ruoli e date le nuove direttive, parte dell’esercito proseguì la sua avanzata, fino a trovarsi faccia a faccia con la barriera. La bella dalla chioma blu prima sfiorò il velo delicato con le dita, che come un budino o una leggera sferzata di vento inglobava chiunque volesse oltrepassarlo. Al suo fianco vide persino chi utilizzò metodi violenti senza un vero motivo, ma da una parte capì le loro ragioni. Come dei topi da laboratorio stavano annusando la trappola, nella speranza di poter sciogliere l’inganno con le loro sole energie. Un po’ sciocco dopotutto, ma rimaneva meglio del non fare assolutamente niente e lasciarsi inghiottire come stava facendo lei seguendo quell’onda di uomini. Li stavano aspettando, la fazione “buona” di quella strana guerra che poco gli apparteneva. Il ninja ne riconobbe immediatamente le vesti, gli atteggiamenti pacati molto simili tra loro, quasi come se appartenessero a qualche strana setta religiosa. Il tragitto non durò molto in compagnia del loro nuovo “alleato”, ma presto si trovarono confinati in un lato della piazza un po’ troppo stretta per la capienza dell’esercito che le varie nazioni si portavano al seguito. Troppa gente, troppo stretti. La sensazione negativa esposta da suo figlio quella mattina iniziò a trasformarsi in un cappio al collo. Yume che era rimasta in silenzio fino a quel momento sembrò smuovere in lei tutta la sua inquietudine. Solo l’avvertire tutto quel chakra concentrato in un unico punto e altrettanto più corposo avvicinarsi in lontananza con l’arrivo dalla fazione “nemica” creava una certa emicrania nella fanciulla, che fortunatamente andava scemando più il suo essere si abituava a quell’ambiente. Tralasciati i convenevoli, i capi indiscussi di ogni luogo si approcciarono direttamente con colui che aveva sparso il suo invito all’intero continente; qualcuno anche poco carinamente. Lì lasciò parlare rimanendo in silenzio e mostrando un certo rispetto nei confronti delle autorità, rimanendo semplicemente vigile e scrutando ogni mossa di chi giocava quella partita. Quel certo Kataritsuen sembrava uno che nonostante la giovinezza sapeva il fatto suo; un po’ troppo palesemente appariva intento a guadagnare tempo evitando prontamente di non rispondere alle domande dei presenti. Chissà quanto avrebbe retto la pazienza della Tsuchikage? Non sembrava sicuramente la classica donna paziente e che accettava un cambio d’argomento. Quando i suoi occhi pallidi misero a fuoco alcuni membri agguerriti farsi strada a fatica per oltrepassare lo scoglio più grande eretto dal Taisei, la diciottenne capì che ormai lo scontro stava per essere imminente. La prima che nel suo manto rosso sangue raggiunse la piazza fu un elemento che riconobbe immediatamente. Manpeiko. L’aveva già incontrata, anzi le aveva messo i bastoni tra le ruote con estrema facilità. Un incontro che si portava dietro la sua famiglia da quando era cominciato tutto quel trambusto dei Bijuu, che intanto in lontananza proseguivano il loro tragitto verso di loro. Enormi, inquietanti e dalle forme più bizzarre. Sembravano un incrocio di animali già esistenti, ma carichi di energia pronta a esplodere. Per l’ennesima volta fu costretta a disattivare la sua capacità innata, con gli occhi lacrimanti per il dolore. Fortunatamente non fu costretta a curarsi come avvenuto durante l’incontro con Kurama, ma preferì non azzardarsi nuovamente. C’erano così tanti coprifronte in quella piazza, ne poté notare anche uno in particolare: quella nota musicale. L’aveva già vista anni addietro, sulla fronte di un suo compaesano che sembrava particolarmente deciso nel volerla nascondere. Nemmeno chi si muove nell’ombra sembrava intenzionato a rimanere in disparte in quel conflitto. Chissà se anche Akatuski aveva messo il suo zampino lì in mezzo? Una voce acerba e dall’accento inusuale si fece largo improvvisamente tra la folla. Riuscì a scorgerne la figura con più difficoltà adesso che il cielo si era oscurato lasciando spazio alla luna e alle stelle. Lo stemma di Kumo e quella convinzione esuberante tipica di quel posto disperso nelle montagne. Non c’era nulla di sbagliato nel suo discorso peccato che quello di cui non si rendeva conto quel chunin era con chi avesse a che fare. Gente di vecchio stampo, che aveva troppi uomini a carico per credere nelle favole. Come una massa di pecoroni si seguivano l’un l’altro o per lo più prendevano spunto da notizie attendibili, piuttosto che da vaghe illusioni. Il suo intervento venne ignorato e ben presto dimenticato sotto le scosse di terremoto provocate dai bestioni sempre più vicini. Avvertiva le paure dei suoi vicini di posto, i più all’oscuro si guardavano intorno confusi. Qualcuno ripeteva una preghiera ai Kami sottovoce, un altro terrorizzato bisbigliava che sarebbero morti tutti. I boati della barriera interrompevano di tanto in tanto quel mantra che si era stabilizzato intorno alla kunoichi. Poi la parola di nuovo alla brizzolata che capeggiava l’esercito del Kyo Dan. Non riuscì a non mostrare un’espressione sconvolta alle sue parole, li stava forse prendendo in giro? Quel discorso non le apparteneva e lei non riuscì a mantenere il suo voluto silenzio.

