影のホタル - Kage no Hotaru, Paese della Pioggia, villaggio abbandonato di 魂の庭 Tamashī no Niwa

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view post Posted on 6/9/2021, 16:03     +1   -1
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A Man of No Consequence

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Tamashī no Niwa non era un villaggio poi molto grande, anzi, era più appropriato definirlo un borgo dall'aspetto rurale, reso particolare dalla posizione in cui sorgeva. Situato in prossimità del confine con il vicino Kawa no Kuni, Paese del Fiume, era stato costruito sulla collina più alta della zona, circondata dai fiumi perennemente ingrossati dalle costanti piogge, le cui esondazioni avevano costretto a costruire il complesso urbano su più livelli d’altezza, collegati da scalinate e pontili realizzati, come il resto degli edifici, da legno e roccia. Il borgo, data la sua posizione quasi del tutto circondata dall'acqua, aveva un unico accesso, quello del livello inferiore, costruito per lo più su grandi palafitte che poi conducevano ai piedi della collina, su cui si sviluppano gli altri livelli residenziali.

Un paesaggio estremamente piacevole alla vista, impreziosito dalla costruzione presente sulla vetta della collina, il Tempio di Anima, una imponente struttura dalla base circolare, la cui architettura, che riprendeva lo stile dell’intero borgo, era arricchito ed impreziosito da diverse vetrate, dalle quali filtrava una brillante luce azzurrina, elemento che rendeva quanto mai mistico quel luogo, soprattutto durante le notti di pioggia incessante.

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Un tempo centro nevralgico del culto religioso locale, il Tempio ha subito diversi danni dopo lo scontro avutosi con Kuroichi Yotsuki [X] che ne hanno minato gravemente l’integrità strutturale: la camera delle cerimonie, insieme all’ala ovest del Tempio sono stati completamente distrutti, lasciando miracolosamente intatta l’ala est. Tra le macerie svettano i resti dell’imponente reliquia custodita nel Tempio, un geoide cristallizzato di dimensioni imponenti, in grado di immagazzinare ingenti quantitativi di chakra. Dopo lo scontro, l’enorme minerale, irrimediabilmente danneggiato, sembra abbia perso le sue peculiari proprietà, diventando così un monumento ad imperitura memoria della fine tragica avuta dagli abitanti di quel borgo.

Col passare del tempo il borgo ha ripreso pian piano a ripopolarsi: le persone aiutate dalle Kage no Hotaru hanno contribuito attivamente nel rendere nuovamente quel posto dimenticato dai Kami nuovamente vivibile, aiutando nella ricostruzione, seppure a piccoli passi.
 
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view post Posted on 1/1/2022, 14:50     +1   -1
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Primi di Giugno 250 DN


Era già da qualche giorno, ormai, che aveva fatto ritorno da Konoha. Dopo quello che era successo, si era estraniato dal mondo, cercando di resettare il cervello, fare ordine all’interno della sua vita. Un misterioso male stava distruggendo le vite di mezzo continente e, inevitabilmente, la sua vi era rimasta invischiata: una delle sue compagne, Chiyo, era stata colpita da quel male che, al momento, sembrava non avere cura. Era stato fulminante: nel giro di nemmeno una settimana, il Morbo se l’era portata via, lasciandogli nel cuore un vuoto incolmabile.

E così, chiuso nella stanza che un tempo era di suo padre, aveva rimurginato, meditato, ripercorso tutti i suoi passi, per cercare di capire dove avesse sbagliato, se, magari, agendo diversamente, sarebbe stato in grado di cambiare il destino dell’Akimichi. Era finito in un vortice in cui rischiava di annegare, se non fosse stato per l’anima della sua amica: aveva avuto modo di confrontarsi con lei, parlare e, come al solito, l’aveva salvato.

