Il suono della quiescenza, Role al presente per Angy (1° pg), Sir Onion, (1° pg) e Vale93ba

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view post Posted on 1/10/2018, 19:15     +1   -1
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GdrOff// Continua da [覚醒 Kakusei: Scontro finale] //GdrOn


Un'eco lontano.
Poco più di una folata di vento ad attraversare la memoria.


    "La storia viene scritta
    solo da chi si macchia di grandezza.
    "

Parole sagge quelle che rifiorirono nella mente dell'Hokage durante il viaggio di ritorno. Le parve di sentire distintamente quella voce sussurrarle dal passato con lo scoppiettio del fuoco di sottofondo, una voce calda che mancava al suo cuore al pari solo di alcune tra le sue troppe perdite. Da ognuna era stata spingere a crescere, a imparare come dopo una sconfitta, tuttavia nessuno avrebbe mai potuto reggere il confronto con il vecchio Daiki: scomparso dall'infanzia la sua esistenza viveva ancora oggi tramite quegli insegnamenti, parole preziose che ascoltate da bambina trovavano un senso soltanto oggi. Suo nonno era stato ben più di una figura paterna, era stato un maestro di vita.

Loro malgrado Kataritsuen e Hajime avevano scritto la storia, Kyo Dan e Taisei l'avevano fatto, il 20 Gennaio sarebbe rimasta una data da ricordare nell'intero continente.
Rimuginando sulle parole del nonno si disse troppo stanca per analizzare l'accaduto, in un angolo recondito della sua anima tuttavia provò qualcosa di imprevisto che la fece rabbrividire: invidia per il coraggio avuto nel mettere in pratica le proprie idee.
Lei era testarda e determinata ma fin troppo coscienziosa per agire in quel modo, sapeva di non poter cambiare il mondo dall'oggi al domani e di non poterlo fare calpestando gli altri. Giuste o sbagliate che fossero le sue ideologie dunque mancava d'incisività


(Hai già raggiunto la grandezza di cui parli, solo non lo vedi.)

(Curioso quante cose non riesca a vedere nonostante questi occhi..)

Confessato quel disagio l'uomo seppe trovare le parole giuste, da sempre sapeva come farla focalizzare sulle ragioni dei suoi turbamenti e tranquillizzarla. Ne discussero per un po' fino a quando non riemerse la questione Oto e il modo in cui aveva aiutato a spodestare Saito. Anche quella era grandezza e poco importava se i libri di storia non avrebbero riportato il suo nome in quell'evento, non aveva mai cercato la fama - piuttosto era sempre stato l'inverso - quel barlume d'invidia che aveva provato era solo fretta di portare a termine i suoi obiettivi e fra tanti v'era un capitolo importante della sua vita che doveva assolutamente concludere.
Trascorso un mese dal loro ritorno e da quando di conseguenza aveva annunciato il rientro dell'allerta, Akane si vide consegnare una lettera il cui contenuto la portò a fissare finalmente una data e un luogo per incontro che attendeva da oltre un anno.



CITAZIONE
Hokage-sama,

chi vi scrive è oggi, grazie anche al vostro contributo, non più esule da una terra di segreto, guerra e sopruso, ma un Kage ansioso di dimostrarsi degno di tale titolo.
Tale giudizio spetta a coloro che mi hanno voluto qui, e il cui fermento continua a prendere forma nella ricostruzione del nostro villaggio, e, spero al più presto, del nostro paese.
Vi scrivo perché sappiate tuttavia che la promessa fattavi rimane tra i miei pensieri più prossimi, e che molto presto, se voi vorrete, sarò in grado di adempiervi.
Attendo il vostro consenso, e una risposta sul come e dove ciò debba avvenire, sapendo che, laddove lo consentiste, sarebbe mia intenzione raggiungere personalmente voi e Kinji Uchiha.

In gratitudine,
Hideyoshi, Rokudaime Kokage di Otogakure no Sato.
Addì 20 febbraio 249DN

* * * *


La voce si sparse in fretta, la nuova guerra si era conclusa con il ritorno della grande spedizione a Fukagizu. Il processo al leader del Taisei, dei suoi uomini e la caccia al Kyo Dan tuttavia restavano argomenti scottanti fuori e dentro Konoha, un qualcosa che di certo avrebbe richiesto tempi lunghi e che avrebbe generato molti dubbi.
Sopra ogni cosa ci si chiedeva che fine avessero fatto i demoni dopo tutto quel trambusto, se lo chiedevano tutti dopo averli visti in azione, specie chi nel Gedo ci aveva avuto a che fare, chi ci aveva parlato, combattuto o fraternizzato. A migliaia erano stati assorbiti in quella statua mostruosa e poi risputati fuori, non era impensabile quindi che anche i Bijuu fossero li fuori, da qualche parte. L'invito ufficiale restava quindi in vigore, segnalazioni tempestive in casi di incontri con membri del Kyo Dan o del Taisei e di manifestazioni riconducibili ai Cercoteri.



    Marzo 249 DN

Nella prateria il sole era tramontato già da un po' quando fermò il passo insieme a Kinji. I tre ninja di Konoha tuttavia non avevano viaggiato soli, nonostante avessero scelto luogo e ora per l'incontro il retaggio del Suono - unitamente alle attività illecite sul territorio - avevano costretto il Consiglio ad inviare una scorta per il viaggio di ritorno. La primavera ormai prossima portava con se un profumo dolce ma se anche si prospettava un periodo di tranquillità, dopo quanto successo a Fukagizu non potevano abbassare la guardia, era in strade come quelle che l'Akatsuki aveva tentato di trafugare il corpo della Pantera [x] e con ancora molti fuggiaschi del Kyo Dan a piede libero, di certo non c'era da stare tranquilli.

Per l'incontro con il Kokage scelsero un posto appartato e lontano diverse miglia da Konoha, attesero l'ospite ai piedi di una collina, con l'erba a solleticare le caviglie e i primi venti caldi a soffiare sul volto. Gli anbu rimasero a distanza ben nascosti nella boscaglia che fiancheggiava la strada maestra e pronti a intervenire in caso di imprevisti.


"Alla fine non sono riuscita ad aiutarti e nemmeno Keiichi, ne sono desolata Kinji-kun.. se Hideyoshi ha chiesto di incontrarti tuttavia deve esserci una ragione, potrebbe avere trovato lui la soluzione al tuo problema."

Nervosa all'idea di riavere il corpo della sorella defunta intavolò una discussione con l'allievo. Tramite Hachi era venuta a sapere che la giovane coppia aveva avuto qualche problema per via dell'anello, per non far preoccupare la Hyuga infatti Kinji inizialmente aveva preferito nasconderle tutto.

"Ne hai parlato con Setsuna poi?"

 
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view post Posted on 3/10/2018, 22:46     +1   -1
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- Allora andrai?

Chiese Yugure con una nota di preoccupazione nel tono di voce. Un sospiro precedette la risposta rilassata dell'interlocutore.

- Non vedo perchè rifiutare. Sebbene fosse mosso dall'interesse personale nel chiedere aiuto al tempo, ciò non vuol dire che abbia dimenticato quei pochi che gli hanno teso la mano... per giunta senza alcuna garanzia di successo.

- Sembri piuttosto sicuro del fatto che conosca una cura o qualcosa di simile... ma se così non fosse?

- Avevo comunque intenzione di fargli visita, prima o poi. Il fatto che adesso Hideyoshi voglia fissare un incontro con l'Hokage mi risparmia un viaggio. Se poi nemmeno lui riuscisse a darmi delle risposte, allora troverò un'altra soluzione.
Ti va di accompagnarmi?


Yugure incrociò le braccia distogliendo lo sguardo dal Vermiglio.

- Certo che ti accompagnerò... senza di me chissà in che guaio potresti cacciarti.

- Oh, ma davvero?

Rispose sorridendo e con tono sarcastico. Sembrava difficile riconoscere in Kinji la stessa persona che fino a poco tempo prima vedeva la situazione degenerare a vista d'occhio; in effetti il suo umore aveva avuto una ripresa da quando aveva confidato tutto a Setsuna, ma questo lo avrebbe potuto capire solo chi aveva visto il decorso dell'influenza dell'anello sulla sua persona. Ora più che mai poteva capire se le ricerche di Tashigama avevano prodotto qualche risultato concreto e se, cosa ancora più difficile, non fosse andato tutto perduto.

***



Kinji e Akane si addentrarono tra le pianure del Fuoco con al seguito una scorta che il più giovane reputava inutile: se avessero trovato qualche brigante o malintenzionato di sorta, non avrebbero avuto certo bisogno di qualcuno che li sistemasse al posto loro. L'allerta era calata, non del tutto cessata, quindi far allontanare la carica più importante del villaggio senza un'adeguata protezione (sulla carta) sarebbe stato azzardato.
Giunsero finalmente nel luogo prestabilito per l'incontro: una zona pianeggiante lontana da occhi indiscreti, crocevia per i confini del Fuoco noto solo a pochi. Yugure, appollaiata sulla spalla destra del Jonin, scrutava il territorio circostante per poter mettere in guardia i due Uchiha nel caso avessero avuto ospiti indesiderati.
Mentre i due attendevano l'arrivo del Cantore, il Sandaime ne approfittò per scusarsi riguardo i pochi progressi sulla condizione dell'allievo, cercando di alimentare le speranze del Vermiglio per giustificare la sua presenza.
Kinji non sembrò particolarmente speranzoso, ma al tempo stesso non si poteva definire affatto rassegnato a dover mollare la presa sulla propria coscienza.


- Non mi devi scuse, Akane-sama. So che entrambi avete fatto del vostro meglio e questo basta per essere grato.
Per quanto riguarda Hideyoshi, se non era a conoscenza dell'esistenza del laboratorio crollato nei sotterranei, forse nemmeno lui sarà in grado di darmi delle risposte. In fondo non abbiamo avuto modo di comunicare da quando ci siamo divisi in gruppi, non dovrebbe essere nemmeno a conoscenza dell'anello.
Piuttosto credo voglia sapere cosa è successo... altrimenti non si spiega perchè voglia vedere anche me.


I dubbi che aveva erano legittimo in fondo: Hideyoshi aveva ottenuto ciò per cui aveva chiesto aiuto, del destino degli shinobi che avevano preso parte all'operazione poteva non interessargli nulla; tutti avevano accettato conoscendo i rischi ai quali andavano incontro, ma nessuno avrebbe ricevuto un ringraziamento.
Akane passò poi a fare LA domanda, alla quale l'allievo rispose tranquillamente.


- A dire il vero si... e mi ha sorpreso. Forse sarebbe stata in grado di capire fin dall'inizio, ma immagino sia meglio tardi che mai.

Una piccola pausa con il vento che scompigliava i capelli e faceva svolazzare gli abiti con pieghe dalle forme più svariate. Akane non aveva nemmeno accennato al prezioso carico che avrebbe ricevuto come pegno: che lo stesse evitando di proposito, oppure era semplicemente più interessata al benessere di Kinji?
Fu proprio il Vermiglio a voler riprendere parola per ricambiare l'accortezza della più grande.


- Piuttosto... nervosa nel rivederla?

Era ovvio che si riferisse ad Ayame, la sorella che non aveva trovato pace nemmeno nella morte per colpa della follia di Saito e delle sue creazioni.

Edited by Vale93ba - 4/10/2018, 08:59
 
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view post Posted on 5/10/2018, 09:34     +1   -1
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Otogakure no Sato, 4 marzo 249DN, ore 4.00


*Sarebbe partito col favore della notte, all'ora dell'assassino e del criminale, lasciandosi dietro un letto intatto. Ad attenderlo, percorsa la breve distanza tra il cantiere e le vecchie porte, un carro coperto da un lenzuolo nero. Poche le disposizioni che aveva dato, a riguardo, oltre che il corpo fosse mantenuto nella crisalide di cristallo.
Nessun fasto, nessuna pompa; scambiato un cenno con la guardia di posta, Hideyoshi rivolse una muta preghiera a qualsiasi divinità volesse averla, una mano sul fianco del carro, prima di stringersi nel mantello scuro e prendere le redini.
Nemmeno un mese da quando era tornato, ecco che già si allontanava di nuovo. Un viaggio diverso, questo, meno gravoso e meno gravato da tempi catastrofici… eppure proprio per questo faticoso, difficile da giustificare davanti a chi, diversamente da lui, non ne riconosceva l'importanza.
Mentre la prima luce del mattino gli scivolava addosso, mentre la foresta cedeva inesorabilmente il passo al sentiero battuto, il pensiero di ciò che aveva detto a Kira e Yumi gli sedette accanto. Una compagnia fastidiosa, dolente, che sapeva di ingiustizia ed incomprensione.
Tentò di tenere lo sguardo e il pensiero in avanti, sulla strada e sulla destinazione: un sud, questa volta, nemmeno troppo lontano. Cosa le avrebbe detto, consegnandole il corpo? Cosa gli avrebbe detto lei? E Kinji? Non aveva pensato ad un modo per mostrargli la propria gratitudine, per chiedergli, per sapere...*




Tra Hi ed Oto no Kuni, marzo 249DN


*Il viaggio durò quasi tre giorni, il passo moderato per non stancare il cavallo e non rischiare di dover cambiare una ruota. Hide non era familiare né con le creature equine, viste sempre come qualcosa di esotico e selvaggio, né tantomeno era un carradore. Un qualsiasi imprevisto e si sarebbe dovuto fermare in un villaggio, avrebbe dovuto esporsi ed esporre il corpo nella crisalide... tutta una serie di complicanze che, in un tempo come quello, significavano rischio aggiunto.
E già ce n'era a sufficienza: la devastazione dei demoni e la miseria della guerra, questa e precedenti, avevano dilaniato la terra in maniera che il Cantore, nel farvi da lento spettatore, temette irreversibile. Un sentore sinistro aleggiava sulla strada, uno di cui il Kokage, vestito di nero e alla guida di un carro funebre, era perfetto interprete. Poche anime sulla via, pochissime, e più di una volta gli occhi del giovane ninja si posarono su evidenti segni di abbandono e inevitabile razzia. La foresta faceva del suo meglio per nascondere lo sgretolarsi della civiltà, ma esso non poteva sfuggire a chi aveva vissuto in tempi migliori.
Non molto migliori, chiaro, ma anche una minima perdita era cara al miserabile. E non erano le mani scellerate dei disperati, gli occhi affamati degli sfollati o le lame arrugginite di qualche bandito boschivo a spaventarlo. Erano le parole, i sussurri di tutti e tre, una minaccia costante, resa tanto più pericolosa quanto terribili erano i tempi. Ad ogni passo, ad ogni sbuffo del cavallo e crepitio del legno sotto di lui il Cantore sentiva mille occhi osservarlo dal folto.
Finché folto rimase.*




Hi no Kuni, 6 marzo 249DN, ore 19.00


*Non era all'ombra di una delle mille foreste del Fuoco che Akane Uchiha aveva fissato il loro punto d'incontro, né tantomeno gli avrebbe consentito di varcare le mura del villaggio. Una scelta sensata, considerando chi era e la nomea di chi rappresentava, stante la segretezza del loro accordo... eppure Hideyoshi non poté fare a meno di sentirsi, qualche modo, in difetto. Non pretendeva di essere un santo, né certamente di rappresentare il meglio che il mondo ninja aveva da offrire, ma nel profondo qualcosa ancora soffriva all'idea di passare come un reietto o un criminale. Forse un residuo incrollabile della vita che avrebbe altrimenti vissuto, forse il bisogno, dopo tanta sofferenza, di veder riconosciuti i propri sforzi in una nuova immagine del proprio villaggio. Il proprio villaggio.
Questo pensava, mentre cigolante il carro nero abbandonava la penombra della foresta per la vasta radura in cui l'incontro era da tenersi. Avvisaglie di sera ancora legate al buio dell'inverno lo seguirono, striscianti tra i fili d'erba, mentre ad ovest un sole sanguigno allungava grottescamente le ombre di tutti.
Eccoli, soli in apparenza, alla base della collina indicata. Hideyoshi li individuò senza troppe difficoltà, e, avvicinatosi non ad un passo più rapido di quello che l'aveva condotto sin lì, arrestò il carro a qualche metro di distanza. Discese, sollevando il cappuccio e fermandosi per un rapido sguardo prima di avvicinarsi. Ad ogni passo un nuovo dettaglio, rivelato, modellato dalla mano di un tetro artigiano... così come era stato per Kira, l'oscurità aveva un modo tutto suo di scivolare addosso agli Uchiha.
O così almeno sembrò in quel momento al Cantore, che si arrestò a qualche metro per porgere i suoi saluti. Brevi, quasi esitanti a spezzare la quiete, accompagnati da due inchini di diversa profondità.*


"Hokage-sama, Uchih… Kinji-dono."

