CITAZIONE
Premessa: quello che segue è "il sunto" di una libera che per motivi di forza maggiore mi è stato impossibilitato concludere sul forum.
Sarebbe dovuta esser presentata parecchio tempo prima, perché fondamentale per spiegare interazioni tra PG giocanti utili ai fini dello svolgimento dell'ultima missione svolta, perciò, per evitare problematiche di coerenza narrativa, mi vedo costretta a pubblicare in questa forma.
Ogni interazione tra i PG è stata quindi concordata in una libera che è stata fatta su un forum esterno e che sarebbe dovuta essere postata copia carbone qui sul NGdR.
Ovviamente si desume che qui è riportato il punto di vista di Kacchan, mentre i dialoghi sono copia carbone, quindi concordati e assecondati dall'altro personaggio nominato nella giocata.
Non si tratta di un'autogestita, quindi il materiale qui riportato non è valevole per l'ottenimento di alcun tipo di EXP.
Il sole, nascosto dalle nuvole, riusciva a far passare a stento i suoi raggi i quali, colpendo le miriadi di gocce d’acqua che cadevano come lacrime dal cielo, irradiavano luce nel formare piccoli e sfuggenti arcobaleni, i quali però svanivano in fretta, data l’esigua quantità di luce che riusciva a passar oltre le nubi.
E cadeva incessante la pioggia, infrangendosi sulle case di quel piccolo borgo abbandonato, riempiendo col suo scrosciare il silenzio che vi regnava sovrano. Picchiettava contro le finestre chiuse e sulle tegole dei tetti, mentre nel bagno risuonava, incessante, il rumore delle gocce d’acqua che sfuggivano da un rubinetto che perdeva… E, in quella stanza, nonostante il rumore della pioggia, quel suono gocciolante rimbombava, scandendo il lento e inesorabile scorrere del tempo.
Plin. Plon.
Splish. Splash.Le mani strette sul bordo gelido di marmo del lavandino, i muscoli delle braccia tesi mentre sorreggevano il peso del busto nudo, mentre Kacchan osservava la sua immagine nello specchio, il viso smunto, pallido, le occhiaie profonde, era più simile al fantasma di sé stesso. E come dargli torto: dopotutto, aveva appena sperimentato la morte, ma ne era fortunatamente uscito illeso, solo perché altri erano intercorsi in suo soccorso. Solitamente, guardandosi allo specchio, riusciva a vedere l’ombra di suo padre alle sue spalle, ma adesso… Era rimasto completamente solo.
Sul volto comparve l’ombra di un sorriso amaro, mentre riprendeva a spogliarsi. Aveva bisogno di una doccia, di lasciar scivolare via i pensieri… E sotto l’acqua che scorreva sulla pelle segnata da numerose impronte, ancora vivide su quel candore, si rese conto che, ora, poteva dirsi davvero libero di poter fare ciò che voleva, perché libero dell’ombra di quel genitore, quello che più amava, che avrebbe potuto giudicarlo per quel che faceva, che avrebbe potuto deludere…
Intanto, nella stanza accanto, la camera da letto che in passato apparteneva a sua nonna, percepiva distintamente il dolore di Makoto e Shiroko per la perdita subita. Nonostante le atrocità commesse, amavano davvero molto Kuroichi e, in quel momento, cercavano ognuna di dar sostegno all’altra. L’una per aver perso un fratello. L’altra per aver perso qualcosa di più di un semplice amico.
Terminata la doccia, con l’asciugamano legato in vita, Kacchan si spostò nell’altra camera da letto presente in quella piccola dimora, appartenente a suo padre, quando da giovane viveva ancora lì: c’erano rimasti alcuni suoi vecchi vestiti e qualche foto, oltre che una parete piena zeppa di libri.
«Scusami se ci ho messo molto, ma se vuoi farti una doccia calda, il bagno è a tua completa disposizione. Se hai bisogno di un cambio di vestiti, posso vedere se c’è qualcosa della tua taglia… Non penso ti vadano i vestiti di mia nonna, spero non ti dispiaccia mettere qualcosa di maschile…. Almeno finché non si asciugano i tuoi vestiti...»Poggiato sullo stipite della porta, ancora umido dalla doccia, Kacchan osservò Masaru assorta nei suoi pensieri. Ah, quanto avrebbe voluto riuscire a leggerle la mente come un tempo, sfogliarla come un libro aperto, capire cosa le stesse passando per la testa… Purtroppo gli era diventato impossibile farlo, incapacitato dalle miriadi di voci che gli sussurravano in testa, costantemente, impedendogli così di ascoltare la voce interiore degli altri. Si limitava, ormai, a concentrarsi sulla sfera emotiva degli altri, più facile da decifrare nel costante brusio di sottofondo, ma ben poco appagante nel soddisfare la sua curiosità…
« Non ne vedo il dramma, ti ringrazio. » Gli fece Masaru, lasciando la stanza per dirigersi a sua volta in bagno. Kacchan la seguì con lo sguardo, massaggiandosi il petto all’altezza dello sterno, dove la lama della kunoichi era penetrata nel corpo di Aki, infliggendole il colpo di grazia. Forse era quello, che la turbava a quel modo? Ne dubitava… Alla fin fine, Masaru non era un ninja di primo pelo e, di certo, quello non era stato il suo primo omicidio perpetrato a sangue freddo… Forse era perché, alla fine, le aveva impedito un ultimo faccia a faccia con Kuroichi?
Sospirando, lo Yamanaka si passò una mano tra i capelli bagnati, scacciando quei pensieri: non l’avrebbe forzata ad aprirsi con lui. Già in passato ci aveva provato e con pessimi risultati, quindi tanto valeva lasciare a lei la decisione: dopotutto, le aveva ampiamente dimostrato che poteva fidarsi di lui. Cazzo, le aveva addirittura dato la sua stessa vita in mano…
Frugando nell’armadio, trovò un paio di pantaloni di una tuta e una maglietta a maniche lunghe, che indossò senza farsi troppi problemi, constatando però con uno sbuffo infastidito essere troppo corti per lui: le maniche della maglietta a stento raggiungevano metà avambraccio, per non parlare dei pantaloni, che coprivano a malapena le caviglie. Certo che era cresciuto parecchio, in quegli ultimi anni… Si era sollevato di quanto? Una ventina di centimetri? Ed era diventato addirittura più alto di suo padre, quando aveva la sua stessa età… Prese qualcosa anche per Masaru, una maglia a maniche corte e un paio di pantaloncini. Probabilmente le sarebbero andati lunghi, ma sempre meglio di avere addosso vestiti bagnati.
