Narrato
*Pensato*
"Parlato"
La prova era stata un successo, il rametto si era mosso fino a cadere dal piano del piccolo tavolino. Non era stato poi così complicato come credeva, superata la fase iniziale, il resto era fluito con naturalezza. Tatsumaru era sempre più conscio della dote meravigliosa che suo malgrado possedeva.
Konora aveva atteso pazientemente che l’amico terminasse, ed ora era giunto il suo turno. Sembrava parecchio agitata, così il ragazzo, in un insolito slancio di amicizia verso colei che conosceva appena, mise una mano sulla spalla della ragazza, e con voce ferma e rassicurante, le disse di non preoccuparsi. Sorrideva, era davvero soddisfatto del cammino che aveva cominciato quel giorno, le sue radici venivano a galla man mano che si addentrava nelle conoscenze del suo clan, e sebbene ci fossero stati degli imprevisti, non vedeva l’ora di proseguire.
Il ragazzo si fece in disparte, ed osservò la prova di Konora, che imitò i suoi gesti, posando a terra la mano. Ma il risultato fu ben diverso. Il sorriso di Tatsumaru si spense nel constatare che l’asse su cui ella aveva posato la mano stava marcendo rapidamente. Poteva sentire anche a distanza il fluire di quel chakra, così distruttivo da infastidirlo in qualche modo, come se anche lui ne fosse in parte influenzato. Con immenso sollievo, Kuromori fermò la tecnica della ragazza, che sembrava soffrire delle sue stesse capacità, se così potevano essere chiamate.
Quella visione aveva scioccato Tatsumaru. Se poco prima credeva che nel sangue Senju scorresse la vita, ora aveva avuto prova (dell’esistenza di un’altra faccia della medaglia) dell’altra faccia della medaglia. Come ogni creatore, essi potevano dispensare la vita o la morte, ma la seconda era così atroce che Tatsumaru non l’aveva nemmeno presa in considerazione.
Anche Kuromori sembrò pensieroso, e dopo alcuni istanti di riflessione, decise che entrambi dovevano passare allo stadio seguente. L’entusiasmo di Tatsumaru venne smorzato inesorabilmente. Fissava Konora, intimorito, ma anche pietoso nei confronti di quella ragazza, scioccata quanto lui dell’accaduto. Proseguirono in silenzio imboccando il passaggio segreto da cui il vecchio era giunto. Come la via percorsa insieme a Masumi, anche questo era spettrale, e molto, troppo silenzioso. Ripensò alle due facce del Mokuton, e nuove, agghiaccianti supposizioni comparvero nella sua mente.
*Questo luogo è così tetro, spettrale … Mentre la foresta era così ricca e lussureggiante. In quel luogo ho percepito il calore del sole, il verde delle foglie, la vita che permeava ogni cosa. Qui invece tutto è sinistro, cupo, opprimente …(la) morte. Come può questo luogo essere la dimora di un Senju, me lo chiesi dal principio … Dopo aver visto quello che è accaduto a Konora, il dubbio non è più tra Senju o impostori … ma tra vita o morte … *
Raggiunsero la soglia di una nuova stanza, e come in precedenza, venne loro fatta varcare la soglia per primi. Tatsumaru era troppo sovrappensiero per notare l’analogia, errore che gli sarebbe costato caro. Appena mise piede nella stanza, la mente si offuscò, e un’improvvisa sensazione di torpore prima e svenimento poi, lo colse. Non si rese nemmeno conto di ciò che stava accadendo, fu tutto troppo rapido, e il buio lo colse.
