陰 | 陽 - Yin | Yang - Qual è il lato oscuro della collina?, Hachi "Kacchan" Yamanaka - Autogestita #2 | Masaru Takeda - Autogestita #??

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 10/3/2021, 20:06     +1   -1
Avatar

A Man of No Consequence

Group:
Member
Posts:
2,041

Status:


~ Maggio 250 DN ~
~ 雨 Ame no Kuni ~

Seduto in quella vecchia locanda, Kacchan si grattò il mento ispido di barba, rileggendo pensieroso gli ultimi appunti che aveva scritto su quello che era il diario di suo padre. Dopo aver lasciato Konoha, aveva deciso di mettersi in viaggio, seguendo la flebile via lasciata dal quelle antiche tradizioni che il suo vecchio aveva cercato in tutti i modi di screditare.

Secondo le antiche leggende del suo villaggio di provenienza, il “Prescelto degli antichi”, per adempiere al suo incarico, avrebbe dovuto effettuare un lungo pellegrinaggio che l’avrebbe costretto a far meta in ciascuno dei cinque grandi paesi ninja. Stando ai dati riportati da suo padre, ciascuna regione aveva, nel suo territorio, un punto nevralgico, un fulcro energetico che permetteva, grazie all'ausilio di particolari cristalli, di immagazzinare grandi quantità di chakra naturale. Intorno a ciascun fulcro, le antiche tribù avevano costruito dei templi, luoghi di preghiera e di raccoglimento, dove si contemplava e venerava la volontà del cristallo: per il Paese del Fuoco, del Fulmine, dell’Acqua, della Terra e del Vento.

Da quel che aveva inteso, il Prescelto assimilava dentro di se parte del chakra presente nei vari cristalli per poi ritornare nel “punto zero”, il Templio di Anima, nel Paese della Pioggia. Una volta giunto lì, gli antichi avrebbero confidato al Prescelto in che modo ultimare la cerimonia e, secondo suo padre, prevedeva il sacrificio del Prescelto stesso.

Con un sospiro, Kacchan volse lo sguardo oltre la finestra, ticchettando sulle pagine con il bordo della penna: ai dati riportati da suo padre, lui ne aveva aggiunti di suoi, tutti riguardanti ciò che aveva scoperto, in primis quelli sulla sua particolare “patologia”. A quanto pareva, questo fantomatico Prescelto condivideva la particolare capacità che lo stesso Kacchan aveva scoperto di possedere: essere in grado di comunicare con i morti e di interagire con loro, nulla a che vedere con le facoltà psioniche tipiche del suo clan, tutt'altro.

Secondo gli studi riportati da suo padre, sembrerebbe che il responsabile di tale capacità sia riconducibile in un particolarissimo enzima, la chiralina, una sostanza dalla genesi ancora sconosciuta, ma che stranamente sembrerebbe venir prodotta in gran quantità da individui soggetti ad una mutazione all'interno del gene NPAS3, oltre che ad una specifica variazione del numero di copie per il gene NOTCH4 e loci delle proteine istoniche, o almeno questo era quello che Kacchan era riuscito a dedurre, studiando il suo stesso DNA, con non poche difficoltà. Impossibile da rintracciare nell'organismo, se non durante una delle sue solite “crisi”, ma quelli erano i momenti migliori in cui scoprire i segreti che si celavano dietro quella particolare sostanza.

In primis, aveva scoperto che la chiralina era “l’innesco” che permetteva di vedere ed interagire con i morti, o meglio, quantità sopra la media permettevano di interagirvi. Questo perché, sempre secondo gli studi incrociati tra quelli di suo padre ed i suoi, Kacchan aveva scoperto che la chiralina era la sostanza che componeva l’anima umana e che quindi era, per natura, presente nell'organismo. Alterazioni della sua quantità attiravano le anime dei defunti, fatte a loro volta di chiralina. Queste interazioni causano forti incrementi nella produzione dell’enzima, creando un ciclo produttivo dove il corpo utilizza ogni stilla del suo essere come combustibile per la produzione, causando, dopo lunghe esposizioni, seri danni all'organismo… Un po’ come quando ci si espone per lungo tempo ad un agente allergico: con piccole dosi, l’organismo ha reazioni lievi, per poi aggravarsi con l’aumentare del dosaggio.

Scoprire tutto questo non era stato affatto facile, anzi. Per farlo era stato necessario seguire le orme dei “prescelti”, andare tappa per tappa del loro pellegrinaggio. E così aveva conosciuto i famigerati antichi, che altro non erano che le anime dei defunti prescelti che, nelle generazioni precedenti, avevano effettuato lo stesso viaggio della speranza, condividendo con lui quello che avevano scoperto…. E non gli era piaciuto affatto.

Suo padre aveva ragione, riguardo alla barbara tradizione del suo villaggio. Secondo le antiche Anime Arenate – era così che si facevano poeticamente chiamare le anime dei morti che decidevano di rimanere ancorate al mondo terreno – il pellegrinaggio ed il successivo rituale di sacrificio del prescelto erano, a loro dire, necessari per ristabilire gli esili equilibri energetici dell’universo. Quando grandi eventi sconvolgono gli equilibri del mondo, un gran numero di anime rimane arenato e bisognoso di una guida per ritrovare la strada che li riporterà all'oltre, in modo tale da poter “riciclare” l’energia rilasciata dalla “morte”, per trasformarla in nuova “vita”. Ai prescelti viene quindi dato l’incarico di attrarre a se quante più anime possibili, in modo tale da indicar poi loro la via, in un rilascio di energia che li ricongiungerà al resto dell’universo.

Tutto molto bello e poetico, se non fosse che, per fare una cosa del genere, il prescelto incamera dentro di se talmente tanto chakra, e di conseguenza producendo talmente tanta chiralina, da causarne la sua letterale combustione e cristallizzazione… E considerando che Kacchan ci si era quasi avvicinato, a fare una fine del genere, la sola idea lo faceva rabbrividire d’orrore.

Richiuse il diario, stiracchiandosi sulla sedia, riflettendo sul da farsi: nel corso di quei mesi, aveva visitato i fulcri energetici di ciascuno dei cinque paesi o, quanto meno, quello che ne era rimasto: ormai erano ruderi, alcuni completamente spazzati via, privi di energia, e questo voleva significare solo qualcosa. ”C’è un altro come me. E a breve lo faranno bruciare come un tizzone ardente.” Pensò amareggiato, accendendosi una sigaretta e sbuffando una nuvola di fumo denso. Sarebbe un peccato sprecare un esemplare del genere: se l’avesse intercettato prima, avrebbe potuto studiarlo a fondo, per capire ancor di più i segreti dietro le loro capacità e… Un’idea gli balenò nella mente, conscio del fatto che, forse, era ancora in tempo per poter salvare da quel destino infausto quel suo “fratello”.

Non restava altro da fare, allora, che recarsi nel famigerato punto zero: Tamashī no Niwa, il villaggio di provenienza di suo padre.

~ 魂の庭 Tamashī no Niwa ~

Opere-d-arte-fantasy-art-villaggi-casa-cascata-del-fiume-4-Dimensioni-Home-Decoration-Tela-Stampa



Tamashī no Niwa, tutto sommato, non era un villaggio poi molto grande, anzi, era più appropriato definirlo un borgo dall'aspetto rurale, reso particolare dalla posizione in cui sorgeva. Situato in prossimità del confine con il vicino Kawa no Kuni , Paese del Fiume, era stato costruito sulla collina più alta della zona, circondata dai fiumi perennemente ingrossati dalle costanti piogge, le cui esondazioni avevano costretto a costruire il complesso urbano su più livelli d’altezza, collegati da scalinate e pontili realizzati, come il resto degli edifici, da legno e roccia. Un paesaggio estremamente piacevole alla vista, impreziosito dalla costruzione presente sulla vetta della collina, il Tempio di Anima, una imponente struttura dalla base circolare, la cui architettura, che riprendeva lo stile dell’intero borgo, era arricchito ed impreziosito da diverse vetrate, dalle quali filtrava una brillante luce azzurrina, elemento che rendeva quanto mai mistico quel luogo, soprattutto durante le notti di pioggia incessante.

E, come di consueto, la pioggia accolse copiosamente l’arrivo di Kacchan che, cappuccio calato sulla fronte, non sapeva bene come approcciarsi, con gli altri residenti. Sfortunatamente, il Paese della Pioggia non era famoso per la sua ospitalità con gli stranieri e, chissà, anche a Tamashi avrebbe potuto ricevere lo stesso trattamento poco cordiale. Aveva quindi tergiversato un po’, prendendosela comoda per analizzare la situazione da lontano, passando la notte in un vecchio capanno da pesca abbandonato.

Il borgo, data la sua posizione quasi del tutto circondata dall'acqua, aveva un unico accesso, quello del livello inferiore, costruito per lo più su grandi palafitte che poi conducevano ai piedi della collina, su cui si sviluppano gli altri livelli residenziali.

Bagnato fradicio, con un principio di influenza causato da quel clima infame, Kacchan aveva quindi iniziato ad andare in giro per quella che era la zona adibita alla pesca e al trasporto fluviale, facendo attenzione a non scivolare sulle assi di legno dei pontili o sul lastricato di pietra di qualche piattaforma. Provava una strana sensazione nell'essere lì, quasi si sentisse fuori posto, completamente alieno al luogo… E, di certo, gli abitanti non aiutavano a migliorare questa sensazione: grigie come il cielo che copriva le loro teste, le poche persone che Kacchan trovava per strada sembravano ignorarlo completamente o, alla peggio, scrutarlo con sospetto, indispettite dalla sua presenza.

”Non oso immaginare i salti di gioia che farebbero, se sapessero che sono il figlio di un loro concittadino disertore...” Si ritrovò a pensare, dopo aver a lungo passeggiato nel livello inferiore, senza esser riuscito a trovare qualcuno di vagamente cordiale e disponibile a dargli anche solo uno sguardo d’attenzione. Magari poteva procedere verso il prossimo livello residenziale, nella speranza di avere maggior fortuna… Oppure poteva dirigersi direttamente verso la cima, ma qualcosa gli suggeriva che gli sarebbe stato precluso l’accesso alla vetta, se si fosse presentato così su due piedi. Per forza di cose serviva l’intercessione di un abitante del posto e, se il tempo era stato clemente, forse avrebbe trovato qualcuno disposto ad aiutarlo… Nonostante suo padre si fosse espressamente dichiarato contrario nel metterla in mezzo, ma ehi, se il sangue non è acqua, la famiglia viene in soccorso nei momenti di bisogno, no?

Nonostante non fosse mai stato lì, gli era facile riuscire ad orientarsi, basandosi sui racconti di suo padre e sugli appunti presenti nel suo diario. Se lo immaginava, in certi momenti, a camminare per quelle strade che in questo momento suo figlio stava battendo, salutare e intrattenersi con gente che, in quel momento, facevano finta di non notarlo nemmeno, conducendo una vita tranquilla. Asciugandosi il viso fradicio di pioggia, seguì i passi del ricordo di suo padre, diretti verso uno dei livelli intermedi, sul lato nordest della collina su cui sorgeva il borgo, meta una casetta non dissimile dalle altre, se non dalla presenza di una piccola serra di ferro e vetro, a ridosso di una facciata. Un’anziana donna era alle prese con la cura di quel piccolo giardino coperto, canticchiando, oltre lo scrosciare della pioggia, una delicata melodia che il giovane Yamanaka riconobbe all'istante come uno dei motivetti che suo padre era solito fischiettare, nei momenti di pace quando era in giro per i boschi di Konoha.

Una morsa dolorosa gli strinse il petto, rendendolo insicuro sul da farsi: di per certo non poteva presentarsi così su due piedi da sua nonna… Per quel che ne sapeva, magari lei nemmeno sapeva della sua esistenza, quindi era forse meglio evitare di rivelarle la sua vera identità? Non fece in tempo ad inventare una scusa plausibile che la donna si voltò, notando la figura del ragazzo impalato a pochi metri di distanza. Era una donna di bassa statura, leggermente rotondetta, trasmetteva cordialità e calore materno da ogni fibra del suo essere. Nel vederlo si sporse leggermente, sistemandosi meglio una ciocca di capelli ingrigiti dal volto, col risultato, però, di sporcarsi una guancia di terriccio, a causa dei guanti sporchi che indossava. « Tutto bene giovanotto? Hai l’aria di uno che si è perso... » Anche la voce emanava calore e cordialità, tanto da renderlo nervoso, tanto era indeciso sul da farsi. « Su, non stare lì impalato, o ti prenderai un accidenti! Vieni, su! Non fare complimenti... »

Gli disse con una certa nota perentoria, una richiesta alla quale Kacchan non si sentiva affatto di poter dire di no. Imbarazzato, corse verso l’ingresso della serra, aspettando ad entrare solo dopo aver ottenuto un cenno d’assenso da parte della padrona di casa, che lo incoraggiò a farsi avanti, spostandosi di lato e lasciandogli spazio. « Guarda te come sei zuppo… Quel cappotto non copre nulla, ti ci vuole un ombrello temo, se vuoi continuare ad andare in giro con questo tempo… Non sei di queste parti, vero? » Gli domandò, togliendosi i guanti e lasciandoli cadere su di una bassa panca, su cui erano posati anche altri attrezzi da giardinaggio. « Ehm, no, per niente… Credevo che un impermeabile e degli stivali da pioggia sarebbero bastati, ma l’acqua arriva fin dentro le ossa...» « Ah, non ne parliamo… Più passa il tempo e peggio è! Dipendesse da me, mi trasferirei in un bel posticino soleggiato, ma so fin troppo bene che poi mi mancherebbe “l’aria di casa”… » Scherzò la padrona di casa, riuscendo a strappare una timida risata al giovane che, toltosi il cappuccio, si passò una mano tra i capelli bagnati, imbarazzato.

Gli occhi nocciola della donna si fecero attenti, guardinghi forse, intenta a studiare il viso pieno di piercing del giovane, quasi a voler capire se ci si potesse fidare di quel straniero. « Devo ammetterlo, inizialmente temevo di essere io invisibile al resto degli altri… Siete la prima persona che ho incontrato, nel vostro villaggio, disposta a concedermi parola... » « Oh, mi spiace… Solitamente siamo più calorosi con i visitatori… Beh, non che ne abbiamo molti… A dirla tutta non li abbiamo affatto, ma si, diciamo che gli stranieri non riusciamo più a vederli di buon occhio… Sai com’è, fidarsi è bene, non fidarsi è meglio e non si può mai sapere che intenzioni possano avere... » « Posso ben immaginare... » « Oh, ma dai, non fare il timido, non ti mangio mica, io! Ahahaha! » Rise, solare, dandogli delle pacche affettuose sulle braccia, gesto che mise ulteriormente in imbarazzo il ragazzo, che, rosso in viso, non sapeva più che pesci pigliare…. « Che sbadata, non mi sono nemmeno presentata… Mi chiamo Tsuri, e tu invece? Che ci fa un bel ragazzotto come te in questo posto dimenticato dai Kami? » Gli domandò, allungandogli una mano, per potergliela stringere.

Il suo cuore perse un battito mentre percepiva un vuoto d’aria nello stomaco, non sapendo come rispondere. Si schiarì la gola, allargandosi con un dito il colletto del giaccone, mentre con l’altra mano stringeva quella della donna. « Io… Piacere di conoscerla, signora. Io mi chiamo Kacchan... » Il sorriso della donna si congelò sul suo volto rubicondo, gli occhi spalancati dalla sorpresa, mentre si coprivano di un velo di lacrime. Il ragazzo si guardò intorno, confuso e in allerta, temendo di aver commesso un qualche grave errore, ma la presa sulla sua mano divenne ancora più salda e il sorriso della donna, se possibile, si fece ancora più largo e caloroso, dopo quel momento di esitazione. « K-kacchan, eh? P-perché non entri dentro a scaldarti un po’? Potrei darti qualche vestito asciutto, più adatto a questo tempo uggioso... » Gli propose, invitandolo a seguirla dentro casa. « Dovrei avere ancora qualche vestito appartenente a tuo padre, di quando era più giovane... » « M-mio padre? Aspetta, ma allora tu sai… » « Mi scriveva spesso di te. Eri la sua gioia più grande…. Ma che fai, vuoi restare lì impalato? Forza! E non piangere, sciocchino! Lascia fare a tua nonna, a rimetterti su! »

[...]

I giorni passarono senza sosta, il giovane di Konoha, ora riunito ad un parente che non pensava nemmeno di avere, si ritrovò così a scoprire aneddoti del tutto nuovi su suo padre, della sua infanzia, di come era cresciuto in quel piccolo villaggio… E di come, crescendo, aveva preso maggiore consapevolezza delle usanze del luogo, portate avanti in maniera tanto insistente da suo padre.

Non aveva idea che Josuke Hadaka, suo nonno, fosse l’Alto Guardiano, uno delle figure maggiormente di spicco lì in quel villaggio, Custode delle Antiche Usanze e Tradizioni, e che, di conseguenza, suo padre Kyosuke, come voleva la tradizione, avrebbe poi dovuto prendere il suo posto. Ed era stata proprio il comportamento tanto austero di suo nonno, la sua rigidità e fermezza nel voler così instancabilmente seguire gli antichi dogmi a loro tramandati a renderlo insopportabile a suo padre, tanto da spingerlo ad allontanarsi dal suo luogo natio, intollerante a tutto ciò.

Di ben altra pasta, invece, si dimostrò sua nonna: cordiale ed affabile, non aveva esitato un solo istante ad ospitare quel nipote mai davvero conosciuto, se non per mezzo delle lettere che si scambiava, di nascosto, con suo figlio. Era un vero e proprio raggio di sole, in quel posto perennemente uggioso, ed era quasi impensabile che lei avesse sposato e messo su famiglia con un uomo del genere… per poi scoprire, sempre per mezzo dei racconti della donna, che anche il loro legame matrimoniale si era incrinato, tanto che, alla fine, il vecchio Josuke aveva lasciato la casa in cui avevano vissuto insieme per tanti anni, preferendo vivere nel Tempio, dedicandosi completamente alla sua mansione, alla stregua di un folle fanatico.

« Dopo gli ultimi avvenimenti disastrosi che si sono susseguiti, tuo nonno si è sempre più rifugiato nell'Antico Credo, quasi sperasse di trovare lì le soluzioni di tutti i mali… Sono riuscita a tollerare la cosa fino ad un certo punto, ma poi… Ha superato il limite e non potevo più tollerarlo… » « Parli di quel rituale, quello del pellegrinaggio con il Prescelto? » Gli spiegò la donna, per poi rimanere sorpresa nel sapere che il ragazzo, tutto sommato, era abbastanza sveglio da capire cosa avesse causato la rottura del loro matrimonio.

Kacchan le raccontò quello che gli era successo, confidandosi con lei come se si stesse confidando con sua madre, raccontandole tutto: dal primo episodio in cui aveva interagito con una di quelle strane ombre, che aveva poi scoperto essere l’anima del piccolo Giman, fino alla sua ultima crisi, passando poi per il diario di suo padre e del viaggio che lui aveva intrapreso, che l’aveva portato a cercare le medesime tappe di quel pellegrinaggio che suo nonno aveva intrapreso col Prescelto, scoprendo come questo si fosse concluso…[X]

« Ne sei proprio sicuro? Deve esserci un errore allora, perché Aki, la giovane donna che ha intrapreso il pellegrinaggio con tuo nonno, ci ha comunicato il loro imminente rientro… » Notando la crescente perplessità nel giovane, la donna gli aveva proposto di incontrare direttamente la giovane Prescelta, Aki, non appena fossero rientrati. Lei stessa si sarebbe presa la briga di organizzare un incontro, ovviamente all'insaputa del marito, prima che iniziasse la fase finale del rituale di purificazione, che si sarebbe tenuto nel Tempio di Anima.

E fu così che Kacchan, per passare il tempo in attesa dell’arrivo dei due raminghi, si dedicò all'esplorazione del piccolo borgo, seguendo i suggerimenti della vecchia Tsuri che, per colmare la curiosità del nipote, gli aveva proposto di cercare alcuni vecchi simulacri dell’Antico Culto, dove avrebbe potuto trovare delle iscrizioni riguardanti la storia del culto stesso e, chissà, magari anche qualche informazione che gli poteva tornare utile… E, di fatti, così fece, mettendosi alla ricerca di quelli che scoprì essere, alla fin fine, piccoli simulacri sparsi un po’ in giro, contenenti delle lapidi su cui erano incise scene riguardanti il culto. In alcuni, addirittura, vi erano custodite pergamene, riproduzioni di antichi testi lasciati dagli antichi, le cui copie originali erano andate perse o distrutte, ma nulla cambiava il nocciolo della questione che, alla fin fine, era il medesimo che suo padre gli aveva tramandato attraverso il suo diario.

I racconti facevano riferimento alla creazione del mondo, all'equilibrio tra vita e morte che andava rispettato, mantenuto per fare in modo che il mondo non cada nell'oblio. Un equilibrio apparentemente instabile, che necessitava periodicamente di essere ristabilito. Per farlo, alcuni individui venivano prescelti a compiere un pellegrinaggio tale da richiamare le anime disperse per poi, al termine di un rituale, ricondurle verso la giusta via…. Era evidente, ormai, che questi Prescelti erano individui affetti dalla sua stessa patologia, in grado, come lui, di comunicare con i morti e manipolare le loro anime, per merito della chiralina. Chiralina che, secondo i racconti, poteva addirittura cristallizzare, formare concrezioni tale da immagazzinare energia e concentrare al suo interno ingenti quantità di quelle anime disperse, arenate al mondo terreno.

C’erano, però, alcune iscrizioni che diedero da pensare allo Yamanaka, raffiguranti entità che forse poteva ricondurre agli Antichi? Non ne aveva idea… Probabilmente avrebbe trovato maggiori risposte visitando il Tempio di Anima, ma sua nonna era stata categorica: non doveva assolutamente avvicinarsi, poiché l’accesso, al momento, era precluso a tutti, per via dei preparativi per il rituale che avrebbe visto Aki, la prescelta, sacrificarsi per permettere di ristabilire l’equilibrio.

Con sguardo torvo, gli occhi color cobalto puntarono l’edificio in lontananza… Da quando aveva iniziato a girovagare per il paesello, qualcosa si era mosso sottopelle, una strana sensazione di disagio. Sentiva che qualcosa non quadrava, lì: gli abitanti, dapprima indifferenti alla sua presenza, avevano iniziato ad esser diffidenti, a scansarlo, addirittura nascondersi al suo passaggio. Per non parlare di sua nonna: nonostante tutta la sua gentilezza e cordialità, ogni qual volta Kacchan accennava a volersi avvicinare al Tempio, lei si agitava, lo invitava categoricamente a non avvicinarsi, a lasciar perdere quel posto… E si sa come va a finire, in certe circostanze.

[…]

352451-admin


Il Tempio di Anima, nonostante tutti gli avvertimenti di sua nonna riguardo ai preparativi in corso, sembrava completamente deserto, nonostante, dal suo interno, le luci azzurrognole continuavano a pulsare incessanti. Sotto la pioggia scrosciante, nascosto tra la vegetazione che circondava l’imponente struttura, Kacchan cercò di focalizzarsi sul circondario, cercare di percepire la presenza di qualcuno nelle vicinanze… Ma c’era qualcosa che gli impediva di utilizzare a dovere le sue abilità sensitive.

Aveva ormai notato, a malincuore, di come non riuscisse più a percepire le presenze degli altri da dopo l’incidente con Chishiki: nonostante ce la mettesse tutta per captare i pensieri delle persone a lui intorno, un costante brusio di sottofondo gli impediva di concentrarsi, di capire e direzionare la sua attenzione in un punto voluto. Colpa delle anime disperse, evidentemente…. Ma lì, in quel frangente, quel brusio era quasi un vociare continuo, quasi assordante in alcuni momenti.