*Si corresse, rammento dello scambio avuto nelle profondità di Ryuchi.*

"Felice e grato di rivedervi ancora in vita, nonostante tutto."

*Un tenue sorriso, uno dei suoi, mentre ad ogni dettaglio e respiro la sensazione di freddezza non faceva che aumentare. Un brivido, sempre estraneo e sempre familiare, la sua esteriorità ancora mascherata.
Non colmò la distanza che li separava, non ancora.*
 
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view post Posted on 9/10/2018, 17:57     +1   -1
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Ingannare l'attesa con chiacchiere vuote non era da lei e nonostante il nervosismo la stesse dilaniando dall'interno le uniche parole che riuscì a pronunciare furono le solite, quelle sentite, quelle doveva dire, quelle che ci si aspettava da lei: sempre nelle righe, composta, autoritaria e rigida nel suo essere e apparire. Nel recitare il suo ruolo tuttavia a volte le capitava di chiedersi se non stesse mentendo a se stessa ma al contrario di quello che si poteva pensare il suo nemico non era il tempo, lo erano gli eventi, gli errori e le sciagure inevitabili, quelle che nonostante i suoi sforzi si verificavano e che scivolavano dalla presa della sua volontà. Quando Kinji cercò di ridurre quel peso a gravare sulle sue spalle abbozzò un sorriso sghembo - "E' così evidente?" - ebbene si, volendo essere spietatamente sinceri Akane era tutto un fascio di nervi e quasi vergognandosene cercò di spiegargli il perchè.

"So che è irrazionale ma ho il timore di rivederla e scorgere nei suoi lineamenti una delusione che non potrei mai rimuovere dalla mente. Ha dato la sua vita per rimediare alle incomprensioni che ci hanno allontanate e ho la netta sensazione che avrei potuto fare un miglior uso del suo dono e dei suoi sforzi."

Quando per un attimo abbassò lo sguardo il disagio che stava vivendo fu lampante, l'allievo non conosceva tutti i dettagli della storia [x] e se anche glieli avesse chiesti in un momento come quello, le parole le si sarebbero ghiacciate in gola.
Lieta di sapere della riappacificazione del giovane con Setsuna proprio allora infatti all'orizzonte intravidero una carrozza far capolino in strada. Nonostante la velocità contenuta del mezzo, le ruote e gli zoccoli a battere sulla terra battuta finirono per alzare una scia di polvere nella prateria circostante: a tenere le redini v'era un solo uomo incappucciato che guidando il suo cavallo fino a loro infine discese, la chioma argentea a far capolino dal suo tabarro confermò l'ovvio anticipando al contempo i convenevoli.


"Kokage-dono.."

Cosa avrebbe dovuto dirgli? L'albino aveva affrontato un lungo viaggio per via di accordi fatti più di un anno addietro ed era giunto puntuale sul luogo dell'incontro, entrambe cose che i più comuni degli uomini non erano in grado di fare: essere puntuali e tenere fede alle promesse. In mancanza di simili qualità del resto era facile trasformare un amico in nemico e come lei questo lo sapeva molto bene anche Hideyoshi,
la scelta giusta da parte sua dunque non richiedeva l'aggiunta di altre parole, visto il momento tanto delicato era certa che il Cantore avrebbe compreso la sua scarsa loquacità.

Ricambiato l'inchino dunque gli si avvicinò e osservando la stanchezza nel suo sguardo non potè evitare di ricordare l'ultima volta che si erano incontrati a Fukagizu, in quell'occasione lo shinobi del Suono era stato tutt'altro che pacato, se non fosse stato per alcuni uomini che trattennero la sua ira avrebbe trafitto il leader del Taisei con la sua lancia. All'idea di un simile epilogo non provò nulla, sarebbe stato semplicemente più forte e immediato rispetto all'aspettare tutti quei mesi di inutili processi alle intenzioni, forse meno giusto ma anche così a freddo non ci avrebbe messo la mano sul fuoco.
Mosse così qualche altro passo per raggiungere il retro del carro ma prima di scostare la tenda aspettò di riprendere il controllo sul battito del suo cuore e sulla sua ansia.


"Che uso ne ha fatto Yo prima che la recuperaste?"

La voce dell'Hokage giunse al suo pari con durezza, quasi come un'accusa per non averla recuperata prima che l'immagine e il ricordo della sorella venisse macchiato di sangue e crimini efferati. Probabilmente quel modo di fare avrebbe spiazzato il suo interlocutore ma in realtà le sue intenzione erano buone e il lieve tremolio nelle corde vocali ne fu la prova. Porre quella domanda servì a ritardare il fatidico momento - e ad ed esorcizzare anche - sapere come era stato manovrato il corpo della sorella difatti non l'avrebbe aiutata in nessun modo ma pur consapevole di ciò, prima di rivederla una voce dentro di lei volle sapere. Sentiva il bisogno di visualizzare nella sua mente cosa era stata costretta a fare a causa di quei fili maledetti.
Ottenuta una risposta, quale che fosse, avrebbe chiesto di avere qualche minuto per sè, tempo che i due avrebbero potuto impiegare per parlare dell'anello e di quant'altro derivava dal loro precedente incontro.

 
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view post Posted on 9/10/2018, 20:15     +1   -1
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L'Hokage non cercò nemmeno di evitare la domanda diretta dell'allievo: era nervosa e lo si poteva notare facilmente grazie ad un occhio attento come quello del Jonin e all'abitudine nell'avere a che fare con lei. Ciò poteva voler dire che si sentiva a suo agio con Kinji accanto in un momento difficile come quello, riuscendo quindi ad essere se stessa con tutto ciò che ne conseguiva, oppure semplicemente non ce la faceva a dissimulare la tensione che cresceva in maniera direttamente proporzionale all'attesa.
Quando la più grande chiese se fosse così evidente, Kinji si limitò ad alzare un sopracciglio e piegare leggermente il capo; non poteva certo credere di essere a conoscenza di tutti i risvolti che si erano susseguiti nel tempo tra le due sorelle, ma piuttosto poteva ben immedesimarsi nei panni del Sandaime e in tutto ciò che poteva passargli per la testa.
Akane cercò quindi si spiegare il perchè di quella reazione irrazionale, spiegando come si sentisse in difetto nei confronti della sorella e di come aveva usato il suo "dono".
Mentre la kunoichi continuava a parlare, lo sguardo del Vermiglio andò ad indirizzarsi verso la distesa vegetale che li accerchiava; se prima vi erano dei dubbi riguardo al riuscire ad immedesimarsi in lei, adesso aveva la certezza di provare le stesse sensazioni verso la persona che aveva rivisto dopo anni e che aveva quasi perso per sempre: sua madre.
Aveva passato diverso tempo ad addossarsi la colpa per ciò che le era successo e quello stato di costante attesa per le sue condizioni non aveva aiutato per niente. Non poteva certo affermare di aver superato quella sensazione, al contrario era riuscito soltanto ad alleviarla. Cercò nuovamente il contatto visivo con Akane per non risultare sgarbato o impensierirla ancora di più con il proprio comportamento.


- Tutti noi, guardandoci alle spalle, possiamo dire qualcosa di simile. Quel che conta è agire sempre secondo ciò che riteniamo più giusto per avere meno rimpianti possibili... ma sono certo che non devo essere io a dire ciò a chi deve fare scelte importanti ogni giorno, vero?

Cercò di scherzare con l'ultima affermazione, poichè in verità non avrebbe potuto consolarla in alcun modo; non conosceva tutti i dettagli e ne tanto meno li avrebbe chiesti in quel momento già di per se delicato. Se Akane lo avesse voluto, avrebbe potuto appoggiarsi metaforicamente alla sua spalla e parlargli di più della sorella, di chi era e cosa aveva fatto per lei, ma non l'avrebbe forzata in alcun modo.
Kinji ormai aveva capito che alcune volte bisognava semplicemente imparare a convivere con le proprie scelte e purtroppo rimuginarci troppo a lungo non avrebbe mai portato a nulla di buono.


- Se dovessi avere bisogno di qualsiasi cosa, sappi che io ci sono, Akane-sama.

Proferì semplicemente per farle capire che non era sola e che, se lo avesse desiderato, non lo sarebbe stata mai con persone come lui a sorreggerla nei momenti più difficili. Nonostante fosse un suo allievo e ci fossero alcuni anni di differenza tra i due, Kinji sentiva di avere una certa confidenza con la kunoichi e di poterla considerare una persona fidata con cui poter parlare di tutto; se anche da parte di Akane ci fosse stata la stessa considerazione, non avrebbe potuto che fargli piacere.
Il tempo per le chiacchiere però terminò di li a poco in quanto il rumore degli zoccoli sul percorso dissestato spezzò il silenzio creatosi nella vallata. Alla guida del mezzo vi era un uomo incappucciato il quale, una volta abbandonata la posizione di guida, si rivelò essere Hideyoshi.
Con il suo solito modo di fare pacato e rispettoso, il Cantore rivolse i propri saluti (accompagnati da inchino reverenziale) sia all'Hokage sia a Kinji, il quale non si lasciò sfuggire che l'interlocutore evitò di usare troppe formalità, dimostrando di ricordarsi della discussione avuta mesi prima.
Per quanto Kinji avrebbe risposto con la stessa confidenza, adesso Hideyoshi rivestiva una carica la cui importanza era pari a quella di Akane e per questo meritava lo stesso rispetto... ma in fondo non era certo un incontro ufficiale quello e, qualora avesse gradito ugualmente le dovute formalità anche in quel frangente, lo avrebbe potuto riferire tranquillamente.
Il Vermiglio ricambiò quindi il piccolo inchino con altrettanta cordialità, sperando di far sentire l'interlocutore più a suo agio.


- Lo stesso vale per me, Hideyoshi-dono

Quando la kunoichi cominciò a muovere i primi passi verso il carretto, Kinji si limitò ad avvicinarsi alla figura del Cantore per lasciare all'Hokage il tempo di esorcizzare le paure e il timore di rivedere il corpo della sorella. Rimase poi in silenzio mentre Hideyoshi rispose alla domanda della donna su cosa quei fili di chakra le avevano fatto fare in nome di Saito e dei suoi folli ideali.
Molti avrebbero preferito evitare di associare immagini terribili come crimini efferati alla propria consanguinea, ma non era questo il caso di Akane.
 
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view post Posted on 13/10/2018, 21:28     +1   -1
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Hi no Kuni, 6 marzo 249DN, ore 19.20


*L'inverno si attardava nel Paese del Fuoco, rimanendo giusto il tempo per non rimanere da spettatore a quell'incontro. Così il sorriso del Cantore, debole per sua stessa natura, doveva soccombere al freddo del distacco che Akane gli riservò.
Perché la cosa lo colpiva tanto? Era legittimo aspettarsi un benvenuto caloroso? Era quella una felice circostanza? No; lui rimaneva il Kage di un villaggio storicamente dedito alla criminalità, erede politico dell'uomo che tanto aveva fatto perché il nome del Suono invocasse esclusivamente simili immagini, e l'unica ragione di quell'adunata era lo scambio di un cadavere profanato e massacrato.
Avrebbe abbracciato il secondo in comando di Kataritsuen, se gli avesse riportato il corpo mutilato di Ryutaro? Lo avrebbe ringraziato con un sorriso? No, e questa era l'unica risposta sicura che conoscesse, considerando recenti accadimenti che avevano messo a dura prova il suo senso di giustizia.
E allora perché quel brivido? Perché quella sensazione di terribile incompletezza? Si era ripetuto mille volte che non si sarebbe trattato di un incontro fausto, di una ricompensa morale. Se ne era convinto, così come aveva fatto per gran parte della propria vita... ma ora, nel sentirsi rivolgere quella domanda, qualsiasi pretesa di disincanto si era arresa senza opporre resistenza. Autocommiserazione e scetticismo, spada e scudo con cui aveva protetto quanto di dignitoso gli rimaneva in tempi molto più cupi, ora non gli erano di nessun aiuto.
In qualche maniera, di fronte a quei due, era disarmato. Una preda, come fosse alla loro mercé.*


(Che diavolo mi sta succedendo?)

"Ne ha... ne ha fatto una marionetta umana, usandola contro di me. Che fosse venuto o meno a conoscenza dell'aiuto concessomi da Konoha, Yo ha fatto sì che dovessi necessariamente passare sopra il corpo di Ayame per ucciderlo. Lo teneva vicino a sé, nello studio... un'arma doppiamente mortale.
Sono riuscito ad evitare che sopportasse troppi danni."


*Concluse, a fatica, mentre l'Hokage e Kinji lo superavano per raggiungere il carro. Sentiva il cuore dolergli in petto; ogni battito a pochi millimetri dall'infrangere il guscio di ghiaccio che lo custodiva. Che diavolo gli prendeva? Si sentiva come spaccato a metà, come se il suo essere lì fosse l'esatto contrario di quanto invece aveva fatto. Era venuto meno alla sua promessa, senza saperlo? Li aveva delusi? Perché aveva importanza?
Preda di questi ed altri pensieri, Hide seguì lo sguardo e il passo dei due ninja della Foglia, raggiungendo il lato opposto del carro rispetto ai due. Discretamente, attendendo la prima mossa dell'Hokage, il Kokage la aiutò con i lacci che tenevano fermo il velo scuro.
Aveva scelto di non toccare il corpo, oltre che per lavare la polvere raccolta durante lo scontro. Nessuna ferita era stata riparata, nessuna cicatrice nascosta. Non aveva praticato alcuna forma di imbalsamazione o trattamento estetico, né scelto un diverso modo di conservazione rispetto a quello riservato ad Otomika. Nessun fiore avrebbe allietato la vista, rimosso il telo, nessuna bara oltre il cristallo che Yumi aveva estratto e scolpito per preservare ciò che di organico rimaneva. Gli abiti erano gli stessi in cui l'aveva combattuta, e così gli ingranaggi, le trappole e le armi che conteneva. Non spettava a lui nascondere o rimediare allo scempio, non più di quanto gli spettasse seppellirlo.
Non aggiunse nulla al poco che aveva detto, sollevando il velo. Aveva evitato il più possibile di posare gli occhi sulla crisalide, da quando Yumi vi aveva lavorato. Aveva lasciato che fossero le sue mani esperte ad operare, costruendo un muro di razionalità davanti alla vera ragione che lo tratteneva dal guardare quel corpo incastonato nel cristallo.
Ora, invece, non riusciva a levagli gli occhi di dosso. Le pupille correvano sul minerale trasparente, baluginante di rosso, perforandolo e fermandosi sui lineamenti femminili della donna. Ma qui si perdevano, raccogliendo solo i dettagli che volevano, tornando indietro di dieci anni e di qualche settimana. Ad un simile convivio, ad un corpo scomparso, alla ragione principale della sua presenza in quel luogo.*


"Io..."

*Proferì, tenue, le poche parole che servivano perse nel vuoto di un pensiero che correva ormai senza freni. Il misero e inutile tentativo di aggrapparsi a qualcosa, mentre la terra cede sotto i propri piedi lasciando il posto all'abisso. Un nome, un volto, l'area del cervello destinata a senno e consapevolezza travolta da un terrore indicibile.
In ogni riflesso, il volto di Otomika; in ogni punto cieco, il suo sepolcro vuoto. E nell'animo del Cantore un vuoto più freddo di qualsiasi esilio nella Neve. Non era il distacco, non era il risentimento.
Era lì. Era tra loro, con loro. Più ci pensava, più ne era certo, e più ne era certo più sapeva di essere impazzito. Eppure il corpo non poteva mentirsi, non quando il chakra dello Spettro d'Argento lo aveva sconvolto tanto nel profondo.
La mano appoggiata sul bordo del carro iniziò a tremare visibilmente; la nascose. Gli occhi, spalancati, corsero in ogni angolo del carro, impazziti, in cerca dell'origine di quel sentore. Ma non trovarono altro che luce, legno ed ombra.*


(Come?! Come può essere?! Non può succedere di nuovo!)

