Takumi riusciva sempre a farlo sentire come un bambino di fronte ad una bancarella di dolciumi o balocchi. Come se fosse perfettamente in grado di capire di cosa avesse bisogno e quando…meglio dello stesso Yu. Se n’era accorto presto, il Rosso, che essere Mizukage aveva il suo prezzo. E non si trattava solo del peso delle responsabilità, dello stress, ma anche della paura di non riuscire a dedicare abbastanza tempo a chi amava. Era un macigno che gli pesava dentro ogni volta che incrociava Takumi nei corridoi del Palazzo. Un mostro, dotato di denti aguzzi e di spire strette che lo divorava dall’interno, giorno dopo giorno. Sebbene sapesse di star facendo del proprio meglio, se ne rammaricava. Era difficile. Difficile, estenuante e frustrante più delle mille notti passate a studiare sulle pergamene e le mappe, per decidere come agire. Si sentiva un verme nei confronti del castano e, al tempo stesso, derubato di una parte della sua vita che, precedentemente, aveva molto più spazio, mentre ora…ora era relegata in un cantuccio, ritagliata in quei rari momenti in cui aveva del tempo libero. Una bella merda.
Forse Takumi lo aveva intuito. Forse era per questo che quella sera l’aveva rapito dalle proprie preoccupazioni e portato in quel luogo. Però in qualche modo sentiva che avrebbe dovuto trovare il momento giusto per scusarsi con lui. Anche se non era sicuro di avere una vera e propria colpa. Magari ce ne sarebbe stato il tempo quella sera, ma non adesso.
Adesso voleva godersi quella piacevole sensazione di tornare indietro, a quando era solo Yu. Un dono che quasi solo Takumi aveva la capacità di donargli. Tra gli esseri umani, s’intende.
Kurama, conoscendo tutti gli anfratti della sua anima, non aveva mai cambiato modo di rivolgersi a lui. Era sempre il “ragazzo” di anni prima, nelle sue parole. Più maturo, più uomo, certo…ma di fronte a un demone millenario non poteva che essere un giovanotto, un cucciolo d’uomo. E il Rosso era più che felice di questo. Essere quello a cui tutti si rivolgevano quando avevano dei problemi o cercavano delle soluzioni - portandone raramente con sé - da un certo punto di vista lo faceva sentire fiero, però a volte avrebbe voluto gridare.
Per fortuna quando stava per raggiungere il punto di saturazione, c’era sempre qualcuno che fungeva da valvola di sfogo…ognuno in maniera diversa. Questa volta - come molte altre - era stato Takumi. E francamente non vedeva l’ora di immergersi in quelle acque bollenti, chiudere gli occhi e lasciare che i problemi, per un po’, fuggissero via assieme al vapore dell’onsen.
Quindi si illuminò al via libera del padrone di casa, che sarebbe andato a prendere qualcosa per rendere la serata ancora più speciale, prima di unirsi a lui.
Non me lo faccio ripetere due volte, allora. Ridacchiò mentre le mani del più grande gli facevano scivolare via il mantello dalle spalle. Se mi dai il permesso così, sarebbe da sciocchi perdere tempo. Ti aspetto in acqua.
Sorrise furbo, mentre Takumi si allontanava, iniziando ad avvicinarsi alle postazioni utili per lavarsi. Lì vicino, c’erano dei mobiletti con dei vani, in cui lasciare gli abiti. Mentre iniziava a spogliarsi, si ritrovò a pensare che il castano aveva davvero pensato a tutto…come sempre. Una volta nudo, si diede una mossa. Era una bella serata, ma l’umido e il fresco si facevano sentire se non avevi assolutamente nulla addosso. La doccia aiutò a lenire la sensazione. Si lavò per bene, come voleva l’etichetta…quindi, una volta ben sciacquato, capelli compresi, si immerse lentamente nell’onsen. Sebbene non avrebbe dovuto farlo, in quei primi attimi, tenne i capelli sciolti, in un moto di rilassamento completo. Ah, l’acqua era spettacolare. Chiuse gli occhi e appoggiò il capo ripiegandolo indietro, sul bordo della vasca dove aveva posizionato il proprio asciugamanino richiuso. Kami era come rinascere…sospirò piacevolmente, godendosi quei primi attimi, mentre si abituava al calore dell’acqua, il corpo si rilassava e la mente si zittiva.