Non gli restava altro da fare, allora, che affidarsi ai normali cinque sensi, rimanere nascosto, muoversi nell'ombra come fanno i normali ninja, e… « Ne sei proprio sicuro, fratello? Io…. Io non credo di esser pronta per affrontare una cosa del genere... » La voce di una ragazzina gli giunse dal piccolo portico verso cui si stava avvicinando, costringendo così Kacchan a trattenere il fiato, rimanendo inginocchiato e schiacciato contro un basso muretto, per evitare di farsi vedere….

Da quella posizione non riusciva a vedere a chi appartenesse quella voce, ma l’intonazione e la cadenza non gli erano affatto nuovi, ma dovette faticare qualche secondo in più per ricordare che, quel particolare accento, era lo stesso che aveva sentito dai ninja con cui aveva affrontato il torneo Chunin, ninja di Kumo…. E che diavolo ci faceva un ninja di Kumo, un estraneo a quel paese, in un luogo che doveva essere off-limits non solo ai suoi abitanti, ma anche e soprattutto agli estranei?

Nonostante la pioggia continuasse a cadere incessante, lo Yamanaka riuscì a sentire rumore di passi in avvicinamento, qualcuno che si spostava nel portico… E doveva essere bello imponente, se riusciva a sentire i suoi passi in maniera tanto limpida. Un profondo sospiro e fu il turno di una voce maschile, roca e profonda, con una cadenza simile a quella della ragazzina, ma dall'accento molto meno marcato a risuonare… E quella voce, nonostante per il giovane fosse completamente estranea, provocò un lungo brivido lungo la schiena e un formicolio sottopelle tale da mettere immediatamente in allerta il ragazzo, che istintivamente si guardò le braccia, dove vide chiaramente i segni delle impronte lasciate dalle anime con cui aveva avuto a che fare spiccare in fiamme sulla sua pelle pallida. Se stava per avere una crisi, come quella avuta a Sakanoshita, quello era decisamente il momento meno adatto…

« Non temere, lucertolina. Fidati di me, so quel che faccio… E poi, anche volendo, lo sai, non si può più tornare indietro. Quel che è fatto è fatto, e non puoi farti venire scrupoli di coscienza adesso, non dopo quello che hai fatto per arrivare qui. »

Un lungo attimo di silenzio, i nervi tesi all'inverosimile mentre il giovane cercava di capire che diavolo stava succedendo al suo corpo: sentiva chiaramente che si stava attivando, che stava iniziando a produrre chiralina dentro di se, ma… Perché non vedeva le solite ombre nelle vicinanze? Un attimo di distrazione, in cui si era preso la briga di concentrarsi su di sé e non su chi gli stava attorno, e si sentì agguantare per il retro del giaccone, come si fa per agguantare un cucciolo per la collottola…

« Porco cazzo! » Esclamò, completamente colto di sorpresa il giovane, vedendo l’uomo che lo aveva agguantato: dire che era un armadio a due ante era dir poco e la facilità con cui aveva sollevato da terra i suoi settanta chili la diceva lunga sulla sua forza fisica… ma a farlo sussultare a quel modo non fu la sua stazza, quanto il suo sguardo che, in quel momento, sapeva perfettamente essere come il suo: la sclera completamente nera, occhi ambrati a spiccare luminosi, mentre lacrime nere iniziavano a rigargli il viso. « Ma tu guarda… Non siamo poi così rari come pensavo... » E un ghigno malefico gli si dipinse sul volto.

Non ci pensò due volte il ragazzo: si sfilò di slancio il giubbotto, ricadendo al suolo e, senza nemmeno voltarsi, corse via, allontanandosi dal Tempio quanto più in fretta gli concedessero le gambe e la pioggia che rendeva scivoloso il terreno sotto le suole.

Con il giubbotto in mano, l’uomo sogghignò, lasciando cadere l’indumento, per poi voltarsi verso la sorella, uno scricciolo in confronto a lui. « Questo posto è più vivo di quanto pensassi… Ci pensi tu a farlo fuori? Lo sai, non possiamo permetterci scocciature... » « Lascia fare a me. » E un ghigno da cacciatore si dipinse sul suo volto, illuminando di una luce sinistra i suoi ferini occhi ametista.

[...]


Corse a perdifiato, i polmoni in fiamme, il corpo appesantito dagli abiti zuppi di pioggia, non sapendo nemmeno lui dove andare. Non aveva idea di chi fosse quel tizio, ma il suo corpo l’aveva riconosciuto come un suo simile, qualcuno in grado di manipolare, come lui, la chiralina, ma in una maniera del tutto differente dalla sua… E molto più pericolosa.

Sbagliò l’imbocco di un incrocio e, per poco, non superò la casa di sua nonna, ma non era saggio fermarsi da lei, correva il rischio di metterla in pericolo… Ma poi Giman lo strattonò per il braccio, facendogli perdere l’equilibrio, tirandolo via di lato, mentre un movimento d’aria vicinissimo al suo orecchio gli fece capire troppo tardi quello che stava succedendo. Qualcosa di estremamente rovente ed affilato gli passò sopra la spalla, tagliandogli e bruciandogli la carne in profondità, facendolo urlare di dolore.

A terra, tenendosi la spalla, Kacchan si girò sulla schiena, in modo tale da poter vedere il suo assalitore: era la ragazzina che aveva visto in compagnia del tizio di prima, un braccio completamente trasformato in un enorme artiglio dalle fattezze rettili, i cui artigli incandescenti facevano fumare l’acqua che li colpiva. Il viso della ragazzina dalla carnagione scura era completamente distorto in una maschera di sadismo, gli occhi diventati pozzi neri su cui spiccavano iridi rosse ed incandescenti come braci.

Sgomento, il ragazzo strisciò per qualche metro, cercando di allontanarsi da lei che, con deliberata lentezza, si avvicinava a lui assecondando la sua lentezza, quasi stesse pregustando il momento di infilzarlo nuovamente con quei suoi strani artigli. ”Ma che cazzo… Anche lei… Anche lei sta usando la chiralina, ma in maniera completamente differente!” Pensò sconvolto, completamente spiazzato, mentre la voce della ragazzina gli giunse completamente distorta, più simile al verso basso di una bestia nascosta in una grotta. « Guarda guarda… Un topolino è uscito fuori dal buco ed è venuto a curiosare… Ed io odio i ficcanaso. » Con un ringhio, si lanciò contro Kacchan che, agendo per istinto, si sostituì all'ultimo momento con un barile che si trovava sul bordo della strada, a pochi metri di distanza. Il legno si ruppe con uno scoppio di scintille e schegge, alzando piccoli sbuffi di fumo nero dove aveva iniziato a prender fuoco, mentre la risata della ragazzina, deforme e distorta, risuonò sinistra oltre il prepotente scrosciare della pioggia.

« Dipendesse da lei, ti lascerebbe in vita, libero di fuggire, magari addirittura avvertire qualcuno, cercare soccorsi… Quella lucertolina è solo una piccola ingenua e non permetterò a nessuno di rovinarmi i piani! » Con un urlo omicida, si avventò su Kacchan che, di riflesso, a questo giro sguainò la corta lama della sua wakizashi, intercettando così l’artigliata a pochi centimetri dal viso, cercando in tutti i modi di spingerla indietro, senza però riuscirci: per essere uno scricciolo di ragazzina, era dannatamente forte… E la cosa che più lo preoccupava, in quel momento, era vedere l’ombra della ragazzina mutare, delineare la forma di una bestia dalle fattezze rettiliane…

E tutto si ripeté, uguale ed identico, come quella volta sul carro, quando Chishiki, materializzatasi, aveva cercato di prendere il controllo su di lui, sopraffarlo con la sua mole. Sentì la testa martellargli, quasi scoppiare per il gran fracasso che sentiva, gli occhi che bruciavano, mentre lacrime nero pece sgorgavano senza sosta, la pelle un formicolio continuo, come se una colonia di formiche di fuoco gli stesse zampettando addosso, mordendolo in ogni punto. E qualcosa scaraventò via, di prepotenza, il peso della ragazzina di dosso, permettendogli così di rimettersi un minimo eretto, nonostante il dolore alla spalla fosse lancinante. La vista, in parte offuscata, fece difficoltà a mettere a fuoco la scena, ma quando riuscì a vedere, l’orrore si dipinse sul volto del giovane…

« Nonna! Che state facendo! Andate via! » Alcuni abitanti del villaggio avevano agguantato la ragazzina mentre sua nonna, armata di un manico di scopa, gli si era parata davanti, a voler far scudo al nipote. « Corri, mettiti in salvo! Non pensare a noi! » Ma il ragazzo, tirandosi su, fece qualche passo in avanti, intenzionato a scostare via la nonna, impedirle di fare sciocchezze. « Non ti lascio affrontarla… Quella ragazzina è troppo pericolosa, temo non sia nemmeno in lei! »

Intanto la ragazza cercava di scacciare via le persone che la tenevano ferma, ma questi sembravano essere incuranti delle sferzate che ricevevano, anzi: dopo pochi istanti che venivano buttati giù, questi si rialzavano, come se niente fosse… « Che razza di stregoneria è mai questa!? Come puoi essere in grado di fare una cosa del genere!? » Urlò rabbiosa, e fu a quel punto che Kacchan ebbe l’epifania, una folgorazione che lo svuotò di ogni energia mentre, lentamente, si voltava verso sua nonna. Vide la sua figura sfarfallare, come se non fosse davvero lì, in carne ed ossa, ma che si trattasse di una sua immagine residua. Con la voce rotta dall'emozione, il cuore stretto in una morsa di dolore che non aveva nulla a che fare con quello fisico dovuto alla ferita subita, il ragazzo allungò una mano verso la donna, per poi fermarla a mezz'aria, terrorizzato dal toccarla, per paura di vederla sparire. « Ma come… Com'è potuto succedere... »

La donna, di rimando, gli accarezzò amorevole una guancia, cercando di rassicurarlo con quel sorriso che, seppur aveva da poco iniziato a conoscere, sentiva già esser parte di lui. « Ti spiegherò tutto poi, ma adesso vai, la teniamo a bada noi, finché non riprenderà il controllo di sé… Va, forza! » E, con la morte nel cuore, il ragazzo corse via, lasciandosi dietro la ragazzina circondata da centinaia di ombre scure, figure catramose intente ad avvinghiarla ed immobilizzarla nelle loro spire venefiche….

[...]

Non riusciva ancora a credere a quanto era appena successo, ma davvero non riusciva a dare altra spiegazione a quanto era appena accaduto. Tutto ciò cambiava radicalmente le carte in tavola, mostrando uno scenario che ne lui, ne suo padre prima di lui, avevano mai potuto immaginare.

Evidentemente non si trattava di una semplice alterazione genetica, la loro, ma di qualcosa che andava ben oltre, tanto da delineare, all'interno della razza umana, una sorta di sottospecie con questo difetto genetico che permetteva loro di creare e manipolare la chiralina. Doveva trattarsi, inizialmente, di un’unica popolazione di individui, tutti accomunati da quel difetto genetico. Poi, però, qualcosa aveva diviso la popolazione, disperdendone gli individui… Dopotutto, il Paese della Pioggia era rinomato per esser stato, agli albori della sua nascita, uno dei più grandi centri multiculturali del continente, ricettacolo di ogni etnia possibile, proprio ad incentivo per abitare quelle terre… Quindi nulla avrebbe potuto impedire ad una parte di quella popolazione di aggregarsi lì, no?

« Tutto deve esser partito da una speciazione simpatrica: la mutazione genetica all’interno della popolazione primordiale ha formato la creazione di una piccola fazione di individui che, per via di tale mutazione, è stata lentamente isolata dalla popolazione primordiale, creando così a sua volta una popolazione genitrice. La popolazione deve essersi allargata, condividendo al suo interno la mutazione genetica, per poi subire una seconda speciazione… Peripatrica forse?O addirittura allopatrica magari… Entrambe le popolazioni figlie hanno la mutazione della popolazione genitrice, ma i diversi fattori ambientali e culturali in cui vivono le hanno spinte a modificare a loro volta la loro mutazione, ottenendone usi differenti…. Oh, se solo avessi a disposizione del materiale genetico di quei due… Potrei provare a confrontarlo col mio, per cercare di ricreare una mappatura evolutiva tale per capire la storia genetica della nostra mutazione... »

Chiuso nel piccolo capanno da pesca, Kacchan era completamente dimentico di quello che lo circondava, preso da una smaniosa euforia, entusiasta di come i suoi studi stavano progredendo. Aveva completamente messo da parte quello che era successo poco prima, del fatto che quel piccolo borgo, dapprima brulicante di vita, si era poi mostrato per ciò che era, una città fantasma sotto ogni punto di vista. La sua attenzione, ora, era interamente concentrata su quello che aveva appena visto fare alla ragazzina e quello che era in grado di fare il suo compare.

Cercò di fare mente locale, analizzare a freddo ciò a cui aveva assistito: l’arto trasmutato della ragazzina era fatto di chiralina, non aveva dubbi in proposito, ma sarebbe stato difficile, al momento, sapere se si trattava della stessa chiralina che lui era in grado di produrre… Sarebbero serviti dei campioni da analizzare magari…

Uno scappellotto dritto sul collo, proprio dietro la nuca, lo riportarono drasticamente alla realtà, facendolo sobbalzare. Sua nonna, o per meglio dire il suo fantasma, di fianco a lui, incrociò le braccia al petto, il viso corrucciato in una espressione imbronciata. « Certo che voi giovani ne avete di faccia tosta… Dopo quello che è appena successo, il tuo primo pensiero è quello di incontrare nuovamente quella ragazzina? Sul serio, Kacchan?» Paonazzo in viso, Kacchan abbassò lo sguardo, mortificato, non sapendo bene come giustificarsi. Era proprio meschino, da parte sua, interessarsi a quello che non al capire cosa era successo in quel villaggio…

« Sta tranquillo, alla fine è più che normale interessarsi dei segreti dei vivi, che di quelli dei morti…. » « Scusami, mi sento una merda adesso... » Un pizzicotto questa volta, tirato affettuoso sulla sua guancia ispida dalla leggera barba che la copriva. L’anziana donna, allora, gli si sedette accanto, posandogli una mano sul braccio. « Tutto è iniziato qualche mese fa, la gente ha iniziato ad ammalarsi, perire per uno strano malessere. Non riuscivamo a comprendere quale fosse la causa, inutili erano gli interventi dei nostri medici… Io stessa cercavo di fare del mio meglio, per alleviare le sofferenze dei malati, utilizzando alcuni rimedi di erbe e fiori… Avevamo ormai perso la speranza, ma poi arrivò Kuroichi. Ci disse di essere un medico proveniente da Kumo, che ci avrebbe aiutato a capire le cause del morbo che ci aveva colpiti ed, insieme, saremmo riusciti a trovare una cura. Eravamo pieni di fiducia… Dopotutto, alcuni dei nostri medici lo conoscevano: quando Watashi fece la sua comparsa su queste lande, quel giovane si distinse particolarmente nel trovare una cura alla contaminazione del demone. » Kacchan aggrottò la fronte, pensieroso. All’epoca aveva avuto modo di avere a che fare con la prole di Watashi e la sua corruzione e si, aveva sentito vociferare di qualcuno che era stato in grado di trovare una cura alla corruzione del Dio-demone.

« Animati da questa nuova fiducia, abbiamo assecondato quel giovane medico, contribuendo alla sue ricerche… Siamo stati degli ingenui e, solo quando era ormai troppo tardi, ci siamo accorti delle sue vere intenzioni: era interessato a ciò che è custodito nel Tempio, ad usarlo per i suoi studi, per i suoi… Esperimenti. Non so quanto ne sappia, sulla chiralina e la capacità di comunicare con le anime dei defunti, ma sembra essere in grado anche lui di usare la chiralina, di assorbirla e convertirla in energia. Solo che lui era saturo di chiralina demoniaca, una variante diversa da quella umana, ma non così dissimile. Ha iniziato ad immetterla nel cristallo, insieme al resto dell’energia degli abitanti rimasti, corrompendone la struttura originaria...» « E cosa vorrebbe farci con il nostro cristallo? » « Non ne ho idea, ma temo riguardi quella ragazzina, sua sorella. È giunta al villaggio poco tempo fa, in compagnia di un altro giovane ninja. Sembrava titubante inizialmente, ma poi, quando si è ricongiunta al fratello, ha cambiato radicalmente modo di fare… Fino ad uccidere il suo compagno. Quindi Kacchan, te ne prego…. Qualunque cosa tu decida di fare, presta la massima attenzione.» C’era sincera preoccupazione sul volto della donna e il giovane, cercando di rassicurarla, la cinse con un braccio, stringendola a se e dandole un bacio tenero sulla tempia. « Non ti preoccupare nonna, farò attenzione... » Le sussurrò, cercando di rassicurarla, ma poi qualcosa colse la sua attenzione… Un rumore inatteso, lo scricchiolare di una vecchia trave di legno, fuori dal capanno.

Cercando di acuire i sensi, percepì la presenza di qualcuno muoversi cauto, ostile, quasi temesse di subire un attacco da un momento all’altro… Ed erano in due, almeno stando all’intensità emotiva che percepiva. Che fossero i due fratelli di Kumo, che erano venuti fin lì a prenderlo? Non impossibile. Concentrandosi, il ragazzo iniziò a mettere in moto il suo corpo, spingerlo a produrre quanta più chiralina possibile, in modo tale da poter scagliare quante più anime possibile contro di loro. Sentiva che il processo stava funzionando, che il suo corpo stava reagendo come si doveva, perché immediato sentì il viso bagnarsi dalle classiche lacrime nere che i suoi occhi sgorgavano in quelle circostanze, la pelle iniziare a prudere, irritarsi principalmente nei punti in cui le anime si aggrappavano a lui in cerca di un contatto col mondo. La piccola stanzetta in cui era chiuso si riempì di ombre sempre più fitte, man a mano che aumentava la produzione di chiralina, sempre più scure e dense, tanto da rendere completamente oscuro l’ambiente….

La porta del capanno si aprì e, attraverso la flebile luce che filtrò all’interno, Kacchan intravide la sagoma di due persone… Due donne? Perplesso, il giovane attende qualche istante prima di scagliare contro di loro le sue truppe di tenebra, ma poi, quando riconosce i lineamenti di una delle due donne, il suo cuore perde un battito, sorpreso di ritrovarla proprio lì, in certe circostanze. « Masaru? »

La chiamò per nome, perplesso, quasi temesse di aver preso un abbaglio, di aver sbagliato persona, ma… Era lei. Avrebbe riconosciuto anche ad occhi chiusi lo strascico di fantasmi legati alla sua persona, per non parlare del suo inconfondibile profumo di gelsomini.

Con un certo sforzo, si concentrò nuovamente sul suo corpo, questa volta per disperdere quello che aveva creato, in modo tale da evitare di arrecar danno all’amica. Le anime si dissolsero così come erano apparse, rivelando così la sua figura agli occhi delle due, rabbrividendo leggermente quando le raggiunse sulla porta… Ovvio, dato che si era dimenticato che, una volta rientrato, si era tolto la maglietta, per poter verificare lo stato della ferita che la ragazzina gli aveva inferto. « Sei davvero tu? Ma cosa ci fai qui? » Le domandò, vedendo palesarsi sul suo sguardo gelido un barlume di calore sotto forma di preoccupazione nei suoi riguardi. Ma così com’era soffiato quel tiepido tepore, così svanì dal suo volto, tornando ad essere la solita maschera fredda e distaccata con cui l’aveva conosciuta.

« Kacchan? Potrei chiederti la stessa cosa… » Gli domandò la donna, impedendo alla sua compagna di avanzare oltre col suo fare ostile, e solo allora Kacchan realizzò che Masaru non fosse sola, completamente dimentico della donna che era al suo fianco: alta quasi quanto lui, l’albina aveva ferini occhi di un giallo slavato, che lo scrutavano con sospetto e… Preoccupazione? Quasi come quella di chi non si aspetta di vedere altre persone lì…

Schiarendosi la gola, il giovane uomo si massaggiò la base del collo, cercando di sciogliere i muscoli tesi, cercando di scacciare, nel profondo del suo essere, quella strana punta di fastidio che provava in quel momento… Cos’era che lo infastidiva tanto? Di certo non si aspettava di incontrare Masaru lì o, ancora, che fosse lei a venire lì, da lui… Quanto tempo era passato, dall’ultima volta che si erano visti, un anno forse? ”Che cazzo… Ti aspettavi un qualche altro tipo di benvenuto per caso? Di certo non puoi pretendere che ti salti al collo dicendoti ‘Kacchan quanto mi sei mancato!’ Non è decisamente il tipo… “ « Questo è il paese in cui è nato mio padre… Sono qui per delle ricerche, ma... » Sembrò inizialmente giustificarsi, quasi a voler dare un senso alla sua presenza lì, ma… Un momento, lui aveva tutti i buoni motivi per essere lì, lei piuttosto… « Tu piuttosto. Che ci fai così lontano da Iwa? »

Le domandò e per un esile istante quasi sperò di essere lui la causa della sua presenza lì, e invece gli rispose con freddaezza, annientando sul nascere ogni pensiero di qualsivoglia relazione calorosa che possa anche solo vagamente interporsi tra i due. « Sono qui per lavoro » E il suo dispiacere si materializzò in una amara risposta monosillabica, fin troppo rivelatrice.

« Quella ferita… È stata Makoto a fartela? » A parlare fu questa volta l’albina, con un tono di voce che, come la sua figura, appariva monocolore, in grado di non far trasparire nulla di sé. Nessuna particolare dizione che facesse intuire la provenienza, ne una minima inflessione a far tradire un’emotività che, nonostante tutto, era percepibile allo Yamanaka grazie alle sue capacità. Preoccupazione, ma non per lui, quanto per la ragazzina che lo aveva attaccato…

E solo allora si ricordò della ferita, un grosso squarcio sulla spalla destra, in parte cauterizzato e in parte ancora slabbrato, pulsante di un rosso vermiglio, e di quanto gli facesse male. Digrignando i denti, si portò una mano sopra la ferita, cercando di placare le pulsazioni dolorose effettuando una leggera pressione. « Allora è così che si chiama quell'indemoniata del cazzo? Per poco non mi faceva saltare la testa... Per non parlare di quell'armadio a due ante che sta con lei... Che poi, scusa, come cazzo fanno ad essere fratelli, quei due? A meno che non siano stati adottati, merda, lui è cazzo enorme e lei è cazzo piccola. A meno che non si chiamino fratello e sorella per qualche sorta di feticismo loro... Certo però che sarebbe assurdo, cioè, cazzo... Anatomicamente parlando, se ha il cazzo grosso quanto lui è grosso, come cazzo fa ad entrare in... Santa Inari, minimo quella ragazzina non è nemmeno maggiorenne, ma porca puttana... »

Aveva percepito chiaramente una certa tensione nell’aria, specie da parte di Masaru e, conoscendola, quale miglior modo per alleggerire l’atmosfera, se non parlando a sproposito? Una mossa da veri e propri menomati mentali, del tutto illogica, ma che funzionò: vide le spalle dell’amica rilassarsi leggermente, segno inequivocabile del fatto che, adesso, poteva dirsi a suo agio con lui. E nascose con la mano un sorrisetto soddisfatto, a fior di labbra, quasi compiaciuto delle sue “eccelse” qualità oratorie… Anche se sa benissimo di aver fatto la figura dell’idiota.

