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Non aveva idea del perché il Kokage si trovasse lì, se fosse per un motivo politico o per mero sfizio personale, ma era meglio non rischiare: l’ultima cosa che voleva, al momento, era quella di scatenare involontariamente un qualche incidente diplomatico, o peggio, esser testimone di qualcosa che poteva avere ben peggiori ripercussioni. Inevitabile fu, per Kacchan, ripensare all'assedio subito da Konoha dall'allora capo di Akatsuki, temendo un risvolto del genere anche per quel borgo, con antagonista Hideyoshi, ma... Forse si stava facendo leggermente prendere dalla paranoia, ingigantendo troppo la situazione e vedendo ombre dove, in realtà, non ce ne erano.
Nonostante le parole pronunciate dall'uomo, non si sentiva ancora del tutto convinto della sua buona fede: dopotutto, la sua fama lo precedeva, nonché quella del villaggio di cui lui aveva preso le redini, quindi perché sorprendersi per quella diffidenza? Tutti erano capaci di asserire a motivazioni religiose per poter coprire azioni più torride....
«Oh, un’offerta dice? Oh, beh...» Si grattò il mento coperto da una leggera barbetta bionda, scacciando quelle preoccupazioni che potevano risultare essere dei meri buchi nell'acqua. «Vediamo cosa possiamo fare…» Assunse pensieroso, cercando di ricordare qualcosina di ikebana. Cosa poteva fare?
Si guardò intorno, cercando qualche idea e lo sguardo gli cadde su di un solitario ramo spoglio, contorto e bitorzoluto su di cui vi era rimasto un unico, solitario fiore di camelia dalla tenue colorazione pallida, che diventava di un rosa leggermente più scuro sulle estremità dei suoi petali tondeggianti. Non era molto profumato, come esemplare, e forse era per questo che era rimasto lì, scartato dagli altri acquirenti.
Prese l’intero ramo, tenendolo con cura, quasi fosse un infante, e lo posò sul tavolo, studiandolo in silenzio. «La camelia è un fiore che definirei umile. Sboccia silenziosamente, senza farsi troppo notare. Non ha un profumo forte, certi esemplari addirittura non ne hanno. Hanno una loro bellezza timida e incerta, quasi fossero insicure di loro stesse. Anche il loro modo di appassire è in qualche modo privo d’importanza, per il resto del mondo. Se ne vanno via in maniera altrettanto lugubre e silenziosa. Eppure guardalo, questo fiore. Il portamento e la disposizione dei petali sembrano essere rigidi e dotati di una certa carnosità. Queste caratteristiche ricordano le persone solide, di spessore, che non vacillano durante il loro cammino, bensì proseguono senza indugi per la propria strada. Eppure il ramo su cui è cresciuto è un ramo brutto, contorto, difficile su cui crescere. Deve aver combattuto parecchio, quel fiore, per esser riuscito a prendersi quel posto. E tanto deve aver sofferto e patito, per esser riuscito a resistere fino ad ora.» Spiegò Kacchan, accarezzando i petali di quel fiore tanto delicato, lo stesso che Natsuko, tempo addietro, si era tatuata sul viso, vicino agli occhi. Un monito per quella casata che voleva bollarla come “cadetta”, nonostante avesse il sangue puro della prima famiglia. Niente tatuaggio della casata cadetta degli Hyuga, per lei. Tanto, ci stava già pensando la biologia a distruggerle quegli occhi della stessa, pallida tonalità rosata...
«La camelia indica il sacrificio…» Pronunciò lo Yamanaka, schiarendosi la gola e scacciando la preoccupazione verso l’amica, tornando nuovamente nel negozio di fiori, davanti a quel banco, l’intento di realizzare una composizione per il Kokage. «Rappresenta un pegno ed un impegno ad affrontare un grande sacrificio, in nome di qualcosa di molto più grande.» Spiegò, avvicinandosi quindi ad altri vasi pieni di fiori profumati. Tra questi scelse alcune ortensie, formando un piccolo mazzolino, profumato e dai colori vivaci, che variavano dal bianco al blu fino anche al rosso. Era un bouquet variopinto, che sistemò ai piedi del ramo di camelia, che fissò con un ramo di agrifoglio, con le sue piccole bacche rosse e le foglie pungenti. L’agrifoglio, dopo aver ancorato le ortensie sul ramo, venne sistemato anche intorno ad esso, in maniera tale che le sue bacche e le sue foglie incorniciassero il fiore di camelia, senza però togliergli l’importanza che aveva. «Le ortensie indicano le persone care, al quale siamo legate da diverse forme d’amore, tante come lo sono i colori che questi fiori assumono. Perché l’amore, nella sua universalità, possiede infinite sfumature. L’agrifoglio, invece, per le sue foglie pungenti, ha il significato di difesa, precauzione, ma anche di eternità perché in antichità garantiva protezione dai malvagi e dalle intemperie.»
Posò le mani sui fianchi, studiando attentamente la composizione che aveva realizzato, scrutandola perplesso: nel suo complesso, nonostante la varietà di colori data dalle ortensie, era semplice, slanciata, priva di fronzoli inutili e orpelli di troppo. Nel complesso manteneva una figura triangolare, come richiedeva l’ikebana, eppure... Sentiva che mancava qualcosa, e lo sguardo lo spinse verso fiori che, in una composizione del genere, nessuno si sarebbe mai aspettato di mettere.
Perché il bucaneve, nelle credenze popolari, era sempre stato visto come un portatore di sventura, per la sua forma a campana che si inarca verso il basso, l’insolito periodo di fioritura e la vicinanza al suolo, nonostante serbasse in sé un significato molto più positivo, di vita, ottimismo e speranza. Un macabro dualismo che, ironia della sorte, in qualche modo riprendeva in pieno il nindo di Kacchan, e così decise di sistemarli nella sua composizione, inserendoli tra il ramo di camelia e l’agrifoglio, facendone sbucare qualcuno anche tra le ortensie, proprio come se sbucassero fuori dalla neve.
«Quattro tipologie di piante. Forma triangolare. Non potrei ritenermi più soddisfatto di così. Spero sia di vostro gradimento...» E, così dicendo, si fece da parte, permettendo così all'acquirente di vedere lui stesso quello che il giovane aveva tirato fuori. «Non sono un tipo religioso, anzi. Penso che i Kami ci si puliscano il culo, con le nostre preghiere, ma penso che un omaggio del genere possa andar bene: una richiesta di protezione, mossa dal più umile dei fiori, sperando che la vita non faccia così schifo come lo è stata fin’ora.» Anche la titolare, da dietro il bancone, osservava in silenzio la scena, il fiato sospeso, quasi stesse decidendo se prendere Kacchan e sbatterlo fuori, non prima di avergli tirato un vaso in testa.... O forse quel privilegio sarebbe toccato ad Hideyoshi?