Camminando con passo deciso, Kuroshi cercava la bottega di cui gli avevano parlato, lasciandosi guidare dall'istinto e dalla memoria. Ogni angolo, ogni insegna, era scrutato con attenzione, nella speranza di trovare quella che sarebbe stata la sua destinazione.
Fu solo quando s'imbatté in un vicolo stretto, fiancheggiato da muri di pietra e ombre dense, che notò una leggera brezza profumata che gli accarezzava il viso. Il profumo di erbe e spezie si insinuava tra le crepe delle case, guidandolo come un faro nella notte.
Seguendo l'odore invitante, Kuroshi procedette con cautela lungo il vicolo, finché non giunse a un'apertura tra gli edifici. E lì, di fronte a lui, si stagliava la bottega di Midori Kahatake, come un'oasi di serenità e saggezza in mezzo al caos della città.
La struttura di legno, ornata da drappi colorati e incensi che bruciavano lentamente, emanava un'aura di mistero e tranquillità. Kuroshi si fermò di fronte alla porta, osservando con ammirazione i dettagli finemente intagliati e le insegne dipinte a mano che annunciavano i tesori nascosti all'interno.
Fu proprio mentre stava per varcare la soglia che un altro ragazzino gli spuntò davanti. I suoi occhi si incrociarono per un istante con quelli di Saito. Uno sguardo fugace, ma carico di significato, che trasmise un senso di riconoscimento reciproco e una tacita comprensione della situazione. In quegli istanti, le loro anime di shinobi si scontrarono, scambiandosi messaggi silenziosi attraverso lo sguardo penetrante.
Kuroshi notò la determinazione nei lineamenti di Saito, la risolutezza nel suo sguardo giovane ma deciso. Eppure, c'era anche qualcosa di indefinibile, un'ombra di incertezza o forse di curiosità.
Ma poi, con un leggero cenno del capo, Kuroshi proseguì verso l'interno della bottega, concentrandosi sul suo scopo senza dare troppa importanza allo sguardo di Saito. Non c'era tempo per indugiare in congetture o speculazioni. Doveva ottenere ciò di cui aveva bisogno e continuare il suo viaggio, senza distrazioni o interferenze esterne.
Con passo risoluto, Kuroshi varcò la soglia della bottega, lasciandosi alle spalle lo scambio di sguardi con Saito. L'aria all'interno della bottega era impregnata di profumi terrosi e misteriosi, mentre le mura di legno antico sembravano raccontare storie millenarie di saggezza e conoscenza.
Midori, la proprietaria della bottega, emerse dall'ombra dei suoi scaffali con grazia, il volto solcato dalle rughe del tempo ma illuminato da un sorriso gentile e accogliente. I suoi occhi scrutarono il ragazzino con curiosità e saggezza, come se fosse in grado di leggere nei suoi pensieri e nelle sue intenzioni più profonde.
"Benvenuto, giovane viandante," disse con voce calda, il suo accento morbido e rassicurante. "Cosa posso fare per te?"
Kuroshi inclinò leggermente il capo in segno di rispetto, sentendo il peso delle sue parole calarsi su di lui come una benedizione. "Vorrei acquistare alcune erbe mediche," rispose con voce ferma ma rispettosa. "Ho bisogno di esse per trattare delle ferite."
L'anziana annuì comprensiva: "La Belladonna è una pianta potente e pericolosa," disse con voce pacata. "Ma se usata con cura e rispetto, può avere proprietà curative straordinarie." Gli suggerì
Con gesti eleganti, Midori si mosse tra gli scaffali, selezionando con cura le foglie essiccate di Belladonna e mettendole in un piccolo sacchetto di stoffa. Il suo movimento era calmo e misurato, come se fosse in grado di percepire l'energia delle piante stesse e di comunicare con esse in un linguaggio antico e segreto.
"Prendi queste," porgendo il sacchetto al genin con un sorriso gentile. "Usale con saggezza e rispetto, e ti aiuteranno nelle tue cure."
Kuroshi accettò il sacchetto con gratitudine, sentendo il peso delle erbe nelle sue mani come un dono prezioso. "Grazie," disse con voce sincera, inchinandosi leggermente.
lo Yuki si congedò dalla bottega, il sacchetto di erbe stretto tra le dita. L'aria salmastra dell'isola lo avvolse di nuovo, mentre sbucava nuovamente tra le strade affollate del mercato. Camminando assorto nei suoi pensieri, non si era ancora reso conto, o forse involontariamente, stava facendo la stessa strada di Saito.