Col fagotto sotto braccio, tirò fuori una sigaretta, intenzionato ad accenderla, ma non avendo con sé ne un accendino ne un paio di fiammiferi, si limitò a tenerla tra le labbra, mentre si avvicinava alla porta del bagno. Oltre l’uscio chiuso, sentì il rumore dell’acqua scrosciare nella doccia e per un attimo si immaginò di entrare dentro, trovandola nu…
«Ti lascio il cambio dietro la porta, ok? Tra poco accendo anche il camino, così possiamo mettere lì vicino i vestiti ad asciugare...» Le disse oltre il legno della porta, scacciando quel pensiero osceno ed allontanandosi a passo svelto, dirigendosi nella piccola cucina.
Quasi disperato, accese la sigaretta vicino al fornello a gas, aspirando il fumo quasi fosse una benedizione e, come acqua fresca, quella “boccata d’ossigeno” spazzò via il suo nervosismo, riuscendo finalmente a rilassare i muscoli contratti. Dato che non riusciva a stare senza far niente, in quel momento, si mise a preparare del the, qualcosa di caldo in grado di riscaldarli per bene. Preparò il bollitore e dalla credenza tirò fuori quattro tazze, due delle quali sistemò su un vassoio, accanto al quale sistemò un cambio di vestiti anche per le altre due ragazze.
Attese che il the fosse pronto e, cercando di non combinare qualche danno versandolo in giro, si avviò verso la stanza dove Makoto e Shiroko riposavano. Le trovò stese a letto, stremate, Makoto stretta all’amica nel cercare conforto. Cercando di fare meno rumore possibile, per evitare di svegliarle, lasciò il vassoio sul comò, aprì l’armadio e, tirando fuori una vecchia trapunta, le coprì entrambe, per poi sgattaiolare via, voltandosi solo quando Shiroko, con un fil di voce, gli sussurrò un grazie.
Ritornato in cucina, prese le altre due tazze di the preparate e, tornando nella camera da letto, poggiò quella per Masaru sulla scrivania, mentre la sua la tenne in grembo, seduto sul bordo della finestra, intento a fumare e pensare… Perché aveva baciato Masaru, in quel momento? Forse perché stava per morire e non era poi tanto lucido…
« Kacchan, ascolta… » La voce della donna lo colse quasi di sorpresa, immerso com’era nel suo flusso di pensieri, tanto da non essersi nemmeno accorto di aver lasciato giusto due dita di the nella sua tazza, che aveva poi usato come portacenere e… Che cazzo, si era davvero fumato tre sigarette di fila?
« Credo di aver esagerato prima... Quando io e Shiroko ti abbiamo incontrato. Era il timore a parlare per me… » Gli confessò, genuinamente dispiaciuta. Con un sorriso mesto, Kacchan si sporse leggermente, poggiando la sua tazza sulla scrivania e prendendo quella ancora piena di liquido fumante, porgendola alla donna.
« Non ti devi scusare, anzi. Alla fin fine ne avevi tutto il diritto di esser sospettosa nei miei riguardi… » Si sedette più comodamente sul bordo della finestra, in modo tale da starle perfettamente di fronte, la schiena poggiata contro il vetro reso freddo dalla pioggia.
« Ed è giusto che sia così. Dopotutto, io sono il primo a non fidarmi di me stesso, figuriamoci gli altri... » Spense la sigaretta, lasciandola cadere nella sua tazza vuota, le braccia tese ai fianchi, per bilanciare il peso su quella seduta risicata.
« Come ti senti? » Le domandò, lo sguardo blu fisso su di lei, quasi a volerla sondare nel profondo, per capire cosa le passasse per la testa.
«Un po' stanca… » Ammise la donna, lo sguardo basso sulla tazza di the che stringeva tra le mani, per poi scuotere il capo.
« Non capisci. Non sei tu il problema. Erano ben altre le ragioni.»Kacchan incrociò le braccia al petto, inclinando leggermente il capo, studiandola attento.
«Ragioni che, immagino, riguardano il tuo precedente incontro con Kuroichi...» Nessuna accusa nella sua voce, solo la constatazione di un dato di fatto che, come volevasi dimostrare, ottenne conferma dalla reazione di Masaru che, semplicemente, fece un cenno affermativo con il capo.
Abbassò lo sguardo lo Yamanaka, puntandolo sui suoi piedi nudi che iniziò a sfregare tra loro, quasi a voler dissipare in qualche modo la tensione del momento. Ricordava perfettamente quel che Kuroichi gli aveva detto,
dall’altra parte ”Chiedi scusa a Masaru da parte mia, anche se… Dubito potrà perdonarmi per quel che le ho fatto...” « Lo so. Avevo intuito c'entrasse lui e quello che ti ha fatto... Ne avevi tutte le ragioni e lui... Bhe, sembrava dispiaciuto di averti causato tanta sofferenza. » Ammise, ritornando a volgere lo sguardo su di lei.
Era incredibile il modo in cui il loro rapporto si era evoluto: ricordava bene quanto costasse per lei riuscire ad aprirsi agli altri e vederla così spaesata, in quel momento, gli fece salire prepotente il desiderio di stringerla forte, di confortarla e consolarla… Ma evitò anche solo lontanamente di accennare anche solo al volerla abbracciare, per timore che potesse nuovamente chiudersi in se stessa, escludendolo così dai suoi pensieri.
