~ Maggio 250 DN ~ ~ 雨 Ame no Kuni ~
Seduto in quella vecchia locanda, Kacchan si grattò il mento ispido di barba, rileggendo pensieroso gli ultimi appunti che aveva scritto su quello che era il diario di suo padre. Dopo aver lasciato Konoha, aveva deciso di mettersi in viaggio, seguendo la flebile via lasciata dal quelle antiche tradizioni che il suo vecchio aveva cercato in tutti i modi di screditare.
Secondo le antiche leggende del suo villaggio di provenienza, il “Prescelto degli antichi”, per adempiere al suo incarico, avrebbe dovuto effettuare un lungo pellegrinaggio che l’avrebbe costretto a far meta in ciascuno dei cinque grandi paesi ninja. Stando ai dati riportati da suo padre, ciascuna regione aveva, nel suo territorio, un punto nevralgico, un fulcro energetico che permetteva, grazie all'ausilio di particolari cristalli, di immagazzinare grandi quantità di chakra naturale. Intorno a ciascun fulcro, le antiche tribù avevano costruito dei templi, luoghi di preghiera e di raccoglimento, dove si contemplava e venerava la volontà del cristallo: per il Paese del Fuoco, del Fulmine, dell’Acqua, della Terra e del Vento.
Da quel che aveva inteso, il Prescelto assimilava dentro di se parte del chakra presente nei vari cristalli per poi ritornare nel “punto zero”, il Templio di Anima, nel Paese della Pioggia. Una volta giunto lì, gli antichi avrebbero confidato al Prescelto in che modo ultimare la cerimonia e, secondo suo padre, prevedeva il sacrificio del Prescelto stesso.
Con un sospiro, Kacchan volse lo sguardo oltre la finestra, ticchettando sulle pagine con il bordo della penna: ai dati riportati da suo padre, lui ne aveva aggiunti di suoi, tutti riguardanti ciò che aveva scoperto, in primis quelli sulla sua particolare “patologia”. A quanto pareva, questo fantomatico Prescelto condivideva la particolare capacità che lo stesso Kacchan aveva scoperto di possedere: essere in grado di comunicare con i morti e di interagire con loro, nulla a che vedere con le facoltà psioniche tipiche del suo clan, tutt'altro.
Secondo gli studi riportati da suo padre, sembrerebbe che il responsabile di tale capacità sia riconducibile in un particolarissimo enzima, la chiralina, una sostanza dalla genesi ancora sconosciuta, ma che stranamente sembrerebbe venir prodotta in gran quantità da individui soggetti ad una mutazione all'interno del gene NPAS3, oltre che ad una specifica variazione del numero di copie per il gene NOTCH4 e loci delle proteine istoniche, o almeno questo era quello che Kacchan era riuscito a dedurre, studiando il suo stesso DNA, con non poche difficoltà. Impossibile da rintracciare nell'organismo, se non durante una delle sue solite “crisi”, ma quelli erano i momenti migliori in cui scoprire i segreti che si celavano dietro quella particolare sostanza.
In primis, aveva scoperto che la chiralina era “l’innesco” che permetteva di vedere ed interagire con i morti, o meglio, quantità sopra la media permettevano di interagirvi. Questo perché, sempre secondo gli studi incrociati tra quelli di suo padre ed i suoi, Kacchan aveva scoperto che la chiralina era la sostanza che componeva l’anima umana e che quindi era, per natura, presente nell'organismo. Alterazioni della sua quantità attiravano le anime dei defunti, fatte a loro volta di chiralina. Queste interazioni causano forti incrementi nella produzione dell’enzima, creando un ciclo produttivo dove il corpo utilizza ogni stilla del suo essere come combustibile per la produzione, causando, dopo lunghe esposizioni, seri danni all'organismo… Un po’ come quando ci si espone per lungo tempo ad un agente allergico: con piccole dosi, l’organismo ha reazioni lievi, per poi aggravarsi con l’aumentare del dosaggio.
Scoprire tutto questo non era stato affatto facile, anzi. Per farlo era stato necessario seguire le orme dei “prescelti”, andare tappa per tappa del loro pellegrinaggio. E così aveva conosciuto i famigerati antichi, che altro non erano che le anime dei defunti prescelti che, nelle generazioni precedenti, avevano effettuato lo stesso viaggio della speranza, condividendo con lui quello che avevano scoperto…. E non gli era piaciuto affatto.
Suo padre aveva ragione, riguardo alla barbara tradizione del suo villaggio. Secondo le antiche Anime Arenate – era così che si facevano poeticamente chiamare le anime dei morti che decidevano di rimanere ancorate al mondo terreno – il pellegrinaggio ed il successivo rituale di sacrificio del prescelto erano, a loro dire, necessari per ristabilire gli esili equilibri energetici dell’universo. Quando grandi eventi sconvolgono gli equilibri del mondo, un gran numero di anime rimane arenato e bisognoso di una guida per ritrovare la strada che li riporterà all'oltre, in modo tale da poter “riciclare” l’energia rilasciata dalla “morte”, per trasformarla in nuova “vita”. Ai prescelti viene quindi dato l’incarico di attrarre a se quante più anime possibili, in modo tale da indicar poi loro la via, in un rilascio di energia che li ricongiungerà al resto dell’universo.
Tutto molto bello e poetico, se non fosse che, per fare una cosa del genere, il prescelto incamera dentro di se talmente tanto chakra, e di conseguenza producendo talmente tanta chiralina, da causarne la sua letterale combustione e cristallizzazione… E considerando che Kacchan ci si era quasi avvicinato, a fare una fine del genere, la sola idea lo faceva rabbrividire d’orrore.
Richiuse il diario, stiracchiandosi sulla sedia, riflettendo sul da farsi: nel corso di quei mesi, aveva visitato i fulcri energetici di ciascuno dei cinque paesi o, quanto meno, quello che ne era rimasto: ormai erano ruderi, alcuni completamente spazzati via, privi di energia, e questo voleva significare solo qualcosa.
”C’è un altro come me. E a breve lo faranno bruciare come un tizzone ardente.” Pensò amareggiato, accendendosi una sigaretta e sbuffando una nuvola di fumo denso. Sarebbe un peccato sprecare un esemplare del genere: se l’avesse intercettato prima, avrebbe potuto studiarlo a fondo, per capire ancor di più i segreti dietro le loro capacità e… Un’idea gli balenò nella mente, conscio del fatto che, forse, era ancora in tempo per poter salvare da quel destino infausto quel suo “fratello”.
Non restava altro da fare, allora, che recarsi nel famigerato punto zero: Tamashī no Niwa, il villaggio di provenienza di suo padre.
~ 魂の庭 Tamashī no Niwa ~
Tamashī no Niwa, tutto sommato, non era un villaggio poi molto grande, anzi, era più appropriato definirlo un borgo dall'aspetto rurale, reso particolare dalla posizione in cui sorgeva. Situato in prossimità del confine con il vicino Kawa no Kuni , Paese del Fiume, era stato costruito sulla collina più alta della zona, circondata dai fiumi perennemente ingrossati dalle costanti piogge, le cui esondazioni avevano costretto a costruire il complesso urbano su più livelli d’altezza, collegati da scalinate e pontili realizzati, come il resto degli edifici, da legno e roccia. Un paesaggio estremamente piacevole alla vista, impreziosito dalla costruzione presente sulla vetta della collina, il Tempio di Anima, una imponente struttura dalla base circolare, la cui architettura, che riprendeva lo stile dell’intero borgo, era arricchito ed impreziosito da diverse vetrate, dalle quali filtrava una brillante luce azzurrina, elemento che rendeva quanto mai mistico quel luogo, soprattutto durante le notti di pioggia incessante.
E, come di consueto, la pioggia accolse copiosamente l’arrivo di Kacchan che, cappuccio calato sulla fronte, non sapeva bene come approcciarsi, con gli altri residenti. Sfortunatamente, il Paese della Pioggia non era famoso per la sua ospitalità con gli stranieri e, chissà, anche a Tamashi avrebbe potuto ricevere lo stesso trattamento poco cordiale. Aveva quindi tergiversato un po’, prendendosela comoda per analizzare la situazione da lontano, passando la notte in un vecchio capanno da pesca abbandonato.
Il borgo, data la sua posizione quasi del tutto circondata dall'acqua, aveva un unico accesso, quello del livello inferiore, costruito per lo più su grandi palafitte che poi conducevano ai piedi della collina, su cui si sviluppano gli altri livelli residenziali.
Bagnato fradicio, con un principio di influenza causato da quel clima infame, Kacchan aveva quindi iniziato ad andare in giro per quella che era la zona adibita alla pesca e al trasporto fluviale, facendo attenzione a non scivolare sulle assi di legno dei pontili o sul lastricato di pietra di qualche piattaforma. Provava una strana sensazione nell'essere lì, quasi si sentisse fuori posto, completamente alieno al luogo… E, di certo, gli abitanti non aiutavano a migliorare questa sensazione: grigie come il cielo che copriva le loro teste, le poche persone che Kacchan trovava per strada sembravano ignorarlo completamente o, alla peggio, scrutarlo con sospetto, indispettite dalla sua presenza.
”Non oso immaginare i salti di gioia che farebbero, se sapessero che sono il figlio di un loro concittadino disertore...” Si ritrovò a pensare, dopo aver a lungo passeggiato nel livello inferiore, senza esser riuscito a trovare qualcuno di vagamente cordiale e disponibile a dargli anche solo uno sguardo d’attenzione. Magari poteva procedere verso il prossimo livello residenziale, nella speranza di avere maggior fortuna… Oppure poteva dirigersi direttamente verso la cima, ma qualcosa gli suggeriva che gli sarebbe stato precluso l’accesso alla vetta, se si fosse presentato così su due piedi. Per forza di cose serviva l’intercessione di un abitante del posto e, se il tempo era stato clemente, forse avrebbe trovato qualcuno disposto ad aiutarlo… Nonostante suo padre si fosse espressamente dichiarato contrario nel metterla in mezzo, ma ehi, se il sangue non è acqua, la famiglia viene in soccorso nei momenti di bisogno, no?
Nonostante non fosse mai stato lì, gli era facile riuscire ad orientarsi, basandosi sui racconti di suo padre e sugli appunti presenti nel suo diario. Se lo immaginava, in certi momenti, a camminare per quelle strade che in questo momento suo figlio stava battendo, salutare e intrattenersi con gente che, in quel momento, facevano finta di non notarlo nemmeno, conducendo una vita tranquilla. Asciugandosi il viso fradicio di pioggia, seguì i passi del ricordo di suo padre, diretti verso uno dei livelli intermedi, sul lato nordest della collina su cui sorgeva il borgo, meta una casetta non dissimile dalle altre, se non dalla presenza di una piccola serra di ferro e vetro, a ridosso di una facciata. Un’anziana donna era alle prese con la cura di quel piccolo giardino coperto, canticchiando, oltre lo scrosciare della pioggia, una delicata melodia che il giovane Yamanaka riconobbe all'istante come uno dei motivetti che suo padre era solito fischiettare, nei momenti di pace quando era in giro per i boschi di Konoha.
Una morsa dolorosa gli strinse il petto, rendendolo insicuro sul da farsi: di per certo non poteva presentarsi così su due piedi da sua nonna… Per quel che ne sapeva, magari lei nemmeno sapeva della sua esistenza, quindi era forse meglio evitare di rivelarle la sua vera identità? Non fece in tempo ad inventare una scusa plausibile che la donna si voltò, notando la figura del ragazzo impalato a pochi metri di distanza. Era una donna di bassa statura, leggermente rotondetta, trasmetteva cordialità e calore materno da ogni fibra del suo essere. Nel vederlo si sporse leggermente, sistemandosi meglio una ciocca di capelli ingrigiti dal volto, col risultato, però, di sporcarsi una guancia di terriccio, a causa dei guanti sporchi che indossava.
« Tutto bene giovanotto? Hai l’aria di uno che si è perso... » Anche la voce emanava calore e cordialità, tanto da renderlo nervoso, tanto era indeciso sul da farsi.
« Su, non stare lì impalato, o ti prenderai un accidenti! Vieni, su! Non fare complimenti... »Gli disse con una certa nota perentoria, una richiesta alla quale Kacchan non si sentiva affatto di poter dire di no. Imbarazzato, corse verso l’ingresso della serra, aspettando ad entrare solo dopo aver ottenuto un cenno d’assenso da parte della padrona di casa, che lo incoraggiò a farsi avanti, spostandosi di lato e lasciandogli spazio.
« Guarda te come sei zuppo… Quel cappotto non copre nulla, ti ci vuole un ombrello temo, se vuoi continuare ad andare in giro con questo tempo… Non sei di queste parti, vero? » Gli domandò, togliendosi i guanti e lasciandoli cadere su di una bassa panca, su cui erano posati anche altri attrezzi da giardinaggio.
« Ehm, no, per niente… Credevo che un impermeabile e degli stivali da pioggia sarebbero bastati, ma l’acqua arriva fin dentro le ossa...» « Ah, non ne parliamo… Più passa il tempo e peggio è! Dipendesse da me, mi trasferirei in un bel posticino soleggiato, ma so fin troppo bene che poi mi mancherebbe “l’aria di casa”… » Scherzò la padrona di casa, riuscendo a strappare una timida risata al giovane che, toltosi il cappuccio, si passò una mano tra i capelli bagnati, imbarazzato.
Gli occhi nocciola della donna si fecero attenti, guardinghi forse, intenta a studiare il viso pieno di piercing del giovane, quasi a voler capire se ci si potesse fidare di quel straniero.