*La mente continuava a cercare una spiegazione razionale a quella sensazione, che metteva in allarme ogni suo istinto di sopravvivenza. Lo sguardo ne seguì come poteva il percorso, lentamente levandosi dal fondo del carro a mano a mano che ricordo e pensiero venivano a patti riguardo l'unica fonte possibile, oltre Ayame.
Ineluttabilmente, con la forza di chi viene ad una inevitabile quanto sconvolgente conclusione, gli occhi del Cantore si inchiodarono su Kinji. In un istante ne scandagliarono compulsivamente ogni dettaglio, in cerca di qualsiasi tradimento, di qualsiasi traccia… quindi, frustrati, si fermarono, passando alla voce il testimone.
Quel che di sano in lui rimaneva fece di tutto per muovere i muscoli del volto, per far uscire la voce in un modo che non tradisse la follia tumultante dietro quella pelle traslucida.*


"... vi lascio un momento da soli."

*Sibilò, ritirandosi di due passi prima di voltarsi verso la foresta. Il Segno sembrava impazzito, la sua influenza, aizzata da quel sentore terribilmente familiare, ad un passo dal dilaniarlo. Non poteva perdere il controllo, non lì.*
 
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view post Posted on 15/10/2018, 09:48     +1   -1
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Il Kokage rispose ad Akane con un iniziale cenno di titubanza, ma non venne meno alla richiesta della kunoichi di conoscere cosa fosse successo a ciò che rimaneva di sua sorella. Non seppe granchè, se non che Yo aveva astutamente deciso di usarla come guardia personale durante la guerra civile. Sollevando il velo nel quale era coperto il corpo di Ayame, i due shinobi della Foglia si trovarono davanti a quella che sembrava una bara fatta di cristallo; il Suono aveva deciso di non riservarle nessun trattamento estetico per coprire le ferite e cicatrici dovute alle battaglie, così come non vi era nulla all'interno se non lo stretto necessario.
Improvvisamente Hideyoshi parve turbato da qualcosa: lo sguardo che in un primo momento era fisso sulla crisalide, prese a cercare convulsamente la presenza di qualcosa o qualcuno nei pressi dal carro, ma non c'era nessuno a parte loro tre. Yugure, la quale era appollaiata sulla spalla del suo eremita, fissò lo sguardo sulla figura dello shinobi del Suono, attenta ad ogni sua mossa per poter reagire nel caso ce ne fosse stato bisogno.
Kinji invece non si allarmò particolarmente in quanto Hideyoshi cercò di dissimulare il panico che stava provando, ma quando gli occhi del Cantore si posarono su di lui, cercando esasperati la fonte di quella sensazione che lo tormentava, allora capì: in qualche modo era stato capace di percepire l'energia dell'anello.
La voce del Kokage arrivò quindi alle orecchie degli interlocutori provata, turbata da chissà quali pensieri improvvisi; Hideyoshi quindi mormorò che li avrebbe lasciati soli per un attimo, facendo due passi indietro per poi dar loro le spalle, e Kinji capì che era arrivato il momento di rivelare il segreto che portava alo dito.


Ricordo che Hideyoshi è un portatore del segno maledetto, segno che gli sarà stato impresso dal vecchio Kokage... può essere che il chakra di Otomika stia andando in risonanza con la flebile traccia del sigillo? Ad ogni modo, mi pare di capire che anche per lui sia difficile tenerlo sotto controllo.
Rivelargli la natura dell'anello potrebbe rivelarsi non solo rischioso, ma persino controproducente; per quanto ne so, potrebbe benissimo perdere il controllo ed attaccarci entrambi, ma non escludo che il problema potrebbe nascere persino dalla mia persona... eppure, nonostante tutto, devo farlo.


Il Vermiglio scambiò uno sguardo d'intesa con Akane: lei aveva bisogno del suo spazio per far pace con la sorella defunta e (ancor di più) con se stessa, mentre Kinji aveva bisogno di risposte che forse solo Hideyoshi avrebbe potuto fornirgli.
Fece un leggero cenno col capo per poi muovere i primi passi cadenzati verso il Cantore ancora di spalle.


- Hideyoshi-dono, riesce a sentirlo, non è vero?

Chiese, attirando l'attenzione intanto che accorciava le distanze. Sapeva che non ci sarebbe stato bisogno di scendere più nel dettaglio.

- Quel chakra così familiare e sinistro, la brama di potere e supremazia... tutto ciò che era e che può essere ancora una volta è racchiuso in un oggetto così piccolo.

Ormai il Cantore avrebbe potuto avvertire la presenza dell'Uchiha alle proprie spalle, per poi sentire la mano poggiata sulla spalla; una stretta modesta, se non fosse per il monile che cominciò a brillare di una luce tenue ma costante.

- Mi ero ripromesso di parlarne non appena si fosse presentata l'occasione, dunque eccoci qui. Questo anello racchiude una parte dell'energia di Otomika Kaguya, Yondaime Kokage.

Rimase in silenzio. Probabilmente una simile notizia sarebbe stata difficile da digerire per Hideyoshi e avrebbe avuto una serie di domande più che legittime da sottoporre all'Uchiha.
Kinji decise quindi di attendere la reazione del Cantore per poi proseguire con le spiegazioni.
 
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view post Posted on 25/10/2018, 13:01     +1   -1
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Hi no Kuni, 6 marzo 249DN, ore 19.30


*Chiuse gli occhi.
Chiuse gli occhi, allontanatosi, al sentire Kinji avvicinarsi. Non ne udì il passo, professionalmente silente, né avvertì il tintinnare dell'equipaggiamento o la vibrazione sotto i piedi. Fu il crescere di quel sentore, la terribile conferma di un sospetto che di maniacale non aveva nulla… salvo l'effetto sortito su di lui.
Chiuse gli occhi; in lui, eterna maledizione, due forze opposte. Come due corpi celesti si contendevano un pianeta, ciascuno mai cedevole, inevitabilmente disintegrandolo, così Hideyoshi era diviso tra terrore ed onore, tra sopravvivenza e riconoscenza. Sapeva bene cosa il giovane Uchiha gli avrebbe domandato, cosa avrebbe richiesto da lui… ed il Kokage era certo di non avere la forza di rispondere, di agire.
Era venuto lì armato di mille domande e propositi, aveva zittito Yumi e Kira certo di trovare a Konoha suprema chiarezza, sufficiente da sola a legittimarlo come sovrano ai loro occhi… ma ora, di colpo, era nuovamente lui a dover rendere conto, destinato ad offrire una via che di salvifico non aveva nulla.*


(Meglio morire. Meglio lasciarsi andare.)

*Si ritrovò a pensare, con massima naturalezza, annichilito. Avrebbe Kinji accettato una simile risposta? Avrebbe chinato come lui il capo di fronte a quella condanna? Nel sentirlo parlare, Hideyoshi cercò febbrilmente toni di quel nichilismo che oramai gli era cosi affine. Sperò di rinvenirlo, perché avrebbe reso più facile ciò che era da venire, più facile per il ragazzo ricevere il dono che avrebbe dovuto fargli, di maledizione ed eterno struggimento. La speranza, per loro, era nient'altro che un nefasto miraggio, un dolente ostacolo. Necessario guardare oltre, guardare altrove.
Sospirò, lui che per anni aveva schivato questa semplice verità, già sapendo Kinji Uchiha un suo pari.*


Si…

*Rispose, con la voce di un uomo che sale al patibolo, rabbrividendo alle parole del jonin di Konoha. "Ciò che era e che può essere ancora…", aveva detto, ignaro di ciò che Hideyoshi aveva patito a causa di quel chakra, di ciò che era diventato e aveva rischiato di diventare. Tale era il terrore, che non per un istante al Cantore apparve la misura del proprio, sommo egoismo. Convenientemente dimentico della propria ignoranza di fronte alle parole di Kinji, che immensamente doveva aver sofferto per la sua medesima causa, il Kokage si sentì quasi in difetto, quasi sotto attacco.
Era colpa sua se il chakra di Otomika lo stava disfacendo? Era colpa sua se Konoha lo aveva inviato ad Oto? Perché lo aveva seguito? Perché lo tormentava?
I pensieri di una preda. No, peggio ancora: di un reietto, di un vigliacco. Gli unici che potessero dargli una qualche forza, di fronte a quella minaccia tornata dal suo passato.
Quando gli toccò la spalla, dopo quello che parve un tempo infinito, il Cantore reagì come se gli fosse calata addosso una scure. Al minimo contatto, percepita quella parte di sé destarsi, cercare nell'anello un legame che sapeva lo avrebbe distrutto, il corpo del ragazzo si torse e si scostò, gli occhi finalmente aperti... nel cuore, come un fulmine, il brivido famelico.*


"NON TOCCARMI! Non… non toccarmi, non so cosa potrebbe accadere, cosa potrei…"

*Biascicò, lesta la lingua ad intessere menzogne, a costruire quel muro di razionalità dal progetto così naturale. Sapeva benissimo cosa sarebbe successo, sapeva benissimo perché non voleva essere toccato… e niente aveva a che fare con la sicurezza altrui.
Per quanto, in profondità, una voce lo chiamasse al rispetto dell'umana decenza e delle eredità del Suono, per quanto lo stomaco si torcesse di fronte a quella disgustosa vigliaccheria, più forti ed assordanti erano gli impulsi di chi lo voleva sano e salvo.
Alzò entrambe le mani verso Kinji, un gesto di sicurezza, esternamente, ma per lui di pura resa. Era fuori controllo, di nuovo, gli occhi dardeggianti dal lucore azzurro dell'anello agli occhi di chi aveva eletto a carnefice. In due contro di lui, messo all'angolo dove di angoli non ve ne erano.*


"So bene cosa contiene, a chi appartenesse… dove…"

*In un flash, di nuovo, il sepolcro di Otomika. Pieno, vuoto, le sue mani sul suo collo, il suo chakra nelle sue vene. Il sorriso soddisfatto di Yo.*

"… come lo hai avuto? Cosa è successo? Dov'è il corpo del Kokage?!"

*Così lo chiamò, forse per abitudine, forse per residua devozione, forse perché il nome era un terrificante tabù, quasi che nominarlo potesse spezzare le sbarre della sua prigione di zaffiro, evocarlo.
Nemmeno per un istante gli premette domandare come avesse fatto Kinji a sopportare quel peso per tutto quel tempo, come fosse andato avanti, cosa avesse sofferto e cosa Keiichi avesse ritenuto. Nulla. Nel rivolgergli quelle domande, ancorché posto violentemente sulla difensiva, Hideyoshi lo trattò come un prigioniero sotto interrogatorio.*


GDROFF///Tornato, sorry per il ritardo.///GDRON
 
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view post Posted on 25/10/2018, 17:59     +1   -1
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Se prima aveva dei dubbi riguardo la particolare "affinità" che Hideyoshi avvertiva nel chakra, dopo aver visto la sua reazione Kinji non ebbe che conferme.
Il Cantore si voltò di scatto con gli occhi spalancati e il tono inquisitorio corretto quasi immediatamente, interrompendo il breve contatto tra i due. Yugure sbattè le ali più volte e la presa artigliata sulla spalla del suo eremita si fece più stretta: anche senza parlare, Kinji aveva capito che non si fidava delle persona che il Vermiglio aveva davanti, ritenendola una minaccia sotto quel velo di tranquillità.
L'Uchiha rimase piuttosto sorpreso da quella reazione: quanto doveva essere potente quel chakra per suscitare emozioni così profonde nel cuore di Hideyoshi? Qual'era il passato che legava Otomika Kaguya al suo discepolo?
Domande che non osò proferire un po' per rispetto, un po' per timore di far riaffiorare ricordi dolorosi... anche se, in verità, per la seconda doveva essere già troppo tardi a giudicare dall'espressione del Kokage.
Anche se il tono ostentava sicurezza, Hideyoshi nascondeva senza dubbio segreti importanti che lo rendevano nervoso alla sola vista del monile, apparentemente maniacale quando veniva nominato il suo vecchio Sensei. Che fosse anch'egli vittima di quel chakra e stesse combattendo da più tempo di Kinji?
Se quest'ultima ipotesi fosse esatta, forse c'era un modo per bloccare il processo degenerativo. L'Uchiha si sentiva sempre più vicino alla verità, nonostante non avesse avuto nessuna risposta ne alcuna sicurezza.
Confermò di sapere a chi appartenesse, evitando accuratamente di nominare il vecchio Kokage, e non tardò a porre a sua volta le domande che il Vermiglio si aspettava con tono famelico.
Kinji decise di infilare le mani nelle tasche, immaginando che occultandolo dalla vista, Hideyoshi potesse ritrovare più facilmente la calma. Non lo temeva, ma ciò non voleva dire che non gli importasse di cosa stesse provando in quel preciso momento.
Lo sguardo dell'Uchiha si tramutò nel proverbiale occhio scarlatto dalle tre tomoe, assicurandosi per alcuni secondi che nei dintorni non ci fossero orecchie indiscrete. Il vento cominciò a soffiare più intensamente, facendo ondeggiare le lunghe vesti ed i campi verdeggianti ai margini del crocevia.
Kinji cominciò tranquillamente il triste racconto di ciò che era accaduto nel sottosuolo del Suono.


- Dopo esserci forzatamente divisi, io, Shinta e Orinosuke abbiamo proseguito finchè i cunicoli ce lo hanno permesso... finendo inevitabilmente in un vicolo cieco. Davanti a noi un portone bloccato e diverse "camere" probabilmente adibite un tempo a giaciglio di detenuti o peggio. Non c'era nulla di valore all'interno delle stesse, a differenza di questo.

Disse mostrando l'anello all'interlocutore per un breve istante.

- Curioso che un simile oggetto non fosse stato portato via quando i prigionieri erano fuggiti... doveva essere stato lasciato li successivamente, o forse era andato perduto volutamente, comunque sia è ovvio che non lo indossai immediatamente, aspettandomi una trappola o cose del genere.
Grazie ai miei occhi mi resi conto che il portone recava una scritta di chakra parzialmente leggibile, ma che faceva intendere a chiunque fosse stato in grado di vederla che lo sharingan non sarebbe bastato. Intanto alle nostre spalle un fruscio sempre più intenso rivelò che non eravamo soli e, ben presto, l'esercito di quelle che -successivamente- riconobbi come marionette umane ci avrebbe soverchiato.
Io avevo ancora l'anello in custodia, due vite oltre la mia da preservare per portare a termine la missione e una decisione da compiere: combattere e morire oppure tentare di usare l'anello, unico indizio fuori posto che poteva esserci utile per aprire l'unica via di fuga...


Una lunga pausa fu tutto ciò che serviva per rispondere retoricamente a quale delle due decisioni aveva preso.

- Le immagini, i ricordi, le sensazioni... venni bombardato da tutto ciò che l'anello volle mostrarmi; fu tutto talmente confuso e delirante che pensai di morire da un momento all'altro, ma fui in grado di fare resistenza in qualche modo e riuscii a comporre i sigilli che permisero all'ostacolo di aprirsi. Purtroppo persi i sensi e quando mi risvegliati ero bendato, attaccato a dei macchinari che risucchiavano e immettevano chakra nel mio sistema circolatorio.

Lo sguardo pesante del Vermiglio incrociò quello del Cantore attirandolo a se. Le iridi scarlatte scrutarono a fondo le reazioni del Kokage.

