Chiisai nozomi ちいさい のぞみ - Un desiderio molto piccolo, Role libera per Lucifergirl88 (1°pg) e BloodyRose (2°pg)

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view post Posted on 26/1/2020, 23:28     +1   -1
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Se avesse ceduto ai suoi desideri, prendendo possesso delle sue labbra e soccombendo a quell'istinto primordiale suscitato da un sentimento che per lui equivaleva a un logorante mistero, avrebbe sicuramente rovinato ogni cosa. Yūzora non era ancora pronto a lasciarsi andare. Lo avvertiva nei suoi sguardi rapiti eppure intimamente sorpresi e lo intuiva nel suo sviare determinati argomenti che la sua mente considerava taboo. Era come se il suo cuore cercasse di gridare qualcosa nel momento in cui le sue attenzioni lo raggiungevano, mentre la sua mente, ancorata a una precisa percezione di se stesso, lo costringesse al silenzio. Non era difficile comprenderlo, dopotutto. Non per lui che aveva letto e piegato così tante persone durante il suo percorso, servendosene soltanto per un tornaconto personale o semplice trastullo momentaneo. Quello che era difficile capire era perché non spingesse per spezzare quelle catene, come aveva fatto con molti altri. Come poteva il becero timore di vederlo allontanarsi da lui bloccarlo a tal punto? Da quando era diventato un codardo? O forse era soltanto preoccupato per se stesso? Dopotutto l'ultima volta che aveva lasciato aperto uno spiraglio nel suo cuore aveva finito per soffrire. Non voleva provare ancora quel dolore. Eppure, nonostante tutti i ragionevoli dubbi su quella curiosa situazione sentimentale, fu dannatamente difficile staccarsi da lui e distruggere quel contatto così intimo che era riuscito a creare.
Fu sorpreso nel sentirsi tirato dietro dalla presa salda del compagno dalla chioma fulva, che sorprendentemente fece in modo che il suo capo lo raggiungesse di nuovo. Di nuovo tremendamente vicini, con le loro teste a contatto e il suo respiro a pochi centimetri dal suo orecchio. Socchiuse gli occhi per un breve istante, mentre una sensazione di tranquillità sostituiva quella della semplice sorpresa, specialmente quando il compagno prese a parlare. E lo fece sorridere. Quelle erano le parole più belle e più importanti che gli avessero mai rivolto, e il fatto che fosse proprio quel piccolo angelo dai capelli rossi ad avergliele dette rendeva la cosa ancora più incisiva. Si sentiva un po' perso, come il bambino che era allora, ma che invece di esser trascinato via veniva tenuto stretto in un abbraccio caldo. Volse appena lo sguardo smeraldino in direzione del compagno, con un sorriso tanto dissacrante ma altresì perfetto pennellato sulle labbra.
Nessuno mi aveva mai detto una cosa del genere.. gli rispose ridacchiando un po', desideroso di raggiungere quel viso tanto bello con la sinistra, per toccarlo ancora, per sentire la sua pelle. Ma si, capisco cosa intendi. E sai una cosa? Non mi dispiace affatto essere l'unico a poter vedere quella luce. Almeno sono sicuro che nessuno potrà mai oscurarla, finché sarò io a poterla custodire. Nemmeno si accorse di quelle improvvise fusa ovattate, tanto simili a quelle che avevano sentito sul ponte della nave, scatenate da quel bacio tanto inaspettato sul capo. L'osservò un po' confuso sorridere sincero e un po' imbarazzato, per poi sciogliersi anche lui in un sorriso. Senza nemmeno rendersene conto, quel ragazzino era riuscito a fargli un regalo tanto grande quanto significativo nonostante lui non sentisse di aver fatto nulla nei suoi confronti, al contrario di quanto sosteneva. Avrebbe voluto che quel momento non avesse fine.
Alla fine, con quell'aria furbetta che tanto il castano amava, Yūzora prese una delle due barchette ancora adagiate sulla sua mano destra e la rivolse verso il cielo permeato dalla nebbia. 'Come se quel giorno tu sia venuto davvero a giocare con me.' aveva detto. Con lo sguardo osservò dapprima la barchetta fra le mani del compagno, poi quella nella sua mano. Sorrise e seguì il suo esempio, protendendolo in avanti similmente a come aveva fatto lui.
Un legame indissolubile, eh? sussurrò, contento di quel momento di pura serenità. Aveva ritrovato il suo piccolo salvatore ancor prima di rendersene effettivamente conto, divenuto un bellissimo angelo dal sorrisetto furbo; aveva compreso per sua stessa ammissione di avere un posto nel suo cuore, abbastanza importante da consentirgli di esprimere con maggiore senso di tranquillità quello che provava. Come poteva non essere felice di tutto quello? Ah.. questa sera ti andrebbe di venire con me? Ci sarà un festa in piazza, con bancarelle, lanterne e spettacoli di ogni tipo. chiese dunque dopo qualche attimo di silenzio, abbassando la barchetta e guardandolo dritto negli occhi con quel suo sguardo penetrante e dannatamente enigmatico. Se avesse accettato, quella sera avrebbe studiato un modo per potersi scavare un altro piccolo posticino all'interno di quel cuore tanto puro, più profondo e intimo.

 
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Non faceva quasi mai quel genere di discorso, tremendamente aulico, tremendamente lontano da quell’ammasso intrecciato d’istinto e ragione che lui era. Eppure in quel momento aveva sentito come il bisogno di sottolinearlo, di dirlo nella stessa lingua del compagno perché lui capisse meglio, per non doverlo ripetere ancora in quanto estremamente imbarazzante. Gli sembrava di essere stato piuttosto chiaro quella volta sulla nave, ma evidentemente a Takumi le cose andavano ricordate una volta ogni tanto…e il vetro attraverso cui guardava, pulito. Solo che ciò che lui normalmente avrebbe ridotto ad un “sei importante” o “ti voglio bene, baka” era diventato un qualcosa di molto più simile ai discorsi che gli faceva di solito il castano, proprio perché magari così avrebbe capito meglio e le sue parole sarebbero state più incisive, ricevendo in cambio una buona dose di vergogna che sarebbe stato difficile scollarsi di dosso. Ma sapete una cosa? Non gli importava poi molto. Se il più grande fosse riuscito a capirlo, avrebbe affrontato qualsiasi imbarazzo purchè si ficcasse quel concetto in testa. Non era facile conciliare un istinto che sembrava aver perso la rotta come una bussola smagnetizzata, e una ragione che tutto urlava meno che avesse una qualche rilevanza farsi capire da Takumi. Era un po’ come se Yu stesse litigando con sé stesso per quella cosa, come faticasse lui stesso a capirsi e, di conseguenza, agisse seguendo l’unico senso rimasto più o meno in funzione, benchè a sua volta in confusione.
Ma aveva funzionato. Ne ebbe conferma quando il compagno gli rivolse quel sorriso irriverente, del tutto in contrasto con lo sguardo intenso e la carezza che raggiunse il viso del Rosso. Un tocco gentile come sempre, che riuscì in qualche modo a fermare la bussola impazzita dell’istinto e a mettere a tacere le grida della ragione. Un lago piatto e tranquillo in cui tutto sembrava avere un senso, anche se apparentemente non c’era. Yu ascoltò la risposta del più grande in silenzio, senza staccare gli occhi dai suoi, come se dentro quelle pozze verdi potesse trovare la risposta a quell’orchestra sconclusionata che si ritrovava essere ogni volta in cui il castano gli dedicava quelle attenzioni.


Baka…Per forza nessuno te lo ha mai detto, se tieni tutti a distanza, nessuno può conoscerti davvero. Fece, in un primo momento, salvo poi aggiungere un secondo punto, quello che personalmente preferiva. D’altro canto, può anche essere che tu non abbia mai trovato la persona giusta a cui dare la tua fiducia.

E intimamente, benchè non l’avesse detto, proprio come Takumi era contento d’essere l’unico a poter vedere la luce di Yu, anche il Rosso era felice d’essere il solo a poter guardare oltre l’armatura del castano. O, se non l’unico, uno dei pochi. Non lo disse, ma lasciò quelle parole sigillate nel bacio che gli diede sul capo, poco prima di essere sopraffatto dall’imbarazzo, che tuttavia non gli impedì di sciogliersi in un sorriso, ricambiato dal compagno, prima di fare quella specie di dedica, alzando la barchetta verso il cielo plumbeo, seguito poco dopo anche dal castano. Un gesto infantile che tuttavia riusciva a contenere tutto il significato di quel cerchio ora finalmente chiuso. Un cerchio che aveva corso attraverso anni, in direzioni diverse, per ognuno di loro, allontanandosi dal punto in cui le loro strade si erano incrociate, fino a tornare finalmente a percorrerle uno accanto all’altro. Per quanto? Non importava. Erano Shinobi, avrebbero potuto lasciarci le penne da un giorno all’altro, ciò che davvero aveva senso era godersi il giorno che stavano calcando adesso. L’ora. Il presente. Questo e nient’altro. Forse per questo, dopo pochi istanti, Takumi, seguito da Yu, abbassò la barchetta invitando il più piccolo a vedersi anche quella sera. Approfittare del tempo finchè potevano, finchè erano lì entrambi. E poi francamente, per come gliel’aveva messa giù, il Rosso non avrebbe mai e poi mai rifiutato!

Mh? Una di quelle dove si va vestiti tradizionali? Quello forse era l’unico punto dolente, perché per tutto il resto…Yu adorava quelle fiere! C’erano colori bellissimi che accendevano la notte. Da piccolo non ci era andato molto spesso, stava recuperando ora, e l’idea di passare una sera, in una festa come quella, in compagnia di Takumi, gli piaceva davvero un sacco! Tant’è che non attese nemmeno l’effettiva risposta, prima di confermare la propria presenza. Certo che ci vengo! Ci vediamo a casa da te? A che ora?

« Yu, mi dispiace disturbare il momento…ma non lo senti questo rumore? »
Che rumore? Ci volle qualche attimo perché la concitazione di quegli attimi gli permettesse di concentrarsi su ciò che Kurama voleva che sentisse. Ma alla fine, quel profondo ronfare, del tutto simile alle fusa di un gatto, fu chiaro anche agli orecchi di Yu. Oh…questo. Mi pare di averlo già sentito.
« Sulla nave. Sempre in compagnia di LinguaLunga. »
Ma è normale che un essere umano faccia le fusa? Voglio dire…è parecchio strano.
« No, non lo è. »
Avevi detto che me ne avresti parlato a tempo debito. Centra con quel sospetto che avevi, vero? E’ da quando ci ha raccontato di quel suo sogno che qualcosa ti ronza in testa.
« Diciamo di sì. Ma resta ancora solo un sospetto. Molto grosso, ma solo un sospetto. »
Che tipo di sospetto?
« …nulla di cui ti debba preoccupare adesso. Continua a fare solamente quello che ti ho chiesto quel giorno. »
Tenerlo d’occhio.
« Esatto. »

Ricordava bene la sagoma indistinta del felino di fuoco blu che aveva visto sfiorando i pensieri di Kurama quella sera sulla nave, quando per la prima volta lo aveva messo in guardia circa Takumi. Forse uno dei fratelli di Kurama era proprio lì, nascosto nell’anima del castano. Forse lui manco ne era cosciente ancora e, forse, da bravo felino, quel bijuu non stava attendendo altro che un momento in cui Takumi avrebbe abbassato la guardia, prima di saltargli addosso. O magari no. Magari erano solo un mucchio di strambe coincidenze. Fatto stava che allarmare inutilmente l’amico era l’ultima cosa da fare. Sia per evitare che si agitasse, sia per non smascherarsi a propria volta…magari erroneamente. Meglio tenere a mente la cosa, ma comportarsi come sempre. Non c’era nulla di certo. Era solo aria fritta. Supposizioni di Kurama su dettagli notati un po’ qui e un po’ lì. Solo il tempo avrebbe definito la realtà dei fatti. Non voleva che quella giornata venisse intaccata da quei pensieri, né per lui, né per Takumi stesso. E come quella, quelle che sarebbero venute.