« Devo ammetterlo, inizialmente temevo di essere io invisibile al resto degli altri… Siete la prima persona che ho incontrato, nel vostro villaggio, disposta a concedermi parola... » « Oh, mi spiace… Solitamente siamo più calorosi con i visitatori… Beh, non che ne abbiamo molti… A dirla tutta non li abbiamo affatto, ma si, diciamo che gli stranieri non riusciamo più a vederli di buon occhio… Sai com’è, fidarsi è bene, non fidarsi è meglio e non si può mai sapere che intenzioni possano avere... » « Posso ben immaginare... » « Oh, ma dai, non fare il timido, non ti mangio mica, io! Ahahaha! » Rise, solare, dandogli delle pacche affettuose sulle braccia, gesto che mise ulteriormente in imbarazzo il ragazzo, che, rosso in viso, non sapeva più che pesci pigliare….
« Che sbadata, non mi sono nemmeno presentata… Mi chiamo Tsuri, e tu invece? Che ci fa un bel ragazzotto come te in questo posto dimenticato dai Kami? » Gli domandò, allungandogli una mano, per potergliela stringere.
Il suo cuore perse un battito mentre percepiva un vuoto d’aria nello stomaco, non sapendo come rispondere. Si schiarì la gola, allargandosi con un dito il colletto del giaccone, mentre con l’altra mano stringeva quella della donna.
« Io… Piacere di conoscerla, signora. Io mi chiamo Kacchan... » Il sorriso della donna si congelò sul suo volto rubicondo, gli occhi spalancati dalla sorpresa, mentre si coprivano di un velo di lacrime. Il ragazzo si guardò intorno, confuso e in allerta, temendo di aver commesso un qualche grave errore, ma la presa sulla sua mano divenne ancora più salda e il sorriso della donna, se possibile, si fece ancora più largo e caloroso, dopo quel momento di esitazione.
« K-kacchan, eh? P-perché non entri dentro a scaldarti un po’? Potrei darti qualche vestito asciutto, più adatto a questo tempo uggioso... » Gli propose, invitandolo a seguirla dentro casa.
« Dovrei avere ancora qualche vestito appartenente a tuo padre, di quando era più giovane... » « M-mio padre? Aspetta, ma allora tu sai… » « Mi scriveva spesso di te. Eri la sua gioia più grande…. Ma che fai, vuoi restare lì impalato? Forza! E non piangere, sciocchino! Lascia fare a tua nonna, a rimetterti su! » [...]
I giorni passarono senza sosta, il giovane di Konoha, ora riunito ad un parente che non pensava nemmeno di avere, si ritrovò così a scoprire aneddoti del tutto nuovi su suo padre, della sua infanzia, di come era cresciuto in quel piccolo villaggio… E di come, crescendo, aveva preso maggiore consapevolezza delle usanze del luogo, portate avanti in maniera tanto insistente da suo padre.
Non aveva idea che Josuke Hadaka, suo nonno, fosse l’Alto Guardiano, uno delle figure maggiormente di spicco lì in quel villaggio, Custode delle Antiche Usanze e Tradizioni, e che, di conseguenza, suo padre Kyosuke, come voleva la tradizione, avrebbe poi dovuto prendere il suo posto. Ed era stata proprio il comportamento tanto austero di suo nonno, la sua rigidità e fermezza nel voler così instancabilmente seguire gli antichi dogmi a loro tramandati a renderlo insopportabile a suo padre, tanto da spingerlo ad allontanarsi dal suo luogo natio, intollerante a tutto ciò.
Di ben altra pasta, invece, si dimostrò sua nonna: cordiale ed affabile, non aveva esitato un solo istante ad ospitare quel nipote mai davvero conosciuto, se non per mezzo delle lettere che si scambiava, di nascosto, con suo figlio. Era un vero e proprio raggio di sole, in quel posto perennemente uggioso, ed era quasi impensabile che lei avesse sposato e messo su famiglia con un uomo del genere… per poi scoprire, sempre per mezzo dei racconti della donna, che anche il loro legame matrimoniale si era incrinato, tanto che, alla fine, il vecchio Josuke aveva lasciato la casa in cui avevano vissuto insieme per tanti anni, preferendo vivere nel Tempio, dedicandosi completamente alla sua mansione, alla stregua di un folle fanatico.
« Dopo gli ultimi avvenimenti disastrosi che si sono susseguiti, tuo nonno si è sempre più rifugiato nell'Antico Credo, quasi sperasse di trovare lì le soluzioni di tutti i mali… Sono riuscita a tollerare la cosa fino ad un certo punto, ma poi… Ha superato il limite e non potevo più tollerarlo… » « Parli di quel rituale, quello del pellegrinaggio con il Prescelto? » Gli spiegò la donna, per poi rimanere sorpresa nel sapere che il ragazzo, tutto sommato, era abbastanza sveglio da capire cosa avesse causato la rottura del loro matrimonio.
Kacchan le raccontò quello che gli era successo, confidandosi con lei come se si stesse confidando con sua madre, raccontandole tutto: dal primo episodio in cui aveva interagito con una di quelle strane ombre, che aveva poi scoperto essere l’anima del piccolo Giman, fino alla sua ultima crisi, passando poi per il diario di suo padre e del viaggio che lui aveva intrapreso, che l’aveva portato a cercare le medesime tappe di quel pellegrinaggio che suo nonno aveva intrapreso col Prescelto, scoprendo come questo si fosse concluso…[
X]
« Ne sei proprio sicuro? Deve esserci un errore allora, perché Aki, la giovane donna che ha intrapreso il pellegrinaggio con tuo nonno, ci ha comunicato il loro imminente rientro… » Notando la crescente perplessità nel giovane, la donna gli aveva proposto di incontrare direttamente la giovane Prescelta, Aki, non appena fossero rientrati. Lei stessa si sarebbe presa la briga di organizzare un incontro, ovviamente all'insaputa del marito, prima che iniziasse la fase finale del rituale di purificazione, che si sarebbe tenuto nel Tempio di Anima.
E fu così che Kacchan, per passare il tempo in attesa dell’arrivo dei due raminghi, si dedicò all'esplorazione del piccolo borgo, seguendo i suggerimenti della vecchia Tsuri che, per colmare la curiosità del nipote, gli aveva proposto di cercare alcuni vecchi simulacri dell’Antico Culto, dove avrebbe potuto trovare delle iscrizioni riguardanti la storia del culto stesso e, chissà, magari anche qualche informazione che gli poteva tornare utile… E, di fatti, così fece, mettendosi alla ricerca di quelli che scoprì essere, alla fin fine, piccoli simulacri sparsi un po’ in giro, contenenti delle lapidi su cui erano incise scene riguardanti il culto. In alcuni, addirittura, vi erano custodite pergamene, riproduzioni di antichi testi lasciati dagli antichi, le cui copie originali erano andate perse o distrutte, ma nulla cambiava il nocciolo della questione che, alla fin fine, era il medesimo che suo padre gli aveva tramandato attraverso il suo diario.
I racconti facevano riferimento alla creazione del mondo, all'equilibrio tra vita e morte che andava rispettato, mantenuto per fare in modo che il mondo non cada nell'oblio. Un equilibrio apparentemente instabile, che necessitava periodicamente di essere ristabilito. Per farlo, alcuni individui venivano prescelti a compiere un pellegrinaggio tale da richiamare le anime disperse per poi, al termine di un rituale, ricondurle verso la giusta via…. Era evidente, ormai, che questi Prescelti erano individui affetti dalla sua stessa patologia, in grado, come lui, di comunicare con i morti e manipolare le loro anime, per merito della chiralina. Chiralina che, secondo i racconti, poteva addirittura cristallizzare, formare concrezioni tale da immagazzinare energia e concentrare al suo interno ingenti quantità di quelle anime disperse, arenate al mondo terreno.
C’erano, però, alcune iscrizioni che diedero da pensare allo Yamanaka, raffiguranti entità che forse poteva ricondurre agli Antichi? Non ne aveva idea… Probabilmente avrebbe trovato maggiori risposte visitando il Tempio di Anima, ma sua nonna era stata categorica: non doveva assolutamente avvicinarsi, poiché l’accesso, al momento, era precluso a tutti, per via dei preparativi per il rituale che avrebbe visto Aki, la prescelta, sacrificarsi per permettere di ristabilire l’equilibrio.
Con sguardo torvo, gli occhi color cobalto puntarono l’edificio in lontananza… Da quando aveva iniziato a girovagare per il paesello, qualcosa si era mosso sottopelle, una strana sensazione di disagio. Sentiva che qualcosa non quadrava, lì: gli abitanti, dapprima indifferenti alla sua presenza, avevano iniziato ad esser diffidenti, a scansarlo, addirittura nascondersi al suo passaggio. Per non parlare di sua nonna: nonostante tutta la sua gentilezza e cordialità, ogni qual volta Kacchan accennava a volersi avvicinare al Tempio, lei si agitava, lo invitava categoricamente a non avvicinarsi, a lasciar perdere quel posto… E si sa come va a finire, in certe circostanze.
[…]
Il Tempio di Anima, nonostante tutti gli avvertimenti di sua nonna riguardo ai preparativi in corso, sembrava completamente deserto, nonostante, dal suo interno, le luci azzurrognole continuavano a pulsare incessanti. Sotto la pioggia scrosciante, nascosto tra la vegetazione che circondava l’imponente struttura, Kacchan cercò di focalizzarsi sul circondario, cercare di percepire la presenza di qualcuno nelle vicinanze… Ma c’era qualcosa che gli impediva di utilizzare a dovere le sue abilità sensitive.
Aveva ormai notato, a malincuore, di come non riuscisse più a percepire le presenze degli altri da dopo l’incidente con Chishiki: nonostante ce la mettesse tutta per captare i pensieri delle persone a lui intorno, un costante brusio di sottofondo gli impediva di concentrarsi, di capire e direzionare la sua attenzione in un punto voluto. Colpa delle anime disperse, evidentemente…. Ma lì, in quel frangente, quel brusio era quasi un vociare continuo, quasi assordante in alcuni momenti.
Non gli restava altro da fare, allora, che affidarsi ai normali cinque sensi, rimanere nascosto, muoversi nell'ombra come fanno i normali ninja, e…
« Ne sei proprio sicuro, fratello? Io…. Io non credo di esser pronta per affrontare una cosa del genere... » La voce di una ragazzina gli giunse dal piccolo portico verso cui si stava avvicinando, costringendo così Kacchan a trattenere il fiato, rimanendo inginocchiato e schiacciato contro un basso muretto, per evitare di farsi vedere….
Da quella posizione non riusciva a vedere a chi appartenesse quella voce, ma l’intonazione e la cadenza non gli erano affatto nuovi, ma dovette faticare qualche secondo in più per ricordare che, quel particolare accento, era lo stesso che aveva sentito dai ninja con cui aveva affrontato il torneo Chunin, ninja di Kumo…. E che diavolo ci faceva un ninja di Kumo, un estraneo a quel paese, in un luogo che doveva essere off-limits non solo ai suoi abitanti, ma anche e soprattutto agli estranei?
Nonostante la pioggia continuasse a cadere incessante, lo Yamanaka riuscì a sentire rumore di passi in avvicinamento, qualcuno che si spostava nel portico… E doveva essere bello imponente, se riusciva a sentire i suoi passi in maniera tanto limpida. Un profondo sospiro e fu il turno di una voce maschile, roca e profonda, con una cadenza simile a quella della ragazzina, ma dall'accento molto meno marcato a risuonare… E quella voce, nonostante per il giovane fosse completamente estranea, provocò un lungo brivido lungo la schiena e un formicolio sottopelle tale da mettere immediatamente in allerta il ragazzo, che istintivamente si guardò le braccia, dove vide chiaramente i segni delle impronte lasciate dalle anime con cui aveva avuto a che fare spiccare in fiamme sulla sua pelle pallida. Se stava per avere una crisi, come quella avuta a Sakanoshita, quello era decisamente il momento meno adatto…
« Non temere, lucertolina. Fidati di me, so quel che faccio… E poi, anche volendo, lo sai, non si può più tornare indietro. Quel che è fatto è fatto, e non puoi farti venire scrupoli di coscienza adesso, non dopo quello che hai fatto per arrivare qui. »Un lungo attimo di silenzio, i nervi tesi all'inverosimile mentre il giovane cercava di capire che diavolo stava succedendo al suo corpo: sentiva chiaramente che si stava attivando, che stava iniziando a produrre chiralina dentro di se, ma… Perché non vedeva le solite ombre nelle vicinanze? Un attimo di distrazione, in cui si era preso la briga di concentrarsi su di sé e non su chi gli stava attorno, e si sentì agguantare per il retro del giaccone, come si fa per agguantare un cucciolo per la collottola…
« Porco cazzo! » Esclamò, completamente colto di sorpresa il giovane, vedendo l’uomo che lo aveva agguantato: dire che era un armadio a due ante era dir poco e la facilità con cui aveva sollevato da terra i suoi settanta chili la diceva lunga sulla sua forza fisica… ma a farlo sussultare a quel modo non fu la sua stazza, quanto il suo sguardo che, in quel momento, sapeva perfettamente essere come il suo: la sclera completamente nera, occhi ambrati a spiccare luminosi, mentre lacrime nere iniziavano a rigargli il viso.
« Ma tu guarda… Non siamo poi così rari come pensavo... » E un ghigno malefico gli si dipinse sul volto.
Non ci pensò due volte il ragazzo: si sfilò di slancio il giubbotto, ricadendo al suolo e, senza nemmeno voltarsi, corse via, allontanandosi dal Tempio quanto più in fretta gli concedessero le gambe e la pioggia che rendeva scivoloso il terreno sotto le suole.