« Ricordi quando ci siamo incontrati? Quella sera alla locanda? » Gli domandò Masaru e lo sguardo di Kacchan non poté fare a meno di posarsi su una delle foto presenti in quella stanza dove, immortalati su carta, c’era una sua foto di quando era bambino, in compagnia dei suoi genitori. Evidentemente, suo padre doveva averla spedita a sua nonna, in una delle sue numerose lettere.
Ridacchiò sotto i baffi, strofinandosi il viso per nascondere il sorrisetto che gli era apparso, nel ricordare il giorno in cui si erano conosciuti.
« E come potrei dimenticarlo... » Le confessò: dopotutto, in quella occasione, oltre che ad esser stati trasformati in bambini, era stata l’occasione in cui si erano conosciuti e avvicinati l’un l’altro, instaurando così le basi del rapporto che c’era oggi tra loro… Un rapporto che, a dirla tutta, Kacchan non comprendeva ancora del tutto.
Osservò Masaru cercare quasi disperatamente l’appoggio della sedia, quasi a voler trovare un sostegno fisico per darsi la forza di raccontare quanto stava per rivelargli. E Kacchan l’ascoltò, senza proferir parola alcuna, senza interromperla in alcun modo, permettendole di dar sfogo al male che le serrava la gola. Non entrò nel dettaglio di certi particolari, ma Kacchan non gliene diede colpa, ne tanto meno insistette per ottenerli: era già tanto che lei si stesse aprendo tanto a quel modo, con lui. Forzarla di dire altro gli sarebbe parso violare la sua fiducia.
« Mesi prima ero stata chiamata per una missione di vitale importanza. I piani alti contavano molto su di me e sulla mia collega per la riuscita dell'incarico, dato che avevamo con noi un'arma molto potente. Era un'indagine delicata, che ci aveva portato in un piccolo borgo agli estremi del paese, dove si svolgeva un torneo clandestino. Più ci avvicinavamo al nostro obiettivo, più la situazione si faceva rischiosa. Incontrammo per la prima volta Kuroichi, che si presentò a noi e ci portò dietro le quinte, mostrando una peculiare trasparenza, fino alla fine, finché ad un certo punto ci trovammo ad un bivio. La faccenda divenne sempre più spinosa, la scelta su cosa fare ricadde su di me e, nonostante l'ordine esplicito di non separarci, scelsi di prendere la strada opposta a quella della mia collega, trovandomi sola con lui. Mi accompagnò in una specie di laboratorio e lì mi mostrò una versione più piccola di quel minerale. Mi disse che sapeva di quell'arma che avevo con me e che sapeva come darmene il potere senza restarne soggiogata, voleva che diventassi parte dei suoi esperimenti. Mi sentii alle strette, inizialmente fui tentata di fuggire o di attaccarlo, poi pensai di correre il rischio, raccogliere informazioni e cercai di persuaderlo a venire dalla nostra parte, ma qualcosa accadde... Forse era stato lui troppo convincente. Forse io troppo debole in quel momento... Ed era stato maledettamente sincero sulla natura dell'esperimento e sulle potenziali conseguenze, aveva persino accennato alla sorella... L'unica cosa che aveva omesso, in tutto ciò, era la sua intenzione ad uccidermi una volta fatto da cavia. Come una stupida ragazzina, ho finito per consegnare la nostra arma più potente nelle mani di lui. Del nemico. Quando poi mi sono risvegliata, stava litigando seriamente con uno di loro, non ho visto cosa avvenne di preciso, però ricordo le sensazioni provate... Il dolore... Quella... Voragine dove avrebbe dovuto esserci un pezzo della mia anima... È come fosse successo ieri. Eppure sono sopravvissuta... E penso di essere stata l'unica cavia di Kuroichi ancora in vita per poterlo raccontare. È stata la mia collega dopo a recuperarmi e portarmi via, mentre lui era già fuggito. La missione non mi è stata segnata come fallita, ma per me è come se lo fosse... Anche se la Tsuchikage non la prese molto bene. Decisi di dire quanto era accaduto, esponendo le mie motivazioni. Non mi uccise, né mi arrestò... Potevo continuare la mia vita come sempre... ma da emarginata. Per mesi e mesi derisa e trattata come neppure i peggiori studenti d'Accademia. Persino i ratti venivano trattati più umanamente, a confronto... E come dargli torto...»Quando vide una lacrima rigarle il viso, fu tentato di avvicinarsi a lei, asciugargliela, ma aveva timore di rompere quella piccola bolla che si era creata intorno, temendo di farla chiudere a riccio. Si morse un labbro, mentre serrava il pugno sotto il braccio. Ora capiva il perché l’avesse trovata in quello stato mentale, quando si erano conosciuti e maledì mentalmente quella troia della Tsuchikage e di tutti i suoi concittadini, per averla trattata in quella maniera… Ma di cosa si sorprendeva: ricordava perfettamente come quella vipera avesse messo su lo spettacolo del Torneo Chunin, per non parlare del breve
tête-à-tête che ne era seguito, poco dopo… E si domandò del perché si fosse ostinata a rimanere in quel villaggio, date certe premesse, ma non glielo domandò, perché non aveva ancora finito di esporsi, proseguendo nel suo discorso.
« Quando ti ho visto nello stesso posto dove sapevamo esserci lui, in quelle condizioni, ho temuto di non essere più l'unica cavia rimasta in vita. È stato un sollievo sapere che mi sbagliavo. » Quella premura, quella preoccupazione nei suoi riguardi lo spiazzarono completamente, lasciandolo imbarazzato, grattandosi il petto dove aveva sentito la sua lama penetrare.
« Beh, non so che dire… » Ammise candidamente, non sapendo bene cosa dire.
« Non pensavo di contare così tanto, per te… Però, dato quello che ti è successo, penso di capire il perché di tante cose, adesso... » Sbuffò dal naso, massaggiandosi la mascella fino ad arrivare dietro alla nuca. Con uno scatto di reni si scostò dalla finestra, andando ad inginocchiarsi davanti a lei, accarezzandole il viso in modo tale da asciugar via quella lacrima che aveva osato sfuggire al suo ferreo controllo, per poi scostarla, dandole una leggera pacca sul ginocchio, in un gesto rassicurante.