 
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view post Posted on 12/2/2020, 17:46     +1   -1
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Sorrise sornione all'affermazione del compagno dalla chioma fulva circa quel suo tenere tutti a debita distanza, poiché in effetti era quello che accadeva. Non era di suo gradimento che chiunque conoscesse, per anni, mesi o per la durata di una manciata di minuti, trovasse terreno fertile per intrufolarsi liberamente nella sua sfera personale e trovare di conseguenza il punto debole in cui piantare un kunai, un domani. Perché era questo che succedeva, spesso e volentieri. Attraeva persone per il suo talento, per il suo bell'aspetto e quell'aria misteriosa di cui si faceva forte, ma non appena le aspettative venivano disilluse ecco che in qualche modo annaspavano per cercare di ferirlo nel profondo. Ed era assolutamente spassoso vederli provare con tanto impegno e, nonostante tutto, fallire miseramente nell'intento, ritrovandosi poi a essere attaccati e feriti a loro volta in maniera decisiva. E poi a chi importava di come fosse veramente? La maggior parte della gente che lo approcciava voleva semplicemente approfittarsi di qualcosa. Ma contrariamente a quanto poteva dirsi di tutti, Yūzora non era affatto così. Non era un profittatore scontrato per strada in cerca di un favore di qualsiasi natura. Lui non l'aveva approcciato volutamente, non l'aveva cercato per qualcosa di specifico. Quasi non si prendevano vicendevolmente a cazzotti in faccia il giorno in cui si conobbero! Ma nonostante tutto, nonostante fosse stato volutamente odioso pure con lui, tediandolo, scroccandogli un pranzo e cercando di fargli saltare i nervi per divertirsi un po' alle sue spalle, era rimasto. Era rimasto al suo fianco, a discapito di tutto e di tutti. Si. Forse cercava davvero con quel suo atteggiamento qualcuno di cui potersi fidare, qualcuno con cui poter essere semplicemente quel se stesso che sin da bambino gli era stato negato. E quel qualcuno l'aveva proprio trovato, quel lontano giorno, nel parco avvolto dalla nebbia.
Non nascose nemmeno un briciolo della felicità che il suo aver accettato gli aveva suscitato nel profondo. Non poteva. Lo sguardo smeraldino colmo di eccitazione che gli aveva rivolto e quel sorriso spontaneo pennellatosi sulle sue labbra non lasciavano spazio a dubbi.
E' deciso allora. fece eco con un pizzico di entusiasmo, mentre quel rumore continuo e rassicurante continuava risuonare a sua insaputa, troppo concentrato in altro per poterci fare caso. Vieni a casa mia al calar del sole. Sarà una serata indimenticabile, fidati di me. affermò con un pizzico di malizia, sollevandosi da terra e stiracchiandosi come un gatto dopo ore d'immobilità. Era deciso quella sera a lasciarlo a bocca aperta e non soltanto per la bellezza della fiera, delle attrazioni e dei regali che sicuramente gli avrebbe fatto girando fra le bancarelle. Quella sera voleva che quei suoi occhi verdi fossero piantati sui suoi, senza alcuna distrazione, senza alcuna remissione. Gli porse cordialmente la mano per aiutarlo a sollevarsi a sua volta e nel tragitto del ritorno lo accompagnò sino a metà del percorso, parlando di quella sera, di come si sarebbero dovuti vestire, di quello che avrebbero fatto. Non vedeva l'ora che arrivasse quel momento.

Deciso più che mai ad attrarre in maniera convincente ma non eccessivamente marcata quel piccolo angelo rosso, decise di indossare quello. Era un bel completo tradizionale, elegante ma non eccessivamente ricco da distogliere l'attenzione. Fece una doccia rapida dopo aver terminato di pulire e spostare la tela oramai asciutta, dopo aver strofinato il pavimento sporco di goccioline quasi invisibili di colore e messo a lavare la sua seconda divisa da lavoro - un vecchio yukata bianco variopinto da diverse macchie di colore che oramai non andavano via. Yūzora sarebbe arrivato a momenti, quindi era il caso di vestirsi e di farsi trovare pronto, almeno per quella volta. Con eleganza fece scivolare sulle spalle nude l'abito d'un rosso intenso ma non brillante, finemente decorato con motivi astratti e floreali delle tonalità del giallo, del verde e dell'arancio nei risvolti e principalmente nella parte bassa della veste, legandola con un semplicissimo obi marrone scuro appena percettibilmente rigato. Quel colore esaltava tantissimo il suo sguardo a causa del forte contrasto e del richiamo dei decori: sarebbe andato bene. Indossò anche un lungo haori del medesimo tessuto e colore dell'obi, decorato sulle maniche e sulle spalle con motivi geometrici astratti e impreziosito da un lungo ricamo color oro lungo i bordi, con ripetute forme romboidali. Avrebbe tenuto i capelli sciolti per l'occasione, come a voler rimarcare il fatto che con il compagno non avrebbe avuto bisogno di alcuna maschera. Sarebbe semplicemente rimasto se stesso, spogliato di qualsiasi costrutto sotto quella veste tanto preziosa da far impallidire persino i daimyo. Fremeva dalla voglia di rivederlo.

 
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view post Posted on 16/2/2020, 15:48     +1   -1
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Arrivato a casa, Yu si lasciò cadere sul letto con un braccio a coprirgli gli occhi dalla luce fioca, filtrata dalla nebbia, che entrava dalla finestra. Doveva fare un po’ d’ordine tra i suoi pensieri…d’altronde di cose ne erano successe quella mattina, in una manciata d’ore. Senza contare che la gamba aveva iniziato a dargli fastidio, una vera fortuna che Takumi l’avesse aiutato ad alzarsi dai gradini della sua vecchia casa, perché altrimenti avrebbe dovuto tenersi sulla vecchia balaustra per issarsi e non era per niente sicuro che quel legno marciulento avrebbe retto. Alla fine era andata bene e il castano non pareva essersi accorto di nulla, nemmeno mentre facevano un pezzo del tragitto assieme. Probabilmente perché era troppo preso dall’entusiasmo per quella sera. L’aveva visto bene il Rosso quel guizzo di felicità nel suo sguardo non appena aveva accettato, luce che aveva continuato a persistere per tutto il viaggio di rientro, mentre il più grande gli parlava della fiera dove sarebbero stati, cosa veniva festeggiato, ma soprattutto cosa avrebbero fatto quella sera e come avrebbero dovuto vestirsi, raccomandandosi più di una volta su quest’ultimo punto. Sembrava veramente un bambino che non vedeva l’ora di andare alle giostre e Yu non era da meno. Quell’entusiasmo di Takumi era letteralmente contagioso, vederlo così era raro, di una rarità preziosa che nemmeno gli passò più per la testa di accennare al fatto delle fusa. Anzi, se le godette a sua volta. Se non prendeva in considerazione il fatto che potessero essere causate dalla presenza di un Bijuu, erano rassicuranti e piacevoli. E anche se l’idea del demone lo sfiorava, in fin dei conti non lo disturbava troppo: lui era lì in fin dei conti, no? Con Kurama accoccolato in un anfratto della sua anima, ma era vivo, vegeto e pur sempre sé stesso. Certo, nessuno era uguale, ma non per questo voleva distruggere il buon umore del castano o il proprio. Perché alla fine, non si trattava solo del più grande, ma anche di lui. Passare il tempo con Takumi gli piaceva, era come una panacea, un balsamo, per tutte le difficoltà che aveva affrontato ultimamente. Quando era con lui non ci pensava e finiva col concentrarsi solo sul presente, divertendosi, rilassandosi, godendosi le piccole cose e concedendosi il lusso di programmarne altre per il futuro. Pur sapendo che, magari, un domani sarebbe stato chiamato in missione e non ne avrebbe fatto ritorno. Ma era proprio questo il punto: farsi una promessa, mettere un punto dieci passi più in là di dove si era ora, era un po’ come dire “non puoi morire fino a quel momento”. Era confortante. E stava iniziando a rendersi conto che, guardando più in là, azzardandosi ad allungare lo sguardo verso il futuro incerto, non c’era più solo la schiena del lungimirante Fuyu, sempre diversi passi avanti. C’era qualcuno al proprio fianco e quel qualcuno era proprio Takumi. La cosa lo confondeva e lo rassicurava al tempo stesso, incapace di darsi una spiegazione razionale laddove forse una spiegazione razionale non c’era.

« Eeeeh, la stai facendo più complicata di quello che è, ragazzo. »
E Kurama sapeva qualcosa, ma si ostinava a non dirglielo. Tu dici? Allora perché non mi illumini?
« Scordatelo, furbetto. Devi arrivarci da solo: se te lo dicessi io perderebbe di valore. »
Quanto sei bacchettone…
« Non sono io a essere bacchettone! Sei tu a non vedere l’ovvio. Tsè, ma tu senti questo. Pensa a me che mi devo sorbire ogni volta queste paturnie, ma mi obbligo a starmene fuori. »
Se me lo dicessi, finirebbe tutto, no? E’ un buon affare.
« S C O R D A T E L O. »
Bacchettone.
« Meglio bacchettone che fingere di non capire. »
COSA?! Io non fingo affatto!
« Ah no? Ne sei proprio sicuro? »

A quell’ultima insinuazione, Yu, non si sentì di rispondere. Per qualche ragione sentiva che se lo avesse fatto, non sarebbe stato sincero, pur essendo convinto di non star fingendo. Chi lo sa, magari quella sera avrebbe capito meglio cosa intendeva la Volpe, pensarci ora era inutile. Tant’è che riuscì a schiacciare un pisolino fino a quando non fu ora di iniziare a prepararsi. Fece una doccia veloce, piuttosto tranquillo di poter assolvere le raccomandazioni del castano circa il come presentarsi in fiera. Non metteva il suo kimono da anni, ma era certo si trovasse ancora nell’armadio. Non era qualcosa che usava spesso, quel genere d’abbigliamento non era molto nelle sue corde, infatti lo usava solamente quando strettamente necessario, come appunto nelle occasioni speciali. Negli ultimi tempi non ce n’erano state, quindi era da un bel po’ che non prendeva per le mani quell’abito, aveva immaginato fosse un po’ sgualcito, forse con qualche macchietta di muffa da spazzolare via.., ma non di certo che non gli andasse più bene! Cazzo, quel dannato non gli entrava più! O meglio, entrava, ma aveva le maniche e i bordi fin troppo corti. Non aveva idea di essere cresciuto così tanto dall’ultima volta che lo aveva messo, ma da quando non lo tirava fuori esattamente?! Cazzo, cazzo, cazzo, e ora che poteva fare?

KAI! Ho un’emergenza!

Capitò in camera del fratello, spalancando la porta e facendogli fare un salto sul letto. Ma lo Yuki era davvero la sua unica speranza per poter salvare quella serata o avrebbe dovuto presentarsi con i vestiti di tutti i giorni. Fortunatamente, Kai, di kimono ne aveva l’armadio pieno: a lui, proprio come a Takumi, quel genere d’abito piaceva un sacco. Magari poteva prestargliene uno, vista l’occasione.

Ma che cazzo hai nella testa?! Gli tirò il cuscino su cui fino a poco prima stava appisolandosi, beccandolo in faccia. Ti pare il modo?!

Gomen, gomen! Si scusò, riavviandosi la frangia sgualcita dal guanciale piombatogli addosso, legittimamente. E’ che sono nei guai. Guai grossi. E dicendo questo mostrò il proprio kimono che, anche ad occhio nudo, era visibilmente troppo piccolo per lui. Non è che puoi aiutarmi?

Kai capì al volo, alzandosi dal letto e dirigendosi verso il proprio guardaroba. Ma come si fa ad avere solo un kimono nel proprio armadio? Per di più… Guardò di nuovo l’abito di Yu. Da quant’è che non lo tiri fuori da lì? Diamine. Sbuffò, conoscendo già l’avversione del fratello per gli abiti tradizionali, ma non immaginando che sarebbe arrivato fino a quel punto. Per fortuna che c’era lui, e per fortuna che avevano la stessa corporatura. Nel suo armadio c’era sicuramente qualcosa che non usava più e che sarebbe stato bene anche a Yu. Tant’è che non ci mise molto prima di tirare fuori un kimono con haori e presentarlo al fratello. Questo dovrebbe andarti bene. Che ne dici?

Di fronte agli occhi di Yu c’era un kimono bianco che sfumava nel nero alle estremità. Decori dorati di quelli che avevano tutta l’aria d’essere germogli di bambù, venivano ripresi dai ricami dell’obi, su base nero anch’esso, e dai disegni che impreziosivano un haori tutto particolare. Il colore, verde petrolio, avrebbe messo in risalto i capelli rossi del giovane, creando un bel contrasto con il kimono dalle tonalità neutre. Inoltre aveva un curioso cappuccio che ricadeva alle spalle. Sembrava qualcosa di fatto apposta, tant’è che Yu si trovò non solo ad ammirare la bellezza del completo, ma anche a chiedersi se davvero poteva prenderlo.

E’ anche troppo. Si ritrovò a biascicare, mentre prendeva la preziosa stoffa tra le mani. Ma sorrideva e questo a Kai non sfuggì di certo.

Ma figurati! Non lo metto da ere: puoi tranquillamente tenerlo! E poi…sono sicuro stia meglio a te che a me. E di questo era sicuro. Quei colori sembravano fatti apposta per Yu. Se hai bisogno ti do una mano ad indossarlo.

