Furono istanti interminabili quelli che videro quel grido straziante riverberare all’interno della grotta. Le sue eco lo rincorrevano, rinnovandosi di secondo in secondo, facendosi sempre più inquietanti, sempre più stonate in quel sovrapporsi di toni diversi e dissonanti. Era come quel gelo…sì, quell’urlo insopportabile riusciva a farlo tremare da dentro, facendogli percepire tutto il dolore che la hone-onna stava provando in quel preciso istante. Un miracolo che Hisakata non si stesse svegliando! Era qualcosa di inumano, che, per quanto breve, parve durare un’infinità, così come quel bagliore accecante che non permetteva di vedere cosa stesse accadendo proprio lì, dove Yu era poco prima d’essere scagliato lontano. Steso a terra, cercava di proteggersi da quella luce...Avrebbe voluto proteggersi anche gli orecchi, ma non aveva quattro mani, tuttavia fu proprio grazie a questo che udì il segnale dell’inizio della fine di quel tormento. Un rumore metallico, uno sferragliare famigliare di qualcosa che cadeva a terra. Kenmaki, poco prima rimasto conficcato nell’armatura di Izumi. Fu allora che il fulgore che tutto divorava con quella sua bianca presenza, iniziò piano piano a ritirarsi. Si affievolì, come la fiamma di una candela che non aveva più nulla da consumare, fino a spegnersi completamente, rivelando una scena a cui nessuno dei presenti era pronto ad assistere.
Qualsiasi dubbio sul fatto se Takahiro fosse riuscito o meno a raggiungere l’animo di Izumi, venne spazzato via come quella luce e rimpiazzato da ciò che ora Yu e Aoi avevano davanti. L’armatura ossea della hone-onna era in pezzi, ai piedi dei due amanti. Izumi era tornata quella che era, biondissima e bellissima stretta tra le braccia di Takahiro. Finalmente di nuovo insieme, senza nessun artifizio. Izumi era Izumi, lo si capiva dallo stupore con cui fissava il ragazzo. E Takahiro era lo stesso che Hisakata aveva aiutato ad uscire dall’influsso dello yōkai. Ci fu un momento molto tenero tra di loro, qualcosa che avrebbe dovuto appartenere solamente ai due amanti…senza spettatori di sorta, ma le circostanze non lo permettevano. Izumi scoppiò in un pianto commisto tra gioia e dolore, consolata dalla presenza del proprio amato e dalle sue parole. Poche, essenziali, ma non c’era altro da dire.
Sospirò Yu, sollevato, cercando di mettersi seduto contro ad un masso lì vicino. Vi si trascinò stancamente, dando un po’ di sollievo a quelle membra rimaste tese per tutta la durata del combattimento. C’erano riusciti.
Non stette lì a fissare, era convinto che quei due avessero bisogno di un attimo di intimità, per quanto dei fantasmi potessero averla, quindi chiuse gli occhi, cercando di regolarizzare il respiro e il battito del suo cuore, interrogando il suo stesso corpo sulle sue condizioni di massima. Non era messo benissimo, ma nemmeno era grave. Le ferite inferte da Izumi erano tante, ma nessuna così profonda da avergli causato danni ingenti. Anche quella alla testa, per quanto sanguinasse come solo i Kami avrebbero potuto dire, non era poi così male. Era la testa, normale stillasse così. Dai, ancora poco e avrebbe potuto tornare a casa e mettere una parola fine a quella faccenda…a TUTTA quella faccenda.
Fu solo la voce gentile di Takahiro a distoglierlo da quel momento di riposo. Si sentì chiamato in causa e aprì gli occhi, volgendoli verso quelli blu dello spirito che li stava ringraziando.
Era mio dovere.
Fu la stanca replica dello Shinobi che, tuttavia, non si perse quella vena di rammarico nelle parole del musicista. Rammarico spiegato giusto un attimo dopo. Come ovvio, a posteriori si analizzava cos’era accaduto, chiedendosi cosa sarebbe successo se..? Takahiro era un ragazzo. Come tutti, anche lui aveva avuto quel pensiero, ma la maturità con cui ammise di non poter uccidere suo fratello fu encomiabile. Gli sorrise Yu, un sorriso amaro, ma gentile: capiva benissimo cosa provasse. Peccato che suo fratello non fosse stato del suo stesso avviso. Toshiro non si era fatto problemi, nessuno scrupolo nello strangolare il sangue del suo sangue, guidato dalla pura gelosia. Che storia triste. Era abituato Yu a non poter salvare tutti…gli Shinobi non erano eroi, lo sapeva bene, tuttavia gli dispiaceva comunque per quella coppia. In vita il loro legame era talmente forte, che era perdurato anche dopo. Da un certo punto di vista era bello.
