Jouri 場裏 - Anello Esterno

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ArdynIzunia
view post Posted on 21/10/2018, 20:56 by: ArdynIzunia
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A Man of No Consequence

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iPy8e41
Legenda codici
Narrato
«Parlato»
"Pensato"
Kacchan
#00ffff
Chiyo Akimichi
(team)
khaki
Natsuko Fueguchi-Hyuga
(team)
#ddadaf
Matsuda Nara
(Sensei team)
#918151


Zh1Evc3a partenza da Konoha procedette senza alcun intoppo: il gruppo diretto ad Iwa si divise così su due carrozze, una in cui si sistemò l’Hokage e la sua ristretta cerchia di collaboratori e/o guardie del corpo e l’altra, un po’ più grande, per permettere una comoda sistemazione per i sei ragazzi che avrebbero partecipato al grande evento. Dietro di loro, altri carri e corriere erano stati preparati, per permettere ai civili e altri ninja, di poter seguire l’evento direttamente ad Iwa, intenzionati a respirarne l’aria elettrizzante carica di tensione.

Kacchan, seduto di fianco a Chiyo e di fronte a Natsuko, non smise di staccare gli occhi di dosso da quest’ultima: da quando erano saliti a bordo era rimasta in silenzio, lo sguardo spento fisso nel vuoto oltre il finestrino. Non aveva una gran bella cera, la giovane Hyuga, quasi come se non fosse riuscita a chiudere occhio, quella notte, e non si fosse riposata abbastanza. Una grave mancanza a cui bisognava rimediare, pensò il ragazzo, specie considerando le fatiche che avrebbero dovuto affrontare, se non direttamente quel giorno, quanto meno in quelli a venire.

Non sapendo bene come comportarsi, si allungò verso l’amica, sfiorandole appena il ginocchio, lasciato scoperto dai corti pantaloncini della sua succinta tenuta da combattimento color vinaccia. Nel sentirsi sfiorare, la ragazza si voltò di scatto, le braccia strette intorno al petto, lo sguardo che metteva a fuoco chi aveva osato disturbarla dai suoi pensieri, quasi a volerlo incenerire nell’aver osato tanto. «Ehm, non sembri avere una gran bella cera… Il viaggio verso Iwa è lungo, perché non ti riposi un poco?» Le propose Kacchan, imbarazzato. Quella freddezza da parte della Hyuga lo ferì nel profondo, specialmente quando lei, accigliandosi, rivolse nuovamente lo sguardo verso l’esterno, senza degnarlo di ulteriore attenzione. «Non serve che ti preoccupi tanto per me, ok?»

Sospirando, Kacchan abbassò lo sguardo, consapevole di aver fallito una partita persa in partenza: lei ce l’aveva ancora con lui per come l’aveva trattata e lui, d’altro canto, si sentiva impotente e messo da parte proprio dall’atteggiamento tanto orgoglioso della ragazza. Non riusciva proprio a capire: loro tre si confidavano tutto, perché Natsuko si ostinava a voler mantenere il riserbo con lui? Diamine, con tutto quello che avevano passato, pensava di esser molto di più che un semplice collega, anzi… Per quello che LEI faceva a lui, era convinto di poter dire di essere ben più che amici, loro due… Forse amanti?Non ne aveva la benché minima idea, specie perché Natsuko era un tipo fin troppo lascivo e lussurioso nei modi di approcciare, quindi poteva anche aver facilmente frainteso tutto quanto, magari lui era solo uno dei tanti della sua lista di giocattoli con cui si divertiva…

In quel momento bramava una sigaretta, così, con lo sguardo ancora basso e il cervello in confusione, iniziò a prepararsi una prima sigaretta, poi una seconda, quasi a voler ritrovare la calma nel semplice gesto di rollarle e prepararle. Cartina, filtro, tabacco e rollata. Cartina, filtro, tabacco e rollata. ”Amici, amanti, giocattolo o niente? Amici, amanti, giocattolo o niente?” Preso com’era nel cercare di trovare un senso a tutti quegli anni trascorsi insieme, Kacchan quasi non prestò attenzione a chi gli stava intorno, ma poi Chiyo, che sia benedetta quella santa ragazza, gli tirò una gomitata nel fianco, strappandolo alle sue elucubrazioni amorose.