Una luce, un puntino lontano, tuttavia così luminoso in quel mare di oscurità in cui stava affogando. Il suo corpo fluttuava nel vuoto e si muoveva spasmodicamente nel tentativo di avvicinarsi a quel puntino, che si faceva sempre più grande, sempre più grande…
Un prato fiorito, in una giornata di sole. L’aria è calda, e spira un vento che fa ondeggiare i mille fiori colorati di quel giardino, come gioiosi danzatori durante la festa di primavera. Tatsumaru è in piedi in quel mare ondeggiante, vestito del suo kimono verde scuro. Oltre a lui, in lontananza, una figura si muove tra i fiori, imitandoli nella danza, così leggera e aggraziata. Un falco volteggia nel cielo, e i suoi occhi sono gialli come il sole …
Ora la figura danzante gli da le spalle. Il vento è cessato, e come i fiori tutt’attorno, anch’ella è immobile. Tatsumaru le guarda la schiena, i capelli candidi, su un altrettanto candido kimono. Allunga una mano, per toccarle la spalla. Il vento si alza nuovamente, e i suoi capelli si agitano nella brezza, oscurando per un momento la vista del ragazzo. Quando torna a vedere, è Yukiko che gli sta davanti. Gli sorride, con quel suo viso furbetto, le guance morbide, le labbra rosse. Intorno a loro i petali volteggiano, e sembrano fermarsi a mezzaria. Ma lui non se ne accorge, vede solamente lei, e serenamente sorride...
La distanza tra i due aumenta, Yukiko se ne sta andando, eppure gli sorride ancora, non si è voltata. Dieci, venti, cento passi ora li separano, e Tatsumaru tende la mano per cercare di afferrarla, di tenerla vicino a se, di abbracciarla. La vista si appanna, mentre lei è ora un puntino lontano. Le braccia sono pesanti, i colori dei fiori sono sfuocati…
E di nuovo è il buio.
Quando Tatsumaru cercò di aprire gli occhi, la vista era appannata, e il suo corpo non rispondeva chiaramente agli stimoli. Sentiva freddo e la sua schiena poggiava su una superficie dura. Provò a muovere le braccia e le gambe, ma qualcosa le tratteneva. Era legato ad un piano orizzontale, e si accorse di essere a petto nudo. Voltò la testa verso sinistra. Intravide Konora, distesa a petto nudo su una sorta di altare in pietra accanto a lui. Normalmente sarebbe arrossito alla vista del seno della ragazza, ma quella non era una situazione normale, e l’imbarazzo venne sostituito dalla sorpresa. Ipotizzò che anche lui fosse disteso su un altare simile, la domanda più logica era: perché? I sensi erano ovattati, ma riuscì comunque a distinguere una voce, che ordinava a Kuromori di agire. Mosse leggermente il capo, cercando di sollevarlo più che poteva. La vista stava lentamente tornando, e riuscì a intravedere l’anziano Senju premere un pulsante sulla parete. Lasciò ricadere la testa all’indietro. Non comprendeva ancora bene cosa stava accadendo, ma una cosa era chiara: era caduto in una trappola. Si voltò alla sua destra nel sentire un sibilo. Notò solo in quel momento le sbarre che dividevano la stanza in due parti, e ciò che vide oltre lo atterrì.
*Yukiko!*
La sua amica era dall’altra parte, avvolta dal fumo che stava fuoriuscendo velocemente. Cosa ci faceva li? Perché proprio lei? Era impossibile che sapesse dove si trovava il ragazzo, tantomeno che fosse in pericolo. Poco importava, ora era lei ad essere in pericolo. Tatsumaru cercò di liberarsi dalle pastoie che lo imprigionavano con tutta la forza che riuscì ad esercitare, ma senza successo. Doveva calmarsi e ragionare. Kuromori aveva azionato un pulsante, dopodiché aveva udito un sibilo in direzione di Yukiko. Il pulsante doveva essere l’interruttore di quella trappola, forse azionandolo nuovamente l’avrebbe arrestata. Ma come, se non riusciva a muoversi? Kuromori stava salmodiando incomprensibilmente davanti ad un terzo altare, e sembrava concentrato in quel compito. Difficilmente avrebbe attirato la sua attenzione, e così tentò il tutto per tutto. Cercò di mettere in pratica l’unico insegnamento che era riuscito ad impartirgli. Cercò di incanalare il chakra in direzione del pulsante, si sforzò più che poteva, ma esso non era di legno, e il ragazzo non poteva far nulla per azionarlo. Guardò se vicino al meccanismo ci fosse qualche oggetto ligneo da poter spostare e usare per premere il pulsante, ma non c’era nulla di tutto ciò.