Quando, però, Masaru posò la mano sulla sua pelle nuda, rabbrividì leggermente per via dello sbalzo termico tra la sua pelle arroventata, resa ipersensibile a causa dello sforzo che il suo corpo aveva fatto, e il palmo leggermente più freddo della donna, ma poi le temperature si stabilizzarono e quella carezza tiepida, delicata e tanto morbida sulla spalla gli irradiarono calore in tutto il petto, facendogli ricordare quanto fosse stato solo, in quel periodo, lontano da ogni possibile contatto e calore umano. ”Ormai traffico più coi morti, che coi vivi...” Pensò amaramente, ripensando a quando era stata l’ultima volta che aveva avuto un contatto umano… E fu ironico come si trattasse, su per giù, a più o meno l’ultimo incontro, o per meglio dire il primo, che aveva avuto con lei.

« Cos’è successo? » Gli domandò con una certa preoccupazione. E come darle torto: chiunque si sarebbe preoccupato, nel vedere una ferita del genere. ”Non farti strane idee, Kacchan… È solo preoccupata per la ferita. Solo per quello…” Eppure, per un fugace istante, quasi si lascia prendere dall’illusione che quella donna potesse provare qualcosina più intenso del mero legame che potrebbe esserci tra due conoscenti… Ah, la fame di calore umano, cosa può fare…
Posò quindi la mano sulla sua, accarezzandola delicato, quasi temesse di rovinare quella pelle così chiara e liscia, cercando di rassicurarla con quel gesto. Scrollò leggermente le spalle, quasi a voler sottolineare la noncuranza della cosa, ma quel gesto fu avventato e la spalla ferita gli procurò un dolore lancinante, tale da costringerlo a a trattenere, a stento, una smorfia. « Stavo facendo delle ricerche sulle usanze religiose di questo villaggio e quando mi sono avvicinato al Tempio di Anima, quello sulla collina, mi sono imbattuto in quei due. » Poi, però, una vocina maligna si fece strada nel suo cuore, sibillandogli un dubbio atroce: Dopotutto, se non è qui per te, deve esser venuta fino a qui per… LUI? Temendo quella crescente punta di gelosia, cercò di scacciarla, nasconderla come si fa con la polvere sotto un tappeto, e serio si concentrò nuovamente su Masaru, stringendole con più forza la mano, adesso, quasi a voler delineare un tacito confine. « Tu piuttosto... Non dirmi che hai intenzione di affrontarli?»

« Ho un conto in sospeso con lui… Ed è anche il motivo per cui siamo qui. » Gli rispose perentoria, senza però ritrarsi da quel contatto, mettendo in moto una prova di forza fatta di sguardi e di cose non dette. ”Oh, col cazzo che ti faccio avvicinare a lui...” Ma quello scontro si concluse ancor prima di cominciare, perché ad interromperli ci pensò il terzo incomodo Shiroko. « Hai visto Makoto allora… Ne sei sicuro? Ragazzina smilza, bassina, pelle scura, capelli neri e occhi ametista... » Insistette con una veemenza tale da esser quasi fastidiosa, tanto che il giovane le rispose quasi con un grugnito, più che con un verso affermativo. Da quand’era che non fumava una sigaretta?

« Allora è già qui... Non abbiamo molto tempo... » Sentenziò, mordicchiandosi pensierosa la punta dell’unghia del pollice. « Per il momento sono riuscito a rallentare quel demone sotto mentite spoglie. Qualsiasi cosa voglia fare con suo fratello, adesso è impegnata a liberarsi da un pantano di gente incazzata nera... Quindi abbiamo un po' di tempo per capire che cazzo sta succedendo qui...» Le rispose perentorio, staccandosi da Masaru e facendo qualche passo verso di lei. « Anche se una mezza idea di quel che potrebbero voler fare ce l'avrei… » « Che intendi dire? »

Per tutta risposta, lanciò a Masaru un’occhiata del tipo ”Seh, fai meno la finta tonta…” « Quella ragazzina aveva trasformato il suo braccio in un artiglio rovente, e questo è il risultato del suo tentativo di staccarmi la testa… Qualunque cosa vogliano fare, credo proprio dipenda da questo » « È il particolare stile di combattimento che Makoto si è creata, dopo aver stretto il patto con il demone che la tormentava... » Diede quindi conferma la donna, dando quindi valore a quello che aveva tacitamente supposto lo Yamanaka, ovvero che avevano intenzione di fare qualcosa a cura della particolare condizione della ragazzina… E a giudicare dallo sguardo dello Yamanaka, era palese il suo desiderio di volersi mettere in mezzo a quella storia, capire fino in fondo dove volevano andare a parare… Chissà, magari ne avrebbe tratto qualche vantaggio per la sua ricerca… Gli sarebbe bastato mettere le mani sugli appunti di quell’energumeno…

« Non sei in condizioni di affrontarli di nuovo, penso che sia il caso tu resti qui a riprenderti. » Affermò Masaru e quella preoccupazione colpì il konohaniano dritto nell’orgoglio, facendolo imbestialire non poco. « Scherzi? E lasciarvi affrontare da sole quei due?! Ma non esiste proprio. Vengo con voi... Anche perché non avete idea di quello che potrebbe succedere con loro...» ”Non sono così debole come credi, cara mia…” « Temo di sì invece… » Quella risposta lo colpì come un pugno, non sapendo bene se associarla alla frase pronunciata o a quella pensata… Ma stando allo sguardo che la donna gli rivolge, qualcosa lo fa più propendere per la seconda ipotesi, quella del non detto, ma che fa più male dell’altra. « A pensarci bene però, neppure stare da solo potrebbe essere una buona idea... voglio dire... i tuoi occhi e... quella strana sensazione… » Gli fu nuovamente vicino e, questa volta, lo afferrò saldamente per il mento, in modo tale da poterlo voltare appena da un lato e dall’altro, quasi a volerlo studiare. Sorpreso ed infastidito da quel suo comportamento, non può fare a meno di distogliere lo sguardo da lei, strofinarsi il viso per cancellare i segni di quella strana forma di rinite allergica, accentuando il rossore sulle guance. « Oh, queste. Non devi preoccuparti, è...ehm... Una cosa fisiologica... » Le rispose, emettendo un leggero sbuffo, per poi guardarla di sottecchi, un lampo maligno nello sguardo. ”Ma se vuoi posso mostrarti cos’altro può fare il mio corpo, di fisiologico… “

E si morse la lingua per quanto si stava mostrando stronzo, in quel momento. Non se lo meritava… Dopotutto, non era certo colpa di Masaru, se adesso gli stava venendo un certo qual senso di inferiorità verso quel Kuroichi… ”Bhe, quanto meno a me non vuole morto...” Sospirò, cacciando fuori la tensione, afferrando la mano di Masaru e baciandole il palmo, riservandole un sorriso dolce amaro. ”In realtà non merito affatto tutte queste premure da parte tua…” « Non è niente di cui preoccuparsi. È una cosa che riesco a fare da un po' di tempo... E per la spalla, non farti cruccio. Mi ci vogliono giusto cinque minuti per rimetterla in sesto. » Sentenziò, per poi iniziare a concentrare le sue energie sulla cura della spalla: concentrando il chakra medico, combinò l’azione curativa con quella purificatrice, facendo leggermente fumare la ferita, in modo tale da spurgarla da eventuali tossine in circolo mentre la pelle, sotto lo sguardo dei presenti, iniziò lentamente a cicatrizzarsi da sola, gli occhi chiusi per esser maggiormente concentrato.

« Ci servirà una strategia efficace, tutte le informazioni che abbiamo a disposizione per essere il meno prevedibili possibile, dato che Kuroichi sembra sia molto attento a certe cose. » Con un sospiro profondo, il giovane riaprì gli occhi e, scostandosi dall’uscio, fece gesto alle ragazze di entrare dentro. « Venite dentro, così ci aggiorniamo a vicenda sul punto della situazione… » Diede un’ultima occhiata fuori, per sincerarsi che non ci fosse nessuno fuori… nessuno di vivo… e chiuse la porta alle loro spalle, per poi avvicinarsi verso un tavolaccio messo a ridosso della parete antistante l’ingresso, su cui aveva posato il suo zaino e diverse carte, tra mappe della zona e suoi appunti sulle iscrizioni trovate in giro. Ne scosta qualcuna, cercando di impilarle con noncuranza, riponendole in un angolo, in modo tale da avere abbastanza spazio per poter aprire il suo diario, iniziando a sfogliarlo frenetico, in cerca degli appunti giusti. Masaru avrebbe avuto modo di vedere come questo fosse stato compilato da due mani diverse, almeno stando alla grafia che sporcava quelle pagine chiare.

« Per quanto riguarda quello che so su questo villaggio…I cittadini che lo abitavano avevano delle usanze religiose particolari. Periodicamente mandavano un prescelto a fare un pellegrinaggio per tutto il continente, ad immagazzinare chakra naturale per poter creare abbastanza chiralina da legare a loro quante più anime disperse in circolazione. Una volta tornati qui, si fondono con un particolare cristallo, permettendo così all'energia immagazzinata di venir reintrodotta in natura e permettendo così alle anime raccolte di trovare la strada per l'Aldilá. » Così dicendo si spostò di lato, in modo tale da permettere alle due donne di vedere un vecchio disegno fatto da suo padre: era un cristallo molto grezzo e, stando ad alcune note riportate vicino, in possesso di particolari proprietà di canalizzazione del chakra.

« Da quel che ho saputo da mia nonna, che abitava qui, Kuroichi ha a sua volta alimentato ulteriormente il cristallo con l'energia vitale degli abitanti… E sono convinto stia attendendo il ritorno di Aki, la ragazza a cui è toccato compiere il rituale propiziatorio. Ora il mio dubbio è: a cosa gli serve tutta questa energia? L'ultima volta che ho visto fare robe del genere era per attirare i Bijuu, ma dopo Fukagizu quei mostri sono spariti dalla circolazione, quindi… A cosa dovrebbe servirgli tutto ciò? Se è per sua sorella, ormai ce l’ha già un demone dentro di se...»

Si volse quindi verso le ragazze e rimase sorpreso nel vederle entrambe incupirsi, ognuna per un motivo suo che, sfortunatamente, a lui rimane precluso. « Shiroko dovrebbe saperlo meglio di me a questo punto… » Percepisce un certo tremore nella sua voce, malcelato, ma che comunque lo mette in allerta, guardingo… E con un carnale desiderio di prendere a pugni quella testa di cazzo di Kuroichi. ”Che diavolo le ha fatto per turbarla così tanto?!” L’albina fece un cenno affermativo col capo, le braccia incrociate al petto. « Kuroichi ha intenzione di utilizzare tutto quel quantitativo di energia per estirpare dal corpo di sua sorella un demone che ne sta prendendo lentamente il sopravvento. » Spiegò la donna, lasciando perplesso Kacchan. Dopotutto, aveva intuito che la cosa riguardasse quella ragazzina e, per un attimo, si immaginò nei panni del fratello, senza dare adito alle antipatie che erano accresciute in quelle quattro mura.

Per lui era difficile da capire, dopotutto era figlio unico, ma provò ad immaginarsi nella sua stessa situazione, costretto a far cose indicibili per salvare Chiyo, la sua vecchia amica d’infanzia nonché compagna di squadra, quella che poteva più assomigliare ad una sorella, per lui... « E voi vorreste impedirglielo? Crudele da parte vostra… certo, i metodi con cui arrivare a tal fine sono abbastanza discutibili, ma chi non compirebbe il più peggiore dei crimini pur di salvare la persona che ama? » Fu più forte di lui, non riuscì a trattenersi dall’esporre quel punto di vista così discutibile, che lasciava lui stesso sorpreso, dato il fastidio che provava per quella persona, eppure… « Fosse solo questo, glielo lascerei fare… Ma lui ha intenzione di impadronirsi del potere del demone per il suo tornaconto, ed è diventato troppo pericoloso lasciarlo agire indisturbato. Per riuscire a fare quello che si sta apprestando a fare, ha mietuto vite innocenti che non meritavano questa fine. » Nel sentire la risposta di Shiroko, qualcosa serpeggiò nell’animo di Kacchan. Una strana sensazione che non riuscì bene ad identificare, disturbante come lo zampettio di un ragno sulla pelle.

Con un mal celato scetticismo, il ragazzo incrociò le braccia al petto, scrutandola attento, cercando di captare qualsiasi segno, nella sua persona o nel suo stato umorale, potesse in qualche modo tradire la veridicità delle sue parole. « Per saperne così tanto, devi essere una persona vicina a loro… » « Devo molto a Makoto e alla sua famiglia, e il minimo che possa fare è evitare che si distruggano con le loro stesse mani. Ecco perché dobbiamo assolutamente uccidere Kuroichi non appena ha estirpato il demone da Makoto. In questo modo la mia amica sarà salva e lui… non rappresenterà più una minaccia. »

Kacchan emise un verso pensieroso, tenendosi il mento nella tipica posa da pensatore. Quindi il piano era quello di estirpare il demone dal corpo di Makoto per trasferirlo in quello di Kuroichi? Ah, che dolce puttana era il destino, che gli stava materializzando, sotto gli occhi, la stessa storia che aveva visto protagonisti lui e Youko… E se la situazione era la medesima di allora, Kuroichi sarebbe stato in grado di mantenere salda la sua volontà, sovrastando quella del demone? Caparbio com’era, era plausibile… A meno che non avesse un modo per annientare completamente la volontà del demone, lasciando però a suo completo uso il suo immenso potere… Di difficile esecuzione, ma non pensava fosse poi così impossibile da attuare, ma… A cosa poteva servigli ottenere il potere di un demone? Stando a quanto aveva detto sua nonna, alla fama che si era costruito quando era un medico in prima fila contro la corruzione di Watashi, perché spingersi verso un potere tanto distruttivo, se aveva votato la sua vita per la salvezza contro la corruzione?

Inutile starci troppo a pensare: al momento, per lui, la figura di Kuroichi era ancora terribilmente oscura e nebulosa, difficile da decifrare, se non impossibile con i soli elementi a sua disposizione. Alla fin fine, l’unico contatto che aveva avuto con lui risaliva a nemmeno qualche ora prima, e non è che fosse durato poi così tanto… E temeva di esser l’unico ad aver avuto poco a che fare con lui, almeno dei presenti in quella stanza. « Non ho ancora ben chiaro cosa c'entri tutto questo con te, ma… Se la vostra intenzione è fermare quell'uomo, ok. Come vi ho già detto vi darò una mano… » Si rivolse a Masaru che, stancamente, si dedica un istante per pulirsi gli occhiali. « Si da il caso che lui abbia lavorato con il Kyo Dan nel nostro paese mietendo vittime innocenti anche lì e che Iwa lo stia cercando. » Essenziale nella sua spiegazione, una spiegazione che, per lo Yamanaka, può rappresentare tutto e niente. Non dubita dell’odio che la donna prova nei confronti dello Yotsuki, ma di certo non si sente sicuro nell’associarlo ad un senso di vendetta patriottica, quanto più personale… Un personale di cui dubita conoscerà mai i dettagli.
« Inoltre l'ho già affrontato in missione, ma questo non ha importanza. Per quanto ne posso sapere il suo stile di combattimento potrebbe essersi evoluto… Sappi solo che intendo dare personalmente a Kuroichi il colpo di grazia. » Per tutta risposta, Kacchan si limitò a mugugnare in segno affermativo, conscio che mai sarebbe riuscito a superare il muro di ostilità che circondava il muro di quella donna tanto caparbia e testarda.

Sentendosi forse di troppo, ma anche intenzionata a mettere in avvio gli ingranaggi del destino che li avrebbe visti a fronteggiare l’imminente scontro, Shiroko si propose di uscire fuori a fare un primo sopralluogo, contando sul fatto che, essendo a Kuroichi e Makoto amica, le sarebbe stato facile seguirli e carpire il momento più opportuno per farli intervenire, approfittando di un eventuale effetto sorpresa. Cercando nella sua bisaccia, tirò fuori una ricetrasmittente che consegnò loro, in modo tale da poter dare il segnale per entrare in azione, dando così l’opportunità ai due di rimanere soli.

« Ok… Recupero le mie cose e iniziamo ad avviarci… » Sentenziò Kacchan, strofinandosi energico il viso, in maniera tale da nascondere e scacciare il senso di disagio che sentì crescere dentro di sé. Recuperò la sua maglietta, gettata su un misero giaciglio costituito da una vecchia cassapanca. Rivestendosi, recuperò anche la sua wakizashi, che aveva lasciato sul tavolo, insieme al resto delle sue cose. Sguainò l’arma, osservandone la lama completamente rovinata, bruciata in più punti, proprio dove aveva impattato contro gli artigli roventi di Makoto. Inutile portarla con se: in quello stato era inutilizzabile. « Fantastico, mi tocca buttarla… Se dovessi incrociare le armi con quella ragazzina, Makoto, fai attenzione… È in grado di trasformare le braccia in artigli incandescenti… Ma forse te l'ho già detto… » Commenta pensieroso, ricordando l’aggressione subita… E ripensando nuovamente alla composizione di quelle deformità. « Possibile che fossero davvero di chiralina? » Borbottò tra sé e sé, rinfoderando l'arma e lanciandola dall'altra parte della stanzetta. Le anime che materializzava lui erano composte da chiralina liquida o gassosa, quindi era più che logico che, in qualche modo, fosse possibile ritrovare il terzo stadio da qualche parte, ma usato in quella maniera…. Chissà se lui ne sarebbe stato capace.

Niente cappotto da indossare. Dopotutto, il suo l’aveva perso su al Tempio e non ne aveva con sé un altro di scorta…. Sicuramente gli sarebbe toccato fare un salto a casa di sua nonna, per recuperare qualche altro vecchio vestito di suo padre… Si tastò infine le tasche e accolse con piacere la sensazione che creava il rigonfiamento dalle sue amate sigarette.

Dopo essersi assicurato di aver tutto quello che potesse tornargli utile in uno scontro, si voltò e sorprese Masaru studiarlo con sguardo enigmatico, costringendolo a guardarsi un attimo intorno, nel timore di aver sbagliato qualcosa… « Tu sei apposto? Hai bisogno di qualcosa, prima di avviarci? »Le domandò, sperando di risollevare la sua situazione con un minimo di buone maniere. « Ho già quello che mi serve. » E ti pareva che non doveva sentirsi inutile pure in questo?

« Senti, ma… Ho un dubbio e devo togliermi questa curiosità. Quanto ti fidi di quella tipa? Shiroko intendo... » A quella domanda, vide Masaru sospirare stancamente… Odiava tutta quella faccenda. Perché cazzo il mondo doveva esser sempre così maledettamente complicato? « Non mi fido di lei, non del tutto almeno. La conosco da troppo poco e troppo poco, anche se dal primo istante mi è sembrata sincera.” » Mugugnando in risposta, Kacchan incrociò le braccia al petto. « Mh… Essere sinceri non vuol dire necessariamente mettere in luce tutta la verità dei fatti… Non so, ho come l'impressione che si, sia sincera, ma sembra voglia omettere dei particolari…» Fece notare, dando così forma a quella strana sensazione che aveva avuto, quando aveva parlato con Shiroko. Sentiva che in lei c’era qualcosa che non andava, come se sapesse qualcosa che non voleva dire, un qualcosa di importante, presumeva, per poter capire il quadro generale della situazione. « Per quel che ne sappiamo potrebbe anche essere controllata. » « Nah, ne dubito… O almeno, non ho avuto quell'impressione… Da quel che ho avuto modo di capire, dal mio fugace incontro con quei due, e da quel che mi avete detto, beh… Kuroichi non mi sembra il tipo che 'controlli' la gente, quanto piuttosto uno che ti porta di tua spontaneità a fare quel che gli conviene...» Rifletté al riguardo, strofinandosi per un attimo gli occhi stanchi. Non vedeva l’ora che quella storia finisse, per potersi fare una sana dormita…

« E la stessa domanda potrebbe valere anche con te. » Nel sentirsi dire quella frase, Kacchan si ridesta completamente, infastidito nel non avere fiducia da parte della donna. « Wowo, aspè, cosa? » ”Dopotutto, non è la storia della mia vita? Dai, chi cazzo mai si fiderebbe di uno psicotico come me?” Si sentì parecchio amareggiato e ora sentirsi il suo sguardo addosso, inquisitore, gli brucia maledettamente, facendogli più male dell’artigliata infertagli da Makoto. « Li hai affrontati, sei sopravvissuto, ma sei anche rimasto ferito. E quando io e lei ci siamo avvicinate a quella porta, sono stata colta da una terribile sensazione, la stessa che ho avuto quando anni fa ero in quella missione, quando lo incontrai. Il modo in cui poi l'hai difeso per le sue azioni mi ha dato da pensare… Che possa averti fatto qualcosa, che anche tu sia rimasto vittima dei suoi esperimenti o di uno dei suoi espedienti. »

Adesso era ad un passo di distanza da lui, il volto così vicino, tanto da permettergli di distinguere con chiarezza il colore limpido e cristallino delle sue iridi. Tenne però lo sguardo basso il giovane, non sopportando quelle affermazioni. Davvero gli dava così poco credito? Possibile che si fidasse così poco di lui, delle sue capacità? ”Di che ti sorprendi… L’Hokage con te non ha fatto la stessa identica cosa? Devi avercelo scritto in faccia, che di te non ci si può fidare…” « Dimostramelo Kacchan, dimostrami che mi sto sbagliando. » E come avrebbe dovuto fare?

Cercando di contenere lo stupore iniziale, che era stato poi sostituito dalla cocente delusione, il ragazzo la guardò di sottecchi, gli occhi blu furenti, brillanti di una rabbia che non si capiva se fosse rivolta alla donna… o a se stesso. Cosa avrebbe dovuto fare? Rivelarle tutto, col rischio di farle del male senza volerlo? E se avesse reagito come Natsuko? Cazzo, ancora gli bruciava la maniera con cui la ragazza aveva cercato in tutti i modi di farlo desistere dalla sua scelta di partire, di lasciar perdere quella follia che, secondo lei, era mera illusione della sua testa…. Cazzo, se aveva fatto male… E voleva davvero rischiare di rivivere un’esperienza del genere con lei, di esser visto come un mostro e temuto allo stesso modo?

Dopo interminabili attimi di silenzio, si decise infine a parlare, con voce sepolcrale. « Vieni fuori. » Pronunciò solamente, secco e perentorio, spalancando di slancio la porta e uscendo fuori, inoltrandosi nella zona periferica del villaggio, incurante se lei lo seguisse o meno… ma stando al suono dei suoi passi dietro di lui, aveva optato per il seguirlo…. E per un fugace attimo aveva sperato che non lo facesse. Meglio che lo credesse un inetto incapace, che un mostro… Certo, poteva sempre scegliere di mostrarle solo una piccola parte dell’orrore che viveva nel suo animo, anche perché, francamente parlando, nemmeno lui era ancora in grado di sopportarlo nella sua interezza.

« Tu cosa vedi? » Le domandò, indicando con un cenno del capo i resti abbandonati del luogo. « Un villaggio abbandonato. » Le rispose Masaru, dandogli la risposta più ovvia in un contesto del genere. « Sai cosa ho visto io, quando sono arrivato? » Le si avvicinò, poggiandole una mano sulla spalla mentre, con l’altra, indicava un pontile più avanti. Si concentrò, impartendo al suo corpo l’ordine di iniziare a produrre chiralina, quel giusto da permettergli di dare un minimo di consistenza alle anime arenate in quel luogo, così come le vedeva lui, perennemente. Percepì sotto la mano la spalla di Masaru contrarsi, segno inequivocabile di come il corpo della donna sentisse la vicinanza di Kacchan come una minaccia.

« Lì c'era un vecchio pescatore, intento a rammendare le sue reti. E più avanti? Più avanti alcuni manovali che spostavano delle casse appena scaricate da una piccola imbarcazione… » Ad ogni descrizione, il ragazzo spostò il dito, indicando punti diversi dello scenario. Ad un primo acchito non appariva nulla di diverso, ma aguzzando la vista Masaru avrebbe potuto iniziare a vedere delle ombre scure, dalle sembianze umane, proprio nei punti indicati dal giovane… E la sensazione di malessere generale farsi intensa, così come più intensa è la produzione di chiralina, per permettere a tante anime di materializzarsi in quella maniera, seppur in maniera tanto nebulosa.