- Tashigama Ganryu, è un nome familiare?
L'uomo che mi aveva tratto in salvo, un genetista di Oto nonchè colui che mi aveva attaccato ai macchinari e aveva imprigionato gli altri due per sicurezza. Non mi aveva ucciso, ne sembrava avere intenzione di farlo nell'immediato... quindi confessati il perchè eravamo li e a cosa miravamo; fu un azzardo, ma si rivelò vincente in quanto il dottore non era particolarmente fedele a Yo, bensì era dedito esclusivamente alla sua ricerca e io potevo essergli utile.
Mi rivelò che la strada da noi percorsa ci aveva condotti al laboratorio centrale, costruito grazie all'intercedere dell'allora Nidaime Kokage e portato avanti dal suo operato riguardante le ricerche sul segno maledetto e la sua origine.


Sapeva che Tashigama era giunto alla conclusione che il segno e Watashi fossero collegati in qualche modo, ma per il momento evitò di menzionare la cosa. A quel punto della storia, aveva senza dubbio l'attenzione di Hideyoshi. Continuò dopo una piccola pausa per riorganizzare i ricordi, anche solo il più piccolo dettaglio che il dottore aveva potuto confessargli.

- Per farla breve, nell'anello che porto al dito si trova la matrice dell'esperimento sfuggito al controllo del dottore, un frammento della coscienza di Otom-

Si interruppe per rispetto verso l'interlocutore.

- Un frammento della coscienza dello Spettro d'Argento. Non sono a conoscenza di tutti i dettagli, ma ciò che so è che grazie a questo affare io e lui riusciamo a comunicare nel mio subconscio, a scontrarci e contenderci la supremazia... ed ogni qualvolta uso il suo potere, sento che la mia presa si fa via via più debole. Se dovessi toglierlo, la mia fine sarebbe prossima.
Anche il dottor Tashigama mi aveva avvisato che sarebbe stato un processo inevitabile, a meno che non mi fossi sottoposto a trattamenti simili a quelli che mio malgrado avevo subito per "depurare" il chakra... ma ormai questa possibilità è andata.


Pronunciando quelle ultime parole, Kinji accennò ad un sorriso amaro e tremendamente forzato che non sarebbe sfuggito agli occhi del Cantore.
Tashigama forse era l'unica persona al mondo che poteva aiutarlo, trovare un modo per curarlo e forse riportarlo a com'era prima, ma ormai era morto. Lo sguardo del Vermiglio si abbassò per fissare il monile d'argento nuovamente visibile; un tenue bagliore azzurro cominciò a illuminare la mano dell'Uchiha e ne susseguì un leggero tremolio.


- Voglio essere franco: ho partecipato a quella spedizione per una mia scelta e conoscevo i rischi che stavo correndo, ma ora se dovessi soccombere il mio corpo diventerebbe il Suo. Questo non posso permetterlo.
Ho provato e riprovato più volte ad assumere il controllo totale senza raggiungere il mio obbiettivo e nessuno è riuscito a trovare una soluzione per il mio problema.
So bene di non essere nella condizione di chiedere nulla... ma è inequivocabile che l'anello stia reagendo al Segno Maledetto, quindi voglio sapere se esiste un modo per poterlo tenere sotto controllo, per impedire che abbia la meglio su di me come tu fai con il Segno, Hideyoshi-dono!


Si portò la mano al petto, stringendo con forza per far smettere il tremore. Stavolta fu Kinji ad avere un impeto di rabbia, ma nonostante tutto si poteva vedere che fosse determinato a non lasciare campo libero ad Otomika.
Se Hideyoshi avesse avuto una soluzione, anche la più assurda, Kinji avrebbe vagliato ogni possibilità pur di sbarazzarsi dell'anello e del suo parassita.
Pere quanto riguardava l'ultima domanda posta dal Cantore, Kinji fu volutamente evasivo, o per meglio dire la evitò completamente.
Se Hideyoshi si fosse dimostrato collaborativo, qualora avesse anche ripreso la calma, avrebbe rivelato ciò che sapeva sul cadavere che aveva visto poco prima dell'esplosione del laboratorio.


//Perdona eventuali inesattezze; ho cercato di essere il più fedele possibile al punto di vista di Kinji sugli avvenimenti della passaggio di rango (almeno fino al punto in cui sono arrivato) senza fare un riassunto totale che, altrimenti, sarebbe risultato a dir poco noioso, oltre che inutile per rispondere alle domande di Hide.//
 
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view post Posted on 5/11/2018, 14:24     +1   -1
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Hi no Kuni, 6 marzo 249DN, ore 19.50


*Che avesse trovato in sé la pazienza, la pietà o la sofferenza sufficiente a non ripagare il Cantore con la sua stessa moneta, Kinji concesse a quella conversazione qualcosa di cui aveva disperatamente bisogno: risposte. Ad un bagliore azzurro se ne sostituiva uno cremisi, uno che Hideyoshi, gli occhi fissi in quelli dell'Uchiha, non temeva di meno. Per un istante, prima che la voce del giovane eremita tornasse a rinfrancarlo, il Kokage avvertì il brivido di chi sta per essere attaccato.
E sotto attacco già era; non un nemico armato, non uno che si potesse vedere, udire o percepire in alcun modo... ma un nemico nondimeno. Sfruttava ogni debolezza, riempiva ogni vuoto, appesantiva ogni respiro, dominava i suoi pensieri come il predatore fa con la preda. Nessun senso poteva contenerne forma e sostanza, ma in tutti finiva col manifestarsi, prodotto di una paura recondita e mai dimenticata. Lo spirito era quello di Otomika, i pensieri quelli di Hideyoshi, il corpo quello di Kinji. Da ciascuno traeva l'arma perfetta per colpire.
Nonostante ogni riserva di razionalità fosse piegata alla preservazione di un nucleo di sanità mentale, gli confermasse che la stragrande di quei timori non erano che autoindotti, il Kokage rimaneva un naufrago in sé stesso. Nessun accorgimento gli avrebbe consentito di tornare su terreno neutro, e, forse rendendosi conto di ciò attraverso lo Sharingan, Kinji preferì passare al proprio resoconto. Uno che, per la professione dell'uomo da cui proveniva e per la serietà di momento ed argomento, suonava quasi come un rapporto.
Non dovuto, ma senz'altro sentito, dettagliato fin dove memoria consentisse. Ripercorse l'intera impresa nei sotterranei del Suono, partendo dal momento in cui la barriera posta da Yo li aveva costretti a separarsi... e fin dalle premesse apparve chiaro come il Taisho avesse predisposto, per chiunque avesse tentato di raggiungere il Laboratorio, una vera e propria discesa all'inferno.
Ad ogni parola del giovane, in sincronia con il crescere di mille altre emozioni, un disdicevole misto di sollievo si fece spazio nello stomaco del Kokage... immediatamente incontrato da un gettito di risentimento: Yo aveva previsto che Hide sarebbe andato direttamente da lui, a cercarlo nello studio. Le trappole che aveva posto sul percorso suo e di Kuro suggerivano questo approccio, così come la scarsa sorpresa del marionettista al vederlo apparire. Questa previsione aveva consentito al Taisho di prepararsi una difesa personale su misura, funzionale ed economica, atta a mettere in difficoltà un uomo ben conosciuto e, soprattutto, che sapeva avrebbe dovuto avanzare da solo o quasi.
Ma era il Laboratorio Centrale il luogo da cui dipendeva il futuro del Suono. Era il Laboratorio Centrale il luogo in cui i suoi più reconditi segreti erano custoditi. Era il Laboratorio Centrale il luogo da difendere ad ogni costo contro un attacco in massa. Nell'udire il resoconto di Kinji, Hideyoshi si rese conto dell'ammontare di artifici posti dal Taisho a guardia di qualcosa che, egli sapeva, il Suono avversario avrebbe cercato di conquistare con il massimo della forza disponibile.*


(Nella mia ossessione per Yo, nel mio volerlo ad ogni costo uccidere per quel che aveva fatto, ho dimenticato il vero valore del Laboratorio... mentre lui ha fatto l'esatto contrario.
Li ho mandati a morire.)


*Una fitta terribilmente familiare lo raggiunse al cuore, gli serrò la mandibola. La stessa che aveva avvertito nel vedere il braccio tronco di Ryutaro, nel saperlo disperso contro il Sette Code, nel rendersi conto che Yumi aveva perso la vista e che Yukai era ad un passo dalla morte. Era davvero un vigliacco di questa specie? Era stato questo a tenerlo in vita fino a quel punto?
Questo ed altro si domandò, con più forza di quanto mai avesse fatto prima, mentre il racconto del giovane Uchiha descriveva il momento in cui era stato costretto ad indossare l'anello. Numerosi elementi logici mancarono all'appello, partendo dal perché l'anello si trovasse lì al perché vi fosse una scritta leggibile solo attraverso la Dojutsu Uchiha... ma se Hideyoshi aveva ancora attenzione e raziocinio sufficienti a notare queste discrepanze, lungi era dal mantenere coscienza e volontà necessarie per discuterli. Troppi i dubbi, troppe le lacune. Messo di fronte a quello che era un resoconto assolutamente unilaterale, Kinji l'unica fonte di cui Hideyoshi sapesse l'esistenza, il Cantore dovette accettare quanto gli era detto. Lasciare che quel flusso di informazioni non incontrasse opposizione.
Non lo sorprese il racconto degli effetti che indossare l'anello aveva comportato, né il sentir nominare Tashigama, non a quel punto. Il fatto che il capo divisione fosse rimasto al Suono era informazione nota, acquisita prima dell'attacco stesso... ma conoscendo il vecchio scienziato, Hide aveva immaginato che fosse rimasto per ordine e minaccia di Yo, più che per amore di ricerca. Sentire Kinji nominare quella motivazione, accanto al fatto che Tashigama non gli avesse nascosto il proprio sfavore per il Taisho, lo convinse ancor di più del sospetto nutrito fin dal momento in cui aveva visto il sepolcro profanato di Otomika.*


(Non può essere una coincidenza. Non può.
Che diavolo hai trovato lì sotto, Tashigama? Che cosa può valere il rimanere intrappolati in quell'inferno? E per quale ragione aiutare un estraneo a quel modo? Quale utilità poteva avere?)


*Pensò, valutando il coinvolgimento di Onimio alla luce di quella nuova, forse cruciale pista. Aveva commesso un errore nell'inviare Sayuri a cercarlo? E anche fosse riuscito a riportarlo al Suono, sarebbe stato in grado di offrire un sostanziale aiuto?
A poco serviva domandarselo, per ora: quale che fosse stato il ruolo giocato dall'assistente di Tashigama, se personale o puramente accademico, il suo valore era legato unicamente alle scoperte fatte nel sotterraneo. Scoperte di cui, ancora, il Cantore non sapeva assolutamente nulla. Sentì fare il nome di Isashi, Nidaime Kokage, noto edificatore del Laboratorio, quindi ascoltò l'Uchiha parlare degli esperimenti sul chakra di Otomika. Una conferma, questa, che giunse a quel punto come la più ovvia del mondo. Solo qualche giorno prima, Hideyoshi sarebbe rimasto sconvolto nell'apprenderla.
Restava poi la domanda riguardo l'impeto solidale di Tashigama, assolutamente inusuale per il soggetto. Perché aveva richiesto l'aiuto di Kinji? E quanto a Shinta e Orinosuke?
Nessun quesito ottenne risposta soddisfacente, dato che il jonin di Konoha era passato, senza quasi soluzione di continuità, dal resoconto della missione alla descrizione dei sintomi che il chakra di Otomika gli aveva, inevitabilmente, inflitto. Il Kokage stesso avrebbe potuto confermare per esperienza diretta quel che Tashigama aveva preannunciato all'Uchiha, e, forse, di più. Erano passati anni dal giorno in cui Otomika aveva preso il controllo del suo corpo, ma la sensazione rimaneva più viva che mai, così come il terrore instillatogli. Non avrebbe augurato a nessuno un simile destino, certamente non a chi lo aveva meritato per il fatto di avergli prestato aiuto.
Ma era un destino davvero possibile, per Kinji? Tashigama sapeva qualcosa in più rispetto a lui?*


(L'eredità del Segno non è sufficiente ad ottenere il controllo di un ospite, a trasformarlo nell'individuo che lo ha trasmesso. La corruzione è inevitabile, certo, ma non è questo il caso di Kinji. Non stando a quanto ho sentito.
Se è solo il chakra a scorrergli nelle vene, se non è stato apposto un sigillo per frenarlo, allora non ci dovrebbe essere legame con l'Oblio, non ci dovrebbe essere rischio di degenerazione...)


*Rifletté, febbrilmente, cercando di afferrare uno ad uno pensieri che correvano impazziti. Aveva sempre ritenuto il legame genetico tra sé e lo Spettro d'Argento la causa primaria della mutazione, e questa era stata la teoria che aveva rivelato ad Onimio, l'unico oltre lui a rischio... ma Tashigama questo lo sapeva bene, e riguardo il Segno doveva aver scoperto molto di più.
Era il chakra il problema? Solo il chakra? Come poteva essere? Si trattava di una caratteristica peculiare di Otomika, o era una coincidenza? Ed anche fosse stato, quale ruolo giocava il Segno? Faceva da diga, piuttosto che da catalizzatore? Keiichi era a conoscenza di tutto ciò? Lo aveva intuito quel giorno?
L'espressione del Kokage, a quel punto e a quelle premesse, sarebbe apparsa a Kinji del tutto sconcertata e sconcertante. Non che al Cantore potesse importare qualcosa: la magnitudine delle implicazioni, solo sulla base di quel che gli era stato raccontato, era immensa, ed egli era ben oltre il punto di non ritorno. Non avrebbe indossato maschere, anche avesse potuto.*


"Come... come faccio io..."

*Balbettò, ripetendo quanto l'altro aveva appena detto. Gli occhi, dapprima sgranati in direzione di Kinji, in lenta discesa verso terra.*

"Non c'è controllo, Kinji-dono... non c'è mai stato un controllo. Non che io sappia, non che io abbia mai..."

*Mente e bocca rimanevano svincolate, ciascuna lasciata ai propri artifici. Keiichi gli aveva trasmesso il proprio chakra al fine di tenere sotto controllo quello di Otomika, ma, in quella che ora appariva come un'ingenuità sconvolgente, Hideyoshi non aveva mai posto quella correlazione di forze in maniera diretta. Vi aveva sempre legato il Segno, come fosse qualcosa di imprescindibile, di intrinseco in quella equazione. Era l'origine dei suoi tormenti, dopotutto... come poteva esservi sofferenza, senza il Segno Maledetto?
L'intero rapporto tra ereditarietà e legame con l'Oblio veniva in discussione. La possibilità che le due fossero di segno opposto, anziché sinergiche, aveva implicazioni spaventose per il Cantore di Lame. Metteva in dubbio alla radice ogni sua teoria.
Più ci pensava, più analizzava ciascun briciolo di informazione ricevuta alla luce dei propri patimenti, più si convinceva di quello stato di cose. E se il Segno era davvero un contenitore, un filtro, se il chakra di Keiichi aveva funzionato su di lui per quella ragione, allora conosceva un solo modo per sottrarre Kinji alla presa di Otomika.
Il sentimento che aveva percepito all'inizio del loro scambio, il fatto che, inevitabilmente, egli fosse destinato a trasformare Kinji in un suo pari, tornò a dominare l'animo del Kokage. Lo sguardo, a poco a poco recuperato il fuoco della realtà, risalì verso quello del ragazzo di fronte a lui. Tra loro, sempre più copiosa, la luce del giorno sanguinava.*


"Rimuovere l'anello o far si che il chakra di Otomika si trasmetta a me non risolverebbe nulla. La prima ti ucciderebbe, come di certo avrai già intuito provando... la seconda mi tramuterebbe in Otomika, senza alcun dubbio. Non sono nemmeno lontanamente forte abbastanza da resistergli.

C'è solo una possibilità. Devo marchiarti, e nel farlo, devo trasmetterti l'energia di Keiichi-sama. La stessa che egli trasmise a me. Solo a quel punto potrò rimuovere l'anello."