- Quello che tu hai fatto per raggiungere i tuoi scopi è una blasfemia, un’ipocrisia. Supplichi i Kage, cercando di impietosirli davanti ai crimini umani quando tu sei l’esempio vivente delle azioni sconsiderate per raggiungere gli obiettivi del tuo credo. Le tue mani sono sporche di sangue, ti ho visto uccidere ninja cogliendoli alle spalle solo per arrivare al Kyubi... ogni tua parola ha la stessa consistenza della polvere che controlli - con uno sbuffo d’aria la konohana si alzò in volo, rendendosi visibile alla donna.

Non ci fu nessun confronto perché improvvisamente il caos inglobò qualsiasi cosa. Le creature ancora costrette all’esclusione fecero cadere ogni resistenza. Un polverone si alzò in lontananza mentre occhi sgranati e panico si dipinse sugli occhi di tutti i militi. Qualsiasi accampamento, struttura ancora in piedi venne calpestata dalla potenza dei Cercoteri che sembravano non essere coscienti di ciò che stavano facendo. La Hyuga si spostò al volo, ringraziando il suo essere così leggera ma spingendo la sua truppa a rimanere unita e nascondersi. Il membro per eccellenza del Taisei non sembrava minimamente scosso da ciò che era appena successo, come se tutto stesse andando secondo i suoi piani. La guaritrice atterrò su un tetto, cercando di avere una visuale chiara di tutta la situazione. Purtroppo i suoi occhi erano inutilizzabili e solo l’amplificazione delle sue sensazioni erano un aiuto concreto. L’uomo alzò al cielo il suo medaglione ed una serie di glifi luminescenti apparvero sul terreno polveroso. La successione degli eventi le scorreva davanti senza che lei potesse fare nulla, ogni mossa era una vera incognita. Improvvisamente urla di dolore si susseguirono nell’aria ed un’opprimente forza appesantì lo stomaco della giovane. No, non si trattava del suo apparato digerente ma era il centro nevralgico dove confluiva il suo chakra. Si sentì improvvisamente debole, come se le stessero portando via la sua linfa vitale. Poi vide i più piccoli cadere a terra, troppo esausti anche solo per rimanere in piedi. Come loro anche gli esseri mitologici accusarono quella sofferenza, portandoli a ribellarsi e contorcersi ma almeno arrestando la loro furiosa avanzata.