Con il giubbotto in mano, l’uomo sogghignò, lasciando cadere l’indumento, per poi voltarsi verso la sorella, uno scricciolo in confronto a lui.
« Questo posto è più vivo di quanto pensassi… Ci pensi tu a farlo fuori? Lo sai, non possiamo permetterci scocciature... » « Lascia fare a me. » E un ghigno da cacciatore si dipinse sul suo volto, illuminando di una luce sinistra i suoi ferini occhi ametista.
[...]
Corse a perdifiato, i polmoni in fiamme, il corpo appesantito dagli abiti zuppi di pioggia, non sapendo nemmeno lui dove andare. Non aveva idea di chi fosse quel tizio, ma il suo corpo l’aveva riconosciuto come un suo simile, qualcuno in grado di manipolare, come lui, la chiralina, ma in una maniera del tutto differente dalla sua… E molto più pericolosa.
Sbagliò l’imbocco di un incrocio e, per poco, non superò la casa di sua nonna, ma non era saggio fermarsi da lei, correva il rischio di metterla in pericolo… Ma poi Giman lo strattonò per il braccio, facendogli perdere l’equilibrio, tirandolo via di lato, mentre un movimento d’aria vicinissimo al suo orecchio gli fece capire troppo tardi quello che stava succedendo. Qualcosa di estremamente rovente ed affilato gli passò sopra la spalla, tagliandogli e bruciandogli la carne in profondità, facendolo urlare di dolore.
A terra, tenendosi la spalla, Kacchan si girò sulla schiena, in modo tale da poter vedere il suo assalitore: era la ragazzina che aveva visto in compagnia del tizio di prima, un braccio completamente trasformato in un enorme artiglio dalle fattezze rettili, i cui artigli incandescenti facevano fumare l’acqua che li colpiva. Il viso della ragazzina dalla carnagione scura era completamente distorto in una maschera di sadismo, gli occhi diventati pozzi neri su cui spiccavano iridi rosse ed incandescenti come braci.
Sgomento, il ragazzo strisciò per qualche metro, cercando di allontanarsi da lei che, con deliberata lentezza, si avvicinava a lui assecondando la sua lentezza, quasi stesse pregustando il momento di infilzarlo nuovamente con quei suoi strani artigli.
”Ma che cazzo… Anche lei… Anche lei sta usando la chiralina, ma in maniera completamente differente!” Pensò sconvolto, completamente spiazzato, mentre la voce della ragazzina gli giunse completamente distorta, più simile al verso basso di una bestia nascosta in una grotta.
« Guarda guarda… Un topolino è uscito fuori dal buco ed è venuto a curiosare… Ed io odio i ficcanaso. » Con un ringhio, si lanciò contro Kacchan che, agendo per istinto, si sostituì all'ultimo momento con un barile che si trovava sul bordo della strada, a pochi metri di distanza. Il legno si ruppe con uno scoppio di scintille e schegge, alzando piccoli sbuffi di fumo nero dove aveva iniziato a prender fuoco, mentre la risata della ragazzina, deforme e distorta, risuonò sinistra oltre il prepotente scrosciare della pioggia.
« Dipendesse da lei, ti lascerebbe in vita, libero di fuggire, magari addirittura avvertire qualcuno, cercare soccorsi… Quella lucertolina è solo una piccola ingenua e non permetterò a nessuno di rovinarmi i piani! » Con un urlo omicida, si avventò su Kacchan che, di riflesso, a questo giro sguainò la corta lama della sua wakizashi, intercettando così l’artigliata a pochi centimetri dal viso, cercando in tutti i modi di spingerla indietro, senza però riuscirci: per essere uno scricciolo di ragazzina, era dannatamente forte… E la cosa che più lo preoccupava, in quel momento, era vedere l’ombra della ragazzina mutare, delineare la forma di una bestia dalle fattezze rettiliane…
E tutto si ripeté, uguale ed identico, come quella volta sul carro, quando Chishiki, materializzatasi, aveva cercato di prendere il controllo su di lui, sopraffarlo con la sua mole. Sentì la testa martellargli, quasi scoppiare per il gran fracasso che sentiva, gli occhi che bruciavano, mentre lacrime nero pece sgorgavano senza sosta, la pelle un formicolio continuo, come se una colonia di formiche di fuoco gli stesse zampettando addosso, mordendolo in ogni punto. E qualcosa scaraventò via, di prepotenza, il peso della ragazzina di dosso, permettendogli così di rimettersi un minimo eretto, nonostante il dolore alla spalla fosse lancinante. La vista, in parte offuscata, fece difficoltà a mettere a fuoco la scena, ma quando riuscì a vedere, l’orrore si dipinse sul volto del giovane…
« Nonna! Che state facendo! Andate via! » Alcuni abitanti del villaggio avevano agguantato la ragazzina mentre sua nonna, armata di un manico di scopa, gli si era parata davanti, a voler far scudo al nipote.
« Corri, mettiti in salvo! Non pensare a noi! » Ma il ragazzo, tirandosi su, fece qualche passo in avanti, intenzionato a scostare via la nonna, impedirle di fare sciocchezze.
« Non ti lascio affrontarla… Quella ragazzina è troppo pericolosa, temo non sia nemmeno in lei! »Intanto la ragazza cercava di scacciare via le persone che la tenevano ferma, ma questi sembravano essere incuranti delle sferzate che ricevevano, anzi: dopo pochi istanti che venivano buttati giù, questi si rialzavano, come se niente fosse…
« Che razza di stregoneria è mai questa!? Come puoi essere in grado di fare una cosa del genere!? » Urlò rabbiosa, e fu a quel punto che Kacchan ebbe l’epifania, una folgorazione che lo svuotò di ogni energia mentre, lentamente, si voltava verso sua nonna. Vide la sua figura sfarfallare, come se non fosse davvero lì, in carne ed ossa, ma che si trattasse di una sua immagine residua. Con la voce rotta dall'emozione, il cuore stretto in una morsa di dolore che non aveva nulla a che fare con quello fisico dovuto alla ferita subita, il ragazzo allungò una mano verso la donna, per poi fermarla a mezz'aria, terrorizzato dal toccarla, per paura di vederla sparire.
« Ma come… Com'è potuto succedere... »La donna, di rimando, gli accarezzò amorevole una guancia, cercando di rassicurarlo con quel sorriso che, seppur aveva da poco iniziato a conoscere, sentiva già esser parte di lui.
« Ti spiegherò tutto poi, ma adesso vai, la teniamo a bada noi, finché non riprenderà il controllo di sé… Va, forza! » E, con la morte nel cuore, il ragazzo corse via, lasciandosi dietro la ragazzina circondata da centinaia di ombre scure, figure catramose intente ad avvinghiarla ed immobilizzarla nelle loro spire venefiche….
[...]
Non riusciva ancora a credere a quanto era appena successo, ma davvero non riusciva a dare altra spiegazione a quanto era appena accaduto. Tutto ciò cambiava radicalmente le carte in tavola, mostrando uno scenario che ne lui, ne suo padre prima di lui, avevano mai potuto immaginare.
Evidentemente non si trattava di una semplice alterazione genetica, la loro, ma di qualcosa che andava ben oltre, tanto da delineare, all'interno della razza umana, una sorta di sottospecie con questo difetto genetico che permetteva loro di creare e manipolare la chiralina. Doveva trattarsi, inizialmente, di un’unica popolazione di individui, tutti accomunati da quel difetto genetico. Poi, però, qualcosa aveva diviso la popolazione, disperdendone gli individui… Dopotutto, il Paese della Pioggia era rinomato per esser stato, agli albori della sua nascita, uno dei più grandi centri multiculturali del continente, ricettacolo di ogni etnia possibile, proprio ad incentivo per abitare quelle terre… Quindi nulla avrebbe potuto impedire ad una parte di quella popolazione di aggregarsi lì, no?
« Tutto deve esser partito da una speciazione simpatrica: la mutazione genetica all’interno della popolazione primordiale ha formato la creazione di una piccola fazione di individui che, per via di tale mutazione, è stata lentamente isolata dalla popolazione primordiale, creando così a sua volta una popolazione genitrice. La popolazione deve essersi allargata, condividendo al suo interno la mutazione genetica, per poi subire una seconda speciazione… Peripatrica forse?O addirittura allopatrica magari… Entrambe le popolazioni figlie hanno la mutazione della popolazione genitrice, ma i diversi fattori ambientali e culturali in cui vivono le hanno spinte a modificare a loro volta la loro mutazione, ottenendone usi differenti…. Oh, se solo avessi a disposizione del materiale genetico di quei due… Potrei provare a confrontarlo col mio, per cercare di ricreare una mappatura evolutiva tale per capire la storia genetica della nostra mutazione... »Chiuso nel piccolo capanno da pesca, Kacchan era completamente dimentico di quello che lo circondava, preso da una smaniosa euforia, entusiasta di come i suoi studi stavano progredendo. Aveva completamente messo da parte quello che era successo poco prima, del fatto che quel piccolo borgo, dapprima brulicante di vita, si era poi mostrato per ciò che era, una città fantasma sotto ogni punto di vista. La sua attenzione, ora, era interamente concentrata su quello che aveva appena visto fare alla ragazzina e quello che era in grado di fare il suo compare.
Cercò di fare mente locale, analizzare a freddo ciò a cui aveva assistito: l’arto trasmutato della ragazzina era fatto di chiralina, non aveva dubbi in proposito, ma sarebbe stato difficile, al momento, sapere se si trattava della stessa chiralina che lui era in grado di produrre… Sarebbero serviti dei campioni da analizzare magari…
Uno scappellotto dritto sul collo, proprio dietro la nuca, lo riportarono drasticamente alla realtà, facendolo sobbalzare. Sua nonna, o per meglio dire il suo fantasma, di fianco a lui, incrociò le braccia al petto, il viso corrucciato in una espressione imbronciata.
« Certo che voi giovani ne avete di faccia tosta… Dopo quello che è appena successo, il tuo primo pensiero è quello di incontrare nuovamente quella ragazzina? Sul serio, Kacchan?» Paonazzo in viso, Kacchan abbassò lo sguardo, mortificato, non sapendo bene come giustificarsi. Era proprio meschino, da parte sua, interessarsi a quello che non al capire cosa era successo in quel villaggio…
« Sta tranquillo, alla fine è più che normale interessarsi dei segreti dei vivi, che di quelli dei morti…. » « Scusami, mi sento una merda adesso... » Un pizzicotto questa volta, tirato affettuoso sulla sua guancia ispida dalla leggera barba che la copriva. L’anziana donna, allora, gli si sedette accanto, posandogli una mano sul braccio.
« Tutto è iniziato qualche mese fa, la gente ha iniziato ad ammalarsi, perire per uno strano malessere. Non riuscivamo a comprendere quale fosse la causa, inutili erano gli interventi dei nostri medici… Io stessa cercavo di fare del mio meglio, per alleviare le sofferenze dei malati, utilizzando alcuni rimedi di erbe e fiori… Avevamo ormai perso la speranza, ma poi arrivò Kuroichi. Ci disse di essere un medico proveniente da Kumo, che ci avrebbe aiutato a capire le cause del morbo che ci aveva colpiti ed, insieme, saremmo riusciti a trovare una cura. Eravamo pieni di fiducia… Dopotutto, alcuni dei nostri medici lo conoscevano: quando Watashi fece la sua comparsa su queste lande, quel giovane si distinse particolarmente nel trovare una cura alla contaminazione del demone. » Kacchan aggrottò la fronte, pensieroso. All’epoca aveva avuto modo di avere a che fare con la prole di Watashi e la sua corruzione e si, aveva sentito vociferare di qualcuno che era stato in grado di trovare una cura alla corruzione del Dio-demone.
« Animati da questa nuova fiducia, abbiamo assecondato quel giovane medico, contribuendo alla sue ricerche… Siamo stati degli ingenui e, solo quando era ormai troppo tardi, ci siamo accorti delle sue vere intenzioni: era interessato a ciò che è custodito nel Tempio, ad usarlo per i suoi studi, per i suoi… Esperimenti. Non so quanto ne sappia, sulla chiralina e la capacità di comunicare con le anime dei defunti, ma sembra essere in grado anche lui di usare la chiralina, di assorbirla e convertirla in energia. Solo che lui era saturo di chiralina demoniaca, una variante diversa da quella umana, ma non così dissimile. Ha iniziato ad immetterla nel cristallo, insieme al resto dell’energia degli abitanti rimasti, corrompendone la struttura originaria...» « E cosa vorrebbe farci con il nostro cristallo? » « Non ne ho idea, ma temo riguardi quella ragazzina, sua sorella. È giunta al villaggio poco tempo fa, in compagnia di un altro giovane ninja. Sembrava titubante inizialmente, ma poi, quando si è ricongiunta al fratello, ha cambiato radicalmente modo di fare… Fino ad uccidere il suo compagno. Quindi Kacchan, te ne prego…. Qualunque cosa tu decida di fare, presta la massima attenzione.» C’era sincera preoccupazione sul volto della donna e il giovane, cercando di rassicurarla, la cinse con un braccio, stringendola a se e dandole un bacio tenero sulla tempia.
« Non ti preoccupare nonna, farò attenzione... » Le sussurrò, cercando di rassicurarla, ma poi qualcosa colse la sua attenzione… Un rumore inatteso, lo scricchiolare di una vecchia trave di legno, fuori dal capanno.