«Ehm, cosa?» Domandò, stralunato, osservando l’amica indicare Hikarikage che, tutto contento, tirava fuori una strana scacchiera, tutto preso ad elencare una lunga serie di precisazioni e regole su un gioco da lui inventato. «Volete giocare?» Domandò l’Akimichi, mordendo quella che aveva tutta l’aria di essere una carota. A quanto pareva il suo snack per quel viaggio consisteva in un sacchetto di carote già pelate e tagliate a bastoncini. « Nha, non ne ho granché voglia….» Fece Kacchan, triste e sconsolato, con un sospiro mesto e lo sguardo avvilito, atteggiamento che non passò inosservato alle sue due ragazze: il sorriso di Chiyo perse parte del suo solito bagliore, mentre Natsuko, stizzita, sorrise radiosa al più piccolo del gruppo, urtando di proposito il ginocchio di Kacchan e rischiando di fargli cadere tutte le sigarette preparate in quel momento. «Sono curiosa di provare questo tuo gioco, Hikari-ani.»

Prendendosi la testa tra le mani, Kacchan si afflosciò sul suo sedile, non sapendo se sbattere la testa per la frustrazione o se strapparsi i capelli. Ah già, aveva le sigarette, poteva pur sempre fumarne una, ma così avrebbe dato fastidio anche agli altri, e di certo lui non voleva imporre quel suo “calmante” anche agli altri. Riconobbe senza guardare la mano di Chiyo, che gli accarezzò, delicata ma decisa, la spalla sinistra, sfregandogliela leggermente. «Non so come fare Chiyo… Dico davvero…»

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A stento riconobbe la sua voce, per quanto era roca e carica di emozione. L’Akimichi si sporse verso di lui, poggiando la testa sulla sua (questo per via della differenza di stazza tra i due), così da potergli parlare senza che gli altri, Natsuko compresa, potesse sentirli. Non che ce ne fosse la necessità: Hikarikage era così preso dal suo gioco, che aveva, fortunatamente per loro, monopolizzato l’attenzione del gruppo. «Natsuko si è trasferita a casa mia, ieri pomeriggio.» Sorpreso, Kacchan avrebbe voluto poter guardare in faccia l’amica, ma in quella posizione era impossibilitato a fare granché, così si limitò ad irrigidirsi al suo posto, quasi intuendo il perché di una scelta del genere, da parte della Fueguchi-Hyuga. E Chiyo, quasi ad avergli letto nel pensiero, fece di si con la testa, continuando a stringere il braccio dell’amico. «Già, ha ricevuto una visita da suo nonno.»

«Figlio di puttana.» Perché c’era solo una cosa che ci si poteva aspettare, quando quell’uomo si presentava da sua nipote, dopo anni di assenza, e di certo non un allegra rimpatriata di famiglia. Essendo rimasta incinta al di fuori del matrimonio, e di più con un ninja straniero che aveva deciso di abbandonarla, la mamma di Natsuko era stata cacciata e diseredata dalla famiglia, bistrattata in ogni modo possibile dalle persone che le sarebbero dovute stare vicino. Ovviamente, la vita per quella donna non era stata facile, vuoi per le maldicenze e le calunnie nate sul suo conto, che per i disagi economici, crescere la figlia non era stato facile, e di certo il destino non era voluto esser clemente con loro. Come ciliegina sulla torta, di quella disastrata condizione familiare, la mamma di Natsuko si era gravemente ammalata quando lei aveva solo otto anni, per poi morire quando ne aveva raggiunti dodici, e Natsuko aveva ereditato debiti e maldicenze, spesso infarcite proprio da quello schifo di essere umano che era suo nonno e i suoi parenti. Quindi poteva benissimo immaginare cosa una sua visita potesse aver comportato, ai danni della povera Natsuko.