Siamo stati usati... prevedibile ma non pensavo finesse così in fretta

Ogni cosa stava andando nella giusta direzione per gli strateghi, finché qualcosa non cambiò le carte in tavola. Il medaglione del capo fazione venne strappato dal suo proprietario e la terra si spaccò letteralmente in due. Quello che aveva tutte le sembianze di un rituale non era giunto a termine, poteva leggerlo chiaramente dagli occhi impauriti dell’uomo che li aveva incastrati lì. Cosa significava tutto questo? Che anche loro avessero dei disertori nella loro organizzazione? L’ex nukenin fu costretta ad appoggiare un ginocchio a terra, respirando a fatica e con un occhio socchiuso. Non ci stava capendo più nulla e nonostante provasse a trarre conclusioni quel peso la rallentava mentalmente e fisicamente. Poteva essere solo una mera spettatrice, godendosi un finale scenico inaspettato. Pezzi di terreno volarono schiacciando qualsiasi cosa o essere lungo il loro tragitto; inarrestabili, spruzzati come rocce di un vulcano appena destato dal suo lungo sonno. Nessuno aveva più la forza d’entrare in panico. Doveva solo sperare che i superstiti non venissero calpestati dai Bijuu che avevano ripreso la loro corsa verso il centro. Poi un’ulteriore presenza fece capolino dalle viscere della terra. Qualcosa di mostruoso che non aveva mai visto in vita sua. Cadde a sedere, ammirando la maestosità di quel nuovo essere giunto e pronto a divorarli tutti. Il suo grido si fece largo per l’intera area, facendo sudare freddo la povera vittima. Rimase impietrita di fronte a tanto squallore, mentre una pietra dieci volte più grande di lei si abbatté su quello che restava di quella che un tempo doveva essere una residenza piuttosto ricca, che si affacciava direttamente sulla piazza. Perse totalmente la sua base d’appoggio, cadendo all’interno della struttura. Sbatté contro qualche trave di legno, riuscendo comunque a recupere l’equilibrio con le poche forze rimaste. Sgattaiolò trascinandosi fino all’arcata di una finestra, come un magnete attratto dal metallo. Voleva vedere la sua fine, lasciando che i pensieri ed i suoi ultimi attimi fossero rivolti ai suoi bambini, al suo amato e a tutte le gioie che la vita le aveva fatto dono. Se ne sarebbe andata con il sorriso, lo avrebbe fatto per quello che aveva deciso d’essere e per i suoi figli.

Chiaki ce la fai ad alzarti e fuggire?

No... sono troppo debole

Non si chiese nemmeno come potesse lo spirito dentro di lei comunicarle in quel momento, solitamente solo i sogni creavano un legame tra le due entità. Che la morte fosse tanto vicina da aver sbloccato la voce della sua anima? Imbambolata fissò lo sfacelo che si propagava, mentre lingue di chakra fuoriuscivano come serpenti dalla bocca di quella statua con una sua coscienza. Un angelo mietitore dall’aspetto tutt’altro che divino. Chi ancora rantolava non appena venne sfiorato da quelle lingue trasparenti non si mosse più. I loro corpi caddero inermi a terra, risucchiati da quell’obbrobrio con la bocca spalancata, affamato. Presto avrebbe avvertito il suo chakra, prima di quanto potesse immaginarsi il pericolo l’avrebbe sopraffatta. Arrivò alle sue spalle, sinuoso e serpeggiante, trapassandola. Bastò quel semplice tocco per portarla dritta nell’oblio più oscuro. [x]