Cercando di acuire i sensi, percepì la presenza di qualcuno muoversi cauto, ostile, quasi temesse di subire un attacco da un momento all’altro… Ed erano in due, almeno stando all’intensità emotiva che percepiva. Che fossero i due fratelli di Kumo, che erano venuti fin lì a prenderlo? Non impossibile. Concentrandosi, il ragazzo iniziò a mettere in moto il suo corpo, spingerlo a produrre quanta più chiralina possibile, in modo tale da poter scagliare quante più anime possibile contro di loro. Sentiva che il processo stava funzionando, che il suo corpo stava reagendo come si doveva, perché immediato sentì il viso bagnarsi dalle classiche lacrime nere che i suoi occhi sgorgavano in quelle circostanze, la pelle iniziare a prudere, irritarsi principalmente nei punti in cui le anime si aggrappavano a lui in cerca di un contatto col mondo. La piccola stanzetta in cui era chiuso si riempì di ombre sempre più fitte, man a mano che aumentava la produzione di chiralina, sempre più scure e dense, tanto da rendere completamente oscuro l’ambiente….
La porta del capanno si aprì e, attraverso la flebile luce che filtrò all’interno, Kacchan intravide la sagoma di due persone… Due donne? Perplesso, il giovane attende qualche istante prima di scagliare contro di loro le sue truppe di tenebra, ma poi, quando riconosce i lineamenti di una delle due donne, il suo cuore perde un battito, sorpreso di ritrovarla proprio lì, in certe circostanze.
« Masaru? »La chiamò per nome, perplesso, quasi temesse di aver preso un abbaglio, di aver sbagliato persona, ma… Era lei. Avrebbe riconosciuto anche ad occhi chiusi lo strascico di fantasmi legati alla sua persona, per non parlare del suo inconfondibile profumo di gelsomini.
Con un certo sforzo, si concentrò nuovamente sul suo corpo, questa volta per disperdere quello che aveva creato, in modo tale da evitare di arrecar danno all’amica. Le anime si dissolsero così come erano apparse, rivelando così la sua figura agli occhi delle due, rabbrividendo leggermente quando le raggiunse sulla porta… Ovvio, dato che si era dimenticato che, una volta rientrato, si era tolto la maglietta, per poter verificare lo stato della ferita che la ragazzina gli aveva inferto.
« Sei davvero tu? Ma cosa ci fai qui? » Le domandò, vedendo palesarsi sul suo sguardo gelido un barlume di calore sotto forma di preoccupazione nei suoi riguardi. Ma così com’era soffiato quel tiepido tepore, così svanì dal suo volto, tornando ad essere la solita maschera fredda e distaccata con cui l’aveva conosciuta.
« Kacchan? Potrei chiederti la stessa cosa… » Gli domandò la donna, impedendo alla sua compagna di avanzare oltre col suo fare ostile, e solo allora Kacchan realizzò che Masaru non fosse sola, completamente dimentico della donna che era al suo fianco: alta quasi quanto lui, l’albina aveva ferini occhi di un giallo slavato, che lo scrutavano con sospetto e… Preoccupazione? Quasi come quella di chi non si aspetta di vedere altre persone lì…
Schiarendosi la gola, il giovane uomo si massaggiò la base del collo, cercando di sciogliere i muscoli tesi, cercando di scacciare, nel profondo del suo essere, quella strana punta di fastidio che provava in quel momento… Cos’era che lo infastidiva tanto? Di certo non si aspettava di incontrare Masaru lì o, ancora, che fosse lei a venire lì, da lui… Quanto tempo era passato, dall’ultima volta che si erano visti, un anno forse?
”Che cazzo… Ti aspettavi un qualche altro tipo di benvenuto per caso? Di certo non puoi pretendere che ti salti al collo dicendoti ‘Kacchan quanto mi sei mancato!’ Non è decisamente il tipo… “ « Questo è il paese in cui è nato mio padre… Sono qui per delle ricerche, ma... » Sembrò inizialmente giustificarsi, quasi a voler dare un senso alla sua presenza lì, ma… Un momento, lui aveva tutti i buoni motivi per essere lì, lei piuttosto…
« Tu piuttosto. Che ci fai così lontano da Iwa? »Le domandò e per un esile istante quasi sperò di essere lui la causa della sua presenza lì, e invece gli rispose con freddaezza, annientando sul nascere ogni pensiero di qualsivoglia relazione calorosa che possa anche solo vagamente interporsi tra i due.
« Sono qui per lavoro » E il suo dispiacere si materializzò in una amara risposta monosillabica, fin troppo rivelatrice.
« Quella ferita… È stata Makoto a fartela? » A parlare fu questa volta l’albina, con un tono di voce che, come la sua figura, appariva monocolore, in grado di non far trasparire nulla di sé. Nessuna particolare dizione che facesse intuire la provenienza, ne una minima inflessione a far tradire un’emotività che, nonostante tutto, era percepibile allo Yamanaka grazie alle sue capacità. Preoccupazione, ma non per lui, quanto per la ragazzina che lo aveva attaccato…
E solo allora si ricordò della ferita, un grosso squarcio sulla spalla destra, in parte cauterizzato e in parte ancora slabbrato, pulsante di un rosso vermiglio, e di quanto gli facesse male. Digrignando i denti, si portò una mano sopra la ferita, cercando di placare le pulsazioni dolorose effettuando una leggera pressione.
« Allora è così che si chiama quell'indemoniata del cazzo? Per poco non mi faceva saltare la testa... Per non parlare di quell'armadio a due ante che sta con lei... Che poi, scusa, come cazzo fanno ad essere fratelli, quei due? A meno che non siano stati adottati, merda, lui è cazzo enorme e lei è cazzo piccola. A meno che non si chiamino fratello e sorella per qualche sorta di feticismo loro... Certo però che sarebbe assurdo, cioè, cazzo... Anatomicamente parlando, se ha il cazzo grosso quanto lui è grosso, come cazzo fa ad entrare in... Santa Inari, minimo quella ragazzina non è nemmeno maggiorenne, ma porca puttana... »Aveva percepito chiaramente una certa tensione nell’aria, specie da parte di Masaru e, conoscendola, quale miglior modo per alleggerire l’atmosfera, se non parlando a sproposito? Una mossa da veri e propri menomati mentali, del tutto illogica, ma che funzionò: vide le spalle dell’amica rilassarsi leggermente, segno inequivocabile del fatto che, adesso, poteva dirsi a suo agio con lui. E nascose con la mano un sorrisetto soddisfatto, a fior di labbra, quasi compiaciuto delle sue “eccelse” qualità oratorie… Anche se sa benissimo di aver fatto la figura dell’idiota.
Quando, però, Masaru posò la mano sulla sua pelle nuda, rabbrividì leggermente per via dello sbalzo termico tra la sua pelle arroventata, resa ipersensibile a causa dello sforzo che il suo corpo aveva fatto, e il palmo leggermente più freddo della donna, ma poi le temperature si stabilizzarono e quella carezza tiepida, delicata e tanto morbida sulla spalla gli irradiarono calore in tutto il petto, facendogli ricordare quanto fosse stato solo, in quel periodo, lontano da ogni possibile contatto e calore umano.
”Ormai traffico più coi morti, che coi vivi...” Pensò amaramente, ripensando a quando era stata l’ultima volta che aveva avuto un contatto umano… E fu ironico come si trattasse, su per giù, a più o meno l’ultimo incontro, o per meglio dire il primo, che aveva avuto con lei.
« Cos’è successo? » Gli domandò con una certa preoccupazione. E come darle torto: chiunque si sarebbe preoccupato, nel vedere una ferita del genere.
”Non farti strane idee, Kacchan… È solo preoccupata per la ferita. Solo per quello…” Eppure, per un fugace istante, quasi si lascia prendere dall’illusione che quella donna potesse provare qualcosina più intenso del mero legame che potrebbe esserci tra due conoscenti… Ah, la fame di calore umano, cosa può fare…
Posò quindi la mano sulla sua, accarezzandola delicato, quasi temesse di rovinare quella pelle così chiara e liscia, cercando di rassicurarla con quel gesto. Scrollò leggermente le spalle, quasi a voler sottolineare la noncuranza della cosa, ma quel gesto fu avventato e la spalla ferita gli procurò un dolore lancinante, tale da costringerlo a a trattenere, a stento, una smorfia.
« Stavo facendo delle ricerche sulle usanze religiose di questo villaggio e quando mi sono avvicinato al Tempio di Anima, quello sulla collina, mi sono imbattuto in quei due. » Poi, però, una vocina maligna si fece strada nel suo cuore, sibillandogli un dubbio atroce:
Dopotutto, se non è qui per te, deve esser venuta fino a qui per… LUI? Temendo quella crescente punta di gelosia, cercò di scacciarla, nasconderla come si fa con la polvere sotto un tappeto, e serio si concentrò nuovamente su Masaru, stringendole con più forza la mano, adesso, quasi a voler delineare un tacito confine.
« Tu piuttosto... Non dirmi che hai intenzione di affrontarli?»« Ho un conto in sospeso con lui… Ed è anche il motivo per cui siamo qui. » Gli rispose perentoria, senza però ritrarsi da quel contatto, mettendo in moto una prova di forza fatta di sguardi e di cose non dette.
”Oh, col cazzo che ti faccio avvicinare a lui...” Ma quello scontro si concluse ancor prima di cominciare, perché ad interromperli ci pensò
il terzo incomodo Shiroko.
« Hai visto Makoto allora… Ne sei sicuro? Ragazzina smilza, bassina, pelle scura, capelli neri e occhi ametista... » Insistette con una veemenza tale da esser quasi fastidiosa, tanto che il giovane le rispose quasi con un grugnito, più che con un verso affermativo. Da quand’era che non fumava una sigaretta?
« Allora è già qui... Non abbiamo molto tempo... » Sentenziò, mordicchiandosi pensierosa la punta dell’unghia del pollice.
« Per il momento sono riuscito a rallentare quel demone sotto mentite spoglie. Qualsiasi cosa voglia fare con suo fratello, adesso è impegnata a liberarsi da un pantano di gente incazzata nera... Quindi abbiamo un po' di tempo per capire che cazzo sta succedendo qui...» Le rispose perentorio, staccandosi da Masaru e facendo qualche passo verso di lei.
« Anche se una mezza idea di quel che potrebbero voler fare ce l'avrei… » « Che intendi dire? »Per tutta risposta, lanciò a Masaru un’occhiata del tipo
”Seh, fai meno la finta tonta…” « Quella ragazzina aveva trasformato il suo braccio in un artiglio rovente, e questo è il risultato del suo tentativo di staccarmi la testa… Qualunque cosa vogliano fare, credo proprio dipenda da questo » « È il particolare stile di combattimento che Makoto si è creata, dopo aver stretto il patto con il demone che la tormentava... » Diede quindi conferma la donna, dando quindi valore a quello che aveva tacitamente supposto lo Yamanaka, ovvero che avevano intenzione di fare qualcosa a cura della particolare condizione della ragazzina… E a giudicare dallo sguardo dello Yamanaka, era palese il suo desiderio di volersi mettere in mezzo a quella storia, capire fino in fondo dove volevano andare a parare… Chissà, magari ne avrebbe tratto qualche vantaggio per la sua ricerca… Gli sarebbe bastato mettere le mani sugli appunti di quell’energumeno…
« Non sei in condizioni di affrontarli di nuovo, penso che sia il caso tu resti qui a riprenderti. » Affermò Masaru e quella preoccupazione colpì il konohaniano dritto nell’orgoglio, facendolo imbestialire non poco.
« Scherzi? E lasciarvi affrontare da sole quei due?! Ma non esiste proprio. Vengo con voi... Anche perché non avete idea di quello che potrebbe succedere con loro...» ”Non sono così debole come credi, cara mia…” « Temo di sì invece… » Quella risposta lo colpì come un pugno, non sapendo bene se associarla alla frase pronunciata o a quella pensata… Ma stando allo sguardo che la donna gli rivolge, qualcosa lo fa più propendere per la seconda ipotesi, quella del non detto, ma che fa più male dell’altra.
« A pensarci bene però, neppure stare da solo potrebbe essere una buona idea... voglio dire... i tuoi occhi e... quella strana sensazione… » Gli fu nuovamente vicino e, questa volta, lo afferrò saldamente per il mento, in modo tale da poterlo voltare appena da un lato e dall’altro, quasi a volerlo studiare. Sorpreso ed infastidito da quel suo comportamento, non può fare a meno di distogliere lo sguardo da lei, strofinarsi il viso per cancellare i segni di quella strana forma di rinite allergica, accentuando il rossore sulle guance.
« Oh, queste. Non devi preoccuparti, è...ehm... Una cosa fisiologica... » Le rispose, emettendo un leggero sbuffo, per poi guardarla di sottecchi, un lampo maligno nello sguardo.
”Ma se vuoi posso mostrarti cos’altro può fare il mio corpo, di fisiologico… “E si morse la lingua per quanto si stava mostrando stronzo, in quel momento. Non se lo meritava… Dopotutto, non era certo colpa di Masaru, se adesso gli stava venendo un certo qual senso di inferiorità verso quel Kuroichi…
”Bhe, quanto meno a me non vuole morto...” Sospirò, cacciando fuori la tensione, afferrando la mano di Masaru e baciandole il palmo, riservandole un sorriso dolce amaro.
”In realtà non merito affatto tutte queste premure da parte tua…” « Non è niente di cui preoccuparsi. È una cosa che riesco a fare da un po' di tempo... E per la spalla, non farti cruccio. Mi ci vogliono giusto cinque minuti per rimetterla in sesto. » Sentenziò, per poi iniziare a concentrare le sue energie sulla cura della spalla: concentrando il chakra medico, combinò l’azione curativa con quella purificatrice, facendo leggermente fumare la ferita, in modo tale da spurgarla da eventuali tossine in circolo mentre la pelle, sotto lo sguardo dei presenti, iniziò lentamente a cicatrizzarsi da sola, gli occhi chiusi per esser maggiormente concentrato.
