Kokoro ni Tobikomu 心に飛び込む - DESTATI, Quest Stabilizzazione Kurama Kou , per Lucifergirl88

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view post Posted on 23/11/2018, 20:59     +1   -1
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Com'era facile immaginare, quell'incontro non era gradito né al padre né tanto meno al figlio. Non appena l'aveva avvertito arrivare nelle profondità di quel luogo misterioso, Hōzuki Aoi non aveva fatto una piega. Non si prese nemmeno la briga di chiedersi come un misero scarto di quello che doveva essere un grande Hōzuki potesse essere giunto sino a quel punto senza annegare, o di come mai il suo aspetto non fosse quello del poppante che aveva lasciato a casa. Dall'alto della sua spocchiosa superbia, s'era limitato a osservarlo con un cipiglio severo, disgustato. L'unico pensiero che affollava la sua mente nell'osservarlo era che quello non era suo figlio, e poco importava se adesso il suo aspetto fosse distorto nelle profondità dell'oceano, poiché persino il diciassettenne rimaneva ai suoi occhi sempre quel piccolo aborto dalla zazzera rossa in cerca disperata di approvazione. Yūzora era colui che l'aveva incatenato a una situazione scomoda, che con la sua semplice e del tutto innocente esistenza in quel mondo aveva sbriciolato ogni suo sogno di gloria. Aveva amato Kyōmei Sora, ma quell'amore malato era morto con le aspettative mancate sul figlio. Aveva amato anche lui, molto, prima di conoscere l'amara verità. Il suo primogenito però era diverso dal solito frugoletto spaventato e pronto a compiacerlo, e se ne accorse non tanto dall'aspetto ma quanto per l'atteggiamento che stava dimostrandogli adesso. Quello scricciolo con gli occhioni grandi in cerca dell'amore paterno stava sorprendentemente rivolgendogli occhiate cariche di risentimento, di determinazione. Non era la prima volta, in quel mondo. Voleva mettere fine a quella storia e Aoi ascoltò le sue parole intrise di fiele, accogliendo la sua sfida con un sorrisetto cattivo pennellato sul bel volto. Dimostrare? Non doveva dimostrare assolutamente nulla, era tutto sin troppo evidente. - Temo farai tutto da solo, figlio. - disse aspro pronunciando l'ultima parola come fosse un concetto sgradito, a denti stretti, nel frattempo che il rosso estraeva l'hakanai e soffiava svariate bolle di sapone che rimasero sospese a circondarlo. Pronto alla battaglia.


Fd6u2sX

Allo stesso modo, l'Hōzuki si tolse con uno strattone la mantella e fece per liberare le braccia sia dall'haori che dalla parte superiore del kimono, rimanendo solamente con una canotta nera come la pece prima di legare i lunghi capelli con un nastro rosso. Gli aveva concesso del tempo, e lui se lo prese tutto. Sicuro di sé, come se davanti non avesse alcuna minaccia. Stava bellamente sottovalutandolo. - Non devo dimostrarti nulla che non sai, ma se ci tieni tanto a dar sfoggio alla tua inettitudine.. beh.. - s'interruppe, estraendo una delle katane che aveva legate all'obi per poi puntarne la punta contro il suo unico figlio, sprezzante, in un chiaro segno di sfida. - ..non saranno certo quelle tue simpatiche bolle di sapone a fermarmi. - concluse, scattando in avanti con una velocità impressionante, nemmeno stesse pattinando sul ghiaccio sciolto sotto i suoi piedi. L'intento era piuttosto chiaro e la precisione a dir poco millimetrica, mentre puntava dritto al cuore senza preoccuparsi delle bolle che fluttuavano tutt'attorno. Le avrebbe aggirate, scansate, persino ignorate per porre fine in maniera rapida a quella stupida presa di posizione di una pulce ribelle e altrettanto fastidiosa. Doveva rimetterlo al proprio posto, e fargli così realizzare cosa significasse essere un piccolo microbo contro la potenza sconfinata di un Hōzuki. Dopotutto l'oceano non ascolta la goccia d'acqua, la travolge e basta.



Nessuna tecnica particolare, spero di aver reso abbastanza bene la stronzaggine del papi e.. nulla. Siamo alle battute finali, dai il massimo sis.
 
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view post Posted on 25/11/2018, 14:48     +1   -1
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Non che si aspettasse qualcosa di diverso da suo padre, ma le sue parole avevano sempre e comunque il potere di ferirlo laddove gli altri non riuscivano neanche ad arrivare. Per quanto semplici, per quanto innocue ad orecchio altrui, non era difficile per Yu sentirvi quei concetti nascosti tra le righe che quell’uomo metteva di proposito ora, come ai tempi della sua infanzia. Frecciatine passivo-aggressive, celate in un termine, in un tono, in uno sguardo, in un sorriso. Quando era bambino, a lungo andare, erano riuscite a scavare dentro di lui una voragine talmente grande, da poter essere riempita solamente col significato di quelle parole stesse. Come vermi nella carne, si erano mangiate qualsiasi speranza, qualsiasi desiderio e qualsiasi aspirazione. Consumando tutto lentamente e dolorosamente fino a quando anche il dolore non fu che una delle tante cose da accettare e tenere lì, in quel buco. Adesso era un po’ diverso. Facevano comunque male, erano sempre simili a pugnalate nella carne viva, ma non riuscivano più a farsi talmente tanta strada dentro di lui da rubargli tutto il resto. Alla fine, non era bello sentirsi arrivare addosso quei dardi avvelenati da parte del proprio padre, però almeno adesso non penetravano più così tanto in profondità da potersi permettere di guastare ciò che gli apparteneva di diritto. Oh, il loro riverbero arrivava fin lì, certo. Ma non quella punta ricoperta di veleno. Quella si fermava prima, innescando di contro una reazione in Yu che da bambino non aveva mai avuto. Quella di provare una grande rabbia verso suo padre, quella di voler prendere quelle parole sprezzanti e fargliele ringoiare, spingendogliele nella gola a forza, quella di volergli strappare a mani nude quel sorriso da mangiamerda che aveva stampato in faccia. C’era una cosa però, che non era cambiata: Yu stava ancora cercando di dimostrargli che si sbagliava, che anche chi come lui nasceva senza capacità particolari poteva valere qualcosa. Solo che, a differenza di quando era bambino, non lo faceva per cercare la sua approvazione - l’approvazione di Hōzuki Aoi, contrariamente a quella di Fuyu no Yuki, per lui non valeva nulla - era più una specie di riscatto. Uno spiattellargli in faccia cosa aveva sempre denigrato, senza porsi nemmeno un mezzo interrogativo a riguardo, accecato e chiuso in quella mentalità disgustosa che la maggior parte degli appartenenti a Clan di linea di sangue aveva. Insomma, se da piccolo il suo era un desiderio bianco ed innocente, in un certo senso adesso era l’opposto. Stesso scopo, motivazioni differenti, si poteva dire. L’importante era chiudere quel conto aperto da troppi anni, fosse anche solo con una manifestazione di un suo ricordo. Forse gli sarebbe stato d’aiuto a capire qualche cosa di sé, a propria volta.
Ma questo in quel momento non aveva importanza. Non erano che pensieri ed elucubrazioni, parole, parole, parole che non trovavano alcuno sbocco reale. Solo idee, speranze. Quelle che quell’uomo che aveva di fronte aveva cercato di strappargli ormai parecchi anni orsono, ma che adesso erano molto più radicate di un tempo. Abbastanza da permettere al Rosso di non perdere la testa e di non cadere nel tranello di dare troppa corda alle sfide e alle provocazioni di suo padre.


Io non sono tuo figlio.

Specificò solo questo, a denti stretti e arricciando il naso neanche stesse ringhiando quella breve frase, ma senza togliere gli occhi di dosso al suo avversario. Anzi, le iridi verdi seguirono ogni suo movimento, mentre con una sicurezza di sé fuori dal comune, quello si prese il tempo di levarsi la mantella azzurra e calarsi haori e parte superiore del kimono per liberare le braccia, rimanendo, di fatto, con solamente una canotta di contenimento addosso. Inutile dire che fosse palese che lo stesse ampiamente sottovalutando, ma questo dava a Yu diversi vantaggi…da quello di approfittare di quella sua sbruffonaggine, a quello di poter pensare un po’ a come comportarsi. Non conosceva molto il modo di combattere di suo padre…o meglio, quello un po’ lo ricordava, ma da qui a dire che sapesse a menadito tutto ciò che sapeva padroneggiare e in cui aveva talento, c’erano di mezzo tutto il Paese del Fuoco e pure quello del Vento. Non si sentiva minimamente di fare ciò che stava facendo lui - ovvero prenderlo sottogamba - e arrischiarsi a mettere in piedi strategie complesse, senza sapere bene se avessero avuto possibilità di andare a buon fine o se potessero venire stroncate addirittura nelle fasi di preparazione iniziali, ancor prima di essere messe in atto. Così come non gli andava di mostrargli subito i trucchi delle sue bolle. Perché sì, le aveva già posizionate sul campo, ma non per usarle per attaccare sin dal primo momento. Diciamo che erano uno specchietto per le allodole e dalle parole di suo padre, pareva che quel trucco innocuo avesse pure funzionato.
Ora che aveva finito di sistemarsi anche i capelli, con la sua dovuta calma, spostando il laccio che li teneva fermi in una coda molto bassa, in modo da crearne una alta, il Rosso lo vide estrarre una delle katane che teneva legate all’obi. Fu il suono dell’acciaio che veniva estratto a riportare la sua completa attenzione sull’uomo, giusto in tempo prima di vederlo scattare in avanti in un affondo. Velocissimo, sembrava stesse scivolando sulla superficie di ghiaccio più che correndo sulla stessa, ma per quanto rapido non sarebbe stato un attacco frontale come quello a mettere il Chunin in difficoltà.
Il suo corpo reagì quasi più rapido della sua stessa mente. Il chakra venne fatto confluire nei muscoli delle gambe, per garantirgli uno scatto maggiore e sulle piante dei piedi, per dargli una maggiore stabilità sul terreno non propriamente dei migliori. Quindi, non appena la lama della spada di suo padre fu abbastanza vicina da essere pericolosa, Yu scansò di lato, portandosi ad una distanza tale da non permettere un immediato attacco ravvicinato dell’avversario, ma non troppo da non concedere a sé stesso l’opportunità di ricambiare la gentilezza. Oh, lo aveva ben visto dove aveva cercato di mirare. Non era mica stupido suo padre…se si volevano causare danni seri a qualcuno era al cuore che si doveva mirare, perché pur mancandolo c’era una buona probabilità di colpire qualche altro organo vitale. Erano le basi quelle, come erano le basi crearsi una buona opportunità, perché il proprio attacco riuscisse a superare le difese altrui.
Hōzuki Aoi aveva visto le bolle. Le aveva tenute d’occhio avanzando verso di lui, non sapendo cosa aspettarsi. E poco prima le aveva denigrate definendole “simpatiche”. Il che significava che le aveva notate e che il suo specchietto per le allodole aveva fatto centro. Suo padre avrebbe pensato alle bolle, e lui gli avrebbe dato motivo per farlo…senza però usarle seriamente per un vero attacco. Troppo semplice così. Le avrebbe sfruttate certo, ma per portare il suo avversario dove voleva che fosse. Ne agganciò un paio, senza dare ad essere alcuna caratteristica particolare, lasciandole vergini, e le fece muovere verso suo padre fingendo un attacco, utilizzando le effimere solamente per seguire i movimenti di Aoi, per distrarlo mentre la vera offensiva prendeva forma nella sua mano destra: un globo instabile di fulmini pronto ad essere lanciato. In realtà un'altra beffa, perché schivarlo non sarebbe bastato per proteggersi dall’elettricità da esso scaturita, in quanto il vero obiettivo di quella sfera folgorante era il terreno e non il corpo di suo padre. Terreno che, nel loro caso, era ricoperto di un sottile strato d’acqua. Già, non aveva intenzione di andarci per il sottile, Yu. Voleva prima di tutto capire se il suo Raiton fosse utile in quello scontro o se suo padre avesse una qualche difesa che ne annullasse gli effetti. Attese quindi giusto il tempo che Aoi evitasse le sue bolle, tenendo d’occhio costantemente i suoi piedi, così da poter prevedere il movimento successivo. Solamente poi, caricando il braccio indietro e riportandolo rapidamente in avanti, come stesse lanciando una palla, scagliò il suo globo di fulmini verso di lui, puntando però a terra. Pronto a qualsiasi reazione fosse giunta dalla controparte.


<ninjutsu elementale a lungo raggio> - - Scarica a Terra - [Chk: 50/110][Int: +75/145] "Il ninja concentra il proprio chakra in una sfera instabile di elettricità, per poi scagliarla contro l'avversario. Non appena la sfera tocca il terreno, esso sarà pervaso per un attimo da una potente scossa elettrica, che renderà estremamente difficile difendersi da questo attacco. Chi si difende dall'attacco, qualora subisca danno certo, vedrà i punti Sonnolenza e Paralisi che subirebbe, aumentare di 10/15."

