| [x] Una nuvoletta di fumo li avvolse e ben presto si ritrovarono davanti alla maestosa pianta che proteggeva l’Eremo dei Mustelidi. Il suo stomaco se l’era cavata bene, nonostante il richiamo inverso non fosse uno spostamento proprio piacevole. Alla kunoichi quasi non sembrava vero di trovarsi di nuovo a casa... se solo avesse potuto dimenticare tutto si sarebbe volentieri chiusa lì in meditazione davanti allo Seishin no Tsurī. Per quanti non credessero alla natura come essere vivente a se stante, Chiaki trovava molto confortevole rimanere in presenza di quell’essere pieno di saggezza; occorreva solo riuscire a interpretare i suoi segni. Ma l’arbusto secolare non era l’unico a trovarsi proprio in quell’area... accanto a lui vi era un fedele amico e compagno millenario. Mujinahen, sorretto dal suo bastone tintinnante, li osservava con occhi stanchi, sondando la loro anima. Nonostante i suoi poteri telepatici lo avessero abbandonato per sempre durante lo scontro con il Joker, lui sembrava conoscere perfettamente i pensieri dei suoi cuccioli. Nessuno in quell’eremo era un segreto per lui e vederlo fuori dall’antica torre poteva significare che li stava proprio attendendo. Eppure non osò interrompere mai l’eremita, che molto dettagliatamente gli illustrò la situazione e ciò che era avvenuto durante la loro caccia. La resa dei conti era alle porte e anche la loro famiglia avrebbe dovuto prendere una posizione. La Hyuga rimase in silenzio, evitando per l’appunto di aggiungere troppi dettagli inutili al già poco tempo a disposizione. Il coniuge aveva perfettamente ragione su un determinato punto: nonostante il rischio di entrare in territorio nemico e trovare il nukenin affiancato da quegli esseri nati dal magma, non potevano rischiare di lasciare la loro immensa casa scoperta. La paura che potesse succedere qualcosa alla sua famiglia naturalmente sorpassava qualsiasi altra pretesa. Meno vittime sacrificali ci sarebbero state, e meno rimorsi e distrazioni avrebbero compromesso la buona riuscita della missione. La paura di morire iniziava a farsi persistente nella giovane, che continuava a lanciare occhiate addolorate a quella che aveva sempre reputato la sua vera dimora. Voleva tenere ogni ricordo per sé, ogni dettaglio. Stringerlo forte nei suoi pensieri insieme alle esperienze positive che aveva vissuto in quel luogo incontrastato dalla natura stessa. Doveva essere forte davanti a coloro che l’avevano accolta a zampe aperte... infondo il legame che li univa era qualcosa di speciale che non tutti potevano vantare. Non appena vide il muso rugoso del tasso puntato su di lei, la diciassettenne cambiò immediatamente scenario... osservando il manto verde dell’erba. Anche quello sarebbe presto scomparso per lasciare il posto alla terra arida e rocciosa del Paese della Terra. In cuor suo sentiva di star facendo un torto ad Ashi, alla sua unica amica, in quel mondo di mercenari e assassini. Come avrebbe potuto guardarla ancora in volto se le cose fossero andate come si erano programmate? Odiava pensare in determinate circostanze ma non riusciva a smettere di farlo. Ogni punto che prendeva come riferimento era un ricordo, un’emozione. Se le fosse successo qualcosa chi avrebbe pensato ad Amane ed Aiko? E se avessero fatto loro del male per colpa delle loro scelte? L’Hokage doveva rimanere in vita... assolutamente. Non che temesse in un suo fallimento, ma qualsiasi imprevisto doveva essere sedato, non avrebbe scaricato ulteriori fardelli sui suoi piccoli. A riportarla tra loro fu l’evocazione che le posò una zampa sulla spalla, a mo’ di conforto. Probabilmente avrebbe preferito di gran lunga comunicarle mentalmente certe parole, nonostante sapesse che non aveva nulla da nascondere al suo amato.
- A volte dobbiamo fare delle scelte spiacevoli ma obbligate, venendo meno al rispetto di ciò che i nostri antenati ci hanno insegnato - disse con la solita voce grattata ma comunque pacifica - Ciò che è morto non muoia mai.