« Ci servirà una strategia efficace, tutte le informazioni che abbiamo a disposizione per essere il meno prevedibili possibile, dato che Kuroichi sembra sia molto attento a certe cose. » Con un sospiro profondo, il giovane riaprì gli occhi e, scostandosi dall’uscio, fece gesto alle ragazze di entrare dentro.
« Venite dentro, così ci aggiorniamo a vicenda sul punto della situazione… » Diede un’ultima occhiata fuori, per sincerarsi che non ci fosse nessuno fuori… nessuno di vivo… e chiuse la porta alle loro spalle, per poi avvicinarsi verso un tavolaccio messo a ridosso della parete antistante l’ingresso, su cui aveva posato il suo zaino e diverse carte, tra mappe della zona e suoi appunti sulle iscrizioni trovate in giro. Ne scosta qualcuna, cercando di impilarle con noncuranza, riponendole in un angolo, in modo tale da avere abbastanza spazio per poter aprire il suo diario, iniziando a sfogliarlo frenetico, in cerca degli appunti giusti. Masaru avrebbe avuto modo di vedere come questo fosse stato compilato da due mani diverse, almeno stando alla grafia che sporcava quelle pagine chiare.
« Per quanto riguarda quello che so su questo villaggio…I cittadini che lo abitavano avevano delle usanze religiose particolari. Periodicamente mandavano un prescelto a fare un pellegrinaggio per tutto il continente, ad immagazzinare chakra naturale per poter creare abbastanza chiralina da legare a loro quante più anime disperse in circolazione. Una volta tornati qui, si fondono con un particolare cristallo, permettendo così all'energia immagazzinata di venir reintrodotta in natura e permettendo così alle anime raccolte di trovare la strada per l'Aldilá. » Così dicendo si spostò di lato, in modo tale da permettere alle due donne di vedere un vecchio disegno fatto da suo padre: era un cristallo molto grezzo e, stando ad alcune note riportate vicino, in possesso di particolari proprietà di canalizzazione del chakra.
« Da quel che ho saputo da mia nonna, che abitava qui, Kuroichi ha a sua volta alimentato ulteriormente il cristallo con l'energia vitale degli abitanti… E sono convinto stia attendendo il ritorno di Aki, la ragazza a cui è toccato compiere il rituale propiziatorio. Ora il mio dubbio è: a cosa gli serve tutta questa energia? L'ultima volta che ho visto fare robe del genere era per attirare i Bijuu, ma dopo Fukagizu quei mostri sono spariti dalla circolazione, quindi… A cosa dovrebbe servirgli tutto ciò? Se è per sua sorella, ormai ce l’ha già un demone dentro di se...»Si volse quindi verso le ragazze e rimase sorpreso nel vederle entrambe incupirsi, ognuna per un motivo suo che, sfortunatamente, a lui rimane precluso.
« Shiroko dovrebbe saperlo meglio di me a questo punto… » Percepisce un certo tremore nella sua voce, malcelato, ma che comunque lo mette in allerta, guardingo… E con un carnale desiderio di prendere a pugni quella testa di cazzo di Kuroichi.
”Che diavolo le ha fatto per turbarla così tanto?!” L’albina fece un cenno affermativo col capo, le braccia incrociate al petto.
« Kuroichi ha intenzione di utilizzare tutto quel quantitativo di energia per estirpare dal corpo di sua sorella un demone che ne sta prendendo lentamente il sopravvento. » Spiegò la donna, lasciando perplesso Kacchan. Dopotutto, aveva intuito che la cosa riguardasse quella ragazzina e, per un attimo, si immaginò nei panni del fratello, senza dare adito alle antipatie che erano accresciute in quelle quattro mura.
Per lui era difficile da capire, dopotutto era figlio unico, ma provò ad immaginarsi nella sua stessa situazione, costretto a far cose indicibili per salvare Chiyo, la sua vecchia amica d’infanzia nonché compagna di squadra, quella che poteva più assomigliare ad una sorella, per lui...
« E voi vorreste impedirglielo? Crudele da parte vostra… certo, i metodi con cui arrivare a tal fine sono abbastanza discutibili, ma chi non compirebbe il più peggiore dei crimini pur di salvare la persona che ama? » Fu più forte di lui, non riuscì a trattenersi dall’esporre quel punto di vista così discutibile, che lasciava lui stesso sorpreso, dato il fastidio che provava per quella persona, eppure…
« Fosse solo questo, glielo lascerei fare… Ma lui ha intenzione di impadronirsi del potere del demone per il suo tornaconto, ed è diventato troppo pericoloso lasciarlo agire indisturbato. Per riuscire a fare quello che si sta apprestando a fare, ha mietuto vite innocenti che non meritavano questa fine. » Nel sentire la risposta di Shiroko, qualcosa serpeggiò nell’animo di Kacchan. Una strana sensazione che non riuscì bene ad identificare, disturbante come lo zampettio di un ragno sulla pelle.
Con un mal celato scetticismo, il ragazzo incrociò le braccia al petto, scrutandola attento, cercando di captare qualsiasi segno, nella sua persona o nel suo stato umorale, potesse in qualche modo tradire la veridicità delle sue parole.
« Per saperne così tanto, devi essere una persona vicina a loro… » « Devo molto a Makoto e alla sua famiglia, e il minimo che possa fare è evitare che si distruggano con le loro stesse mani. Ecco perché dobbiamo assolutamente uccidere Kuroichi non appena ha estirpato il demone da Makoto. In questo modo la mia amica sarà salva e lui… non rappresenterà più una minaccia. »Kacchan emise un verso pensieroso, tenendosi il mento nella tipica posa da pensatore. Quindi il piano era quello di estirpare il demone dal corpo di Makoto per trasferirlo in quello di Kuroichi? Ah, che dolce puttana era il destino, che gli stava materializzando, sotto gli occhi, la stessa storia che aveva visto protagonisti lui e Youko… E se la situazione era la medesima di allora, Kuroichi sarebbe stato in grado di mantenere salda la sua volontà, sovrastando quella del demone? Caparbio com’era, era plausibile… A meno che non avesse un modo per annientare completamente la volontà del demone, lasciando però a suo completo uso il suo immenso potere… Di difficile esecuzione, ma non pensava fosse poi così impossibile da attuare, ma… A cosa poteva servigli ottenere il potere di un demone? Stando a quanto aveva detto sua nonna, alla fama che si era costruito quando era un medico in prima fila contro la corruzione di Watashi, perché spingersi verso un potere tanto distruttivo, se aveva votato la sua vita per la salvezza contro la corruzione?
Inutile starci troppo a pensare: al momento, per lui, la figura di Kuroichi era ancora terribilmente oscura e nebulosa, difficile da decifrare, se non impossibile con i soli elementi a sua disposizione. Alla fin fine, l’unico contatto che aveva avuto con lui risaliva a nemmeno qualche ora prima, e non è che fosse durato poi così tanto… E temeva di esser l’unico ad aver avuto
poco a che fare con lui, almeno dei presenti in quella stanza.
« Non ho ancora ben chiaro cosa c'entri tutto questo con te, ma… Se la vostra intenzione è fermare quell'uomo, ok. Come vi ho già detto vi darò una mano… » Si rivolse a Masaru che, stancamente, si dedica un istante per pulirsi gli occhiali.
« Si da il caso che lui abbia lavorato con il Kyo Dan nel nostro paese mietendo vittime innocenti anche lì e che Iwa lo stia cercando. » Essenziale nella sua spiegazione, una spiegazione che, per lo Yamanaka, può rappresentare tutto e niente. Non dubita dell’odio che la donna prova nei confronti dello Yotsuki, ma di certo non si sente sicuro nell’associarlo ad un senso di vendetta patriottica, quanto più personale… Un personale di cui dubita conoscerà mai i dettagli.
« Inoltre l'ho già affrontato in missione, ma questo non ha importanza. Per quanto ne posso sapere il suo stile di combattimento potrebbe essersi evoluto… Sappi solo che intendo dare personalmente a Kuroichi il colpo di grazia. » Per tutta risposta, Kacchan si limitò a mugugnare in segno affermativo, conscio che mai sarebbe riuscito a superare il muro di ostilità che circondava il muro di quella donna tanto caparbia e testarda.
Sentendosi forse di troppo, ma anche intenzionata a mettere in avvio gli ingranaggi del destino che li avrebbe visti a fronteggiare l’imminente scontro, Shiroko si propose di uscire fuori a fare un primo sopralluogo, contando sul fatto che, essendo a Kuroichi e Makoto amica, le sarebbe stato facile seguirli e carpire il momento più opportuno per farli intervenire, approfittando di un eventuale effetto sorpresa. Cercando nella sua bisaccia, tirò fuori una ricetrasmittente che consegnò loro, in modo tale da poter dare il segnale per entrare in azione, dando così l’opportunità ai due di rimanere soli.
« Ok… Recupero le mie cose e iniziamo ad avviarci… » Sentenziò Kacchan, strofinandosi energico il viso, in maniera tale da nascondere e scacciare il senso di disagio che sentì crescere dentro di sé. Recuperò la sua maglietta, gettata su un misero giaciglio costituito da una vecchia cassapanca. Rivestendosi, recuperò anche la sua wakizashi, che aveva lasciato sul tavolo, insieme al resto delle sue cose. Sguainò l’arma, osservandone la lama completamente rovinata, bruciata in più punti, proprio dove aveva impattato contro gli artigli roventi di Makoto. Inutile portarla con se: in quello stato era inutilizzabile.
« Fantastico, mi tocca buttarla… Se dovessi incrociare le armi con quella ragazzina, Makoto, fai attenzione… È in grado di trasformare le braccia in artigli incandescenti… Ma forse te l'ho già detto… » Commenta pensieroso, ricordando l’aggressione subita… E ripensando nuovamente alla composizione di quelle deformità.
« Possibile che fossero davvero di chiralina? » Borbottò tra sé e sé, rinfoderando l'arma e lanciandola dall'altra parte della stanzetta. Le anime che materializzava lui erano composte da chiralina liquida o gassosa, quindi era più che logico che, in qualche modo, fosse possibile ritrovare il terzo stadio da qualche parte, ma usato in quella maniera…. Chissà se lui ne sarebbe stato capace.
Niente cappotto da indossare. Dopotutto, il suo l’aveva perso su al Tempio e non ne aveva con sé un altro di scorta…. Sicuramente gli sarebbe toccato fare un salto a casa di sua nonna, per recuperare qualche altro vecchio vestito di suo padre… Si tastò infine le tasche e accolse con piacere la sensazione che creava il rigonfiamento dalle sue amate sigarette.
Dopo essersi assicurato di aver tutto quello che potesse tornargli utile in uno scontro, si voltò e sorprese Masaru studiarlo con sguardo enigmatico, costringendolo a guardarsi un attimo intorno, nel timore di aver sbagliato qualcosa…
« Tu sei apposto? Hai bisogno di qualcosa, prima di avviarci? »Le domandò, sperando di risollevare la sua situazione con un minimo di buone maniere.
« Ho già quello che mi serve. » E ti pareva che non doveva sentirsi inutile pure in questo?
« Senti, ma… Ho un dubbio e devo togliermi questa curiosità. Quanto ti fidi di quella tipa? Shiroko intendo... » A quella domanda, vide Masaru sospirare stancamente… Odiava tutta quella faccenda. Perché cazzo il mondo doveva esser sempre così maledettamente complicato?
« Non mi fido di lei, non del tutto almeno. La conosco da troppo poco e troppo poco, anche se dal primo istante mi è sembrata sincera.” » Mugugnando in risposta, Kacchan incrociò le braccia al petto.
« Mh… Essere sinceri non vuol dire necessariamente mettere in luce tutta la verità dei fatti… Non so, ho come l'impressione che si, sia sincera, ma sembra voglia omettere dei particolari…» Fece notare, dando così forma a quella strana sensazione che aveva avuto, quando aveva parlato con Shiroko. Sentiva che in lei c’era qualcosa che non andava, come se sapesse qualcosa che non voleva dire, un qualcosa di importante, presumeva, per poter capire il quadro generale della situazione.
« Per quel che ne sappiamo potrebbe anche essere controllata. » « Nah, ne dubito… O almeno, non ho avuto quell'impressione… Da quel che ho avuto modo di capire, dal mio fugace incontro con quei due, e da quel che mi avete detto, beh… Kuroichi non mi sembra il tipo che 'controlli' la gente, quanto piuttosto uno che ti porta di tua spontaneità a fare quel che gli conviene...» Rifletté al riguardo, strofinandosi per un attimo gli occhi stanchi. Non vedeva l’ora che quella storia finisse, per potersi fare una sana dormita…
« E la stessa domanda potrebbe valere anche con te. » Nel sentirsi dire quella frase, Kacchan si ridesta completamente, infastidito nel non avere fiducia da parte della donna.
« Wowo, aspè, cosa? » ”Dopotutto, non è la storia della mia vita? Dai, chi cazzo mai si fiderebbe di uno psicotico come me?” Si sentì parecchio amareggiato e ora sentirsi il suo sguardo addosso, inquisitore, gli brucia maledettamente, facendogli più male dell’artigliata infertagli da Makoto.
« Li hai affrontati, sei sopravvissuto, ma sei anche rimasto ferito. E quando io e lei ci siamo avvicinate a quella porta, sono stata colta da una terribile sensazione, la stessa che ho avuto quando anni fa ero in quella missione, quando lo incontrai. Il modo in cui poi l'hai difeso per le sue azioni mi ha dato da pensare… Che possa averti fatto qualcosa, che anche tu sia rimasto vittima dei suoi esperimenti o di uno dei suoi espedienti. »Adesso era ad un passo di distanza da lui, il volto così vicino, tanto da permettergli di distinguere con chiarezza il colore limpido e cristallino delle sue iridi. Tenne però lo sguardo basso il giovane, non sopportando quelle affermazioni. Davvero gli dava così poco credito? Possibile che si fidasse così poco di lui, delle sue capacità?