Quando spostò gli occhi sulla giovane Izumi, ora non più velata di malizia, questa si scusò. Una parola sola, senza tanti giri. D’altronde non c’era altro da dire.
Yu accettò quelle scuse. E fu proprio mentre annuiva che gli venne in mente una cosa. Yamazaki-san mi ha dato un messaggio da riferirti. Disse, attirando l’attenzione della ragazza. Vuole chiederti scusa per non essere riuscita a proteggerti.
Vide gli occhi di Izumi sgranarsi, il labbro inferiore tremare un poco. Qualche attimo prima che la ragazza replicasse. Per favore, dille di non preoccuparsi e che sono io a chiederle scusa per averla fatta soffrire così tanto. Fece una pausa, in cui fissò Yu a lungo prima di aggiungere. In quanto a te…Grazie per averle creduto.
Il Rosso annuì. Gli sembrava d’essere diventato il postino degli spiriti, ma…andava bene così. Se fosse stato utile ad alleviare le pene di tutti, quanto meno un minimo, l’avrebbe fatto. Anche perché quello, era il preludio dei saluti. Giunsero di lì a poco, dolorosi come solo gli addii sapevano essere, ma conditi da quel filo di speranza dolce amara che dava la forza di andare avanti lo stesso. Tuttavia fu ugualmente penoso. Le parole di Takahiro, la reazione di Izumi…e quel poco che restò di lei, assieme al silenzio in cui piombò la grotta, una volta che i loro spiriti si furono dissolti. Era sbagliato quello che era accaduto a quei due. E improvvisamente Yu ebbe una voglia estrema di vedere Takumi. Tornare a casa, parlarci, scherzarci, toccarlo, baciarlo…fare tutto ciò che poteva, prima che il gioco del destino decidesse che era finita.
Volse gli occhi verso gli Hōzuki nel momento in cui sentì il richiamo sollevato di suo padre. Hisakata si stava svegliando! Si mosse piano il piccoletto, tra le braccia di Aoi. Era pallido, gli occhi piccoli e stanchi come quelli di un bambino che aveva la febbre, palesemente confuso. Ci mise un po’ a dare segni di risposta. Guardò prima Yu, che gli sorrise, e poi suo padre. In quel momento scoppiò a piangere. Piccolo piccolo nascosto nel petto del jonin, sfogò tutto: la paura, la vergogna, il rammarico. Tra i singulti si riconobbero delle scuse. Che sciocco ragazzino…nemmeno si rendeva conto che, senza di lui, probabilmente sarebbero morti tutti. Aoi per un momento sembrò indeciso sul da farsi, su come approcciarsi al bambino. Ma si sciolse un attimo dopo, consolando Hisakata alla sua maniera, mentre col Suiton, liberava entrambi dalla colla. Yu osservò quella scena come poco prima aveva osservato quella tra Izumi e Takahiro, sentendosi un “di più” che non avrebbe dovuto esserci. Non nascondeva, nel profondo, che assistere a quelle tenerezze gli faceva male, ma non lo avrebbe mai ammesso da sobrio. Distolse lo sguardo. Lui non faceva parte di quel quadro. Era solo una macchietta sulla tela. Decise quindi di alzarsi, la sua missione non era finita. Lo fece però in maniera un po’ brusca, tanto che tutto il corpo ci tenne a farglielo notare.
« Ehi, vacci piano ragazzo! Le ferite non sono gravi, ma si fanno sentire. » Alla mancata replica del suo umano, Kurama si preoccupò. « Va tutto bene? »
Una favola.
« …Te l’ho già detto che sei pessimo a raccontare balle? »
Allora se lo sai, non lo chiedere! Sbottò, salvo poi pentirsene subito. Scusami. E’ solo che…inizia a diventare pesante.
« Lo so. » E fu come essere avvolto da una delle sue code. Una sensazione profonda, eppure così reale. « Ma non sei da solo, ricordatelo. Se hai bisogno di una zampa a cui appoggiarti, basta chiedere. Un peso diviso in due, è meno pesante, no? »
Sì, lo è…Arigatō, Kurama.
Si sentì confortato dalle parole della Volpe. Per quanto fosse certo che il demone non comprendesse a fondo le sue turbe, era chiaro capisse il suo dolore. E saperlo lì, a tenere assieme i pezzi della sua anima che rischiava di andare in frantumi da un momento all’altro, era rassicurante.