 
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view post Posted on 11/5/2018, 19:48
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Aveva previsto tutto. O per meglio dire, aveva pressoché pronosticato come sarebbe andata un'ipotetica richiesta di spiegazioni alla leader della fazione opposta a quella del Taisei. Questo il motivo per il quale Chiye aveva scelto il silenzio, preferendo l'ascolto alle chiacchiere. Non aveva alcun senso parlare con dei patetici bigotti, annunciatori di catastrofi o fanatici adoratori che fossero, disposti a qualsiasi cosa per portare acqua al proprio mulino senza dar loro nemmeno il sentore di spiegazioni sensate e condivisibili. Era stanca di quella manfrina, stanca di giocare quel gioco di cui conosceva ben poco. Aveva assolutamente ragione quell'uomo dalla chioma pallida e il volto un po' emaciato - ovviamente riconosciuto dalla Tsuchikage e da tutti i presenti come il legittimo sovrano del Suono, Hideyoshi-dono - nell'affermare che loro erano soltanto carne da macello la dentro. Si fossero ammazzati da soli sarebbe stato un bene per tutti, dato che avevano scatenato loro quel putiferio. Inutile parlare di sacrificio e chiedere ad altri di farlo, se loro erano i primi a non essere nemmeno in grado di ammettere le proprie colpe. E in quei momenti di apparente stasi s'interrogava, domandandosi come rimettere i tasselli nella maniera più confacente ai suoi piani. Nonostante il numero, erano comunque in svantaggio. Non potevano permettere che le bestie codate s'aggirassero per il mondo, adirate, portatrici di distruzione; non poteva permettere che qualcuno se ne impadronisse a discapito della Roccia. Una situazione difficile per tutti loro sovrani, costretti dalle urgenti circostanze a fare la mossa obbligata di raggiungere Fukagizu con al seguito alcuni dei migliori shinobi e kunoichi di cui disponevano. Che fosse anche questo un piano? Lasciare abbastanza sguarniti i principali villaggi ninja per consentir loro un attacco facilitato?
Ben presto le cose non fecero che peggiorare: un assordante colpo decretò la distruzione totale della barriera che li teneva al sicuro dai demoni poco fuori, che rapidi e furiosi si riversarono in mezzo a loro, pronti a mietere quante più vittime avessero potuto. Fu allora che Kataritsuen, ben visibile dalla posizione avanzata rispetto alle truppe che si era portata dietro, sollevò lesto il ciondolo che aveva assicurato attorno al collo. Un bagliore accecante l'investì per qualche secondo, costringendoli a pararsi il viso e a chiudere gli occhi prima di poterli riaprire sullo scenario di un'ecatombe di proporzioni inimmaginabili. Chiye percepì subito che qualcosa nel suo corpo non andava, come se qualcosa le stesse rapidamente risucchiando le energie. Sgranò gli occhi, guardando Kataritsuen con uno sguardo di fuoco prima di constatare, voltandosi appena per dare ordini, che i suoi genin erano riversi al suolo e che sua sorella, al suo fianco, vacillava.


Quindi era questo il sacrificio.. - realizzarlo in un sussurro non fu sufficiente ad accettarlo passivamente. Non per una donna come lei, animata dall'ardente fuoco della determinazione e dalla nomea di grande guerriera. Rabbiosa si morse il labbro inferiore, fino a quasi farselo sanguinare nella foga della violenza che le scorreva nelle vene. Non avrebbero vinto in quella maniera, non senza che la Roccia combattesse. Non esisteva al mondo. - Non lasciate che questa follia vi porti via con sé! Combattete! Difendetevi! - ordini, grida disperate di una sovrana che aveva stupidamente messo a repentaglio la propria vita, quella della sorella e degli shinobi e kunoichi migliori che la Roccia annoverava. Aveva fatto un torno a tutti, ma mai si sarebbe arresa all'evidenza e nemmeno loro dovevano farlo. Akiho si sollevò alle parole della sorella, imbracciando con le forze rimaste la mazza chiodata e lanciandosi all'attacco per sbaragliare la strada alla maggiore, che al grido di guerra della piccola Rei poco dietro fece appello alle ultime stille di chakra rimaste in corpo per attivare Tsuchinoko, che si scompose in scaglie acuminate. Determinata a raggiungere Kataritsuen per porre fine a quel rituale malefico che li stava uccidendo tutti, non fece distinzione fra membri del Taisei e del Kyo Dan. Chiunque si frapponeva al suo passaggio veniva massacrato, avvolto con movimenti rapidi dalle pericolose spire dalla spada-frusta per essere logorato malamente. Grazia. Morte. C'era solo quello ad attendere chiunque si frapponesse fra la Sandaime Tsuchikage, Koizumi Chiye, e il suo unico obiettivo.