Se n’era fatta una ragione, era riuscito a far pace con se stesso, ma continuava, nella sua testa, a ronzare un maledetto tarlo: cosa doveva fare, adesso? Da quel che ne sapeva, le ricerche sul Morbo arrancavano, senza portare a veri risultati. E lui? Poteva fare qualcosa, nel suo piccolo, per aiutare la ricerca? “Ma se non sei in grado di decifrare gli appunti di un ricercatore come Kuroichi, che cosa devi poter fare tu…” Pensò amareggiato, fissando il famigerato libricino che, da quando Masaru aveva lasciato il villaggio, aveva accuratamente evitato.

Da quando aveva trovato quel taccuino, il giorno dopo lo scontro, aveva evitato di tirarlo fuori in presenza della Jinton: la donna aveva mostrato con lui una certa intransigenza, quasi non digerisse affatto quelle ricerche che lo Yamanaka si era prefissato di portare avanti. Non poteva di certo biasimarla, dopotutto temeva per la sua integrità, che si trattasse di quella fisica, mentale o morale, ma a lui poco importava: aveva ormai deciso che nessuno lo avrebbe più intralciato nell'adempimento del suo obbiettivo e lui voleva a tutti i costi arrivare fin in fondo a quella storia. Poco importava se tale scelta comportava l'allontanarsi dai propri cari... Che poi, Masaru era davvero così importante, da ritenerla una persona cara a tal punto da farlo desistere dalle sue scelte?

Sospirando, Kacchan si massaggiò il viso, scrutando attraverso le dita quel taccuino nero davanti a sé, lasciato inerme sul tavolo della cucina. Quando l'aveva aperto, la prima volta, si era sorpreso di trovarlo stranamente vuoto, intonso, come se nessuno l'avesse mai usato, ma Shiroko era stata abbastanza chiara, con lui: Kuroichi era un tipo scrupoloso, a tal punto da risultare quasi paranoico, in queste cose. Non era difficile, quindi, immaginare che lo scienziato avesse in qualche modo codificato i suoi appunti, ma il problema stava nel trovare la chiave di codifica. L'uso del chakra era troppo scontato, oltre che inutile proprio per tale ragione. Ecco perché lo Yamanaka era convinto che la chiave di volta fosse la chiralina, quella dannata sostanza i cui misteri lo stavano facendo ammattire. Come doveva fare ad incanalare la chiralina in quel dannato libricino? Bastava semplicemente avviare il processo di produzione, quello stesso che gli permetteva di vedere le Anime Arenate, e le lettere sarebbero magicamente apparse sulle pagine bianche in maniera analoga? Oppure avrebbe dovuto estrarla in qualche modo dal suo organismo ed inocularla nel libro, a mo' di inchiostro?

«Ancora a penare con gli appunti di mio fratello?» gli domandò Makoto, entrando nella stanza e sedendosi proprio di fronte a lui, dall'altra parte del tavolo. Lo Yamanaka, per tutta risposta, mugugnò col viso ancora nascosto tra le mani, stropicciandolo stancamente. La ragazzina prese il libro incustodito, sfogliando pigramente quelle pagine vuote, il viso poggiato sulla mano e lo sguardo ametista perso nel vuoto. «Pensi che qui dentro troverai le informazioni che ti servono?» «Me lo auguro, ma dato il tipo di esperimenti che conduceva qui, ho buone possibilità di successo...» «Dici che qui dentro ci sarà scritto anche il motivo per cui Masaru ce l'aveva tanto a morte con lui?» «Plausibile, non lo escluderei, almeno stando a quello che lei mi ha raccontato...»