*Non disse riguardo i rischi che tale procedura poteva comportare. Il mero contatto tra loro, necessario, avrebbe inevitabilmente fatto scattare il chakra dello Spettro d'Argento, lo avrebbe attratto verso di lui, fuori di Kinji, mettendo in pericolo la vita di entrambi. Avrebbero dovuto trovare la forza di respingerlo, assieme, ed Hideyoshi avrebbe dovuto vincolarlo al Segno, sigillarlo assieme al chakra del Rosso.
Fare questo lo avrebbe esposto alla stessa minaccia di quasi quattro anni prima. Lo avrebbe trasformato in una bomba ad orologeria, destinato a trasformarsi forse ancor più rapidamente di quando aveva il marchio. L'unica differenza, dal giorno in cui la Progenie aveva spezzato i tre simboli sul retro del suo collo, era proprio la massiccia presenza del chakra oscuro nel suo sistema circolatorio. Impossibile prevederne le reazioni.
Ma non si sarebbe tirato indietro. Non adesso. Aveva passato una vita sull'orlo di quel baratro, una vita a resisterne il richiamo, senza nulla poter discernere del buio ad attenderlo nelle profondità. Quella era la sua unica opportunità, la sua unica strada. Sarebbe sopravvissuto di nuovo, avrebbe trovato un modo, uno qualsiasi. Avrebbe aiutato chi aveva messo sé stesso in prima linea, per aiutare lui. Un ultimo atto di redenzione, un ultimo atto degno dell'Hideyoshi shinobi, non dell'Hideyoshi Kage.*


"Ma ti avverto, Kinji-dono. Il Segno non è un compagno facile da sopportare... senza dubbio Keiichi-sama te ne avrà parlato. A Ryuchi te ne ho descritto la natura, natura che è sempre stata in dubbio, ora più che mai... ma sui suoi effetti non ci sono questioni. Ti corromperà. Un processo lungo, data la necessità di sostenere il proprio ospite... ma inevitabile."

*Concluse, attendendo una risposta dal giovane Uchiha, scandagliandone le iridi terribili alla ricerca di un qualsiasi segno di rassegnazione. La più forte delle virtù.*

GDROFF///Madonna mia, la difficoltà di questi post.///GDRON
 
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In un primo momento Hideyoshi sembrò titubante, incerto sul da farsi e su come potesse esaudire la richiesta dell'Uchiha. In realtà nemmeno lui aveva pieno controllo del segno, come rivelò dopo pochi secondi, ma qualcosa sembrò farlo ragionare fuori dagli schemi mentali che si era prefissato durante lunghi anni di convivenza con il Segno.
Lentamente gli occhi, i quali si erano abbassati sempre più verso il terreno, ripresero a fissare l'interlocutore con una ritrovata energia.
Il Kokage quindi teorizzò sulla possibilità di rimuovere l'anello o di passargli il chakra corrotto, ma entrambe le ipotesi si sarebbero rivelate nocive per uno dei due o entrambi; l'unica alternativa sembrava "marchiare" Kinji per passargli il chakra di Keiichi, così come era stato fatto allo stesso Hideyoshi tempo addietro.
Il Segno Maledetto però era un qualcosa di altamente instabile, forse con una volontà propria esattamente come l'anello, e quindi le possibilità che questa mossa avrebbe messo in difficoltà entrambi erano alte.
Kinji dovette rimanere in silenzio per elaborare le informazioni fornite dal Cantore e decidere se accettare l'offerta o declinarla per evitare ulteriori rischi.


Non avevo nemmeno immaginato di poter trasmettere questa energia su un altro essere vivente... a dire il vero non credo di esserne in grado data la sua natura simbiotica con l'ospite. Per giunta nemmeno lui sarebbe in grado di reggerla qualora riuscissi a passargliela, quindi togliere l'anello è da escludere a priori.
No, non posso permettergli di sfilarlo, nemmeno dopo essere stato marchiato. Tashigama è stato chiaro: se me lo tolgo, Otomika avrà il sopravvento immediato sul mio corpo, quindi fallirò nel tentativo ancor prima di riuscire a metabolizzare il cambiamento derivato dal Segno.
Già, il Segno... lo stesso che porta Keiichi e Hideyoshi... un marchio tanto potente quanto pericoloso... non ne so molto, ma da quello che ho visto può mutare le persone in modo massiccio e spesso non in bene; mi basta pensare a Tashigama, a Hiroki e Hokane... nessuno nega inoltre che potrebbe avere la meglio su di me.
Ma se questa è l'unica via di uscita che Hideyoshi è riuscito a individuare laddove nessun altro ha visto altro, tutto ciò che posso fare è stringere i denti e combattere per sopravvivere. Non lascerò che nessuno abbia la meglio su di me... non a Otomika e nemmeno al Segno: devo trovare il giusto equilibrio... aspetta, equilibrio?


Tornarono alla mente le parole del Sandaime, di come l'energia naturale sembrava in qualche modo riuscire ad equilibrare la forza soverchiante dell'anello: purezza e corruzione. Per Kinji fino ad allora era stato impossibile governare una o l'altra, ma se avesse avuto una base, qualcosa che potesse rendere meno aggressiva la volontà di Otomika, forse poteva davvero farcela. Il Segno Maledetto sembrava il candidato perfetto per un simile ragionamento: se fosse sopravvissuto, una parte del chakra di Keiichi avrebbe equilibrato quello dello Spettro d'Argento, e con esso avrebbe potuto aspirare a vincere quella dolorosa battaglia per il proprio io, imparando successivamente a governare l'energia naturale.
Il primo passo per quella faticosa salita era accettare l'offerta di Hideyoshi.
Laddove molti si sarebbero tirati indietro conoscendo i rischi, dove chiunque si sarebbe arreso all'inevitabile, il Vermiglio rispose al Cantore con determinazione, la stessa che ardeva in quel momento nel suo petto e che gli imponeva di fare tutto ciò che era in suo potere per opporsi.


- Grazie alle tue parole credo di aver trovato un pezzo del puzzle che mancava: se l'energia di Otomika è paragonabile alla corruzione e quella di Keiichi alla purezza, essi possono coesistere solo grazie al Segno e alla sua natura malleabile. Imprimermi il segno e togliermi subito l'anello creerebbe nuovamente un dislivello tra le due forze facendo si che lo Spettro abbia nuovamente la meglio.
Se invece adesso mi concedessi di marchiarmi, dovrei avere il tempo di somatizzare tutto ciò che avverrà dopo e trovare il modo per sfruttare la parte di energia di Keiichi, solo allora sarò pronto a toglierlo... questo se sopravviverò, ovviamente.


Ancora una volta, gli occhi dei due tornarono a specchiarsi reciprocamente.

- L'anello rimarrà al mio dito fino a quando non capirò come sfruttare quell'energia che ho già sfiorato una volta, la stessa che c'era nella caverna di Ryuchi... ma per ora, accetto la tua offerta e sono pronto a correre qualsiasi rischio pur di poter essere libero, pur di non rappresentare un pericolo per me e per chi mi sta attorno.
Possiamo procedere anche subito, Hideyoshi-dono. Se qui non va bene, possiamo avvisare Akane-sama di un nostro momentaneo allontanamento... sono certo che capirà.


Fece intuire che la kunoichi era a conoscenza della sua condizione e sapeva di avere il suo appoggio pur di poter portare pace nell'animo dell'allievo laddove tutti avevano fallito.

//Non so se tutto il ragionamento è chiaro, ma nel dubbio lo scrivo in maniera più semplice.
Kinji sa adesso che dentro Hideyoshi c'è sia una parte dell'energia di Otomika, sia una che gli è stata data da Keiichi. Grazie al segno le due parti riescono ad equilibrarsi ma, come lo stesso Hide ha affermato, non si tratta di avere il controllo, cosa a cui invece aspira l'Uchiha.
Ricollegando quindi il discorso fatto da Akane durante l'addestramento per testare l'anello, capisce che per ora deve guadagnare il segno per stabilizzare Otomika e solo allora dovrà imparare ad usare l'energia naturale (sage mode) per poter finalmente avere i mezzi per soverchiare lo Spettro e quindi togliersi definitivamente l'anello.
Trip da acidi levati.//
 
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view post Posted on 9/11/2018, 08:13     +1   -1
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Mhh... mhhhh..

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Hi no Kuni, 6 marzo 249DN, ore 19.50


*La risposta del Vermiglio non tardò ad arrivare, e, con essa, la conferma per Hideyoshi che il giovane Uchiha aveva raggiunto già un notevole livello di consapevolezza riguardo la sua situazione. Non una vera sorpresa, naturalmente, dato che meglio di tutti il Kokage conosceva gli effetti che tali pene avevano sulla necessità di conoscenza... ma notevole, senza dubbio... e altrettanto indubbiamente pericolosa.
Non c'era consapevolezza che tenesse, quando si parlava di un nemico come il Segno Maledetto. Non c'era controllo che valesse, contro un potere talmente alieno ed adattivo. Era questo un timore ben lungi dall'essere puramente irrazionale, per Hideyoshi, che ne aveva subito i rovesci per la maggior parte della propria esistenza.
Dietro alle parole di Kinji, oltre determinazione, il Cantore scorse lo spettro della speranza. Era questa la più infida delle compagnie per lui, l'anticamera del lassismo, della noncuranza.*


"Quel che dici è corretto, Kinji-dono... almeno in linea di fondo, e per quanto io ne sappia. Ho cercato a lungo conferme riguardo la correlazione di cui parli, e se è vero che l'esperienza diretta non è una buona consigliera, è anche vero che senza dubbio il chakra di Keiichi-sama è riuscito a stabilizzare la mia condizione.
Tuttavia..."


*Fece una pausa, egli stesso ancora estremamente insicuro sul lessico da usare in questo ambito. Le ore passate nella biblioteca del Suono, consultando il poco che quegli archivi incompleti avevano da offrire, gli avevano insegnato a trattare la materia con massimi critica e scetticismo... per quanto gli fosse possibile, per quanto potesse trattenersi dal fare selvagge speculazioni in momenti come quello. Ed erano proprio queste a rappresentare il pericolo più grande, per loro. Un minimo sbaglio poteva significare rovina, e non poteva esistere margine di superficialità. Piuttosto che agire nell'ignoranza, il Cantore aveva mille volte preferito fare un passo indietro.
Questo tipo di approccio rendeva situazioni come quella doppiamente terribili, perché forzavano la mano a compiere qualcosa di scellerato.*


"... tuttavia non c'è anima viva che conosca l'esatta scienza delle dinamiche del Segno. Tashigama era un luminare, in questo campo, e la sua morte potrebbe aver lasciato un vuoto incolmabile sulla strada che conduce alla vera comprensione del marchio... e attraverso di essa, al suo controllo.
Il chakra di Otomika e quello di Keiichi-sama non coesistono, si annientano. Percepirai in te questo scontro, se riusciremo a riequilibrare le forze, e ti accorgerai che si tratta di un equilibrio estremamente precario."


*Si portò una mano all'altezza del cuore, stringendo il panno del mantello in un moto inconscio di sofferenza. Aveva ripreso a fare il nome del Sandaime oltre ogni buonsenso, in sé la necessità di esorcizzarne la presenza... ma sapeva bene quanto ancora lo temesse, nel profondo.*

"Quello che voglio dire è che il Segno non fa nulla per contenerne l'espandersi. Non che io abbia mai sperimentato. E..."

*Espirò profondamente, evidente la sua difficoltà nel mettere a parole quello che, ancora, era un guazzabuglio di ragionamenti da farsi nella massima calma. Il Segno non aveva mai fatto nulla per frenare il chakra di Otomika, e certamente non lo aveva risparmiato dal subirne l'assalto... anzi. Eppure Kinji ora affrontava lo stesso destino, a detta di Tashigama, il che significava che il Segno non aveva alcun ruolo catalizzante nel processo.
A stento gli pareva possibile. Assurdo che natura del Segno e chakra ereditato non avessero un comune scopo.*


"... non lo so, Kinji-dono. Ho sempre ritenuto il Segno stesso la causa delle mie disgrazie, data la sua origine... non semplicemente il chakra di Otomika. Il tuo caso ovviamente mi smentisce, e se è stato Tashigama a darti questa conferma, allora deve essere così... almeno spero.
La verità è che non ne so abbastanza. Nessuno ne sa abbastanza."


*Troppo mancava all'appello, e come sempre, quando era messo di fronte alla propria ignoranza ed impotenza, Hideyoshi cercava con la mente una via di fuga. Il volto di Onimio regnava sovrano tra i suoi pensieri, l'espressione mutata in maniera grottesca, i lineamenti propri del sorriso sarcastico del Corvo. Ad ogni contatto con quell'immagine, anche il più lieve, la coscienza del Kokage bruciava di frustrazione. Doveva trovarlo.
Si riscosse. Non stava andando da nessuna parte.*


"Non pretenderò di insegnarti nulla, Kinji-dono. Ricorda i tuoi insegnamenti da shinobi... ti aiuteranno anche contro questo nemico. Le tue capacità faranno il resto.
Ma non sperare in un controllo, non sperare in una cura."


*Concluse, perennemente alla ricerca della tempra d'animo necessaria ad affrontare ciò che li attendeva; in sé, latente, il desiderio di continuare a parlare, di temporeggiare ancora qualche istante. Uno da combattere ad ogni costo, una trappola per la propria determinazione.
Si mosse lentamente verso l'Uchiha.*


"Un luogo vale l'altro, Kinji-san. Cercherò di trasmetterti soltanto l'energia di Keiichi-sama, cercherò di legarla al Segno senza trasmettere la parte di Otomika che è in me... ma il mio controllo in materia è limitato, così come le mie capacità. Avrò bisogno del Sandaime per combatterne la stessa forza, e questo potrebbe causare tanto uno sversamento nel tuo sistema circolatorio quanto..."

*Quanto la mia distruzione. Quanto l'incubo che ho rivissuto costantemente per quattro anni, che mi ha ridotto all'ombra di me stesso.
Non disse nulla. Non più. Arrestò il passo a meno di un metro da Kinji, chiudendo gli occhi e raccogliendo qualsiasi forma di concentrazione potesse.
Quando fu pronto sfilò la mano sinistra dal guanto, tendendola verso il jonin della Foglia. Un movimento lento, sul filo del rasoio tra cautela e ritrosia... ad ogni respiro, propaggini di un albero spoglio, le dita tremavano sensibilmente.*


"Avverti l'Hokage, Kinji-dono... un'interruzione è l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno.
Quando sei pronto, allunga la mano."


*Sentenziò, tacitamente riferendosi alla mano opposta rispetto a quella da lui tesa.*

GDROFF///Non è bello se non si trippa in compagnia.
Come preannunciato quel dì, la distruzione del Laboratorio ha lasciato Hideyoshi completamente senza una guida. Sta raccogliendo le briciole, imboccando ora la strada della chiarezza. Una bella lunga, che passerà anche per la Sage Mode(anzi, se Kinji volesse suggerire qualcosa in merito, dopo questo scambio, sarebbe ottimo. Anche se Hide già la conosce per via di Kuro).
Quel che in ogni caso sfuggirà ad Hide, come al resto del mondo tranne per l'ultimo superstite del pool di Tashigama, è che il Segno scoperto da Isashi è fondamentalmente instabile, mancando di una delle quattro parti essenziali(il chakra terreno, quello che ha Shintou attualmente). In sua assenza, e in assenza del chakra naturale, le due parti "statiche" del Segno, restano solo quelle volatili del chakra di Otomika(l'unico essere vivente in grado di controllare il Segno incompleto, di estrapolarlo dagli esperimenti di Isashi e farne una Fuuinjutsu) e del chakra dell'Oblio(inevitabilmente destinato a trasformare l'ospite in Progenie, a trascinarlo dall'altra parte, come sta avvenendo ad Hideyoshi da Watashi).///GDRON
 
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view post Posted on 9/11/2018, 11:40     +1   -1
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Hideyoshi passò quindi a correggere alcune delle teorie fatte dall'Uchiha, forte dell'esperienza diretta che al Jonin di Konoha mancava: il chakra di Otomika e di Keiichi non coesistevano, bensì si annientavano a vicenda.
Possederli entrambi lo avrebbe posizionato esattamente a metà tra l'uno e l'altro, costretto a trovare il giusto equilibrio... sempre ammesso che riuscisse a farlo come lo stesso Cantore tempo prima.
Kinji sentì di essere in difetto quando il Kokage fece riferimento a Tashigama e a come, nella sua materia di studio, fosse l'unico capace di fornire spiegazioni e risposte; il dottore era morto per colpa sua, del suo rifiuto nel fidarsi e diventare un martire come invece era accaduto a Shinta, seppur per motivazioni completamente diverse.
In fondo il Vermiglio aveva tutto da perderci nel fidarsi delle parole di Tashigama, nelle sue probabilità di successo ben distanti da vere e proprie sicurezze sul riottenere il controllo del suo esperimento. Eppure, a distanza di mesi, non poteva fare a meno di domandarsi se avesse fatto la scelta giusta e come sarebbero andate le cose se si fosse comportato diversamente.
Un conflitto interiore che non si sforzò di reprimere in quel momento e che forse anche Hideyoshi avrebbe potuto notare nelle sue espressioni.
Ma la formazione da Anbu gli impose di non soffermarsi troppo a lungo e andare avanti con il pensiero, cercare soluzioni man mano che i problemi si paravano davanti al suo cammino. Sicuramente il suo interlocutore aveva avuto modo di studiare più a fondo il Segno e le sue proprietà, eppure sembrava conoscere non poi così tanto più dell'Uchiha... si stavano scambiando informazioni reciprocamente per trovare punti in comune e possibili svolte.