« Ora, però, è finita. Pensiamo al presente adesso… A meno che ad Iwa non ci siano ancora problemi, per te... » Le domandò, con una strana luce minacciosa negli occhi.
« Dopo aver contribuito a salvare le Koizumi? No...È tutto tranquillo adesso, mi hanno anche dato la promozione. » Lo rassicurò Masaru, permettendogli così di tirare un sospiro di sollievo.
« Meglio così allora… Spero solo non abbiano nulla da ridire, sapendo che ho collaborato con te… Cazzo, ora che ci penso, forse sarebbe meglio che non sappiano affatto di un mio eventuale coinvolgimento… Dopotutto, sono un disertore e se a Konoha sapessero dei miei spostamenti, sarebbe un gran bel problema... » Ammise lo Yamanaka, pensieroso… O almeno questo avrebbe voluto dire, se non fosse stato che Masaru lo interruppe sul più bello… E spiazzandolo completamente.
« Sai, ad essere sincera, nemmeno io pensavo di contare così tanto, per te... Quel bacio... » « Ah… quel bacio... » Farfugliò a stento, completamente paonazzo in viso, scostandosi leggermente per sfuggire al calore invitante di quella sua mano, che si era avvicinata per accarezzarlo, sfiorandolo con quel morbido tocco.. Nascose metà della faccia nel palmo della mano, guardandola di sottecchi. Ecco, quella si che era una bella domanda: perché diavolo l’aveva baciata, in quel momento?
« Io… Sinceramente, non lo so... » Ammise, mantenendo lo sguardo basso, continuando a nascondere parte del viso, nello sguardo un’ombra di tristezza.
« Forse perché sapevo di stare per morire e, in quel momento, avevo paura di restare solo o… No, non è nemmeno per questo…» Iniziò a massaggiarsi la base della nuca, nascondendo il suo sguardo a Masaru.
« Ho scelto di intraprendere una strada che mi costringerà a restare solo. Quei pochi affetti che avevo li ho lasciati a Konoha e, per la loro sicurezza, ho finito per farmi odiare da loro, per aver scelto di accantonarli dalla mia vita. » Rimase in silenzio per qualche istante, cercando di deglutire, ma la bocca gli si era seccata.
« Ti ho baciata perché avevo un disperato bisogno di sentirmi legato a qualcuno, in quel momento… Perché se non l’avessi fatto, a quel punto, non avrei avuto alcuna scusa per lasciarmi andare.»Rimasero in silenzio, un silenzio pesante, carico di amarezza, forse, mentre si scrutavano, occhi negli occhi. Kacchan fu il primo a distogliere lo sguardo, abbassandolo, massaggiandosi il petto, quasi a voler scacciare un macigno che gli era caduto sul cuore, un senso di colpa che non riusciva ancora per bene a spiegarsi.
« Kacchan... La strada che hai scelto... Ha a che fare con le tue ricerche? » Gli domandò, avvicinandosi e cingendogli il volto con le mani, delicata, come se si stesse prendendo cura di un fiore tanto fragile. Un lungo sospiro sfuggì alle labbra del biondo, quasi fosse rassegnato. Aveva già vissuto uno scenario simile, quando aveva lasciato Konoha, con le sue amiche a cercare di farlo desistere, o, alla peggio, unirsi a lui...
« Non legarti a me, Masaru. Potrei diventare come Kuroichi, un giorno. O forse anche peggio. » « È soltanto un possibile futuro tra tanti, ma non è forse vero che siamo noi a decidere il nostro futuro? So come ti senti, Kacchan... Prima, quando mi hai mostrato le tue capacità, parlavi di me come di una persona normale... ma non sono sempre stata quella che vedi oggi, né lo era la Roccia. Queste mani che adesso ti accarezzano, molti anni prima avrebbero potuto ucciderti se solo mi fosse stato ordinato.
Da quando sono nata non ho avuto molte scelte, solo tappe obbligate. Sono stata cresciuta per uccidere e, non avendo nessuno, stavo per diventare un mostro pari al mio stesso aguzzino, poi ho conosciuto persone a cui devo la mia stessa vita, ho preso sempre più consapevolezza di me stessa, ho anche commesso errori e come te mi sono isolata per proteggere chi avevo accanto... Ma sono riuscita nonostante tutto a ritrovare me stessa e grazie a loro… E in parte alla mia volontà, a riprendermi la mia vita, anche se ci sto ancora lavorando. Se ci sono riuscita io, non vedo perché con te dovrebbe essere diverso. La chiralina e la passione per la scienza, questo ti accomuna a Kuroichi, è vero, ma questo soltanto, poiché, da ciò che ho visto, tu non sei lui.
Ti consideri pari a quel demone, ma non è così. Lui aveva da tempo fatto la sua strada e ha perso sé stesso, annientato dal suo desiderio. Seppure fosse un medico, i suoi poteri erano fatti solo per uccidere, oltre che ucciderlo. Così anche i miei poteri sono fatti per uccidere, per distruggere, e allo stesso modo quelli di Makoto, mentre tu, con i tuoi poteri, puoi anche aiutare gli altri. Hai qualcosa di unico che può aiutare chi tra i morti è rimasto bloccato qui a ritrovare la propria strada, e chi tra i vivi non riesce a continuarla. Le tue ricerche... È importante che impari a conoscerti, Kacchan, ma è altrettanto importante che non perdi te stesso. Imponiti dei limiti e non privarti dell’amore e dell’aiuto che è giusto tu abbia. Io non posso dirti quale sarà il tuo futuro, posso solo indicarti la strada, il resto sta a te. E da quel che ho potuto vedere, non mi sembra che tu stia andando male. Dopotutto, hai aiutato delle anime a liberarsi dalla loro prigionia, hai aiutato il mondo a non cadere nelle mani di quel demone... E hai aiutato me.»Rimase in silenzio, Kacchan, gli occhi cobalto fissi in quelli di Masaru, mentre si facevano sempre più lucidi. Ogni parola pronunciata dalla donna scivolò dentro di lui, riscaldandogli il cuore in una maniera tale da pensare non fosse possibile.