Una manna venuta dal cielo che il Rosso accettò di buon grado. Dopo aver tentennato un po’ su come mascherare l’infortunio al piede ed aver optato alla fine per delle fasciature contenitive su entrambe le caviglie, in modo che sembrassero le solite che si faceva sempre, si fece aiutare dal fratello a mettere il kimono. Lasciò che la stoffa gli scivolasse addosso e che Kai la lisciasse per bene prima di legargli l’obi alla vita e aiutarlo ad infilare le maniche dell’haori. Solo a quel punto lo Yuki si distanziò qualche istante scherzando e chiedendo a Yu chi fosse e dove avesse nascosto il suo vero fratello, beccandosi una cuscinata dallo stesso guanciale di poc’anzi, prima di andare in cucina ed iniziare a preparare qualcosa per cena per lui e Shizuka che sarebbe rientrata a breve. Rimasto solo, Yu recuperò il nastro bianco di Takumi tirandosi indietro solo alcuni ciuffi di capelli che altrimenti cadevano scomposti attorno al viso, e legandoli sul retro della testa in un ciuffetto molle ed elegante. Lasciò i lembi della fettuccia a mescolarsi tra i capelli e con quello aveva proprio finito!
Si guardò allo specchio, riconoscendosi a stento nel riflesso, probabilmente mal abituato al vestirsi in quella maniera fine. Obiettivamente, però, stava proprio bene. Non si sarebbe mai sognato di vestirsi così tutti i giorni, ma doveva dire che gli donava. Ma il tempo di rimirarsi era ormai agli sgoccioli. Takumi aveva detto di essere a casa sua al calar del sole e se non si fosse mosso, sarebbe arrivato tardi.
Salutò il fratello, quindi, mettendo le mani avanti sull’orario del suo rientro e non escludendo l’idea di non tornare affatto se non il giorno dopo. E finalmente si avviò verso la casa dell’amico. Cercava di fare veloce, senza sgualcire il kimono, ma non era facile. I geta non erano fatti per correre e se esagerava il suo infortunio si faceva sentire con prepotenza. Però la voglia di arrivare presto era così tanta che riuscì a passare sopra a tutto. Non vedeva letteralmente l’ora. Ogni passo sembrava più lungo di quello che era, ma ben presto fu di fronte alla casa di Takumi. Lui non si vedeva, probabilmente era ancora dentro, così Yu si fece avanti, salendo sul pianerottolo con tutta l’intenzione di bussare, benchè sapesse che la porta era sicuramente aperta - quel dannato vizio. Alzò il pugno chiuso, lasciandolo ricadere verso il legno dell’uscio, salvo fermarsi un istante dopo proprio a un palmo dal viso di Takumi. Il giovane aveva aperto la porta nello stesso istante in cui stava per chiedere permesso, lasciandolo spiazzato. Era già pronto e per qualche motivo la mente di Yu si spense nell’esatto momento in cui i suoi occhi si posarono sull’amico. Lo osservò inebetito qualche attimo, stupito di ritrovarselo davanti così all’improvviso, ma anche, e soprattutto, per come gli si era presentato d’innanzi. Indossava un kimono rosso scuro finemente decorato, accompagnato da un lungo haori marrone, che riprendeva la stoffa dell’obi. E gli stava divinamente. Ricadeva perfetto, mettendo in risalto il colore dei suoi occhi, per la prima volta contornati dai capelli lasciati sciolti e non raccolti nella sua classica pettinatura. Sembrava un nobile in quelle vesti, aveva il portamento giusto, l’atteggiamento giusto, diversamente da Yu. E forse fu questo ad incantare così tanto il Rosso, immobile di fronte a lui, incapace di trovare una parola che non fosse “bellissimo” per descrivere ciò che aveva davanti.
Si riscosse da quella momentanea impasse solamente quando vide un sorrisino solcare il viso dell’amico, probabilmente divertito dalla sua reazione. E come dargli torto? Si era incantato come un ebete.


Che c’è di divertente? Fece, mettendo su un piccolo broncio, mentre abbassava la mano con cui stava per bussare. E’ solo che non sono abituato a vederti coi capelli sciolti. Certo Yu e quel rossore sul viso come lo spieghiamo, eh?

 
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Nonostante avesse sfruttato tutto quel tempo per sistemare casa e prepararsi al meglio per la serata imminente, aveva la sensazione che il tempo non passasse mai. Non era un qualcosa che provava facilmente, non nei confronti di un'altra persona. Eppure in quell'occasione non vedeva l'ora di sentire il tipico rumore ligneo dei geta avvicinarsi al suo pianerottolo. Forse fu per questo motivo che non attese semplicemente in casa l'arrivo del suo ospite, decidendo invece di andargli incontro e aspettarlo proprio fuori. Voleva ardentemente vederlo e passare ancora più tempo in sua compagnia, a maggior ragione adesso che conosceva la sua vera identità. Non aveva idea di quante volte lo avesse sognato, di quante volte avesse disegnato il suo sorriso. E proprio mentre apriva la porta eccolo comparire come un raggio di sole nella notte, in un'accezione diversa dai soliti abiti da battaglia. Era dannatamente bello, e quei colori freddi che si spostavano da un gradevole verde petrolio al candore del bianco non facevano che risaltare la bellezza infinita dei suoi occhi chiarissimi e della sua chioma infuocata. Se voleva lasciarlo senza fiato con quelle vesti ci era pienamente riuscito, ma a quanto pareva non era il solo ad aver accusato il colpo. Anche Yūzora era rimasto immobile a fissarlo con quello sguardo commisto di stupore, palesemente attratto dalla sua figura. Sorrise. Aveva ottenuto quello che voleva e adesso l'attenzione del ragazzo era tutta su di lui. Lo testimoniava quel lieve rossore sulle gote e quel suo divincolarsi dalla situazione imbarazzante con un mezzo broncio e una scusa. Si.. certo.. i capelli.. rispose al compagno alquanto divertito e soddisfatto dalla sua reazione, mantenendo quel sorrisetto sornione tra il provocatore e il sensuale. Sono felice di averti sorpreso tanto. disse, per poi avvicinarsi al suo orecchio e aggiungere qualcos'altro. Forse dovrei tenerli sciolti più spesso.. un sussurro seguito da uno sguardo intenso, quasi felino. Ah quanto amava tediarlo e osservare quell'imbarazzo tingere le sue gote! Sorrise ancora, superandolo di qualche passo e invitandolo a seguirlo. Sentiva che sarebbe stata una serata memorabile.


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Come annunciato nella mattinata, le bancarelle del festival cominciarono a sbucare dopo pochi metri, confermando che il centro nevralgico della festa non era poi così distante da casa sua. Era tutto così suggestivo che il castano si sentì quasi rasserenato dai colori dei prodotti dolciari esposti, da quelli sgargianti e singolari delle maschere in vendita e dei kimono che sfilavano per la via. Ma quello che per lui era più bello di qualsiasi altra cosa, oltre alla luce delle lanterne in contrasto col manto oscuro della notte, era senz'altro il ragazzo dalla chioma fulva che avanzava al suo fianco. Bastava lui, la sua presenza, il suo sguardo che esprimeva curiosità e quella gioia infantile di un ragazzino nel paese dei balocchi a rendere tutto più bello di quello che era. Solo lui. E' di tuo gradimento? chiese, attenzionando il suo stato d'animo che fortunatamente non faticava a trasparire dalle espressioni del suo viso. Era questo che adorava di quel ragazzo: non c'era nessun tipo di velo fatto di menzogne a opacizzare la luce che irradiava. Era così, senza nessun sotterfugio, senza nessun perché. Scegli quello che vuoi e lo avrai. disse allora, solo dopo avergli permesso di guardarsi un po' attorno. Era palese che la sua attenzione fosse solo e unicamente per lui, nonostante spesso e volentieri sia donne (anche molto belle) e persino alcuni uomini non riuscivano a non ammirare la sua eleganza e bellezza. E di certo non guardavano soltanto lui, ma anche quella meraviglia del suo accompagnatore.

 
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Era raro per lui restare senza parole a quella maniera. Di solito trovava sempre qualcosa da dire, un modo per sviare l’attenzione dalla sua possibile reazione, una battutina tagliente, la risposta pronta, insomma! Ma quella volta proprio non c’era riuscito. Si era imbambolato come un pagliaccio di fronte all’avvenenza che irradiava Takumi abbigliato a quella maniera. Lui sì che era fatto apposta per quel genere d’abito! Lo portava benissimo, oltre che stargli d’incanto. Pareva quasi che fosse nato con quello addosso, tanto era naturale e tutto questo era visibilissimo dal suo portamento rilassato ed elegante, pur essendo semplicemente fermo sull’uscio di casa. E beh…diciamo che questa volta Yu se l’era proprio meritata quella risposta scettica. Alla scusa che aveva accampato rapidamente una volta tornato in sé, non avrebbe creduto nemmeno lui, anche se era vero che non aveva mai visto il castano coi capelli sciolti. Gli stavano bene. Sembrava meno…impostato e più naturale così. Chissà se anche lui dava quell’impressione quando teneva la sua ribelle chioma fulva libera da qualsivoglia laccio…Mah, questo avrebbero potuto dirlo solo gli altri!
In ogni caso non rimase di certo impassibile di fronte alla velata presa in giro dell’amico, non riuscì a trovare parole per smentirlo, ma una linguaccia risentita non gliela risparmiò proprio nessuno. Il broncio permaneva, più piccato di prima dopo quella sua risposta, ma ormai pareva che Takumi avesse imparato come sciogliere quel muso stizzito. Le parole che gli rivolse, sussurrate con quel tono basso e accompagnate da quello sguardo intenso, per quanto ebbero il potere di imbarazzarlo più della figuraccia appena fatta, riuscirono a farlo anche sorridere. Non sapeva bene perché, ma risultava piacevole che il più grande “prendesse appunti” su come riuscire a sorprenderlo o, semplicemente, su cosa notava riuscisse a fare colpo sulla sua attenzione. Era un modo come un altro per fargli capire che era importante, senza dirlo direttamente: in perfetto stile Takumi.


Dovresti! Il castano l’aveva già superato quando Yu si volse verso di lui, per raggiungerlo. Ti stanno bene. Sorrise sincero, dandogli quella conferma - sempre che ne avesse avuto effettivamente bisogno - solo poi l’espressione del Rosso lasciò presagire una frecciatina in arrivo. E poi tenerli legati troppo stretti, per troppo tempo, fa diventare calvi sai?

Oh sì, la lingua biforcuta era tornata a funzionare. Ed era così che andava bene tra loro due: quel sano prendersi in giro a vicenda che faceva da collante al tempo passato assieme. Era divertente e, alla fine, nessuno dei due si offendeva, proprio perché consci fosse solo un modo dell’altro per punzecchiarsi amichevolmente. E fu in quel clima che il più grande iniziò a fare strada verso il loro obiettivo di quella sera. Il sole era ormai tramontato e il cielo stava iniziando a diventare più buio quando si incamminarono verso la fiera. Lo sbatacchiare caldo e secco dei geta sul selciato del vialetto di casa del castano e poi sulla strada, fu la colonna sonora di quei brevi momenti d’aspettativa. E ce n’era di aspettativa, ce n’era davvero tanta! Almeno da parte di Yu che non vedeva l’ora di iniziare a scorgere le prime luci della festa, le prime bancarelle, i primi avventori. In realtà non ci volle nemmeno molto tempo. Come aveva detto Takumi quella mattina, il matsuri era proprio vicino a casa sua. Tempo di uscire dalla sua proprietà, percorrere un lungo rettilineo ed ecco che i primi segnali iniziarono a farsi vedere. Persone vestite tradizionali come loro, giungevano in quel luogo da altre vie, facendo istantaneamente sentire il Rosso meno fuori posto. Un po’ come quando alle feste in maschera ci si sentiva dei pezzenti, fino al momento in cui iniziavano ad arrivare gli altri invitati. I primi banchetti spuntavano lungo la strada in un miscuglio di colori, luci e profumi pazzesco! L’odore del cibo da strada fece brontolare istantaneamente lo stomaco di Yu. Yakisoba, takoyaki, okonomiyaki, yakitori, calamari alla piastra, mele caramellate… c’era di tutto! E faceva venire letteralmente l’acquolina in bocca. Ma forse, ciò che più di tutto incantò lo sguardo del ragazzo, furono le lanterne luminose. I colori caldi, nettamente in contrasto con il buio della notte, erano davvero belli da osservare, quasi magici. Era da un bel po’ che non andava ad un evento del genere ed esserci con Takumi, piuttosto che con qualcun altro, in quel momento gli sembrò dannatamente giusto. Si sarebbero divertiti, ne era certo.
Quando proprio il più grande lo distolse dal manto di meraviglia sotto cui si era abbarbicato, per chiedergli se fosse di suo gradimento e offrendosi di concedergli qualsiasi cosa volesse, sia Yu che Kurama vennero colti alla sprovvista, per motivi simili.


« Chi è questo pinguino impomatato? Dov’è finito LinguaLunga?! »

Di suo Yu si ritrovò a ridere per il commento della Volpe, scoprendosi d’accordo con lui. Non era assolutamente abituato ad essere trattato in quel modo quasi signorile. Certo, Takumi con lui era sempre stato gentile, ma così era al limite del servizievole. Va bene che lo aveva invitato lui, ma non era necessario tutto…questo.