- Forse sono stato sconsiderato a testare la forza dell'anello, ma chiaramente la mia posizione è ben più precaria di quanto non vorrei ammettere. Sapevo che prima o poi sarei stato sopraffatto, quindi tanto valeva rendermi conto dell'entità della situazione.
C'è stata una volta in cui, nonostante il mio corpo fosse sotto il controllo dello Spettro, sono riuscito ad essere più forte, a resistergli e riavermi. Ancora non so dire con precisione come è successo, ma quel che so è che l'energia della caverna di Ryuchi è la chiave... Akane-sama crede che forse le creature evocative con le quali sono legato potrebbero sapere come utilizzarla. Potresti provarci anche tu, Hideyoshi-dono.


Quello era il suo piano d'azione qualora fosse riuscito nell'intento di sopravvivere alla marchiatura. Non aveva idea di cosa aspettarsi ma, basandosi sull'esperienza vissuta grazie all'anello, poteva immaginare che non sarebbe stato affatto piacevole.
Il Cantore fu diretto nell'avvisarlo di non sperare in una cura o di riuscire a prenderne il controllo.
Kinji rispose con un semplice cenno del capo, anche se in realtà ci sarebbe voluto ben più di un consiglio per fargli perdere la determinazione; non avrebbe abbassato la testa davanti ad Otomika o qualsiasi altra cosa avesse cercato di usarlo come contenitore.


Presto ti mostrerò che è possibile, Hideyoshi. Ho solo bisogno di tempo, ma troverò tutte le risposte che ci servono.

Il Kokage decise quindi che era arrivato il momento di procedere, ma prima sarebbe stato corretto avvisare Akane di ciò che stavano per fare in modo da evitare di essere disturbati nel bel mezzo del processo: Hide avrebbe cercato di trasmettere solo il chakra di Keiichi anche se le sue capacità erano limitate. Kinji pensò che doveva essere la prima volta che provava a fare qualcosa di simile, mettendo a rischio non solo l'incolumità del Vermiglio ma anche la sua; un gesto che l'Uchiha non avrebbe dimenticato facilmente.
Annuì e face un cenno con la mano per indicare la kunoichi.


- Ci penso io... stai attento, Kinji-kun.

Una nota di sincera preoccupazione fu chiaramente udibile nelle parole del rapace prima che lo stesso prendesse il volo diretto da Akane, lasciando i due shinobi da soli.
Intanto Hideyoshi si avvicinò a Kinji per poi fermarsi a meno di un metro di distanza, si sfilò il guanto da una mano mostrando le dita tremanti e attese che l'interlocutore facesse altrettanto.
Vedendo il timore in ogni gesto del Cantore, l'eremita dei rapaci sentì di doversi aspettare il peggio, ma anche con questa consapevolezza non poteva fermarsi adesso che sentiva di essersi avvicinato -anche se di poco- ad avere delle risposte.
Deglutì sonoramente. La tensione era palpabile e, per diversi secondi, quelli necessari per far si che Yugure spiegasse ad Akane cosa stavano per fare, il vento che smuoveva la vegetazione attorno a loro fu l'unico suono che poterono udire.
Il Vermiglio fece diversi respiri profondi per placare l'ansia e per far si che il battito cardiaco decelerasse nel suo moto perpetuo; sentiva una sensazione strana dentro di se, come se Otomika non stesse aspettando altro per poterne approfittare e completare la fusione.


Basta, non è questo il momento per avere ripensamenti. Ho aspettato a lungo di ricevere delle risposte e delle possibilità... questa è l'unica opzione.

Un lento movimento portò la mano con indosso il monile d'argento ad allungarsi per raggiungere la gemella del Cantore. Da quel momento in poi, entrambi erano incerti su ciò che sarebbe successo.
 
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view post Posted on 10/11/2018, 23:33     +1   -1
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♫ Peace ♫

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    06 Marzo 249 DN
    - Ore 19:20


Dal supporto morale dell'allievo Akane passò alle fredde e vuote parole del Cantore il quale pur non avendo colpe per l'accaduto era tornato ad essere l'emblema del Suono e seppur in modo indiretto, il responsabile di quanto accaduto alla sorella. Fu solo ascoltando delle sue premure che realizzò di averlo incolpato inconsciamente, in fin dei conti se non si fosse allontanato non ci sarebbe stato un usurpatore e di conseguenza nessun furto di cadaveri o caccia alla streghe.
Nessuno poteva prevedere le mosse sconsiderate di Saito o pretendere di avere il controllo assoluto e oggi, uno di fianco all'altro, i due kage vivevano una situazione delicata dalla quale tuttavia non avevano alcuna intenzione di far nascere un conflitto. Odiare Hideyoshi era facile ma era l'ultima cosa da fare;
con l'ultimo barlume di lucidità rimasto soppresse ogni risentimento e riconobbe che come lei l'albino era una vittima: infierire non avrebbe giovato a nessuno.


(Dall'odio può nascere solo altro odio, se vogliamo prosperare è di accettazione che abbiamo bisogno. Non è vero Hideyoshi-san? )

Avvertì il disagio del suo pari così come notò il tremore alla sua mano mentre scrutava l'interno del carro. Nel mentre fissando le sue iridi smeraldine Akane sembrò andare in cerca dell'immagine riflessa di Ayame, un'anticipazione che purtroppo o per fortuna non riuscì a scorgere in quanto il Kokage trovò giusto allontanarsi per lasciarla sola con il suo dolore. Battendo le palpebre lo vide avviarsi verso Kinji e restando congelata sul posto udì improvvisamente una voce dentro di lei ordinarle di fermarlo, urlargli contro e insultarlo ma che via via si fece più flebile fino a trasformarsi in una supplica: avrebbe voluto chiedergli di aspettare ancora un po' li con lei, tutto per rimandare l'inevitabile. Ma Akane non fu così sciocca da assecondare i capricci del suo cuore sanguinante, si rese conto da sola di quanto fosse stupido quel continuo rimandare, era una paura irrazionale che doveva affrontare e superare.

"Non eravate tenuto a farlo.." - anticipò, riferendosi alla sua premura di non danneggiare il corpo nonostante i pericoli della battaglia. Poi più dolce nel tono aggiunse un semplice e mai scontato "..grazie".

Furono le uniche parole che riuscì a sussurrare in risposta alle premure dell'uomo prima che si allontanasse troppo, preso coraggio poi scostò la tenda e insieme al battito del suo cuore, il tempo sembrò fermarsi e congelare come la bara di cristallo che avvolgeva le spoglie della sorella. Ciò che i suoi occhi videro non fu molto distante dal reale, oltre il camice d'ospedale ridotto a brandelli, oltre ferite e il pallore, lo sharingan trapiantato nelle sue orbite le mostrarono un' Ayame silenziosa e tristemente mutilata nell'animo a causa dei fili del Corvo che l'avevano manovrata.


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* * * *


Perdere un genitore è doloroso, ti lascia disorientato e senza punti di riferimento ma al contempo ti proietta nel mondo come figura autonoma obbligandoti a crescere e a diventare a tua volta il sostegno di qualcun altro: in un certo senso, ti prepara alla vita, un qualcosa che prima o poi sai di dover fare.
Perdere una sorella invece è diverso, in un certo senso è un dolore più intimo e soprattutto inaspettato per chi come lei era sulla soglia dei trenta.
A prescindere dal tipo di rapporto che può unire due fratelli si tratta di un legame di sangue indissolubile e vederlo sparire significa perdere l'anima più affine alla propria.
Con un fratello si condivide tutto, non esiste altra persona al mondo che possa conoscerti meglio, sa dei tuoi vizi, dei tuoi segreti, è la persona che dall'inizio condivide con te gioie e dolori: dai pianti per le ginocchia sbucciate, ai capricci con la mamma, dalle difficoltà negli studi, alla confessione del primo amore e le controversie con gli amici.
Ayame conosceva ogni suo capriccio avuto in gioventù, un tempo lontano erano state complici, avevano condiviso tutto e nelle avversità della storia contorta tra i loro genitori si erano fatte forza l'un l'altra.



WKDisSO


    227 DN - Due sorelle, una promessa


E
ra un dì di fuoco e mentre in casa si svolgevano le solite faccende domestiche, da qualche parte la fuori due piccole pesti avevano iniziato a rincorrersi. Alle loro spalle v'era una modesta villetta, la casa che da anni era appartenuta alla loro famiglia. Collocata nella parte più a nord del quartiere Uchiha spiccava per la sua posizione in cima ad un'altura e per l'essere circondata dalla natura verde di Konoha. Essendo distanti dal centro, dal caos cittadino e da tutto il via vai di shinobi pronti a darsi del filo da torcere, in quell'angolo di paradiso si poteva vivere in tranquillità tenendo lontani per la maggior parte del tempo i problemi e scacciando di tanto in tanto quelli della triste verità che si faceva sempre più vicina: la donna di casa stretta nel suo grembiule preparava uno dei soliti manicaretti, lo sguardo però era distante, malinconico, come quello di chi pensava a tutt'altro.
Lei sapeva. Conscia della situazione osservava un punto poco prima della staccionata che definiva il confine, il punto dove chi l'aveva cresciuta e istruita stava pian piano spegnandosi.

Sul ciglio della stradina che portava in cortile, un vecchio sedeva al suo posto e dondolandosi mirava l'orizzonte con i suoi occhi stanchi. Non sapeva di essere osservato o meglio, sapeva di esserlo sempre in quanto da lassù, qualcuno lo stava aspettando e lui, nel suo piccolo, sapeva di non potersi opporre alla malattia. Attendeva quasi con ansia di essere accolto in quella dimensione ultraterrena, magari avrebbe incontrato la sua dolce metà venuta a mancare diversi anni prima e chissà, forse anche quegli spiriti che avevano dato vigore alla sua gioventù; nonostante tutto però il vecchio Daiki sorrideva, specie quando le due nipotine cercavano uno sguardo d'intesa o l'approvazione per qualche gioco spensierato.

La piccola Akane ricordava di averlo visto li l'ultima volta, avvolto in quell'alone di saggezza e al tempo stesso di solitudine, come ingessato in quel corpo che non sentiva più suo.
Qualche tempo dopo i genitori le dissero che era volato in cielo verso un posto migliore e che non sarebbe potuto più tornare a trovarli e lei di tutta risposta senza nemmeno aspettare che finissero di spiegare iniziò a piangere e lo fece per lungo tempo. Non capì cosa fosse successo realmente per via della sua giovane età ma era triste perchè non poteva più stare li sulle sue ginocchia ad ascoltare quelle storie affascinati sugli spiriti, gli Yōkai. Non avrebbe più potuto giocare con lui, nemmeno prenderlo in giro per la sua lentezza nel reagire agli scherzetti infantili, come quando di soppiatto sgusciava alle sue spalle per rubare il suo buffo cappello. Voleva ancora ridere di lui e con lui, di quando risvegliandosi sulla sua sedia a dondolo andava a toccarsi la testa stempiata e infreddolita finendo per guardarsi intorno senza capire cosa stesse succedendo; non aveva mai capiva se faceva lo sbandato di proposito o se era proprio "idiota" come diceva lei.

« Gne gneee tanto non mi prendi, ojiisan-baaaaka! »

Non capiva Akane e per lungo tempo non fece che avvertire quel senso di vuoto, lo sguardo affettuoso della madre non bastò a rincuorarla in quanto nei suoi occhi veniva mal celato un velo di tristezza. Finì così per diventare scontrosa con tutti quando era in compagnia e spesso scappava perchè voleva stare da sola con il suo male; correva veloce a chiudersi nella cameretta per non farsi scoprire a piangere oppure saliva su in soffitta dove solo la sorellona aveva il fegato di farsi vedere.
Un giorno fu proprio lei ad entrare di soppiatto dalla finestrella sul tetto spiovente, riuscì ad avvicinarla e fermare il suo pianto disperato ed egoistico. La piccola Ayame, allora dodicenne e da poco promossa all'accademia, comprendeva la situazione e riuscì a trovare il modo di rassicurare la minore coccolandola tra le sue braccia. La fece calmare ponendo un piccolo compromesso: guardandosi negli occhi bruni strinsero fecero con una semplice promessa unito al gesto simbolico dello stringersi i mignoli:

« Mai più piangeremo così a lungo,
mai più faremo preoccupare l'altra, niente e nessuno potrà separarci
e mai ci sentiremo sole al mondo!»



La madre al piano di sotto stretta tra le braccia del compagno ascoltò la conversazione tra le due, anch'ella pativa la perdita del vecchio Daiki, del padre. Il male che lo aveva colpito era incurabile, come un cancro, giorno dopo giorno si estendeva riducendo in fin di vita il corpo, una malattia che finì per ridurlo in stato vegetativo. La decisione della donna fu tremendamente difficile, sofferta ma che dovette prendere. In accordo con i medici una settimana dopo Dorimā - il Sognatore - si spense del tutto ricongiungendosi alla sua dolce metà in quel paradiso che per troppo tempo aveva desiderato.




Le cose tra loro iniziarono a precipitate qualche mese più tardi, alla morte dei genitori. Progressivamente il loro rapporto iniziò ad incrinarsi fino a trasformare l'immagine della sorella in quella del "nemico", una figura seppur come la madre avrebbe fatto di tutto pur di proteggerla, la ostacolava. Nacque così la rivalità tra loro. Ayame sentendosi responsabile
divenne iperprotettiva - paranoica quasi - e nel pieno della sua adolescenza Akane non fece altro che ribellarsi e crearle problemi; solo a ripensarci.. accidenti se era stata stupida.


(Quante te ne ho fatte passare.. da quando c'è Hikari ho capito perfettamente perchè lo facevi.. come si fa, come posso accettare di averti persa per sempre?)

Quando si impara umilmente ad accettare il dolore si diventa forti e suo malgrado negli anni il Sandaime aveva seguito quella strada tante e troppe volte, ogni volta superava la delusione di vedere le cose andare sempre per il verso sbagliato. L'accettazione tuttavia non rientrava nelle corde dell'Uchiha, aveva sempre visto quel comportamento come una forma di rassegnazione, un comportamento che di saggio non aveva nulla e che con il tempo portava ad accettare l'inaccettabile. Diventava una triste abitudine.
Come un'utopia desiderava cambiare quel meccanismo, lo desiderava ardentemente e quando posò finalmente il suo sguardo sul corpo pallido della sorella capì quanto fosse sciocco il suo desiderio e rischiò di mandare in frantumi il bordo del carro che la sosteneva. Sordo e al contempo prepotente quel dolore la invase offuscando dapprima la vista e poi la mente.


(Cosa ti hanno fatto.. come è stato possibile.. come ho fatto a perderti.. se solo io..)