Avvenne tutto troppo rapidamente, fuori dal suo controllo. Quel giovane ricercatore che aveva conosciuto al summit di circa un anno prima era apparso dal nulla e aveva raggiunto il leader del Taisei, strappando dalle sue mani il ciondolo, gridando parole senza senso; una fenditura si aprì sotto i loro piedi, interrompendo di fatto il rituale ma facendone fuoriuscire una statua sofferente, animata, viva. S'immobilizzarono le Koizumi, col fiato sospeso e il cuore in gola a quella visione. Le stridule grida di quella roba dagli occhi strabuzzanti parevano perforare i timpani sensibili della più grande, tanto da costringerla in ginocchio a coprirsi le orecchie; Akiho le fu subito vicina, pronta come sempre a proteggerla a costo della vita, ma nulla poterono. Nessuno di loro fu in grado di contrastare il Gedo Mazo, che alla fine prese tutti con sé: demoni, uomini, donne, sovrani. Poco prima che venisse investita anche lei, cadendo al suolo esanime, la femme fatale ebbe un pensiero per i suoi shinobi e per il villaggio, un pensiero per la sorella al suo fianco e uno per Hiroji, lasciato indietro per sostituirla e difendere la Roccia. Alla fine non avrebbe potuto mantenere la promessa che gli aveva fatto; non lo sopportava quando aveva ragione.



Mi sono presa la libertà di fare comunque questo post, pure se muovendo PNG. Ritenevo importante dare una continuazione congrua, senza saltare nulla.
 
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NGDR - 10° Anniversario
view post Posted on 14/5/2018, 13:50







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Evento


覚醒 Kakusei: Risveglio









Dentro al Gedo, 20 gennaio 249



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L'eco lieve del suo stesso respiro gli sfiorò il volto con dita spettrali, riverberando fievole contro la volta oscura che lo sovrastava: Kataritsuen aprì gli occhi, e attorno a sé vide il buio. Sopra, sotto di sé un'oscurità altrettanto vuota, priva di appigli, popolata da fantasmi immaginari di una mente alla ricerca di qualcosa a cui aggrapparsi.
Una mano salì a tastare là dove avrebbe dovuto trovarsi il suo collo – e lo trovò, sferzato da un bruciore come di carbone ardente, là dove la catena del medaglione aveva gravato fino a poc'anzi.

Nel vuoto, le palpebre si sgranarono: il medaglione.
Hajime, la sua corsa, le sue grida... l'espressione del suo volto contratto, la luce disperata nelle sue iridi, ogni singolo particolare gli balenò nella memoria, in una processione di kakejiku impietosamente dettagliati.
“Hajime...”
Il sussurro gli sfuggì involontariamente dalle labbra, istantaneamente replicato dalle mille labbra invisibili nascoste tra le ombre.
Hajime: al pronunciare del suo nome, come in un incantesimo, un fiotto di pallida luce ferì in lontananza la notte che imperava nella grande caverna.

Vide per prime le sue mani aperte davanti al volto, i palmi rivolti verso l'alto come in preghiera; vide lo specchio liscio come ossidiana su cui i suoi piedi erano appoggiati, contro cui si rifletteva l'immagine di un giovane uomo dal volto pallido, sgomento, tremante. Vide attorno a sé, alta come la volta di un grande Tempio, delinearsi il profilo frastagliato di un'ampia caverna: le sue pareti scure di roccia viva, gli scogli affioranti ai piedi delle pareti, la nebbia leggera che si levava dalle acque.
Mosse un passo, esitante, ma non sprofondò.
Lottò per placare il respiro affannato, mosse un altro passo sul lago notturno e le acque lo sostennero. Acque che non erano acque, acque che non bagnano. Si chinò e il riflesso gli venne incontro, protendendo le dita contro le sue fino al punto in cui avrebbero dovuto sfiorarsi.
L'attesa frescura dell'acqua non arrivò tuttavia a confortare i suoi sensi, solo un fragile tremolio, sufficiente a deformare il suo riflesso in una smorfia inumana.

Volle rialzarsi, un dubbio doloroso che si faceva strada nella sua anima e sul suo viso: che fosse già tutto finito?
Che fosse quello, il suo destino atroce?
Che avesse sacrificato la propria vita del tutto inutilmente... e vedersi strappare persino il conforto di un eterno sonno senza sogni?
Un dolore profondo, un tormento da levare il fiato: avrebbe quindi trascorso il suo eterno presente in quel modo? Rodendosi l'anima nello sconforto del fallimento e del rimpianto?
“Hajime... dooshite...”
E la nebbia che aleggiava si sollevò, mostrando l'esercito dormiente al di là dello specchio.