Dai smettila! Rise, dandogli un colpetto col gomito. Così sembri il mio maggiordomo! In un certo senso gli ricordò il loro primo incontro, quando gli disse che parlava come un libro stampato e la cosa lo fece ridere anche di più. Ma cercò di non esagerare, infondo, anche se in un modo forse un po’ esagerato, Takumi voleva solo rendersi disponibile e sapere se la festa fosse di suo gusto. Certo che mi piace! E’ tutto fantastico! Si respira un’atmosfera molto bella. Per fortuna è una serata tranquilla, eh? Se pioveva sarebbe stato un disastro. In effetti non aveva proprio idea che in quella parte del Villaggio ci fosse una tradizione simile, chissà cosa celebrava quella festa… Beeeeh, credo si sia sentito di cosa ho voglia. Affermò grattandosi una guancia, ripensando al rumore che avevano fatto le sue budella. Prima di venire non ho mangiato nulla apposta, ben immaginando che una volta qui ci sarebbe stato il ben dei Kami! Tu che mi suggerisci? Qual è il piatto forte della fiera? Ah e poi, sono curioso, vorrei saperne un po’ di più di questo matsuri…Immagino ci sia una tradizione dietro, una storia, no? Dai racconta! Che si festeggia?

 
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view post Posted on 8/3/2020, 21:02     +1   -1
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Considerato quanto espresso dal bel rosso per rispondere alla sua piccola provocazione, non poté esimersi dall'emettere un brontolio di falsa disapprovazione nell'avviarsi verso la meta. Erano appaganti quei loro botta e risposta. Avere qualcuno accanto che sapesse perfettamente tenergli testa a quella maniera, sempre con la risposta pronta e conscio di dove pizzicare per smuovere qualcosa nella sua anima, era meraviglioso. Lo faceva sentire vivo. Forse era proprio per questo che provava estremo gusto a tediarlo. Agognava quella reazione come un assetato agognava una goccia d'acqua nel deserto, e che fosse una nuova punzecchiata o un broncio accompagnato da un appena accennarsi di rosso sulle gote non aveva importanza. L'importante era che era proprio lui a farle, che non gli fosse indifferente.

Rise di gusto a quel suo 'dai smettila' seguito da una leggera gomitata e da quel sorriso che davvero avrebbe potuto far sciogliere persino l'acciaio. Forse era sembrato troppo servile nel chiedergli di esprimere un desiderio e nel mettersi a disposizione per realizzarlo, ma non avrebbe potuto fare altrimenti. Voleva che quella notte fosse indimenticabile, che Yūzora osservasse ogni cosa con lo stesso sguardo sereno e curioso del bambino che era stato. Voleva assecondare ogni suo capriccio solo per il gusto di gioire con lui di quella gioia che i suoi gesti avrebbero saputo regalargli. Era forse chiedere troppo?
Chiaro. Ti si legge chiaramente negli occhi. commentò soddisfatto al suo apprezzamento, sollevando un po' il mento con un sorrisetto sornione. Passo dopo passo aveva seguito e osservato silenziosamente ogni dettaglio su cui si era soffermato, saggiando le sue piacevoli reazioni dimentico di tutto quello che aveva attorno. Tutto rimaneva un contorno ovattato, presente eppure distante da dove sostavano. Nemmeno la pioggia avrebbe potuto dissolvere la magia di quel momento o sbiadire l'immagine che avevano di quel piccolo matsuri non troppo conosciuto.
Scosse la testa fintamente esasperato. Si. Aveva sentito chiaramente quel brontolar di stomaco da parte del golosone ed era certo che avrebbe chiesto qualcosa in merito.
Beh.. ci sono le ringo ame che di solito vanno a ruba. Per questo ci sono tante bancarelle che le fanno. Credo siano le più gettonate. disse con una certa sicurezza, confermando non soltanto un ottimo spirito d'osservazione, ma anche e soprattutto di conoscere perfettamente i gusti del suo interlocutore. Non l'aveva indirizzato verso un prodotto dolciario a caso, naturalmente. E per quanto riguarda questa festa, direi proprio che si festaggiano i desideri. affermò, avanzando di qualche passo verso una delle bancarelle che di solito veniva presa d'assalto per poter comperare al compagno il tipico dolcetto sullo stecco. Si dice che un tempo vi fossero due fazioni in lotta e che qui venne consumata la battaglia finale. Gli eroi dei due schieramenti opposti erano costretti a farsi guerra e nemmeno il sentimento di amicizia che li univa poteva impedir loro di combattersi a vicenda. Morirono entrambi qui, l'uno trafitto dalla lama dell'altro e viceversa. La leggenda narra che soltanto così poterono fuggire dai loro doveri terreni e assieme correre lontano dall'aspro destino che era stato loro riservato. E sembra che ad assistere alla loro morte fu il fratello minore di uno dei due, che in onore dei defunti di cui aveva subito indirettamente il dolore abbandonò le armi e vagabondò per esaudire quanti più desideri potesse, per compensare quello che mai avrebbe potuto esaudire del fratello passato a miglior vita. fece una pausa, arrivato davanti al banchetto. Sorrise e fece cenno al commerciante di fornirgli una delle mele caramellate che a suo occhio pareva maggiormente invitante. Fece dunque per pagare e prese il dolcetto, porgendolo con un sorrisetto al compagno che l'aveva ascoltato col fiato sospeso fino a quel momento. Per questo vendono le lanterne: sono delle offerte al cielo affinché i propri desideri possano avverarsi. concluse. E chissà se i loro desideri non sarebbero stati realizzati quella notte?

Ah, c'è pure chi dice che i due eroi fossero segretamente innamorati.. ma è soltanto una mera speculazione. aggiunse dopo una breve pausa con un tono particolare e un'espressione penetrante, di quelle che lasciano il segno nell'anima, dopo che il rosso ebbe preso il suo meritato dolcetto per soddisfare il languore che lo attanagliava.

 
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view post Posted on 11/3/2020, 20:10     +1   -1
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Le ringo ame, eh? In effetti ce ne sono in abbondanza, ora che ci faccio caso.

Sì, ora che ci faceva caso, perché in realtà non si era soffermato in maniera così particolare su ogni singola bancarella cui erano passati accanto, quanto piuttosto sull’insieme di colori, odori e sull’atmosfera che quella piccola festa donava. Ed era proprio quella sua natura racchiusa e contenuta a rendere quel matsuri speciale. Erano sempre belle le fiere, ma quelle esageratamente conosciute, ormai erano talmente viste e riviste, vissute e rivissute che creavano sì meraviglia, ma fino ad un certo punto. Erano, invece, quelle piccole perle di quartiere, quelle sagre legate talmente tanto alla tradizione di un luogo preciso che esistevano solamente lì e in nessun altro posto, a risultare incantevoli. Ognuna aveva la sua storia, il suo insegnamento, le sue speranze…e quella a cui l’aveva invitato Takumi era proprio una festa di quel genere. La sua curiosità era alle stelle! Voleva sapere tutto di quel matsuri, tant’è che non tardò a chiederlo. Sotto lo sguardo vuoto delle maschere appese alle rastrelliere di alcuni banchetti, avvolto dall’odore agrodolce e zuccheroso del cibo da strada, circondato da una miriade di manifatture caratteristiche, Yu diede voce a tutto il suo desiderio di sapere, indirizzandolo verso il compagno che sicuramente la sapeva lunga su quel matsuri. Era certo che non l’avrebbe invitato se non avesse potuto soddisfare tutte le sue domande, d’altronde sarebbe stato piuttosto brutto portare qualcuno in un posto speciale e poi rispondere “non lo so” qualora avesse avuto interesse nello scoprire qualcosa di più.
Di fatto lo aveva già dimostrato sapendogli subito indicare, tra tutte le leccornie di cui erano trapuntate le bancarelle, quella caratteristica della festa. Mele caramellate. Zuccherine, rosse come il sangue e lucide come la cera lacca. Avevano un profumino invitante, abbastanza da far sì che lo stomaco del Rosso tornasse a farsi sentire, stuzzicato da quell’aroma. Involontariamente si posò una mano sull’addome, neanche così potesse farlo tacere, chiedendosi in che modo quel dolce fosse collegato - sempre che lo fosse - alla storia dietro la fiera. Una domanda che, forse, ben presto avrebbe trovato sazio, perché Takumi aveva iniziato a snocciolare informazioni. E iniziava benissimo. Sembrava infatti che quel matsuri celebrasse i desideri. Particolare, abbastanza da calamitare subito tutta l’attenzione del più piccolo che smise di guardarsi attorno, rimanendo, piuttosto, con lo sguardo incollato al proprio interlocutore.
La storia che Takumi gli narrò, in realtà era abbastanza triste. Un po’ come in tante altre fiere, alla base della tradizione c’era una tragedia. In questo caso coinvolgeva due guerrieri, appartenenti a schieramenti opposti, ma legati da un profondo sentimento d’amicizia. La leggenda diceva che morirono proprio lì, l’uno trafitto dalla lama dell’altro, in una battaglia finale che si svolse dove ora il matsuri rallegrava l’ambiente. Ad assistere alla conclusione del loro triste destino, fu il fratello di uno dei due che, in memoria dei due guerrieri abbandonò le armi e dedicò la sua vita ad esaudire i desideri altrui. Si caricò sulle spalle la colpa di entrambi gli schieramenti, cercando di rimediare come poteva, controbilanciando in questo modo il desiderio del fratello che mai avrebbe potuto esaudire.
Una bella storia, in fin dei conti. Agrodolce. Triste, ma con quel briciolo di speranza sul finale. I due guerrieri, schiacciati dai propri doveri, non avevano potuto fare nulla per liberarsi dal triste fato che li attendeva se non andarsene in battaglia l’uno per mano dell’altro. Era brutto da dirsi, ma era uno scenario non così distante dalla realtà. Avrebbe potuto capitare a chiunque un giorno di trovarsi ad affrontare un amico…un’eventualità che metteva i brividi, eppure era più vera e vicina di molte altre.


Non mi piacerebbe essere dalla parte opposta del campo di battaglia rispetto a te.

Rimuginò pensieroso, mentre raggiungevano uno di quei banchetti che vendevano ringo ame. Il commerciante che presiedeva la bancarella, accortosi della loro presenza, smise di caramellare mele, pulendosi le mani sulla traversa, arrivando dalla loro parte, dove altri frutti scarlatti, già pronti da un po’, erano stati messi a freddare. Questione di un attimo, e Takumi gli stava porgendo una bellissima mela rossa. Tanto sarebbe bastato a far tornare il sorriso sul volto di Yu, ma il castano ci aggiunse una chicca finale che gli fece sbarrare gli occhi di meraviglia. In quella fiera - non sapeva dove, non sapeva come, non sapeva quando - venivano offerte al cielo delle lanterne, in memoria dei fatti narrati dal più grande poc’anzi. Un tributo affinchè i propri desideri si potessero avverare. Inutile dire che l’espressione di Yu gridava un “lo voglio fare anch’io!” che anche un cieco avrebbe potuto recepire!

Lo faremo anche noi, vero? Chiese subito, afferrando il bastoncino infilzato nella mela e ringraziando Takumi per avergliela offerta. Ne aveva presa solo una, solo per lui. Ma la cosa non lo stupiva troppo: al castano i dolci non piacevano granchè. Non si fece quindi problemi a prendere il primo bel morso del dolce caratteristico di quel matsuri che, a quanto pareva non aveva veri legami con la storia dello stesso. La superficie caramellata cedette con un sonoro crick crock e il dolce sapore del caramello croccante andò ad unirsi a quello zuccherino proprio della mela, in un’esplosione di dolcezza a dir poco fantastica! Ma è buonissima! Davvero eccezionale!

« Certo che ti fai comprare per poco, ragazzo. E’ solo una mela caramellata. »
Ehi! Non mi faccio comprare proprio per nulla. E poi guarda che tu sei uguale con la marmellata di azuki e il tofu fritto!
« Tsè, sciocchezze. Sono perfettamente in grado di trattenermi. E’ solo che decido volontariamente di non farlo. »
Ah sì? Beh, allora vale pure per me.

Quando ripresero a camminare, con i geta che sbatacchiavano sul selciato, Takumi aggiunse quella che definì come una speculazione circa i due eroi della leggenda. Secondo alcune voci, c’era chi diceva che fossero innamorati. Innamorati. Probabilmente Yu fece una faccia strana, stupita, corrucciata. Stava per mordere di nuovo la sua mela, ma si fermò prima di farlo, rivolgendo lo sguardo a Takumi che, a sua volta, lo stava osservando. Per qualche istante si sentì totalmente scoperto di fronte a quelle iridi verdi.

Non erano due uomini? Chiese in un primo momento, di getto, incuriosito quasi, per poi rendersi conto di quanto fosse sciocca la domanda. Beh, non è così raro in fin dei conti. Però questo renderebbe ancora più triste la loro sorte. Spero quasi non fosse così: battersi da amici è già pessimo, figurati da innamorati. Solo a quel punto si rese conto di essere stato un maleducato. Takumi gli aveva offerto la ringo ame, ma lui, anche se sapeva che i dolci non erano il suo cibo preferito, non gliene aveva dato nemmeno un morso. Vuoi assaggiare? Fece. E’ davvero squisita, sai? Se Takumi avesse detto di voler favorire, gliel’avrebbe passata senza indugio, infondo era stato gentile a comprargliela. Intanto, però, nell’attesa di una conferma, si accinse a morderla di nuovo, quasi a riprova di quello che stava dicendo. E poi diamine, ce l’aveva tra le mani da un po’ e aveva dato solo un morso!