Prese un lungo respiro, cercando di calmarsi, prima di andare a cercare Kazuki. La pila di cadaveri era proprio davanti a lui, col suo fetore infernale. Un ammasso di corpi accatastati malamente l’uno su l’altro e il giovane figlio del Daimyo era proprio in cima. Yu salì quel poco che serviva la pila di corpi e ossa. Non era molto piacevole dover utilizzare quei cadaveri come appoggio, più che altro perché non era certo al cento per cento che fossero tutti morti, ma la sua missione aveva la precedenza. Prese il corpo di Kazuki, sollevandolo tra le braccia: era dannatamente più leggero di come avrebbe dovuto essere. Posato a terra, controllò subito il battito. Pose l’orecchio sul petto del giovane, senza però sentire nulla. Cazzo. A quel punto passò al polso, ma anche lì gli parve di non sentire nessun battito. Gli restava l’ultima possibilità: il collo. Decise di provare, se non ricordava male era il posto migliore per sentire un battito, specie se debole. Posò le dita sulla pelle di Kazuki. Rimase fermo per alcuni interminabili attimi, prima di riuscire a percepire un debole segnale. Un battito. Debolissimo, appena percepibile sotto le dita. Dopo un’eternità ce ne fu un altro. E dopo del tempo interminabile, un altro ancora. Era vivo! In condizioni critiche, sull’orlo della morte, ma vivo.
La sua reazione fu ovvia. Si caricò in braccio il ragazzo, pronto a tornare in superficie e portarlo alla magione, dove sicuramente c’erano dei medici. Ma prima che potesse muovere un passo, la voce di suo padre lo bloccò suo posto.
Aspetta! Fece. Risaliamo assieme.
Aggrottò le sopracciglia Yu, non ne vedeva la necessità. Avete la vostra missione da portare a termine. Disse, cercando di apparire il meno innervosito possibile. Posso farcela da solo.
Aoi diede un’occhiata alla pila di cadaveri. Era chiaro che lì non ci fosse più nulla di vivo, quindi nemmeno Takeshi…restava solo una cosa da fare per il corpo di uno Shinobi disperso. Distruggerlo. Non ci pensò troppo, l’Hōzuki, prima di soffiare una fiammata sulla pila di corpi. Era la prima volta che Yu vedeva suo padre utilizzare il Katon, rimase per un attimo con gli occhi sgranati, salvo poi tornare con l’attenzione sul padre quando riprese parola.
Soddisfatto adesso? Sospirò. Benché tu non voglia ammetterlo, sei ferito e hai bisogno di una mano per potare indietro quel ragazzo. Il fumo stava già iniziando a spargersi per la caverna. Il puzzo dolciastro di carne e ossa bruciate si diffondeva rapidamente, quasi un ulteriore tacca per incastrarlo, oltre a quelle parole che, per quanto gli bruciasse ammetterlo, erano veritiere. Tu porta Hisakata, è più leggero.
Suo padre gli tolse letteralmente Kazuki dalle mani. E Yu fu costretto ad accettare cosa gli veniva imposto dal jonin. Brontolò qualche cosa simile a Non era poi così pesante... prima di raccogliere l’arma del figlio del Daimyo, pulendone il sangue sui propri pantaloni e rinfoderandola nell’apposita guaina alla cinta del ragazzo. Seguitamente, dal proprio rotolo richiamò la cappa nera, in cui raccolse le ossa di Izumi, chiudendo bene con un nodo, prima di tornare a sigillare il tutto. Solo a quel punto, raccolto Kenmaki e sistemato sull’alloggiamento lombare, in orizzontale, invece che sulla schiena, si avvicinò al piccolo Hisakata, accucciandosi di fronte a lui perché gli salisse sulle spalle. Il ragazzino, benchè debole, ubbidì, ancorandosi a lui attorno al collo con le braccia e alla vita con le gambe. Sì…in effetti era leggermente più leggero di Kazuki, ma non lo avrebbe mai detto apertamente di fronte ad Aoi. Anzi, la sua intenzione era e rimaneva quella di fare come aveva detto lui fino a quando non fossero tornati in superficie. A quel punto le loro strade si sarebbero divise e lui sarebbe corso dal Daimyo.
Sulla via del ritorno, col dolce peso dell’ignaro fratellino sulla schiena, Yu si sentì in dovere di parlargli per ringraziarlo. Era chiaro che se non fosse stato per lui, non sarebbe sopravvissuto nessuno. Anzi…anche se era dura ammetterlo, la sua stessa missione sarebbe fallita se non fosse stato per l’aiuto sia di Hisakata che di Aoi. Quindi, anche se a quest’ultimo non aveva molta voglia di parlare, almeno al ragazzino qualcosa la voleva dire. Fosse stato anche solo per cercare di alleviare quel rammarico che magari non lo avrebbe abbandonato subito - difficile a botta calda - ma forse tra qualche giorno, quando le idee gli si fossero schiarite.
Grazie, mi hai salvato Hisakata. Disse, senza alcuna premessa, mentre marciava verso la pozza d’acqua. Se non fosse stato per te, probabilmente Izumi mi avrebbe ucciso.