”Di che ti sorprendi… L’Hokage con te non ha fatto la stessa identica cosa? Devi avercelo scritto in faccia, che di te non ci si può fidare…” « Dimostramelo Kacchan, dimostrami che mi sto sbagliando. » E come avrebbe dovuto fare?
Cercando di contenere lo stupore iniziale, che era stato poi sostituito dalla cocente delusione, il ragazzo la guardò di sottecchi, gli occhi blu furenti, brillanti di una rabbia che non si capiva se fosse rivolta alla donna… o a se stesso. Cosa avrebbe dovuto fare? Rivelarle
tutto, col rischio di farle del male senza volerlo? E se avesse reagito come Natsuko? Cazzo, ancora gli bruciava la maniera con cui la ragazza aveva cercato in tutti i modi di farlo desistere dalla sua scelta di partire, di lasciar perdere quella follia che, secondo lei, era mera illusione della sua testa…. Cazzo, se aveva fatto male… E voleva davvero rischiare di rivivere un’esperienza del genere con lei, di esser visto come un mostro e temuto allo stesso modo?
Dopo interminabili attimi di silenzio, si decise infine a parlare, con voce sepolcrale.
« Vieni fuori. » Pronunciò solamente, secco e perentorio, spalancando di slancio la porta e uscendo fuori, inoltrandosi nella zona periferica del villaggio, incurante se lei lo seguisse o meno… ma stando al suono dei suoi passi dietro di lui, aveva optato per il seguirlo…. E per un fugace attimo aveva sperato che non lo facesse. Meglio che lo credesse un inetto incapace, che un mostro… Certo, poteva sempre scegliere di mostrarle solo una piccola parte dell’orrore che viveva nel suo animo, anche perché, francamente parlando, nemmeno lui era ancora in grado di sopportarlo nella sua interezza.
« Tu cosa vedi? » Le domandò, indicando con un cenno del capo i resti abbandonati del luogo.
« Un villaggio abbandonato. » Le rispose Masaru, dandogli la risposta più ovvia in un contesto del genere.
« Sai cosa ho visto io, quando sono arrivato? » Le si avvicinò, poggiandole una mano sulla spalla mentre, con l’altra, indicava un pontile più avanti. Si concentrò, impartendo al suo corpo l’ordine di iniziare a produrre chiralina, quel giusto da permettergli di dare un minimo di consistenza alle anime arenate in quel luogo, così come le vedeva lui, perennemente. Percepì sotto la mano la spalla di Masaru contrarsi, segno inequivocabile di come il corpo della donna sentisse la vicinanza di Kacchan come una minaccia.
« Lì c'era un vecchio pescatore, intento a rammendare le sue reti. E più avanti? Più avanti alcuni manovali che spostavano delle casse appena scaricate da una piccola imbarcazione… » Ad ogni descrizione, il ragazzo spostò il dito, indicando punti diversi dello scenario. Ad un primo acchito non appariva nulla di diverso, ma aguzzando la vista Masaru avrebbe potuto iniziare a vedere delle ombre scure, dalle sembianze umane, proprio nei punti indicati dal giovane… E la sensazione di malessere generale farsi intensa, così come più intensa è la produzione di chiralina, per permettere a tante anime di materializzarsi in quella maniera, seppur in maniera tanto nebulosa.
Senza staccare la mano dalla sua spalla, il giovane si spostò dietro di lei, chinandosi in avanti, poggiando il volto nell’incavo della sua spalla, le labbra vicinissime al suo orecchio. La donna poteva sentire il peso del suo petto contro la schiena, in un contatto appena sfiorato, eppure accentuato dalla sensazione di malessere che la sua vicinanza generava.
« Ora li vedi? Per voi 'normali' sarebbe impossibile, ma vedi… Te l'avevo detto, no? Che potevo vedere i ‘fantasmi’, le anime rimaste arenate in questo mondo… E beh, ho scoperto che non mi limito solo a quello… » La sua voce arrivava bassa e roca, con una certa nota maligna, tanto da costringerla a voltarsi, notare nuovamente i suoi occhi tingersi di nero e lacrimare catrame. E quegli occhi neri come la pece, illuminati solo dalle iridi blu cobalto che sembrano risplendere come zaffiri, si perdono in quelli grigio acciaio della donna, cercando di carpirne lo stato d’animo, di vederci disgusto, esasperazione, qualsiasi cosa che possa indurre una qualche forma di repulsione nei suoi confronti… ma quello che vi legge gli fa ancora più male.
Si schiarì la gola, cercando di ricomporsi, di mantenere la lucidità mentale utile per impedirgli di perdere il controllo della situazione.
« Posso materializzarli nel nostro mondo, e questo perché il mio organismo produce un particolare enzima. Sfortunatamente questo posto è saturo di quella sostanza, così quando sono arrivato ho trovato il villaggio nell'esatto modo in cui era prima che i suoi abitanti morissero… Quando me ne sono reso conto, è stato perché gli abitanti sono venuti in mio soccorso, quando Makoto mi ha attaccato. Ora ti chiederai, e a ben donde, 'cazzo c'entra tutto questo?' beh… » Chiuse gli occhi, spegnendo così il suo interruttore interno: la situazione intorno a loro tornò ad essere normale così come i suoi occhi, quando si riapirono, tornarono ad essere del loro colore originario.
« C'è qualcosa che accomuna Kuroichi e Makoto a me… Non ne ho conferma, ma credo che discendiamo da un ramo comune… Come spiegartelo… È come se appartenessimo allo stesso clan, ma ognuno di noi ha realizzato una sua disciplina diversa. Io genero e manipolo chiralina organica. Makoto genera e manipola chiralina di origine demoniaca, mi è parso di capire, mentre Kuroichi… Lui ancora non saprei, ma ho il sospetto che possa assorbire chiralina e convertirla in qualcos'altro… » Le spiegò, indietreggiando di un passo e tirando fuori una delle sue amate sigarette. Ne accese subito una e il bruciore che gli procurò la prima inspirazione lo aiutò a calmarsi, mentre intorno a loro si diffondeva il tipico aroma del suo fumo, un mix che ricordava il cioccolato e il caffè tostato.
E il suo sguardo non si discosta un attimo dalla donna, cercando di anticipare qualsiasi sua reazione, riuscire a capire, tramite il linguaggio del suo corpo, cosa le passasse per la mente… Ah, quanto rimpiangeva di non poterne leggere i pensieri, riuscire ad oltrepassare quel suo muro e leggerla dentro, capire davvero cosa le passava per la testa, ma forse era un bene, in quel momento, forse non avrebbe sopportato quello che Masaru poteva pensare di lui, in quel momento.
« E poi siamo entrambi due scienziati, due medici che hanno deciso di dedicare la propria vita alla ricerca. La mia è una ricerca personale, che di certo non mi spingerebbe mai a fare del male ad altri, ma nel suo caso, se vuole davvero farlo per salvare sua sorella, beh… Penso farei lo stesso anche io se… » volessi impedire ad anima di rimanere imprigionata per sempre da un’altra più forte. Era così che avrebbe concluso la frase, se non fosse per la consapevolezza che quella stessa frase gli suggeriva. Un’anima umana, per quanto forte fosse, non avrebbe mai potuto sopraffare una demoniaca, quindi, anche salvando Makoto, Kuroichi sarebbe stato comunque condannato ad una esistenza da prigioniero, impossibilitato ad avere il controllo della sua vita… A meno che lui non avesse già più il controllo della sua esistenza, e questo voleva dire solo una cosa… E Masaru, tutto sommato, non aveva poi tanto torto, su Shiroko.
« Quel figlio di puttana… Ci ha preso in giro per bene, dal primo all’ultimo. Presto, vieni! Dobbiamo raggiungere il tempio! » E, così dicendo, fece strada, scattando di corsa per le strade di quel piccolo villaggio, superando ponti, attraversando rampe, per poter salire fin sulla cima di quella dannata collina. E più correvano, più si avvicinavano alla meta, maggiore era il cattivo presagio che percepiva il konohaniano.
« Se è vero quel che Shiroko ha detto, che ci tiene tanto a Makoto, non fermerà mai Kuroichi prima che si impossessi del demone, quanto piuttosto dopo, quando il demone avrà cambiato ospite e non sarà più una minaccia per Makoto… E quel pezzo di merda di Kuroichi lo sa! Sa bene che Shiroko cercherà di ucciderlo solamente quando la sorella sarà salva, perché è esattamente questo quello che vuole! Porco Jashin che casino! » E quell’essere riuscito a fare due più due lo bloccò sul posto, a pochi passi dal tempio. Una consapevolezza tale da renderlo cianotico per la situazione complicata in cui si trovavano…. Perché nel piano di Kuroichi c’era un piccolo, insignificante dettaglio che quel fine stratega non aveva minimamente considerato: Kacchan stesso. Se la sua presenza aveva permesso alle anime degli abitanti del villaggio di materializzarsi, per via dell’alta concentrazione di chiralina, figuriamoci cosa sarebbe successo se avessero liberato il demone nel Tempio, dove la concentrazione era massima, dopo aver abbandonato le spoglie mortali di Kuroichi…. Lui voleva annientare l’anima del demone con la sua stessa morte, ma con Kacchan presente, rischiavano solo di materializzare il demone in tutta la sua potenza, così come aveva rischiato di fare con Chishiki, il demone con cui lui stesso aveva avuto a che fare tempo addietro.
« Oh cazzo. Oh merda. Quel posto è PIENO di chiralina… Se uccide Kuroichi, il demone…. Il demone potrebbe prendere direttamente forma nel nostro mondo.» Si voltò, sconvolto, verso Masaru, ma una vibrazione, dentro di sé, lo costrinse a stringersi il petto in una morsa dolorosa mentre, in contemporanea, una forte deflagrazione scosse il terreno, una nube di fumo denso ed acre ad oscurare buona parte del tempio, mentre la pioggia iniziò a cadere più fitta su di loro, nera e densa come pece, tanto era carica di chiralina. Peccato non fu quello appena successo a far destar maggior preoccupazione, quanto quello che ne seguì: dalle case poste sul limitare del tempio, sciami di creature immonde, completamente deformi, si riversarono in strada, urlando al cielo la loro furia cieca, fameliche. [
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« Ci serve un punto debole! Se davvero è la chiralina al centro di tutto questo, esisterà un modo per annientarla giusto? » Cercò di far mente locale Masaru, imponendo così a Kacchan di riprendersi dallo shock iniziale. Ed è ironico, quasi, quanto sta per dire…
”Mi dispiace pà, dovrò fare quello per cui tu ti sei tanto opposto di mandare avanti...” « Il rituale… Dobbiamo assolutamente portare a termine il rituale, sperando Aki sia ancora viva… Andiamo! »Non c’è un minuto da perdere, ogni secondo troppo prezioso. Devono raggiungere il tempio quanto prima, per evitare che Shiroko possa uccidere Kuroichi prima che il rituale venga compiuto… Peccato che quelle bestie immonde si misero di mezzo, ostacolando il loro cammino. Kacchan, di conto suo, cercò di schivarne il più possibile, spintonandole in modo tale che andassero a colpirsi l’una con l’altra, innescando così in loro un’aggressione selvaggia, spinte com’erano dalla sete di sangue, prive di qualsiasi forma di raziocino o mentalità di branco. Per quelli più ostici, invece, si trovò costretto ad attingere alle sue nuove abilità, materializzando su di loro le anime arenate alle loro stesse figure mostruose che, quasi a cercar vendetta per ciò che era stato loro sottratto e ridotto a quella maniera, le bloccarono, avvinghiandole in una spira letale, quasi a volersi ricongiungere forzatamente con i loro corpi perduti.
Continuò a correre senza sosta, incurante dei polmoni che gli bruciavano, della pelle che formicolava, degli occhi secchi e terribilmente irritati, diventati neri come la notte, tutte reazioni “allergiche” a quel vistoso aumento di chiralina in zona. E cercò con tutto se stesso di ridurne i quantitativi in vicinanza di Masaru, in modo tale che, per lei, fosse quanto meno nocivo possibile, in modo tale da permetterle di combattere al meglio. Era uno sforzo immane, il suo, specie considerando che non aveva mai sperimentato i suoi nuovi poteri in un contesto tanto catastrofico.
Giunti davanti al tempio, Kacchan si fermò davanti al porticato d’ingresso, quasi completamente distrutto, notando l’intera struttura dell’edificio mezza distrutta, come se una creatura gigante avesse staccato un intero morso, sventrando l’edificio. E più avanti, tra le macerie nella zona più interna, intravide una figura minuta, ranicciata, mentre cercava di rialzarsi, barcollare mentre si inoltrava più dentro.
« No, ti prego… Non fargli del male! » Implorò Makoto, e fu difficile, per Kacchan, capire a chi si stesse riferendo… Perché lo scontro che si stava svolgendo più avanti era qualcosa che dire agghiacciante era dir poco.