Da quando aveva preso la decisione di lasciare Konoha, era convinto di essersi introdotto in una strada tortuosa e solitaria, ma adesso... Forse poteva davvero non esser così solo, su quel sentiero tanto impervio?
"Buffone. Sei solo un buffone, ecco che cosa sei... Alla fine le tue compagne e tua madre non ti hanno detto le stesse cose? Di la verità, che in realtà ti piace crogiolarti nella tua disperazione. Ci guazzi nel sentirti martoriato, vittima di un mondo più grande di te. Ipocrita che non sei altro."Posò una delle sue mani su quelle di Masaru, facendole scivolare il palmo davanti a viso, in modo tale da permettergli di darvi un bacio, chiudendo gli occhi, in modo tale da non farle vedere il turbamento che covava dentro di sé.
« Non lo so, io... Non penso di meritarmelo... » Sussurrò tra sé e sé, quasi cercasse di convincere se stesso ad accettare quell'inaspettato affetto da parte della donna.
Rimase quindi a fissarla, in silenzio, tenendo la sua mano sul suo viso, sfiorandole il palmo con le labbra, mentre lo sguardo scivolava sui suoi lineamenti delicati, per poi soffermarsi sulle sue labbra.
« Che male ci sarebbe, nel lasciarsi andare... » Sussurrò, sporgendosi verso di lei con lentezza, per darle tutto il tempo di allontanarlo, se non avesse voluto, ma...
« Mi chiedo perché cerchi di distruggerti, quando esistono altre vie. » "Dopo una dichiarazione simile pensi davvero che voglia rifiutarti? Cazzo, quanto sei imbecille Kacchan..."Sfiorò le sue labbra con un tenero bacio, nulla a che vedere col primo che si erano scambiati. Pareva incerto, quasi fosse ancora combattuto nel volersi affidare completamente a lei. E tutto ciò appariva quasi ironico, considerando in che modo i due si fossero scambiati i ruoli, da quando si erano conosciuti.
[... Sarebbe dovuta seguire una pseudo gag comica sugli unicorni e pare mentali di inadeguatezza di Kacchan, che aggiungerò non appena passerò a pc. Segue poi scena hot che, su richiesta dell'altra parte in causa, eviterò di postare, anche perché ininfluente ai fini della giocata...]
Stremati, madidi di sudore, i due amanti si lasciarono andare, distesi su un letto completamente sfatto, le lenzuola aggrovigliate e gettate da parte a parte, reduci acciaccati di una lotta che li ha visti entrambi vincitori.
« Tutto bene? » Le domandò lo Yamanaka, strofinandosi il viso, quasi intenzionato a volersi allungare per poter recuperare una sigaretta, ma... Cazzo, l'astuccio con tabacco e filtri l'aveva lasciato sulla scrivania e, in quel momento, non aveva per nulla vogliadi alzarsi.
« Non sono io quella piena di graffi. Dovrei essere io a chiedertelo.» Gli rispose la donna, con un sorriso stanco.
Una risatina bassa e roca proruppe dal fondo del suo petto, stiracchiandosi alla stregua di un gatto che, facendo le fusa, sembrava non esser mai sazio d coccole.
«Ah… Sono magnificamente a pezzi. Sarebbe il caso di farsi una doccia, di nuovo, ma… Cazzo, sono fantasticamente stremato.» Rispose Kacchan alla sua preoccupazione, sorridendole appagato, ma il suo sorriso andò via via spegnendosi nel notare lo sguardo di Masaru farsi stranamente più cupo.
«Sono abbastanza preoccupata però.» «E di cosa?» Le domandò, genuinamente perplesso, voltandosi su un fianco per poterla osservare meglio.
«Non… Non ti è piaciuto forse?»Per un attimo il timore di esser stato un ben misero amante gli procurò una dolorosa stilettata al suo ego maschile, ma percepiva una strana preoccupazione, nella donna, un timore che non aveva nulla a che vedere con la sfera sessuale e ciò lo mise ulteriormente in allerta, quasi temesse dove quel discorso, ben presto, sarebbe andato a parare.
«No, non è per quello, anzi è stato piacevole… Solo che mi spaventa questo tuo desiderio di provare dolore. Non il desiderio n sé, non saresti il prim così che approccio, solo che… Ho ripensato a quel che mi dicesti dei tuoi trascorsi e…» Lo sguardo del giovane si assottigliò, lasciando però alla donna il tempo di terminare quanto volesse dire.
«Non vorrei che questo desiderio ti portasse da qualcuno che vuole davvero farti del male, in modo irreparabile, in un momento così vulnerabile come questo. O anche solo manipolarti. »Oh, quello si che fece male, molto più di quanto si potesse aspettare nel tradire le aspettative insoddisfatte di una partner sessuale. Allibito, scosse il capo, quasi a cercare di dare un senso a quel discorso. Davvero credeva che fosse un caso così perso?
«Uhouho. Frena, ok? Io non…» Si scostò da lei, quasi la sua presenza, adesso, lo infastidisse a tal punto da rendere opprimente la sua vicinanza.
«Credi davvero che io sia così masochista? Cazzo Masaru, so bene fin dove posso spingermi e, di certo, queste cose non le farei con chiunque, ma solo con chi sento di potermi fidare. Mi credi davvero così ingenuo?» Non traspare rabbia dalle su parole, quanto più delusione. Non si aspettava affatto quel tipo di giudizio da parte di Masaru, ne che potesse valutarlo in maniera tanto superficiale.
Abbassò lo sguardo, massaggiandosi il petto in cerca della freccia che lo aveva trapassato, ma quel dolore fantasma altro non era che causato da quel giudizio inaspettato.
«No, io non… Non intendevo questo. Io… Dimentica quel che ho detto…» Sentendo l’imbarazzo crescere nel tono di voce e nell’animo della Jinton, lo Yamanaka alzò nuovamente lo sguardo su di lei, sospirando mestamente. Sembrava davvero mortificata e, forse, non era stata davvero sua intenzione ferirlo con quelle parole, quanto più cercare di dar forma ad un suo timore che, nonostante tutto, sapeva bene esser perfettamente fondato.