 
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view post Posted on 1/12/2018, 19:14     +1   -1
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'Io non sono tuo figlio'. Se glie l'avesse detto tempo prima e quelle parole fossero corrisposte a un'assoluta verità, probabilmente suo padre ne avrebbe gioito. Ma non era questa l'occasione, seppure sulle sue labbra venne a dipingersi un sorriso strano. V'era una sorta di disgusto simulato che macchiava quel senso di compiacimento per la risolutezza del ragazzo che s'apprestava a tentare di farlo fuori, ma fu un attimo troppo rapido perché Yūzora potesse fare elucubrazioni su quella minima stranezza. S'apprestava a combattere un nemico odiato, un nemico che lo sottovalutava e che per tanto tempo lui aveva invece sopravvalutato. Idealizzato. Tutto il suo mondo sarebbe stato diverso se solo fosse stato un Hōzuki come suo padre, ma allo stesso tempo non sarebbe stato il suo mondo; Kurama l'aveva scelto annidandoglisi dentro fra centinaia di migliaia di persone li a Fukagizu e aveva mostrato fiducia, nonostante gli muovesse contro i fili sparuti dei suoi stessi dolorosi ricordi. Difficile dire il perché facesse tutto questo, ma era certo che non poteva deludere le sue aspettative o sarebbe stato l'epilogo peggiore di quel tortuoso viaggio. E poi darla vinta a suo padre e a tutto quello che gli aveva sempre sputato contro? Nossignore. Piuttosto avrebbe versato sangue sul pavimento e riso a crepapelle del suo stesso dolore, questo era sicuro. Perché quello era Kyōmei Yūzora, un giovane uomo con dei valori ben più alti di uno stupida pozzanghera felice solo con altre pozzanghere.
Lo specchietto per le allodole funzionò piuttosto bene, specie perché Aoi non era così stupido da sottovalutare davvero un avversario. Aveva adocchiato le bolle, non le temeva nel vero senso della parola ma da shinobi era d'uopo dare il beneficio del dubbio anche agli elementi apparentemente più innocui. Nel momento in cui il rosso fece per evitare la punta della sua affilatissima katana, subito quelle s'erano mosse con lui simulando un attacco nei suo confronti che, dapprima, avrebbe voluto stroncare facendole scoppiare in una miriade di goccioline d'acqua ma, col senno di poi, preferì evitare giocando d'agilità. Una capriola, una schivata, un movimento fluido e qualche passo indietro per non farsi prendere, in una sorta di danza che terminò nel momento stesso in cui i suoi occhi azzurri adocchiarono suo figlio, pronto dalla distanza a colpirlo con un globo di fulmini. Sgranò gli occhi a quella vista, collegando l'intento ma non riuscendo ad agire per tempo: glie l'aveva fatta. Il Raiton si propagò rapido sul campo umido e giunse a colpirlo con una velocità eccessiva, facendogli digrignare i denti e costringendolo in ginocchio col peso tutto sulla spada, adesso conficcata nel ghiaccio. Era una folgore piuttosto forte, animata dal sentimento di rivalsa di quello scricciolo alla ricerca di attenzioni che adesso stava mostrando le palle. Ma Hōzuki Aoi non era un dilettante e nemmeno uno stupido. L'espressione d'intolleranza e sofferenza si tramutò in un ghigno maligno mentre sollevava lo sguardo glaciale sulla sagoma del figlio, prima di scattare con un balzo in aria sino alle bolle, stanziando in una per poi raggiungere rapido in sequenza un'altra. Yu non si fece cogliere però impreparato, e non appena ebbe capito l'intento del padre fece esplodere la bolla sul quale pose piede insieme alla successiva.
L'esplosione fu piuttosto rumorosa e Aoi ne rimase coinvolto, ma qualcosa pareva non essere andata come sperava il rosso. L'Hōzuki riportava ferite adesso che era piombato al suolo e l'elettricità statica aveva scaricato il grosso della sua potenza propagandosi in quel mondo, e per quanto gravi potessero sembrare erano nulla in confronto a quello che mostrava. Sorrideva. Prima sommessamente, poi sempre più sguaiato, come se stesse divertendosi un mondo. Non c'era pena nella sua voce, non c'era pietà nel suo cuore. -
Vuoi forse distruggere questo mondo, Yu? Non ricordi più perché sei qui? Lascia che ti rinfreschi la memoria.. questo è suo vero? - e slacciò dalla katana un nastro bianco semi rovinato dall'esplosione, lasciandolo in balia della corrente di modo che arrivasse a lui. E lo vide bene quel nastro, in maniera assai chiara, poiché quella semplice stoffa rievocò subito in lui un ricordo che stava sbiadendo. Quello era il nastro per capelli di Takumi. - Patetico. Tutta questa fatica per raccogliere degli scarti che non ti servono. Sei disposto pure a confrontarti con me, tuo padre.. a debellarmi dalla tua memoria per non lasciare che quel barlume li nel petto si spenga, vero? - era fiele quello che usciva dalle sue labbra, cattiveria di un cuore completamente nero, marcio. - Mi dispiace tanto, ma io faccio parte della tua testolina e non potrai mai cancellarmi. Puoi provare a cacciarmi in un angolo, ma prima o poi inghiottirò ogni barlume di luce nel tuo cuore, figliolo. - come un parassita, si sarebbe appropriato di ogni cosa buona e l'avrebbe rovinata. Si sollevò e puntò l'indice contro di lui, prendendo la mira, pronto a sparare. - Ti annullerò. La tua esistenza è un errore. - e con quelle parole, quasi come fossero una sentenza ultima e esprimessero un 'poniamo rimedio', tre proiettili d'acqua vennero scagliati contro l'avversario. Uno alla testa, gli altri due al petto.

E in tutto questo trambusto, una voce che pareva un'eco portata dai flutti agitati di quell'oceano giunse alle orecchie del rosso. Una voce amica, o che comunque aveva cominciato a vedere quasi come tale. -
« Non demordere. Tu hai l'arma più potente di tutte. Ricorda. Sei diverso. » - diceva quella voce, quasi volesse spingerlo a trovare qualcosa, ad innescare qualcosa. Diverso. In quel momento erano solo un padre e un figlio che stavano riversando l'uno l'odio sull'altro e viceversa, cosa potevano mai avere di diverso? E quell'arma di cui parlava? Dov'era quell'arma? Come poteva afferrarla?



CITAZIONE
<ninjutsu Elementale a Lungo Raggio> - Mikadzuki: First Attack - (Chk: 60)(Int: +70) “Concentrando la propria energia muscolare e il proprio chakra, lo Shinobi d'Acqua riesce ad accumulare una quantità moderata di liquido compresso nella punta del suo dito indice, dopodiché la fa esplodere in un solo attimo verso il proprio avversario che vedrà arrivarsi contro un proiettile d'acqua a velocità impressionante, quasi non visibile alla vista di un uomo. Causa ferite da Perforazione. Utilizzarlo la prima volta non costa nulla, ma per quelle successive il Ninja sarà obbligato a bere 10 Cl d'acqua, o a pagare oltre il costo in Chakra anche uno di 10 di Salute.”
 
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view post Posted on 2/12/2018, 17:09     +1   -1
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Fu un’esplosione di luce quella che investì il campo di battaglia. Un “bzzzt” fastidioso e ronzante si fece largo sulla superfice di ghiaccio disciolto, mentre le scariche elettriche correvano ovunque, anche a vista d’occhio, come zampe di ragno luminose, propagandosi in lungo e in largo coadiuvate dal conduttore fino ad agguantare il proprio obiettivo. Suo padre era stato bravo a schivare le sue bolle. Abile, veloce, aiutato da quei movimenti impossibili che solo chi non ha giunture umane riusciva a compiere. Ma sfruttando quella sua agilità inumana, peccando di quella sua innata arroganza a presunzione, aveva distolto gli occhi dal suo reale avversario, ovvero Yu, trovandosi letteralmente impreparato nel momento in cui questi aveva scaricato a terra il globo di folgore appena creato. O magari, si potrebbe anche dire che si trovò proprio nel punto in cui il Rosso voleva che fosse, erano punti di vista quelli, che non cambiavano minimamente il risultato dell’azione del Chunin. Guardò quasi stupito suo padre, caduto in ginocchio, reggersi sulla propria spada conficcata nel ghiaccio…Era riuscito a coglierlo di sorpresa, era riuscito a trovare un buco in cui infilare un proprio attacco. La sua tattica aveva funzionato e se anche non aveva fatto così tanti danni, era comunque un punto di partenza da cui iniziare. In fin dei conti sembrava che l’avversario che si trovava di fronte non fosse così invulnerabile come aveva sempre pensato: poteva essere ingannato, poteva essere preso in contropiede, poteva essere sorpreso. Se anche gli era superiore in forza, forse avrebbe comunque avuto modo di superare le sue difese ed era caso di approfittarne, quanto meno prima che l’Hōzuki iniziasse a fare sul serio. Oh, non era certo così stupido Yu da pensare di avergli fatto chissà che cosa, suo padre non era né un novellino né tanto meno uno sciocco. Se quel suo espediente aveva funzionato era proprio per queste due caratteristiche e, di fatto, non ci mise poi così tanto a rimettersi in piedi.
Fu tutto dannatamente veloce. Un momento prima stava piegato a terra, digrignando i denti mentre le scariche elettriche percorrevano impietose il suo corpo, un attimo dopo su quello stesso viso si era aperto un ghigno maligno, accompagnato da un’occhiataccia glaciale che Yu percepì fin nelle ossa. Rabbrividì, di quei brividi che si sentono prima che accada qualcosa di brutto, quelli che fanno rizzare tutti i peli sulla nuca e che raggelano il corpo fin nelle viscere anche nel bel mezzo del torrido deserto del Vento. Il Rosso fu certo in quello stesso istante che suo padre stesse per fare qualcosa e ne aveva ben donde! Con un rumore strusciante, estrasse rapido la katana dal ghiaccio balzando agilmente in aria, mirando alle bolle che Yūzora aveva preparato poco prima. L’intento? Non fu difficile capirlo. Mirava a lui e voleva raggiungerlo balzando da un’effimera all’altra sfruttando il fatto che non fossero deboli come normali sfere di sapone. C’era un solo problema nel suo piano: quelle bolle appartenevano a Yu. Incatenate a lui attraverso un legame di chakra indissolubile attraverso il quale il ragazzo poteva muoverle secondo traiettorie complesse da lui preparate o, al contrario, imbrigliarle in un punto preciso, quelle bolle erano costantemente in collegamento con il loro creatore che poteva decidere di fare di loro ciò che più riteneva opportuno.


Folle. Cosa pensi di fare?

Non l’avrebbe fatto avvicinare tanto da essere un pericolo. Anzi, avrebbe sfruttato quella sua offensiva, rivoltandogliela contro. Individuata la direzione intrapresa dal padre, gli ci volle un attimo ad innestare, nella bolla su cui Aoi stava per mettere piede e quella immediatamente seguente, un chakra instabile e denso, per poi farle esplodere. Fuoco e fumo dall’acqua. Sembrava impossibile, eppure il Gruppo Awa era depositario di una tecnica tanto assurda quando efficace. Il rumore fu attutito un po’ da quello strano fluido che tutto avvolgeva, così come l’onda d’urto, ma furono entrambi comunque forti. Yu si protesse dal colpo scaturito dalle sue stesse bolle, irrigidendosi sul posto e proteggendo il proprio viso col braccio e subito l’odore di fumo e fuoco, si mischiò a quello del sangue e dell’acciaio. Un’onda di calore investì le parti di pelle scoperte, costringendolo ad assottigliare un poco gli occhi infastidito, prima di poter scrutare oltre la cortina di fumo. La foschia si diradò con una certa lentezza, quasi fosse ostacolata dall’atmosfera fluida di quel luogo, mettendo in luce il corpo di suo padre. Se ne stava a terra, i suoi bei vestiti rovinati dall’esplosione e ferite da ustione sparse qui e là. Ma tutto pareva meno che preoccupato delle proprie stesse condizioni. Rideva. Rideva come se fosse fuori di testa, prima sommessamente, poi sempre più forte e sguaiato, scatenando l’ovvia reazione infastidita di Yu che, di contro, non aveva la benchè minima voglia di ridere, ma nemmeno di farsi deridere da quella persona in particolare. Era insopportabile, irritante a dir poco e chiunque avrebbe visto queste due sensazioni dipingersi trasparenti sul viso del Rosso, andando a creare quelle rughe tra le sopracciglia e sul naso, come stesse trattenendo un ringhio. Quando poi l’uomo iniziò a parlare in quel modo, l’insofferenza di Yu si fece talmente evidente che anche un cieco l’avrebbe notata.

Che vuoi dire?! Certo che me lo ricordo! Fece, ostile, per poi finire in maniera piuttosto velenosa. Non ho avuto bisogno di te per anni, non vedo perché mai dovrebbe servirmi adesso averti come segretaria.

E avrebbe volentieri aggiunto ancora qualche cosa se solo l’Hōzuki non avesse fatto quella cosa. Slacciò dalla katana un nastro bianco, sciupato e danneggiato dall’esplosione creata da Yu, lanciandolo nei flutti invisibili del fluido, in modo che la corrente lo cullasse e lo portasse fino al Rosso. Lento, il laccio si fece strada fino a quando, allungando una mano, il ragazzo non riuscì ad afferrarlo saldamente nel palmo. Inutile dire che fosse più che vagamente sospettoso nei confronti del padre…prima di osservare il pezzo di stoffa, gli lanciò un’occhiata tutt’altro che fiduciosa, pensando si trattasse di un trucco o una maniera per distrarlo prima di attaccarlo di nuovo. Ma Aoi non sembrava in vena di brutti giochetti sleali, così Yu, anche se riluttante, riportò lo sguardo sul nastro che teneva tra le dita. Non ci volle molto perché gli si chiudesse la gola. Conosceva quel laccio, lo conosceva bene. Apparteneva a quei ricordi che stavano andando via via sbiadendo e che lui era lì per recuperare. Apparteneva a lui, Takumi, di cui non ricordava più il nome né il viso. Quell’amico per cui aveva accettato di scendere laggiù e affrontare il fulcro del suo dolore che era suo padre. Quell’amico che, però…suo padre non conosceva. Sgranò gli occhi un momento, osservando stranito l’uomo che aveva davanti, non capendo più con chi avesse a che fare. Hōzuki Aoi non avrebbe dovuto conoscere il castano, era morto molto prima di averlo potuto fare e, se quello era semplicemente un suo ricordo, avrebbe dovuto rispecchiare queste caratteristiche. Invece no. Quello che aveva di fronte sapeva a chi apparteneva quel nastro, sapeva anche il motivo per cui Yu era sceso fin lì! Non poteva essere semplicemente un ricordo. Ma allora chi? Gli unici a sapere ciò che stava accadendo in quel mondo distorto avrebbero dovuto essere lui e Kurama. Erano loro i giocatori lì dentro, tutti gli altri erano solo ombre…ricordi, manovrati dalla Volpe, no?

