« Mattaku…Lo stai facendo di nuovo. »
Cosa?
« Hai capito perfettamente cosa sta cercando di dirti LinguaLunga, ma pretendi di non aver capito. Proprio come quando provava in tutti i modi, con mio grande divertimento in realtà, di farti intendere quanto fossi importante per lui. »
Stupidaggini. E poi così sembra quasi che tu mi stia accusando di fingere di non capire…non è molto gentile da parte tua. Lo sappiamo entrambi che, in linea generale, sono piuttosto acuto, ma stupidamente lento in questo genere di cose.
Il Nove Code sbuffò seccamente dal suo grosso tartufo. « Non dico tu stia fingendo di non capire, ragazzo, ma…è come se avessi paura di aver afferrato chiaramente il concetto. »
…
« Non ho forse ragione? »
Forse…o magari no.
Percepì distintamente Kurama sogghignare nei meandri della sua anima e non fece per nulla fatica ad immaginarsi la chiostra di candide zanne baluginare nell’oscurità al tirarsi delle sue labbra nere, mentre si rimetteva comodo sulla lastra di spesso giaccio su cui sostava.
Generalmente, la Volpe non si impicciava quasi mai negli affari suoi e di Takumi. Rare erano le volte in cui era capitato, in quanto il demone preferiva non metterci becco. Solo ogni tanto si faceva sentire in quei momenti, con degli interventi sibillini, proprio come quello di oggi. Era il suo modo di aiutarlo a fare chiarezza quando la nebbia riusciva ad invadere anche i suoi pensieri. L’equivalente di una piccola spinta, dopo la quale avrebbe dovuto camminare da solo.
Ed era proprio quello il problema.
La Volpe aveva ragione, stava scappando. Quella domanda posta per essere certo di aver capito bene, gli serviva anche e soprattutto per prendere tempo, allungare l’attesa, cercare di trovare una risposta adeguata. Che poi non era che ci fosse una risposta giusta e una sbagliata. Se avesse spento la testa e dato il suo responso d’istinto, non aveva nemmeno bisogno di chiedersi quale sarebbe stato. Purtroppo però la testa c’era eccome. Quella stronza, razionale, logica e prudente testaccia che gli sussurrava dai meandri della sua coscienza, illustrandogli, con l’accuratezza di un assassino, tutti gli scenari possibili in cui quella cosa sarebbe potuta finire male. E ce n’erano un’infinità! Uno per ogni scelta che avrebbe potuto fare, uno per ogni errore, uno per ogni dannato respiro. C’erano così tanti motivi per non cedere al proprio istinto e dare retta alla razionale cognizione del tutto che il suo cuore si era fatto piccolo piccolo, schiacciato da quella consapevolezza, dalla paura di ferire Takumi e da quella di…privarsi dell’unica scelta veramente corretta. Quella al di sopra di tutto. E forse era proprio questa a farlo resistere e combattere nell’intento di imporre il proprio volere, il proprio bisogno.
Da quand’è che ho iniziato a pensare meno a me stesso e ricominciato ad assecondare ciò che ci si aspetterebbe da me? Sembra così distante quel ragazzino che, alla richiesta di descrivere cosa fosse per lui la felicità, rispose:
“Per quanto mi riguarda è la possibilità di vivere come meglio si crede, di essere ciò che si è davvero! Al di là dei dogmi di un Villaggio o di ciò che pensano gli altri. Voglio poter ridere quando voglio ridere, piangere quando sento di doverlo fare, arrabbiarmi quando sono arrabbiato! Essere me stesso, senza mai tradire né me, né chi mi ha aiutato a capire questo.”
Aaaah…le cose erano così facili un tempo. Crescere gli aveva complicato un bel po’ la vita e da quando era Kage il tutto si era ulteriormente incasinato. Certe volte avrebbe voluto chiudere gli occhi, riaprirli e ritrovare il mondo capovolto, mentre cadeva da quell’albero ancora una volta, in modo da rivivere tutto daccapo. Ma era solo una chimera. Il Ninjutsu era riuscito a raggiugere picchi incredibili, ma riavvolgere il tempo…quello ancora no. Soprattutto se era solo per ritardare l’inevitabile.