 
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view post Posted on 17/3/2020, 17:18     +1   -1
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Soddisfare la sua curiosità era stranamente piacevole per il castano, quasi quanto stimolarla. Probabilmente perché con quella piccola e innocente scusa aveva come non mai i suoi occhi piantati addosso, ardenti come sparute braci sotto un lieve strato di cenere per la brama di sapere. E vederlo pendere dalle sue labbra era senza dubbio un diletto irrinunciabile. Un vero peccato che la storia che aveva dovuto narrare per placare la sete di sapere del rosso non era una favola dal lieto fine. Al contrario, era una vera e propria tragedia. Se solo avessero fatto lo sforzo di calarsi totalmente nei panni dei due protagonisti e avessero avvertito, fantasticando sull'accaduto, quelle sensazioni che probabilmente avevano avvertito i due guerrieri nel combattersi e trafiggersi vicendevolmente, probabilmente avrebbero gettato l'intera serata alla ortiche. Fortuna volle che il piacere di stare assieme, coadiuvato dai colori delle bancarelle, dai profumi delle leccornie e dal sapore agrodolce della storia, non diede modo alla tristezza di assalire i loro animi. Non che al castano importasse poi tanto delle leggende. Per quanto ne sapeva potevano essere montate ad arte per suggestionare la gente, quindi ne diffidava come di tutte le cose che per lui non avevano saldo fondamento. Ma fu piacevole ascoltare quel mugugno basso da parte del compagno, in grado di strappargli un sorriso e di fargli sussurrare un Nemmeno a me. Senz'ombra di dubbio, pur di non dover incrociare le armi, l'avrebbe portato lontano dal campo di battaglia, volente o nolente.

Certo che lo faremo anche noi. Siamo qui per questo. rispose sornione all'entusiasmo quasi fanciullesco del rosso, che nella sua naturalezza sapeva essere estremamente contagioso. E non avrebbero lanciato una qualsiasi lanterna. Dopo ne sceglieremo una e la decoreremo assieme, per renderla unica. So in quale bancarella andare per comprare inchiostro e pennelli. affermò con una punta d'orgoglio. Piuttosto difficile non notare il suo entusiasmo al solo pensiero di poter prendere in mano il pennello e creare qualcosa di personale e unico nel suo genere. Non era un mistero per nessuno che amasse il perfezionismo.

Fu una soddisfazione ascoltare gli apprezzamenti del suo ospite sul dolcetto che aveva deciso di offrigli. Sapeva bene che era un golosone di pietanze dolci, primo fra tutti il melonpan - di cui aveva espressamente chiesto la ricetta al signor Tanaka poco prima di lasciare il ryōkan nel quale avevano consumato la colazione quella stessa mattina - e a seguire il gustosissimo taiyaki, ma dare per scontato che apprezzasse anche le ringo ame sarebbe stato un errore madornale. Aveva dimostrato più di una volta di saperlo sorprendere con un niente. Era pure vero che le mele caramellate erano fra i dolcetti maggiormente apprezzati durante quella ricorrenza e che di solito le bancarelle facevano fatica a stare dietro alla crescente richiesta.
Yokatta. disse sollevato, prima di aggiungere di proposito quella piccola speculazione al discorso affrontato poco prima. Voleva sapere cosa ne pensava, capire attraverso le sue reazioni quanto fosse difficile per lui pensare a una relazione sentimentale fra due uomini. A primo impatto, prevedibilmente, quella diceria suscitò stupore e cruccio nei probabili pensieri del rosso; poi una domanda incuriosita e sciocca se vogliamo che fece appena sorridere il castano, costretto a scuotere appena la testa e ad abbassare lo sguardo. Si Yu. Due uomini. Fortunatamente si rese conto da solo di aver chiesto un qualcosa di assolutamente ovvio e passò oltre, dando un semplice parere che, seppur pieno della sua strafottenza in merito, Takumi avvertì. Per un breve istante riuscì a mettersi in quei panni scomodi, a immaginarsi di dover combattere contro il rosso al suo fianco, a ucciderlo senza alcun riserbo e perderlo per sempre: fu allora che distolse lo sguardo dal compagno, puntandolo lontano per nascondere quella patina di tristezza che sicuramente l'aveva avvolto. Si. Hai pienamente ragione. Spero per loro che, ovunque si trovino, adesso abbiano trovato la pace. disse con un sospiro, concludendo quella piccola storia con un po' di amaro in bocca. Ma c'era qualcosa di positivo in tutto quel chiacchierare, ovvero che non aveva avvertito nessun disprezzo nei confronti dell'idea di amare un altro uomo da parte del compagno. Solo curiosità, e forse quel pizzico di sacrosanto timore nei confronti di un mondo totalmente sconosciuto.

A distoglierlo da quel suo stato di riflessione fu quindi lo stesso Yūzora che, con la sua solita naturalezza, fece per offrirgli un morso della sua ringo ame. Morso che, non appena aveva rivolto nuovamente lo sguardo verso di lui, stava per dare al dolcetto. Non sapeva spiegarsi come o perché quel semplice gesto era apparso così dannatamente sensuale ai suoi occhi, ma quello che era certo era che un assaggio l'avrebbe certamente dato. A modo suo. Con un movimento morbido e rapido lo cinse al polso e, proprio mentre stava per dare quel morso, fece altrettanto dalla parte opposta, lentamente, sensualmente, non smettendo nemmeno per un attimo di guardarlo nei suoi occhi verdissimi carichi di stupore con un desiderio che avrebbe fatto sciogliere persino l'acciaio.
Sorprendentemente squisita. disse allora, dopo aver assaporato tanto le reazioni del compagno quanto il sapore del dolcetto stesso che, in tutto l'insieme, era la cosa meno gradita di quel siparietto. E lo disse con un sorrisetto ammiccante, intimamente divertito. Persino qualche passante non fu indifferente a quella scena, rimanendo come degli ebeti a osservare tanto la bellezza dei due protagonisti quanto l'erotismo di quel semplice morso da parte del castano, prima di essere trascinati via dal compagno o dalla compagna di turno.

 
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view post Posted on 18/3/2020, 12:04     +1   -1
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Quando fece quell’offerta a Takumi, del tutto innocente, guidata dalla semplice educazione e voglia di far conoscere al compagno la bontà di quel dolce, tutto si sarebbe immaginato meno la reazione del castano. Insomma, quando qualcuno ti concede un morso di qualcosa, generalmente si accetta - o si rifiuta - e si aspetta che quel qualcuno te lo passi, no? Ecco, Takumi non sembrava di quel parere. Proprio mentre Yu stava dando un morso alla ringo ame, pochi secondi dopo quella sua gentile offerta, il castano accettò a modo suo. Non disse nulla, non accennò nemmeno ad un segno d’assenso col capo, semplicemente cinse il polso della mano con cui il Rosso stava reggendo il bastoncino infilzato nella mela, e addentò il frutto dalla parte opposta. Un gesto semplice, direte voi, che male ci sarà mai? Beh ecco, probabilmente Yu avrebbe qualcosa da ridire in merito, perché avrebbe voluto vedere chiunque altro al suo posto come avrebbe reagito sotto quello sguardo intenso del castano.
Trovò il tutto esageratamente sensuale, non riuscendo nemmeno un secondo a staccare le iridi chiare, cariche di sorpresa - lo aveva letteralmente preso alla sprovvista - da quelle smeraldine del più grande. Pregne di un qualcosa che il Rosso non sapeva ben identificare, ma che gli impediva di staccarsi da quello sguardo. Almeno, si raccontava di non capire. Perché probabilmente, da qualche parte dentro di sé, quegli occhi erano stati compresi eccome, in quanto, senza apparente motivazione, il suo cuore prese a scalciare sulla cassa toracica e il classico calore di quando arrossiva iniziò a scaldargli fastidiosamente il volto. Potendo si sarebbe nascosto anche dietro quella mela! Ma era troppo piccola e, in ogni caso, ormai ci aveva piantato i denti. Staccò il morso lentamente, buttandolo giù con fatica, quasi la gola gli si fosse improvvisamente chiusa e, di certo, quel sorriso ammiccante del compagno, coadiuvato da quella frase che sembrava riferirsi a tutt’altro che al dolcetto assaggiato, non aiutarono per nulla. Fu solo nel momento in cui la vita attorno a loro sembrò riprendere a muoversi, che Yu riuscì a scollarsi da quella catalessi.
Lo sfrigolio esagerato del caramello della bancarella da cui avevano acquistato la mela, seguito dal pungente odore di bruciato e dagli improperi del commerciante. Il chiaro “Sdeng!” di una testa andata a sbattere su un palo di metallo, accompagnato da una bestemmia, dai rimproveri di una ragazza e dalle maldestre scuse dell’infortunato, trascinato via, tirato per un orecchio. E scene simili che si stavano concludendo tutto attorno a loro, furono la sveglia per Yu che rise un po’ imbarazzato, prima di rivolgersi ancora al proprio compagno, cercando di glissare sulla situazione appena avvenuta.


Vogliamo avviarci verso la bancarella che dicevi? Chiese con ancora un chiaro velo di vergogna sul viso. Però è meglio se poi il disegno sulla lanterna lo fai tu. Io sono una capra a disegnare, la rovinerei e basta.

Dicendo questo, si avviò, guidato da Takumi, ripensando a quanto successo poco prima. Ma non direttamente, quasi in sottofondo. Un pensiero remoto, che lavorava sotto ad altri più in superficie. Facendolo si era chiuso in un silenzio pensieroso, rigirandosi la mela tra le mani, facendo ruotare il bastoncino un po’ di qua e un po’ di là, come faceva con la penna quando si ingarbugliava in qualche ragionamento mentre scriveva. C’erano un sacco di ‘perché’ nella sua testa in quel momento. Un sacco di ‘come’ e altrettanti dubbi. Ma fu la sua stessa mente a corrergli in aiuto, rigettandoli sul fondo nell’istante in cui la mela venne voltata dalla parte in cui Takumi aveva fatto il suo assaggio.

Aaaaah! Guarda che morso che le hai dato! Fece, mostrando il gravissimo misfatto al castano, seguito poi da una pacca sulla spalla, data col dorso del pugno chiuso. Non forte, ma dritta sull’osso. E ancora che i dolci non ti piacciono molto!

Un po’ a scoppio ritardato forse, ma lo Yu di sempre era infine tornato, con tanto di finto broncio e musetto impostato. Diede un morso risentito alla ringo ame, prima di mettersi a ridere. E fu proprio in quel momento che si fermò in mezzo alla strada, guardandosi attorno. Non solo stava sentendo un odore familiare, ma gli era sembrato di sentirsi chiamare in mezzo alla fiera. Si crucciò, magari si era sbagliato…e fece per riprendere il passo, quando un vocione si alzò al di sopra del chiasso della festa.

Di qua, Ninjin-chan! Ehi!

Ninjin-chan…c’era solo una persona che lo chiamava a quella maniera! Volse lo sguardo in giro, nella direzione da cui gli sembrava fosse arrivato quel richiamo, finchè finalmente non trovò ciò che cercava. Era un chiosco, seminascosto dalla fiumana di gente. Non si vedeva l’interno della baracca ambulante, ma l’odore dei Takoyaki era inconfondibile! Inoltre, sulla sommità, era visibile una sottospecie di insegna, utilizzata più che altro come tendina per dare una parvenza di privacy agli avventori che avessero intenzione di fermarsi e non prendere e portare via. La stampa recitava “Da Eiji”, ma nell’angolo in basso a destra, scritto in piccolo, dalla mano di un ragazzino, probabilmente, vista la scrittura non proprio eccelsa, c’era un minuscolo appunto. Strizzando gli occhi si riusciva a leggere “Altrimenti detto Tako-san”.
E al di sopra delle teste di tutti, spuntava il braccio nerboruto di Eiji che lo salutava e gli faceva segno di avvicinarsi.


E’ Tako-san! Dai vieni, te lo voglio presentare!

Prese Takumi per il polso e senza aspettare una sua risposta lo guidò in mezzo a quel carnaio fino a raggiungere la baracca. Sul davanti erano stati sistemati cinque sgabelli sgangherati, i soliti che preparava anche nella sua solita zona di esercizio, vicino al vecchio molo e il classico odore agrodolce della salsa di soia, unito a più spezie, aromatizzava l’aria attorno al banchetto. Dietro al bancone, svettava un uomo robusto sulla cinquantina. L’aria gioviale di sempre, nonostante chiunque lo vedesse per la prima volta avrebbe potuto capire che quello del cuoco non fosse stato sempre il suo lavoro. Le cicatrici che portava sul corpo erano un evidente segno del suo passato da Shinobi. Un paio di queste erano le più marcate: una profonda lacerazione al braccio sinistro e una sul viso che, partendo dall’angolo sinistro della bocca, proseguiva per diversi centimetri lungo la guancia. Ma nonostante il suo aspetto, appena vide Yu, nulla rese il suo sorriso più splendente.