Quindi cos’è l’individuo che sto affrontando? Il Demone? La mia parte oscura, cristallizzata nel fulcro del mio dolore, che è mio padre? Entrambi? Forse nessuno dei due? Con chi diavolo sto combattendo realmente?

E fu allora che altri tasselli di quel puzzle presero a traballare. Come poteva essere lì a combattere con qualcuno di cui non conosceva minimamente lo stile di combattimento? Se ci pensava e si concentrava, non aveva mai visto suo padre battersi se non che in rarissime occasioni, ma anche di queste ultime ricordava si e no pochi dettagli. Se gli avessero chiesto di descrivere quale fosse il suo modo di lottare non avrebbe saputo dirlo…allora com’era possibile che ora fosse lì davanti a lui e possedesse un modo di fare tutto suo? Non lo era. Non era minimamente possibile che quelle caratteristiche fossero tratte dai suoi ricordi. Che diavolo significava?

Ma chi cazzo sei tu? E’ ovvio che non sei mio padre! Fece, stringendo in pugno quel nastro importante quanto la vita stessa. Quanto meno non solo.

Non vi fu immediata risposta a quell’insinuazione, però. Il presunto Aoi tornò a sputare fiele, questa volta su ciò a cui Yu teneva di più, su ciò per cui combatteva, sbagliando completamente il tiro su quanto, invece, riguardava lui stesso. Debellarlo dalla sua memoria? E quando mai Yu aveva voluto questo? Era ciò che era anche grazie a lui. Se non fosse stato così, chissà che razza di persona sarebbe diventato…quell’Hōzuki era il perfetto esempio da tenere a mente e non imitare. Eliminarlo dai suoi ricordi sarebbe stato solo dannoso. Lo aveva sempre tenuto in un angolino, assieme alle sue memorie più buie, sia perché non era possibile da sradicare, sia perché, per quando lo odiasse e gli facesse ribrezzo, anche suo padre aveva lasciato un grosso segno sul muro della sua vita. Nero, profondo, un solco indelebile che difficilmente sarebbe mai stato sanato. Ma era anche merito di quel solco se adesso Kyōmei Yūzora era ciò che era. Non un merito diretto. Suo padre, di fatto, non aveva mai fatto nulla per lui, ma qualcosa di indiretto, qualcosa che gli aveva permesso di diventare ciò che tutt’oggi era e non la malacopia di qualcun altro.
Sorrise amaro, ma al contempo divertito nel sentirgli dire quelle parole circa il voler inghiottire qualsiasi barlume di luce vi fosse nel suo cuore. Kurama aveva detto una cosa simile e, forse, se non l’avesse fatto, il discorso di suo padre avrebbe fatto più presa. Ma adesso non più. Forse l’Aoi che si trovava di fronte era davvero la sua parte oscura che tentava in tutti i modi di soffocare qualsiasi bagliore vi fosse ancora in lui, ma Yu ora sapeva che dipendeva da lui lasciarglielo fare o meno.


Puoi provarci. Disse, mentre si legava saldamente il nastro bianco al polso. Quindi alzò lo sguardò piantandolo dritto verso suo padre, o quello che rappresentava. Ma io non te lo lascerò fare.

A quel punto giunse la sentenza dell’uomo. Rimessosi in piedi, allungò la mano puntando il dito verso Yu, manifestando il suo desiderio di annullarlo, incidendo quelle parole in quel preciso istante quasi fossero un ultimo verdetto, prima di attaccare. A quel punto, tre proiettili d’acqua presero forma di fronte la falange distesa e si scagliarono a velocità impensabile contro il ragazzo. Quasi invisibili all’occhio, Yu riuscì appena a scansarsi di lato, scivolando sul ghiaccio per evitarle, ma venne ugualmente ferito di striscio sul braccio. Imprecò a denti stretti, mentre tornava a rimettersi in piedi. Il taglio bruciava, ma non era nulla di grave. Lo guardò giusto un attimo, avvertendo il liquido caldo scendere sulla pelle e impregnare leggermente la sua casacca attorno alla lacerazione, prima di tornare con l’attenzione su suo padre. Ancora una volta aveva mirato senza scrupolo a punti vitali. Ancora una volta aveva manifestato la chiara intenzione di toglierlo di mezzo senza troppi problemi. Ancora una volta quel dolore al petto gli strinse il cuore in una morsa d’acciaio.
Fu proprio in quel momento, mentre le iridi chiare si rivolgevano alla figura che aveva di fronte che una voce conosciuta si fece strada nella sua mente, pronunciando parole criptiche, spingendolo a fare qualcosa che Yu non comprendeva appieno. Il discorso frammentato di Kurama portava con sé concetti ormai noti al Rosso. Sapeva bene quale fosse la sua arma ormai, la sua occasione, rappresentata da quelle frasi che agli inizi di quell’avventura la Volpe aveva utilizzato per descrivere la sua scelta. Il problema era che non aveva la più pallida idea di come agguantare quella sua possibilità. Come poteva utilizzare le carte che aveva scelto, la luce che tutt’ora custodiva nel suo petto e che lo aveva confortato nei momenti più bui di quell’odissea?


Questo lo so! Ma non so come fare!
E poi si può sapere con CHI o COSA sto combattendo realmente?!


Che avrebbe dovuto fare per poter afferrare quell’occasione? Aspettare che arrivasse da sé, dal cielo, manco fosse la manna, o crearsela con le sue stesse mani? Solo domande. Domande domande, domande senza alcuna risposta. L’unica cosa certa era che se non si fosse mosso lui, questa volta ad approfittare della sua distrazione sarebbe stato Aoi, e non poteva assolutamente permetterselo. Riportò la guardia alta, rivolgendosi nuovamente al padre. Facendo in modo che la sua attenzione fosse tutta per lui questa volta, canalizzandola su di sé, sia con le parole che con i gesti.

Ti sbagli. Asserì con una certa convinzione. Non è mai stata mia intenzione debellarti. Sono qui solo per affrontarti, per recuperare ciò che mi è caro. Fece una pausa prima di riprendere. Sarei uno sciocco a volerti cancellare. Sono ciò che sono proprio perché ho avuto un ottimo esempio da non imitare. Fosse stato altrimenti, forse non avrei mai incontrato Kai, Izumi e gli altri. Forse non avrei cagato di striscio Shi, Urako e Nuru. Forse non avrei mai avuto modo di conoscere l’amico per cui sono qui. Involontariamente andò a toccare il nastro legato al polso sinistro. Ma non mi aspetto di certo che tu capisca. Sei vuoto padre. Non hai nulla per cui combattere se non la tua schifosa apparenza. E finchè continuerai a guardare il mondo da dietro il vetro di un acquario, stai pur certo che non riuscirai mai ad annullarmi!

Senza attendere una replica, a quel punto Yu caricò il proprio corpo di elettricità. Scintille iniziarono a balzare attorno a lui, staccandosi dalle sue membra per poi tornarci, accompagnate da “bzzt” più o meno marcati, ma in ogni caso, ben poco rassicuranti. Questa volta, avrebbe fatto l’esatto opposto di quanto messo in atto precedentemente. Con tutta probabilità suo padre si sarebbe aspettato una tattica simile, se non uguale, all’attacco effettuato poc’anzi, quindi l’ideale per spiazzarlo nuovamente era fare qualcosa di diametralmente opposto. Aveva fatto in modo che l’attenzione dell’uomo si concentrasse su di lui con quel discorso, e ora stava mostrandosi palesemente ostile e pronto a lanciarsi contro di lui in un attacco Raiton sia fisico che non. Ma per Aoi questa volta le vere nemiche erano le bolle: ben due erano state prescelte dal Rosso per quell’attacco. Una senza alcun effetto, che fungeva da diversivo, proprio per richiamare l’esperienza di poco prima, mentre l’altra era stata caricata di un chakra volubile, leggero, ma non per questo meno pericoloso. Le bolle accecanti erano infime, davano una bella botta e contemporaneamente attaccavano gli occhi del bersaglio mettendoli fuori uso. Senza la vista forse il suo avversario sarebbe ugualmente riuscito ad individuare Yu, attraverso l’odore o i suoni o il chakra stesso…ma non le sue bolle. Sarebbe stato un passo avanti per riuscire ad aprirsi un varco e, forse, ad avere quella fantomatica occasione di cui aveva bisogno.
Si apprestò così a fingere l’offensiva. Senza mostrare alcuna esitazione derivante dal fatto che quello non fosse un vero attacco, Yu si lanciò contro il nemico fintamente pronto a colpirlo col proprio Raiton canalizzato nel corpo. Contemporaneamente mosse due delle sue bolle, facendole partire con traiettorie insidiose: prima la vergine, poi quella effettata che aveva il compito di andare a cogliere in fallo l’uomo nel momento in cui - e se - si fosse difeso o avesse schivato la prima effimera. Per contro, il ragazzo era prontissimo a convertire quel suo finto attacco in una difesa se ce ne fosse stato bisogno o se qualcosa fosse andato storto. Ma di sicuro non avrebbe mostrato insicurezze in quel mentre. Se c’era una cosa chiara che gli aveva detto Kurama, era quella di non arrendersi e lui non l’avrebbe fatto per nulla al mondo. Non quando in ballo c’era qualcosa di così importante.


<attivazione> - Bolle Accecanti - (Chk: 40)"Delle bolle molto semplici, in maniera non dissimile dalle Bolle Fumogene, ma più mirate. Esplose, le effimere rilasciano una polvere rossa che intacca soprattutto gli occhi degli avversari accecandoli dolorosamente. Queste bolle infliggono sia ferite da Contusione che da Accecamento diviso 2."

<ninjutsu Elementale a Lungo Raggio> - Shiaiton: Vista Doppia - (Chk: 50) (Ml: 2) (Int: +50) "Tra le tecniche dei Genin del Clan, questa è senz'altro la più arguta. Soffiando due bolle di medie dimensioni, il Ninja le carica di chakra cosicché, oltre ad assumere una specifica caratteristica, inizino a fluttuare a casaccio, senza una rotta apparente, verso l'avversario. Le bolle si allontanano parecchio l’una dall’altra in questa operazione, non rendendo chiaro quale delle due attaccherà per prima. In realtà, una è un diversivo, che esploderà non appena l'altra scatterà nel vero attacco. Questa tecnica da un malus di 15 alla difesa dell'avversario."