«Me ne ha parlato ieri, quando mi ha chiesto se poteva stare da me… Sai com’è quel verme di suo nonno, così tradizionalista, ferreo e rigido, con quelle sue stronzate del dovere e dell’onore di famiglia…» «Aspetta, provo ad indovinare… “Non osare infangare il buon nome della famiglia”, “Non presentarti mai più a Konoha se dovessi mai screditare l’onore del villaggio”, “Tutto il mondo ti guarda…”» «Ts… Fosse solo quello. Le ha proibito di usare il nome di famiglia. E in più le ha regalato un bel plico di fogli, in cui si attestava che non faceva più parte della famiglia, che veniva cancellata definitivamente dall’albero genealogico e, in più, l’avrebbero dovuta marchiare, perché a detta sua “era inammissibile che una come lei potesse metter a repentaglio il bene più prezioso in possesso del loro clan, e quindi impedirle di ammorbarlo con la sua condotta scellerata e inqualificabile, così come aveva fatto sua madre.”» Nel sentire una cosa del genere Kacchan scattò in piedi, desideroso di prendere quel vecchio bastardo e investirlo più e più volte con quella stessa carrozza, e magari legarlo per le caviglie ad un cavallo imbizzarrito, lasciandolo libero di correre a rotta di collo verso Iwa e anche oltre.

«Come può dire e fare una cosa del genere… Quel verme schifoso… Se lo trovo davanti, giuro che gli faccio rimpiangere di esser nato. Altro che i rituali jashinisti: faccio ritrovare il corpo sparpagliato in seimiladuecentocinque parti, una per ogni giorno di tormento inflitto a quella povera ragazza.» «Lascia perdere, da quel che ho capito, Natsuko non si è stata zitta e gliene ha cantate quattro. Per lo meno non si farà più marchiare, per inibire il suo Byakughan.» Sentenziò con una punta di sarcasmo Chiyo, ritirando giù Kacchan, per evitare che tirasse troppa attenzione su di se. «Aspetta… Come diavolo ha fatto a convincere il vecchio a non farsi marchiare?»

Il silenzio che ne seguì valse più di mille parole, cadendo su di loro come una cappa gelida, e furono le conoscenze mediche di Kacchan a dargli la risposta. «Il glaucoma… Ha peggiorato la sua vista così tanto?» Chiyo alzò le spalle, tirandosi su e rimanendo piegata, per evitare di colpire con la testa il tettuccio della carrozza. «Conosci Natsuko, sai quanto sia orgogliosa e testarda. E io conosco te, e la tua mania di volerci sempre aiutare, anche a costo di ledere la tua salute psico-fisica. Se non ti ha voluto dire nulla, non è perché non si fidi di te, tutt’altro. Non vuole gravarti dei suoi problemi, così come le toccò a lei con sua madre…»

Con un imprecazione, Kacchan diede le spalle alla ragazza, che raggiunse così il gruppo intento a giocare. Davvero non riusciva a capire perché quella ragazza si ostinasse così tanto a tagliarlo fuori.

[…]


L’aria lì fuori era fresca e frizzante, in netto contrasto col bruciore generato dal fumo di sigaretta. Ormai erano quasi giunti a destinazione, e Kacchan, non potendone più, si era issato fuori dalla carrozza e sistemato li sopra, sdraiato sul tettuccio, a contemplare il paesaggio e la calma che gli generava il fumare quella sigaretta numero…. Boh, ormai aveva perso il conto.

«Hai preso proprio un brutto vizio, lo sai?» Natsuko sbucò al suo fianco, tirandosi su esattamente come il ragazzo aveva fatto un’ora prima. Non l’aiutò in alcun modo, rimanendo impassibile, sdraiato con gli occhi rivolti verso il cielo. La sentì sdraiarsi al suo fianco, le braccia piegate dietro la schiena, ad ammirare il panorama. «Ho parlato con Chiyo, prima e… Lo sai come la penso.» «Eppure continuo a non capire. Perché non me ne hai parlato? Chissà magari…» «Magari cosa? Avresti tentato, come tuo solito, di dannarti l’anima per riuscire a trovare una soluzione a tutti i miei problemi?»