La kunoichi sgranò gli occhi, ricordandosi perfettamente di quelle parole pronunciate da lei stessa durante i funerali dei mustelidi dopo l’attacco di Jagura. Sentirle ripetute dal sommo le provocò uno strano brivido. Aveva ascoltato anche lui il suo discorso di addio? Non se ne era accorta. Infondo il senso era semplice: loro ci sarebbero stati, chi con il pensiero, chi con lo spirito, chi con la propria presenza. Il protettore dell’eremo non avrebbe mai permesso che affrontassero questa prova da soli, non dopo quello che le salamandre avevano fatto ad uno della loro famiglia. Anche il più piccolo e indifeso dei mustelidi doveva essere vendicato. Tutti dovevano capire che chi avessero davanti era sì una famiglia armoniosa ma anche un popolo di guerrieri che difende le ingiustizie verso coloro che appartengono alla sua stirpe. Una volta ricevuto il consenso dal tasso, questo stranamente si allontanò come a lasciare tempo ai due amanti. La loro permanenza in quel posto sarebbe dovuta essere breve, eppure non appena i loro occhi si specchiarono gli uni negli altri, tutto sembrò fermarsi. Chissà se avrebbero avuto altre possibilità nel rimanere così in intimità? Lo stesso castano portò alla luce vecchi ricordi, più lontani del discorso fatto da Mujinahen e ancora più profondi. La sua promessa verso quell’uomo che era passato dall’essere il suo sensei al suo compagno di vita. Tutte le barriere che aveva messo in quei mesi per dare forza a chi le stava intorno vennero abbattute. In un gesto spontaneo e di conforto si buttò tra le braccia del suo eremita e lo strinse forte, trattenendo a stento le lacrime. Voleva avere più tempo da passare con lui, avrebbe pregato persino tutti i Kami se le fosse stata data una chance. Avrebbe tanto voluto rivedere i volti dei suoi figli e quasi invidiò l’Uchiha per essere probabilmente già in loro presenza.
- Rimaniamo uniti fino alla fine. Una cosa sola... - disse lei con un fil di voce, che a fatica riuscì a farsi strada in gola.
Non voleva mostrare il suo sguardo al ragazzo per questo nascondeva il volto tra gli abiti di lui, doveva mostrarsi sicura e forte; la donna che in realtà dentro di lei non era. Un futuro senza Fuyuki l’avrebbe dilaniata e più reprimeva quel pensiero e più tornava a galla l’immagine dell’ultima battaglia contro Watashi. Quando l’aveva visto a terra, privo di coscienza aveva temuto il peggio. Ancora pochi secondi, ne aveva bisogno. Il suo odore era come una droga, non riusciva a farne a meno. Cosciente del suo capriccio riuscì ad allontanarsi da sola in seguito, impuntandosi con tutte le sue energie. L’ora era giunta, ed il cammino davanti a loro troppo lungo. Bisognava mettersi in marcia. - Mujinahen-sama vorrei che questo lo tenesse lei - disse la ragazza in compagnia del rappresentante dell’eremo - Non so se farò ritorno da questa battaglia e non vorrei che un oggetto così sacro andasse perduto. Arriverà il giorno in cui qualcuno prenderà il mio posto.
Ascoltando le sue stesse parole una sensazione spiacevole le fece contrarre meccanicamente lo stomaco. Perché quei pensieri continuavano ad affollarle la mente? Temeva realmente che Hyou le facesse del male? E perché non avrebbe dovuto fargliene, aveva completamente tradito la sua fiducia nascondendogli tutti quei segreti e sostenendo colei che lo Yotsuki definiva una delle cause per cui inesperti ninja divenivano carne da macello.
- Non verrò meno ad una tua semplice richiesta Chiaki... ma ricordati che è stato l’albero a scegliere te e non viceversa. Ci sono stati secoli di silenzio prima del tuo arrivo e della tua maturazione, questi potrebbero tornare da un momento all’altro. Noi ti aspetteremo come abbiamo sempre fatto - concluse con saggezza la creatura millenaria, prendendo tra le zampe il ligneo arco animato da vita propria.