Inevitabilmente tornò al giorno in cui tutto era iniziato, a quando Dan approfittò di lei e al modo in cui lei si chiuse davanti ad una sorella che non aveva creduto alla storia dell'abuso. Rivide il kamui a stringersi sul braccio del Nara, il sangue a imbrattare il pavimento di quel bagno e poi, l'orrore e il giudizio negli occhi di lei, il suo odio per aver attentato alla vita di chi amava. A ripensarci oggi, sopra ogni cosa era stato l'orgoglio sproporzionato di entrambe ad offuscarne il giudizio e ad allontanarle.
Il tutto nato per colpa di un amore malato e destinato a finire. Ci mise qualche tempo ma quando Ayame riuscì ad aprire gli occhi capendo di aver amato e difeso un farabutto, questo zittendo e cacciando di casa la sorella, si era sentita uno schifo, aveva smesso di mangiare e di curarsi di se fino a ridursi al fantasma di sé. Per rimediare a quell'immensa ingiustizia da ex anbu riuscì ad infiltrarsi nelle prigioni di Konoha e uccise con le sue stesse mani Dan ma per una portatrice di mangekyou sharingan ciò portò solo altra sventura: tagliare la gola a chi aveva amato fece crescere dentro di lei un mostro, un'ombra con le sembianze del Nara.


(Mi raggiungesti nel tempio con uno scopo ben preciso, mi raccontasti tutto e nel farlo sapevi che mi sarei sentita costretta ad applicare la legge.. quelle stupide leggi di cui sono il simbolo. Eri venuta con la consapevolezza che non saresti più uscita da quei sotterranei, avevi fatto un patto con gli dei.. la tua vita, la morte di quel demone, in cambio di quei doni per me..)

Quello era stato il modo che Ayame aveva trovato per riscattarsi agli occhi della minore, non riuscendo a disfarsi di quella malvagità che la stava consumando dall'interno aveva pregato i Kami e stretto un patto.
Durante lo scontro Akane riuscì a separarla da quel demone e spalleggiandosi lo affrontarono a più riprese con il supporto d Natsuhiro. Tutto molto bello, passionale, una riunione tanto attesa ma servì solo a rimandare l'inevitabile: l'unico modo per sbarazzarsi di quel mostro con i riccioli d'oro era ucciderne la fonte di energia. Compreso ciò, Ayame decise di farla finita.


(Decidesti per entrambe nonostante Natsuhiro ti avesse promesso di trovare un altro modo..)


    243 DN - Il Coma [X]


Q
uando giunse nuovamente nei pressi del quartiere del clan Uchiha, il suo sguardo puntò inevitabilmente verso il palazzo centrale. Le strade avvolte ancora nel chiaro-scuro di quel mattino apparivano deserte, poche lanterne a illuminare le case e addentrandosi potè notare degli addetti ai lavori. Chissà da quanto tempo avevano iniziato, di certo il gran baccano che avevano fatto doveva aver allarmato i residenti e vederli portare su per le scale i detriti che si era lasciata alle spalle quella notte andò ad incrementare i suoi sensi di colpa. Con aria mortificata Akane si avvicinò per offrire il suo aiuto ma già a conoscenza della situazione quegli uomini non le permisero di tornare dentro e ringraziandola per l'offerta la rassicurarono dicendo che il Tempio sarebbe tornato agibile nel giro di una settimana. Fece per andarsene stancamente ma un vecchio del clan la chiamò.

"Yokai-sama aspetti la prego"

"Uhm...mi dica, posso essere d'aiuto in qualche modo?"

"Abbiamo ritrovato questa tra le macerie, vista la buona fattura e le note incise sulla lama abbiamo pensato fosse sua Hokage-sama"

"Oh quella, si, è la mia katana
la ringrazio..
"

"Si riguardi Sandaime e che mai il vostro Spirito v'abbandoni, senza saremmo perduti."

Prendendo in consegna la sua katana saltò subito all'occhio la manutenzione che v'era stata fatta. Lucidata e affilata sembrava essere tornata come nuova e vicino all'impugnatura splendevano più che mai le incisioni che un tempo aveva fatto fare lei stessa su quel metallo pregiato. Un detto, un modo di vivere la vita che aveva fatto suo grazie anche agli insegnamenti del nonno, i kanji recitavano:

"Per Aspera ad Astra:
attraverso le asperità alle stelle,
il cielo sopra di me, la legge morale in me
"


Confusa da quell'incontro la donna rimase ancora qualche istante a rimuginare su quelle parole che con il tempo aveva smarrito. Quel vecchio le ricordò molto la buonanima di Daiki, le sue sagge parole la rincuorarono, iniziò perfino a ricredersi sulla natura malata del suo clan. Ben lontana però dal perdonare gli Dei lasciò che la collera offuscasse la sua mente, stringendo l'elsa rinfoderò la katana e oscurò nuovamente quelle preziose parole perdersi nel caos che adesso regnava nel suo cuore.

Stanca in ogni senso girò i tacchi e imboccò la strada di casa, non la Magione, quella in cui in cui era cresciuta e dalla qualche mancava da anni.

* * * *

Passarono mesi e ancora la strada che faceva quella. La gente del villaggio ormai aveva imparato a memoria i suoi spostamenti e conoscendo il motivo delle sue visite spesso le donavano fiori da portare in ospedale. Akane accettava volentieri ma spesso montava in lei una rabbia incontrollata, anche quella gente stava trattando quel caso come se non vi fosse più alcuna speranza e ogni volta che metteva quei fiori nel vaso aveva l'impressione di essere già in un cimitero sopra la sua lapide. All'ennesima volta non riuscì a contenersi e con rabbia fece andare in mille pezzi il vaso facendolo schiantare contro il muro. Non ne poteva più di quella situazione, cosa aveva fatto dall'incidente? E perchè continuava a chiamarlo incidente!
Per tutti i Kami quella di Ayame era stata una scelta e come tale avrebbe dovuto rispettarla, onorare i suoi sforzi, quei Doni e magari porre fine a quello strazio. Gambe in spalla decise che d smetterla di piangersi addosso, per iniziare avrebbe dovuto dato sfogo alla sua collera. Uscì dall'ospedale senza proferire parola con gli inservienti che erano accorsi nella stanza dopo il fracasso che aveva generato. Quando lo riferirono al Primario questi non fu per niente sorpreso, non s'indispettì e anzi, fu felice per lei.




Tornata in sé riprese ad amministrare il villaggio, guidando le nuove generazioni e fortificando il legame con le precedenti. Prosperare era la parola d'ordine e tenendosi perennemente impegnata aspettò a lungo prima di decidere di spegnere le macchine che tenevano in vita Ayame.
Vinta la guerra a Watashi quando celebrò i funerali con una benda sugli occhi erano passati già tre anni [X].
In quel periodo tuttavia non era solo la perdita della vista ad aver cambiato la sua vita, certo andare perennemente in giro con la scorta fu imbarazzante ma lo fu anche presentarsi a Konoha con un figlio già grande. Cresciuto in una bolla, frutto di uno stupro e di un inganno, Hikarigage era uno splendido bambino dai riccioli d'oro, gli fu affidato dal vecchio Daiki, il nonno che da bambina aveva pianto a lungo e che scoprì aver finto la sua morte per ragioni che avevano del raccapricciante.


    245 DN - Daiki detto Dorīmā, Il Sognatore (ドリーマー) [X]


"S
ento di doverti delle scuse ojīsan, non ho mai insistito tanto sulla tua morte, ero piccola e ho portato con me il pensiero di una perdita scontata data l'età e la malattia.."

"Sciocchina tu non potevi certo immaginare. Tu no, avevi appena cinque anni allora ma tua sorella.. i Kami la benedicano pover'anima"

"Hai saputo?"

"Ogni cosa stella, ogni cosa."

"Non so cosa fare ojīsan, aiutami a scegliere. Non posso prendere questa decisione da sola e qualsiasi delle alternative che vedo sembrano crudeli."

"Sono qui è vero piccola mia ma non per molto.. "

Chissà come doveva sentirsi Daiki nel sapere a cosa aveva portato il continuo intreccio tra Uchiha e Nara che era continuato anche nella terza generazione di quella famiglia. I guai che avevano passato le due sorelle a causa di Dan, la vita piena di paure vissuta dalla loro defunta madre e poi lui: un piccolo grande uomo che aveva dato origine a tutto senza mai averlo pianificato. Ascoltando quella storia infatti Akane iniziò a convincersi che la particolare tendenza da parte delle donne della sua famiglia a sentirsi attratte dai componenti di quel clan era iniziato tutto a causa di lui. Progenitore e protettore, guardiano e vendicatore: Dorīmā in segreto era stato tante cose assieme.

"Ayame è sprofondata nell'oscurità dopo quell'incidente, le ombre la divorano e c'è solo un modo per restringere e cancellare quelle ombre piccola mia e tu sai qual'è, non mentire a te stessa. Ti ho detto che le ombre sono più forti tanto quanto sono più forti le fiamme e le luci che le generano, questo è innegabile.. Ma una luce Immensa, l'unione di due stelle gemelle come le vostre, Quella spazzerebbe via Ogni Oscurità.

I vostri occhi.. capisci cosa intendo?
"

"Ci ho pensato nonno, non te lo nascondo, sono anni che ormai giace in una stanza d'ospedale legata alle macchine.. è solo il corpo ad essere vivo, quando siedo al suo fianco non avverto più la sua coscienza.. eppure prendere una parte di lei credo sia un errore, questo senza contare cosa potrebbe pensare la gente, non che m'importi ma sarebbe come rimarcare le vecchie usanze del clan che tanto detesto, concetti e ideali che ho sempre marchiato come vili ed egoistici, mi contraddirei se lo facessi.."

La sola ipotesi di quel trapianto fece rabbrividire l'Uchiha, aveva sentito tante storie sulla fine che avevano fatto i membri del clan con il mangekyou eterno ad animare i loro occhi, storie di perdizione, di follia, uomini e donne dannati per sempre. Eppure quelle parole dette dal vecchio Daiki avevano un altro senso, forse non era un'idea così malvagia e grazie a lui riuscì a guardare la faccenda da un altro punto di vista dove comprese che magari una percentuale, seppur minima, dei suoi antenati avevano avuto delle buone ragioni per appropriarsi degli occhi di un consanguineo: con quello scambio Ayame sarebbe potuta tornata a vedere tramite lei, fuse in una avrebbero unito il loro Fuoco e avrebbero fatto luce su quel mondo di tenebra.

Iniziò così a riconsiderare l'idea di quell'atto che da sempre aveva giudicato come meschino, magari non fu lo stesso per tutti nelle lotte del passato ma di certo qualcuno aveva agito in nome del fratello o della sorella perduta, una nuova consapevolezza che di colpo andò ad alleggerire il suo cuore in pena da tempo.




In quei tre anni scoprì la vera storia della sua famiglia e ora, osservando ciò che ne restava tra le forme di cristallo di quella bara non potè che ripensare alle parole del nonno: erano state quelle più di ogni altra cosa a convincerla, tempo dopo, a spegnere i macchinari ed effettuare il trapianto oculare.


    246 DN - il Trapianto [X]


I
nstaurare un rapporto con il figlio era ogni giorno più difficile e aldilà del suo strano modo di essere, non poterlo vedere di certo non aiutava. Poi Hachi ebbe un'idea e unendo l'utile al dilettevole Akane acconsentì.

Ti andrebbe di conoscerla?"

"Sii!"

Dopo l'episodio raccontato Hikari sembrò entusiasta di conoscere la zia ed esclamando il suo assenso si tuffò al collo in un abbraccio gioioso. Quell'improvviso cambio di umore la spiazzò non poco ma fu felice di quel primo passo e di rimando lo cinse a se ricambiando le effusioni. Goffamente poi si alzò e con lui in braccio cercò di capire da che parte andare per raggiungere l'ospedale ma prima che potesse fare anche solo un passo il piccoletto si divincolò e prendendola per mano la guidò all'uscita del parco. Da li fu più semplice proseguire e con il suo nuovo cavaliere in armatura ad aprirle la strada niente poteva andare storto, ad ogni svincolo Akane suggeriva un punto di riferimento da raggiungere e insieme i loro passi si avviavano verso la meta. Quando infine disse "Ospedale" Hikari tentennò e dalla stretta di mano che si allentò, capì che aveva già fiutato qualcosa che non andava.

"Lavora qui zia Ayame?"

"Eeehm-non esattamente.."

Hikari non capì ma stette al gioco e riprendendo a tirarla per mano saltellò i primi gradini che portavano alla struttura ospedaliera rischiando di far inciampare la madre cieca. Durante il tragitto aveva riflettuto su quanto stava per fare, sul senso che aveva mostrargli in che condizioni riversava la zia.. era un consiglio di Hachi ed era il suo mestiere saperlo fare con saggezza ma allora perchè aveva la tremenda sensazione di stare per rovinare di nuovo tutto?

[..]



Erano alcuni mesi che non le faceva visita a causa dell'assalto della progenie a Kumo e la fine del conflitto.

"H-ehi, non piangere.. vieni qua.

La zia non vorrebbe vederti triste sai? E poi non c'è motivo per esserlo, sta solo dormendo e scommetto che sta facendo anche dei bei sogni, magari proprio ricordando come ci rincorrevamo nella foresta e di come facevamo sosta lungo i corsi d'acqua. Non credo ci sia stata mai una sola volta che non avesse tentato di schizzarmi o di buttarmi in acqua mentre mi dissetavo, era uno spasso!
"

Mantenendo la voce bassa accentuò il racconto con una certa enfasi in modo tale da far rilassare Hikari e dopo una pausa riprese con tono serio.

"Il suo è un lungo sonno è vero ma con le sue ultime parole mi ha confessato che è stata una sua scelta, ha donato la vita per proteggermi e presto sarà grazie a lei se potrò guardare per l'ultima volta il suo viso e amare il tuo."



* * * *

UakyPEk




* * * *


    06 Marzo 249 DN - Ore 20:00


Il petto prese a contrarsi fuori controllo mentre con una mano copriva la bocca per non farsi sentire da Kinji e Hideyoshi. Smettere non fu affatto semplice, tutt'altra storia rispetto a come aveva fatto con i singhiozzi del figlio.
Minacciando di sfuggire al suo controllo le lacrime restarono aggrappate alle palpebre tremanti e a nulla valse ricordare della promessa fatta ad Ayame in gioventù, quando il rapace arrivò ad avvisarla di quello che stava per succedere perse il controllo: come un mare salato le lacrime scivolarono via dagli occhi scaldando la mano a coprire il volto, non potè farci nulla, erano passati tre lunghi anni da quando l'aveva vista l'ultima volta giacere in un letto d'ospedale. In coma, con i polmoni a gonfiarsi meccanicamente seguendo il ritmo dei macchinari e il cuore a seguire, per quanto potesse essere forte non aveva mai pensato di stampare quella come ultima immagine di lei.
Aveva programmato di rivederla subito dopo il trapianto, appena i suoi occhi avessero ripreso a vedere ma Gintan non glielo permise, su ordine di Saito trafugo il suo cadavere finendo per farlo trasformare in una marionetta, un'arma infida che venne sfruttata per scopi meschini e i kami solo sanno che altro.

Rispettoso il volatile si appollaiò sulla cima del carro e parlandole da li non ebbe modo di vedere in che stato fosse l'Uchiha anche se a giudicare dal tempo che ci mise per rispondere potè intuirlo.
"Ricevuto Yugure-san.." fu ciò che riuscì a biascicare, non era entusiasta all'idea di sapere Kinji marchiato da quella maledizione ma era un ragazzo sveglio, sapeva quello che faceva forse più di lei e del Cantore stesso.
Avrebbe dovuto fermarli? Forse, ma sarebbe stato oltremodo ipocrita dal momento che non era trascorso molto tempo da quando era stata così folle da chiedere quello stesso marchio e con intenti meno nobili e dieci volte più presuntuosi.


"..da oggi in poi avrà ancor più bisogno di noi."