Senza staccare la mano dalla sua spalla, il giovane si spostò dietro di lei, chinandosi in avanti, poggiando il volto nell’incavo della sua spalla, le labbra vicinissime al suo orecchio. La donna poteva sentire il peso del suo petto contro la schiena, in un contatto appena sfiorato, eppure accentuato dalla sensazione di malessere che la sua vicinanza generava. « Ora li vedi? Per voi 'normali' sarebbe impossibile, ma vedi… Te l'avevo detto, no? Che potevo vedere i ‘fantasmi’, le anime rimaste arenate in questo mondo… E beh, ho scoperto che non mi limito solo a quello… » La sua voce arrivava bassa e roca, con una certa nota maligna, tanto da costringerla a voltarsi, notare nuovamente i suoi occhi tingersi di nero e lacrimare catrame. E quegli occhi neri come la pece, illuminati solo dalle iridi blu cobalto che sembrano risplendere come zaffiri, si perdono in quelli grigio acciaio della donna, cercando di carpirne lo stato d’animo, di vederci disgusto, esasperazione, qualsiasi cosa che possa indurre una qualche forma di repulsione nei suoi confronti… ma quello che vi legge gli fa ancora più male.

Si schiarì la gola, cercando di ricomporsi, di mantenere la lucidità mentale utile per impedirgli di perdere il controllo della situazione. « Posso materializzarli nel nostro mondo, e questo perché il mio organismo produce un particolare enzima. Sfortunatamente questo posto è saturo di quella sostanza, così quando sono arrivato ho trovato il villaggio nell'esatto modo in cui era prima che i suoi abitanti morissero… Quando me ne sono reso conto, è stato perché gli abitanti sono venuti in mio soccorso, quando Makoto mi ha attaccato. Ora ti chiederai, e a ben donde, 'cazzo c'entra tutto questo?' beh… » Chiuse gli occhi, spegnendo così il suo interruttore interno: la situazione intorno a loro tornò ad essere normale così come i suoi occhi, quando si riapirono, tornarono ad essere del loro colore originario. « C'è qualcosa che accomuna Kuroichi e Makoto a me… Non ne ho conferma, ma credo che discendiamo da un ramo comune… Come spiegartelo… È come se appartenessimo allo stesso clan, ma ognuno di noi ha realizzato una sua disciplina diversa. Io genero e manipolo chiralina organica. Makoto genera e manipola chiralina di origine demoniaca, mi è parso di capire, mentre Kuroichi… Lui ancora non saprei, ma ho il sospetto che possa assorbire chiralina e convertirla in qualcos'altro… » Le spiegò, indietreggiando di un passo e tirando fuori una delle sue amate sigarette. Ne accese subito una e il bruciore che gli procurò la prima inspirazione lo aiutò a calmarsi, mentre intorno a loro si diffondeva il tipico aroma del suo fumo, un mix che ricordava il cioccolato e il caffè tostato.

E il suo sguardo non si discosta un attimo dalla donna, cercando di anticipare qualsiasi sua reazione, riuscire a capire, tramite il linguaggio del suo corpo, cosa le passasse per la mente… Ah, quanto rimpiangeva di non poterne leggere i pensieri, riuscire ad oltrepassare quel suo muro e leggerla dentro, capire davvero cosa le passava per la testa, ma forse era un bene, in quel momento, forse non avrebbe sopportato quello che Masaru poteva pensare di lui, in quel momento.

« E poi siamo entrambi due scienziati, due medici che hanno deciso di dedicare la propria vita alla ricerca. La mia è una ricerca personale, che di certo non mi spingerebbe mai a fare del male ad altri, ma nel suo caso, se vuole davvero farlo per salvare sua sorella, beh… Penso farei lo stesso anche io se… » volessi impedire ad anima di rimanere imprigionata per sempre da un’altra più forte. Era così che avrebbe concluso la frase, se non fosse per la consapevolezza che quella stessa frase gli suggeriva. Un’anima umana, per quanto forte fosse, non avrebbe mai potuto sopraffare una demoniaca, quindi, anche salvando Makoto, Kuroichi sarebbe stato comunque condannato ad una esistenza da prigioniero, impossibilitato ad avere il controllo della sua vita… A meno che lui non avesse già più il controllo della sua esistenza, e questo voleva dire solo una cosa… E Masaru, tutto sommato, non aveva poi tanto torto, su Shiroko.

« Quel figlio di puttana… Ci ha preso in giro per bene, dal primo all’ultimo. Presto, vieni! Dobbiamo raggiungere il tempio! » E, così dicendo, fece strada, scattando di corsa per le strade di quel piccolo villaggio, superando ponti, attraversando rampe, per poter salire fin sulla cima di quella dannata collina. E più correvano, più si avvicinavano alla meta, maggiore era il cattivo presagio che percepiva il konohaniano.

« Se è vero quel che Shiroko ha detto, che ci tiene tanto a Makoto, non fermerà mai Kuroichi prima che si impossessi del demone, quanto piuttosto dopo, quando il demone avrà cambiato ospite e non sarà più una minaccia per Makoto… E quel pezzo di merda di Kuroichi lo sa! Sa bene che Shiroko cercherà di ucciderlo solamente quando la sorella sarà salva, perché è esattamente questo quello che vuole! Porco Jashin che casino! » E quell’essere riuscito a fare due più due lo bloccò sul posto, a pochi passi dal tempio. Una consapevolezza tale da renderlo cianotico per la situazione complicata in cui si trovavano…. Perché nel piano di Kuroichi c’era un piccolo, insignificante dettaglio che quel fine stratega non aveva minimamente considerato: Kacchan stesso. Se la sua presenza aveva permesso alle anime degli abitanti del villaggio di materializzarsi, per via dell’alta concentrazione di chiralina, figuriamoci cosa sarebbe successo se avessero liberato il demone nel Tempio, dove la concentrazione era massima, dopo aver abbandonato le spoglie mortali di Kuroichi…. Lui voleva annientare l’anima del demone con la sua stessa morte, ma con Kacchan presente, rischiavano solo di materializzare il demone in tutta la sua potenza, così come aveva rischiato di fare con Chishiki, il demone con cui lui stesso aveva avuto a che fare tempo addietro.

« Oh cazzo. Oh merda. Quel posto è PIENO di chiralina… Se uccide Kuroichi, il demone…. Il demone potrebbe prendere direttamente forma nel nostro mondo.» Si voltò, sconvolto, verso Masaru, ma una vibrazione, dentro di sé, lo costrinse a stringersi il petto in una morsa dolorosa mentre, in contemporanea, una forte deflagrazione scosse il terreno, una nube di fumo denso ed acre ad oscurare buona parte del tempio, mentre la pioggia iniziò a cadere più fitta su di loro, nera e densa come pece, tanto era carica di chiralina. Peccato non fu quello appena successo a far destar maggior preoccupazione, quanto quello che ne seguì: dalle case poste sul limitare del tempio, sciami di creature immonde, completamente deformi, si riversarono in strada, urlando al cielo la loro furia cieca, fameliche. [X] [X] [X] [X] [X]

« Ci serve un punto debole! Se davvero è la chiralina al centro di tutto questo, esisterà un modo per annientarla giusto? » Cercò di far mente locale Masaru, imponendo così a Kacchan di riprendersi dallo shock iniziale. Ed è ironico, quasi, quanto sta per dire… ”Mi dispiace pà, dovrò fare quello per cui tu ti sei tanto opposto di mandare avanti...” « Il rituale… Dobbiamo assolutamente portare a termine il rituale, sperando Aki sia ancora viva… Andiamo! »

Non c’è un minuto da perdere, ogni secondo troppo prezioso. Devono raggiungere il tempio quanto prima, per evitare che Shiroko possa uccidere Kuroichi prima che il rituale venga compiuto… Peccato che quelle bestie immonde si misero di mezzo, ostacolando il loro cammino. Kacchan, di conto suo, cercò di schivarne il più possibile, spintonandole in modo tale che andassero a colpirsi l’una con l’altra, innescando così in loro un’aggressione selvaggia, spinte com’erano dalla sete di sangue, prive di qualsiasi forma di raziocino o mentalità di branco. Per quelli più ostici, invece, si trovò costretto ad attingere alle sue nuove abilità, materializzando su di loro le anime arenate alle loro stesse figure mostruose che, quasi a cercar vendetta per ciò che era stato loro sottratto e ridotto a quella maniera, le bloccarono, avvinghiandole in una spira letale, quasi a volersi ricongiungere forzatamente con i loro corpi perduti.

Continuò a correre senza sosta, incurante dei polmoni che gli bruciavano, della pelle che formicolava, degli occhi secchi e terribilmente irritati, diventati neri come la notte, tutte reazioni “allergiche” a quel vistoso aumento di chiralina in zona. E cercò con tutto se stesso di ridurne i quantitativi in vicinanza di Masaru, in modo tale che, per lei, fosse quanto meno nocivo possibile, in modo tale da permetterle di combattere al meglio. Era uno sforzo immane, il suo, specie considerando che non aveva mai sperimentato i suoi nuovi poteri in un contesto tanto catastrofico.

Giunti davanti al tempio, Kacchan si fermò davanti al porticato d’ingresso, quasi completamente distrutto, notando l’intera struttura dell’edificio mezza distrutta, come se una creatura gigante avesse staccato un intero morso, sventrando l’edificio. E più avanti, tra le macerie nella zona più interna, intravide una figura minuta, ranicciata, mentre cercava di rialzarsi, barcollare mentre si inoltrava più dentro. « No, ti prego… Non fargli del male! » Implorò Makoto, e fu difficile, per Kacchan, capire a chi si stesse riferendo… Perché lo scontro che si stava svolgendo più avanti era qualcosa che dire agghiacciante era dir poco.

La pallida Shiroko, coperta di sangue, sembrava non curarsi affatto del tremendo squarcio che aveva su una gamba, una ferita identica al tipo che aveva ricevuto Kacchan da Makoto, seppur differenziava dalla presenza di…. Sangue cristallizato a bloccare l’emoraggia? Impugnava una lunga falce a tre lame, dalla composizione simile a quella del cristallo che aveva bloccato quella sua grossa ferita, e si era ora lanciata contro un Kuroichi reso completamente irriconoscibile: come lo fu per la sorella, le braccia si erano trasmutate, la chiralina solidificatasi a dar forma ad artigli imponenti, scuri e affilati come ossidiana. Anche il viso aveva subito un trattamento simile, in parte deformato da concrezioni di chiralina che gli davano sembianze rettili, mentre gli occhi, la cui sclera era diventata completamente nera, era rossi come tizzoni ardenti. [X]

Oltre i resti del porticato, nascosto da alcune mura, le poche interne che sono riuscite a salvarsi miracolosamente dal crollo, si intravede il famigerato cristallo descritto dagli appunti di suo padre. Nulla avrebbe preparato alla vista di un oggetto tanto imponente e tanto carico, a livello energetico: nonostante la stazza enorme del cristallo, appariva ancora più grosso ed imponente a causa delle concrezioni di chiralina più scura che ne ricoprivano la superficie, creando così una struttura molto più simile ad un geoide, con quel nucleo interno cristallino, da cui risplendeva una luce azzurrina, e l’esterno più pietroso e scuro, opaco, da cui si intravedevano, pulsanti, venature di colore blu e violaceo. Dunque era quello il fulcro su cui ruotava tutto l’antico credo di quella gente, di come fosse quello stesso cristallo, lascito degli antenati, ad indicar loro i prescelti per compiere il pellegrinaggio che li avrebbe portati, poi, ad immolarsi al cristallo stesso.

In altre circostanze, avrebbe seguito volentieri le volontà di suo padre, di distruggere quell’antica reliquia, di impedire che, nuovamente, si potessero ripetere riti tanto barbari, e invece, adesso, si sarebbe ritrovato a fare l’esatto opposto. Senza pensarci due volte, ignorando completamente lo scontro serragliato poco più in là, lo Yamanaka si diresse verso il cristallo, voltandosi giusto per poter dire a Masaru. « Cerca di guadagnare tempo! Bisogna ucciderlo nel momento giusto! »

Non fu facile arrivare al cristallo: quelle bestie del cazzo erano arrivate fino a lì, cercando in tutti i modi di impedirgli di avvicinarlo, ma usando lo stesso stratagemma usato fuori, riuscì a passar oltre, arrivando finalmente davanti a quell’immensa roccia, che solo grazie all’ausilio di alcune catene permetteva di rimanere in un stabile equilibrio. « Bene, e adesso che cazzo mi invento?! » Commentò il ragazzo, agitato, muovendosi frenetico e irrequieto intorno alla roccia, non sapendo bene come fare… Doveva toccarla? Entrare in comunione con essa? Forse avrebbe fatto prima a cercare Aki, magari era lì da qualche parte e….

Un sussurro flebile, lontanissimo, colse la sua attenzione, costringendolo a fermarsi, nonostante il suo respiro affannato coprisse ogni suono intorno a sé. Si concentrò, cercando di capire da dove provenisse e, quando si allontanò di qualche passo dal cristallo, per controllare in un androne poco lontano, lo percepì di nuovo, più distinto… Una voce che lo chiamava per nome, che lo invitava ad avvicinarsi a lei… « A-aki? Sei tu? D-dove sei? » E, in risposta, il cristallo pulsò leggermente di una tenue luce rossastra, quasi ad indicargli dove cercare. Non del tutto certo di quel che stava facendo, Kacchan posò le mani sulla parte chiralinosa del cristallo, scrutando l’interno più limpido e... « Cazzo, si è fusa col cristallo… » Imprecò, guardandosi poi intorno, cercando di capire se avesse avuto abbastanza tempo per poter fare quello che aveva in mente. « Ok… Ora o mai più. »

Con le mani ancora posate sulla roccia, il giovane chiuse gli occhi e si concentrò, cercando di raggiungere quello stadio mentale che gli consentiva di andare in quel suo luogo particolare, che gli permetteva una comunicazione onirica con le anime con cui entrava in contatto…. Solo che rimase sorpreso nel vedere come questa spiaggia fosse diversa dalla sua: seppur in bianco e nero, risultava essere più calorosa, l’aqua più limpida e cristallina, la sabbia più chiara e fine… « È merito dell’addestramento. Più riesci ad affinare le tue abilità nel controllare la chiralina, migliore è la qualità della tua spiaggia… Eppure, per quanto tu possa avere un controllo perfetto, rimarrà sempre in scala di grigio. Un peccato, non trovi? » A parlare fu una giovane donna alle sue spalle [X], occhi da cerbiatta e caldo sorriso, mentre si sistemava una ciocca scarlatta sfuggita dalla chioma vaporosa.

« Aki, giusto? » Lei, di rimando, fece un lieve cenno del capo, un piccolo inchino lievemente accennato. « E tu devi essere Kacchan, non è vero? Immagino perfettamente perché tu sei qui... » Ora che si trovava con lei, faccia a faccia, lo Yamanaka non sapeva bene come comportarsi, cosa fare… Trovava così ingiusto quello che stava per fare, almeno nei suoi riguardi… « Non fartene un cruccio. Da tempo, ormai, ho accettato il mio destino. Sapevo da sempre come sarebbe andata a finire, solo… Non mi aspettavo in questo modo. » Ammise candidamente, afferrando una mano del ragazzo, che sembrava non riuscire a guardarla in viso. « Non l’hai detto tu stesso? Per salvare le persone che si amano, si è disposti a fare anche la più esecrabile delle azioni, anche sacrificare completamente se stessi, annientarsi del tutto per amore degli altri. Kuroichi ha deciso questo destino nell’esatto momento in cui ha visto sua sorella nascere sotto una cattiva stella. Io ho deciso questo destino nell’esatto momento in cui ho compreso quanto questo malsano mondo necesitasse ancora di amore, perché nonostante tutto, merita di esser salvato... » « Ma non è giusto. Perché deve sempre rimetterci qualcuno? » Una risata cristallina, fresca come rugiada del mattino, proruppe dalle labbra rosse della fanciulla che, amorevole, prese tra le mani il volto del ragazzo, in modo tale che i suoi occhi castani potessero vedere le profondità tormentate di quelli blu. « Non fingere di essere così ingenuo… Lo sai bene quanto me che, per certe cose, la cosa più giusta da fare è scegliere il male minore, oltre che credere, credere in qualcosa tanto fortemente da renderla possibile. Tuo padre non credeva nelle nostre usanze, perché convinto che si potesse cambiare il mondo secondo altre vie… E non dubito del fatto che ciò sia possibile, ma credo anche che questo, che quello che abbiamo fatto e stiamo facendo, abbia uno scopo, serva a qualcosa di più grande... E tu? Tu in cosa credi? » « Credo nella ragione, nella logica dei fatti, nell’inoppugnabilità della scienza e dell’importanza della continua ricerca... » « E allora se credi in questo e hai visto, la fuori, cosa sta succedendo, sai bene che questa è l’unica soluzione possibile. Dovrai aiutarmi a completare il rituale, far sì che la mia essenza venga sacrificata per indicare la via verso la liberazione delle anime rimaste troppo a lungo arenate in questo mondo. Devi aiutarmi, Kacchan, perché da sola non posso riuscirci. Il cristallo non è più puro come un tempo, troppo contaminato dalla chiralina demoniaca, e il mio corpo è ormai dissolto nel cristallo, a causa del processo che ha permesso a Kuroichi di liberare sua sorella… Lo sai cosa devi fare... »

Lo Yamanaka prese le mani della giovane tra le sue, allontanandosi di un passo, la gola secca, serrata in una morsa fatta d’ansia e paura… Perché sapeva benissimo cosa questo implicava. « Devo prendere io il controllo, allora? Ma questo significa che, uccidendoti, anche io… » La ragazza scosse il capo, convinta, stringendo con più forza le ue mani, a volergli dare coraggio e fiducia. « Non lo permetteremo. Ricordati che non sei mai solo, che ci siamo io, tuo padre, tua nonna, il piccolo Giman e tutti gli altri che hanno deciso di affidarsi a noi, per cercare la salvezza. Credici, amico mio, credici fortemente, e nulla ci sarà impossibile. »

[...]


Lentamente, il giovane Yamanaka riaprì gli occhi, tremante, la fronte quasi poggiata contro la superficie gelida del cristallo. Dunque era questo quello che avrebbe dovuto fare? Immolarsi lui stesso? Era davvero disposto ad un sacrificio tanto elevato? Barcollante, si staccò, indietreggiando di qualche passo, guardandosi intorno spaurito: le anime che aveva evocato stavano ancora tenendo a bada le bestie mentre, più in là, sentiva l’avvicendarsi di colpi tra le ragazze e Kuroichi…

Kuroichi. Incredibile fin dove quell’uomo si fosse spinto, pur di salvare la sua adorata sorella. Era disposto a tutto, anche di diventare lui stesso un mostro, pur di salvarla. Ci voleva davvero un gran bel coraggio per prendere una decisione simile e, per la prima volta, si ritrovò ad invidiarlo… Invidiava come quell’uomo avesse anteposto sua sorella a sé, di come l’avesse resa il centro del suo universo, la forza motrice per permettergli di andare avanti… E ora che Makoto era salva, che il demone non le dava più il tormento, Kuroichi aveva smesso di esistere. La vedeva, la sua anima, arenata alla sua adorata sorella, cercare di darle conforto, di farle trovare la forza di reagire, di vedere oltre quel corpo fatto di carne e chiralina solida: non stavano più affrontando Kuroichi, ma… « Gogmazios. È così che si fa chiamare quel demone. » Shiroko, alle sue spalle, barcollò leggermente, cercando di ristabilire un equilibrio precario, completamente devastata dallo scontro. D’istino, Kacchan cercò di sorreggerla, ma lei si tirò indietro, infilando una mano nella sua bisaccia ed estraendo una siringa ipodermica che, prontamente, si infilzò sulla spalla, iniettandosi il medicamento. Sotto gli occhi esterefatti di Kacchan, le ferite della donna iniziarono a rimarginarsi, dandole nuova energia. « È un rimedio speciale che Kuroichi ha sintetizzato utilizzando il mio sangue… » « Quindi tu sapevi tutto fin dall’inizio, non è vero? Conoscevi perfettamente il suo piano... » La donna albina si limitò ad annuire, volgendo lo sguardo verso l’amica che, poco più in là, nascosta dietro una colonna, cercava di riprendere fiato, farfugliando qualcosa, come una cantilena, quasi a cercare di convincersi di qualcosa.

« Voleva a tutti i costi che fosse Makoto a dargli il colpo di grazia, ma come può farlo… È per questo che avevo deciso che sarei stata io ad annientarlo o, quanto meno, sfruttare qualcuno che provasse abbastanza odio nei suoi riguardi per poter togliere tale fardello dalle spalle di quella povera ragazzina, ma… » Sentenziò Shiroko, in un palese riferimento a Masaru. « … ma non avevamo previsto la reale forza di Gogmazios… Ne dell’esistenza di persone con la tua capacità... » Kacchan abbassò lo sguardo, stringendo i pugni con forza. Merda, ora si sentiva dannatamente in colpa: se lui non fosse stato lì presente, probabilmente il loro piano sarebbe pure funzionato. ”A questo punto, è il minimo che tu possa fare...”

Risoluto, agguantò per un braccio Shiroko, trascinandola di peso verso il nascondiglio di Makoto che, stravolta com’era, non sembrava minimamente fare caso alla loro vicinanza. Solo quando il giovane medico le posò le mani sulle spalle tremanti, la ragazzina sembrò fare caso alla sua presenza. « Makoto… Makoto ascoltami bene. Quello non è più tuo fratello, è Gogmazios, ok? È quel demone che ti ha rovinato la vita... » « Come fai ad esserne così sicuro? Non può non essere lui… Deve essere lui… Altrimenti… Altrimenti come… dove... » Era visibilmente sotto shock e, Kacchan ne era fin troppo consapevole, mai avrebbe trovato la calma dalle parole di un estraneo. Cercò lo sguardo di Shiroko, ma anche la donna, come lui, era abbastanza sconsolata. Evidentemente, anche lei aveva cercato di far rinsavire l’amica, ma senza ottenere successo, quindi… Non restava altro da fare che farla parlare col diretto interessato.

Non aveva mai fatto una cosa del genere, ma sapeva che era fattibile, avendo letto sulle antiche incisioni ritrovate lì nel villaggio, di come altri, prima di lui, fossero riusciti in qualcosa di simile, così iniziò a concentrarsi, a condensare chiralina intorno a sé, cercando di materializzare l’anima arenata di Kuroichi, ma anche così facendo, sarebbe stato impossibile, per lui, comunicare con la sorella, perciò doveva usare il suo corpo come tramite per la comunicazione. Addensò l’enzima disperso nell’aria su di sé, quasi a voler creare una coperta su cui l’anima si sarebbe distesa e… Sotto gli occhi esterefatti delle due, la figura del giovane iniziò a mutare, assumendo i contorni sfumati di quelli di Kuroichi. « Ehi, lucertolina, sono io! Ti prego, ascoltami! » Gli occhioni ametista della piccola, nel sentire la voce del fratello, si riempirono di lacrime amare. « Mi dispiace. Mi dispiace di averti causato tutto questo male, ma… Dovevo farlo. Ho promesso a nostra madre che avrei fatto qualsiasi cosa per proteggerti, e mi sento un mostro nel farti soffrire così, ma se non l’avessi fatto, quello ti avrebbe devastato, ti avrebbe annientato lentamente, istante dopo istante. Non potevo lasciarglielo fare. Quindi adesso ascoltami, lucertolina. Quello non è più il mio corpo, ok? Gogmazios ne ha preso il controllo e non possiamo assolutamente lasciarlo libero, dargli la possibilità di fare altro male. Abbiamo sofferto troppo a causa sua e non possiamo permettere che ne faccia ad altri... » « Si, ma... » « Io sono qui, accanto a te, e lo sarò sempre. Non dubitarlo mai. »

Con un profondo sospiro, Kacchan riemerse fuori, dissolvendo l’immagine di Kuroichi, stravolto per lo sforzo, tanto da accasiarsi su se stesso, trovando sostegno nella piccola Makoto che, col viso ancora rigato di lacrime, cercò di guardarlo con una nuova risolutezza, quasi cercasse aiuto anche da lui. « Cosa… Cosa dobbiamo fare? » Gli domandò, mentre Shiroko si inginocchiava al suo fianco, aiutandolo a sorreggersi. Respirando a fondo, Kacchan guardò prima l’una poi l’altra, provando una strana stretta al cuore… Quei loro sguardi carichi di aspettative, speranza… Stavano riponendo la loro fiducia in lui, LUI, quello di cui nessuno si era mai davvero fidato. ”Si, direi che per loro vale la pena farlo...”