Un sorriso amaro gli si dipinse sul viso mentre la tirava nuovamente a se, dandole un delicato bacio sulle labbra.
«Lo so, ho capito perfettamente invece e capisco la tua preoccupazione, ma stai tranquilla. So quando smettere e come far smettere, nel caso la cosa sia fuori dal mio controllo... O devo forse ricordarti quello di cui sono capace di fare?» Iniziò così a sfregarle la punta del naso sulla spalla, proprio come fa un gatto quando fa le fusa, ma la sensazione che trasmise fu più simile a quella che può dare un serpente a sonagli pronto a mordere. Effetto della chiralina in circolo, ma sapendo bene come controllarne i livelli, così come era arrivata, quella sensazione immediatamente scomparve.
«Lo so, scusami, è stato stupido pensarlo...» «Nah, tranquilla... Dopo ciò che è successo, è facile temere di qualsiasi cosa. La prudenza non è mai troppa, no?» «GiŻUn sospiro profondo proruppe dalle labbra schiuse del giovane, una mano a scivolare pigramente sulla schiena nuda della compagna mentre l’altra, delicata, andava a posarsi sulla sua, di mano, posata sul suo petto. Un calore, quello, di cui si crogiolò, quasi beato, ma vedendo lo sguardo pensieroso dell’altra la frustrazione tornò a farsi sentire prepotente, in lui. Perché doveva farla impensierire così tanto?
«Non puoi nemmeno immaginare che darei, adesso, per poter riuscire a leggerti il pensiero... Prima ci riuscivo senza problemi, ma adesso... Vabbè, lasciamo stare... Piuttosto... Che pensi di fare, adesso? Cioè, ti fermi qui per qualche giorno o... Ritorni ad Iwa?» «Non tornate ai vostri villaggi?» Gli domandò Masaru, sorpresa, ricevendo in cambio una smorfia.
« Oh, beh, non penso proprio... Io, per lo meno, ne dubito fortemente. » Già, perché di certo la sua non era esattamente una situazione tranquilla: lasciare il villaggio in quel modo, senza attendere un
verdetto riguardo quello che aveva fatto a Sakanoshita… Probabilmente Akane, adesso, aveva piazzato una taglia sulla sua testa, restava solo da capire se andava considerata come ricompensa per la cattura di un criminale per aver ritrovato una persona scomparsa… Ciononostante, qualunque fosse stata la decisione in merito dell’Hokage, di certo lui non aveva intenzione di tornare, o almeno non prima di aver concluso le sue ricerche…
« Diciamo che... Ho lasciato Konoha in un momento in cui forse non avrei dovuto togliermi dall'occhio vigile della legge. » « Mi stai suggerendo di usare le manette la prossima volta?» Gli sussurrò maliziosa lei, impedendogli così di trattenere un sogghigno famelico, come se non gli fosse affatto bastato il sesso fatto fino allora.
« Oh, non mi dispiacerebbe affatto, sai?» Un nuovo sospiro, utile per cancellare quell’aria giocosa dal viso e tornare terribilmente serio, lo sguardo rivolto dritto davanti a se, perso quasi nel vuoto.
«Scherzi a parte, sto cercando di mantenere un profilo defilato, per evitare che a Konoha possa arrivare voce dei miei spostamenti.... Sai com'è, potrebbero non vedere di buon occhio le mie ricerche... O meglio, il fatto che le stia facendo senza la loro autorizzazione...
» Anche perché, a conti fatti, fino a quel momento non è che avesse ancora coperto chissà quanto. Certo, riusciva ad avere controllo sulle sue facoltà, ma c’erano ancora troppi misteri dietro a quello che era in grado di fare…
«Oh lo capisco, anche se non so di chi stai parlando...» L’affermazione della Jinton lasciò completamente stranito lo Yamanaka, non riuscendola a seguire.
«Dopotutto, io qui non ho visto nessun konohano biondo, quindi come potrebbero saperlo...» Un sorriso radioso illuminò il volto del giovane, ora consapevole di quello che la ragazza gli stava dicendo. Riconoscente, le diede un nuovo bacio, sussurrandole un
grazie a fior di labbra.
«Quando hai voglia di staccare la spina, di tanto in tanto, beh... Insomma, pensavo di usare questo posto come mia nuova base, per cui...» Si interruppe, imbarazzato nel fare quella proposta a Masaru.
”Porca puttana, da quando sono diventato così attaccato a lei!?”«Tranquilla, non sentirti costretta... Piuttosto, se vuoi farti di nuovo una doccia, fa pure. Intanto rimetto a posto questo macello…» Le suggerì, quasi sbrigativo, alzandosi in piedi e dirigendosi alla finestra, quasi volesse materialmente scappare da quella consapevolezza che lo aveva colpito come un pugno in faccia. Seriamente, com’era stato possibile che si legasse a quella maniera a Masaru? Come ipnotizzato dalla pioggia che si infrangeva sul vetro, si accorse che la Takeda si era allontanata solo quando chiuse la porta alle sue spalle, dirigendosi verso il bagno. Solo allora si concesse un nuovo respiro profondo, mentre apriva la finestra e l’aria fredda gli sferzava il petto nudo.
Si era allontanato da Konoha proprio per evitare di mettere a repentaglio la sicurezza delle person che più gli stavano a cuore e adesso? Davvero si voleva impelagare in una relazione con Masaru, rischiando di mettere in pericolo pure lei? Con un’imprecazione si mise a sistemare la stanza, cambiando le lenzuola che portavano i segni evidenti di quello che avevano fatto nelle ultime ore, per poi mettersi a fumare sulla finestra, lo sguardo assente. Quando sentì Masaru rientrare, spense la sigaretta nella tazza che ormai era diventata un posacenere e, agguantano le lenzuola sporche, le andò incontro, dandole un bacio affettuoso sulla fronte.
«Su, va a letto. Hai bisogno di riposare…» E, così dicendo, la lasciò sola in stanza, gettandosi verso la doccia come se ne dipendesse della sua stessa vita.