 
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view post Posted on 5/12/2018, 18:30     +1   -1
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Aveva capito che c'era qualcosa di strano, di completamente sbagliato in quello che suo padre aveva detto quel momento; soltanto il fatto di possedere il laccio per capelli dell'amico del quale aveva perso gran parte dei ricordi era di per sé un campanello d'allarme, ma l'ulteriore e decisiva conferma dei suoi intimi sospetti pervenne nel momento in cui l'Hōzuki glie lo fece pervenire, insinuando che chi stava dietro a quel semplice oggetto logorato dall'esplosione fosse il motivo per il quale il rosso aveva mosso i suoi passi sino a quel momento. Come poteva sapere una cosa del genere una mera proiezione dei suoi ricordi? Sorrise suo padre, d'un ghigno maligno e per nulla rassicurante, ma non rispose alla sua domanda. Non c'era bisogno di rispondere. L'unica cosa veramente importante era che l'avrebbe fatto fuori, senza se e senza ma, cancellando ogni traccia di quella flebile luce che aveva intravisto nelle speranze stesse del figlio testardo. Testardaggine che si riflesse nelle sue parole, nel suo modo di porsi e di comportarsi, in quel suo istinto di legare il laccio logoro al polso e salvaguardarlo nonostante non significasse assolutamente nulla. Persino nel suo reagire all'attacco mirato che, seppur non andato a segno, l'aveva ferito. Aveva un colore magnifico il sangue che sgorgava da quella superficiale ferita ed era sicuro avesse la stessa dolcezza della vittoria, ma non bastava quel graffietto a farlo vacillare, anzi. Aoi non poté fare a meno di notare una qual certa somiglianza nel carattere, fra lui e suo figlio; entrambi, come l'acqua, inarrestabili scavavano la strada per ottenere quello che volevano - Su questo, stranamente, si vede che sei mio figlio. - disse, aggiungendo al danno pure la beffa di sentirsi sdegnosamente paragonato a quello che, sicuramente, considerava come un rifiuto.
I pensieri del rosso durante quell'atto di reazione andarono alla voce che gli aveva parlato telepaticamente, alla volpe a nove code che aveva a modo suo cercato di suggerirgli qualcosa ma che, in quel preciso momento, era difficile per lui afferrare appieno. Era nel bel mezzo di una battaglia senza esclusione di colpi, con un figlio di puttana formato pozzanghera pronto ad approfittare di ogni sua mancanza per metterlo in ginocchio e farlo fuori. Non poteva permettersi il lusso di distrarsi, e Kurama doveva saperlo bene. Parve esasperato nel chiedere a lui chi o cosa fosse l'uomo che stava combattendo, ma non ottenne una vera risposta da parte del demone. Un criptico e irritante 'lui è te, tu sei lui', che voleva dire tutto e non voleva dire assolutamente nulla in quel momento. Non aveva risolto nulla: come aveva fatto intuire, la volpe voleva che l'umano vincesse la sfida, ma che lo facesse con i suoi soli mezzi.
Forse stanco di quelle mezze risposte, forse esasperato da una situazione che cominciava ad essere seriamente pesante, avvilito dalla mancanza dei suoi ricordi ma determinato a riprendersi fino all'ultimo pezzo degli stessi, Yūzora disse qualcosa che lasciò il segno in suo padre. Aveva sottolineato quanto diversi fossero, quanto il suo cuore fosse arido e quanto non desiderasse minimamente debellarlo perché se Kyōmei Yūzora era quello che era adesso lo doveva in buona parte anche a lui. Era l'esempio da non seguire, quello che non voleva diventare; l'esperienza peggiore della sua vita che l'aveva reso il giovane uomo che era adesso, circondato da persone che l'amavano e che poteva chiamare davvero famiglia. Digrignò i denti Aoi, sentendogli dire quelle stronzate. Avrebbe dovuto strisciare e leccare il suolo che i suoi piedi calpestavano; avrebbe dovuto desiderare essere un Hōzuki e non una nullità senza alcun valore, e invece..
Fu allora che il Kyōmei prese la palla al balzo per contrattaccare, per sigillare quel desiderio di non arrendersi con una nuova offensiva. L'Hōzuki era pronto ad accoglierlo questa volta, e aveva capito adesso che sia l'offensiva a distanza che le bolle potevano essere un elemento di disturbo da tenere in considerazione. Lo scricciolo insignificante aveva qualche asso nella manica, dopotutto. Dapprima lo osservò preparare la stessa offensiva di prima, ma invece di giocare sulla difensiva Aoi scattò in sua direzione, cieco di fronte ai pericoli, collerico, determinato a cancellare quella macchia rossa sul fondale della sua grandezza. La traiettoria delle bolle era insidiosa, ma non ci fece troppo caso, tanto che queste gli si avvicinarono pericolosamente ed esplosero accecandolo, facendolo arrestare e imprecare. Ma non era abbastanza. Un trucchetto per bambini come quello non avrebbe arrestato la sua furia, non avrebbe cancellato il suo fine ultimo. Con gli occhi chiusi quindi continuò la sua corsa, katana alla mano, gridando e menando fendenti un po' raffazzonati ma per un cieco dannatamente precisi: doveva conoscere bene i punti per uccidere un uomo a fil di spada, oltre al fatto che in qualche modo era certo percepisse il suo charka o i suoi movimenti. Yūzora fu lesto a tramutare il suo Raiton in uno scudo, sul quale impattarono i colpi collerici del padre che lo fecero indietreggiare, generando una miriade di scintille e un rumore fastidioso. Pareva che suo padre avesse guadagnato forza nell'odio. -
Puoi provare a resistere quanto vuoi, Yu. Non basteranno questi mezzucci a fermarmi o a modificare il tuo destino! Non rivedrai mai più i tuoi amici, né ti sveglierai. Morirai qui, per mano mia. - sputò veleno, digrignando i denti e facendo più forza, quasi fino a surclassarlo. - Io ti ho dato la vita. Posso anche riprendermela!

Non mollare Yu! Noi siamo qui! - e quell'interruzione concitata fu forse la migliore, quella più inaspettata ma che fece brillare la luce nel suo cuore quasi del tutto divorato dalla tracotante oscurità di quel nemico ostico e possibilmente impossibile da battere. Era Kai quello che parlava, suo fratello. Volgendo il capo un po' verso destra, nonostante l'eco non facesse capire bene da dove provenisse quella voce, l'avrebbe visto. Era come uno spirito, un qualcosa di presente e non presente al contempo, un'immagine volatile in un mondo tangibile. Stringeva i pugni per il nervoso. Al suo fianco, Shizuka lo teneva per una spalla, quasi a volerlo calmare. La sua famiglia era li. - Non permettere a quello stronzo di cancellarci, altrimenti ti do un pugno che ti faccio dimenticare io quando sei nato! - continuò ad inveire, smanioso di entrare in azione per difendere il fratello ma trattenuto dalla più prudente cecchina, che guardava il rosso con speranza. - Noi siamo qui per te! Siamo una famiglia! Non puoi dimenticarti di noi!

« Esatto. Non puoi dimenticarli, perché sono dentro al tuo cuore. Solo tu puoi farli uscire. Loro sono la tua arma. » - s'intromise in un sussurro Kurama, ancora criptico ma sicuramente più eloquente di poco prima. Shizuka e Kai erano la sua arma contro Aoi Hōzuki e il suo becero odio, il suo arco e la sua freccia di ghiaccio. Ma Aoi non sarebbe rimasto a guardare in silenzio, no. Lui avrebbe attaccato ancora, portandosi indietro di qualche balzo per poter prendere rincorsa e velocità e vorticare su se stesso in direzione dell'avversario, con l'intento di tranciarlo alla bene e meglio. Non potendo vederlo, era la soluzione migliore.



CITAZIONE
<taijutsu Ravvicinata> - Mangetsu: Full Moon - (Stm: 10)(Frz: +100) “Forte e orgoglioso come non mai, il Ninja d'Acqua a questo livello incomincia a denominare le proprie tecniche Mangetsu, ossia Luna Piena, a differenza di Mikadzuki da genin e da chunin che significano rispettivamente Luna Nuova e Luna Crescente. In questa esibizione letale, l'Assassino usa la propria arma al massimo delle proprie capacità distruttive, tentando di far calare la propria lama affilata sulle carni del proprio obbiettivo, uccidendolo.
Katana: partendo come un folle verso il soggetto da martirizzare, lo Shinobi della Nebbia afferrando la sua o le sue Katana, incomincia a girare vorticosamente su se stesso cambiando sempre la presa delle proprie armi grazie al suo corpo mellifluo, dopodiché come il turbine di una tempesta falcia tutto quello che trova di fronte. La tecnica prende un bonus aggiuntivo pari alla Vel/2.”

Ultima fatica prima che metta a valutare e chieda il parere dei miei colleghi per concludere questo 'tuffo nel cuore'. Stupiscimi. u.u
L'attacco precedente di Aoi (quello che impatta sullo scudo di Raiton per intenderci) è il seguente:
<taijutsu Ravvicinata> - Mikadzuki: I hate You! - (Cl: -30)(Stm: 7)(Frz: +80) “Questa non è l'espressione dell'abilità degli Hōzuki, ma solo della rabbia e voglia di sopravvivere, mostrare al mondo intero la loro capacità e la loro forza. Per questo durante il duello lo Shinobi si scaglia addosso al nemico con numerosi colpi imprevedibili per via della velocità con la quale sono scagliati e l'incredibile ma soprattutto innaturale flessibilità con cui vengono diretti alla vittima. Ma non solo, durante questa combo personalizzata e dispendiosa di energie, il manipolatore deforma il proprio corpo in modo tale da renderlo tagliante come una spada e duro come l'acciaio. Di conseguenza questa tecnica causa status da Contusione e da Taglio.”
 
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view post Posted on 15/12/2018, 17:22     +1   -1
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Yu si gettò contro il nemico con il ronzare del suoi stessi fulmini a riempirgli gli orecchi e la propria voce a fare da sottofondo, graffiandogli la gola. La sua era una battaglia disperata, in cui le scommesse generalmente avrebbero puntato tutte contro di lui. Non c’era luce nell’oscurità in cui era caduto, nessuna se non quel barlume che conservava dentro di sé, quella sua cocciutaggine, quel suo istinto innato a non arrendersi, a sbattere contro il muro una, due…dieci volte se fosse stato necessario, fino a quando non fosse riuscito ad abbatterlo a suon di testate. Era conscio che il suo avversario fosse innumerevoli volte più forte e preparato di lui, ma non per questo avrebbe mollato l’osso con tanta facilità. Era disposto a tutto, pur di vincere quella battaglia. Avrebbe continuato ad alzarsi anche quando le membra fossero state talmente stanche da reggerlo a malapena. E anche non potendosi più tirare in piedi, avrebbe combattuto, proprio com’era stato contro il Capo Anbu.
No, non avrebbe permesso all’ombra di suo padre di surclassarlo. Non ne aveva alcun diritto. Poi che fosse pure qualcun altro - lui stesso e, di conseguenza, pure Kurama, se doveva dare credito a quanto rispostogli dalla Volpe poco prima - non gliene importava nulla. Lo avrebbe fronteggiato a testa alta, usando qualsiasi mezzo, rischiando pure, proprio come stava facendo in quel preciso momento mentre i suoi piedi cozzavano rapidamente uno davanti all’altro sul ghiaccio disciolto. Una carica, la sua, che difficilmente gli avrebbe permesso di eludere una controffensiva proveniente dalla parte opposta. Per questo era pronto a convertire il Raiton che aveva convogliato nel proprio corpo in una difesa: non era detto che suo padre cascasse nuovamente nel suo trucco. Meglio sempre avere un piano B, soprattutto contro qualcuno di quel calibro. E ne aveva tutte le ragioni.
Probabilmente irritato dalle parole che gli aveva rivolto poco prima, Aoi si gettò contro di lui con rabbia, infischiandosene delle bolle e del pericolo che potessero rappresentare. Le effimere si mossero secondo la traiettoria dettata da Yu, vorticando attorno all’obiettivo, scambiandosi di posto fino a quando non impattarono sullo Shinobi rilasciando il proprio effetto. Suo padre si bloccò, imprecando sonoramente, strofinandosi spasmodicamente gli occhi accecati dallo scherzetto impresso nella seconda bolla che l’aveva colpito. Ma la sua fu solamente una pausa momentanea. Più incazzato che mai, riprese la sua corsa gridando. Occhi chiusi e katana alla mano, menando fendenti a caso, ma al contempo dannatamente precisi per qualcuno che non riusciva a vedere. Di fronte a quella reazione inaspettata, ma che rientrava nelle previsioni di un buco nell’acqua, Yu non si fece pregare. Impossibilitato a scartare di lato efficacemente, visto lo slancio ormai preso, voltò il corpo di sbieco alzando il braccio destro all’altezza del viso. Il Raiton che fino a quel momento aveva concentrato in maniera distribuita in tutto il corpo, venne fatto convogliare in quell’unico punto e fuoriuscire a mo’ di scudo giusto un attimo prima che un fendente dall’alto lo raggiungesse.
Ci fu un’esplosione di luce accecante e il Rosso avvertì quel singolo colpo vibrare lungo tutto il braccio fino alla spalla. Ma non ebbe modo di riprendersi. Aoi colpì ancora, ancora e ancora, con sempre maggior collera e sempre maggior forza. I suoi attacchi di katana erano pesanti, rosi dall’odio e dall’ira che parevano avergli dato maggiore potenza di quanta non ne avesse già di suo. Per quanto il suo scudo di fulmini funzionasse, rilasciando scintille e ronzando ad ogni colpo subito, non riusciva a bloccare completamente l’impeto di quell’offensiva soffocante. Ogni colpo vibrava nelle ossa, nei nervi, nei muscoli del braccio di Yu. Iniziava a fare male tenerlo lì come ultimo baluardo di difesa contro la furia di suo padre, di quel male che fanno le membra quando si addormentano, ma moltiplicato per cento.
Prima che se ne rendesse conto, iniziò a piegarsi sotto quei fendenti, ad abbassarsi nel tentativo di proteggersi. Il viso contorto in un’espressione commista tra dolore, odio e cocciutaggine. I denti stretti, la mandibola irrigidita e gli occhi che si stringevano ad ogni singolo colpo. Non gli lasciava un minimo di respiro, non c’era una singola apertura da cui potesse uscire da quella situazione di stallo ed evidente inferiorità. Ma non per questo gli avrebbe dato la soddisfazione di vederlo soccombere sotto i suoi attacchi serrati. Fu per questo che, nonostante il dolore e la difficoltà nel resistere a quell’assalto opprimente, alle parole del padre si sforzò di rispondere con un sogghigno.


Ho smesso di dare retta alle tue sporche parole molto tempo fa! Non riuscirai a convincermi nuovamente di qualcosa che non ha alcun fondamento. Fece, mentre l’altro aumentò nuovamente la forza fino quasi a surclassarlo. Io sono qui! La voce resa un ringhio a denti stretti che graffiava la gola. Che ti piaccia oppure no, non me ne frega un cazzo! E, porca puttana, sono ancora dannatamente vivo! Il braccio iniziò a tremare sottoposto ad uno sforzo superiore alle sue effettive possibilità. Se avesse continuato così, era sicuro che glielo avrebbe spezzato. Non saranno di certo le tue insensate previsioni a segnare quel che sarà. Portò l’altra mano a dare man forte al braccio in difesa. Tenendolo perché resistesse ancora. Finchè avrò respiro, sarò io a decidere del mio destino, padre. Ciò che posso o non posso fare non dipende da te, ma solo da me!