[...]

« Masaru, lascialo a Makoto e Shiroko, ho bisogno del tuo aiuto per completare il rituale che disperderà completamente la chiralina nella zona. » Comunicò Kacchan utilizzando la ricetrasmittente di Shiroko. Un gesto di intesa con le due ninja di Kumo e si divisero, Kacchan dirigendosi verso il cristallo, cercando di fare un giro un po’ più largo, per permettergli di arrivare alla meta in maniera più furtiva, mentre le due tirarono dritto verso il luogo dello scontro tra Masaru e Gogmazios, intenzionate a dare il cambio.

Stando alle urla ed ai rumori che ne seguirono, lo scambio d’avversari era andato a buon fine e, tenendosi in disparte, Kacchan osservò Masaru allontanarsi, per poi, dal suo nascondiglio, prenderla al volo per un braccio, tirandosela di peso verso la loro destinazione finale. Non era il caso di scendere nei particolari con lei, qualcosa, in cuor so, gli faceva temere che, se avesse saputo tutto, probabilmente l’avrebbe fatto desistere… E poi non avevano abbastanza tempo. Tempo, già, quel maledetto tiranno.

« Ascolta, la tempistica è tutto. Adesso io aprirò il cristallo e tu dovrai colpire al cuore la creatura che ne uscirà.... Dobbiamo coordinarci con le ragazze, però. Non appena avranno inferto il colpo di grazia a Kuroichi, subito dopo dovrai colpire tu. Usa la ricetrasmittente per metterti d'accordo con le tempistiche con Shiroko. Ok? Tutto chiaro? » Le domandò, ancora molto pallido e provato per quello che aveva fatto fino ad ora… E per quello che si apprestava a fare. Era davvero pronto? Non ne era poi così sicuro, ma… Ehi, chi mai è stato pronto a morire?

Il cristallo è freddo, gelido, contro il palmo della sua mano e chissà quanto altro gelo scenderà nel suo cuore, adesso… Per un attimo, un fugace istante, il giovane si voltò verso Masaru, studiandone la figura, i lineamenti delicati, lo sguardo di ghiaccio… Anche lei si era costruita un muro freddo e gelido intorno a sé, per poter nascondere il calore che serbava nel suo cuore, per paura di rimaner ferita e ferire a sua volta… Eppure, in quel momento, consapevole di star per morire, desiderava tanto crogiolarsi di quel calore, anche solo per una volta…

Senza pensarci, si protese verso di lei, una mano a cingerle la vita, l’altra ad afferrarle il capo, e sfiorò le sue labbra con le sue, in un bacio che, dapprima appare delicato, ma poi famelico, bramoso di ricevere altro calore, altra dolcezza da lei, ma, appunto, il tempo è tiranno e non può permettersi quel lusso, al momento. Si scostò troppo in fretta da lei e, per la prima volta da quando l’aveva conosciuta, riuscì a vedere oltre la sua corazza, vedere lo scompiglio che le aveva causato… E sorrise sornione e malizioso alla donna, quasi a volersi far ricordare come il mentecatto che era. « Volevo togliermi lo sfizio... » Le sue ultime parole, prima di effettuare il capovolgimento spirituale sul cristallo….

….E la sensazione che riceve è quella di essere intrappolato, avvolto in un bozzolo opprimente, soffocato da decine, centinaia di pesanti coperte roventi. Respirare è superfluo, ormai, perché sente di esser diventato parte integrante di quella sua stessa prigionia. Non può più uscire da li, il cristallo non potrà mai ridargli indietro il suo corpo, ma forse… Se provasse a muovere un braccio, magari la pressione potrebbe diminuire… No, quelle non diminuisce, lo sente che rimane la stessa, però sente che qualcosa cambia, si muove nel suo bozzolo… E si accorse solo in quel momento di non aver ancora aperto gli occhi… Che poi, in quella coltre opprimente che lo circondava, che lo cingeva saldamente, aveva ancora occhi in grado di guardare? Si, ed era strano come il mondo gli apparisse: intorno a lui, tutto si muoveva lento, fluttuante, come se fosse immerso in una bolla d’acqua… Ed era piacevole, tutto sommato, rinvigorente. Quasi quasi poteva lasciarsi andare, perdersi in quella pressione avvolgente…. Ma oltre i riflessi cangianti della superficie vi era un volto familiare… Masaru. Masaru! Si protese verso di lei, allungando quelle che pensava fossero braccia, pur di raggiungerla e la bolla si ruppe, l’aria gelida a fargli rimpiangere l’aver abbandonato quella protezione che aveva. Vorrebbe poter parlare, ma ha davvero una bocca da aprire, corde vocali da far vibrare? « Fallo Masaru, colpisci! Non esitare, non possiamo fallire! » Il suono della sua voce è così… Strano. Riverbera di mille sfumature, mille sfaccettature diverse, cangiante come lo è un raggio di luce che si riflette sulla superficie iridescente di un prisma. Che poi, ha davvero parlato? Non ne era così tanto sicuro, ma… Masaru sembra aver compreso, forse ha parlato davvero! Ed eccola accingersi a sguainare la spada, lenta e letale… Che cosa strana, venir uccisi da lei, ricevere il gelido bacio della morte, quando sulle labbra ancora permane il calore del suo bacio… La lama penetra, si apre un varco nel suo petto, ma non sente nulla… La bolla che lo proteggeva era ormai scoppiata, e il flusso di calore si stava ormai disperdendo, lasciandogli nella pelle, nella carne, nelle ossa, solo gelo perenne.

[...]

La spiaggia è affollata, gremita di gente a lui sconosciuta. Si muovono tutti insieme, in blocco, lasciando la sabbia asciutta e dirigendosi verso l’acqua, ad immergersi, fino a scomparire sotto il pelo dell’acqua. In molti lo spintonano, costringendolo a seguire il flusso, ma Kacchan non ne vuole sapere, vorrebbe terribilmente venir via da lì, ma non ci riesce. Riconosce delle figure, in lontananza mentre, dall’altra parte, urla si susseguono, come se qualcuno non volesse venir trascinato via, proprio come lui, forzato a voler proseguire il cammino, andare oltre.

Non comprende il suo linguaggio, ma è palese la rabbia e l’odio che prova in quel momento, nei confronti delle anime che lo tengono fermo, che lo trascinano via, con sé. Sono gli abitanti del villaggio natale di suo padre, oltre che di tutti quegli altri piccoli borghi che erano stati malauguratamente invischiati nelle trame di Kuroichi. Stavano trascinando Gogmazios in un luogo da cui non avrebbe fatto mai più ritorno e che, molto probabilmente, gli avrebbe fatto rimpiangere il luogo da cui in precedenza proveniva.

Distratto da quella vista, Kacchan non si accorse di esser arrivato ormai al bagnasciuga, i piedi a sentire la carezza umida dell’acqua a lambirgli ora le caviglie. No, non poteva assolutamente proseguire, così si voltò, in cerca di aiuto, e trovò una mano tesa che prontamente afferrò: Kuroichi lo tirò via, aiutato da Aki, da sua nonna, da suo padre e dal piccolo Giman, quello che sembrava fare lo sforzo maggiore per tenerlo inchiodato lì. Con uno sforzo immane, riuscirono a strapparlo dalla corrente di anime e tutti, in un sospiro di sollievo, si buttarno sulla sabbia, in un piccolo cantuccio rimasto sgombro.

« Visto? Te l’avevo detto che non ti avremmo lasciato solo! » Lo ribeccò Aki, sorridendogli, per poi tirargli un buffetto affettuoso sulla spalla, alzandosi in piedi ed iniziando a correre verso la riva. « Ora è meglio che vada! Devo indicare la via agli altri! » E così dicendo, svanì tra le onde. « Beh, direi che è giunto anche per me il momento di andare... » Asserì sua nonna, abbracciando stretto il nipote appena ritrovato. « Sono contenta di esser riuscita a conoscerti… Mi raccomando figliolo, comportati bene, mangia sano e per l’amor dei Kami, smetti di fumare, se non vuoi diventare una ciminiera! » Osservò sua nonna allontanarsi, dirigersi verso la riva anche lei, ma la mano salda di Kuroichi si posò sulla spalla, richiamando l’attenzione del giovane. « Mi dispiace di avervi messo in mezzo a sto casino, ma mettiti nei miei panni... » Di risposta, Kacchan semplicemente posò una mano sulla sua, stringendo con vigore. « Non serve aggiungere altro. » « Chiedi scusa a Masaru da parte mia, anche se… Dubito potrà perdonarmi per quel che le ho fatto… Comunque sia, Shiroko sa dove tengo nascosti i miei diari. Prendili, magari potrebbero tornare utili per le tue ricerche… Chissà, sono curioso di vedere cosa ne tirerai fuori! Vero anche che, forse, ci vorrà più di una vita intera per riuscire a scovare tutti i segreti che si nascondono dietro le nostre capacità, ma… Fossi in te chiederei consiglio a Shiroko anche su questo… » E, con una nuova pacca, fu il turno dell’imponente Yotsuki di scomparire nei flutti….

Ed ebbe paura, perché sapeva, in quel momento, chi sarebbe stato il prossimo a proseguire e, di fatto, suo padre lo affiancò, sedendosi al suo fianco. « Chi l’avrebbe mai detto che saremmo arrivati a questo... » Calde lacrime iniziarono a rigare il viso del giovane, che immediatamente nascose tra le braccia, per evitare di esser visto. « Su, non fare così… Ormai sei cresciuto, sei diventato un uomo, e hai ben chiaro cosa vuoi diventare e dove vuoi arrivare. Il mio aiuto, ormai, non ti serve più. » « Quindi hai deciso di volermi lasciare da solo? » « Non sarai mai solo, Hachiko. Ci sarò sempre, basterà cercare il mio ricordo nel tuo cuore, e ti starò vicino. Non temere... » E il padre abbracciò forte il figlio, cercando di rincuorarlo e anche il piccolo Giman, a sua volta, si strinse a lui, accarezzandogli il viso per rassicurarlo, confortarlo, quasi a volergli dire, nel suo mutismo, di non preoccuparsi, che lui sarebbe rimasto con lui e… « No Giman, non è giusto che tu rimanga. Vai con papà, lì sarai finalmente al sicuro. Te l’avevo promesso, no? Che ti avrei portato in un posto che avresti potuto finalmente chiamare casa. »

Gli occhi del piccolo si riempirono di lacrime e, nuovamente, si strinse al petto del giovane, quasi ad implorarlo di lasciarlo rimanere con lui, ma non poteva essere così egoista da trattenerlo a sé, doveva andare avanti. Tra le braccia di suo padre, Kacchan vide Giman dimenarsi per poi, rassegnato, salutarlo con la sua piccola manina. « Addio fratellone. »

[...]


Ritornare nel proprio corpo è quasi sempre traumatico, ma a questo giro lo è ancora di più. Si sente oppresso, schiacciato da un macigno inamovibile, eppure, per chissà quale miracolo, riuscì finalmente a riprendere fiato, annaspando come un annegato. La vista è leggermente offuscata, a stento il ragazzo riesce a mettere a fuoco, ma la persona che è china su di lui riesce a riconoscerla per il profumo e dal timbro di voce. « Lo sapevo che eri troppo testardo per morire.» « Modestamente… Ai Kami sto troppo sul cazzo per farmi schiattare. » Riuscì a stento a dire Kacchan, la voce roca come se non parlasse da giorni, ma non ha nemmeno il tempo di finire di parlare che Masaru cattura le sue labbra con le sue, in un bacio lungo ed intenso, ambrosia per il suo corpo stremato. « Questo è per prima… » Sussurra dolcemente la donna, per poi, con voce irritata, aggiungere un « E questo è per prima!" E per lo spavento! » accompagnando le due frasi con due sonori ceffoni, tanto forti da fargli riprendere immediatamente lucidità. « Cazzo, dovrei farlo più spesso... » Rispose, massaggiandosi il viso dolorante e arrossato, per poi cercare di mettersi dritto, guardandosi intorno. Shiroko lo aiutò a mettersi dritto e lo sguardo dei due non poté fare a meno che andare su Makoto che, poco più in là, piangeva disperata, stringendo tra le mani un brandello di stoffa scuro. « È finita. Ora non ci resta altro da fare che rimettere insieme i pezzi... » Sentenziò l’albina, trovando sostegno nel konohaniano. « Andiamo via da qui… Abbiamo bisogno tutti quanti di riposare. »

E, così dicendo, si allontanarono dai resti distrutti del Tempio di Anima, mentre le ultime lucine solitarie fluttuano a mezz'aria, per poi spiccare il volo verso il cielo e il caldo abbraccio del sole.


CITAZIONE
Chiedo venia per eventuali strafalcioni grammaticali, ma scrivere sta epopea è stato un travaglio x.x

Chiedo perdono a chi dovrà valutare i miei 104.139 caratteri :rose:
 
Top
view post Posted on 13/3/2021, 00:42     +1   -1
Avatar


Group:
Narratori
Posts:
5,484

Status:


E fu così che sopo aver raccolto le Pietre dell'Infinito, Kacchan schioccò le dita XD

La cazzata l'ho detta, posso passare finalmente a farti i complimenti per il lavoro eccellente: il racconto è stato scorrevole e coinvolgente, Kacchan molto ben caratterizzato e ruolato. Mi dispiace solo di aver letto con la "pressa" e col sonno addosso, per non farti aspettare oltre.
Lo ripeto a costo di fare la parte di quella che se la tira: non è facile che qualcosa sia per me piacevole da leggere, e questo è stato uno di quei casi^^ mi farà piacere gestire la prossima Missione.

Premio unico 100 exp, MA se serve il compenso vecchio perché la scheda non è ancora convertita, fammi un fischio che rettifico. Siamo in fase di transizione, c'è sempre un minimo di sconquasso.
 
Top
view post Posted on 14/3/2021, 11:17     +1   -1
Avatar


Group:
Iwa
Posts:
3,971
Location:
Cair Paravel

Status:


...e quale il lato chiaro?
♤♤♤♤
« Sii te stesso, ma non lasciare che questo ti uccida. »


'And there they stood. Statues of stone.
Long forgotten, covered in snow.
Oh, lonesome statues, oh how you weep.
For a long time before, ancient, now sleep.'

Una malattia inaspettata, una piaga terribile che affliggeva gli animi nel senso letterale del termine, era così che cercavano di affrontare la vita di tutti i giorni i ninja di tutto il continente e questo non era diverso per gli shinobi e le kunoichi di Iwa. L’incertezza del futuro regnava sovrana e fu in quell’incertezza che qualcosa avvenne per una di queste kunoichi, qualcosa di inaspettato ma che lei, Masaru Takeda, aveva desiderato da molto, molto tempo.

Aspra Rocca era una località ben nota ai ninja di Iwa, di per certo non come meta turistica: si trattava di una piccola roccaforte costruita sulla catena montuosa più a sud del Paese della Terra, un utile avamposto che veniva sfruttato come base di controllo per gli accessi al paese.
Di conseguenza, la locanda presente ad Aspra Rocca era un via vai continuo di gente, tra chi voleva entrare nel paese, con un visto o un modo meno lecito per entrare, e chi invece lo lasciava. Quel giorno, come era solito, pullulava di persone, il freddo della stanza mitigato dal calore del focolare acceso, vicino il quale si erano radunati alcuni avventurieri, evidentemente non abituati al freddo di quella giornata.

Come fare a cercare, in mezzo a quella marmaglia, la persona per cui Masaru si trovava lì? Dopotutto, le avevano fornito poche indicazioni a riguardo: era una donna, e lì di donne ce n’erano, seppur in numero esiguo. Era per questo che avevano scelto una frase in codice, per farsi riconoscere. Può la neve sanguinare? era la domanda che la kunoichi della roccia avrebbe dovuto porre, per ottenere come risposta un E se in realtà fosse il sangue, a ghiacciare?. Uno scambio di battute abbastanza insolito, ma incredibilmente ironico, se si pensava che in quel momento i primi fiocchi di neve avevano iniziato a cadere, visibili dalle finestre della locanda.


Ed ecco che, seduta ad un tavolo, da sola, proprio vicino ad una finestra, una donna osservava assente la neve cadere lenta, con i suoi piccoli e gelidi fiocchi bianchi. Perché, tra tutte le donne presenti in quella sala, proprio lei attirava l’attenzione? Perché come la neve, era pallida in ogni suo aspetto: dalla pelle chiarissima, diafana, fino ai capelli tagliati corti, che le arrivavano sopra le spalle, candidi come fiocchi di neve. Masaru avrebbe potuto supporre che si trattasse di un’albina, ma gli occhi dalla piega felina non avevano il caratteristico colore di chi possiede quel difetto genetico, anzi, sembravano a loro volta sbiaditi, lentamente privati della loro originaria pigmentazione, che suggeriva un giallo molto tenue, percepibile se non con la giusta illuminazione, che lo rendeva leggermente più intenso.

Una bella donna, tutto sommato, ma quel suo modo di esser quasi sbiadita dava una strana sensazione di angoscia, che sembrava cercar mitigare conferendo, al suo abbigliamento, tonalità blu e rosse, che al contrario risaltavano ancor di più il suo candore quasi spettrale. Indossava come casacca un corto kimono verde-azzurro, finemente ricamato con un disegno floreale, di una tonalità più scura, tenuto fermo sul petto e sulle braccia da nastri scarlatti. Completavano il suo abbigliamento un paio di pantaloncini e lunghe calze nere, sulle cui ginocchia vi erano dei rinforzi di stoffa rossa. Non aveva armi con sé, né altro tipo di bagaglio. Non vi era coprifronte ad indicarne il villaggio di appartenenza, ma per Masaru sarebbe stato lapalissiano capire che si trattava di un ninja.

Una missione della quale obiettivo risultava semplice, almeno in apparenza. Fatti i preparativi, la kunoichi non aveva perso tempo a raggiungere il punto d'incontro, avendo cura di levarsi di dosso armi ben visibili e coprifronte, consapevole per esperienza che in posti come quello avrebbe attirato fin troppe attenzioni.
E meno male, poiché parlando di attenzioni, sembrava attirarne parecchie già quella donna che notò entrando.
Studiò con attenzione i presenti, camminando con perfetta calma attraverso la grossa sala della locanda di spicco. Nessuno di loro sembrava particolarmente interessante quanto quella curiosa fanciulla dal candido colore.

Per esperienza diretta era consapevole che si trattava di un ninja, pur mancando di elementi essenziali a comuni civili per definirla tale. Poteva essere lei il suo contatto, oppure no, eppure tentar non nuoce.
Trovandosi ormai nelle vicinanze la guardò osservare la neve e le si avvicinò con calma, spostando le iridi chiare su quell'evento cui non era solita assistere: "Uno spettacolo incantevole, non c’è che dire. E ogni qual volta la osservo non posso fare a meno di chiedermi: Può la neve sanguinare?" queste le sue parole, dettate con placida casualità, in attesa della risposta che non tardò ad arrivare.

La vecchia Masaru avrebbe di certo abbozzato un sorriso, lei si limitò invece a riportare lo sguardo eloquente verso l'altra donna. "Vi dispiace se mi siedo?" le chiese poi, prendendo il posto adiacente alla donna pseudo albina e un tono più professionale… e più cauto. "Sapete già perché mi trovo qui."


Alla richiesta di Masaru, la donna non sembrò scomporsi, invitandola a sedersi di fronte a lei con un cenno del capo e un lieve gesto della mano. L'espressione sul suo viso era neutra, impassibile, mentre le lunghe dita affusolate giocherellavano dapprima con un lembo di stoffa della manica, poi picchiettando sulla superficie ruvida e scura del tavolo, tradendo una nota di nervosismo e agitazione che, in una figura del genere, appariva fuori contesto. E, ora che le era più vicino, Masaru avrebbe potuto notare come il bel volto femminile fosse sfregiato da cicatrici, lievi ombre più scure a deturparne la pelle chiara.

Un sospiro mesto e la donna discostò leggermente il bordo del suo kimono, frugandovi al suo interno, mostrando la sottile maglia a tessuto protettivo che portava di sotto, tirando fuori una foto che posò davanti alla kunoichi della Roccia. Sembrava una foto di famiglia, di quelle che si è solito incorniciare e conservare nella propria cameretta e raffigurava un uomo dai lunghi capelli scuri e lo sguardo magnetico color ambra, Kuroichi Yotsuki, in compagnia di una ragazzina minuta, dall'aspetto abbastanza mascolino, la pelle scura e vividi occhi color ametista. Erano felici in quella foto, stretti ognuno nelle braccia dell'altro.

"Posso condurvi da lui, aiutarvi a catturarlo o eliminarlo, se necessario..." Era quasi impossibile da dire, ma anche la sua voce, come il resto del corpo, appariva bianca, incolore: priva di alcuna flessione linguistica, che potesse tradirne accento, o che potesse lasciar intravedere emozione, eppure una piccola nota arrivò all'orecchio di Masaru quando proseguì, indicando la ragazzina insieme al medico ricercato. "... ma ad una condizione. Se dovessimo incrociare lei, la gestirò io. Nessuno dovrà affrontarla all'infuori di me, nessuno deve torcerle un capello. Intesi?"

Così come lei avrebbe potuto notare le cicatrici - oltre che cenni di nervosismo - altrettanto la donna albina avrebbe potuto osservare meglio quelle di Masaru, che abbassò lo sguardo verso quella foto, quella figura che aveva imparato per molto tempo a odiare, stato d'animo che non riuscì a dissimulare del tutto, poi lo spostò alla giovane ritratta al suo fianco, sembrava l'esatto opposto di lui. Probabilmente doveva esser lei la fantomatica sorella della quale vita le era costata la perdita del Bijuu.
Fu in quel momento che le affiorò un dubbio, o meglio una curiosità che di tanto in tanto saliva in superficie da quel famigerato incidente, ma non le fu necessario chiedere, poiché le premesse dell'altra donna rispondevano subdolamente alle sue perplessità: la ragazzina era uscita dal coma, ma a quanto pareva la minaccia non l'aveva lasciata andare.

Risollevò le iridi color acciaio su quelle color ambra dell’altra, annuendo in tutta risposta, pur sapendo di non avere pieno controllo su come avrebbero reagito i colleghi o peggio i piani alti, specie se tale pericolo minacciava di rovesciare gli equilibri di Iwa, anche solo giungendo entro i suoi confini o nelle immediate vicinanze. Ma non sarebbe stato molto saggio riferirlo alla misteriosa donna, che avrebbe potuto osservare i suoi occhi affilarsi pericolosamente alla menzione anche indiretta dell'uomo, unica nota che tradiva odio primordiale, mentre si accertava che non ci fosse nessuno intorno troppo interessato alla loro conversazione. "Andando al nocciolo della questione, avrei delle domande da porvi," enunciò lei con un tono di voce diametralmente opposto al suo sguardo pericoloso, "chi siete voi? Cosa sapete di lui? E come lo sapete?"