La pallida Shiroko, coperta di sangue, sembrava non curarsi affatto del tremendo squarcio che aveva su una gamba, una ferita identica al tipo che aveva ricevuto Kacchan da Makoto, seppur differenziava dalla presenza di…. Sangue cristallizato a bloccare l’emoraggia? Impugnava una lunga falce a tre lame, dalla composizione simile a quella del cristallo che aveva bloccato quella sua grossa ferita, e si era ora lanciata contro un Kuroichi reso completamente irriconoscibile: come lo fu per la sorella, le braccia si erano trasmutate, la chiralina solidificatasi a dar forma ad artigli imponenti, scuri e affilati come ossidiana. Anche il viso aveva subito un trattamento simile, in parte deformato da concrezioni di chiralina che gli davano sembianze rettili, mentre gli occhi, la cui sclera era diventata completamente nera, era rossi come tizzoni ardenti. [
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Oltre i resti del porticato, nascosto da alcune mura, le poche interne che sono riuscite a salvarsi miracolosamente dal crollo, si intravede il famigerato cristallo descritto dagli appunti di suo padre. Nulla avrebbe preparato alla vista di un oggetto tanto imponente e tanto
carico, a livello energetico: nonostante la stazza enorme del cristallo, appariva ancora più grosso ed imponente a causa delle concrezioni di chiralina più scura che ne ricoprivano la superficie, creando così una struttura molto più simile ad un geoide, con quel nucleo interno cristallino, da cui risplendeva una luce azzurrina, e l’esterno più pietroso e scuro, opaco, da cui si intravedevano, pulsanti, venature di colore blu e violaceo. Dunque era quello il fulcro su cui ruotava tutto l’antico credo di quella gente, di come fosse quello stesso cristallo, lascito degli antenati, ad indicar loro i prescelti per compiere il pellegrinaggio che li avrebbe portati, poi, ad immolarsi al cristallo stesso.
In altre circostanze, avrebbe seguito volentieri le volontà di suo padre, di distruggere quell’antica reliquia, di impedire che, nuovamente, si potessero ripetere riti tanto barbari, e invece, adesso, si sarebbe ritrovato a fare l’esatto opposto. Senza pensarci due volte, ignorando completamente lo scontro serragliato poco più in là, lo Yamanaka si diresse verso il cristallo, voltandosi giusto per poter dire a Masaru.
« Cerca di guadagnare tempo! Bisogna ucciderlo nel momento giusto! »Non fu facile arrivare al cristallo: quelle bestie del cazzo erano arrivate fino a lì, cercando in tutti i modi di impedirgli di avvicinarlo, ma usando lo stesso stratagemma usato fuori, riuscì a passar oltre, arrivando finalmente davanti a quell’immensa roccia, che solo grazie all’ausilio di alcune catene permetteva di rimanere in un stabile equilibrio.
« Bene, e adesso che cazzo mi invento?! » Commentò il ragazzo, agitato, muovendosi frenetico e irrequieto intorno alla roccia, non sapendo bene come fare… Doveva toccarla? Entrare in comunione con essa? Forse avrebbe fatto prima a cercare Aki, magari era lì da qualche parte e….
Un sussurro flebile, lontanissimo, colse la sua attenzione, costringendolo a fermarsi, nonostante il suo respiro affannato coprisse ogni suono intorno a sé. Si concentrò, cercando di capire da dove provenisse e, quando si allontanò di qualche passo dal cristallo, per controllare in un androne poco lontano, lo percepì di nuovo, più distinto… Una voce che lo chiamava per nome, che lo invitava ad avvicinarsi a lei…
« A-aki? Sei tu? D-dove sei? » E, in risposta, il cristallo pulsò leggermente di una tenue luce rossastra, quasi ad indicargli dove cercare. Non del tutto certo di quel che stava facendo, Kacchan posò le mani sulla parte chiralinosa del cristallo, scrutando l’interno più limpido e...
« Cazzo, si è fusa col cristallo… » Imprecò, guardandosi poi intorno, cercando di capire se avesse avuto abbastanza tempo per poter fare quello che aveva in mente.
« Ok… Ora o mai più. »Con le mani ancora posate sulla roccia, il giovane chiuse gli occhi e si concentrò, cercando di raggiungere quello stadio mentale che gli consentiva di andare in quel suo luogo particolare, che gli permetteva una comunicazione onirica con le anime con cui entrava in contatto…. Solo che rimase sorpreso nel vedere come questa spiaggia fosse diversa dalla sua: seppur in bianco e nero, risultava essere più calorosa, l’aqua più limpida e cristallina, la sabbia più chiara e fine…
« È merito dell’addestramento. Più riesci ad affinare le tue abilità nel controllare la chiralina, migliore è la qualità della tua spiaggia… Eppure, per quanto tu possa avere un controllo perfetto, rimarrà sempre in scala di grigio. Un peccato, non trovi? » A parlare fu una giovane donna alle sue spalle [
X], occhi da cerbiatta e caldo sorriso, mentre si sistemava una ciocca scarlatta sfuggita dalla chioma vaporosa.
« Aki, giusto? » Lei, di rimando, fece un lieve cenno del capo, un piccolo inchino lievemente accennato.
« E tu devi essere Kacchan, non è vero? Immagino perfettamente perché tu sei qui... » Ora che si trovava con lei, faccia a faccia, lo Yamanaka non sapeva bene come comportarsi, cosa fare… Trovava così ingiusto quello che stava per fare, almeno nei suoi riguardi…
« Non fartene un cruccio. Da tempo, ormai, ho accettato il mio destino. Sapevo da sempre come sarebbe andata a finire, solo… Non mi aspettavo in questo modo. » Ammise candidamente, afferrando una mano del ragazzo, che sembrava non riuscire a guardarla in viso.
« Non l’hai detto tu stesso? Per salvare le persone che si amano, si è disposti a fare anche la più esecrabile delle azioni, anche sacrificare completamente se stessi, annientarsi del tutto per amore degli altri. Kuroichi ha deciso questo destino nell’esatto momento in cui ha visto sua sorella nascere sotto una cattiva stella. Io ho deciso questo destino nell’esatto momento in cui ho compreso quanto questo malsano mondo necesitasse ancora di amore, perché nonostante tutto, merita di esser salvato... » « Ma non è giusto. Perché deve sempre rimetterci qualcuno? » Una risata cristallina, fresca come rugiada del mattino, proruppe dalle labbra rosse della fanciulla che, amorevole, prese tra le mani il volto del ragazzo, in modo tale che i suoi occhi castani potessero vedere le profondità tormentate di quelli blu.
« Non fingere di essere così ingenuo… Lo sai bene quanto me che, per certe cose, la cosa più giusta da fare è scegliere il male minore, oltre che credere, credere in qualcosa tanto fortemente da renderla possibile. Tuo padre non credeva nelle nostre usanze, perché convinto che si potesse cambiare il mondo secondo altre vie… E non dubito del fatto che ciò sia possibile, ma credo anche che questo, che quello che abbiamo fatto e stiamo facendo, abbia uno scopo, serva a qualcosa di più grande... E tu? Tu in cosa credi? » « Credo nella ragione, nella logica dei fatti, nell’inoppugnabilità della scienza e dell’importanza della continua ricerca... » « E allora se credi in questo e hai visto, la fuori, cosa sta succedendo, sai bene che questa è l’unica soluzione possibile. Dovrai aiutarmi a completare il rituale, far sì che la mia essenza venga sacrificata per indicare la via verso la liberazione delle anime rimaste troppo a lungo arenate in questo mondo. Devi aiutarmi, Kacchan, perché da sola non posso riuscirci. Il cristallo non è più puro come un tempo, troppo contaminato dalla chiralina demoniaca, e il mio corpo è ormai dissolto nel cristallo, a causa del processo che ha permesso a Kuroichi di liberare sua sorella… Lo sai cosa devi fare... »Lo Yamanaka prese le mani della giovane tra le sue, allontanandosi di un passo, la gola secca, serrata in una morsa fatta d’ansia e paura… Perché sapeva benissimo cosa questo implicava.
« Devo prendere io il controllo, allora? Ma questo significa che, uccidendoti, anche io… » La ragazza scosse il capo, convinta, stringendo con più forza le ue mani, a volergli dare coraggio e fiducia.
« Non lo permetteremo. Ricordati che non sei mai solo, che ci siamo io, tuo padre, tua nonna, il piccolo Giman e tutti gli altri che hanno deciso di affidarsi a noi, per cercare la salvezza. Credici, amico mio, credici fortemente, e nulla ci sarà impossibile. »[...]
Lentamente, il giovane Yamanaka riaprì gli occhi, tremante, la fronte quasi poggiata contro la superficie gelida del cristallo. Dunque era questo quello che avrebbe dovuto fare? Immolarsi lui stesso? Era davvero disposto ad un sacrificio tanto elevato? Barcollante, si staccò, indietreggiando di qualche passo, guardandosi intorno spaurito: le anime che aveva evocato stavano ancora tenendo a bada le bestie mentre, più in là, sentiva l’avvicendarsi di colpi tra le ragazze e Kuroichi…
Kuroichi. Incredibile fin dove quell’uomo si fosse spinto, pur di salvare la sua adorata sorella. Era disposto a tutto, anche di diventare lui stesso un mostro, pur di salvarla. Ci voleva davvero un gran bel coraggio per prendere una decisione simile e, per la prima volta, si ritrovò ad invidiarlo… Invidiava come quell’uomo avesse anteposto sua sorella a sé, di come l’avesse resa il centro del suo universo, la forza motrice per permettergli di andare avanti… E ora che Makoto era salva, che il demone non le dava più il tormento, Kuroichi aveva smesso di esistere. La vedeva, la sua anima, arenata alla sua adorata sorella, cercare di darle conforto, di farle trovare la forza di reagire, di vedere oltre quel corpo fatto di carne e chiralina solida: non stavano più affrontando Kuroichi, ma…
« Gogmazios. È così che si fa chiamare quel demone. » Shiroko, alle sue spalle, barcollò leggermente, cercando di ristabilire un equilibrio precario, completamente devastata dallo scontro. D’istino, Kacchan cercò di sorreggerla, ma lei si tirò indietro, infilando una mano nella sua bisaccia ed estraendo una siringa ipodermica che, prontamente, si infilzò sulla spalla, iniettandosi il medicamento. Sotto gli occhi esterefatti di Kacchan, le ferite della donna iniziarono a rimarginarsi, dandole nuova energia.
« È un rimedio speciale che Kuroichi ha sintetizzato utilizzando il mio sangue… » « Quindi tu sapevi tutto fin dall’inizio, non è vero? Conoscevi perfettamente il suo piano... » La donna albina si limitò ad annuire, volgendo lo sguardo verso l’amica che, poco più in là, nascosta dietro una colonna, cercava di riprendere fiato, farfugliando qualcosa, come una cantilena, quasi a cercare di convincersi di qualcosa.
« Voleva a tutti i costi che fosse Makoto a dargli il colpo di grazia, ma come può farlo… È per questo che avevo deciso che sarei stata io ad annientarlo o, quanto meno, sfruttare qualcuno che provasse abbastanza odio nei suoi riguardi per poter togliere tale fardello dalle spalle di quella povera ragazzina, ma… » Sentenziò Shiroko, in un palese riferimento a Masaru.
« … ma non avevamo previsto la reale forza di Gogmazios… Ne dell’esistenza di persone con la tua capacità... » Kacchan abbassò lo sguardo, stringendo i pugni con forza. Merda, ora si sentiva dannatamente in colpa: se lui non fosse stato lì presente, probabilmente il loro piano sarebbe pure funzionato.
”A questo punto, è il minimo che tu possa fare...”Risoluto, agguantò per un braccio Shiroko, trascinandola di peso verso il nascondiglio di Makoto che, stravolta com’era, non sembrava minimamente fare caso alla loro vicinanza. Solo quando il giovane medico le posò le mani sulle spalle tremanti, la ragazzina sembrò fare caso alla sua presenza.
« Makoto… Makoto ascoltami bene. Quello non è più tuo fratello, è Gogmazios, ok? È quel demone che ti ha rovinato la vita... » « Come fai ad esserne così sicuro? Non può non essere lui… Deve essere lui… Altrimenti… Altrimenti come… dove... » Era visibilmente sotto shock e, Kacchan ne era fin troppo consapevole, mai avrebbe trovato la calma dalle parole di un estraneo. Cercò lo sguardo di Shiroko, ma anche la donna, come lui, era abbastanza sconsolata. Evidentemente, anche lei aveva cercato di far rinsavire l’amica, ma senza ottenere successo, quindi… Non restava altro da fare che farla parlare col diretto interessato.
Non aveva mai fatto una cosa del genere, ma sapeva che era fattibile, avendo letto sulle antiche incisioni ritrovate lì nel villaggio, di come altri, prima di lui, fossero riusciti in qualcosa di simile, così iniziò a concentrarsi, a condensare chiralina intorno a sé, cercando di materializzare l’anima arenata di Kuroichi, ma anche così facendo, sarebbe stato impossibile, per lui, comunicare con la sorella, perciò doveva usare il suo corpo come tramite per la comunicazione. Addensò l’enzima disperso nell’aria su di sé, quasi a voler creare una coperta su cui l’anima si sarebbe distesa e… Sotto gli occhi esterefatti delle due, la figura del giovane iniziò a mutare, assumendo i contorni sfumati di quelli di Kuroichi.
« Ehi, lucertolina, sono io! Ti prego, ascoltami! » Gli occhioni ametista della piccola, nel sentire la voce del fratello, si riempirono di lacrime amare.
« Mi dispiace. Mi dispiace di averti causato tutto questo male, ma… Dovevo farlo. Ho promesso a nostra madre che avrei fatto qualsiasi cosa per proteggerti, e mi sento un mostro nel farti soffrire così, ma se non l’avessi fatto, quello ti avrebbe devastato, ti avrebbe annientato lentamente, istante dopo istante. Non potevo lasciarglielo fare. Quindi adesso ascoltami, lucertolina. Quello non è più il mio corpo, ok? Gogmazios ne ha preso il controllo e non possiamo assolutamente lasciarlo libero, dargli la possibilità di fare altro male. Abbiamo sofferto troppo a causa sua e non possiamo permettere che ne faccia ad altri... » « Si, ma... » « Io sono qui, accanto a te, e lo sarò sempre. Non dubitarlo mai. »Con un profondo sospiro, Kacchan riemerse fuori, dissolvendo l’immagine di Kuroichi, stravolto per lo sforzo, tanto da accasiarsi su se stesso, trovando sostegno nella piccola Makoto che, col viso ancora rigato di lacrime, cercò di guardarlo con una nuova risolutezza, quasi cercasse aiuto anche da lui.