Attese il battito d'ali prima di sedersi sul carro e riuscire a recuperare lo stress accumulato.
La presenza della teca alle sue spalle divenne finalmente sopportabile ma prima di voltarsi contemplando la luna preferì aspettare che le lacrime si asciugassero e che gonfiore agli occhi si riducesse.. come se Ayame potesse vederla e scoprire che aveva infranto la loro promessa. Era sciocco ma non potè farne a meno, in quel momento qualsiasi bambino ragionava con più lucidità dell'Hokage.


"Finalmente riposerai in pace oneechan. Quando la piccola Ayame vedrà la luce potrò raccontarle serenamente l'origine del suo nome e sappi che..


    "Saresti stata la zia migliore del mondo. "

Sfiorando il grembo che accoglieva nuova vita, Akane si voltò a guardare la sorella e stavolta seppur con un rossore diffuso, aveva un sorriso splendido ad illuminarle il volto. Finalmente poteva crederci e tenere fede alla promessa che si erano fatte in sogno e che sostituiva quella d'infanzia, parole di speranza che pronunciarono all'unisono quando nel delirio del trapianto ebbero modo di confrontarsi e vivere l'una nei panni dell'altra.

Si trattava in realtà di una promessa molto semplice e un qualcosa che non si discostava molto dal suo giuramento da Kage; ad ogni costo avrebbe preservato il futuro della famiglia, e la sua, andava ben oltre il nucleo composto da Hachi e dai suoi figli: Konoha era la sua famiglia e avrebbe continuato a proteggere tutti con dedizione crescente.



" La separazione è solo un'illusione:
La nostra vita si estende ben oltre i limiti di sè stessa.
"




GdrOff// Ellamadonna che pippone, senza volerlo ho finito per fare un sunto del bg (di una parte almeno e considerando che sono indietro di mooolti anni, direi che è stato un bene :asd:).

Per il proseguo della libera appena avrete fatto con il sigillo (al vostro prossimo giro suppongo?) tenete conto che Akane torna a farsi vedere. Avrà gli occhi chiaramente arrossati ma sarà anche visibilmente più serena. Se serve vi dico già che a spanne si avvicinerà a Kinji per aiutarlo a sopportare il sigillo e lancerà a Hideyoshi un'occhiata difficile da interpretare, un misto di gratitudine, rimprovero e rassegnazione.//GdrOn



Edited by ~Angy. - 12/11/2018, 19:11
 
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view post Posted on 1/12/2018, 23:38     +1   -1
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Mhh... mhhhh..

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Hi no Kuni, 6 marzo 249DN, ore 20.00


*Le parole del Vermiglio lo raggiunsero chiaramente, con loro ennesime informazioni di cui fare tesoro, su cui riflettere nei giorni a venire… ma la mente di Hideyoshi non poteva guardare oltre il momento presente, non ora. Il pensiero osò per un istante allungarsi verso quel che ricordava del chakra naturale, verso quello che gli era stato trasmesso da Kuro e nei giorni passati a Ryuchi, ma immediatamente un senso di grave trasgressione lo ricondusse indietro: non poteva concedersi questo lusso, non poteva andare oltre. La sopravvivenza di entrambi dipendeva dal controllo che sarebbe stato in grado di esercitare su sé stesso nei momenti a venire, e, considerati i trascorsi, il Kokage sapeva bene che la minima distrazione sarebbe stata fatale.
Si concesse un ultimo, lungo sospiro, quindi, levatosi il rapace, cercò nello sguardo del Vermiglio un cenno di prontezza, di assenso e coraggio, anche per sé. Una breve ricerca, ed afferrò la mano del jonin… nel gesto un balzo da far fermare e ripartire il cuore.
Un brivido, un lampo azzurro ed un flusso continuo tra sé, lo zaffiro e Kinji, quindi la sensazione di essere travolto da due correnti opposte, due oceani spartiti fino a quell'istante, ed ora, ansiosi di rimescolarsi, piombati su di lui. La forza sufficiente a fare a brandelli ogni scampolo di coscienza ancora isolato da quella altrui, e, qualcosa in lui temette, i loro corpi. Una paura non così lontana dalla realtà: a contatto avvenuto, ad occhi esterni i ninja sarebbero stati nascosti dietro una fitta cupola di chakra dai toni azzurri e neri, luminosa e buia al tempo stesso. All'interno, i contorni confusi dal massiccio trasmettersi di energia, i due erano quasi un'unica entità.
L'ultima cosa che il Cantore rammentò della realtà, prima che le barriere della sua mente venissero meno al loro dovere, fu l'illuminarsi della pietra. Quindi, spinto da forze innominabili oltre il ciglio del baratro, riversò tutto sé stesso nella corrente. Un moto improvviso, istintivo e necessitato, ma non del tutto privo di volontà. Ciò che di lui poteva ancora rendersi conto del processo si dibatteva tra il bisogno di mantenerlo frenato, equilibrato, e la sensazione che, se si fosse eccessivamente trattenuto, non sarebbe mai riuscito nel suo intento.*


(Non esiste via di ritorno. Se mai è esistita.)

*Si risolse, abbandonandosi allo stesso senso di ineluttabilità che lo aveva accompagnato sin lì, facendolo proprio, lasciando che epurasse la mente da ogni prospettiva residua di incertezza. Nient'altro rimaneva che il flusso, la discesa, e, sullo sfondo, distante e già quasi irreale, la posta in gioco. Interrogarsi sulla propria capacità di superare quella prova divenne non soltanto insensato, ma immotivato, implausibile: non esistevano prima o dopo, l'Hideyoshi shinobi o il Kokage. Esisteva solo il gioco di forze, la discesa nella prigione dello Spettro, il sentore di una vita da salvare.
Piombò nelle profondità, se di se stesso o altri, impossibile dire, il corpo e la mente tratti dall'unico punto fermo residuo: la stretta alla mano. Come un'ancora lo dragò attraverso i flutti, incurante degli effetti sortiti nel processo, al tempo stesso trascinata e sospinta, come trascinato e sospinto era il Cantore. L'energia che rifluiva dal proprio corpo in quello dell'Uchiha gli aveva fatto perdere ogni appoggio, creando una differenza di potenziale in grado di annientare presto ogni controllo sul processo. Chakra di Hideyoshi, di Otomika e di Keiichi tumultavano assieme in un'unica tempesta, un unico fiume inarrestabile, e, lungi dal trovare un avversario pronto alla lotta all'interno dell'anello, sembrarono piombare in un vuoto assoluto. Uno in cui, nei propri sogni febbrili, il Kokage aveva guardato spesso. Uno che sapeva essere sempre stato in attesa del suo arrivo.
Gelo ed oscurità lo accolsero nel punto più recondito, la vastità del nulla il fondale adatto per contenere la corrente in discesa. Dopo l'impatto, dopo un tempo indescrivibilmente lungo, la quiete... e con essa nuova razionalità, assemblata con ogni componente arrivasse a portata di coscienza. La parvenza di un corpo gli si solidificò attorno, cristallizzata dal freddo, i piedi in equilibrio sul nulla. La mano, benché il contatto rimanesse invariato, stretta ora a quella di un individuo radicalmente diverso. Il legame tra loro unica fonte di luce in quel mondo senza contorni.
Lunghi capelli del colore della neve fresca, pelle di un pallido quasi lucido, espressione imperscrutabile ed occhi di ghiaccio: Otomika, o, per meglio dire, Akimoto Kaguya, i lineamenti di una gioventù che nessuno ricordava, che nessuno, pensando al Sandaime, avrebbe potuto supporre. Era quella una forma in cui il Cantore non lo aveva mai visto, ma solo immaginato: una proiezione verosimile, il risultato dell'averlo eretto a paradigma di sé, integrata da ciò che rimaneva della coscienza del Sandaime.*


(Siete... sei davvero tu? No, come potrebbe essere...
Ce l'ho fatta, l'ho ucciso. L'ho visto morire. Il villaggio è mio.
Ho bisogno...)


*Pensieri sconnessi, ciascuno in partenza sul primo treno disponibile, sulla prima emozione di passaggio. Dubbio, negazione, timore, risentimento, superbia, tristezza. Mille domande rivolse, nessuna risposta giunse... non sugli stessi binari, perlomeno. Non che quell'Hideyoshi potesse recepire.
Akimoto continuò a guardarlo, a guardare nella sua direzione, come un'icona ricambia lo sguardo del fedele. Impossibile dire se sentisse, cosa sentisse, e se gli premesse, in qualche modo, di rispondere. Nell'immobilità di quell'istante, il Cantore non sentì nulla provenire dall'altra parte: lo stesso vuoto che l'aveva inghiottito ricambiava ora il suo sguardo da dietro gli occhi dello Spettro, senza che nulla trapelasse. Un silenzio totale, fino allo smarrimento, fino a domandarsi se di fronte non vi fosse che un miraggio, un'entità ricostruita soltanto sulla vaga traccia di Otomika.
Che avesse percepito o meno questo momento di debolezza, che si trattasse di mera coincidenza in quel gioco di forze o vi fosse alle spalle una qualche volontà di sopraffazione, un bagliore giallo attraversò fulmineo le iridi dell'avversario. Hideyoshi ebbe a malapena il tempo di domandarsi se l'avesse effettivamente scorto prima che, con una spaventosa sortita, l'essenza intrappolata nell'anello lo invadesse.
Il bagliore azzurro iniziò a risalirgli il braccio, estendendo sulla sagoma sfocata che gli faceva da corpo le fattezze, molto più definite, di Otomika stesso. La mente finì all'istante sotto un bombardamento incessante, nessuna difesa in grado di opporsi lungo quello che rimaneva un legame privo di filtri.
Una ad una, affilare come rasoi, immagini provenienti dalla memoria artefatta dell'avversario lo invasero. Incoerenti, grossolane, confusionarie, infransero il delicato equilibrio in cui era riuscito a forzarsi. Vide una grande torre, una città immensa, le sue caratteristiche immediatamente integrate dal subconscio del Cantore con quelle di Fukagizu. Combaciarono, ferma la differenza tra rovina e magnificenza, ma al Kokage non ne venne alcunché. Era preda di ogni emozione vissuta dallo Spettro in quella prigione, un flusso che non aveva alcuno scopo ultimo, che, all'invadergli la coscienza, non era animato da altro che istinto ferino. Una bestia rilasciata dalla propria gabbia, furente, dolente, forse persino impaurita. Ciò che era stato fatto allo Spettro d'Argento non aveva nulla di naturale o dignitoso, e non avrebbe dovuto sorprendere l'enorme ascesso di rabbia e sofferenza, confusione, smarrimento… ma era impossibile dire dove finisse l'Otomika vivente ed iniziasse quello redivivo, dove l'uomo e dove l'esperimento. Hideyoshi stesso, perso in quella tempesta, ne divenne parte, terreno fertile per quello che poteva essere un nuovo inizio, un nuovo corpo oltre lo scempio che era stato compiuto.
Mentre ciò che era in lui di Otomika lo tradiva, riconosceva la corrente avversaria come propria gemella, Hide incominciò ad abbracciare la prospettiva di diventare il ricettacolo del Sandaime. Di nuovo, e, questa volta, definitivamente. Il trasferimento andava ultimandosi, corpo e mente riplasmati a immagine e somiglianza di chi gli stringeva la mano, mentre costui, nel passaggio di energie, si lasciava dietro una sagoma sfocata, a sua volta vagamente familiare. Quel che nel Cantore rimaneva ancorato ai momenti che avevano preceduto la sua discesa in quel limbo gli suggeriva che i capelli scuri, la pelle chiara e gli occhi cremisi di Kinji fossero elementi riconoscibili... ma, la coscienza ormai sconfitta e piegata dall'assalto dello Spettro d'Argento, non sarebbe mai riuscito a ricordare perché si trovasse in quel luogo.
Ad un passo dallo svanire, dal divenire lui un ospite e Kinji un contenitore prosciugato, Hide non aveva più nessun tipo di memoria.*


(Hai ragione... come ho potuto pensare...
Sono pronto, fin dal giorno in cui mi hai indicato... fin dal giorno in cui mi hai impresso il tuo simbolo...
La mia vita è sempre stata nelle tue mani, il mio scopo...)


"Di nuovo? Arrendevole."

"Patetico."

*Un dolore lancinante gli attraversò l'emisfero destro del cranio, come se un dardo gli si fosse conficcato in fronte. Pulsante, bruciante, spanse una luce rossastra lungo le fattezze di chi aveva davanti, riflettendosi nello Sharingan un'identica sfumatura. Pur non potendo osservarne direttamente l'origine, pur trovandosi in quello stato di sottomissione e miseria, Hideyoshi poté immediatamente riconoscerla: era lo stesso dolore che lo aveva riportato alla veglia, due anni prima, lo stesso che, da quel giorno, gli aveva ricordato perché si fosse ridestato.
La cicatrice che il Diavolo gli aveva inciso addosso sfrigolava ora come un marchio a fuoco, aprendosi un varco terrificante nella psiche del Kokage, nel nuovo equilibrio che era andata raggiungendo. Uno ad uno, selezionati e riassemblati dal bisturi bruciante di quella nuova presenza, frammenti di promesse fatte e mancate, di vite incrociate e distrutte.*


"Come fai a chiamarti Kage? Sei un verme, non un serpente.
Non ti è permesso scappare, non stavolta. Nemmeno morendo."


*A pochi centimetri da entrambi, appena visibile otre la corolla luminosa emanata dall'anello, Ki Momochi lo osservava con gli occhi scuri che aveva sempre detestato. Ogni espressione, appena sopra la linea del bendaggio che oscurava metà del volto, perennemente sulla linea tra furia sanguinaria e razionalità omicida. Nella mano destra, le dita apparse assieme al lucore dell'acciaio, l'elsa della Kubikiri.
Vederla lo raggelò, o meglio, raggelò Otomika, perché benché ormai i due fossero un'unico corpo, il fuoco della cicatrice aveva ricreato una qualche forma di separazione. Il Cantore ne avvertì il terrore, la furia, bruciante la memoria della lama che gli aveva tolto la vita. Voleva ucciderlo, voleva liberarsi, ma il contatto con la mano di Kinji continuava a trattenerlo. L'anello, nonostante tutto, non cessava di limitarne i movimenti... ma per quanto ancora, impossibile dire.
Preso atto dell'esitazione dell'avversario, rinsavito momentaneamente dallo stato in cui era stato costretto, Hideyoshi rivide finalmente di fronte a sé la persona per cui aveva lasciato le mura del villaggio. La riconobbe, e, ancor prima, ricordò cosa aveva fatto e perché, cosa gli dovesse in cambio, e quanto vicino fosse nuovamente arrivato dal distruggerne l'esistenza. Un senso molto familiare di disgusto gli attraversò la spina dorsale, la vera essenza di Hideyoshi Jiyuu, e prima ancora di potersi detestare il Cantore di Lame riversò ogni parte di sé nel palmo del Vermiglio.
Un' ultima spinta, una disperata, priva di ogni anelito di autoconservazione. Sapeva che sarebbe arrivato a quel punto, sapeva che di lui non sarebbe rimasto nulla… ma non poteva tirarsi indietro, non poteva darla vinta a chi lo voleva inetto e vigliacco. Anche si fosse trattato soltanto di un principio, anche la vita di Kinji non fosse stata a rischio, avrebbe impedito che la sua vita fosse valsa a nulla. Avrebbe strappato a Yo il suo sorriso soddisfatto, ad Otomika una facile vittoria.
Il chakra di Keiichi fu il primo e l'ultimo ad abbandonarlo, la sua presenza un reticolo dorato in quello che, altrimenti, era un totale mescolarsi di forze. Non sarebbe mai riuscito ad isolarle, a fare quel che aveva promesso, ma, prima di sparire, avrebbe creato un nuovo sigillo per il coacervo di forze che aveva reso la sua vita un inferno. Un marchio luminescente sarebbe apparso sulla mano dell'Uchiha, e, attraverso di esso, un contatto cosciente per Kinji in quel mondo oltre il loro.*



GDROFF///Chiedo scusa per il grave ritardo e per la qualità del post, che mi rendo conto essere un casino. Alla fine ho deciso di tagliare corto in ogni aspetto, altrimenti sarei rimasto veramente bloccato.///GDRON
 
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20 replies since 1/10/2018, 19:15   713 views
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