E proprio in quel momento, quando le sue ultime difese stavano per frantumarsi, una voce dannatamente familiare si sovrappose a quella di Yu. E fu come ricevere una carezza, una ventata di aria fresca, usciti da uno spogliatoio puzzolente. La stretta che sentiva al cuore si allentò impercettibilmente, sciolta da quella presenza amica, e l’espressione d’odio sul viso del Rosso si tramutò in sorpresa. Era Kai quello che aveva parlato, ne era sicuro, non se l’era sognato. Fu automatico per lui, far scattare gli occhi al di sopra della spalla, alla ricerca della sua immagine nell’oscurità. E lo trovò, lo trovò presto. Non aveva però la stessa consistenza reale che possedeva suo padre…sembrava quasi fittizio, impalpabile, un po’ come un fantasma. Non era fisico. Eppure c’era, era proprio lì assieme a Shizuka. Yu riusciva a percepire l’irritazione arrivare da lui. Gli occhi di ghiaccio erano animati da quelle fiamme che il Chunin vi aveva già visto tanti anni prima, quando, dopo tanta fatica, Kai era riuscito a farlo reagire, a farlo uscire da quel guscio di accettazione in cui si era rinchiuso per proteggersi. Sembrava di rivivere quella scena: Yu, alle prese con il bullo di turno, che era pronto a farsi picchiare a sangue, forse fino alla morte se questo fosse stato necessario per proteggere quella che riteneva la sua famiglia. Ma non si rendeva conto, quello Yu-moccioso, che a fare così non avrebbe fatto altro che far soffrire gli altri, che senza nemmeno tentare di reagire, quel suo atto di egoismo non fosse minimamente equiparabile al desiderio di proteggere qualcuno.
Solo che adesso lui ce la stava mettendo davvero tutta per reagire! Kai non aveva proprio nulla da rimproverargli! E nemmeno Shizuka che, benchè fuori da quella vecchia storia, ormai era a tutti gli effetti parte del loro gruppetto mal assortito. Però la sapete una cosa? Anche solo sentire lo Yuki rimproverarlo e minacciarlo era un balsamo. Così come lo era leggere la fiducia infinita che campeggiava negli occhi verdi della bella Cecchina. Di non essere da solo in quella brutta situazione lo aveva capito, poco prima mentre parlava con Kurama: c’era Takumi di fuori, probabilmente molto vicino a lui visto che ne sentiva l’odore fino in quel mondo onirico, c’erano Kai e Shizuka dentro di lui da quando aveva fatto quella scelta e ora anche lì, sebbene non fisici. Però forse anche comprendendolo, non ci aveva creduto fino in fondo. Adesso però lo vedeva. E, benchè non capisse da dove suo fratello avesse tirato fuori quel discorso circa il dimenticarsi di loro, era dannatamente felice di vederli.
Assieme alle parole di Kai, giunsero anche quelle di Kurama. Un sussurro criptico, ma sicuramente meno oscuro dei discorsi precedenti. Ma ben prima che Yu potesse capire cosa intendesse la Volpe con quel “solo tu puoi farli uscire”, e prima che potesse rispondere per le rime al fratello, Aoi si preparò per un nuovo attacco.
Balzò indietro, prendendo le distanze e lasciando finalmente libero il Rosso dal suo martellante attacco precedente. Ma non vi fu abbastanza tempo per il giovane Chunin di preoccuparsi delle condizioni del proprio braccio: riuscì a malapena a sgranchirselo un momento, aprendo e richiudendo la mano dolorosamente, prima che suo padre attaccasse di nuovo. Con uno scatto vorticante e tagliente, Aoi si lanciò verso di lui con tutta la furia che aveva. Un attacco letale che Yu riuscì a schivare malamente solo grazie ai suoi buoni riflessi, ma non senza danni. I movimenti inumani compiuti da suo padre, grazie a quel suo corpo fluido come l’acqua, non gli permisero di avere salva la pelle senza riportare ferite questa volta. Nello scartare di lato, gettandosi a terra, Yu venne colpito da più fendenti sulla parte sinistra del corpo. Sulla gamba, sul braccio, sul fianco e sul viso. Alcune lacerazioni erano più gravi di altre che risultavano per lo più tagli superficiali, ma nel complesso non fu una schivata eccellente la sua. Era evidente che quell’attacco furioso fosse troppo veloce per le sue gambe.
Ruzzolò a terra, con una capriola ben poco elegante, rialzandosi immediatamente e sentendo allora il dolore su gran parte del corpo. Le ferite bruciavano e inzuppavano i suoi vestiti. Sentiva il liquido caldo corrergli sulla pelle e si rese conto che il laccio di Takumi stava anch’esso assumendo un colore scarlatto, assorbendo il plasma che fuoriusciva da una ferita sul polso. Imprecò a denti stretti, vedendo suo padre prepararsi ad un nuovo attacco, ma, nonostante questo, la sua attenzione venne nuovamente catturata da Kai che inveiva su di lui per l’ennesima volta, sia sul fatto che si fosse fatto prendere da quell’assalto, sia ripetendo quanto detto precedentemente.


Ma vuoi startene un po’ buono?! Lo rimbrottò allora, girandosi di scatto. Pensi sia facile?! Che cazzo, va bene un po’, ma il troppo stroppia! Quella cosa del non dimenticarsi di loro poi era ridicola. Come cavolo poteva farlo? Proprio lui che per Kai era stato pronto a rivoltare il Paese dell’Acqua come un calzino e che aveva messo in pericolo la vita dei suoi migliori amici pur di andare a riprenderlo nel Ragno, luogo dove lo tenevano prigioniero. E per Shizuka aveva interceduto con Hogo pur di farla restare a Kiri come Kunoichi, offrendole poi riparo nella sua stessa casa dopo quanto accaduto ad Hatoma. Insomma, era assurdo si scordasse di loro. Come era assurdo si scordasse di un mucchio di altre persone che, come loro, avevano o avevano avuto un ruolo importante nella sua vita. Lui non era così, non era uno che si scordava le cose, non era uno che dimenticava le persone a cui voleva bene. Era in quel posto dannato proprio per uno di loro, in fin dei conti! Dio se gli faceva girare le palle quando diceva quelle cose stupide! Finiscila di dire cazzate! Sai benissimo che è impossibile che mi dimentichi di voi! Sei stato tu stesso a dirmelo, Baka! Non te lo ricordi più?! Quella volta che avevi un febbrone da cavallo!

A quelle parole di Yu, alcune bolle presenti sul campo di battaglia ebbero una strana reazione: la loro superficie venne smossa da dei cerchi concentrici, come se avessero appena gettato un sasso in uno stagno. Ma il Rosso ebbe appena il tempo di vedere quell’effetto con la coda dell’occhio, prima di doversi nuovamente gettare a terra, balzando di lato per evitare l’ennesimo attacco del padre che lasciò un’altra volta il segno. Non ancora abbastanza, però da impedire al Chunin di rialzarsi di nuovo. Oh, le membra facevano male. Quelle lacerazioni bruciavano e lanciavano stilettate ad ogni singolo movimento del ragazzo, ma Yu era troppo cocciuto per mollare così facilmente. Anzi, si mosse per dare una frenata a quel continuo gettarsi su di lui alla cieca di suo padre. Agganciò due bolle col chakra e rudemente gliele gettò addosso, all’altezza degli orecchi, facendogliele esplodere proprio a ridosso dei padiglioni con il rumore più forte che fosse in grado di produrre in quel luogo ammantato di fluido. Il collerico Aoi, accecato dalla rabbia com’era, non provò nemmeno a schivarle subendone in pieno l’effetto tra ustioni e stordimento causato dal rumore. Ringhiava infastidito, come un animale ferito, scuotendo la testa per cercare di schiarirsela, ma senza effetti immediati, dando di fatto a Yu la possibilità di dare un’occhiata a quelle bolle su di cui poco prima aveva visto manifestarsi quello strano fenomeno.
Si avvicinò zoppicante a quella più vicino a sè, tenendosi il braccio destro che aveva fatto il suo dovere nel proteggerlo dalla furia di suo padre poco prima. Stranito - era certo di non essere stato lui ad aver dato quell’ordine alle sue bolle - osservò il bislacco manifestarsi di figure e immagini al contrario, sulla superfice dell’effimera. Lievemente distorte dalla pellicola iridescente e sferica, e a testa in giù, si muovevano come in un sogno e, guardandole meglio, Yu le riconobbe all’istante. Inclinando la testa per seguire meglio ciò che veniva rappresentato in questa o quella bolla, Yu distinse varie situazioni, vari ricordi che interessavano lui, Kai e Shizuka e di come le loro vite si fossero immancabilmente intrecciate. Il suo incontro con Kai, le scorribande all’orfanotrofio, la loro separazione, l’Accademia, l’arrivo di Shizuka, il suo attaccarlo per darle notizie del fratello, Yu che correva ad avvisare le autorità e indagava sull’accaduto, Fuyu e la sua prova, Urako e Shi e la partenza per quella missione, Kai e il Ragno, Shizuka che si schierava apertamente dalla loro parte…c’erano un mucchio di memorie in quelle bolle. In una di esse Yu vide la situazione a cui aveva fatto riferimento poco prima con il fratello. Quella sera piovosa, in cui Kai, testardo come un mulo, voleva uscire a tutti i costi per rispondere alla chiamata per una missione, nonostante si reggesse a malapena in piedi a causa della febbre. Il Rosso lo aveva redarguito, minacciando che non sarebbe minimamente andato a riprenderlo se fosse stramazzato a terra a metà strada tra casa loro e il punto d’appuntamento con i compagni di squadra dello Yuki. Era stato a quel punto che il moro manipolatore del ghiaccio aveva sorriso.
Bugiardo. Aveva detto, allo stesso modo in cui Yu si era rivolto a Kurama più volte. So benissimo che correresti subito a prendermi…Lo fai sempre. Rivedere quella scena riflessa in piccolo in quella bolla, gli scaldò il cuore come fu viverla direttamente. Non c’erano voci e rumori in quel riverbero di sapone e acqua, ma la voce di Kai gli rimbombava ancora in testa, vivida come il sorriso che aveva in quel ricordo al contrario.

Avevi ragione, sai? Chiese rivolto al fantasma di quel Kai innervosito. Cazzo, se avevi ragione. Non penso proprio sia possibile che mi dimentichi di te, Baka. Non è fisicamente possibile.

Sarebbe corso in capo al mondo per ritrovarlo quella volta che era stato rapito. Aveva sofferto come un cane, si era incolpato di tutto e aveva avuto una paura immane di non rivederlo mai più. Per lunghe settimane, aveva tirato avanti con un kunai piantato in un punto in cui le mani non arrivavano per poterlo estrarre. Viveva, sorrideva, ma ogni mossa era un dolore atroce…e se putacaso il pensiero andava lì, a quel fratello che era tenuto prigioniero da tempo, senza che lui ne avesse saputo nulla fino a quando non era apparsa Shizuka, la ferita riprendeva a sanguinare come appena inferta. Alla fine tutto si era risolto, lasciando nuove cicatrici, ma dandogli almeno la soddisfazione di riavere parte della sua famiglia a riempire quella casa silenziosa e vuota, con una nuova aggiunta: Shizuka.
La donna era stata accettata come Kunoichi da Hogo per sua intercessione…anche se aveva l’impressione che dietro ci fosse pure lo zampino di Fuyu in quella parte di storia, e ricordava chiaramente lo sguardo grato e le parole con cui la cecchina gli si era rivolta dopo che il Mizukage di allora accettò la sua presenza alla Nebbia. Si era intrufolata nella sua mente, in punta di piedi, come faceva sempre, catturando l’attenzione del giovane a ringraziandolo con dolcezza utilizzando la voce di Kai e quella di una donna che probabilmente era sua madre. Ritrovò anche quel ricordo tra le sue bolle, guardandolo con una certa nostalgia e provando le stesse sensazioni di allora. Profonda gratitudine verso quella donna che era stata il fulcro della buona riuscita dell’operazione e profondo orgoglio nel sentirla dire di voler diventare la migliore.


Non penso di avertelo mai detto direttamente,Shizuka, ma io credo alle parole che mi hai detto quella volta dal Mizukage. Scoccò un’occhiata alla donna e ad una bolla seguente, notando colori accesi, il mare e lanterne a festa. Ricordi? Hai detto di voler diventare la migliore. Non ti ho ancora visto farlo, ma desidero riuscirci. Quindi non posso proprio scordarmi di te! Così come non posso farmi ammazzare prima di averti vista realizzare quanto promesso.

Fu allora che riconobbe la situazione rappresentata nella bolla lì vicino. Quella era la prima uscita che Kai, Shizuka e Yu avevano fatto assieme dopo che i primi due erano guariti dalle ferite riportate ad Hatoma e dopo essere stati valutati un Chunin e una Jonin dalle autorità di Kiri. C’era una fiera al porto e avevano deciso di andarci tutti assieme, per divertirsi e per portarci la Cecchina…lei che di quelle cose non ne aveva mai viste e vissute. Era stato divertente vederla stupirsi per ogni singola cosa, dai dolciumi che vendevano le bancarelle, ai pesciolini da “pescare” con la paletta di carta nella vasca, ai vari ricordini da poter comprare, alla musichetta allegra e leggera di sottofondo che aleggiava per tutta la fiera. Quando si erano stufati di stare in mezzo alla bolgia, si erano seduti al vecchio molo osservando il mare, chi con in mano il suo pesciolino nel sacchetto osservandolo con occhi grandi e meravigliati dai colori delle scaglie, e chi con in mano cibarie varie. Era stato allora che Yu e Kai avevano insegnato a Shizuka a far uscire la sua “voce”. No, no, non nel vero senso della parola: la donna non poteva parlare come loro e respirava attraverso la pelle in un sistema simile alla fotosintesi, ma nulla le impediva di usare il proprio corpo come uno strumento, no? L’avevano vista triste, sentendoli fischiettare il motivetto della fiera, così alla fine si erano messi ad insegnarle come si faceva. In fin dei conti i polmoni li aveva, non li usava per respirare e assimilare ossigeno, ma non c’era motivo per cui non potesse accumulare aria al loro interno e poi farla fuoriuscire dalle labbra modulandola per generare un fischio. Ci avevano messo un po’. Shizuka aveva dovuto abituarsi a usare qualcosa che non usava da tempo, ma alla fine era stato impagabile vedere la sua faccia quando era riuscita a generare il primo suono da sola. Una sensazione semplice, di felicità e familiare routine che, però, aveva quel filo di orgoglio che non guastava mai. Sensazione che ritornò vivida come allora solo nel riportare alla mente quella situazione.