La saggezza e la profondità che nascondeva quell’enorme creatura all’apparenza bonaria erano sinonimo di esperienza e di battaglie che aveva combattuto in prima linea, ma anche vissuto come spettatore. Mujinahen si era sempre comportato in maniera enigmatica e nessuno sembrava sapere molto di lui. Eppure al suo popolo non importava e infondo nemmeno alla kunoichi. Lui era il sommo e avrebbe difeso a qualsiasi costo casa loro, ci sarebbe sempre stato per impartire perle di saggezza ai suoi cuccioli. Eseguendo un piccolo inchino in segno di rispetto e sfiorando per un’ultima volta la corteccia dell’incantata pianta rosata in segno di saluto, la Hyuga si allontanò dal posto sacro per incontrarsi con il suo sensei prima della marcia.
- Tieni questo, l’ho realizzato appositamente per te - intervenne la giovane avvicinandosi al compagno amichevolmente - Vorrei lo utilizzassi nel caso le cose si mettessero male durante lo scontro. Non ti preoccupare, non ti sto avvelenando...
La dolce fanciulla dalla chioma blu allungò la mano in direzione del jonin, cedendogli un’ampolla trasparente con al suo interno uno strano liquido piuttosto denso dalle tonalità rosso intenso, probabilmente frutto di qualche apposito frutto e di una serie di miscugli che solo la firmataria poteva conoscere. Mentre lui coordinava le forze alleate e disponeva le formazioni, lei aveva approfittato della loro permanenza all’eremo per poter organizzare soprattutto le sue scorte mediche. Doveva armarsi fino ai denti se avesse voluto essere realmente un supporto perfetto, perché era quello il compito che le sarebbe riuscito meglio di fianco a ninja di quel certo calibro. Dietro di lei una squadra di piccoli mustelidi indossava delle strane cinghie che terminavano sulla schiena con una sorta di sacca. I fedelissimi del gruppo erano stati selezionati proprio dall’evocatrice per darle supporto in quell’ardua impresa. Non erano grossi e potenti come Fukuizuna e Kamatari ma la loro stazza e velocità poteva comunque tornare utile per un intervento repentino. Sapeva che responsabilità verteva sulle sue spalle portandosi dietro sette membri così minuti, ma si erano proposti loro stessi per seguire le orme della diciassettenne. Ben presto il gruppo dovette abbandonare la loro casa, pronto a raggiungere il punto accordato con il Sandaime. Si prospettava un viaggio non prettamente tranquillo, visto i membri che avevano preso parte alla spedizione. Non era segreta la poca affinità che avessero la donnola bendata e Chiaki, tanto che questa non riusciva a tenere a freno la lingua ogni volta avesse la battuta pronta per schernirla. Quando raggiunsero il Tempio Kinshu, il medico era già arrivato all’esasperazione. Forse la presenza della mora avrebbe calmato lo spirito ribelle ed annoiato del mustelide al fianco della giovane madre. L’Uchiha era giunta a destinazione prima di loro, ma il ninja dagli occhi perlacei non aveva la minima idea da quanto tempo fosse già sul posto.
- Spero che non ti abbiamo fatto aspettare troppo - intervenne per rompere il ghiaccio ed annunciando la loro presenza, vedendo l’altra impegnata ad interloquire con il suo alleato.
Un rospo. Quelle creature erano così affascinanti; non quanto i mustelidi, ma piuttosto curiose da osservare. Chissà che un giorno, quando tutto quello sarebbe finito, avrebbe potuto approfittare della pazienza di quella donna per dedicarsi di più ai suoi studi, alle ricerche sospese dal caro Seikatsu. Un giorno chissà, forse avrebbe dedicato la vita ai suoi figli e a trovare delle cure per le malattie più improbabili.
- Salve anche a voi... compagni - continuò sorridendo notando solo in un secondo momento i due esserini sulle spalle dell’Hokage.
Che anche loro ricoprissero lo stesso compito di Aki e Fuyu? Quelle creature erano l’emblema della potenza che poteva raggiungere un eremita ben addestrato. Anche se anziani, le due creature avrebbero retto il confronto? Ringraziò il fatto che i suoi pensieri rimanessero segregati nella sua mente, sarebbe stata una perdita di tempo trovare scuse per giustificare quell’interrogativo innocente quanto curioso. Adesso intendeva meglio la battuta del furetto aranciato, detta poco prima. Non occorrevano ulteriori convenevoli, purtroppo la strada sarebbe stata lunga e tutti sembravano trepidanti di capire cosa li stesse attendendo all’Eremo delle Salamandre e se gli altri membri stessero bene. Lasciò come sempre il sensei trasmettere vigore all’intero team, e gliene fu grata. Non che potesse fare miracoli, ma perlomeno teneva coeso lo spirito del gruppo. Annuì convinta senza intervenire, ricambiando con uno sguardo deciso l’oratore. Ciò che era fatto, era fatto. C’era ancora tempo per calmarsi dopotutto, o almeno così sperava. Rimandare stava diventando una prassi. Rimase sbigottita nel vedere l’uomo che amava, indossare il coprifronte della Foglia, non sapeva ne tenesse uno “integro” da parte. Solo dopo averlo osservato bene, diversi flash le si palesarono in mente.