Mille, duemila, innumerevoli, giacevano sotto il pelo dell'acqua: immobili, gli occhi occultati dalle palpebre abbassate, i coprifronte a stringere le ciocche fluttuanti. Fuoco, Acqua, Terra, Fulmine, Vento, e tanti altri, le cappe rosse del Kyo Dan così come i drappi blu del Taisei, ghermiti senza distinzione dalla voracità del Gedo.
Una mano si strinse contro la sua bocca, a soffocare un grido gravido di raccapriccio; indietreggiò, sentì le lacrime bruciare mentre lottavano per raggiungere gli occhi e il respiro mozzarsi, soffocarsi nella gola, strangolare il cuore che continuava stolidamente a palpitare.
Un sacrificio tanto grande, per nulla... forse... forse per lui sarebbe stata la giusta punizione. Lui, tra le cui mani erano riposte le speranze di un Continente, e che si era lasciato sfuggire la salvezza dalle dita dopo averla stretta per un breve istante. Lui, la chiave di volta, che cedendo aveva lasciato andare tutto in rovina.
Kataritsuen scivolò sulle ginocchia.
Pianse, incapace di fare altro, messo di fronte alle proprie atrocità.
Riversò dagli occhi e dalla gola tutta l'angoscia che gravava la sua anima, e la caverna riverberava innumerevoli volte l'eco dei suoi gemiti: il pianto di tutti i prigionieri sottratti alla vita, che languivano spegnendosi lentamente al di là dello specchio d'acqua. Ma il pianto non può durare per sempre.
Dopo un tempo che sfuggiva ai suoi freddi calcoli, i singhiozzi si fecero più radi, le lacrime meno copiose: gradualmente il respiro si fece regolare, più profondo, la morsa stretta attorno al petto meno soffocante; sbatté le palpebre, si asciugò le guance, si rialzò.
La luce cinerea fendeva ancora il buio, ferendogli gli occhi.
Che lo scopo di essa fosse illuminare l'enormità del suo errore, era una possibilità più che concreta... ma il giovane la fissò con un'ostinazione che divenne presto determinazione.
Strinse i pugni: una seconda consapevolezza iniziò a farsi strada nella sua mente... una a cui si era aggrappato per una vita intera nei momenti di esitazione e sconforto. Non importava quale forma prendesse il proprio crimine: lui era la guida del Taisei, ed attraverso di lui il Taisei aveva prevalso.

Lentamente si trascinò attraverso quella vuota distesa, le piante dei piedi nude contro la superficie fredda, né liquida né solida, eppure deformata in lievi increspature al suo tocco. Circolari, si espandevano incontrastate nonostante la loro fragilità, inesorabilmente arrivando ad incontrare le pareti della caverna e rifrangendosi indietro, respinte in tante onde quanti erano gli angoli creati dalla roccia. Così, in quel riverbero silenzioso, Kataritsuen seguì il sentiero di luce che l'apertura aveva inciso nell'oscurità, il lume pallido, flebile, ma forte abbastanza da ferirgli gli occhi e da permettergli di riconoscere ogni fattezza di chi riposava a pochi centimetri dai propri piedi.
Uno ad uno i volti di quei martiri gli ricordavano l'enormità di quanto aveva fatto, di quanto aveva dovuto fare. Se lo ripeté, così come aveva fatto per mesi e mesi, dal giorno in cui il Kyo Dan aveva commesso il più folle dei crimini al momento in cui lui aveva dovuto fare altrettanto.

Poteva mentire a sé stesso, riversarsi addosso fiumi di invocazioni al dovere e fare altrettanto con gli zeloti di cui si era circondato... dirsi che era stato il Kyo Dan, solo il Kyo Dan, e che non uno dei corpi su cui camminava era lì senza motivo. Non omicidio, mai, non importa la riluttanza della vittima: il chakra andava tenuto sotto controllo, e con un unico colpo di mannaia il Taisei aveva compiuto il proprio dovere millenario. Di nuovo. Lui era stato soltanto il catalizzatore di questa mastodontica responsabilità, mosso da forze irresistibili a fare l'indicibile. Nient'altro poteva contare.