Con la stessa naturalezza con cui aveva estratto quella foto, così la donna la riprese in mano, osservandola a lungo, quasi la sua mente fosse intenta a rievocare ricordi lontani. Volse infine lo sguardo sbiadito su Masaru, la foto ancora stretta in mano. "Mi chiamo Shiroko. Shiroko e basta. Non so qual è la mia terra d'origine e, sono più che certa, questo non è nemmeno il mio vero nome, ma sinceramente non mi interessa. Tutto quello che sono, al momento, lo devo a lei e alla sua famiglia: mi ha salvato la vita, mi ha accolto e trattato come se fossi sangue del suo sangue, le sono stata vicino nei momenti più difficili... E ho giurato che l'avrei protetta, a qualsiasi costo."


Si fermò un momento, per permettere a Masaru di assimilare quanto le stava dicendo. "Conosco Kuroichi da quando la sua famiglia mi ha accolto. Sono a conoscenza dei suoi esperimenti, sul cosa lo muove, nonché il suo fine ultimo. L'ho anche affrontato, una volta, per metterlo in guardia da ciò che stava facendo, su quanto folle fosse il suo piano..." Abbassò lo sguardo sulla foto, mostrando tracce di rammarico sul volto, per poi riporre quel pezzo di carta dove l'aveva tenuto, massaggiandosi infine lo sterno quasi distrattamente. "E ora che ha quasi raggiunto il suo obiettivo, è arrivato il momento di fermarlo, prima che sia troppo tardi."

E la kunoichi della Polvere ascoltò in silenzio, senza mai interromperla. La studiò con attenzione, ma per esperienza diretta con individui della peggior specie Masaru sapeva che non c'era nulla di quella figura che urlasse alla menzogna, quanto stava narrando era tutto dannatamente vero.
Tuttavia, che lei si sentisse o meno in er... en... com'era quel termine? ...ah sì, in empatia con quella donna, non poté fare a meno di notare come non avesse ancora risposto alla domanda che tra tutte le interessava. Si sistemò gli occhiali ed annuì piano. "Capisco," le disse con assoluta calma, guardandola immutata al di là delle lenti, "e mi trovate più che d'accordo in merito a Kuroichi," e niente, era più forte di lei, cosa rara da osservare, semplicemente non riusciva a pronunciare quel nome senza quella impercettibile nota nella voce, "tuttavia c'è ancora una domanda alla quale non mi avete risposto. Cosa sapete di lui? Dove si trova adesso?"

Chiara e semplice fu la domanda, altrettanto per la risposta, con in aggiunta la ferma intenzione dell'altra di volerla accompagnare, come previsto anche considerate le premesse di poco prima. Visto cosa l'aveva spinta sino a lì, fino a lei, Masaru comprese anche che le sarebbe stato impossibile negare a Shiroko quel viaggio e, ad essere sinceri, si sarebbe insospettita di più del contrario.
"D'accordo allora," annuì placidamente, "partiremo immediatamente, vi darò il tempo di fare i vostri preparativi, se ne avete necessità."

Nel frattempo però un'altra atroce perplessità si era sviluppata nella kunoichi della Roccia, una di quelle per cui, per quanto ne intuisse già la risposta, sentiva la forte necessità di avere una conferma. "Toglietemi una curiosità. Prima avete parlato di una fase finale, a cosa punta lui con questi esperimenti?"


Per la prima volta da quando aveva iniziato ad interagire con lei, Masaru vide dipingersi sul suo volto una smorfia... Era un ghigno beffardo, quello? "Cosa so di lui? Oh, faresti meglio a chiedermi cosa mi è sconosciuto, in lui... Negli anni in cui sono stata con la sua famiglia, l'ho conosciuto sotto... diversi punti di vista.
Ho avuto modo di vedere com'è come fratello, come figlio, come medico e ninja di Kumo, so di cosa è capace di fare, conosco quanto è insidiosa la sua capacità nel manipolare gli stati d'animo delle persone.
Un'abilità estremamente rara, tanto che gli ha permesso di ottenere una certa nomea, quando ha prestato servizio come medico, nel corso della guerra contro Watashi. Credo sia un retaggio di famiglia, acquisito dal lato materno. Sua madre morì quando Makoto era ancora molto piccola e le ha giurato che avrebbe fatto qualsiasi cosa, pur di proteggerla.

Non so bene come funzioni, né tanto meno il perché, ma sembrerebbe che quel lato della sua famiglia avesse una particolare predisposizione all'interazione con i demoni. Sarebbero in grado di comunicare con loro, interagire col mondo in cui sono rinchiusi e richiamarli nel nostro. Uno di questi è interessato a Makoto, in particolare. Kuroichi sostiene che voglia usarla per entrare nel nostro mondo, in modo tale da potersi liberare e scatenare come fece Watashi a suo tempo. Inizialmente era questo il suo piano: sigillare definitivamente quel demone, annientandolo definitivamente, senza che interagisca con la sorella, ma....

Le cose sono drasticamente cambiate quando Makoto si è risvegliata dal coma e ha iniziato a manifestare il potere di quel demone, segno inconfutabile che ormai l'avvicinamento era avvenuto ed era impossibile impedirlo. E così ha fatto in modo di accelerare i tempi: Kuroichi ha trovato una nuova base d'appoggio in un piccolo villaggio nel Paese della Pioggia e li si sta preparando per poter effettuare l'estrazione del demone dal corpo della sorella, che in questo momento si sta dirigendo proprio lì, per conto delle autorità di Kumo.

Le hanno ordinato di uccidere suo fratello, per eliminare definitivamente ogni traccia degli esperimenti abominevoli condotti da Kuroichi, ma conoscendo Makoto, non tradirà mai la fiducia del fratello e cercherà in tutti i modi di aiutarlo, o di convincerlo ad agire diversamente. Quello che più mi preoccupa è sapere cosa ne farà del demone, una volta estratto dal corpo della sorella, e da quel che ho avuto modo di capire, affrontandolo, è che voglia impossessarsene a sua volta.

Il perché? Ecco, quello mi è sconosciuto, ma temo lo scopriremo quando arriveremo lì. Non ho nulla con me, quindi per quel che mi riguarda possiamo partire anche subito. Prima raggiungiamo quel villaggio, prima impediremo a Makoto di ricongiungersi a suo fratello."


Fidarsi o meno, questo era il punto cruciale di tutta la missione, dopotutto non sapeva come era venuta a conoscenza dell'ubicazione esatta di Kuroichi, anche se parte di quanto rivelato le fece da campanello d'allarme per dirle che sì, erano informazioni corrette. Dunque era vero, era iniziato tutto per aiutare la sorella di lui.

Masaru la osservò a lungo senza esternare emozioni, almeno in apparenza, con quello sguardo che tanto era amato dai suoi superiori. Aveva le informazioni che le servivano e quella persona sembrava disposta a tutto pur di dare e ricevere un aiuto contro quell'uomo, ma trovò comunque giusto mettere in chiaro le cose.
"Come già detto in precedenza, per quel che mi riguarda possiamo partire nell'immediato, il tempo di sbrigare un impegno veloce. Che sia chiara però una cosa, una volta che l'avremo trovato..." si sistemò in modo da essere più comoda e più vicina, per guardarla meglio, con un'espressione differente, una scintilla sinistra negli occhi e l'ombra di un sorriso privo di calore umano, "a K u r o i c h i penserò io."

Di quell'impegno veloce non fece menzione, si trattava più semplicemente di lasciare in archivio un rapporto in merito alle informazioni ottenute ed alla sua intenzione di indagare a fondo sulla questione, come le era stato richiesto, seguendola. Una semplice misura preventiva.
Il tragitto non diede loro molti problemi, tuttavia quella curiosa compagna di viaggio non permetteva all’istinto di Masaru di abbassare la guardia, a partire dall’evitare dialoghi con lei all'infuori di semplici direttive di cui accordarsi, con il rischio di esporsi troppo o dare l'erronea idea, specie a sé stessa, che si trattasse di una gita di cortesia. Errori che per alcuni potevano essere di poco conto, ma rischiavano di essere fatali in certe circostanze.
Giunti al Paese della Pioggia, la Jinton si lasciò guidare fino alla meta da Shiroko conosciuta, ma ancor prima di mettervi piede cominciò seriamente a pensare a strategie in solitaria, così da anticipare spiacevoli situazioni e cambi di programma.

Tamashī no Niwa era un piccolo borgo dall’aspetto rurale, reso particolare dalla posizione in cui sorge. Situato in prossimità del confine con il vicino Paese del Fiume, era stato costruito sulla collina più alta della zona, circondata dai fiumi perennemente ingrossati dalle costanti piogge, le cui esondazioni avevano costretto a costruire il complesso urbano su più livelli d’altezza, collegati da scalinate e pontili realizzati, come il resto degli edifici, da legno e roccia.

Il borgo, data la sua posizione quasi del tutto circondata dall’acqua, aveva un unico accesso, quello del livello inferiore, costruito per lo più su grandi palafitte che poi conducevano ai piedi della collina, su cui si sviluppavano gli altri livelli residenziali.

Sulla vetta della collina si trovava un palazzo molto più grande rispetto al resto degli altri edifici, una imponente struttura dalla base circolare, la cui architettura, che riprendeva lo stile dell’intero borgo, era arricchito ed impreziosito da diverse vetrate, dalle quali filtrava una brillante luce azzurrina, elemento che rendeva quanto mai mistico quel luogo, soprattutto durante le notti di pioggia incessante.

Stando a Shiroko il luogo era disabitato, cosa che trovava conferma già osservando da lontano il paese. Metà della popolazione era stata annientata dal misterioso morbo che stava mietendo vittime in tutto il continente, mentre l'altra metà era stata annientata da Kuroichi dietro inganno, quando si era insediato lì, nell'edificio in cima alla collina.

Man a mano che si avvicinavano, Masaru percepì una sensazione di disagio, di qualcosa di estremamente sbagliato, fuori posto, come se qualcosa sussurrasse al suo corpo di tenersi alla larga quanto più possibile da quel posto.

Prima di procedere a cazzo duro contro il nemico, Shiroko propose a Masaru di fermarsi in un piccolo capanno da pesca vicino all'ingresso principale del villaggio, così da organizzarsi sul da farsi, ma quando furono a due passi dalla porta, quasi con la mano sulla maniglia per aprire, le due kunoichi percepirono questa sensazione crescere, come se qualcosa stesse loro strozzando la gola, simile ad una crisi di panico.

Shiroko intimò a Masaru di stare indietro, temendo potesse esserci Kuroichi ad attenderle, anche se non ci fu bisogno di avvisarla, ed entrambe si prepararono a combattere. Aperta la porta, l'interno della stanza era tanto denso d’oscurità che sembrava inghiottita nel nulla. D'istinto entrambe mossero un passo indietro, come se un campanellino d’allarme in loro si fosse messo a suonare all'impazzata e, in quel nero che più nero non si può, Masaru intravide due piccoli puntini azzurri… sentendo con sua sorpresa la voce di Kacchan chiamarla per nome.

In quel momento l'oscurità nella stanza sembrò ritirarsi, con l'avvicinarsi del ragazzo, che solo giunto sulla porta lei riuscì a vedere distintamente: era a petto nudo con un'orrenda ferita sulla spalla destra, per metà curata e per metà cauterizzata e il viso rigato da lacrime nere. "Masaru? Ma cosa ci fai tu qui?"

Vedere lui, sentirlo chiamarla per nome, vederlo in quelle condizioni, ebbe uno strano effetto che le tolse per un momento il respiro. Più che la confusione fu la preoccupazione che si palesò nello sguardo della Jinton e stava per muovere un passo… “Kacchan… ?” enunciò a fior di labbra. La sua parte logica bloccò saggiamente il desiderio di raggiungerlo e la fermò, riacquisendo così la sua maschera di freddezza sfumata dal dubbio.
Non era ancora intenzionata ad abbassare la guardia, dubitando fosse una trappola di quel mostro, ma al tempo stesso, vedendo Shiroko in procinto di colpire la fermò, stando all'occhio con lui "Potrei chiederti la stessa cosa…"

La ragazza albina non oppose resistenza né insistenza, ma restò guardinga, osservando ogni mossa di Kacchan. "Questo è il paese in cui è nato mio padre... Sono qui per delle ricerche, ma... Tu, piuttosto? Che ci fai così lontano da Iwa?"

"Sono qui per lavoro" le sue uniche parole, non osando un passo finché non avesse avuto la certezza che non si trattava di quel manipolatore.

"Ah…"
quella reazione amareggiata da parte del ragazzo rischiò di formare una grossa crepa nella patina di gelo in lei, che nel timore si costrinse al distacco.

D’improvviso Shiroko puntò un dito verso la spalla di Kacchan. "Quella ferita... è stata Makoto a fartela?" ricordandogli d’esser mezzo nudo e con la spalla dolente. La Takeda lo vide digrignare i denti, sentendo un’altra crepa nella sua maschera di ghiaccio.
"Allora è così che si chiama quell'indemoniata del cazzo? Per poco non mi faceva saltare la testa... Per non parlare di quell'armadio a due ante che sta con lei... Che poi, scusa, come cazzo fanno ad essere fratelli, quei due? A meno che non siano stati adottati, merda, lui è cazzo enorme e lei è cazzo piccola. A meno che non si chiamino fratello e sorella per qualche sorta di feticismo loro... Certo però che sarebbe assurdo, cioè, cazzo... Anatomicamente parlando, se ha il cazzo grosso quanto lui è grosso, come cazzo fa ad entrare in... Santa Inari, minimo quella ragazzina non è nemmeno maggiorenne, ma porca puttana..."

Shiroko guardò perplessa Masaru, chiedendole se avesse tutte le rotelle a posto. Come dubitare di un simile discorso che soltanto Kacchan era capace di fare mentre l’aura oscura attorno a lui svaniva del tutto.
Solo allora la Jinton trattenne l'impellente voglia d'alzare gli occhi al cielo, rilassandosi e rispondendo all’altra con un sospiro rassegnato prima di avanzare.
Aggrottò poi la fronte, con una serietà più gentile, poggiandogli una mano sulla spalla sana. "Cos'è successo?"
Sentire la sua mano sulla propria le fece uno strano effetto, ma non ebbe tempo di decifrarlo poiché concentrata sul suo malessere e la sua risposta.
"Stavo facendo delle ricerche sulle usanze religiose di questo villaggio e quando mi sono avvicinato al Tempio di Anima, quello sulla collina, mi sono imbattuto in quei due."

Lei sentì improvvisa la sua carezza delicata diventare una ferrea presa e si sorprese. "Tu piuttosto... Non dirmi che hai intenzione di affrontarli?"
E la sorpresa della giovane donna mutò in una calma perentorietà, senza mai ritrarre la mano né lo sguardo: "Ho un conto in sospeso con lui… ed è anche il motivo per cui siamo qui.”
“Oh, col cazzo che ti faccio avvicinare a lui...”
Prima che Masaru potesse rispondergli intervenne Shiroko "Hai visto Makoto? Ragazzina smilza, bassina, pelle scura, capelli neri e occhi ametista..."
Al cenno di Kacchan in risposta Shiroko imprecò "Allora è già qui... Non abbiamo molto tempo..."
"Per il momento sono riuscito a rallentare quel demone sotto mentite spoglie. Qualsiasi cosa voglia fare con suo fratello, adesso è impegnata a liberarsi da un pantano di gente incazzata nera... Quindi abbiamo un po' di tempo per capire che cazzo sta succedendo qui," rispose risoluto, "anche se una mezza idea di quel che potrebbero voler fare ce l'avrei..."

La Takeda lo osservò perplessa, non perché non avesse un’idea dei piani di quel folle, quanto perché voleva sentire anche l’ipotesi del ragazzo, “Che intendi dire?”

"Quella ragazzina aveva trasformato il suo braccio in un artiglio rovente, e questo è il risultato del suo tentativo di staccarmi la testa… Qualunque cosa vogliano fare, credo proprio dipenda da questo." lo sguardo che le lanciò non le piacque, ma decise di non darci troppo peso.
"È il particolare stile di combattimento che Makoto si è creata, dopo aver stretto il patto con il demone che la tormentava..." confermò Shiroko.

“Non sei in condizioni di affrontarli di nuovo, penso che sia il caso tu resti qui a riprenderti,” affermò Masaru, anche se era abbastanza dubbiosa a riguardo. Avendo già avuto a che fare con Kuroichi, dubitava che quegli strani sintomi fossero opera sua ed in cuor suo c’era il timore che anche lasciando Kacchan da solo quel… qualsiasi cosa fosse potesse riprender forza e consumarlo.
"Scherzi?” lo vide infuriarsi, “E lasciarvi affrontare da sole quei due?! Ma non esiste proprio. Vengo con voi... Anche perché non avete idea di quello che potrebbe succedere con loro..."

La Jinton aggrottò la fronte, chi la conosceva poteva osservarle una sfumata apprensione mentre lo sguardo puntava la ferita di lui, avvicinando l'altra mano su di essa senza toccarla "Temo di sì invece…"
Occhi eloquenti lo fissarono sotto lo sguardo serio, seguì una pesante pausa e lei si inumidì le labbra. "A pensarci bene però, neppure stare da solo potrebbe essere una buona idea... voglio dire... i tuoi occhi e... quella strana sensazione..."
Parlando si sporse verso di lui e lo studiò con cura, perplessa, prendendogli gentile il mento con la mano che stava sulla spalla per voltarlo appena da un lato e dall'altro.

Vide in lui sorpresa e fastidio e si accorse solo in quel momento di quella premura che stava avendo verso il konohano, sorpresa a sua volta dal suo stesso atteggiamento, fermandosi ed arretrando appena, anche considerata la reazione del ragazzo.
"Oh, queste... Non devi preoccuparti, è...ehm... Una cosa fisiologica..." Apparve un certo imbarazzo sul viso del konohano e brevissima un'espressione marpiona. Masaru però lo guardò inquisitoria negli occhi, perplessa da quella spiegazione. Sentiva che qualcosa non tornava, certa di ciò che aveva percepito prima. Intuì poi volesse fare una delle sue battute, ma lo vide stranamente schiarirsi la gola, evitando. "Non è niente di cui preoccuparsi. È una cosa che riesco a fare da un po' di tempo... " e i dubbi vennero spazzati per qualche secondo quando l'attenzione di lei andò a quel sorriso, a quel gesto che un po' la stupì. "E per la spalla, non farti cruccio. Mi ci vogliono giusto cinque minuti per rimetterla in sesto." così dicendo, facendosi serio, lui chiuse gli occhi, e lei vide piccoli rivoli di fumo dalla ferita che iniziava pian piano a cicatrizzarsi.
Ma fu per il precedente bacio, e non tanto per la tecnica medica, se rimase lì imbambolata a guardarlo, salvo riprendere quasi subito il suo solito atteggiamento, schiarendosi la gola anche lei e sistemandosi gli occhiali, per poi spostare lo sguardo su Shiroko. "Ci servirà una strategia efficace, tutte le informazioni che abbiamo a disposizione per essere il meno prevedibili possibile, dato che Kuroichi sembra sia molto attento a certe cose."

"Venite dentro, così ci aggiorniamo a vicenda sul punto della situazione…"
affermò Kacchan, lasciandole entrare nel piccolo capanno, per poi chiudere la porta. La Takeda studiò l’interno della stanza, in ogni suo dettaglio, e vide il giovane avvicinarsi ad un tavolaccio dalla parete opposta all'ingresso, con sopra il suo zaino e diverse carte, che lui scostò per tirare fuori un diario, iniziando a sfogliarlo frenetico in cerca dei giusti appunti. Non riuscì lei a coglierne molto oltre a due differenti grafie.
"Per quanto riguarda quello che so su questo villaggio… i cittadini che lo abitavano avevano delle usanze religiose particolari. Periodicamente mandavano un prescelto a fare un pellegrinaggio per tutto il continente ninja, ad immagazzinare chakra naturale per poter creare abbastanza chiralina da legare a loro quante più anime disperse in circolazione. Una volta tornati qui, si fondono con un particolare cristallo, permettendo così all'energia immagazzinata di venir reintrodotta in natura e permettendo così alle anime raccolte di trovare la strada per l'Aldilá."

Mostrò loro la bozza del cristallo in questione, fin troppo simile a quello che Kuroichi utilizzò con Masaru per imprigionare Shukaku. Un brivido serpeggiò lungo la schiena della Jinton, che al solo ricordo, ad anni di distanza, poté di nuovo sentire il grosso squarcio che aveva nell’anima.
"Da quel che ho saputo da mia nonna, che abitava qui, Kuroichi ha a sua volta alimentato ulteriormente il cristallo con l'energia vitale degli abitanti… e sono convinto che stia attendendo il ritorno di Aki, la ragazza a cui tocca a questo giro compiere il rituale propiziatorio. Ora il mio dubbio è: a cosa gli serve tutta questa energia? L'ultima volta che ho visto fare robe del genere era per attirare i Bijuu, ma dopo Fukagizu quei mostri sono spariti dalla circolazione, quindi… a cosa dovrebbe servirgli tutto ciò?"

La reazione di Masaru non fu certo tra le migliori, s’incupì, abbassò la testa e si voltò per un lungo momento a guardare altrove, mentre le mani poggiate sul tavolo strinsero la presa, cercando di ignorare le sensazioni e i ricordi che scaturivano da quelle parole e da ciò che vide. Ad occhi esterni poteva sembrare che stesse riflettendo, ed effettivamente era così.
Dopotutto, quel figlio di puttana aveva trovato un altro cristallo.
Non una singola parola nemmeno da Shiroko, che se ne restò ad osservare, e la kunoichi della Roccia si obbligò a ricacciare a forza ogni emozione. “Shiroko dovrebbe saperlo meglio di me a questo punto…” affermò con un tono basso di voce, una volta certa d’aver ripreso la sua compostezza.

La donna fece un cenno affermativo col capo, le braccia incrociate al petto. "Kuroichi ha intenzione di utilizzare tutto quel quantitativo di energia per estirpare dal corpo di sua sorella un demone che ne sta prendendo lentamente il sopravvento." Kacchan la guardò perplesso. "E voi vorreste impedirglielo? Crudele da parte vostra… certo, i metodi con cui arrivare a tal fine sono abbastanza discutibili, ma chi non compirebbe il più peggiore dei crimini pur di salvare la persona che ama?"

"Fosse solo questo, glielo lascerei fare… ma lui ha intenzione di impadronirsi del potere del demone per il suo tornaconto, ed è diventato troppo pericoloso lasciarlo agire indisturbato. Per riuscire a fare quello che si sta apprestando a fare, ha mietuto vite innocenti che non meritavano questa fine."


"Per saperne così tanto, devi essere una persona vicina a loro…"
suppose Kacchan, guardandola scettico, quasi non si fidasse di lei. "Devo molto a Makoto e alla sua famiglia, e il minimo che possa fare è evitare che si distruggano con le loro stesse mani. Ecco perché dobbiamo assolutamente uccidere Kuroichi non appena ha estirpato il demone da Makoto. In questo modo la mia amica sarà salva e lui… non rappresenterà più una minaccia."

Lo Yamanaka emise un verso pensieroso, per poi rivolgersi a Masaru, rimasta silenziosa per tutto il tempo, "Non ho ancora ben chiaro cosa c'entri tutto questo con te, ma… se la vostra intenzione è fermare quell'uomo, ok. Come vi ho già detto vi darò una mano…" pensieroso, sembrava si stesse sforzando di trovare pezzi di un puzzle incompleto.