Oi, velo ricordate quel motivetto che abbiano fischiato assieme alla fiera?

Fece rivolgendosi ai due fantasmi, mettendosi subito dopo a fischiettare lui stesso la melodia, tornata a galla nella sua mente come appena vissuta. Leggera e vivace, del tutto inadatta a quella situazione disperata, eppure…dannatamente perfetta. Sanava l’angoscia, spargendovi gocce di speranza e divertimento, rendendo più semplice combattere il dolore e resistere alla fatica. Mitigando quella situazione, forse dandone solo l’illusione, ma il potere dei placebo era più grande di quanto potesse sembrare. Così, anche se con la coda dell’occhio Yu vide Aoi tornare in sé, recuperando la totale lucidità e preparandosi ad un nuovo attacco, non smise di fischiare. Quel momento di tregua finì allo stesso modo in cui era iniziato, ma il Rosso portò con sé il beneficio di quel viaggio tra i ricordi che aveva compiuto. Parole e sensazioni sopite per lungo tempo, erano ora vivide come quando le aveva sentite e vissute la prima volta. Un abbraccio caldo, una sicurezza piacevole anche laddove non ne aveva alcuna. Come se si fosse un po’ ricaricato e fosse pronto a reagire e spezzare quella catena infinita di attacchi che suo padre stava riprendendo a fare.
Di nuovo, per l’ennesima volta, Aoi si lanciò contro di luì. Veloce, letale come lo era stato le volte precedenti, in un turbinio di lame e movimenti impossibili, l’Hōzuki gli fu addosso in pochissimi attimi, dandogli appena il tempo di scansare, rotolando a terra. La melodia fischiettata si interruppe nel momento in cui Yu sbattè la schiena sulla superficie di ghiaccio, perdendo il fiato immagazzinato nei polmoni. Aprì gli occhi sul cielo oscuro di quel mondo, avvertendo le fitte delle nuove ferite aperte, più quelle di tutte le precedenti. Rotolò prono, per poi mettersi in ginocchio, aiutandosi con le braccia. Raccolse il sangue che aveva nella bocca e lo sputò a terra sul ghiaccio, osservando come si diluisse e mescolasse sull’acquetta in superfice. Era ridotto abbastanza male. Uno straccio. Eppure gli uscì una mezza risata di bocca, mentre si rimetteva in piedi. Per cosa ridesse non lo sapeva nemmeno lui, tuttavia mentre si rialzava faticosamente, inspirando a pieni polmoni, riprese ad unire le note di quella semplice melodia della fiera. Quasi a sfida verso suo padre. Osservandolo con un sorriso irritante sulle labbra, nonostante tutto il dolore che lo lacerava. Lo sguardo chiaro e deciso puntato verso l’avversario, mentre dalla schiena andava a prendere Kenmaki in uno sferragliare di lame familiare e confortante.

Acciaio tra le mani insanguinate.
Un sorriso sul volto sfatto.
Uno sguardo divertito negli occhi.
E un fischio a rompere il silenzio.


<ninjutsu elementale> - - Scudo di Fulmini - [Chk: 85/120][Def/Res: +120/155] "All'avvicinarsi di un attacco, il ninja utilizza il proprio chakra di fulmine per creare una barriera di elettricità davanti a sè. Questa tecnica si rivela piuttosto inefficace per difendersi da un attacco a distanza o fisico, ma più utile per difendersi dalle Ninjutsu Elementali. In caso di attacco fisico ravvicinato l'attaccante subirà 15/20 danni e punti ferita da Sonnolenza e Paralisi, più altri 20 per ogni arma che ha utilizzato per attaccare, mentre in caso di Ninjutsu Elementale questa tecnica prende un ulteriore bonus di 15/30."

 
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Quel motivetto richiamato alla mente da un ricordo condiviso con quella che, a tutti gli effetti, era la sua famiglia - quella che gli era stata accanto nei momenti bui, che avevano sopperito in qualche modo alle manchevolezze di sua madre e alla collera cieca di suo padre - fu ben presto sulle labbra del rosso, che nonostante la situazione alquanto disperata che lo vedeva protagonista dava l'impressione di essere.. sereno. Un semplice fischiettare che aveva l'effetto di un balsamo per il suo cuore tormentato dalla mancanza dei ricordi riguardanti l'amico dalla chioma castana, ma che per l'Hōzuki suo avversario suonava come una presa per i fondelli. Fu per quello che probabilmente rincarò pesantemente la dose sul Kyōmei, riprendendo il controllo dopo lo stordimento causato da quelle maledette bolle che ancora non riusciva a vedere chiaramente. Trucchetti da bambino che gli stavano seriamente mettendo i bastoni fra le ruote e che non facevano che accrescere quella rabbia che l'aveva avviluppato da dentro e consumato. Digrignò i denti. Doveva insegnare un po' di disciplina a quel figlio mal riuscito, rimetterlo al suo posto o addirittura cancellarlo se fosse stato possibile. Sarebbe rimasta solo una macchia di sangue di una sfumatura differente a quella dei suoi capelli, e il pianto di una madre che aveva commesso l'errore di crescere in grembo e partorire una nullità senza nemmeno l'ombra del potenziale che avrebbe potuto ereditare. - Smettila.. smettila SUBITO! - inveì rabbioso. Non gli avrebbe dato alcuno scampo, e quindi si gettò a capofitto per attaccarlo, ferirlo, tappargli quella bocca che continuava nella sua spensierata riproduzione a umiliarlo, infastidirlo. E ci riuscì. Per un attimo, Yūzora aveva smesso di fischiare dopo uno sbalzo e una caduta rovinosa. Ma al suo canto si era aggiunto un secondo, che per lui era un'eco distante. Kai stava fischiando col fratello acquisito, e non aveva smesso un secondo di farlo. Voleva fargli sapere che lui c'era, e fin quando avesse avuto fiato nei polmoni avrebbe continuato a fischiare, ad alimentare la speranza che quel motivetto aveva ravvivato nel cuore di Yu. Ben presto si aggiunse pure Shizuka, con un po' di fatica, sbagliando l'intonazione iniziale a causa dell'esercizio non propriamente familiare per la sua conformazione fisica, ma riprendendosi in corsa. E mentre Aoi ansimava per lo sforzo compiuto, il Kyōmei, martoriato dai colpi subiti, si sollevò da terra e riprese a fischiare, guardando sfrontato suo padre che nel mentre aveva recuperato la vista perduta con la bolla accecante. Una maschera di rabbia si sovrappose nei suoi bei lineamenti, frattanto che suo figlio si ergeva, deciso più che mai a non mollare, e prendeva in mano il suo Kenmaki, pronto a lottare ancora. - Non molli mai tu, eh.. - disse fra un ansimo e l'altro, con un sorrisetto nervoso pennellato sulle labbra. - Ma non potrai fare nulla.. ogni tuo sforzo sarà vano.. ti sono superiore.. ho vinto.. - continuò sprezzante, salvo poi bloccarsi e osservare sbigottito in direzione del figlio come se stesse vedendo dei fantasmi. E in effetti li stava proprio vedendo. Alle spalle di Yūzora si fecero più vicine due figure a lui sconosciute, che stavano fischiando lo stesso motivetto urticante. Erano ragazzini, o meglio un ragazzino e una giovane donna. Cosa diavolo..?


Questo non ti serve. - disse Kai alla sua destra, ponendogli la mano sulla spalla e invitando con un sorriso suo fratello a riporre o gettare Kenmaki. La sua mano era gelida come ci si dovrebbe aspettare da uno Yuki, la sua stretta salda, il suo sorriso un 'combattiamo insieme'. Era fottutamente reale, non più il fantasma di prima. Pure Shizuka fece la stessa cosa, ma posando la mano sulla spalla sinistra. Non parlò attraverso il suo potere ma lasciò alla mimica facciale il compito di esprimere la sua vicinanza. Fischiettava ancora il motivo, mentre rivolgeva un cenno d'assenso al giovane che aveva intercesso per lei di fronte alle autorità, colui il quale le aveva dato una seconda opportunità e una casa. La sua stretta, differentemente da Kai, era più delicata ma non meno calorosa. Erano li per aiutarlo, loro erano parte di Kyōmei Yūzora e come tali avrebbero combattuto al suo fianco perché quella fievole luce che brillava nel suo cuore non avrebbe mai smesso di farlo. Subito il rosso avvertì dentro di sé una sensazione di calore, un'energia che parve cancellare la fatica e che rendeva meno dolorose le ferite. - Andiamo e facciamogli il culo, fratello. Voglio tornare a casa. - e non appena ebbe espresso tale affermazione, una luce che per Aoi risultò accecante, al punto da costringerlo a porre davanti agli occhi il braccio armato, invase il ragazzo dalla chioma fulva, rigenerando quella fiamma, facendola splendere più che mai. Alla sua sinistra la stretta di Shizuka si trasformò nel suo arco, che con un bagliore venne a formarsi nella sua mano; alla sua destra Kai divenne allo stesso modo una freccia di ghiaccio, all'apparenza tanto fragile e gelida ma permeata di un'energia tale da non permetterle di sciogliersi. Ecco la sua arma, il suo asso nella manica. La sua famiglia avrebbe posto fine al tormento, come sempre aveva fatto.. e finalmente i ricordi del castano, stretto al polso attraverso il suo logoro laccio per capelli, sarebbero tornati al loro posto nel suo cuore, riempiendo quella voragine che l'aveva accompagnato per già troppo tempo.



Ecco il tuo kiburedo, gentilmente concesso dalla tua bravura e dall'intercessione dei narratori che hanno valutato il tuo percorso fino a qui (me compresa). Goditi il tuo finale - che poi non è ancora finita, ci sono delle chicche dopo - e usa come vuoi l'arco a tua disposizione. Sai già dove colpire, si? Se vuoi mazzuliarlo un po' il papi, fallo: la luce non ti ha guarito le ferite e il dolore fisico, ma ti ha dato l'energia necessaria a fronteggiare Aoi e a fargli un po' male. Il perché ovviamente risiede del fatto che prima c'era uno sbilanciamento luce<oscurità per via della negatività della situazione, ma ora la cosa si è ribaltata e sei riuscita a richiamare la tua arma, quindi sfruttala e vediamo di riprenderci questo Takumi che tanto ha fatto moralmente penare. :*
 
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Fu tremendamente appagante, impagabile, vedere quell’espressione di fastidio farsi strada sul volto di suo padre. Rabbia pure e semplice, la stessa che si prova nello schiacciare una formica e quando si alza il piede vedere che è ancora viva e ha ancora la facoltà di zampettare via. Tutta storta, con qualche gamba rotta, ma lo fa. E Yu stava facendo lo stesso. Ferito e stanco, si era rialzato in piedi imperterrito, riprendendo a fischiare e notando solamente allora che, oltre alle proprie note, se ne erano aggiunte delle altre, alcune più decise e precise, altre leggermente incerte e stonate. Kai e Shizuka si erano messi a fischiettare come lui, quello stesso motivetto festoso e allegro che tanto stava facendo innervosire Aoi, ma che per lui era come acqua fresca su di una ferita. Un sostegno quasi, che lo aiutò a rimettersi in piedi e a non crollare a terra una volta issatosi. Kenmaki nella sua mano risultava gelido, una piacevole presenza che gli dava sicurezza…nonostante lui non fosse poi così tanto portato nell’utilizzare le armi. Non come suo padre, almeno. Però quell’ombrello d’acciaio gli dava sempre una sensazione confortante e familiare. Il suo peso sulla schiena era una sicurezza, il suo odore pungente di ferro una presenza amica. Un di più che lo aiutava a tirare avanti in momenti come quello, in cui era difficile anche solamente reggersi in piedi di fronte all’avversario. Ah, ma non l’aveva sfoderato per usarlo come bastone da passeggio, sia mai, Yu aveva tutte le intenzioni di usarlo. Non avrebbe mollato, non ora che quei ricordi, appena riesumati, gli avevano dato quella sferzata che gli serviva per fronteggiare suo padre.
Sostenne deciso e sfrontato lo sguardo glaciale che l’Hōzuki gli rivolse, ora tornato pienamente padrone della propria vista. Ansimava, era evidente che lo sforzo di quegli attacchi multipli non fosse stato nullo anche per uno come lui, tuttavia pure il Rosso era provato dal prolungarsi di quel combattimento. Per quanto non avesse intenzione alcuna di gettare la spugna ed alzare bandiera bianca prima di aver fatto tutto il possibile, se non di più, razionalmente comprendeva che il suo corpo di quel mondo distorto non avrebbe retto ancora per molto. Di sicuro, tra i due, quello messo peggio in quel momento era lui. Era la sua cocciutaggine a farlo andare avanti, quel suo desiderio di non arrendersi, caratteristica riconosciuta dallo stesso Aoi che, nonostante tutto, non smise nei suoi tentativi di schiacciarlo mentalmente e moralmente. Ma era inutile ormai, le sue parole non avevano più quella presa che avrebbero dovuto su di Yu. Arrivavano al di là della melodia fischiata, ma non erano altro che una brezza. Poteva dire quello che gli pareva, non era dalla sua bocca che sarebbero usciti i termini del destino del Chunin e il Rosso lo sapeva. Era tutto nelle sue mani. Se si fosse arreso, sarebbe stato perché lui lo aveva deciso. Allo stesso modo, se avesse deciso di continuare ad andare avanti, rialzandosi, sbattendo la testa sul muro che aveva davanti, sarebbe stato perché era stata una sua scelta. Non quella di qualcun altro, men che meno di suo padre. Poteva proclamarsi vincitore quanto voleva, ma…la verità era che il suo avversario non si era ancora minimamente arreso all’idea di perdere. Ormai si era anche un po’ stancato di sentirglielo ripetere a vuoto, tanto che a momenti stava per smettere di fischiare e dirgli di chiudere quella fogna che si ritrovava come bocca, ma non fu necessario. Le sprezzanti parole di Aoi si bloccarono all’improvviso, spezzando a metà la frase, mentre dal suo viso la rabbia sparì lasciando il posto ad un’espressione tra lo sbigottito e l’incredulo.