Ayame...
L’oggetto era stato sottratto al cadavere della sua amata sorella durante l’ultima battaglia contro Watashi. Quel duro colpo le fece abbassare lo sguardo in direzione della soffice erbetta sotto i loro piedi. Il nindo e la devozione verso il villaggio era forte, concreta e continuava a surclassare ogni altra cosa. Per la Hyuga invece era diverso... nonostante conservasse ancora la placca metallica sotto le sue vesti, non osò minimamente indossarla per rendere onore alle sue origini, tant’è che non era mai stata rigata di proposito; proprio per evidenziare il disinteresse nel ruolo che avrebbe ricoperto quando aveva deciso di seguire le orme del castano. Per lei era solo uno sciocco cimelio, dato in premio a degli stolti ragazzini che si credono forti solo perché avevano superato una prova, ed un tempo anche lei era come loro. Nessuno avrebbe dovuto vivere marchiato da un vessillo, ogni essere umano era uguale quando doveva essere giudicato nella morte. Attese in quello stato catatonico finché il discorso non venne concluso, ed in silenzio di tomba seguì il team verso la resa dei conti. Se era lì era per Fuyuki e per i suoi bambini. Non avrebbe privato loro di una sola figura materna, non dopo che Takayoshi era morto. La loro crescita avrebbe dovuto essere spensierata e invece sulle loro spalle già portavano il carico di troppe preoccupazioni. Ritrovarsi nel pieno di un’altra maratona verso tutt’altra parte della mappa le provocò una particolare sensazione di inadeguatezza. Sembrava quasi che ogni loro mossa fosse destinata al fallimento. I suoi timori non erano sicuramente un ottimo auspicio. Perché lei che era sempre ottimista si stava riducendo a quello strano e tenebroso atteggiamento? Forse c’erano troppe cose in ballo? Non seppe darsi una risposta... come succedeva spesso da quei giorni a questa parte. Prese le redini del gruppo quando finalmente varcarono il Paese della Terra... infondo lei era l’unica che avesse visto esattamente dove si trovasse l’eremo. C’era arrivata per puro caso, questo era vero, ma purtroppo quella che aveva condannato a morte quelle creature era lei. Un detto diceva “occhio per occhio, dente per dente”, ma la diciassettenne non si era mai sentita parte di quel pensiero umano. Non era vendicativa... e allora perché lo stava facendo? Ryu non doveva massacrare tutte quelle persone... non avrebbe dovuto dopo gli ideali che le aveva inculcato. Cosa gli era successo, per aver sepolto tutti quegli insegnamenti di punto in bianco. La falsa traditrice camminava a spasso svelto, continuando ad indossare quella maschera insofferente. Doveva essere forte. Il vulcano si palesò immediatamente nel loro campo visivo, enorme e scoppiettante. Il suo riposo sembrava essere stato interrotto bruscamente. Che fosse quello l’annuncio dello scontro imminente? I ninja del villaggio vennero presto reintegrati nel gruppo, per loro fortuna non era successo nulla di grave al team. Allungò l’orecchio ascoltando cosa stessero riferendo al loro superiore, ma evitando appositamente il dialogo. Già la tensione era alta, ricevere altri toni discriminatori era l’ultima cosa che voleva. Nonostante la fretta e la poca conoscenza del posto, l’Hokage riuscì comunque a buttare giù una strategia piuttosto efficiente. Infondo non si sarebbe allontanata dal suo sensei, anche se le avessero imposto un’altra postazione. Chiaki era sempre stata piuttosto accomodante nei confronti degli altri, ma in determinate circostanze aveva intuito che doveva far valere la propria opinione per non arrivare ad un punto di rottura con se stessa. Già c’erano troppe preoccupazioni nella sua mente per farsi carico di altro. Il biondo si ergeva imponente davanti a loro, orgoglioso e senza bisogno di nessun aiuto. Solo davanti ad un numero esiguo di nemici. La kunoichi avvertì immediatamente quella sgradevole sensazione d’impotenza davanti al nemico, sentendosi quasi una nullità nei suoi confronti. Ciò non faceva bene al suo spirito, che sembrava sopportare un peso più grande di quello della stessa ragazza. Ognuno sembrava aver qualcosa da dire al leader di Akatsuki, tutti tranne lei. In un certo senso in quelle iridi azzurre come il mare in tempesta non riusciva a vedere un vero nemico. Come se la storia dell’attacco a Konoha fosse stata una favola inventata. Gli occhi le divennero lucidi ma riuscì infine, con fatica, a guardare in volto l’uomo pronto al sacrificio, o almeno ogni suo muscolo dava questa impressione.