Punto sul vivo, il ragazzo rimase in silenzio, la sigaretta tra le labbra serrate, ma lei gliela tolse via, buttandola oltre il bordo del loro mezzo di locuzione. «E anche se fosse? Che male c'è?» Si voltò su un lato, così da averla di fronte rimase ad ammirare la curva della schiena, le gambe lunghe, le braccia dalla pelle chiara e morbida, il suo viso, nascosto in parte dai capelli corti, caduti in avanti perché in quel momento Natsuko aveva posato la fronte sul ginocchio piegato. «Ed è questo il problema. Io non voglio la tua commiserazione, ne quella di nessun altro...» «Commiserazione? Sul serio credi che sia per questo?»

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Accigliandosi, Kacchan le prese il viso tra le mani, cosicché potesse guardarla dritto negli occhi, in quei suoi meravigliosi occhi perlacei sfumati di rosa. «Sei una stupida se pensi che mi preoccupi di te solo per pietà. Lo sai benissimo, farei qualsiasi cosa per proteggere te e Chiyo. Diamine, siete un pezzo del mio cuore, come potrei sopportare di vedervi soffrire? Non posso restare con le mani in mano, senza far nulla...» «Ma devi anche renderti conto che non potrai mai proteggerci per sempre. Dobbiamo anche saper affrontare superare i problemi da soli. Non posso sempre fare affidamento su di te, non posso... E poi tu hai così tante cose a cui pensare.... Non mi sembrava giusto, ecco.»

Con gli occhi lucidi, la ragazza abbassò lo sguardo, senza però smuovere il viso, crogiolandosi del contatto pelle a pelle. Perché diamine non riuscivano ad aprirsi completamente, loro due? Tenendola li, vicino a se, KAcchan era tentato, tentato di dirle tutto, dei sentimenti che lo tormentavano e lo confondevano, delle sue paure e dei suoi sogni, ma quando la ragazza chiuse gli occhi, sospirando, le parole gli morirono in gola, riuscendo a stento a pronunciare il suo nome. «Mi spiace Kacchan, ma... Non posso. Non posso, perchè... Non voglio che tu viva quello che ho vissuto io con mia madre, nei suoi ultimi anni di vita. Non avrei la forza per sopportarlo.»

Quelle parole gli spezzarono completamente le gambe, bloccarono in una morsa gelida il cuore, serrarono le costole sui polmoni, impedendogli di respirare. Le mani scivolarono via dal suo viso, le braccia caddero inermi lungo i fianchi. Cercò la voce, ma l'orrore, anche solo di immaginare un futuro del genere, gli impedirono di proferire verbo alcuno, lasciandolo attonito, mentre sudori freddi iniziavano ad imperlargli la schiena. «N-natsuko.... Io....» La ragazza gli posò una mano sul petto, sorridendogli delicata, iniziando a massaggiargli lo sterno in circolo, quasi avesse percepito il gelo sprofondato nel suo cuore e volesse riscaldarglielo. «In te ho piena fiducia, non potrei mai non averne, lo sai... E comunque le cose si sistemeranno, ho tutto sotto controllo, quindi... Non preoccuparti di me, piuttosto pensa a come dovrai fare per affrontarci al torneo.» Lo agguantò per il mento e lo baciò delicata, sorridendo sorniona. La ragazza indugiò per qualche istante sulle sue labbra, mordicchiandogli quello inferiore, per poi staccarsi.