Ma la coscienza era un nemico insidioso, un tarlo inestirpabile che gli mangiava il cuore anche lì, anche senza un corpo nel quale soffrire. Credeva che anni di addestramento e mesi di preparazione lo avrebbero sottratto alle passioni violente che un simile atto poteva suscitare, che aveva suscitato in Hajime, ma nessuna forma di ascesi gli avrebbe mai strappato quella consapevolezza... nessun pianto lo avrebbe mai liberato dalla colpa. Ma era finita: per lui e per i demoni. Il Gedo si era risvegliato, nonostante tutto... ed aveva portato con sé le creature, divorando ogni forma di energia esattamente come gli scritti avevano detto sarebbe accaduto.
Si cullava ancora in quella conclusione quando, dalle sue spalle, si levò un soffio d'aria. Tenue, ma inusuale abbastanza da costringerlo a voltarsi. Ne seguì un altro, dalla sua destra, e con esso questa volta giunse un lieve suono, che riecheggiò esattamente dal lato opposto della roccia.

"Ma che..."

Uno dietro l'altro i sussurri iniziarono ad avere un senso: parole, domande... accuse.

"Sciocchezze..."

"Quale follia ti ha condotto a risvegliare quell'abominio?"
"La nostra morte non ti ha insegnato nulla..."


Una lieve vibrazione sotto i suoi piedi, il pelo dell'acqua stravolto da molteplici increspature... quindi, lentamente, qualcosa emerse dai recessi oscuri dell'antro. Mani cadaveriche perforarono lo specchio, artigliandone la superficie e spezzandone il riflesso limpido, a fatica portandosi dietro corpi rattrappiti e scheletrici. Nove, fragili e tremanti, si levarono in piedi con enorme fatica, i loro respiri un rantolo spezzato ma tagliente, quasi assordante.

"Paura? Non averne ragazzo, sei uno di noi ora."
"... più o meno."


"Chi siete?!"

Domandò, la voce roca, l'eco presto assimilato ai precedenti. Le creature mossero qualche passo verso di lui, stringendo il cerchio e strappando l'ombra al suo rifugio. Come catrame, denso e colloso, il buio in fuga dalla luce dell'apertura rimase attaccato al loro pallore, presto cingendolo in un manto impenetrabile... finché solamente il lume degli occhi poté tradirne la natura. Da fantasmi a spettri.
Era questa la sua punizione dunque? Essere tormentato da chi aveva condannato?

"Ahahahah..."
"Non nella maniera in cui tu credi, ragazzo."

"La statua è uno strumento instabile, lo è sempre stato."
"Duemila anni e nessuno con le palle di distruggerla."

"Nessuno con i mezzi, direi..."

Non gli risposero, ma a mano a mano che si avvicinavano gli strascichi alle loro spalle assumevano forme sempre più definite. Strappati alla roccia o ancora attaccati per mera fortuna, più lembi delle vesti presero ad isolarsi, levitando leggeri sulla spinta di un vento impercettibile. In ordine crescente dalla sua destra, il simbolismo non sfuggì all'attuale guida del Taisei.

"Voi... ma come...?"

Doveva trattarsi di un trucco, un'illusione. Le loro anime non potevano trovarsi lì dentro.

"Scemenze, di nuovo."
"Non è sveglio come credevate..."

"Ahhhh dateci un taglio! Si, siamo noi ragazzino, i primi nove!"
"E no, non sei morto. Sei dove pensi di essere."


Gli occhi di Kataritsuen dardeggiavano da uno spettro all'altro, il corpo si voltava ancora ed ancora, conteso tra l'incredulità e l'angoscia. Gli spiriti dei nove martiri originali, il loro sacrificio aveva tenuto a bada i demoni per due millenni.

"Già. Ottimo lavoro a proposito."
"Stai scherzando? Ha permesso che li liberassero, ha ridato vita a quella cosa..."

"E smettila di girare come un coglione!"
"Se mi vomita addosso lo affogo..."

"SILENZIO!"

Si impose un ultimo sussurro, intenso abbastanza da graffiargli i timpani e il petto. Kataritsuen si voltò istintivamente verso la sua origine, dal lato opposto rispetto all'uscita, trovandosi ad un passo dalla figura con nove lembi. La sorpresa lo fece cadere all'indietro, mentre lo sguardo rimaneva fisso su quello dello spettro, che riluceva come argento.