Riaprì gli occhi solo quando sentì i passi di Takumi in avvicinamento. Si volse verso di lui, vedendolo arrivare con un vassoio su cui erano adagiate due guinomi e una tokkuri fumante. Il profumo del sakè si sentiva già ed era di ottima qualità, così come quel set in ceramica. Splendido, marmorizzato verde scuro, nero e bianco…in un miscuglio piacevole, con decorazioni in oro che ricordavano l’arte del kintsugi. Gli si aprì un sorriso enorme sul viso, ricordandosi poi, solo in quell’istante, di avere ancora i capelli maleducatamente sciolti. Iniziò a raccoglierli, seguendo i movimenti di Takumi che posava il vassoio a bordo vasca, per poi iniziare a spogliarsi proprio lì, davanti a lui.
Lo osservò avido, divorando ogni lembo di pelle che veniva liberato dai pezzi del kimono, carezzando con lo sguardo le linee disegnate perfettamente dagli indumenti da battaglia attillati che vestiva sotto lo stesso. Nemmeno quando slegò coi denti il laccio che aveva annodato al polso, smise di seguire i movimenti deliberatamente lenti del compagno. Ma sperò che quel suo atto, coprisse il proprio deglutire a vuoto.
Oh sì. rispose alla domanda sibillina di Takumi, finendo di acconciarsi i capelli in modo che non toccassero la superficie della vasca. L’acqua è deliziosamente calda. Non gli diede il sazio di sentirsi adulare, non subito almeno, ridacchiando tra sé al ribattere sostenuto del più grande. Salvo poi ravvedersi nel momento in cui questi stava per entrare in acqua. Ehi! Fece, bloccandogli il piede a mezz’aria. Non stai dimenticando nulla?
Chiaro che Takumi non vedesse l’ora di stare con lui, ma dimenticarsi le buone maniera non era proprio nel suo stile. Infatti si ravvide subito, andando a lavarsi alle postazioni. Yu lo seguì con gli occhi, rimanendo ammollo, indugiando sul suo corpo neanche troppo velatamente. Le cicatrici sulla sua schiena lasciategli dal padre erano ancora ben visibili, slabbrate e frastagliate…incapaci di guarire completamente come ad indicare che la ferita nel suo animo non fosse ancora stata sanata.
Allora? Come mai hai deciso di fare questo acquisto? Gli piaceva osservare il compagno mentre si lavava, mentre lo osservava da sopra la spalla nell’atto di sciacquarsi il collo con movimenti lenti e seducenti. Avrebbe potuto farlo per ore, ma era curioso. La vecchia casa aveva dei problemi? Mi pareva che ti ci trovassi bene e che i vicini non fossero poi così problematici da essere causa di un trasloco.
Tuttavia le risposte di Takumi furono fin troppo vaghe ed evasive. Abbastanza da far assottigliare sospettosamente lo sguardo del Rosso e fargli mettere su un broncio adorabile, accompagnato da un Ah, è così eh? che, comunque, non riuscì a mantenere per molto. La verità era che non gli importava poi così tanto il perché. Era incuriosito, certo, ma nulla di così trascendentale che potesse superare il desiderio di avere la possibilità di passare del tempo col castano. Tant’è che attese solo il momento in cui anche Takumi entrò in acqua prima di arricchire quelle domande, con una ben più rilevante per la serata.
Lasciò che il compagno, si sedesse nella vasca, prima si scivolare a cavalcioni sopra di lui, abbassando la voce e rivolgendoglisi con un tono e uno sguardo del tutto differente.
Ogni volta che penso di non poterti amare più di così, tu mi smentisci sempre. Chiosò, osservando gli occhi profondi del compagno e cadendo di tanto in tanto sulle sue labbra, senza però ancora sfiorarle. Come fai? Puoi rispondere almeno a questo?