Ho solo cercato di rimediare…
Sembrava ancora bello abbacchiato. Eeeeh…solo rimediare, eh? Gli diede un colpetto alzando la spalla. Tuo padre ti ha mai spiegato perché i migliori sono tali?
Uhm? No…
No, eh? Ebbe la certezza, per qualche motivo, di aver catturato la sua attenzione. Beh, è semplice, perché sanno rimediare ai propri errori, per questo sono i migliori.
Pensavo che i migliori fossero quelli perfetti, che non commettono mai nessuno sbaglio. Io…non sarei dovuto venire.
Chissà perché non si stupiva affatto la pensasse così? Sono tutti bravi quando va tutto liscio. Ma è quando ci sono degli imprevisti, quando si sbaglia e si riesce ad uscirne comunque, che si vede chi è veramente bravo. Gli sarebbe piaciuto capisse che buona parte del merito era sua, ma comprendeva che la ferita fosse troppo fresca ancora e che il bicchiere agli occhi del piccolo Hisakata fosse ancora mezzo vuoto. Sul fatto che non saresti dovuto venire…non si può dire sia proprio colpa tua.
E’ colpa mia. Replicò subito. Ho insistito e mio padre non sa dirmi di no. L'ho notato qualche tempo fa e so fare leva sulla cosa. Forse è a causa di quello che è successo in passato e di cui non parla mai, nemmeno con la mamma.
Rimase in silenzio per diversi istanti. Non sapeva cosa rispondere…non aveva nemmeno idea di cosa parlasse, ma ci tenne lo stesso a dire Non lo so. E stava per aggiungere dell’altro, ma erano arrivati alla pozza. Ah, eccoci qui. Dobbiamo immergerci Hisakata, sei pronto? Ti direi trattieni il fiato, ma…sei un Hōzuki. Ridacchiò. Lo tratterò io per entrambi.
Si tuffò. La via del ritorno fu più semplice, nonostante il “carico”. Forse perché ora non c’era più quel peso sull’animo di sapere quel ragazzino in pericolo. L’unico punto complesso fu la fenditura. Aoi fece fatica a far passare Kazuki - opportunatamente equipaggiato dall’uomo con una bolla d’aria per farlo respirare - ma passato quel punto, risalire fu una passeggiata.
Yu e Hisakata ebbero meno problemi. Il ragazzino era minuto, aiutarlo a passare non fu per nulla difficile, tanto che prima che se ne rendessero conto, erano sulla riva del fiume, fuori dalle sue acque gelide. La stessa riva dove Izumi perse la vita.
Fu dopo essersi asciugato col Suiton che Yu, si prese il tempo per fare un gesto gentile. Evocò le ossa di Izumi, opportunatamente avvolte nel suo pastrano nero, e le sotterrò proprio lì sulla riva. Scavata a mano una piccola buca sul suolo argilloso, vi depose i resti della ragazza per poi ricoprirli, ponendo alcuni sassi uno sull’altro proprio sopra la tomba.
Si rialzò, indossando il pastrano e pulendosi le mani sui pantaloni, prima di rivolgersi ai suoi due colleghi.
Hōzuki-san, Hisakata. Fece, guardando prima suo padre e poi il giovane genin, seduto appoggiato ad un albero. Vi ringrazio di tutto. Sarebbe stato impossibile uscirne vivi senza il vostro aiuto. E’ stato essenziale. Un saluto molto composto, quasi freddo…almeno nei confronti del padre. Ma la mia missione non è finita ancora. Devo fare delle ultime cose al villaggio, quindi vi saluto qui. Si inchinò al jonin, rapidamente, prima di avvicinarsi al fratellino, accucciandosi per raggiungere la sua altezza. Noi ci vediamo a Kiri per quel melonpan, d’accordo? Ammiccò con l’occhio, per poi scompigliare i capelli del più piccolo.
Si caricò quindi Kazuki in braccio. Doveva assolutamente portarlo alla magione quanto prima. I medici del Daimyo avrebbero saputo cosa fare per riportarlo tra i vivi. Dopo di che sarebbe andato a chiudere per sempre quella storia, arrestando il vero colpevole della morte di Takahiro e Izumi, rendendo loro giustizia…e restituendo la dignità a Yamazaki-san, bollata come pazza solamente per insabbiare la verità. C’erano ancora diverse cose da fare, in effetti, era meglio darsi una mossa! Balzò via, verso la dimora del Daimyo, e nel farlo, diede un’ultima occhiata dietro di sé, a suo padre e Hisakata, chiedendosi se davvero avrebbe mai rivisto il fratello al Villaggio…o se quella sarebbe stata l’ultima volta.
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