Ninjin-chan! Non ti vedo da ere! Stavo iniziando a pensare che ci avessi lasciato la pelle. Se la rise con quel suo vocione profondo, nettamente in contrasto con quella sua aria gaia. Allora cosa mi racconti? E questo tuo amico chi sarebbe? Non mi pare sia quello dell’altra volta...

Sei la solita comare, Tako-san! Rise. Shiro non l’ho più visto dopo quella volta che siamo venuti al chiosco, e parlare di amico nel suo caso mi pare esagerato. Era un superiore, lo avevo giusto appena conosciuto. Fece spallucce. Considerando il suo folle modo di ragionare, avrà fatto una brutta fine. Gli Shinobi non sono Eroi. Già e Shiro voleva salvare tutti. Se da chunin ancora non aveva capito quella verità, allora probabilmente aveva veramente fatto una fine inutile. Fagocitato dal proprio stesso Nindō. Comunque lui è Takumi, un mio amico. E’ stato lui a invitarmi a questa festa, io nemmeno sapevo esistesse! Si volse quindi verso il castano al suo fianco, concludendo le presentazioni. Lui è il Sig. Kondō Eiji, padrone e cuoco di questa baracca. Ma puoi chiamarlo Tako-san, non si offende da una vita!

« L’UomoPolpo. »
...Non ti sembra esagerato dare un soprannome a un soprannome che io stesso ho dato a qualcuno?
« E perché? E’ appropriato, no? Tu lo chiami Signor Polpo, io lo chiamo UomoPolpo. »
Si ma…Aaaaah ok, fai come ti pare. Tanto lo fai lo stesso.
Kurama sogghignò. « Esatto. »

Impertinente. Ma se la rideva di gusto. Mi pare comunque di vederti bene. Anzi, direi che è la prima volta che ti vedo vestito come si deve, Ninjin-chan! Posso offrirvi qualcosa? Tu hai già le mani occupate mi pare. Disse riferendosi ovviamente alla ringo ame. Tu, invece?

Dovresti approfittarne Takumi! Tako-san fa i Takoyaki più buoni di tutto il Villaggio! Consiglio spassionato il suo, ben conoscendo i gusti del compagno e sapendo che le polpette di polpo di Eiji potevano essere speziate a seconda dei gusti del cliente. Mmmmh…comunque Tako-san, è vero che sto mangiando una mela, ma non è che hai ancora quel sakè dell’altra volta? Dovevamo finirlo, no?

Ahahaha! Ho di meglio! Tako-san si abbassò sotto il banco, iniziando a frugare. Quella bottiglia rimasta a metà l’ho finita con un mio vecchio amico che è tornato al Villaggio. Dovrei averti parlato di lui…è quello con quell’abilità che gli permette di manipolare i metalli come fossero creta. In effetti gliene aveva accennato. Era un suo compagno d’armi quando ancora Tako-san era in servizio e che ora, come lui, si era ritirato e svolgeva un’attività commerciale. Aaah, ecco qui! Si rialzò da sotto il banco, sbattendo sul tavolinetto dove serviva i takoyaki ai clienti, una grossa bottiglia di sakè piuttosto pregiato. Si volse a prendere due sakazuki, ma prima di porli sul bancone si volse a Takumi. Bevi anche tu, no?

 
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view post Posted on 25/3/2020, 18:24     +1   -1
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Pregustare quello che sarebbe successo a seguito del morso tentatore non era lontanamente paragonabile al diletto di poter assistere realmente alla reazione del compagno dalla chioma fulva. Curioso come fossero bastati quegli occhi verdi sui suoi, sorpresi, quasi stregati, a cancellare qualsiasi cosa attorno a loro, permettendogli di percepire dei piacevoli brividi percorrergli la spina dorsale. Era come se il semplice contatto visivo avesse realmente connesso i loro corpi, solleticato dal desiderio espresso in un boccone della zuccherosa ringo ame.
Sorrise ancora, ammaliante, misterioso come la luna che riflette sull'acqua increspata dall'oscurità l'argenteo pallore. Quello che stava accadendo attorno non aveva alcuna importanza: non erano fastidiose per il castano le occhiate allibite della gente di passaggio, perché sapeva perfettamente quello che stava facendo e la questione, checché se ne potesse dire, riguardava soltanto loro. E poi nel mondo erano sempre tutti molto bravi a parlare dei fatti degli altri, soprassedendo sui propri. Si sentivano quasi in obbligo, alcuni, di sfornare giudizi che nessuno aveva mai richiesto venissero espressi. Che parlassero dunque, giudicassero anche. Che tutto il mondo sapesse di quel gioco di seduzione e del desiderio che Harada Takumi provava nei confronti di quel ragazzo dall'accesa chioma del colore del fuoco!
L'imbarazzo del ragazzino fece in modo che la distrazione di un passante potesse essere un buon trampolino per districarsi dalla situazione posta in essere. Con attenzione osservò quelle sue labbra piegarsi in un sorriso. Chiedeva se non fosse meglio avviarsi per comperare tutto l'occorrente per personalizzare la lanterna, aggiungendo di non essere affatto bravo nel disegno e che quindi sarebbe stato meglio se avesse fatto lui. Sorrise ancora una volta, abbassando appena lo sguardo per poter meglio nascondere tutta quella resistenza alle sue pulsioni. Non era affatto facile stare vicino a una Fiamma senza scottarsi.
Si, ci conviene avviarci. Dobbiamo scegliere colori, pennelli e lanterna. Perderemo un po' di tempo. disse, scostandosi con appena un pizzico di quella riluttanza tipica di chi cerca ancora qualche istante, lasciandogli dunque il polso imprigionato nella sua salda morsa con una carezza. E non credere di esserti liberato dell'onere del dover disegnare. Lo farai anche tu, che ti piaccia o no. e non avrebbe accettato alcuna protesta, era evidente. Come evidente era il divertimento che stava provando nell'immaginare il broncio del compagno al suo seguito, mentre si avviava verso la bancarella che aveva nominato per l'acquisto dell'occorrente. Scosse la testa fintamente esasperato, sollevando appena le spalle per rispondere alla sua nuova affermazione. Davvero era necessario spiegare che quel morso tanto famelico che aveva dato all'alimento zuccherino, generalmente non di suo gradimento, avrebbe voluto darlo sulla sua pelle?

Sulla strada per la bancarella furono costretti a una deviazione. Qualcuno aveva chiamato Yūzora con un appellativo che alle sue orecchie suonò strano, dannatamente confidenziale e stranamente bambinesco. Nemmeno ebbe il tempo di chiedergli chi fosse che subito il suo ospite lo prese per un polso e lo trascinò con sé verso questo fantomatico "Tako-san". Era un uomo piuttosto robusto che aveva superato da un pezzo la quarantina, con svariate cicatrici, alcune più profonde di altre, che ben facevano intuire quale fosse stata la sua occupazione prima di quella odierna. Sperava seriamente di non ridursi in quella maniera con il passare degli anni. Ma se dapprima l'attenzione del castano fu tutta per l'uomo e per l'ambiente che lo circondava, poi si spostò sulla discussione che ne venne fuori col rosso. A primo impatto si chiese chi fosse l'amico 'dell'altra volta' e provò un incomprensibile moto di gelosia nell'immaginare il compagno dalla chioma fulva in compagnia di qualcuno che non fosse lui, ma poi le parole stesse del ragazzino ebbero l'effetto di placare ogni ragionevole dubbio: non era un amico, ma un superiore appena conosciuto e dopo quella volta non l'aveva più rivisto. Fu un sollievo saperlo.
Hajimemashite. disse senza troppe cerimonie al termine dell'accurata presentazione, non esprimendosi ulteriormente e lasciando che fossero i due a parlare e a completare il discorso. Solo nel momento in cui Kondō Eiji si rivolse direttamente a lui prese parola, ma non prima di aver ascoltato i consigli del compagno e aver assistito alla richiesta di un'ottima bottiglia di buon saké. Adesso si che si cominciava a ragionare. Ovvio. rispose con un sorriso sornione alla domanda scontata dell'uomo, nemmeno fosse una sfida che sapeva per certo che non avrebbe perso. Per quanto riguarda l'altra offerta invece, presi in considerazione gli elogi alla sua cucina, non posso esimermi dall'accettare. Cosa mi consiglia? chiese pensieroso, non avendo davvero idea di cosa chiedere nello specifico. Non che morisse dalla voglia di mangiare qualcosa, ma assaggiare qualcosa di nuovo e ben fatto non poteva essere un male. No? Eppure a quella semplice domanda l'uomo l'osservò con un'espressione strana, quasi avesse detto qualcosa di male. Sollevò un sopracciglio mentre questi lanciava un'occhiata al rosso che, dal canto suo, sembrava dover scoppiare a ridere da un momento all'altro. Che aveva detto di strano? Non serve essere così formali con me, ragazzo! prese a ridersela Tako-san, per poi piegarsi sul bancone. Tra tutti i miei clienti abituali, questo qui è l'unico folle a prendere i takoyaki col doppio zenzero. Se hai abbastanza fegato te li faccio provare. disse, accennando a Yūzora con un movimento del pollice e sfidandolo apertamente. Pessima, pessima idea. Puoi farlo anche triplo, lo zenzero. rispose con sicurezza (e forse un tantino aspro, come fosse un riflesso non programmato alle risa suscitate dalla sua cordialità), lasciandolo per un primo istante sbigottito. Spero che tu non debba pentirtene, ragazzo! disse sogghignando l'uomo, per poi voltarsi a cucinare. Soltanto dopo qualche minuto, quando Tako-san aggiunse una montagna di zenzero ai suoi takoyaki ancora in cottura, quest'ultimo si volse appena per poter fare al rosso i complimenti per aver trovato un pazzo come lui come amico. Se quella era considerata follia, dovette pensare, non aveva visto il resto.

Ninjin-chan.. e hai avuto pure il coraggio di lamentarti di Kaen-chan.. fece di punto in bianco per punzecchiare il compagno, simulando quella punta di scetticismo nel tono e quell'aria fintamente offesa con minuzia, mentre Tako-san preparava i suoi takoyaki triplo zenzero.

 
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view post Posted on 28/3/2020, 15:43     +1   -1
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Era impensabile che Takumi si tirasse indietro di fronte a una bottiglia di sakè. Magari davanti a del cibo sì, ma ad un alcolico mai, e questo Yu lo sapeva bene. Non aveva chiesto a caso quella bottiglia, infondo, però era naturale che Tako-san si sincerasse del fatto che uno dei suoi clienti non fosse astemio. Per quanto potesse sembrare un po’ burbero, alla mano ed estremamente sui generis, il suo lavoro lo sapeva fare davvero bene, come dimostrava la normale affluenza di persone che andavano e venivano dal suo chiosco anche quando era nella sua consueta sistemazione vicino al molo dismesso. Per quanto fosse un po’ fuori via, le entrate non mancavano mai e questo era tutto merito dell’omone che stava dietro a quel banco. Affabile, socievole, sempre pronto ad ascoltare chiunque e a dare il giusto consiglio. Sì, perché, in fin dei conti, il suo lavoro non consisteva solo nel preparare dei Takoyaki buoni da mangiare, ma anche nell’essere disponibile verso chi si recava lì e si sfogava con lui circa i propri problemi. Era sempre più facile parlare dei crucci personali con qualcuno che non si conosceva in maniera particolare, piuttosto che con chi si aveva sempre attorno. E Tako-san gli aveva spiegato che spesso questi suoi avventori non avevano bisogno di grandi discorsi, ma solo di un paio di parole, una pacca sulla spalla, un sorriso. Nulla che fosse così faticoso e impossibile da dare. Anche lui aveva avuto modo di sperimentare la gentilezza di Eiji e, da quel giorno di ormai diversi anni prima, ci era rimasto affezionato.
Non sapeva che muovesse il suo carretto per aggregarsi anche a quel genere di fiere, evidentemente tutto faceva brodo e poi, da un certo punto di vista era stata una bella fortuna! Era riuscito a farlo conoscere a Takumi, infondo, anche se la presentazione tra i due stava prendendo una piega assurdamente comica. Mentre il Rosso cacciava un bel morso alla sua mela caramellata, il castano rispose a Tako-san, ma lo fece in un modo che, per poco, Yu non si soffocò col boccone nel tentativo di trattenere le risate. Decisamente troppo, troppo, troppo alto quel linguaggio per l’omone. Non che non lo capisse, eh, però insomma…era un commerciante di una baracca ambulante di Takoyaki, mica il padrone di un ristorante di lusso! Va bene l’educazione, ma quella era davvero esagerata. Tant’è che Tako-san gli lanciò anche un’occhiata stranita, dopo aver osservato un po’ spiazzato il più grande dei suoi avventori.