Masaru serrò la mascella e fissò con sguardo distante gli oggetti sul tavolo, prima di massaggiarsi gli occhi stanchi con le dita, facendo così sollevare per un momento gli occhiali dal naso e risistemandoseli.
"Si da il caso che lui abbia lavorato con il Kyo Dan nel nostro paese mietendo vittime innocenti anche lì e che Iwa lo stia cercando," sospirò stanca, aggrottando la fronte con lieve irritazione, alzando solo in quel momento gli occhi su di lui, enigmatica, "inoltre l'ho già affrontato in missione, ma questo non ha importanza. Per quanto ne posso sapere il suo stile di combattimento potrebbe essersi evoluto," una scintilla pericolosa si manifestò nel suo sguardo ora gelido, "Sappi solo che intendo dare personalmente a Kuroichi il colpo di grazia."

Kacchan mugugnò pensieroso, scrutando attento Masaru, e lei sentì i suoi occhi azzurrini che cercavano di spogliarle l’animo da quella corazza adamantina o di aggirare quest’ultima, ma essa restò salda, evitandole di venire trascinata via dalle correnti oceaniche del suo sguardo.
Sentiva che ancora non era il momento di spiegargli tutto, per svariate ragioni, in particolare, l’ultima cosa che voleva era di usarlo come mero strumento su cui riversare il proprio male interiore.
Ancora una volta, fu l’albina a spezzare quel momento tra loro due, proponendosi di uscire a fare un primo sopralluogo, contando sul fatto che, essendo amica loro, poteva avvicinarsi, captare il momento per agire e farli intervenire e avere l’effetto sorpresa. Diede loro una ricetrasmittente, così da dargli il segnale per agire, lasciandoli poi soli.

"Ooook… Recupero le mie cose e iniziamo ad avviarci…"

Lo sentì a disagio e portò lo sguardo altrove, sentendo di esserne la causa.

"Fantastico, mi tocca buttarla… se dovessi incrociare le armi con quella ragazzina, Makoto, fai attenzione… è in grado di trasformare le braccia in artigli incandescenti… ma forse te l'ho già detto…"
attirò a sé le iridi di lei, che lo vide tornare assorto nei suoi pensieri. "Possibile che fossero di chiralina?" lo sentì pensare a voce alta, chiedendosi che genere di materiale fosse la chiralina, ma fu solo una distrazione di un momento. Si assicurò che il microfono della trasmittente fosse disinserito, oltre che funzionante, osservando andare via la misteriosa ragazza prima di spostare lenta l’attenzione su Kacchan.

Lo studiò in silenzio con le iridi chiarissime mentre lui si rivestiva e preparava, come se cercasse di capire qualcosa che semplicemente non le riusciva di cogliere.
"Tu sei apposto? Hai bisogno di qualcosa, prima di avviarci?"


Lei si guarda attorno, a quello che hanno a disposizione, riflettendoci per qualche istante prima di scuotere il capo: “Ho già quello che mi serve.” gli risponde con calma, poggiandosi una mano sul fianco e sistemandosi gli occhiali d’istinto. Tuttavia la reazione di lui fu come un colpo di ritorno nel suo cuore, capì d’esser stata troppo fredda.

"Senti, ma… ho un dubbio e devo togliermi questa curiosità. Quanto ti fidi di quella tipa? Shiroko intendo."


Chissà perché si aspettava quella domanda, a cui lei sospirò stanca, lanciando una fugace occhiata verso la porta chiusa. “Non mi fido di lei,” esordì semplice e diretta, “non del tutto almeno. La conosco da troppo poco e troppo poco, anche se dal primo istante mi è sembrata sincera.”

Sentì il mugugno di Kacchan, ma ancora non si girò. "Mh… essere sinceri non vuol dire necessariamente mettere in luce tutta la verità dei fatti… non so, ho come l'impressione che sì, sia sincera, ma sembra voglia omettere dei particolari…"

Già, la stessa sincerità che le aveva mostrato lo scienziato anni prima, ed era il motivo che la spingeva a mantenere alta la guardia nonostante tutto…

"Per quel che ne sappiamo potrebbe anche essere controllata."


"Nah, ne dubito…o almeno, non ho avuto quell'impressione… Da quel che ho avuto modo di capire, dal mio fugace incontro con quei tipi, e da quel che mi avete detto, beh… Kuroichi non mi sembra il tipo che 'controlli' la gente, quanto piuttosto uno che ti porta di tua sponta a fare quel che gli conviene..."
Rifletté pensieroso ad occhi chiusi…

Nonostante tutto. Anche con lui.
Poiché per quanto grande il desiderio di Masaru di calare il suo scudo dinanzi a lui e lasciarsi andare, ancor più grande era il timore che la pungolava, figlio di uno dei più grandi nemici del suo passato, figlio di ciò che ancora non le era stato rivelato.

Gli occhi della donna si posarono su quelli del giovane, con quel suo tipico sguardo che non lasciava trapelare emozioni, "e la stessa domanda potrebbe valere anche con te."

… occhi che lui spalancò nell’udire quella frase. "Wowo, aspè, cosa?" le chiese genuinamente sorpreso, stupito di venir considerato in quella maniera.

A passo lento e misurato la Jinton avanzò verso Kacchan, osservandolo in ogni suo dettaglio. "Li hai affrontati, sei sopravvissuto, ma sei anche rimasto ferito. E quando io e lei ci siamo avvicinate a quella porta, sono stata colta da una terribile sensazione, la stessa che ho avuto quando anni fa ero in quella missione, quando lo incontrai. Il modo in cui poi l'hai difeso per le sue azioni mi ha dato da pensare… Che possa averti fatto qualcosa, che anche tu sia rimasto vittima dei suoi esperimenti o di uno dei suoi espedienti."
Adesso si trovavano a un passo di distanza, con il volto così vicino al suo da poter quasi osservare nei suoi occhi il dolore che le sue parole gli stavano causando e che inevitabile le rimbalzava contro. Non c'era timore in lei, soltanto una triste consapevolezza, ma anche il subdolo desiderio - già, miss orgoglio - di essere nel torto, combattendo con grande sforzo la voglia di confortarlo come lui, quel giorno di molto tempo prima, aveva provato a confortarla pur non conoscendola, "dimostramelo Kacchan, dimostrami che mi sto sbagliando."

Inizialmente a bocca aperta per le affermazioni della donna, lento Kacchan la richiuse, assottigliando lo sguardo e sbuffando infastidito dal naso. Lo vide restare in silenzio per qualche istante per poi dire, con una voce sepolcrale che la colpì come una stilettata. "Vieni fuori" secco e perentorio spalancò la porta, uscendo e avanzando di qualche passo per inoltrarsi nella periferia del villaggio.

Lei aggrottò la fronte con perplessità, un po’ incerta a riguardo, ma nella volontà di sapere, di vedere in che modo glielo avrebbe dimostrato, lei ottemperò senza dire nulla, seguendolo con calma.

"Tu cosa vedi?"
le domandò a braccia incrociate sul petto, indicando con un cenno del capo i resti abbandonati del luogo.

Lei lo osservò per un momento prima di seguire il suo sguardo, riflettendoci e dandogli la risposta più semplice del mondo: “Un villaggio abbandonato.”

"Sai cosa ho visto io, quando sono arrivato?"


Lo sentì avvicinarsi, quella mano sulla spalla, mentre l’altra indicava un pontile. Masaru poté percepire immediatamente un brivido freddo percorrerle la schiena, quelle sensazioni negative a farsi risentire e con esse il desiderio di allontanarsi, fuggire da tutto ciò, ma le sue gambe rimasero ferme sul posto e la sua volontà salda. Le parole del giovane risollevarono il suo sguardo da quella mano che aveva sentito sulla sua spalla.

"Lì c'era un vecchio pescatore, intento a rammendare le sue reti. E più avanti? Più avanti alcuni manovali che spostavano delle casse appena scaricate…"


Per ogni descrizione, Kacchan spostava il dito, il punto indicato, che lei seguiva. E se prima non c’era niente di diverso, aguzzando la vista Masaru poté iniziare a vedere delle ombre scure, dalle sembianze umane, proprio nei punti indicati dal giovane… e la sensazione di malessere generale farsi intensa, ma la volontà non vacillò, seppure il corpo era rigido come un giunco, irrequieto il suo animo, sgomenti gli occhi per la loro testimonianza, e a quelle sensazioni se ne aggiunsero altre che non riuscì a definire quando lei sentì Kacchan chinare il volto, vicinissimo al suo orecchio, quel poco di barba che aveva a solleticarle il collo, facendola rabbrividire, e il petto a sfiorarle la schiena. Deglutì silenziosa. "Ora li vedi? Per voi 'normali' sarebbe impossibile, ma vedi… te l'avevo detto, no? Che potevo vedere i fantasmi… e beh, ho scoperto che non mi limito solo a quello…"

Normale. Lei normale. Lo trovò dannatamente ironico, ma rimase attenta alle sue parole.
E l’istinto di lei di voltarsi venne solo che fomentato, quando sentì il tono di voce mutato, quando con la coda dell’occhio osservò quelle lacrime rigargli di nuovo il volto, ma ancora non azzardò una parola, per paura di interrompere quel che le stava rivelando. Nonostante tutta quella situazione… No. Lui… scaturisse nella Jinton sensazioni, emozioni, contrastanti, ambigue, a lei indefinibili. Se tra queste c’era anche del timore, era difficile coglierlo dai suoi occhi chiarissimi, ma non impossibile. E… era preoccupazione quella che trapelava da quel tumulto?
Così sembrava, dopotutto, quello che lei stava provando non era altro che uno spiraglio della sofferenza di quel ragazzo, ma frenò l’istinto di asciugargli con le dita quelle lacrime.



Già, aveva capito perché lui si stava mostrando così e non era solo per dimostrarle di essersi sbagliata. Del resto, anche Masaru aveva fatto lo stesso con suo figlio, quando gli aveva rivelato chi era - quando il bambino non più furioso era tornato da lei per capire meglio sua madre - mostrargli la sua vera natura, quella più abissale, quella per cui lei sapeva di non essere tanto diversa dai mostri che spesso doveva affrontare, poiché soltanto così aveva sentito che gli avrebbe potuto dare la libertà di riflettere le cose per com’erano davvero e poter scegliere se restare con lei.

"Posso materializzarli nel nostro mondo, e questo perché il mio organismo produce un particolare enzima. Sfortunatamente questo posto è saturo di quella sostanza, così quando sono arrivato ho trovato il villaggio nell'esatto modo in cui era prima che i suoi abitanti morissero… Quando me ne sono reso conto, è stato perchè gli abitanti sono venuti in mio soccorso, quando Makoto mi ha attaccato. Ora ti chiederai, e a ben donde, 'cazzo c'entra tutto questo?'. Beh…"


Lui chiuse le palpebre e le cose intorno a loro tornarono normali, come gli occhi di Kacchan quando li riaprì. "C'è qualcosa che accomuna Kuroichi e Makoto a me… Non ne ho conferma, ma credo che discendiamo da un ramo comune… Come spiegartelo… è come se appartenessimo allo stesso clan, ma ognuno di noi ha realizzato una sua disciplina diversa. Io genero e manipolo chiralina organica. Makoto genera e manipola chiralina di origine demoniaca, mi è parso di capire, mentre Kuroichi… lui ancora non saprei, ma ho il sospetto che possa assorbire chiralina e convertirla in qualcos'altro… "

Lo sentì indietreggiare di un passo. Con Kacchan distante si nullificarono tutte quelle sensazioni, le pupille della Takeda si dilatarono un po’ e lei sembrò riaversi, ancora abbastanza sorpresa da ciò che aveva appena visto. Guardando invano verso dove prima c’erano quelle ombre, a ricercarle, prima di girarsi verso di lui con una nuova consapevolezza.

"E poi siamo entrambi due scienziati, due medici che hanno deciso di dedicare la propria vita alla ricerca. La mia è una ricerca personale, che di certo non mi spingerebbe mai a fare del male ad altri, ma nel suo caso, se vuole davvero farlo per salvare sua sorella, beh… Penso farei lo stesso anche io se…"
si zittì, come se avesse avuto una folgorazione e digrignò i denti per la frustrazione, per non esserci arrivato prima.
Proprio quando lei fu sul punto di dirgli quel che pensava e, forse, di rivelare qualcosa in più di sé stessa, lui la fermò sul nascere, ricordandole il presente.

"Quella stronza… ci ha preso in giro per bene. Presto, vieni, dobbiamo raggiungere il tempio!"
così dicendo, iniziò a fare strada a Masaru, ancora piuttosto confusa, e man a mano che si inoltravano nel villaggio lei la sensazione di un pessimo presagio che cresceva.
Mentre avanzano la Jinton si guardò attorno, per sicurezza, e cominciò a fare una mappa mentale del perimetro, di ogni cosa e di ogni via che potrebbe tornargli utile. Nel contempo però volle sapere e prima ancora che potesse chiedere qualcosa, Kacchan la anticipò e lei ascoltò attenta, valutando le ipotesi.

"Se è vero quel che ha detto, che ci tiene tanto a Makoto, perché mai dovrebbe fermare Kuroichi, se vuole strappar via il demone che la controlla? Se lei vuole salvare Makoto, non fermerà mai Kuroichi, quanto piuttosto cercherà di ucciderlo quando Makoto sarà di nuovo in sé e il demone avrà Kuroichi come nuovo ospite…. Porco Jashin che casino!"


La Takeda si chiese come abbia potuto non accorgersene, ma soprattutto, come abbia potuto perdere tempo in quella discussione e concentrarsi solo su Kacchan piuttosto che sulla missione… Che diamine le era preso? E perché diamine ogni qual volta c’era di mezzo un sentimento finiva che lei…
Aspetta.

Un sentimento… ?

Quelle premure verso di lui. Quella sensazione spiacevole quando si mostrava più fredda del dovuto con lui.
Atteggiamenti tanto rari e inspiegabili persino per lei.
Si bloccò sul posto, il tempio ormai all'orizzonte, in vista, ma il suo sguardo andò a Kacchan, che vide fermo a sua volta e... cianotico? Aggrottò la fronte nel vederlo così ed ogni altro pensiero passò in secondo piano, “Kacchan… ?”

"Oh cazzo. Oh merda. Quel posto è PIENO di Chiralina… se uccide Kuroichi, il demone… Il demone potrebbe prendere direttamente forma nel nostro mondo."


Nello sguardo granitico della donna si manifestò l’ombra del timore e lei si irrigidì, riportandole alla mente Watashi, ma quel brivido non era solo dovuto alle sue parole, quanto ad un istinto più naturale in lei ed in quel momento il tempio esplose facendo tremare il terreno sotto i suoi piedi mentre su di esso, e su loro, la pioggia iniziò a cadere nera, e i timpani vennero scossi da urla sinistre che iniziarono a risuonare.

Quella situazione andava di male in peggio - e quella pioggia era semplicemente orrenda, innocua in apparenza ma pericolosa, poiché la costringeva a pulirsi più volte le lenti per poter vedere - se il tempio era esploso poteva voler dire molte cose e nulla, forse il cristallo era stato distrutto, forse Shiroko aveva ucciso Kuroichi prima del trasferimento, o forse era morta Aki, la ragazza che lo scienziato attendeva. L’unico modo per saperlo era raggiungerli.
Al momento però era un altro il dubbio su cui Masaru porse maggior attenzione in mezzo a quella tempesta d’incertezze, non badando troppo al fastidio generato dalla pioggia. “Ci serve un punto debole,” cercò di sovrastare quel caos oscuro, chiedendo l’attenzione di Kacchan e ripensando a quanto le aveva spiegato, “Se davvero è la chiralina al centro di tutto questo, esisterà un modo per annientarla giusto?”
Una domanda a cui entrambi trovarono risposta nello stesso momento, ma fu lui a darne voce.

"Il rituale…"
le sussurrò lui, quasi intimorito. "Dobbiamo assolutamente portare a termine il rituale, sperando Aki sia ancora viva… Andiamo!"

Man a mano che si avvicinavano al tempio, dalle case più vicine sbucano fuori gli stessi abomini che aveva affrontato Rei a Shirobei. Alcuni di essi si avventarono su di loro, cercando di fermare la loro avanzata. Kacchan si limitò a schivare i loro attacchi, materializzando per ciascun mostro un'anima che lo immobilizzava, cosa che gli fece tornare nuovamente quella brutta congiuntivite agli occhi.
Masaru invece, avanzando più con repulsione verso quegli esseri che con timore, dovette stare attenta a non attaccare Kacchan tra grossi detriti che volavano al proprio comando per colpire e schiacciare, e balzi effettuati sia per eludere che per sfruttare la gravità a favore dei propri fendenti, dei montanti e degli sgualembri lanciati con la fiamma della sua viverna a voler tranciare chi tra quegli esseri la puntava, usando tutti i sensi vista la difficoltà visiva, compreso il malessere crescente - molto più potente di quello percepito con Kacchan - per la vicinanza di ognuno di quei mostri, a farle da radar.
L’idea iniziale della Jinton era quella di prendere Kacchan con sé e levitare, ma il rischio era di non riuscire a vedere nulla con la pioggia controcorrente, oltre al fatto che tra quei mostri c’erano dei saltatori ed esponeva entrambi, dato che potevano diventare più vulnerabili in volo. Il problema di quelle creature non era la difficoltà ad abbatterle quanto il numero di esse, che sbucavano da ogni dove.

Arrivati davanti al tempio, stanchi e fradici, notarono che parte della struttura era crollata, com’era logico vista l’esplosione, anzi si sorprese di vederne parte ancora integra.
Tra le macerie, vide la ragazzina che suppose esser Makoto rialzarsi a fatica "No, ti prego… non fargli del male!" ce l’aveva con Shiroko che, tra le macerie di ciò che era rimasto del porticato, armata di una falce di cristallo rosso, stava fronteggiando un Kuroichi per metà demonizzato. Le braccia di lui si erano trasformate in pseudo artigli da rettile, con le squame che sembravano fatte d'ossidiana, il viso era in parte deformato e delle escrescenze scure quasi gli davano la forma di un rettile.

Nel vederlo di nuovo, gelida e cupa, la Takeda trattenne a stento il desiderio di colpirlo al cuore con una delle sue jutsu più potenti.
Quando lo sguardo però venne attratto da quel bagliore che giungeva sino a loro, oltre i resti del porticato, nascosto da alcune mura salve dal crollo, la donna intravide il cristallo. Non aveva niente a che vedere col minerale usato a Shirobei: era gigantesco, con il centro cristallino e l'esterno più pietroso, tipo un enorme geoide, e brillava di una intensa luce azzurrina, con venature blu e violacee che pulsavano.

Ricordi sgradevoli riaffiorarono in superficie e Masaru fu silenziosamente grata a Kacchan per averli inconsciamente interrotti, lo vide dirigersi senza pensarci verso il cristallo. "Cerca di guadagnare tempo! Bisogna ucciderlo nel momento giusto!"

Lo osservò andarsene e per un attimo fu tentata di seguirlo, chiedendosi cos’avesse in mente, ma alla fine si disse che Kacchan senza dubbio sapeva quello che stava facendo e volle dargli fiducia, lasciarlo fare, seguire il piano.
Com’era sovente fare, Masaru ammutolì il suo cuore e la sua attenzione andò nuovamente allo scontro, doveva intervenire e prendere le redini del gioco se voleva evitare che qualcuno restasse ucciso, ma doveva anche indebolire Kuroichi, o quantomeno distrarlo e non poteva buttarsi nella mischia come nulla fosse, rischiando di venire colpita a sua volta.
Celò inizialmente la sua presenza, facendo attenzione a che non avesse altri mostri attorno, si prese un momento per studiare il nemico, definire la strategia più opportuna e immediata prima di agire, osservando.

Lui era definibile come un incassatore. Prese un sacco di colpi dalla falce di Shiroko, che lo stava affettando come un salame, ma nulla, le ferite che riceveva si cauterizzavano, il sangue che spruzzava era corrosivo e le unghiate che sferzava erano fatte da lame incandescenti.
Approfittò del fatto che l’attenzione del trio era tutta sul combattimento, che non si erano accorti di lei o non le davano peso, e creò un clone, mandandolo a distrarre i due contendenti con la sua presenza mentre lei si spostava in un punto opposto del perimetro, dietro uno dei detriti più grossi dove non fosse visibile al nemico, prendendo tempo per concentrarsi e caricare la sfera di Jinton, al momento giusto ovviamente.

Oh, quella figura che ha intravisto nascosta malamente dalle macerie… Lui si girò verso Masaru, o meglio il suo clone, e scoppiò in una fragorosa quanto malevola risata. "Bene bene, ma chi abbiamo qui? Il più grande fallimento che Iwa abbia mai partorito! La vergogna di tutto il mondo ninja! Masaaaru Takeda!" esordì a gran voce il demone, accompagnando la frase con un gesto plateale del braccio per indicarla, nel suo tono tutto il veleno corrosivo e maligno che aveva in corpo, ed era tanto.

Sia il clone che quella reale incassarono il colpo, silenziose, non lasciando trasparire emozione alcuna per il sollazzo di quel mostro, mentre la copia tirava fuori un kunai dalla tasca per far scena, andando dietro uno dei grossi massi opposti al lato dov'era invece la kunoichi, prima che lui potesse fare qualcosa e giocando sul fatto che lui pareva la stesse sottovalutando.
Dimentico dell’albina, Kuroichi cominciò a dare la caccia alla sua preda preferita, palesemente divertito.
“Sei venuta per farmi finire il lavoro? Come preferisci essere uccisa stavolta?”


Masaru, tenendo d’occhio la situazione mentre si concentrava nel caricare la sfera, non senza difficoltà ma almeno al riparo dalla pioggia, gli lasciò intravedere un’ultima volta il clone in un punto differente dal primario, ma sempre lontano da lei, prima di farlo sparire.

“Oh, lo spettacolo della tua morte mentre cercavi di aggrapparti alla vita è stato qualcosa di impagabile.”


Attese che lui avanzasse nel punto giusto...

“Vederti soffrire per la tua imbarazzante stupidità, sublime. Cosa non darei per rivederlo.”

“Sei stata la mia cavia preferita, le tue urla erano una melodia.”

...poi venne fuori dal suo nascondiglio. “Vedo che la vecchiaia ti ha colpito prima del tempo!” affermò con velenoso sarcasmo mentre colpiva, così da farlo girare totalmente verso di sé come voleva, la sfera esplose in un raggio di pura luce che raggiunse Kuroichi, colpendolo in pieno, facendo saltare una parte del suo braccio.
“Dovresti andare in pensione!” ma il trionfo del momento venne polverizzato quando Masaru, con sguardo che diveniva grave, vide lo scienziato attirare a sé alcuni dei mostri che li avevano raggiunti in quel momento, finendo per rigenerarlo, e lui le sorrise.

“Oniichan!”
fu il richiamò che sentì dalla più giovane dei presenti, che attirò l’attenzione della Jinton oltre che di lui, trovandosi ad incrociare il suo sguardo violaceo, in lacrime, con quello cristallino di lei mentre veniva tenuta ferma sul posto da Shiroko, “Non farlo, ti supplico… Non ucciderlo.”
E per un attimo la freddezza d’animo della Takeda rischiò pericolosamente di vacillare a quella preghiera diretta a lei, tradita dal bagliore diverso nei suoi occhi, di fronte all’impetuosa e sofferente innocenza della ragazzina, dove pericolosamente significava rischiare di abbassare la guardia.

Un lusso che non poté né volle concedersi in quel momento, tornando all’attenzione di Kuroichi e del mostro che Masaru girandosi vide alle sue spalle, a pochi metri, il quale con un urlo disumano fece un balzo verso di lei nel momento stesso in cui lo scienziato la attaccò. La Jinton prontamente si sostituì con uno spiedo lanciato sul momento.
L’essere si trovò a scivolare contro Kuroichi, provando a colpire lui invece, e Masaru approfittò della situazione per celare la sua presenza, nascondendosi ancora una volta tra le macerie, così da guadagnare altro tempo.