*Dannazione!*
Nella sua mente l’agitazione montava, mista allo sconforto di sapersi impotente di fronte agli eventi che avrebbero portato alla morte di Yukiko, e forse, anche alla sua. Gli istanti seguenti risultarono confusi agli occhi di Tatsumaru. Non percepiva più il mondo razionalmente, il suo sguardo non indagava ogni minimo particolare, era solo istinto di sopravvivenza, e impulso ad agire. Yukiko parve accasciarsi dietro alla barriera, il suo corpo cadere a terra come vuoto, privo di vita.
"Nooooooooooooooo!!!!!"
Urlava, e si dimenava per cercare di liberarsi. Doveva liberarsi, doveva correre da lei, forse era solo svenuta, doveva salvarla. Gli parve di vedere Kuromori, chino su di lui, che in un innaturale silenzio gli liberava i polsi.
Tatsumaru non si sarebbe spiegato un gesto simile, ma non gli importava, la reazione sarebbe stata rapida ed istintiva. Avrebbe sferrato un pugno con tutta la forza che sarebbe riuscito ad esercitare, in pieno viso, scaricando la frustrazione di quel momento. Avrebbe poi slegato da solo le caviglie, e non curante del vecchio sarebbe corso al pulsante, per fermare l’afflusso del gas nella stanza adiacente.
Disperato, Tatsumaru sarebbe corso in direzione del vetro, di fronte al luogo dove l’amica si era accasciata. Lo avrebbe preso a pugni, disperatamente, cercando di frantumarlo, di aprirsi un varco, stupidamente, disperatamente.
"Yukiko! Yukiko!"
Pianse, le lacrime gli rigavano il viso come torrenti in piena, e si infrangevano in gocce luccicanti ai piedi di quella barriera, così insormontabile. Era disperato, la vita di Yukiko si spegneva davanti ai suoi occhi, lei sarebbe morta, e lui non avrebbe potuto fare nulla per impedirlo. Le mani cominciarono a sanguinargli, ma non gli importava. Pensava ai momenti felici passati con lei, alle gioie condivise, alla loro amicizia così intensa che mai si sarebbe spezzata, nemmeno dopo la morte, anche a quel punto, sarebbero stati insieme. Morte, il presagio avuto non appena aveva messo piede in quel luogo, una sensazione così lontana dalla Vita che aveva percepito nella foresta, una vita primordiale, essenziale, meravigliosa. Il potere dei Senju, la vita che scorre nella natura, in quel momento avrebbe voluto percepirla, all’ombra di un albero, a piedi nudi nell’erba, con Yukiko al suo fianco. La disperazione lo portò ad estraniarsi da ciò che lo circondava, tranne il corpo dell’amica. Quasi spontaneamente, sembrò che il suo chakra fluisse verso terra, lungo le gambe, superando la barriera del pavimento, lungo le fondamenta sprofondate nella terra. Quella terra antica, le cui radici erano fitte ragnatele nel sottosuolo. La sua fu quasi una richiesta di aiuto, e qualcosa si mosse. Non ne fu certo, ma il pavimento sotto di lui sembrava instabile, scricchiolava e ondeggiava leggermente. Qualcosa stava uscendo dal terreno per aiutare il Senju nel suo scopo. Un aiuto inaspettato, scatenato da un potere che solo la volontà più indomita poteva liberare. Al ragazzo parve quasi che la lastra di vetro su cui batteva i pugni si sollevasse, che resistenza dei meccanismi che l’avevano serrata provocasse l’indebolimento degli stessi, sotto il peso di una forza non calcolata proveniente dal basso.
||Dalla parte in cui ipotizzo di liberarmi in poi, e tutta un’ipotesi, da prendere come vera solamente se la fuga ha successo. Ho scritto normalmente perché non mi riusciva di farlo al condizionale ||