«Sarà divertente vederti gareggiare al torneo con un tale stato d'animo... Niente favoritismi, però... Solo perché sto per diventare mezza cieca, non vorrà dire che ci andrò leggera con te!» Un occhiolino, un ciao ciao con la mano, e Natsuko scivolò nuovamente in cabina, lasciando Kacchan lì fuori, immobile, lo sguardo fisso davanti a se, sulla carrozza che li precedeva, sulla strada che si dipanava davanti a loro e... sulla città bianca tra le montagne che si delineava all'orizzonte.

«No... Non voglio crederci... Brutta troia....» Che stupido che era stato. Non era sempre stato così, con Natsuko? Quella dannata volpe, che aveva fatto dell'inganno e del raggiro la sua più grande fonte di guadagno, l'aveva infinocchiato proprio per bene: fingere di essere arrabbiata con lui, stuzzicarlo, farsi vedere tanto indifesa in quel momento, per poi nuovamente punzecchiarlo... Era una tattica, una subdola strategia che aveva architettato per ottenere il miglior vantaggio possibile. Perché era noto che il Torneo Chunin fosse una competizione individuale, che metteva alla prova le capacità del singolo, e Natsuko aveva sfruttato la cosa a suo vantaggio. In questo modo Kacchan non solo sarebbe stato clemente nei suoi riguardi, ma l'avrebbe pure coperta le spalle, e probabilmente anche Chiyo era stata raggirata allo stesso modo.

«Quell'infame....» E che fosse dannato pure lui, che, molto probabilmente, farebbe esattamente quello che Natsuko gli chiederebbe.

[...]

Giunti a destinazione, Kacchan rimase folgorato dalla bellezza candida di Iwa, nonostante non fossero effettivamente dentro le sue mura. Si accese una sigaretta, cercando di mettersi il più lontano possibile dall'Hokage, ammirando i vicoli che si intrecciavano, le mura, la folla.... Cavolo, quanta gente si era ammassata li, per vederli combattere per una promozione...

Rabbuiandosi, sbuffò una voluta di fumo verso l'alto, studiando come i flussi d'aria catturassero la cortina e la facessero disperdere, dandogli l'impressione di scorgere delle figure, al suo interno. In testa aveva una confusione tale che, se gli avessero chiesto come si chiamasse, probabilmente avrebbe risposto con un "Emerito Somaro di sto gran cazzo". Di certo non il miglior mod mentale da avere, se si voleva affrontare una competizione del genere. E come avrebbe fatto, allora, a superarla?

«Viviamola come meglio viene...» Sospirò rassegnato, spegnendo il mozzicone di sigaretta sulla suola del suo stivale. Dopotutto, quello non era ormai diventato il modus operandi della sua esistenza?

Le mani infilate in tasca, si limitò ad osservare i presenti, intenti a rifocillarsi con un rinfresco. Quasi controvoglia spilluzzicò qualcosa, ma lo stomaco era ormai serrato in una morsa d'acciaio: a parte qualche sorso d'acqua, non sarebbe riuscito a mandare giù nient'altro. D'altro avviso erano invece Chiyo e Natsuko, che a differenza sua, sembravano perfettamente a loro agio li in mezzo. Chiyo ormai era diventata un tutt'uno con il tavolo del buffet, deliziata dalle lecornie locali, ma manteneva sempre ecomunque un atteggiamento composto e ben educato, intervallando una portata e l'altra con chiacchiere di cortesia con gli altri commensali.

Natsuko, invece? Ovviamente aveva iniziato a sondare il terreno, cercando di studiare i nuovi arrivati,
avvicinando ciascuno con il giusto approccio, con chi gentile, con chi spigliata e con chi... beh, quando iniziò a fare la civetta con un biondino allampanato,
Kacchan distolse lo sguardo, fissando il piatto ancora mezzo pieno che aveva in mano... "Che tristezza... Pensò, lasciando il piatto e facendo quattro passi, almeno fino a che non vide sopraggiungere un anbu di Iwa, così il suo gruppo venne richiamato, per essere così scortato verso l'Arena.
Ancora non avevano iniziato, e già non ne poteva più...Chissà per colpa di chi.
 
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