E lì, sotto il getto d’acqua gelido a scroscianti sulla testa, i pensieri tornarono a vorticare insistenti, ronzargli intorno come uno sciame di vespe fastidiose. Era davvero un bene dare corda a quello che stava succedendo tra loro due? Ma soprattutto, esattamente, cosa stava succedendo? Se voleva davvero capirci qualcosa, di quella situazione, doveva analizzarla in maniera lucida e distaccata, cercando di osservala dal punto di vista più oggettivo possibile. Cosa provava esattamente per lei? Simpatia, affetto, o qualcosa di più? Certo, il sesso tra loro era stato straordinario, almeno per lui, ma da qui a dire che si fosse innamorato di lei, ne passava di acqua sotto i ponti… Magari si stava consolidando una bella amicizia….
Indispettito, guardò il suo riflesso nello specchio del bagno: occhiaie scure gli segnavano gli occhi e un velo leggero di barba lo facevano apparire più deperito di quanto in realtà non fosse. Se sa madre lo vedesse in quello stato, sicuramente inizierebbe a preoccuparsi del suo stato di salute: stava dormendo il giusto quantitativo di ore? Stava mangiando come s doveva? Di ridurre il numero di sigarette che fumava, manco a parlarne… Davvero voleva avere appresso l’ennesima persona che si potesse preoccupare di lui o che, peggio, potesse chiedergli di lasciar perdere quello che stava facendo, per amore del loro rapporto? Non avrebbe potuto mai sopportare, anche solo l’idea, di dover abbandonare le sue ricerche, magari perché per lei poteva essere troppo pericoloso….
”Ti stai fasciando la testa ancora prima di rompertela, testa di cazzo.”. Si rimproverò da solo, rivestendosi e rimettendo a posto il bagno.
Anche se, adesso che aveva tirato fuori la questione… Kuroichi non gli aveva parlato di certi suoi appunti? Se non ricordava male, Shiroko sapeva dove lo Yotsuki li nascondeva. Cercando di non fare troppo rumore, uscì dal bagno dirigendosi verso la stanza dove le due ragazze di Kumo stavano riposando, ma non gli servì nemmeno avvicinarsi alla porta, perché percepiva che, al momento, solo Makoto stava lì a riposare. Shiroko doveva essere uscita e, forse, aveva anche una mezza idea di dove trovarla…
[…]
«Non mi aspettavo venissi qui… Ero convinta ti stessi divertendo, con quella tipa…» Commentò impassibile Shiroko, dandogli le spalle, china sul cumulo di macerie dove prima sorgeva parte del Tempio cittadino. Kacchan fece una smorfia, tenendo la sigaretta in bilico tra le labbra tese, passando imbarazzato una mano tra i capelli bagnati dalla pioggia che stava lentamente cessando di scendere.
«Ma sta tranquillo, non ti giudico per questo. Dopotutto è più che normale cercare una valvola di sfogo, con tutta quella adrenalina accumulata dopo un combattimento all’ultimo sangue. Poi, per un attimo, sei anche quasi… No, togliamo il quasi… morto, quindi, quale modo migliore per festeggiare l’essere ancora nel regno dei vivi?»«Ok, forse il nostro comportamento è stato irrispettoso nei confronti tuoi e di Makoto, mi spiace…»«Te l’ho detto, non serve che ti scusi per questo. Non ti giudico.» Kacchan sospirò rassegnato, in piena difficoltà nel cercare di trovare il giusto approccio con l’albina: quella donna, a differenza di Masaru, era dannatamente ostica da trattare, e non per colpa di un carattere difficile, ma per via del suo atteggiamento e del suo modo mentale, che a facevano apparire dannatamente apatica verso tutto e tutti.
«Hai trovato i suoi resti?» Le domandò con una certa titubanza, ricevendo in cambio un segno di diniego col capo.
«A parte alcuni lembi del suo cappotto, sembra non sia rimasto più nulla di lui… Come se il suo corpo si fosse dissolto nel vento.» Commentò l’albina, alzandosi in piedi e avvicinandosi allo Yamanaka che, inaspettatamente, si vide rifilare tra le mani un libro dalla copertina di cuoio scuro.
«Aspetta, m cosa…» «Non era questo per ci sei venuto? Sono tutti gli appunti di Kuroichi sulle sue ricerche…» Lo Yamanaka, basito dalla facilità con cui la donna gli stava cedendo quel prezioso bottino, iniziò frenetico a sfogliare il piccolo tomo… Per poi alzare nuovamente lo sguardo perplesso sulla donna.
«Ma è vuoto! Le pagine sono completamente bianche!»La donna rise sommessamente, posandogli una mano sulla spalla, quasi a volerlo rincuorare.
«Kuroichi è sempre stato un tipo molto prudente in tutto quello che faceva. Aveva i suoi metodi per evitare che la gente potesse ficcare il naso nei suoi affari, ma qualcosa mi dice che non avrai problemi a scoprire il segreto dietro a quel suo diario.. Buona fortuna, aaparetar aavmaran.»[…]
Lentamente Kacchan aprì la porta della camera da letto, sperando di non fare troppo rumore, per non svegliare Masaru… No, evidentemente era ancora sveglia, ma stranamente stava fingendo di dormire e, nelle condizioni in cui si trovava mentalmente, non si sentiva per niente in vena di affrontare una discussione sui perché e i per come. Era stato tutto gasato all’idea di poter mettere le mani sugli appunti delle ricerche di Kuroichi, ma scoprire che in qualche modo erano criptati era stata una gran bella batosta.
”Tanto per cambiare… La mia solita fortuna…”Sconsolato, si sedette per terra, le braccia conserte poggiate sul bordo del letto, usandole a mo’ di cuscino. Ormai ci vedeva nero… Un pensiero si fece strada nella sua mente: se Makoto era in grado di manipolare la chiralina, in maniera simile alla sua, cosa poteva votare Kuroichi di fare altrettanto? Magari la chiralina era la chiave con cui riuscire a leggere quel diario?
«Perché fai finta di dormire?» Domandò alla fine, sentendosi lo sguardo di lei addosso.
