Jouri 場裏 - Anello Esterno

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erlik92
view post Posted on 23/10/2018, 22:41 by: erlik92

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Stavo ormai camminando da diverse ore. Testa bassa, sguardo a fissarmi la punta dei piedi che, con andatura sostenuta, seguivano il passo degli altri shinobi che come me erano stati convocati per rispondere all'invito del Tsuchi no Kuni. Tutti procedevamo in silenzio, ognuno di noi perso nei suoi pensieri. Ansie, speranze, angosce, preoccupazioni si alternavano mutando repentinamente il mio stato d'animo. Ero stato informato del tutto solo il giorno prima. Non avevo avuto modo di prepararmi per quell'evento e non avevo la più pallida idea di cosa mi attendeva. Di tanto in tanto gli altri si avvicinavano a parlottare tra di loro o si limitavano a scambiarsi qualche occhiata più o meno amichevole, mentre io me ne stavo muto, in fondo al gruppo, a fissarli quasi in disparte.

Una svolta si ebbe superata la cinta muraria del kuni che ci ospitava. Da lì, aveva inizio, una strada dal candore immacolato che aveva come meta un punto fisso ad ovest che sembrava risplendere di luce propria. Alla vista di quello spettacolo seguì un brusio che coinvolse la maggior parte dei presenti. Mentre io, in cuor mio, provavo un profondo senso di angoscia misto ad ansia che aumentava ad ogni passo fatto in avanti in direzione della meta. Una strana sensazione cominciò a pervadere il mio corpo. Una sensazione nuova ed inusuale, mai provata prima e difficile da comprendere. Era come se mi fossi risvegliato da un sogno, solo per accorgermi che in realtà quel sogno era la realtà che stavo vivendo. Fino alla vista dell'arena mi ero quasi illuso che nulla di tutto quello che stava accadendo intorno a me fosse reale e che il tutto era frutto della mia fantasia. Ma ora, ad ogni passo in avanti, la fantasia prendeva corpo e diventava una realtà sempre più opprimente e sfiancante, che sembrava quasi far venir meno il fiato e man mano che ci avvicinavamo all'arena quella sensazione diveniva sempre più opprimente. Volevo andare via, fuggire da quel luogo, non ero pronto. Non avrei dovuto trovarmi lì e non volevo essere lì.

L'arena, che fino a qualche minuto prima, era un mero bagliore all'orizzonte si innalzava ora imponente d'inanzi ai miei occhi e, superato l'ultimo muro in calce, ci ritrovammo nella zona d'ingresso. Il bianco era ormai accecante e le dimensioni dell'edificio imponenti, fino a sembrarmi fuori luogo. Volevo andar via da lì, le tempie erano ormai fradice di sudore e il cuore mi batteva veloce nel petto. Non facevo più caso alle reazioni dei miei accompagnatori e tutto ciò che provavo era un profondo senso di angoscia misto a panico. Volevo andar via da lì. Volevo nascondermi da qualche parte e restarvici. Ma, nonostante tutto, il mio corpo, continuava a incedere tra i bianchi corridoi seguendo il resto del gruppo. E fu solo a quel punto che provai una nuova sensazione, anche peggiore di quella provata in precedenza, prigioniero del mio corpo incedevo verso una meta a me ostica impossibilitato a fuggire. Come un vitello, che condotto al mattatoio, resosi conto del triste destino che lo aspetta, poiché allertato dal muggito morente e disperato dei suoi simili, non ha modo di fuggire e gli va incontro rassegnato.

 
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