Le paure di un padre., Autogestita #1 Saitō Uchiha

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view post Posted on 10/3/2021, 00:01     +1   -1
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Saitō Uchiha
11 y.o. / Genin / Konoha






Narrato, Pensato, Parlato,





Il rumore del legno contro il legno rimbombava sotto il tetto del piccolo dojo. Una struttura dal tipico taglio tradizionale, con il tetto spiovente, il pavimento rialzato da piloni che avevano scavato la loro via attraverso la terra del giardino e trovato spazio fra la grande casa ed un paio di solitari alberi che gettavano un ombra ristoratrice su uno stagno assediato da ninfee e foglie morte.
Sulle pareti il simbolo del clan era stato pitturato più volte, mentre rastrelliere per armi e supporti per armature corredavano l'ambiente in cui i due familiari si stavano addestrando.
Le vesti nere di cotone leggero si muovevano sinuose ed eleganti, seguendo i loro movimenti provati e riprovati. Una coreografia marziale atta a creare una memoria muscolare affidabile, reattiva e flessibile, mentre l'istinto suggeriva variazioni e l'impeto dello scontro gli trascinava in un botta e risposta fatto di fendenti, schivate, affondi e parate.
Dalla grande porta scorrevole aperta sul profilo del Villaggio Nascosto della Foglia, soffiava un vento distratto, venuto a correre chissà da dove, trasportando con se i granelli di una sabbia ruvida, l'umidità di bosco ed il tipico odore di pioggia. Le voci del mercato arrivavano ovattate, un brusio come quello delle api in fiore, a cui è facile abituarsi e fagocitarlo come un rumore che sa di casa e quotidiano.
Una luce indiretta, filtrata da lucernari socchiusi e carta di riso, illuminava i volti simili ma diversi. Gli stessi occhi, neri come i capelli tagliati a qualche centimetro dalle spalle, la stessa espressione concentrata su volti dalle età diverse, ma che condividevano gli stessi tratti.
Saitō non era mai riuscito a colpire il padre. Mai, neanche una volta da quando avevano preso ad addestrarsi insieme.
E l'uomo che lo stava crescendo non lo avrebbe permesso. Non era facendolo "vincere" che lo avrebbe aiutato a diventare un guerriero migliore.
Non era con la debolezza che gli avrebbe insegnato la forza.
E solo gli antenati sapevano quanto avevano bisogno che le nuove promesse del clan crescessero forti.
La spada da allenamento di Masato, colpi Saitō con precisione all'addome.
Morto
L'arma tornó in una posizione neutra per poi saettare verso l'interno della coscia, sfilando dietro il ginocchio come ad eseguire un taglio, per poi retrocedere ancora e fendere la spalla.
Morto.
Il fiato spezzato, i muscoli doloranti e l'animo deconcentrato.
Il giovane genin strinse entrambe le mani sull'impugnatura zigrinata cercando di trovare equilibrio, respirando a fondo. I piedi nudi si allargarono all'altezza delle spalle, molleggiando delicatamente sul pavimento di legno scuro. La veste era bagnata di sudore, mostrando un corpo atletico ma giovane, troppo giovane.
Nella mente che annaspava per trovare un varco nella difesa del padre si delinearono una serie di movenze diverse da quelle usate fino ad ora. Uno stile più aggressivo, meno incline alla sua indole ma che aveva osservato varie volte negli addestramenti dello zio giovane. Qualcosa che forse avrebbe spiazzato il padre.
Uno scatto rapido, una capriola sotto la linea dell'arma avversaria, per poi voltarsi con forza, roteando la spada in un fendente che avrebbe, dalla sua traiettoria, vergato il consanguineo al volto.
Avrebbe.

Quando la spada completò il tragitto suo padre non c'era più.
Al suo posto uno spazio vuoto, in un dojo che era lo stesso ma diverso.
Invecchiato, sciupato, ferito.
Il tetto era crollato in più punti, permettendo ad una luce grigia di penetrare nello spazio polveroso, dove un mobilio mal messo sembrava aver risentito del passaggio di un decennio e più.
Fuori dalla porta scorrevole il giardino aveva perso il suo verde, lasciando il posto ad una terra incolta, carsica ed ostile. I grandi alberi parevano scheletriche sentinelle, su uno stagno che si era ritratto fino ad essere non più che una pozzanghera di acqua sporca. I loro rami erano come dita di mille mani affilate che sembravano artigliare un cielo irreale, dove le mille tonalità dei grigi pennellavano un universo che se ne stava inerme come una presenza rapace sul quartiere Uchiha. Anch'esso, come il dojo, appariva spogliato della vita.
Il ventaglio scolorito, le voci assenti, ed il legno degli edifici mangiato dall'incuria.
I volti degli Hokage apparivano sfregiati, con sguardi carichi di una disperazione nuova, che non gli apparteneva.
Il suo respiro lasciava una scia nell'aria immobile, come ad indicare un freddo che si paleso apparso dal nulla.
Insidioso, pungente, innaturale.
Una traccia di vita in quel palcoscenico di morte e miseria.
Non gli ci volle molto a realizzare dove si trovava.
Quello era la grande paura del padre.
La rovina del clan, la fine del loro retaggio.
Kai
L'illusione spezzata trascinò nuovamente il giovane genin al suo luogo di origine, con il padre che lo osservava con gli occhi carichi del sinistro potere del clan e la spada puntata sotto la gola.
Morto.
Si era detto niente justu.
I tuoi avversari non rispetteranno la parola. Considerala una lezione.
Un gesto repentino a spostare la spada del padre dalla gola con due dita della mano libera, per poi impastare il chakra nel petto e sputarlo in un imponente palla di fuoco che gli avvolse entrambi.