E adesso che ti è pre-..?!

Una mano gelida e la voce di suo fratello così vicino all’orecchio lo fecero voltare di scatto verso destra. Kai era lì. Era lì nella sua pienezza. Non era più una specie di spirito, gli occhi chiari di Yu non riuscivano più a scorgere attraverso il suo corpo fittizio. Era vero, tanto quanto lo era suo padre. La presa salda dello Yuki sulla spalla non era un’illusione, era lì e con quel suo sorriso risoluto gli stava confermando che no, non era in quel posto da solo, non avrebbe dovuto combattere da solo. Seguì il suo consiglio e rinfoderò Kenmaki sferragliando, mentre il fischio di Shizuka si avvicinava fin quando anche la donna non gli posò la mano sulla spalla opposta. Lei non disse nulla e il suo tocco era decisamente più delicato di quello di Kai, ma non meno sentito. Attraverso quella presa e lo sguardo che incontrò voltandosi verso di lei, Yu avvertì la totale fiducia della Cecchina che, come suo fratello, aveva assunto connotazioni reali.
Non comprese bene, il Rosso, cosa stesse accadendo, non subito, ma averli lì al proprio fianco fu quanto di più piacevole potesse esserci. In quel mondo ammantato di buio e intriso di dolore, finalmente stava vedendo un barlume di luce, dei visi amici, qualcuno che contrariamente a suo padre, credeva in lui e ci aveva creduto anche quando lui stesso aveva smesso di farlo in più occasioni. E anche questa volta, come fossero il fuoco fatuo che gli mostrava la strada, erano lì. Con lui. Non lo avrebbero lasciato solo. Per la prima volta, Yu non seppe che dire, aveva troppe cose aggrovigliate sulla lingua. Tante, diverse, tutte ugualmente importanti, ma che non rendevano quanto in realtà fosse grato ai due Shinobi che in quel momento erano al suo fianco.


Min’na, arigatō.

Alla fine scelse la semplicità. Poche parole, ma che racchiudevano il significato di tante altre che avrebbe voluto dire. Grazie per l’aiuto, grazie per la fiducia, grazie di esserci, grazie di tutto. Vi voglio bene. E fu in quel momento che sentì un piacevole calore crescere dentro di sé, a partire dal petto, una sensazione che si espanse a macchia d’olio, invadendo presto tutto il suo corpo donandogli nuova energia, in grado di cancellare la fatica accumulata fino a quel momento e che rendeva più sopportabile il dolore delle ferite ricevute. Come se gli avessero fatto improvvisamente un’iniezione di adrenalina - il che era impossibile, perché prima di riuscire a fare una puntura a Yu doveva passarne di acqua sotto i ponti - qualcosa di non troppo dissimile a quello che aveva provato quando si era ritrovato coi suoi compagni in quel mondo crepuscolare, ammantato dal chakra di Amaterasu. Solo che questa volta era diverso, quell’energia non era estranea, non veniva da fuori, veniva da dentro. Era sua. Era sempre stata lì e adesso era improvvisamente esplosa. Si guardò le mani stupito. I muscoli provati dallo scontro con suo padre, erano come stati rigenerati di nuova forza, le ferite pur essendo ancora lì, aperte e sanguinanti, non gli trasmettevano più stilettate costanti difficili da tollerare, le gambe che fino a poco prima facevano fatica a reggerlo ancora, erano tornate forti e scattanti più che mai. E quell’energia sembrava crescere ancora, espandersi, fino a quando non fu impossibile per la stessa restare reclusa all’interno di un corpo. Accompagnata dall’incitamento di Kai, Yu si vide ammantato di una luce fortissima per alcuni istanti. Talmente fulgida che Aoi fu costretto a proteggersi gli occhi con un braccio. In quel mentre, quando tutto era avvolto da quel bagliore chiarissimo, il Rosso sentì venire a mancare sia la presa salda del fratello che quella delicata di Shizuka sulle proprie spalle. Ma, in compenso, avvertì qualcosa materializzarsi nelle proprie mani. Nella sua sinistra, v’era qualcosa della consistenza del legno, mentre a destra qualcosa di gelido come il ghiaccio.
Fu solamente quando quell’esplosione dal chiarore abbacinante cessò che si rese conto di avere tra le mani ciò che per tutto quel tempo aveva rincorso e conservato nel proprio cuore: quell’occasione tanto decantata, ma al contempo dall’utilizzo sconosciuto. L’arco nero di Shizuka era stretto nella sua mano sinistra, semplice e al contempo perfetta opera di un armaiolo esperto. Una freccia di ghiaccio, invece, era trattenuta dalla sua mano destra: gelida, apparentemente fragile, ma permeata di un’energia letale e che la rendeva inattaccabile dal calore, come dimostrava il fatto che non si stesse sciogliendo nel suo palmo. Quegli oggetti che aveva visto e riconosciuto nella prima bolla che aveva scelto all’inizio di quel gioco fatto di dolore, sofferenza e soprattutto perdita erano finalmente nelle sua mani. La sua arma, l’unica che gli avrebbe permesso di vincere quella battaglia e mettere fine a quel tormento. Ciò che Aoi non conosceva a mai si era impegnato a conoscere. La sua famiglia.
Era finalmente giunta l’ora di mettere la parola fine a quella storia e riprendersi ciò che gli era stato sottratto. I ricordi del castano sarebbero tornati laddove dovevano restare, e quella lacerazione profonda che lo aveva accompagnato fin lì, finalmente sarebbe stata sanata. Quel vuoto incolmabile, consapevole e doloroso sarebbe stato riempito e quegli artigli impietosi avrebbero smesso di dilaniargli l’anima.


Basta. Adesso è il mio turno.
L’ultimo di questa assurda odissea.


Gli era perfettamente chiaro cosa dovesse fare. Gli era stato detto fin dall’inizio: doveva colpire al cuore suo padre, utilizzando l’arco di Shizuka e la freccia di ghiaccio di Kai. Per la prima volta in quel viaggio che pareva infinito, non aveva domande, ma un’unica e chiara risposta: mettere fine a tutto. Un dardo. Un solo colpo. Quello che avrebbe terminato quella melodia angosciante. Non lo avrebbe sprecato, questo era sicuro. Nella maniera più assoluta, non poteva permettere che suo padre schivasse quell’unica freccia. C’era un modo per farlo, un azzardo, in quanto suo padre, essendo un Hōzuki, avrebbe potuto rendersi conto presto della debolezza del materiale colloso delle sue bolle, tuttavia, forse sfruttare quei brevi istanti di stupore e confusione era la sua unica via d’uscita. Valeva la pena tentare.
Cazzo, si sentiva talmente traboccante d’energia che non aveva nemmeno problemi nell’agganciare contemporaneamente più effimere del normale! Assurdo! Eppure lo stava facendo, sì, proprio in quel momento, mentre rivolgeva un sorriso sprezzante a suo padre che, anche se mezzo accecato, probabilmente ancora era convinto di avere la vittoria in pugno. Non aveva idea di quanto si sbagliasse…e la sua superbia nel giudicare le tecniche altrui l’avrebbe portato dritto dritto alla sconfitta.
Si mise la freccia di Kai tra le labbra, gelida come solo il ghiaccio di uno Yuki poteva essere e senza attendere che suo padre avesse modo di riorganizzarsi e attaccare dopo quanto appena visto, sfruttando quei momenti seguenti al lampo di luce abbagliante, Yu comandò una serie di bolle di quelle precedentemente soffiate, instillando in esse il chakra denso ed instabile dell’esplosione. Le mosse violentemente, facendole vorticare furiose prima di guidarle sul bersaglio in modo che si abbattessero su di esso. Un rombo potente e roboante, fautore di fuoco e fumo che tutto avvolse in una manciata di istanti, furono il via per il Rosso alla seconda parte del suo attacco. Mentre ancora la coltre grigiastra che tutto aveva avvolto, ammantava il campo di battaglia, il Chunin si fece strada verso l’alto saltando di bolla in bolla, proprio come aveva fatto Aoi solamente poco prima. Arrivato ad una buona altezza, tale da permettergli di scorgere una sagoma più scura nell’altrimenti cinereo di sotto, Yu comandò un’altra serie di bolle, questa volta dotandole dell’effetto appiccicoso da cui dipendeva la buona riuscita del tutto. Le lanciò contro l’ombra che vedeva e contemporaneamente spiccò un salto verticale proprio sopra a suo padre, incoccando la freccia nell’arco. Non appena l’onda d’urto, emanata dalle bolle, diradò il fumo, allineò rapidamente la linea della freccia con l’occhio prendendo la mira, lì, proprio lì sulla spalla sinistra, nell’incavo del collo. Come se il tempo fosse inevitabilmente rallentato, vide Aoi guardarsi attorno cercandolo, imprecando per la colla che lo teneva imbrigliato, e infine trovarlo quando ormai era troppo tardi. Yu aveva già tirato indietro il cordino dell’arco, caricando il colpo, quando i loro occhi si incrociarono pochi istanti: sgomento, questa volta, nello sguardo ceruleo del padre, tagliente decisione negli occhi chiari del figlio.
Fu solo un momento, forse il primo in cui le parti vennero irrimediabilmente invertite. Quindi la mano del Rosso lasciò andare la corda e la freccia venne scagliata verso la spalla sinistra del bersaglio, da sopra, giù dritta verso il cuore. Una scia azzurrina d’energia gelida come unica testimone del suo passaggio.


Kieusero!


CITAZIONE
Edit: sistemato codici.


Edited by Lucifergirl88 - 24/12/2018, 17:40
 
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view post Posted on 29/12/2018, 17:58     +1   -1
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Successe tutto troppo in fretta, nonostante la sua sveltezza nel reagire fosse a dir poco proverbiale. Quell'intensa luce che aveva avvolto completamente la figura del suo unico genito l'aveva colto impreparato, accecato; tutto si sarebbe aspettato, meno che veder tornare la speranza nel cuore di Yūzora, oramai praticamente in balia della sua tracotante presenza. Era a un tanto così da spegnere quella fiamma che ancora, imperterrita, seguitava a bruciarli in petto, ma non aveva calcolato che anche una leggera folata di vento avrebbe potuto donarle nuovamente vigore. Ancora una volta dovette digrignare i denti di fronte all'ennesima reazione, scocciato dall'infantile determinazione di quello scarto d'Hōzuki. Basta giochetti. Aveva temporeggiato abbastanza, aveva sorriso abbastanza. Adesso era tempo di riprendere in mano ogni cosa, di sigillare una volta per tutte le sue labbra e sottrargli la misera esistenza che speranzoso aveva donato. Ne aveva tutto il diritto. Magari sua madre Sora l'avrebbe pianto, ma ben presto ci sarebbe stato un secondo, un sostituto. Anche senza di lui la vita sarebbe andata avanti.
Non ebbe nemmeno il tempo di tramutare i suoi oscuri pensieri in reale azione, poiché il Kyōmei fu rapido nella creazione delle sue strane bolle di sapone. Aveva imparato bene suo padre a non sottovalutarle e in diverse circostanze avrebbe avuto una chance di evitare alcuni degli effetti ad esse relativi, ma erano troppe questa volta. Fu circondato rapidamente e le esplosioni furono forti abbastanza da avvolgerlo in una assordante coltre di fumo. Tossì. Dovette portare il braccio sinistro davanti a bocca e naso, mentre con scarsi risultati sondava il campo per trovare quella detestabile zazzera fulva.. e riuscì nel suo intento. Sopra la sua testa. Era pronto più che mai a balzare per coglierlo in fallo, ma ancora una volta, vuoi per la fiacchezza dei muscoli dopo i ripetuti attacchi, vuoi per la rapidità con la quale Yūzora aveva pianificato l'attacco, fu investito da una valanga di colla che gli impedì di schiodarsi da terra. Si dimenò selvaggiamente, cercando di liberare l'arma e il braccio, di riprendere il controllo delle funzioni. -
E' questa la tua idea vincente?! - gli ringhiò contro, paonazzo. Era davvero inviperito e se fosse uscito da quella situazione incresciosa per il suo orgoglio probabilmente per il rosso sarebbe stata la fine. Fortuna volle che il suo cervello connettesse troppo tardi la soluzione, adirato com'era. Diventare acqua era il suo asso nella manica, ma la cieca collera nei confronti del figlio gli aveva sottratto la lucidità necessaria a reagire con prontezza di riflessi. E fu allora, mentre l'arto destro cominciava a liquefarsi, che la freccia di ghiaccio venne scoccata trapassandogli la spalla sinistra, arrivando a infilzarsi sino al cuore. Avvertì quel dolore lancinante un secondo dopo aver incontrato gli occhi del figlio, e come tanti di quei ricordi che aveva attraversato per giungere a lui Aoi si dissolse come polvere di cristallo, lasciando dietro di sé soltanto un muto grido di dolore e rancore. Yūzora aveva vinto il gioco.