Kacchan si stiracchiò, allungandosi sulla sedia, per poi tirare fuori una delle sue sigarette rollate a mano. Con uno scatto del suo zippo la accese ed immediato l'aroma di cioccolato e caffè tostato invase la stanza, circondando i due come un caldo abbraccio. Osservò la ragazzina in silenzio, con occhio critico, valutando le occhiaie scure sotto i suoi occhi, la pelle graffiata, in alcuni punti leggermente imbiancata da un sottile velo di calce. «Senti un po', ma... Stai ancora smantellando le macerie su al vecchio Tempio?» Per tutta risposta la ragazzina scrollò le spalle, continuando a sfogliare le pagine di quel libro. Chissà cosa ci vedeva, in quelle pagine vuote. «Cosa dovrei fare? Ricostruire questo posto è il minimo che possa fare, dopo quello che mio fratello ha causato ai suoi abitanti...» «Ma non c'è più nessuno, qui... Che senso avrebbe ricostruire una città fantasma?»

Le mani della giovane si bloccarono, interrompendo il movimento dello sfogliare, le dita affusolate tremarono, mentre stringeva ancora il lembo della pagina che stava voltando. «Torna a casa, che senso ha rimanere qui, per te...» «Non posso.» Rispose secca Makoto, ma Kacchan riusciva a leggere senza problemi il tormento che le scombussolava l'animo. «È per via di Shiroko? So che a Kumo i janshinisti non sono ben visti...» «No, non è per questo... Cioè... Non solo...» Gli occhi ametista della ragazza incrociarono quelli blu cobalto del medico che, in qualche modo, in quel momento stava vestendo il ruolo del terapeuta: Kacchan, in quei giorni, aveva notato come la Yotsuki si stesse mortificando per le colpe del fratello e non se la sentiva di lasciarla a se stessa. Quella ragazza aveva un disperato bisogno di sfogarsi, aprirsi con qualcuno... E se, nel suo caso, l'aiuto del cugino gli aveva permesso di rimettere i cocci della sua vita insieme, allora non poteva esimersi dall'aiutare a sua volta. Dopotutto, era anche per questo che aveva scelto di diventare un medico, no?

La ragazza schiarì la voce, richiudendo con un tonfo il libro davanti a sé, tenendo entrambi i palmi poggiati sopra la copertina, quasi a timore che potesse aprirsi da solo. «Beh, Shiroko per il villaggio è stata dichiarata morta e se dovesse tornare, bhe... La sua natura di immortale potrebbe causarle problemi... E poi io non posso tornare, non dopo quello che ho fatto...» «Non eri cosciente di quello che facevi, eri succube della volontà del demone e di tuo fratello...» «No, ti sbagli.» La Yotsuki continuò a mantenere lo sguardo basso, a timore di leggere accusa in quello dello Yamanaka, ma Kacchan era di tutt'altro avviso nei suoi riguardi: Shiroko gli aveva raccontato tutto, sapeva quello che la ragazzina aveva dovuto sopportare nel corso di quegli ultimi anni e semplicemente non poteva darle colpe, solo perché aveva anteposto l'affetto che provava per suo fratello agli ordini impartiti dal Villaggio. Non poté fare a meno di notare quella sottile somiglianza, tra loro due.

«E quindi cosa avresti intenzione di fare? Continuare a smantellare macerie, piangendoti addosso? O hai intenzione di agire in qualche modo?» La ribeccò con una certa foga, spingendo la kunoichi ad alzare lo sguardo, per fissarlo torva. «Non lo so cosa voglio fare, ok? Qualsiasi cosa io faccia, va tutto maledettamente in vacca.» Kacchan scrollò le spalle, tirando una lunga boccata dalla sigaretta che stringeva tra le dita, la brace sulla sua punta ardeva come la rabbia e la frustrazione che si potevano leggere sul volto della ragazza. « Non fartene una colpa. È la vita che agisce così: potrebbe andarti tutto per il meglio, ma vedrai che esce sempre l’inghippo, in un modo o nell’altro. Io ne so qualcosa…» Ammise candidamente, stirandosi sulla sedia e spostando le gambe, accavallandole sul tavolo. «E riesci a sopportarlo? Come fai?»