- Fratelli in formazione... prestate particolare attenzione a ciò che accade intorno e date supporto medico a chi ne avrà bisogno - disse con fermezza la fanciulla, facendo dislocare il gruppetto di mustelidi di piccola taglia che si era portata dietro.
Questi scesero all’unisono, abbandonando il corpo della Hyuga al suo comando. A loro era stato affidato quasi tutto il suo materiale medico, nel caso le salamandre ci avessero ripensato anche gli altri avrebbero avuto qualcuno che guardava loro le spalle. Tra l’altro ancora si chiedeva perché quelle creature avessero abbandonato il loro eremita. Che fosse stata una decisione della Pantera? Probabile. Dopo che lo avevano affiancato durante la battaglia finale di Watashi, dopo che avevano appoggiato la folle idea del boss di attaccare il Villaggio della Foglia... sembrava sciocco che non mostrassero la loro fame di sangue verso gli invasori che avevano ucciso una loro sorella.
Hyou, per me è stato un onore incontrarti... mi hai insegnato tanto, ma ora sono madre e devo difendere tutto quello che ho
Lasciò andare la collana con il dente di lupo, che si ritrovò a stringere quasi istintivamente. Come aveva detto Akane, la storia sarebbe finita lì. <ijutsu> - Kaibyaku: Creazione dei Tonici - [Chk: 60] “Particolarità unica dei medici da Recupero sono i tonici, e naturalmente la creazione di questi. Con il passare delle generazioni le varie combinazioni sono state tramandate da padre in figlio, sviluppandosi così nell'arco di un grande periodo di tempo. Quelle che prima erano delle semplici medicine sono diventate cure miracolose, così come dei semplici veleni che potevano causare una banale causa oggigiorno possono essere diventate tranquillamente delle droghe mortali dagli effetti istantanei e non. Ci sono vari strumenti per la creazione dei tonici: ampolle, fornetti, alambicchi ed altro ancora, inoltre i ricettacoli per la creazione dei suddetti sono letteralmente infiniti, e solitamente variano da villaggio a villaggio, lasciando però sempre un'impronta comune. I processi per dare alla luce un tonico sono molto diversi fra loro, lontani dall'essere una semplice mistura d'ingredienti, difatti non è raro che il medico utilizzi il proprio chakra per velocizzare il processo o dare qualche altro effetto particolare all'infuso, rendendolo pressoché unico ed imitabile. Naturalmente tale lavoro richiede calma e tranquillità, ma può essere anche fatto durante le missioni, creando massimo 2 Tonici a post da Chunin, 3 da Jonin e 4 da Jonin-S.” [Per il processo occorre acquistare delle ampolle vuote] [Si può usare solo un tonico alla volta. Siccome i tonici consumano molte energie, a fine effetto, il ninja perderà per il turno seguente i bonus dati dal tonico] [Tutti i tonici durano di base 2 turni, salvo eccezioni di tonici con effetti immediati]
Ampolla per tonici: Recipiente di vetro a collo stretto e ventre largo, utile ai medici per creare tonici in missione o in combattimento.
Tonico della forza superiore [+90 Frz] “Tonico che sviluppa i muscoli di gambe e braccia per lo scontro corpo a corpo. Di alta potenza.”
[ Stm: 280 - 3 = 277 ]
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