« Cosa… Cosa dobbiamo fare? » Gli domandò, mentre Shiroko si inginocchiava al suo fianco, aiutandolo a sorreggersi. Respirando a fondo, Kacchan guardò prima l’una poi l’altra, provando una strana stretta al cuore… Quei loro sguardi carichi di aspettative, speranza… Stavano riponendo la loro fiducia in lui,
LUI, quello di cui nessuno si era mai davvero fidato.
”Si, direi che per loro vale la pena farlo...”[...]
« Masaru, lascialo a Makoto e Shiroko, ho bisogno del tuo aiuto per completare il rituale che disperderà completamente la chiralina nella zona. » Comunicò Kacchan utilizzando la ricetrasmittente di Shiroko. Un gesto di intesa con le due ninja di Kumo e si divisero, Kacchan dirigendosi verso il cristallo, cercando di fare un giro un po’ più largo, per permettergli di arrivare alla meta in maniera più furtiva, mentre le due tirarono dritto verso il luogo dello scontro tra Masaru e Gogmazios, intenzionate a dare il cambio.
Stando alle urla ed ai rumori che ne seguirono, lo scambio d’avversari era andato a buon fine e, tenendosi in disparte, Kacchan osservò Masaru allontanarsi, per poi, dal suo nascondiglio, prenderla al volo per un braccio, tirandosela di peso verso la loro destinazione finale. Non era il caso di scendere nei particolari con lei, qualcosa, in cuor so, gli faceva temere che, se avesse saputo
tutto, probabilmente l’avrebbe fatto desistere… E poi non avevano abbastanza tempo. Tempo, già, quel maledetto tiranno.
« Ascolta, la tempistica è tutto. Adesso io aprirò il cristallo e tu dovrai colpire al cuore la creatura che ne uscirà.... Dobbiamo coordinarci con le ragazze, però. Non appena avranno inferto il colpo di grazia a Kuroichi, subito dopo dovrai colpire tu. Usa la ricetrasmittente per metterti d'accordo con le tempistiche con Shiroko. Ok? Tutto chiaro? » Le domandò, ancora molto pallido e provato per quello che aveva fatto fino ad ora… E per quello che si apprestava a fare. Era davvero pronto? Non ne era poi così sicuro, ma… Ehi, chi mai è stato pronto a morire?
Il cristallo è freddo, gelido, contro il palmo della sua mano e chissà quanto altro gelo scenderà nel suo cuore, adesso… Per un attimo, un fugace istante, il giovane si voltò verso Masaru, studiandone la figura, i lineamenti delicati, lo sguardo di ghiaccio… Anche lei si era costruita un muro freddo e gelido intorno a sé, per poter nascondere il calore che serbava nel suo cuore, per paura di rimaner ferita e ferire a sua volta… Eppure, in quel momento, consapevole di star per morire, desiderava tanto crogiolarsi di quel calore, anche solo per una volta…
Senza pensarci, si protese verso di lei, una mano a cingerle la vita, l’altra ad afferrarle il capo, e sfiorò le sue labbra con le sue, in un bacio che, dapprima appare delicato, ma poi famelico, bramoso di ricevere altro calore, altra dolcezza da lei, ma, appunto, il tempo è tiranno e non può permettersi quel lusso, al momento. Si scostò troppo in fretta da lei e, per la prima volta da quando l’aveva conosciuta, riuscì a vedere oltre la sua corazza, vedere lo scompiglio che le aveva causato… E sorrise sornione e malizioso alla donna, quasi a volersi far ricordare come il mentecatto che era.
« Volevo togliermi lo sfizio... » Le sue ultime parole, prima di effettuare il capovolgimento spirituale sul cristallo….
….E la sensazione che riceve è quella di essere intrappolato, avvolto in un bozzolo opprimente, soffocato da decine, centinaia di pesanti coperte roventi. Respirare è superfluo, ormai, perché sente di esser diventato parte integrante di quella sua stessa prigionia. Non può più uscire da li, il cristallo non potrà mai ridargli indietro il suo corpo, ma forse… Se provasse a muovere un braccio, magari la pressione potrebbe diminuire… No, quelle non diminuisce, lo sente che rimane la stessa, però sente che qualcosa cambia, si muove nel suo bozzolo… E si accorse solo in quel momento di non aver ancora aperto gli occhi… Che poi, in quella coltre opprimente che lo circondava, che lo cingeva saldamente, aveva ancora occhi in grado di guardare? Si, ed era strano come il mondo gli apparisse: intorno a lui, tutto si muoveva lento, fluttuante, come se fosse immerso in una bolla d’acqua… Ed era piacevole, tutto sommato, rinvigorente. Quasi quasi poteva lasciarsi andare, perdersi in quella pressione avvolgente…. Ma oltre i riflessi cangianti della superficie vi era un volto familiare… Masaru. Masaru! Si protese verso di lei, allungando quelle che pensava fossero braccia, pur di raggiungerla e la bolla si ruppe, l’aria gelida a fargli rimpiangere l’aver abbandonato quella protezione che aveva. Vorrebbe poter parlare, ma ha davvero una bocca da aprire, corde vocali da far vibrare?
« Fallo Masaru, colpisci! Non esitare, non possiamo fallire! » Il suono della sua voce è così… Strano. Riverbera di mille sfumature, mille sfaccettature diverse, cangiante come lo è un raggio di luce che si riflette sulla superficie iridescente di un prisma. Che poi, ha davvero parlato? Non ne era così tanto sicuro, ma… Masaru sembra aver compreso, forse ha parlato davvero! Ed eccola accingersi a sguainare la spada, lenta e letale… Che cosa strana, venir uccisi da lei, ricevere il gelido bacio della morte, quando sulle labbra ancora permane il calore del suo bacio… La lama penetra, si apre un varco nel suo petto, ma non sente nulla… La bolla che lo proteggeva era ormai scoppiata, e il flusso di calore si stava ormai disperdendo, lasciandogli nella pelle, nella carne, nelle ossa, solo gelo perenne.
[...]
La spiaggia è affollata, gremita di gente a lui sconosciuta. Si muovono tutti insieme, in blocco, lasciando la sabbia asciutta e dirigendosi verso l’acqua, ad immergersi, fino a scomparire sotto il pelo dell’acqua. In molti lo spintonano, costringendolo a seguire il flusso, ma Kacchan non ne vuole sapere, vorrebbe terribilmente venir via da lì, ma non ci riesce. Riconosce delle figure, in lontananza mentre, dall’altra parte, urla si susseguono, come se qualcuno non volesse venir trascinato via, proprio come lui, forzato a voler proseguire il cammino, andare oltre.
Non comprende il suo linguaggio, ma è palese la rabbia e l’odio che prova in quel momento, nei confronti delle anime che lo tengono fermo, che lo trascinano via, con sé. Sono gli abitanti del villaggio natale di suo padre, oltre che di tutti quegli altri piccoli borghi che erano stati malauguratamente invischiati nelle trame di Kuroichi. Stavano trascinando Gogmazios in un luogo da cui non avrebbe fatto mai più ritorno e che, molto probabilmente, gli avrebbe fatto rimpiangere il luogo da cui in precedenza proveniva.
Distratto da quella vista, Kacchan non si accorse di esser arrivato ormai al bagnasciuga, i piedi a sentire la carezza umida dell’acqua a lambirgli ora le caviglie. No, non poteva assolutamente proseguire, così si voltò, in cerca di aiuto, e trovò una mano tesa che prontamente afferrò: Kuroichi lo tirò via, aiutato da Aki, da sua nonna, da suo padre e dal piccolo Giman, quello che sembrava fare lo sforzo maggiore per tenerlo inchiodato lì. Con uno sforzo immane, riuscirono a strapparlo dalla corrente di anime e tutti, in un sospiro di sollievo, si buttarno sulla sabbia, in un piccolo cantuccio rimasto sgombro.
« Visto? Te l’avevo detto che non ti avremmo lasciato solo! » Lo ribeccò Aki, sorridendogli, per poi tirargli un buffetto affettuoso sulla spalla, alzandosi in piedi ed iniziando a correre verso la riva.
« Ora è meglio che vada! Devo indicare la via agli altri! » E così dicendo, svanì tra le onde.
« Beh, direi che è giunto anche per me il momento di andare... » Asserì sua nonna, abbracciando stretto il nipote appena ritrovato.
« Sono contenta di esser riuscita a conoscerti… Mi raccomando figliolo, comportati bene, mangia sano e per l’amor dei Kami, smetti di fumare, se non vuoi diventare una ciminiera! » Osservò sua nonna allontanarsi, dirigersi verso la riva anche lei, ma la mano salda di Kuroichi si posò sulla spalla, richiamando l’attenzione del giovane.
« Mi dispiace di avervi messo in mezzo a sto casino, ma mettiti nei miei panni... » Di risposta, Kacchan semplicemente posò una mano sulla sua, stringendo con vigore.
« Non serve aggiungere altro. » « Chiedi scusa a Masaru da parte mia, anche se… Dubito potrà perdonarmi per quel che le ho fatto… Comunque sia, Shiroko sa dove tengo nascosti i miei diari. Prendili, magari potrebbero tornare utili per le tue ricerche… Chissà, sono curioso di vedere cosa ne tirerai fuori! Vero anche che, forse, ci vorrà più di una vita intera per riuscire a scovare tutti i segreti che si nascondono dietro le nostre capacità, ma… Fossi in te chiederei consiglio a Shiroko anche su questo… » E, con una nuova pacca, fu il turno dell’imponente Yotsuki di scomparire nei flutti….
Ed ebbe paura, perché sapeva, in quel momento, chi sarebbe stato il prossimo a proseguire e, di fatto, suo padre lo affiancò, sedendosi al suo fianco.
« Chi l’avrebbe mai detto che saremmo arrivati a questo... » Calde lacrime iniziarono a rigare il viso del giovane, che immediatamente nascose tra le braccia, per evitare di esser visto.
« Su, non fare così… Ormai sei cresciuto, sei diventato un uomo, e hai ben chiaro cosa vuoi diventare e dove vuoi arrivare. Il mio aiuto, ormai, non ti serve più. » « Quindi hai deciso di volermi lasciare da solo? » « Non sarai mai solo, Hachiko. Ci sarò sempre, basterà cercare il mio ricordo nel tuo cuore, e ti starò vicino. Non temere... » E il padre abbracciò forte il figlio, cercando di rincuorarlo e anche il piccolo Giman, a sua volta, si strinse a lui, accarezzandogli il viso per rassicurarlo, confortarlo, quasi a volergli dire, nel suo mutismo, di non preoccuparsi, che lui sarebbe rimasto con lui e…
« No Giman, non è giusto che tu rimanga. Vai con papà, lì sarai finalmente al sicuro. Te l’avevo promesso, no? Che ti avrei portato in un posto che avresti potuto finalmente chiamare casa. »Gli occhi del piccolo si riempirono di lacrime e, nuovamente, si strinse al petto del giovane, quasi ad implorarlo di lasciarlo rimanere con lui, ma non poteva essere così egoista da trattenerlo a sé, doveva andare avanti. Tra le braccia di suo padre, Kacchan vide Giman dimenarsi per poi, rassegnato, salutarlo con la sua piccola manina.
« Addio fratellone. »[...]
Ritornare nel proprio corpo è quasi sempre traumatico, ma a questo giro lo è ancora di più. Si sente oppresso, schiacciato da un macigno inamovibile, eppure, per chissà quale miracolo, riuscì finalmente a riprendere fiato, annaspando come un annegato. La vista è leggermente offuscata, a stento il ragazzo riesce a mettere a fuoco, ma la persona che è china su di lui riesce a riconoscerla per il profumo e dal timbro di voce.
« Lo sapevo che eri troppo testardo per morire.» « Modestamente… Ai Kami sto troppo sul cazzo per farmi schiattare. » Riuscì a stento a dire Kacchan, la voce roca come se non parlasse da giorni, ma non ha nemmeno il tempo di finire di parlare che Masaru cattura le sue labbra con le sue, in un bacio lungo ed intenso, ambrosia per il suo corpo stremato.
« Questo è per prima… » Sussurra dolcemente la donna, per poi, con voce irritata, aggiungere un
« E questo è per prima!" E per lo spavento! » accompagnando le due frasi con due sonori ceffoni, tanto forti da fargli riprendere immediatamente lucidità.
« Cazzo, dovrei farlo più spesso... » Rispose, massaggiandosi il viso dolorante e arrossato, per poi cercare di mettersi dritto, guardandosi intorno. Shiroko lo aiutò a mettersi dritto e lo sguardo dei due non poté fare a meno che andare su Makoto che, poco più in là, piangeva disperata, stringendo tra le mani un brandello di stoffa scuro.
« È finita. Ora non ci resta altro da fare che rimettere insieme i pezzi... » Sentenziò l’albina, trovando sostegno nel konohaniano.
« Andiamo via da qui… Abbiamo bisogno tutti quanti di riposare. »E, così dicendo, si allontanarono dai resti distrutti del Tempio di Anima, mentre le ultime lucine solitarie fluttuano a mezz'aria, per poi spiccare il volo verso il cielo e il caldo abbraccio del sole.