Non serve essere così formali con me, ragazzo! Si fece una grassa risata, tornando su Takumi che ancora aspettava un suo consiglio. Tant’è che non tardò a darglielo, piegandosi un po’ sul bancone. Tra tutti i miei clienti abituali, questo qui ed accennò a Yu con un cenno del pollice è l’unico folle a prendere i Takoyaki col doppio zenzero. Se hai abbastanza fegato te li faccio provare. Palesemente una sfida. Che Takumi raccolse a piene mani, rincarando la dose, forse un tantino inacidito da come era stata presa la sua esagerata educazione nel rivolgersi all’omone che, intanto, aveva versato ai due il sakè. Spero che tu non debba pentirtene, ragazzo! Sogghignò Tako-san, chiudendo la bottiglia e riponendola sul bancone prima di mettersi a sferragliare tra le sue cose e preparare l’ordinazione.

Non ti preoccupare Tako-san! Questa volta, Yu giunse prendendo le parti del proprio compagno, forse anche un po’ per farsi perdonare della risata mal trattenuta di poco prima. A Takumi piacciono le cose speziate.

Al che l’uomo prese vivacemente a cucinare. L’impasto era già bello che pronto e la piastra per i Takoyaki calda al punto giusto per accogliere l’amalgamo chiaro. Ne fece scivolare giù la quantità giusta per una porzione di polpettine e subito iniziò a sfrigolare, emanando il classico profumo. Stava ancora cucinando quando ridacchiando si rivolse a Yu, girando appena l’occhio di sbieco. Sembrava palesemente soddisfatto.

Complimenti Ninjin-chan! Hai trovato un amico pazzo quanto te!

Forse anche di più!

« Decisamente di più. Per sfidare me a quel mondo ne serve davvero poca di sanità mentale. » Non lo stupiva per nulla che quel gatto dispettoso potesse aver trovato spazio dentro LinguaLunga. Era terreno fertile, quello, per uno come lui.
Ti brucia ancora quella storia? Ma non sei stufo di tenere il muso?
« Ah! Non ancora! E ti ricordo che sono capace di serbare rancore per millennio, io. »
Lo so, lo so…dico solo che se fossi in te prima o poi mi annoierei. Più prima che poi.
« Eeeeeh… » E a quel mugugno pregno di malizia, Yu seppe istantaneamente di essersi messo in trappola da solo. « Anche se si trattasse di Hōzuki Aoi? »

« Hai perso la lingua? »
No. E’ che non lo so. Borbottò, prima di sospirare pesantemente e ribattere, lievemente stizzito. Ma tanto lui è morto, che importanza ha?
« Vero anche questo. »

Fortunatamente Takumi lo riportò alla svelta coi piedi per terra, allontanandolo dal pensiero di suo padre e di come si sarebbe comportato trovandoselo davanti per davvero e non solo in sogno. Aveva qualcosa di cui punzecchiarlo circa il nomignolo con cui Tako-san gli si rivolgeva…fintamente offeso dal fatto che con lui non facesse storie, mentre quando lui lo aveva appellato “Kaen-chan” si era lamentato. Affermazione vera e falsa al tempo stesso. Il castano non poteva saperlo, in fin dei conti, ma perché non divertirsi un po’?

Che c’è? Sei geloso per caso? Sogghignò il Rosso, prendendo un sorso dal sukazuki. Cavolo! Quel sakè era davvero la fine del mondo! Comunque, per tua informazione, mi sono lamentato anche di Ninjin-chan all’inizio. Contrariamente a Kaen-chan non c’era nessun significato nascosto lì, ma quando ho capito che Tako-san non lo diceva con disprezzo, bensì con affetto, ha iniziato a piacermi. Sai, non sono pochi quelli che mi appellano in qualche modo per il colore dei miei capelli…ma spesso sono nomignoli dispregiativi. Ora me li faccio abbastanza passare addosso, ma da piccolo era fastidioso. Rise, rendendosi conto che, però, con il soprannome di Takumi si era arrabbiato lo stesso all’inizio. Con Kaen-chan mi sono infastidito perché palesemente tu sembravi chiamarmi a quel modo per farmi un dispetto e in quei giorni non ero per nulla nella condizione mentale di ignorarlo. Ma poi mi hai spiegato il vero motivo…e ti ho detto che mi piace, no? Fece spallucce, prendendo un bel morso dalla ringo ame, l’ultimo. Era rimasto solo il bastoncino. Quindi non vedo cosa tu abbia da recriminare. Puntò il bastoncino contro l’amico, per poi posarglielo sotto il mento. Avevi bisogno di sentirtelo dire di nuovo?

Un sorriso furbetto accompagnò quel gesto, che si sciolse solo nell’istante in cui Tako-san arrivò sul bancone con la porzione di Takoyaki di Takumi. Posizionati in una barchetta di cartoncino, sei polpettine di polpo condite con salsa otafuku, polvere di alghe, fiocchi di tonno essiccato e una quantità spropositata di zenzero rosso! Le bacchette erano messe in orizzontale sul contenitore che racchiudeva quella bontà il cui profumo arrivava anche alle narici di Yu!

Ecco qui! Takoyaki triplo zenzero! Fece, appoggiando il tutto davanti al castano. Kuso, fino ad oggi nessuno mi aveva mai chiesto una cosa così folle. Tu sei sicuro di non volere nulla Ninjin-chan?

Tranquillo! C’è il sakè qui e poi Takumi non riuscirà a finirli tutti. Lo rassicurò, ridendo. E non perché siano troppo speziati. Era pressoché certo che con lo stomaco da uccellino che aveva, l’amico non avrebbe finito tutta la porzione. Stava ancora sogghignandosela quando gli tornò in mente il loro obiettivo, momentaneamente messo da parte per quella deviazione inaspettata A che ora si tiene il lancio delle lanterne? Chiese, rivolgendosi a entrambi, un po’ preoccupato per le tempistiche…oltre che per la sua incapacità di disegnare.

 
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view post Posted on 13/4/2020, 13:41     +1   -1
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Se ordinare dei takoyaki triplo zenzero era considerato pura pazzia, allora Takumi avrebbe certamente commesso follie come quella almeno un centinaio di volte ancora. Dal suo punto di vista, erbe aromatiche e spezie non erano mai abbastanza in un piatto. Esattamente come quel prezioso sakè che Tako-san stava versando all'interno delle coppe sukazuki per entrambi loro, prima di cominciare la preparazione delle tipiche polpettine di polpo. Non fece caso allo scambio fra i due, o per meglio dire non si intromise. Non era necessario intervenisse a difesa delle sue scelte o per gusto di spiegare qualcosa a un perfetto sconosciuto, considerato che erano affari suoi e che, prontamente, Yūzora aveva spiegato che la scelta del triplo zenzero non era preoccupante per un amante del cibo speziato.
Cominciata la preparazione della preoccupante pietanza, con lo sguardo Takumi si soffermò sul compagno e non poté non notare come stesse spaziando con i pensieri. Fu probabilmente per quello e anche per punzecchiarlo un po' che intraprese quella pantomima, mettendo su quel piccolo broncio e rimarcando come avesse disprezzato il nomignolo che gli aveva affibbiato al loro primo incontro a dispetto di un Ninjin-chan molto banale. E quell'intervento ebbe l'effetto sperato, dato che fu utile a riportarlo con i piedi per terra e a farlo sogghignare furbescamente. Geloso? Lui? Come no.
Tsk. emise scettico, girando un po' il capo in maniera quasi stizzita e seguendo a ruota l'esempio del rosso, prendendo la sua coppetta per assaggiare la bevanda alcolica e levarsi dall'imbarazzo di dover realmente rispondere. In cuor suo sapeva di esserlo nei suoi confronti, ma non l'avrebbe mai ammesso apertamente. Quindi il Kyōmei ebbe modo di spiegargli apertamente che persino per quel nomignolo al principio aveva avuto qualcosa da obiettare, poiché tutti erano soliti affibbiargliene uno per il semplice gusto di appellarlo riferendosi alla sua chioma e spesso e volentieri la crudeltà fanciullesca aveva reso quegli appellativi un qualcosa di dispregiativo. Soltanto dopo aver compreso la bonarietà delle intenzioni altrui aveva accettato di farsi chiamare così, e in effetti era successo anche con il suo Kaen-chan. Sorrise, al ricordo di come insisteva a chiamarlo in quella maniera soltanto per il gusto di pizzicarlo e farlo scattare. Si. All'inizio l'aveva fatto apposta. Ma adesso che aveva spiegato cosa gli aveva suggerito di chiamarlo con l'appellativo di "fiammetta", aveva detto che gli piaceva. E volle rimarcare questo punto, in una maniera che lo lasciò completamente spiazzato. Il contatto del bastoncino appena inumidito dalla mela caramellata e dalle labbra stesse del compagno fu piacevole come una carezza ed eccitante come un bacio lascivo sul collo, al punto che avvertì chiaramente dei piacevoli brividi risalirgli la spina dorsale. Diamine!
Doveva averlo osservato con un'espressione carica di desiderio, catturato dal suo sorriso furbetto e da quell'atteggiamento dannatamente provocante di cui probabilmente nemmeno quel piccolo terrorista dalla chioma fulva si era accorto. Sorrise nervosamente, cercando di reprimere tutte le pulsioni che in quel momento urlavano al suo corpo di stringere quel ragazzo e catturare le sue labbra; si permise soltanto di solleticare con seducente erotismo quel bastoncino sino ad arrivare alla mano che lo teneva saldo, carezzandola sino al polso.
Si. Ne avevo proprio bisogno, Kaen-chan.. replicò con voce bassa in quella blanda connessione dei loro corpi. Poteva sentire quanto lo desiderava, con quel semplice tocco? Percepiva quanta passione era celata dietro a un semplice sguardo? Domande che avrebbero dovuto attendere una risposta, poiché proprio in quel momento fece ritorno Tako-san con i suoi famigerati takoyaki triplo zenzero e, come fossero stati colti in fallo, entrambi si ritrassero. Davvero volete sapere quali e quanti kami erano stati invocati invano in quel momento?

Le sei polpettine di polpo condite con salsa otafuku, polvere di alghe, fiocchi di tonno essiccato e una montagnola di zenzero rosso erano adagiate in una barchetta di cartoncino e posizionate sul bancone con delle bacchette per poter essere consumate.
Arigatō. disse semplicemente, prendendo ordinatamente la coppia di hashi e borbottando appena nel sentire il rosso commentare il suo "stomaco da uccellino". Non era colpa sua se detestava sentirsi pieno a scoppiare. Ovviamente diede inizio all'assaggio portando alle labbra una generosa porzione di zenzero rosso, assaporando pienamente il gusto di quella radice dal retrogusto piccante. Adorava quel tipo di sapore pungente. Prossima volta potevano fare pure quadruplo zenzero! Dopo aver liberato un po' la barchetta da tutto quel rosso, prese una polpettina e, raccogliendo accuratamente la salsina sotto, la portò elegantemente alle labbra in un sol boccone. Erano buone. Dannatamente buone. Aveva fatto un buon lavoro. Oishi. disse, dimostrando così il suo apprezzamento ma senza strafare. Non dava nessun tipo di sazio nemmeno in quelle occasioni, dove l'unico modo per intuire il suo apprezzamento era la quantità di cibo che riusciva a mangiare. E pure li non era un metro di giudizio molto affidabile, considerata la portata del suo stomaco. Era riuscito a mangiare soltanto tre delle sei polpettine di polpo adagiate nella barchetta, prima che il suo appetito desse forfait. La sua sete invece pareva non avere fine! Aveva bevuto con piacere fra le quattro e le cinque coppette di sakè, accompagnandole ai takoyaki. Finiscile tu, se ti va. Non mi vanno più. soggiunse, posando la barchetta sul banco insieme alle bacchette, esattamente come erano state presentate al cliente, scostando dunque il piatto in direzione del compagno. Lo zenzero rosso era drasticamente diminuito. A mezzanotte esatta. Abbiamo ancora tempo per comprare tutto e personalizzare la lanterna, quindi non appena avrai finito i takoyaki possiamo muoverci per comprare tutto l'occorrente. disse, cominciando a ponderare su quali colori comperare, quale tipologia di lanterna e cosa disegnare. Erano appena le 22.00 e in due orette sarebbero ampiamente riusciti, secondo i suoi minuzioso calcoli, a completare la decorazione prima del lancio.

Non appena ebbero finito con le polpettine di polpo e non prima di aver salutato Tako-san e aver portato con loro la bottiglia di sakè con due coppette (sapientemente richieste dal rosso), si sarebbero avviati assieme verso quello che era un banchetto pieno zeppo di lanterne colorate, inchiostri e pennelli con setole di varia durezza e misura. Per il castano quello era un piccolo angolo di paradiso, quindi si immerse subito nel cercare quello che era necessario. Era evidente come il rivenditore lo conoscesse e come lui stesso conoscesse bene la qualità di quella merce, ma era evidente quanto fosse volutamente distante Takumi dal dare troppa confidenza, rimanendo molto sulle sue nonostante la scioltezza dell'atteggiamento e della parlantina. Era proprio un caso perso.