"Alzati, non c'è tempo da perdere."




Edited by ¬BloodyRose. - 14/5/2018, 18:21
 
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NGDR - 10° Anniversario
view post Posted on 22/5/2018, 21:35







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Evento


覚醒 Kakusei: Risveglio









Dentro al Gedo, 20 gennaio 249


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L'umidità penetrava il suo corpo fin dentro le ossa, facendolo rabbrividire, e poco importava che il suo spirito - forse - non fosse davvero rivestito delle sue carni; l'eco confusa dei passi affrettati infestava il budello contorto e frastagliato, mentre Kataritsuen si faceva strada nella semi-oscurità alla ricerca di qualcosa che poteva solo ipotizzare, prossimo ad esaurire le proprie energie – tuttavia persistente nella sua determinazione.
Quella mostruosità che li aveva ingoiati era rimasta dormiente per innumerevoli anni: nessuno era sopravvissuto a quei tempi antichi per poter riferire dei suoi più intimi meccanismi, nessuno avrebbe mai potuto dire con certezza cosa sarebbe potuto accadere, nel caso in cui il rituale fosse stato interrotto bruscamente.
Neppure il più erudito tra i saggi.
Era un'evenienza ritenuta impossibile: un pensiero scacciato via, come una mosca fastidiosa, come una maledizione che si vuole schivare a tutti i costi.


Il vento – della cui realtà ormai dubitava, ma neanche questo aveva importanza – gemeva doloroso nel dedalo di gallerie scavato nel ventre del Gedo, come se trascinasse con sé i lamenti, le accuse inarticolate di tutti i corpi che giacevano sotto la superficie del lago.
Andava avanti, avanti, avanti ancora: non c'era tempo da perdere.
L'uomo cammina spedito quando sa dove andare, ma lui non lo sapeva.
Camminava ugualmente, spinto da un'urgenza che né il senso del dovere, né le ammonizioni dei nove potevano motivare adeguatamente: non poteva, non voleva dare un nome a quel timore viscerale che gli rodeva l'anima lentamente, metodico come un bruco con la sua foglia di gelso.
A tratti avrebbe potuto giurare di udire altri rumori, fruscii diversi dall'ululato del vento, dal gocciolare dell'acqua e dal suo respiro aspro nella gola: in quei momenti si arrestava in ascolto, poi scuoteva la testa e ripartiva. Fantasmi della mente, alterata per stanchezza o per spavento: si passò una mano sugli occhi serrati, strofinando con forza sulle palpebre, e proseguì imperterrito. Forse era la sua stessa coscienza a strisciargli alle calcagna, rivestita di un corpo posticcio come il suo.
Desiderò scacciare quel pensiero così come aveva fatto coi rimorsi, che pure tornavano a tormentarlo come un nugolo di moscerini su una carogna, finché non sentì i denti serrarsi e le labbra arricciarsi a scoprirli.
Hajime ... dove sei...


Forse in qual momento fiutò la sua debolezza: prese forma e si staccò da uno dei fianchi della caverna, una decina di metri alle sue spalle; probabilmente anche più brutto dei rimorsi stessi, aveva le sembianze di una donna talmente anziana da aver quasi perduto le proprie fattezze umane, un drappo violaceo a ricoprirle il corpo scheletrico e brunito come quello di una mummia. I capelli sciolti ricadevano fluenti e grigi sulle spalle della figura, le sclere candide baluginavano tra le ombre, mentre ghignando ella si mostrava al giovane: sì, qualcosa lo seguiva sul serio – ma sarebbe stato meglio se fossero stati sul serio i suoi sentimenti, rivestiti di una forma umana.
Nonostante il suo aspetto fosse dissimile a quello mostrato poco prima dell'attivazione del Sigillo, il bastone e il kiseru che ella brandiva non lasciavano adito a dubbi.
Kataritsuen deglutì a vuoto, il volto ancora più pallido dell'ordinario, un senso di disperazione profonda che saliva a ghermirgli la gola.
Non aveva tempo, tuttavia glie ne sarebbe servito ancora.


 
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