I fratelli di Masato sedevano sui propri talloni al centro del salotto della grande casa. Le loro vesti a rivelare la più intrinseca natura del loro spirito, almeno ad uno occhio attento.
Niura, il piú giovane dei tre, indossava la divisa tipica degli shinobi di Konoha. Il coprifronte ben posizionato al suo posto, i capelli tagliati corti e la barba curata. Nulla che potesse distinguerlo da un altro qualsiasi dei ninja del villaggio, se non per alcune cicatrici che sembravano essere state inferte da un artigliata che risalivano il collo ed una delle braccia.
Oda, quasi coetaneo di Masato, copriva le forme con una tunica tradizionale, preziosamente ricamata. Lo stemma del clan in mostra sulla schiena ed impresso su di un agenda che si era portato con se e che aveva riposto con cura accanto a dove sedeva. I lunghi capelli neri erano stati raccolti in una coda elegante chiusa da uno spago di pelle. Sul volto glabro l'espressione accigliata era la fotocopia di quella del padre di Saitō, che stava raccontando del loro recente addestramento.

...ha quasi dato fuoco al dojo.
Ti ha colpito.
Non mi ha colpito.
E ti aveva colpito anche prima con la spada vero?

Uno scambio di sguardi e poi una breve risata.

Sta migliorando.
O tu stai invecchiando.


Intanto in un altra sala della casa, Saitō leggeva.
La doccia lo aveva ripulito dalla fatica e dalle tracce dell'addestramento, eppure gli spettri del genjustu ancora sussurravano al lato nascosto del cuore.
Le paure del padre erano inconsciamente anche le sue.
Il mondo degli shinobi stava cambiando in modi che ancora non comprendeva.
Non era passato molto dalla scoperta delle forze portanti e nuovi nemici sembravano spuntare da ogni parte del continente ed anche oltre.
Nonostante fosse stato uno studente precoce e già ad undici anni avesse ottenuto il coprifronte, non era nulla se paragonato ai grandi ninja del passato.
Doveva fare di più, molto di più se voleva essere all'altezza degli eventi che volente o nolente avrebbe dovuto affrontare.
Fra le mani, le pagine di un libro intitolato "Metodi d'infiltrazione" si susseguivano rapide, via via che le parole venivano lette e mandate a mente, nonostante essa fosse in qualche modo distante, persa fra paure, dubbi ed ambizioni.
La missione che aveva da poco concluso aveva a suo modo influito sul suo stato d'animo, convergendo il suo essere verso un intimo misticismo che attribuiva al tutto un sentore nostalgico e profetico, come se con la sua storia e le sue radici, l'universo stesse complottando per metterlo a fronte a qualcosa di potenzialmente grandioso, ma per il quale si sarebbe dovuto far trovare pronto.
Anche la sua recente iscrizione alla compagnia incarica di esplorare le terre oltre confine era stata esortata da questa intrinseca sensazione di dover mettersi alla prova per crescere il più in fretta possibile.
Prima, che quello che il padre gli aveva mostrato nell'illusione diventasse una possibile realtà.
Chiuse il libro, rimanendo a fissare il cielo, mentre un manto stellato preannunciava l'inizio di un altra notte insonne.
















 
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view post Posted on 10/3/2021, 05:50     +1   -1
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Un lavoro assai piacevole da leggere. Il testo scorre bene e le descrizioni accurate di personaggi ed ambientazioni rende molto immersiva la lettura. E questa foga di crescere - ah, questi bimbi adolescenti!
Comunque, ottimo lavoro, la sessione è convalidata. Trattandosi di un addestramento, prendi una ricompensa di 100 punti exp.

Buon proseguimento!
 
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1 replies since 10/3/2021, 00:01   67 views
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