E quindi eccolo lì. A farsi persuadere abilmente da colui che solo possedeva la possibilità di riuscirci. Aveva creato l’atmosfera giusta, portandolo nel posto giusto…Per il resto non è che dovesse sforzarsi troppo ad essere sensuale, gli veniva talmente naturale che a volte Yu lo invidiava. Però c’era qualcosa di diverso nel suo approcciarsi a lui sta volta. Lo avvertiva nella voce, mentre gli parlava suadente, in quella carezza che dolcemente gli disegnò il volto, nel mistero profondo di quello sguardo magnetico, nella stretta che avvolse le sue mani…ma, soprattutto, in quel bacio. Così lento, passionale ed erotico, che però comunicava anche un bisogno che andava al di là del desiderio carnale.
Nonostante tutti i dubbi che aveva, il Rosso non si tirò indietro a quella manifestazione d’affetto. Si fece travolgere e travolse a sua volta, certo che come lui poteva intuire i pensieri tumultuosi di Takumi, anche lui potesse fare altrettanto. E fu nel tentennamento che seguì quell’effusione che Yu comprese che il momento che temeva e bramava al tempo stesso era arrivato. Quello in cui Takumi avrebbe rivelato chiaramente ciò che intendeva dire, ciò che in cuor suo il Rosso aveva già intuito e che aveva scatenato in lui quella serie di dubbi, domande, perplessità commiste al desiderio stretto e serrato di non essere chi era, e poter dire “Sì!” senza neanche pensarci due volte.
Gli si seccò la gola quando la voce del castano ruppe quel silenzio. Gli occhi chiari cercarono quelli del compagno, confusi, mentre la testa cercava in tutte le maniere un modo per sottrarsi a quella decisione. E si sentiva sporco, a farlo. Sbagliato. Perché davvero con tutto il cuore avrebbe voluto solamente accettare, abbracciando il castano, baciandolo e fottendosene di tutto il resto. Cazzo, Takumi gli stava chiedendo di vivere assieme! Lo stava pregando di non rifiutare con tutto sé stesso e lui che faceva? Cercava ancora un modo per guadagnare tempo.
Non mi pare di aver mai detto di volermene andare. Commentò, nell’intento di alleggerire l’atmosfera. Senza contare che, in questo modo, perderesti l’opportunità di trascinarmi qui di peso dall’ufficio… Pensieri sfusi, a ruota libera, come se cercasse di riempire quel vuoto, di ritardare il momento in cui avrebbe dovuto dare la sua vera risposta. O magari no. In effetti potrebbe essere necessario lo stesso…Proprio per questo non penso cambierebbe molto da ora. Ci ragionò. Alla fine sono più le notti che passo da te che quelle che passo a casa mia. Esattamente. Cosa c’era di diverso da ora? Solo un domicilio. Assurdo, stava iniziando a confutarsi da solo. Forse la cocciutaggine della sua parte razionale cominciava a subire qualche contraccolpo, perché per un momento decise di lasciarsi andare. Sorrise, alzando gli occhi al cielo trapunto di stelle. Guardando lassù, come se lì ci fosse la fonte per avverare quel desiderio. Sarebbe bello. Ammise candidamente. L’idea di vivere con Takumi gli dava una sensazione di calore, più di quanto potesse fare l’acqua dell’onsen in cui erano. Era un calore diverso, che proveniva da dentro. Piacevole come stare accanto ad un caminetto con un fuoco scoppiettante. In un mondo ideale avrebbe detto “Sì” subito. Invece in quel loro mondo imbrattato di sangue, zoppicante e costantemente in agguato per fotterti, non poteva essere così. Gli occhi tornarono su quelli di Takumi e c’era una profonda tristezza in quelle pozze chiare. Però potrebbe essere pericoloso, lo sai questo. Io potrei diventare facilmente un bersaglio, finendo per coinvolgerti. Oppure potrebbero usare te, per arrivare a me. L’idea che la vita di Takumi potesse essere a repentaglio a causa sua, lo attanagliava. Era probabilmente questo che lo preoccupava più di ogni altra cosa. Quello che non gli aveva permesso di dare quel “Sì” di slancio che lo Yu non Mizukage avrebbe dato. Però la verità era che non aveva nemmeno rifiutato…come se cercasse nel castano la risposta a quelle sue paure, nella stretta di quelle mani a cui si ancorò come se non volesse lasciarle andare.