Kacchan osservò le volute di fumo sollevarsi sopra la sua testa, sfuggendogli da naso e bocca, assaporandone il bruciore che ne lasciava il passaggio. «Eh, come fai… Ti ci fai l’abitudine. Prima capisci come funziona il mondo e meglio stai. Inutile girarci attorno: se sai che non c’è mai fine al peggio, sei già pronto ad affrontarlo.» Volse lo sguardo verso Makoto, leggendovi una certa confusione. «Cazzo quanto sei pessimista…» Quel commento strappò a Kacchan una risata amara, costringendolo a risedersi normalmente, sporgendosi meglio verso l’amica. « Si, effettivamente è una visione alquanto pessimistica delle cose, ma sai cosa? Da quando l’ho compresa, l’ho assimilata e fatta mia, mi sento molto più in pace con me stesso. Ed è per questo che ho deciso di diventare medico.»

La ragazzina strabuzzò gli occhi, cercando di capire. « Noi siamo ninja, siamo in grado di affrontare certe difficoltà: abbiamo avuto la giusta preparazione fisica e mentale e con l’esperienza che accumuliamo in missione, capisci bene che, tutto sommato, riusciamo a tirare avanti… ma gli altri? Quelli che, magari, non hanno la forza o la volontà necessarie per affrontare gli screzi della vita, che fai? Li lasci ad affrontarli da soli? Li aiuti, nel meglio che puoi fare, e li prepari. Perché la vita è puttana, e quando pensi di aver superato ‘na vagonata di merda, ZAC! Ecco che te ne spala addosso altra.»

Makoto corrucciò il viso in un’espressione pensierosa, meditabonda, iniziando a tamburellare col piede contro la gamba del tavolo. Kacchan la lasciò stare, godendosi l’ultimo tiro, prima di spegnere il mozzicone, quando… «E facciamolo allora! Aiutiamo chi non ne ha la possibilità! Facciamolo qui!» …iniziò a tossire, strozzandosi col fumo, le lacrime agli occhi. « Come, scusa?!» Galvanizzata dall’idea, la Yotsuki scattò in piedi, iniziando a vagare avanti ed indietro per la cucina. « Il mondo fa schifo, no? L’hai detto tu: lo sappiamo e non possiamo farci niente, possiamo solo cercare di essere più forti della sventura che ci piomberà addosso. E per gli altri? Che vuoi fare, lasciarli da soli, non aiutarli? Facciamolo, allora! Aiutiamo gli altri ad essere pronti ad affrontare la prossima sfiga che li aspetta! »

Kacchan scosse il capo, stranito, cercando di capire dove volesse andare a parare. « Abbiamo un intero villaggio a disposizione, disabitato e da ricostruire: possiamo dare una nuova casa a chi non ce l’ha, un nuovo lavoro a chi lo ha perso. E quando saranno abbastanza, potremmo addestrarli, istruirli, affinché anche loro, a loro volta, aiutino gli altri…» « Frena, frena, frena… Non voglio gente in giro. Ho delle ricerche da mandare avanti, qui ho i miei spazi e…» La ragazza voltò lo Yamanaka verso di sé con forza, bloccandolo alla sedia, un’espressione sorniona e calcolatrice sul volto. « Nessuno ti darà fastidio, anzi. Potresti ottenere aiuto prezioso per… Che so… Farti un tuo laboratorio? E, volendo, potresti continuare a fare il medico, qui! C’è da ricostruire un ospedale, se qui si riabita. E poi non saresti da solo.»

Fu il turno di Kacchan, adesso, di meditare, riflessivo, sulle parole della Yotsuki: se avesse assecondato la sua decisione, avrebbe ottenuto un porto sicuro in cui trovare rifugio, e solo i Kami sapevano quanto ne avesse bisogno, specie se, a Konoha, le cose per lui si fossero messe male, non appena Akane si fosse risvegliata. « Sai cosa? Perché no? Facciamolo.»
 
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