Ti va di scegliere la lanterna adatta a questi colori? chiese dunque al compagno al suo fianco, mostrandogli due boccette fra le mani con inchiostro nero e dorato. Scelta semplice e classica, tipica di un artista che sa perfettamente quale accostamento potrebbe risaltare su qualsiasi tipo di colore di base. Se vuoi aggiungere qualche altro colore non farti problemi. suggerì, volendolo rendere del tutto partecipe nella scelta del materiale di base. Ai pennelli avrebbe pensato poi lui in base alle scelte fatte.

 
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view post Posted on 16/4/2020, 14:19     +1   -1
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A pensarci bene il ritorno di Tako-san era stato provvidenziale. Non si aspettava quella reazione da parte di Takumi - o forse si? - e nel momento in cui gli aveva accarezzato il polso, scendendo prima lungo il bastoncino che Yu gli aveva piazzato sotto al mento, il Rosso era certo di aver scorto qualcosa di profondo nel suo sguardo. Pericoloso, ma allo stesso tempo piacevole e avvolgente come una coltre d’inverno. Per un momento era rimasto spiazzato, tra quell’occhiata e quel basso sussurro era rimasto davvero senza parole. E non tanto perché non fosse mai capitato qualcosa del genere con Takumi, piuttosto perché si scoprì gradevolmente appagato da quella connessione blanda fatta di sguardi e carezze accennate. Fu una cosa abbastanza scioccante, tanto che, appena il buon Eiji canalizzò su di sé l’attenzione nel porgere sul bancone i Takoyaki al castano, Yu tirò giù un secondo bicchierino di sakè, senza che nessuno glielo versasse, servendosi letteralmente da solo. Il fuoco del liquore lungo la gola gli diede una scossa non indifferente, aiutandolo ad accantonare momentaneamente quel pensiero per concentrarsi su altro.
In realtà sia lui che Tako-san attendevano con impazienza il verdetto di Takumi, l’uno perché riteneva che l’omone fosse il miglior cuoco di Takoyaki di tutta Kiri, l’altro per semplice orgoglio da commerciante. Ma il castano si prese il suo tempo. Differentemente da Yu non era uno che si buttava sul cibo con una certa foga, anzi, era metodico, controllato. Eppure, il Rosso, che iniziava a conoscerlo piuttosto bene, capì subito che la pietanza gli stava piacendo, ancora prima che assaggiasse la parte più cicciosa del piatto. Non che avesse dubbi che lo zenzero rosso andasse incontro ai gusti del compagno…era bello speziato e piccantino, impossibile non gli piacesse! Tuttavia fu ancora più piacevole sentire chiaramente quel breve apprezzamento, una volta che Takumi ebbe assaggiato una delle polpettine di polpo. Molto essenziale, come suo solito, ma Tako-san era una persona semplice, tanto bastò a renderlo felice e soddisfatto del proprio operato. Se la rise di gusto, prima di voltarsi e andare a sistemare i propri strumenti, lasciando i due clienti a godersi la pausa.
Piuttosto breve a dirla tutta, ma, ehi, era quanto bastava, soprattutto se accompagnata da quel sakè delizioso! Yu e Takumi se lo versarono a vicenda almeno quattro volte, ma il Rosso avrebbe anche potuto aver perso il conto, prima che lo stomaco del castano chiudesse i battenti, proprio come preventivato dal più piccolo. Takumi gli porse le polpette, spingendo dalla sua parte il piatto di cartoncino fatto a barchetta, con tanto di bacchette. Ne erano rimaste tre, ma la maggior parte dello zenzero rosso era sparito. Ma andava bene ugualmente per Yu, i Takoyaki di Eiji erano buoni in qualsiasi salsa!


Grazie! Ridacchiò, afferrando le bacchette e leccandosi i baffi prima di iniziare a mangiare. Sapevo di poter contare su di te!

Fu mentre si cacciava la prima polpetta in bocca che l’amico gli spiegò che avevano ancora tutto il tempo per andare a prendere l’attrezzatura necessaria per decorare la lanterna, prima che fosse il momento di lanciarle. Come da tradizione, andava fatto a mezzanotte, quindi erano in netto anticipo anche considerando il fatto che Yu fosse una capra a disegnare. In realtà si illudeva ancora che Takumi si ravvedesse in merito e decidesse di risparmiare quella povera lanterna dal portare addosso il marchio della sua incapacità artistica, ma nel profondo sapeva che fossero speranze vane. Tanto valeva affogare la brutta figura in arrivo nel sakè. Già, quella sì era una gran cosa! La bottiglia non era nemmeno a metà, sarebbe stato uno spreco lasciarla lì così…e pur avendo tempo, non potevano trattenersi per finirla se non volevano arrivare tardi. A quel punto c’era solo una cosa da fare.

Ehi, Tako-san! Una volta finite le polpettine di polpo, Yu si rivolse all’omone, facendolo voltare. Possiamo portarcela via questa?

La bottiglia? Tako-san occhieggiò verso il sakè e poi di nuovo verso il Rosso, prima di ridere alla sua maniera e fare spallucce. Ah, per me non c’è problema! Però mettila in questo, altrimenti se ti vedono in giro con quella roba in mano penseranno che sei un ubriacone! Prese da sotto al bancone una busta di carta di quelle che usava per dare i Takoyaki a chi li voleva portare via, piuttosto che mangiarli subito. Vi metto anche i sakazuki, ricordati di venire a restituirmeli al banchetto un giorno che passi dal molo, eh!

Tranquillo! Almeno così ho una scusa per venirti a trovare.

Come se ti servisse. Sbuffò l’uomo, sorridendo sotto i baffi. Vedete di non sbronzarvi con quella roba!

E con le raccomandazioni di Tako-san in sottofondo, si salutarono. Yu e Takumi diretti al banchetto delle lanterne, mentre l’omone relegato là dietro a servire clienti per tutta la notte. Ma era il suo lavoro e gli piaceva, non ne avrebbe sofferto.
Busta di carta tra le braccia e castano al fianco a guidarlo nella direzione opportuna, il Rosso si godette il breve tragitto dalla baracca dei Takoyaki al banchetto di attrezzature per pittura e lanterne. Era davvero vicino, ma in quella poca strada i colori della fiera ebbero il potere di stregarlo di nuovo. Un tripudio di luci e tonalità differenti che rendeva tutto più allegro e vivace. Incrociò gli occhi anche con qualche persona che fissava lui e Takumi in maniera preoccupante. Ma ci passò su rapidamente, fregandosene di quelli che si imbambolavano.
La loro meta era davvero ben fornita. Lui non capiva granchè di quella roba, ma bastava un’occhiata per comprendere come quel posto fosse il paradiso per persone come Takumi. C’era davvero di tutto: colori d’ogni sorta, pennelli di varie dimensioni e con setole diverse, lanterne di forme differenti…insomma, come se un gran negozio fosse stato compattato e portato lì per intero! Sembrava anche che il rivenditore conoscesse il castano, ma come era stato con Tanaka-san, il ragazzo manteneva una certa distanza. Per cosa, poi, non si sapeva. Ma non aveva poi granchè importanza: erano lì con un obiettivo loro e il castano non mancò di ricordarglielo. Gli mostrò un paio di colori che aveva scelto, nero e oro, invitandolo a scegliere una lanterna che stesse bene con quei colori e con qualsiasi altro che Yu avesse voluto aggiungere. Era un compito che poteva fare, quello. Non c’era nulla di impossibile, anche per chi come lui non se ne intendeva, nell’accoppiare dei colori che stessero bene. E in quella bancarella ce n’erano davvero tantissimi! Boccette di tutte le sfumature possibili e immaginabili di tutte le tonalità. Alcuni colori manco sapeva come si chiamassero, tuttavia non era un problema. Era solo questione di gusto e tra l’eleganza del nero e dell’oro, a suo modo di vedere un guizzo di colore più netto e acceso ci stava alla grande. Sì, il colore del fuoco.


Tu che dici Kurama..? Un bel rosso non stonerebbe, no?
« E lo chiedi a me? Guarda che nemmeno io sono molto ferrato in queste cose da umani. »
Lo so, ma ce l’avrai pure un’opinione!
Ci fu un attimo di silenzio, quindi Kurama, con una schiettezza disarmante, chiese: « A te piace? »
Sì.
« Questo è quanto basta. »

Incoraggiato dalla breve discussione con la Volpe, Yu scelse un rosso bello intenso porgendolo a Takumi, osservandone il viso di sottecchi per intravedere l’espressione e capire da essa se stesse sbagliando qualcosa oppure no. A prescindere da questo, ora doveva scegliere la lanterna. Erano di tipi differenti: alcune panciute, altre più prismatiche, altre più tonde, alcune rosse, altre con quella carta bianco giallognola. Di sicuro quelle scarlatte erano da escludere a priori, considerato i colori che erano stati scelti. Restavano quindi quelle bianche, la cui scelta avrebbe dovuto basarsi molto probabilmente sulla facilità con cui disegnare sulla loro superficie e lo spazio a disposizione. Ci pensò qualche istante Yu, prima di rispondere, ma non così a lungo come avrebbe potuto sembrare a lui.

Direi che come lanterna quella va bene. Disse, indicandone una con una forma regolare, che facilitava il doverci dipingere sopra qualche cosa. Che ne dici?

 
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view post Posted on 3/5/2020, 20:09     +1   -1
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Sapeva che quella bancarella avrebbe assorbito le sue attenzioni. Era come una tentazione osservare le numerose boccette d'inchiostro dalle svariate colorazioni, sentire sotto l'indice la durezza delle setole dei pennelli artistici e perdersi nei colori e nelle forme variegate delle lanterne esposte in bella vista. Si sentiva come un bambino nel mondo dei balocchi, ma non voleva che il suo accompagnatore si sentisse escluso da quell'entusiasmo. Doveva renderlo partecipe e attivo nella scelta della lanterna che assieme avrebbero decorato, quindi chiedergli di aggiungere un tocco di colore nella sua scelta e di scegliere la forma e il colore di base della materia prima era il minimo. E la sua scelta cadde su una boccetta di inchiostro rosso. Sorrise. Un'ottima scelta, che si sposava perfettamente sia con i colori che aveva scelto che con l'idea che stava balenandogli in mente. Successivamente toccò alla lanterna e il rosso glie ne indicò una dalla forma regolare, realizzata con carta di riso e sulla cui superficie pareva semplice lavorare. Ci pensò qualche secondo su. Si. Mi sembra ottima, anche per il colore tendente al giallognolo. Darà ancora più calore alle decorazioni, una volta accesa. replicò con una certa soddisfazione, prima d'interpellare il venditore e indicare la lanterna scelta dal compagno. Prendiamo quella, se permettete. E questi. e porse le tre boccette di colore, due pennelli accuratamente scelti per dimensione e durezza delle setole (uno grande a setole mediamente morbide per l'insieme; l'altro piccolo e con setole più rigide per le rifiniture e i lavori di precisione), due piattini e uno stralcio di stoffa per pulire i penneli. L'uomo si premurò quindi di mettere tutto in un sacchetto e di porgere la lanterna prescelta direttamente nelle mani del rosso che l'aveva originariamente indicata, accettando poi il pagamento da parte del castano e congedandoli con un grande sorriso. La spesa, per quanto non eccessivamente ricca, era stata abbastanza esosa per le sue tasche, ma non era un problema. La qualità si paga e i ryo non mancavano.

Condusse il suo speciale accompagnatore attraverso altre colorate bancarelle di quella bellissima fiera che, seppur minuscola rispetto ad altre maggiormente conosciute, non aveva nulla da invidiare per colori, sapori e odori. Scelse volutamente di prendere un percorso che permettesse al ragazzo di assaporare ancora un po' quell'atmosfera, di imprimere quell'esperienza nella mente. Avrebbero dovuto appartarsi per poter realizzare le decorazioni della lanterna, quindi era giusto non strapparlo così bruscamente da quel mondo festoso.
Non appena ritenne potesse essere sufficiente, si appartarono in un posto nel quale il cielo stellato era ben visibile e il chiasso del festival arrivava leggermente ovattato alle loro orecchie. Avevano bisogno di calma. C'erano pochi scalini a ridosso di una costruzione che sembrava essere il fianco di un piccolo tempio, probabilmente dedicato ai tragici protagonisti della triste leggenda. Un sospiro, avvicinandosi ad essi e sedendosi sul secondo, posizionando con cura gli strumenti accanto, scartandoli dall'involucro.
Vieni, siediti. disse con un sorriso che avrebbe potuto far sciogliere la volta sopra le loro teste, osservandolo con lo sguardo curioso di un felino e facendogli spazio fra le sue gambe. Hai pensato a cosa disegnare sulla lanterna? chiese, aspettando a esporre la propria idea per poterla magari completare con quella del compagno. Era tempo di dare spazio alla fantasia, e magari di bere ancora qualche coppetta di quell'ottimo sakè che Tako-san aveva loro gentilmente offerto.

 
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