Nel frattempo l’albina si ritrovò a dover convincere Makoto a lasciarla fare, con la più piccola che insistette di non voler uccidere il fratello, il quale senza fretta alcuna aveva ripreso la sua caccia alla preda ambita… e i suoi amorevoli commenti che lo divertivano sapendo il dolore che le avrebbero procurato.

“Sei così imbarazzante per il genere umano che il tuo Kage non ti ha nemmeno dato la grazia di ucciderti e la morte stessa ha avuto pietà di te.”


“E Shukaku non è neppure venuto a cercarti, da tanta considerazione ha di te.”

Camminando tra le macerie, con lei che ogni volta si spostava ben distante al momento opportuno, per ogni sua frase egli distruggeva la parete o il masso più vicino con un’artigliata - e per un soffio non riuscì a colpirla - rallentato dal distruggerle tutte dall’intervento di Shiroko e Makoto, che cercarono di stenderlo insieme, seppur la sorella solo per cercare in tutti i modi di farlo rinsavire, usando lo stesso tipo di tecnica di Kuroichi, ma lui non ne volle sapere. Era palese. Quel ragazzo era al punto di non ritorno ormai.

“Scommetto che tutto il Paese della Terra sputa ovunque tu cammini.”

Ogni barlume di compassione in Masaru venne brutalmente annichilito da altri sentimenti ben più abissali. Nel contempo altre due creature che avevano ardito raggiungerli si scagliarono tra loro a pochi passi da lei, che restò immobile e guardinga ad osservarli, ma si annientarono entrambi risparmiandole una noia in più.

“Se fossi tuo figlio e sapessi di avere una madre del genere mi impiccherei.”


Ancora una volta, parole che erano come frecce e che da frecce divennero lance, più atroci di quelle fisiche. Difficile, sempre più difficile ignorare certi commenti, pur intuendone il fine.
Masaru chiuse gli occhi, inspirando molto lentamente, ripetendosi come un mantra di attenersi al piano e prendere tempo, artigliando la parete rimasta in piedi dietro di sé, con tale rabbia da farla fremere, con il suo cuore anch’esso tipicamente calmo che in quel momento manifestava a spron battuto la sua irrequietezza, e da farla inconsciamente rischiare di utilizzare il Jinton senza una forma solida - tanto da lasciare nella pietra increspature - chiamò a sé tutta la sua famosa calma e compostezza date da anni di esperienza, ingoiando amaro ogni boccone, incassando con silenziosa sofferenza ogni stilettata, non rispondendogli al fine di attirare su di lei tutta la sua attenzione, ma senza farsi trovare.
Inutile e dispendioso combatterlo se non poteva nemmeno indebolirlo, meglio recuperare e risparmiare energie per quando avrà il via libera da parte di Kacchan…
Oh se la stava uccidendo il desiderio di raggiungerlo.

Tuttavia, com’era logico, Kuroichi cominciò a stufarsi, capendo che lei non aveva alcuna intenzione a farsi trovare né a venire fuori, dunque cambiò approccio.

"Visto che la metti così, dovrò trovare qualcos'altro da portarti via... Mh... Quasi quasi potrei andare ad Iwa, dopo che avrò finito con voi... Però ci vuole trooooooppo tempo. Ma sì, ti darò un piccolo assaggio di quello che potrei fare ai tuoi cari... Potrei usare quell'impiccione nell'altra stanza come fantoccio di prova, non sei d'accordo?"

Quelle parole ebbero l'effetto previsto, volente o nolente colpirono Masaru dritta al cuore e lei si morse il labbro, stringendo i pugni, tirando fuori dal nascondiglio la testa ed osservando preoccupata al di là delle ciocche bagnate lo scienziato che si stava dirigendo alla stanza dov’era Kacchan e il cristallo, intravedendo lo Yamanaka che, con la mano sul minerale, sembrava essersi completamente isolato dal mondo, se non fosse per le presenze spiritiche che gli volteggiavano intorno a fargli da scudo contro i mostri che cercavano di colpirlo.
Aveva capito il gioco di Kuroichi ma non poteva stare lì a far nulla. La Takeda pensò in fretta, serviva un altro modo per temporeggiare e si guardò attorno per cercare qualcosa di utile, trovando per lo più oggetti religiosi e... alcune catene che servivano per tenere sospeso il cristallo ma che, con il crollo, si sono staccate. Con gli occhi fissi su queste ultime, Masaru pensò che forse avrebbe potuto rigirare le carte in tavola, seppure incerta dell’esito finale.
Era lei che quel demone voleva?

E così sia allora.

Uscendo decisa dal suo nascondiglio, Masaru ci andò giù pesante, sollevando entrambe le braccia e, con esse, un grosso detrito si sollevò a mezz'aria, poi lei lo scagliò dritto dritto contro quello stronzo, mettendosi bene in vista per attirare l'attenzione. Lì in piedi nel mezzo delle macerie, calma e dannatamente tronfia con l’ombra di un sorriso beffardo a macchiarne l’imperscrutabilità. Una palese sfida a venirla a prendere, visto che la desiderava così tanto.

“Ma come, arrenderti proprio adesso? Sei solo un miserabile codardo vestito da buffone, K u r o i c h i, ecco la verità!”
con un tono che sarebbe stato perfetto per un v a f f a n c u l o.
Lo vide fermarsi, girarsi di colpo distruggendo il masso e... se il suo sorriso perverso la intimorì, fu impossibile da notare in quella maschera gelida.
Lo lasciò correre con foga funesta, caricare verso di lei come un toro, restando salda, annientando la paura, bloccando le proprie gambe dal muoversi, assicurandosi che lui avesse le catene fuori portata visiva.

Quando fu alla giusta distanza ella distese avanti le braccia prima di intrecciarle abilmente, muovendo con la propria volontà le catene per bloccarlo. Bloccarlo molto bene, come uno stramaledetto salame. Braccia, gambe, busto e collo, stringendo per bene la presa sulle catene ed usando la levitazione per evitare che gli altri mostri la disturbassero.
E Masaru ci riuscì, a un soffio dal raggiungerla, trovandosi a poche spanne da lei, tanto che la percezione del male di cui era inondato la investì, facendola barcollare per un momento. Ma lui se la rise come un ossesso, come se si fosse fatto catturare apposta, divorandola con lo sguardo inumano nel suo senza mai perdere quel sorriso da predatore, nonostante la sua posizione. Inutile cercare di nascondergli emozioni con quella corazza che fungeva solo agli occhi umani.

“E adesso che farai? Non senti il desiderio di uccidermi? Ti suggerirei di farlo, perché se non lo farai, mi sazierò della tua anima, di quella dei tuoi cari, e mi delizierò dei vostri cadaveri.”
Oh avrebbe avuto di che ringraziarla una volta compiuto il passo, avrebbe avuto l’onore di essere la sua prima vittima… Lei.

Eccome se lei sentiva il desiderio di stritolarlo con quelle stesse catene, trapassarlo con esse e farlo a pezzi. Ridargli tutto il male che - le - aveva fatto e che stava continuando a fare, dargli una lezione, ricacciarlo al suo posto… persino le voci che era solita sentire nella sua mente erano cariche di risentimento e la incitavano a quel desiderio oscuro che le avvelenava il cuore d’ira, che rischiava di farle perdere del tutto la razionalità che tanto la caratterizzava, che come un urlo si sprigionava dalla sua stessa anima, riverberando in ogni fibra del suo essere, esternandosi a spezzare la sua maschera e farla tremare nel tentare con crescente difficoltà di trattenerlo, con gli occhi resi ancor più cristallini da quella lucidità non dovuta alla pioggia, fissi su quelli indemoniati del suo nemico.

Ma qualcos’altro si insinuò in lei e istintivo lo sguardo si sollevò per un attimo su Kacchan, ancora in meditazione. Ricordò le parole del giovane, del male ben peggiore che assecondare il proprio cocente desiderio di vendetta avrebbe potuto portare su quella terra… e che potevano rischiare di far realizzare a Kuroichi le previsioni dette per istigarla.
E l’idea stessa che un mostro del genere potesse manifestarsi nel loro mondo - quello già dilaniato in cui suo figlio era costretto a crescere - ben più forte e letale di quanto già non fosse adesso, da intrappolato, la fece rabbrividire.
Rammentò inoltre della cieca fiducia che quel konohano aveva riposto in lei per la riuscita del piano, la stessa fiducia che le aveva donato quella sera alla locanda vicino a Iwa, quando si era isolata dai suoi cari e veniva trattata peggio di un criminale dai suoi stessi commilitoni.

Quegli spiragli aprirono un varco nella tempesta, permettendole di placarla. Ancora lì a mezz’aria, ad un passo dall’uccidere finalmente Kuroichi, Masaru non lo fece, chiuse gli occhi e prese un profondo respiro, tenne a mente il piano e la sua ira si placò.

Si limitò invece a distrarlo dal loro reale piano, osservandolo gelida e imperiosa al di sopra di lui, stringendo la presa per accentuare il suo messaggio: “Sei talmente pietoso e inutile da desiderare la Morte, ma non meriti la Sua grazia!” disse con amarezza, scuotendo la testa, “No, un essere come te merita qualcosa di più lento e doloroso.” parole dette più per sfogare quelle urla interiori che non si erano del tutto zittite dietro la sua calma, tradita dai profondi e pesanti respiri seppur silenziosi e dal battito dirompente del suo cuore. Che fosse lui o il demone non aveva più importanza ormai.


"Masaru,”
sentire il proprio nome in quel momento, dalla sua voce, ebbe un effetto lenitivo che spazzò via i restanti barlumi della propria parte più abissale e lei non si fece accorgere da Kuroichi di stare ascoltando, “lascialo a Makoto e Shiroko, ho bisogno del tuo aiuto per completare il rituale che disperderà completamente la chiralina nella zona."

Il demone voleva vederla soffrire e crogiolarsi, Masaru invece gli regalò un sorriso altero e trionfante che lo lasciò sorpreso. “Ma stai pur certo che non sono l’unica ad avere un conto in sospeso con te.” incitò quindi le altre due signorine ad occuparsi di lui, portandosi in seguito verso uno dei detriti più grossi per poi scomparire di nuovo ad occhi esterni, senza però togliere le catene ben aggrovigliate, lasciandolo bloccato per agevolare le ragazze e guadagnare altro tempo.
Giungendo di nascosto da Kacchan, ed evitando o colpendo i mostri che le venivano contro, la Takeda si accorse d’essere po' stanca, poiché non era stata una passeggiata tenere a bada quella bestia. E di quella bestia, affatto lieta, ne sentì le potenti urla di rabbia, osservandolo per un momento cominciare a sciogliere le catene, confermando d’essersi fatto catturare apposta, ma la feroce combinazione di Shiroko-Makoto lo teneva impegnato.

Concentrandosi riprese il cammino, trovando Kacchan nascosto un istante prima che lui la prendesse per un braccio, trascinandola verso il cristallo. La lasciò perplessa, non vedendone la necessità visto che l’avrebbe seguito comunque, ma invece di lamentarsene lo ascoltò attenta, pulendosi meglio gli occhiali prima di rimetterseli, una volta al riparo dalla pioggia. E c’era da dire che l’imponente presenza del cristallo, a quella vicinanza, faceva un certo effetto.
"Ascolta, la tempistica è tutto. Adesso io aprirò il cristallo e tu dovrai colpire al cuore la creatura che ne uscirà... Dobbiamo coordinarci con le ragazze, però. Non appena avranno inferto il colpo di grazia a Kuroichi, subito dopo dovrai colpire tu. Usa la ricetrasmittente per metterti d'accordo con le tempistiche con Shiroko. Ok? Tutto chiaro?"

Lei annuì piano, in parte concentrata sul fatto che Kacchan era visibilmente pallido e agitato. Si avvicinò a lui chiedendosi il perché, lo vide risponderle a sua volta con un cenno col capo e voltarsi verso il cristallo, con un attimo di esitazione in cui lei decise di esporre i suoi dubbi, sentendo che mancava qualcosa nelle sue spiegazioni.

“Kacchan…”


Lui si voltò verso Masaru, ammutolendola nel momento in cui lei si sentì afferrare, le sue labbra sulle proprie, l’intenso odore di quel tabacco che era solito fumare, la barbetta solleticante sulla pelle, rischiando inizialmente di venire allontanato e beccarsi una sberla da lei, salvo lasciarla senza fiato con quell’impeto, quel desiderio e quell’amore che la sorpresero, la ammorbidirono e le ricordarono…
Quelle sensazioni, quel sentimento che le annebbiò la mente, le sollevò l’animo parimenti alla propria jutsu e sciolse il gelo nel suo cuore, e le mani di lei, dapprima rigide a tenergli le braccia, si mossero con dolcezza al suo viso. Cose che in tutta la sua vita soltanto una persona era stata in grado di farle provare, cose che aveva sepolto nei recessi del suo animo e credeva - sperava - di non poter più provare, anche se nell’inconscio sapeva di anelare tutto ciò… e le ricordava…

Il suo amore perduto.
Ryunosuke.


"Volevo togliermi lo sfizio..."
un sorriso sornione stampato in faccia.

Masaru, ancora piuttosto basita da qualcosa che era rimasto assopito in lei da troppo tempo, sentì forte il desiderio di continuare quando lui si staccò e interruppe il momento. Poi lo vide tornare serio, formare i sigilli per la sua tecnica e cadere in ginocchio prima che lei potesse anche solo provare a dire qualcosa. La Takeda si protraé verso il ragazzo, temendo stesse crollando a terra, ma notando che stava da solo sulle ginocchia.
Rea dimentica che lui era uno Yamanaka, lo vide addormentato, e con le mani ancora sul petto e sulla schiena per sorreggerlo, Masaru sollevò lo sguardo al cristallo, osservandolo tremare ed aprirsi. Dalla parte cristallina del minerale uscì una figura femminile in parte fusa col cristallo, dalla vita in giù, ed opalescente, dando l’idea che fosse fatta della stessa sostanza, e ella spalancò le braccia, in modo tale da lasciare libero il passaggio per il colpo di grazia.
Quella visione sorprese la Jinton, certa che non si sarebbe mai davvero abituata a certe cose, non completamente. Le iridi chiarissime di Masaru si scostarono da quelle della creatura, le quali sembravano spogliarle l’animo, e le abbassò su Kacchan con una mano sulla sua spalla, osservandolo con occhi diversi. Ella sembrò percepire l’esitazione di Masaru.

"Non esitare. Non possiamo fallire."
le disse la creatura con una voce a lei strana, indefinibile, armoniosa e cristallina come il minerale, ma gentile, riavendo la sua attenzione.

Dall’altra parte della trasmittente Shiroko la informò che a loro volta erano pronte a dare il colpo di grazia.
La Takeda la guardò e si convinse, ancora una volta volle dargli fiducia, seguire il piano di Kacchan. Si raddrizzò in tutta la sua statura, decisa.
Si disse che forse non era il caso di usare una jutsu, dato che il minerale assorbiva chakra e il rischio era di non colpirla affatto, optò quindi per qualcosa di più semplice, la sua viverna, che sibilò mentre ne sguainava la fiamma color ardesia, facendola vibrare in aria con dei volteggi per testarne il filo.
Ancora uno sguardo a Kacchan, accarezzandogli gentile i capelli color oro, prima di riportare l’attenzione al cristallo.


“Quando volete.”
furono le uniche parole che poté sentire Shiroko dall’altra parte, mentre lei si preparava a colpire, scambiando un ultimo sguardo con quell’anima collegata al minerale. Provò una punta di malinconia per il destino di quella ragazza, ma non abbastanza da fermarla, solenne “ti libererò del tuo fardello.”

Già, continuare a seguire il suo nindo da assassina: la Morte.
In ogni sua forma, oggettiva e soggettiva, quella liberatoria come quella punitiva, ma che non deve esser fine a sé stessa né al proprio diletto. Almeno secondo il proprio codice.
Le urla disumane che sentì dall’altra stanza la avvisarono che Kuroichi era stato colpito, allo stesso modo lei, con le braccia già cariche di chakra per avere maggiore forza nel fendente, con la propria jutsu che la sollevò da terra per darle libertà e precisione, colpì dritto al cuore.

Al contrario della durezza che si sarebbe aspettata, con sua sorpresa le sembrò di affondare la fiamma della viverna nel burro. Il cristallo vibrò, incrinandosi sempre più e suggerendole così di allontanarsi. Raggi di luce ne uscirono puntando verso l'alto, mentre una strana energia assorbì l'aria intorno a sé, una luce tale da costringerla a voltarsi altrove e ripararsi. Sbuffi di fumo e cenere nera arrivarono da ogni direzione, assorbiti dal cristallo che, risplendendo, convogliò l'energia verso l'alto, nel cielo.
Per un attimo smise di piovere, il cielo si aprì, limpido, e una pioggia chiara, luminescente, iniziò a scendere nel villaggio, mentre centinaia di piccole lucine fluttuanti salirono verso l'alto, ballando attraverso le gocce di pioggia iridescenti.

Poi tutto finì. Non piovve più e l'atmosfera tetra e pesante di quel luogo svanì. Tornò tutto normale, come doveva essere, e Masaru, che avrebbe dovuto sentirsi soddisfatta, appagata di come si era conclusa quella missione... non fu così che si sentì. Della sconfitta di quella bestia senza dubbio, ma della morte dello scienziato… non ne era più così certa.
Ancor meno lo fu quando i singulti strazianti della ragazzina raggiunsero le sue orecchie, che per quanto tristi passarono in secondo piano nel momento in cui le sue iridi color argento si posarono su Kacchan, riverso a terra e con una cera che lasciava adito a tutt'altro che il sonno.

No.

Masaru impallidì e la viverna le scivolò dalla mano con un clangore. Senza neppure pensarci si gettò verso di lui, girandolo supino e chiamandolo per nome diverse volte per sicurezza, palesemente preoccupata, sentimento sempre più palese quando dal collo gli sentì il battito…

Assente.

Come il suo in quel momento. Lo sguardo puntò istintivo al cristallo, era ancora intatto, ma spento e privo d’energia non ci vide nulla dentro. Non si era chiesta effettivamente se tutto questo avrebbe avuto degli effetti su di lui, o del perché di quel bacio… e si sentì una dannatissima stupida.
La sensazione di deja vù che percepiva si intensificò attimo dopo attimo, come il proprio battito.

Si guardò brevemente attorno per capire se c’era qualcosa di sospetto… che magari il suo spirito non fosse rimasto intrappolato per sbaglio da qualche parte in una teiera o che diamine di altro. Nulla però lasciava adito ai suoi sospetti, l’unica certezza era data dalle lucine, senza dubbio anime, che aveva visto volare verso il cielo. Tutte. Lo sguardo tornò a lui e per un singolo, atroce, lungo istante la colse quella sensazione familiare che aveva sentito con Ryunosuke...

Proprio così baka-chan... sentì dirle canzonatoria la voce della bambina nella sua testa, che volente o nolente ascoltava pur ignorandone la presenza.

L’aveva ucciso. Aveva ucciso Kacchan... per un attimo sentì il cuore che stava per affondare verso il baratro e arrendersi all’evidenza, alla disperazione crescente, ma qualcos’altro intervenne per lei...

Uno strano modo di uccidere. Ma forse... curioso l'atteggiamento della piccola in quel momento, nell'osservare quel ragazzo, nell'osservare lei.

Affiorò in Masaru la consapevolezza che il corpo del ragazzo non era ridotto in polvere e che, in fin dei conti, non gli aveva provocato alcuna emorragia né lesione.
La sua mentalità logica mosse gli ingranaggi e si rimise in funzione, anestetizzando le emozioni con una scarica di adrenalina, indurendo la sua già marmorea volontà e costanza che si manifestò anche in superficie. Perché non sarebbe rimasta a piangersi addosso. Perché non poteva finire così, non di nuovo.
Le venne immediato, quasi automatico riprendere in mano la situazione, mettendo in pratica tutte le conoscenze e l’esperienza in suo possesso per soccorrere quel ragazzo troppo giovane per morire così.
Non molto dopo notò Shiroko solo quando nel vedere la situazione ella le si fiondò accanto, tirando fuori una siringa "spostati, proviamo ad iniettargli questa direttamente nel cuore."
Per un momento, finito di fargli l’ennesima respirazione bocca a bocca, a Masaru venne da chiedersi cosa mai ci fosse dentro quella siringa, ma visti i precedenti decise di fidarsi, lasciarla fare, anche per lui, aiutandola e riprendendo le manovre di soccorso.

Dopo qualche interminabile, agonizzante, esasperante secondo, Kacchan si riprese e fu come se fosse appena riemerso in superficie. Masaru si fermò, tirò un sospiro di sollievo, sentendo il peso dei propri angoscianti timori svanire, ed enunciò un grazie a fior di labbra a Shiroko, che annuì.
Tutta la sua attenzione andò a lui, con una mano tra i suoi capelli mentre l’altra era rimasta sul viso, guardandolo con gli occhi lucidi e le labbra curvate appena in un sorriso.
"Lo sapevo che eri troppo testardo per morire."

"Modestamente... ai kami sto troppo sul cazzo per lasciarmi crepare così facilmente"
sussurrò lui a malapena, sorridendo e massaggiandosi il petto.

Il sorriso di lei si allargò: Che stupido… pensò catturandogli poi le labbra in un lungo e gentile bacio, volendo concludere meglio quello interrotto prima. "Questo è per prima…” e dopo, con una certa irritazione gli mollò uno schiaffo "E questo è per prima!" e un altro "e per lo spavento!"


Quei due schiaffi lo svegliarono del tutto. "Cazzo, dovrei farlo più spesso..."

Masaru scosse la testa e si voltò altrove, guarda caso verso l’altra stanza, dove si ricordò della giovane Makoto, e si risollevò in piedi, aiutando Shiroko a risollevare Kacchan, per poi avvicinarsi ed osservare la ragazzina, sembrò volesse dire qualcosa a quella figura privata del suo lieto fine, ma si fermò, sentendo che qualsiasi cosa le avrebbe detto, lei, la nemica di suo fratello, che lo aveva desiderato morto, avrebbe solo peggiorato il suo stato d’animo.

"È finita. Ora non ci resta altro da fare che rimettere insieme i pezzi..."


"Andiamo via da qui… Abbiamo bisogno tutti quanti di riposare."
sentì Kacchan, assieme all'albina, spezzare il silenzio rotto dai singulti della piccola, proponendo poi loro di spostarsi a casa di sua nonna, a metà altezza della collina su cui sorge il villaggio, per rifocillarsi e riprendersi dalle fatiche dello scontro.

Masaru, stanca, fradicia e stravolta come gli altri, ognuno a modo suo, rifletté silenziosa su quanto appena avvenuto e su cosa sarebbe stato opportuno per lei descrivere, e omettere, nel rapporto di quella missione che non aveva dei reali vincitori. Soltanto vinti.
code © psiche



CITAZIONE
Non so se è stato detto ma è una autogestita scritta a quattro mani e secondo regolamento serve anche il mio post, chiedo scusa per la lunghezza (comunque inferiore a quella del post di Ardyn).
 
Contacts  Top
view post Posted on 23/3/2021, 16:34     +1   -1
Avatar


Group:
Narratori
Posts:
5,484

Status:


Anche nel tuo caso assegno i 100 Exp, ma se ci sono necessità di conversione in ballo, avvisatemi e rimedio.
Bella sessione: Masaru mi pare maturata, è giocata con più tridimensionalità rispetto a qualche tempo fa (e mi sa che ne è passato parecchio, dall'ultima volta che ci ho interagito ON). Si vede che è un pg che ha incamerato delle situazioni di gioco effettive, che hanno lasciato il segno... e non è cosa scontata.

Ora dovrei filare a inventarmi una trama decente per voi, tenendo conto dei vari spunti autolesionistici che mi avete fornito nelle ultime due settimane :rose:
 
Top
3 replies since 10/3/2021, 20:06   148 views
  Share