«Non fingo, è solo che non ci riesco... Forse sono successe troppe cose in un solo giorno… E tu perché dormi a terra?»«Non volevo disturbarti... Hai bisogno di riposare e non so quanto ci riusciresti, se c'è anche il mio culone grasso ad occupare spazio…» Ridacchiò, cercando di alleggerire il nervosismo che provava con un po’ di ironia.
«Mi stai dicendo che in realtà sono vittima di una genjutsu e sei più grasso di quello che vedo?» «Oh, beh, hai avuto modo di verificare tu stessa quanta ciccia ho vicino a queste ossa lunghe…» Sghignazzò, gli occhi chiusi… Perché diavolo gli bruciavano a quella maniera, adesso?
«Ah, ora capisco perché è stato difficile riuscire a trovare il tuo spiedo nel mezzo...»La battuta lo fece ridere di gusto, ciò nonostante, però, continuò a mantenere il viso nascosto tra le braccia: quel bruciore improvviso agli occhi non gli piaceva, che fosse dovuto agli sbalzi di chiralina che aveva subito nell’arco di quelle ultime giornate?
«Eh si, proprio difficile…» Sobbalzò leggermente quando sentì le mani di Masaru passare dolcemente tra i suoi capelli e, per un istante, il fastidio che provava si affievolì, il desiderio di lasciarsi crogiolare da quel calore intenso. Forse era per questa ragione che si era lasciato tanto andare, con lei…
«Kacchan, se tu fossi un disturbo per me posso assicurarti che l'avresti notato. Inoltre... Fa ancora molto freddo in questa stanza.» «Merda... eppure ero convinto di aver lasciato acceso il camino apposta per.... Oh, giusto... Beh, che aspetti allora? Sposta quel tuo culone ciccioso un po' più in là, così posso infilarci anche il mio...» Rialzò la testa, stropicciandosi il viso: ok, sotto le mani non sentiva la presenza delle solite secrezioni, ma non era detto che la sclera non fosse scura, e l’ultima cosa che voleva, in quel momento, era far preoccupare Masaru. Non se lo meritava.
Si infilò sotto le coperte insieme a lei, cercando di tenere gli occhi chiusi. Seppur la luce nella stanza fosse fioca, gli dava tremendamente fastidio.
«Su, vieni qui e fatti riscaldare dal tuo grassoccio unicorno preferito…» «Non sei un unicorno...» Rispose di rimando la donna, stringendosi tra le sue braccia. Ah, di nuovo quella sensazione piacevole, il fastidio farsi sempre meno insidioso… Poggiò la guancia contro la sua testa, inebriandosi del suo profumo, crogiolandosi di quel calore così tanto confortevole.
”Schifoso bastardo.”
«Spiegami una cosa... Perché ti fanno così tanto spavento gli unicorni?» La sentì rabbrividire tra le sue braccia, e a differenza sua non si trattava di un brivido di piacere.
«Ho visto fare cose che era meglio non vedere a riguardo...» Quella risposta lasciò spiazzato il giovane, che dovette farsi forza nel trattenere una risata.
«Non c'è nulla di divertente.» Rispose la donna, piccata. Ok, la cosa era abbastanza comica, ma non era il caso di deriderla in quel modo. Doveva assolutamente trovare il modo per farsi perdonare e… Forse sapeva come fare, avrebbe solo sfruttato un
pelino una delle fobie di una delle sue compagne…
«Se ti può consolare, io ho il terrore dei criceti.» «A cosa è dovuto?» «A cosa è dovuto? Ma scherzi!? Sono creaturine infernali quelle... Si fingono carine e coccolose per poi ucciderti quando tu abbassi la guardia, o peggio, schiattano così BOOM, di colpo, senza senso, giusto per farti sentire in colpa e... E niente, quando ero piccolino una di quelle bestie mi si è infilata nei vestiti... Mi zampettava tutto addosso, sentivo i suoi artiglietti penetrarmi la carne r poi ha iniziato a mordicchiare...» E, così dicendo, iniziò ad emettere dei versetti striduli, quasi a voler imitare quelli di una qualche creatura infernale intenta a rosicchiare qualche ossicino.
«Devo dire che ti riesce molto bene il criceto assassino.» «Criceto mannaro assassino, prego. Ci tengo ai giusti riconoscimento.» Riuscì a strapparle una risata e quel suono dolce, così distante dalla rigidezza che la distingueva, rinfrancò il suo spirito. Ecco perché aveva cercato quel contatto, con lei: sentiva la necessita di aver modo di staccare la spina, dimenticare per un attimo tutto il resto. Certo, era un mero palliativo, ma per lui andava bene così.
«Posso farti una domanda?» Mugugnò un si assonnato in risposta, lasciando che la stanchezza e i fastidi fisici che provava venissero cullati da quella bolla di tranquillità che…
«Perché prima sei tornato al villaggio?» La bolla scoppiò, facendolo ripiombare a quella fastidiosa realtà e il pensiero ritornò a quel dannato diario.
”Perché diavolo te ne stai qua a poltrire, quando hai da riprendere i tuoi studi? Cazzo, forse abbiamo sgambato la chiave per decodificare quel diario e stiamo a perder tempo a dare spiegazioni a lei?” «Oh, niente di che... Mi sono accorto di aver perso un mio taccuino strada facendo e sono andato a vedere se lo ritrovavo...» ”Ecco perché ti sei voluto allontanare da tutti… Che senso ha dare tutte ste spiegazioni? Si facessero un po’ gli affaracci loro.” Rispose mal celando un certo fastidio, visibile nell’iniziale rigidezza, facilmente percepibile dalla Jinton che, di contro, sembrò voler lasciar perdere la discussione.
E ora, nel silenzio della stanza, rotto solo dai loro respiri via via più pesanti, le parole di Jikan gli ronzarono in mente:
”Vale davvero la pena martoriarsi l’anima per persone che non capirebbero o che fingerebbero di non capire? La solitudine può portare a straordinarie forme di libertŔ ”E prima imparerò questa lezione, meglio sarà.”Edited by ArdynIzunia - 18/3/2022, 11:02