Clap. Clap. Clap.

Un applauso cadenzato lo raggiunse alle spalle, una volta atterrato sui resti polverosi del suo odiato padre. Se avesse volto lo sguardo, avrebbe trovato Kurama adagiato comodamente a uno sperone di ghiaccio spaccato dalla violenza dell'esplosione. Ancora indossava le vesti di quando l'aveva lasciato, e stava applaudendo con un sorrisetto soddisfatto. -
« Sapevo di aver scommesso bene, anche se per un momento ho temuto davvero che quel mentecatto ti facesse fuori. » - commentò sarcastico, come se nemmeno lui credesse fino in fondo alle sue parole. Si sollevò stancamente, stiracchiandosi come un animale rimasto troppo tempo in panciolle ad osservare il susseguirsi della vicenda, prima di avvicinarsi di qualche passo. - « Ottimo lavoro, Yu. Hai dimostrato il tuo valore e testardo come un mulo hai mantenuto la tua parola. E' tempo che anch'io mantenga la mia. » - sorrise, quasi ironico ma fermamente convinto di quello che si apprestava a fare per il rosso. Se l'era meritato in fondo, e come aveva detto lui stesso "cancellare quel segno verde dalla parete dei suoi ricordi" avrebbe cancellato parte di quello che Kyōmei Yūzora rappresentava. Fu quindi con uno schiocco di dita che una bolla apparve fra di loro e al suo interno il rosso avrebbe potuto vedere colui che aveva rincorso sino a quel punto. Rannicchiato con il suo ehru, Takumi dormiva un sonno spensierato, cullato dal leggero fluttuare dell'effimera che l'avvolgeva gelosa. Ci volle poco perché questa tornasse al suo posto, nel cuore dal quale era stata brutalmente strappata. Una sensazione di benessere avrebbe invaso il rosso, sentendo i pezzi tornare al proprio posto, ricordando la fisionomia dell'amico al quale s'era aggrappato per procedere in quel tuffo suicida. Ma qualcosa ancora mancava, poiché il nome corretto gli sfuggiva ancora e i suoi occhi continuavano ad essere un mistero. - « Non preoccuparti, è tutto al suo posto. Non appena ti sveglierai ricorderai tutto: dai suoi occhi, alla sua voce, al suo nome. Ma su quest'ultimo posso aiutarti in anticipo, anche se il tuo amico ai piani alti si meriterebbe ben altro dopo le parole che ha osato rivolgermi in quel tempio. » - s'affrettò a riferire non appena vide il rosso rabbuiarsi nel realizzare che non tutto era tornato con uno schiocco di dita, ma che ci voleva tempo perché il ricordo dell'amico si sedimentasse di nuovo. Fu allora che Kurama pronunciò il suo nome, con un laconico "Takumi". E si. Yūzora realizzò davvero in quel momento di aver riportato quel fastidioso ragazzo conosciuto burrascosamente al parco laddove doveva stare.

 
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Questione di brevissimi attimi. Pochi secondi in cui si ammassarono rapidamente una serie di informazioni, accavallate le une sulle altre come gli edifici nella parte centrale del Villaggio. Il cordino che, vibrante, batteva di striscio sul pollice, la freccia che scivolava via con violenza dalle dita, il lievissimo spostamento d’aria causato dalla stessa, il rumore ovattato del dardo che attraversava carni e ossa della spalla di suo padre, l’espressione di Aoi congelata in un silenzioso grido di livore e sofferenza…chissà se aveva fatto in tempo, poi, a sentire il dolore causato dalla punta della freccia che raggiungeva il suo cuore. Beh, non aveva più davvero importanza. Tutto finì con una velocità quasi insoddisfacente rispetto a come era iniziato. Non appena il dardo colpì il bersaglio in profondità, il corpo dell’Hōzuki si dissolse in polvere di cristallo, disfacendosi alla stessa maniera in cui la neve fresca e farinosa veniva alzata dal vento, depositandosi a terra con lentezza, tanto che finì di ammucchiarsi nello stesso momento in cui Yu atterrò sulla piattaforma di ghiaccio, rialzando nuovamente i resti del suo ormai non più avversario. La finissima sabbia argentata gli vorticò attorno qualche istante, prima di tornare laddove doveva stare, ai suoi piedi. Era…strano. Il Rosso osservava quella polvere, stranito, come se effettivamente non credesse ancora a quello che era riuscito a fare. Si guardò le mani, vuote: l’arco di Shizuka era scomparso un attimo dopo aver compiuto il proprio dovere. Ma non la presenza della Cecchina e di Kai, no, quella stava sempre dove era stata per tutto il viaggio. Dentro di lui, aiutandolo a combattere quel vuoto che, invece, lo divorava. Sapete, faceva davvero una gran fatica a credere d’essere riuscito a sconfiggere suo padre, o qualunque cosa rappresentasse quell’ombra con il suo aspetto. Lo aveva fatto, ci aveva creduto fino in fondo, ma era qualcosa di talmente astruso da concepire che faticava molto a vederla come realtà, seppure fosse in quel mondo distorto. Però ce l’aveva fatta davvero. Aveva mantenuto la promessa, non aveva deluso nessuno, era riuscito a non farsi schiacciare dalla propria oscurità riconoscendo e sfoderando, invece, quella che era la sua luce. Lui aveva vinto la sfida. Sì, aveva vinto! E questo significava che quel supplizio era giunto ormai al suo termine, giusto? Giusto. Sempre ammettendo che non si fosse fatto prendere in giro come un allocco.
Perché, anche se a lui piaceva pensare di no, quella era sicuramente una possibilità non indifferente. In ogni caso l’avrebbe saputo presto.
Un applauso lento e ritmato lo fece voltare di scatto. Alle sue spalle, Kurama, con ancora il suo stesso aspetto, ma con i tratti ferini, era adagiato su di uno sperone di ghiaccio tranciato malamente da una delle esplosioni causate dalle bolle di Yu. Era lui ad applaudire e sul viso selvatico aveva un sorrisino soddisfatto ad incresparne i lineamenti. In seguito ad un commento sarcastico che fece borbottare al Rosso un
Ah, grazie tante per la fiducia con tanto di broncio per nulla celato, il demone si staccò stancamente dal moncone ghiacciato, stiracchiandosi come se avesse le membra addormentate per aver mantenuto la stessa posizione troppo a lungo, prima di farsi avanti, avvicinandosi a Yu di qualche passo.
Ma bastarono le sue seguenti parole perché il muso che il Chunin aveva messo su, si sciogliesse in un’espressione di pura sorpresa, aspettativa. Probabilmente non si aspettava completamente che Kurama mantenesse la parola data - in fin dei conti aveva detto “forse”, no? - e di certo non credeva avrebbe mai sentito quelle parole da parte della Volpe. Quindi ci rimase, ma era una sensazione positiva. Significava che non aveva fatto così tanto male a fidarsi, che non era stato un ingenuotto da quattro soldi e che il suo intuito nel giudicare il prossimo ancora funzionava a dovere.

Fece giusto in tempo a realizzare cosa quelle parole comportassero che, con uno schiocco di dita, il demone fece comparire tra loro due una bolla. Le ferite non gli impedirono di avvicinarvisi e, non appena vide cosa ci fosse al suo interno, un sorriso genuinamente spontaneo si fece largo sul suo volto. C’era il castano in quella sfera iridescente, se ne stava lì a dormire tranquillo, abbracciato al suo erhu come fosse un peluche. A guardarlo bene sembrava davvero rilassato, difficilmente lo si vedeva in quello stato, eppure lì se la dormiva davvero beato come un bambino. Scappò una mezza risata a Yu, mentre allungava le mani afferrando colui che gli era stato strappato via così brutalmente e che aveva rincorso in modo disperato fino a quel momento. Tremava un po’ come avesse paura che sparisse di nuovo, ma appena entrato in contatto con la superfice iridata, appena constatato che non si dissolveva, si rilassò posando la fronte sulla bolla, chiudendo gli occhi. Lo aveva ritrovato. Il resto non aveva più importanza adesso, era finalmente riuscito nel suo intento. Tutto sarebbe tornato come prima. Rimase in quella posizione qualche istante, respirando piano, neanche volesse comunicare all’amico in quella bolla che presto sarebbe tornato dove era sempre stato. Quindi, non appena si allontanò con la fronte dalla bolla e la lasciò libera di muoversi, questa si mosse rapida verso di lui, impattando con leggerezza sul suo petto, divenendo frammenti di luce proprio com’era stato con quella di Kai e Shizuka. Subito una sensazione piacevole invase Yu: quel vuoto che lo aveva accompagnato in quel viaggio, quella ferita lasciata dall’artiglio che aveva sradicato il ricordo del compagno dalla sua anima, iniziò a sanarsi. Come balsamo su una lacerazione profonda, quel dolore prese a passare, il vuoto a riempirsi, i ricordi a tornare. Il viso del castano era ora chiaro nella sua memoria come sempre, affilato, elegante, con quel sorriso sardonico ad increspargli le labbra. Tuttavia c’era qualcosa che non tornava…gli occhi. Gli occhi non riusciva proprio a ricordarli. Non erano chiari. Il loro colore era definito, ma la forma, l’intensità, il taglio, quello no. E lo stesso valeva per il nome. Non riusciva ad afferrarlo bene…Com’era? Takuro? Takuma? Takuya..? Perché non lo ricordava ancora? Il sollievo provato nel rientrare in possesso della bolla con il castano, venne subito irrimediabilmente inquinato dalle sensazioni negative derivate da quel suo non riuscire ad inquadrare bene alcuni particolari. Eppure sentiva che quel vuoto era in via di guarigione, per quale ragione ancora non riusciva a ricordare?! Possibile che ci avesse messo troppo? Che fossero andati perduti? Nonono, non poteva essere! Allora per quale motivo?


Perché..?!

La preoccupazione si tramutò in rabbia, la rabbia nel sospetto di essersi sbagliato. E quell’unica parola venne rivolta al solo che poteva dargli una risposta. Ma contrariamente a qualsiasi previsione, non vi furono scuse, non vi furono burle, non vi furono bugie, solo l’affrettarsi di Kurama nello spiegare e nel rassicurare il Chunin che tutto fosse al suo posto e che non appena si fosse svegliato avrebbe ricordato ogni cosa, proprio come prima. In ciccioli avrebbe dovuto fidarsi di lui e della sua parola. Di nuovo. Perché altro non aveva a cui appigliarsi al momento. Certo poteva essere, i ricordi non erano di certo la prima cosa che da levare erano veloci, ma da risistemare al loro posto no. Quindi poteva essere che ci volesse un po’ perché si rimettessero assieme. Forse lui ci aveva semplicemente sperato troppo. Forse non avrebbe dovuto illudersi di poter risistemare tutto con uno schiocco di dita, in fin dei conti la Volpe non aveva mai specificato quanto ci sarebbe voluto. Stava tutto lì, in fondo: crede o non credere, fidarsi o non fidarsi. E Yu decise di non negare al demone quella possibilità, d’altronde il beneficio del dubbio lo si dava a tutti. Ci rimase un po’ male lo stesso, però…almeno il suo nome avrebbe voluto ricordarselo. Non farlo, gli dava quasi l’impressone di fargli un torto. Annuì, allora, alle rassicurazioni di Kurama. Un po’ mesto, ma la Volpe non gli aveva mai mentito in quella strana odissea, almeno questo doveva riconoscerlo. Avrebbe ricordato tutto al risveglio, non ci sarebbe stato alcun problema, anche se ora brancolare nella nebbia gli lasciava un po’ di amaro in bocca. O almeno così pensava.
Perché, contrariamente a ciò che avrebbe potuto benissimo fare, il Bijuu di sua iniziativa, senza che Yu lo forzasse o chiedesse alcunchè, gli diede uno zuccherino. Sebbene ce l’avesse a morte con il castano per le parole che gli aveva rivolto nel tempio di luce - come tutti gli altri presupponeva, lui stesso compreso - decise di dirgli quel nome che continuava a sfuggirgli come un’anguilla.


« Takumi. »

Una sola e laconica parola. Pronunciata ancora prima che Yu avesse modo di stupirsi di quell’inaspettata gentilezza da parte del demone. Guardò l’altro sé stesso ad occhi sgranati, confusi, saggiando quel nome inizialmente solo mentalmente, ricordando piano piano l’ideogramma da cui era composto, chiedendosi al contempo perché la Volpe gli stesse facendo quel favore. Perché gli avesse fatto fare tutto quello che lo aveva portato lì, in quel preciso momento, perché avesse scelto lui, perché fosse lì, perché desiderasse tanto che riuscisse in quella sottospecie di prova. Perché, perché, perché, solo tante domande che in quel minuscolo frangente avevano importanza limitata se confrontate col regalo che aveva ricevuto.

Ta-ku-mi. Ripetè, quasi sovrappensiero, sentendo un altro po’ di quel vuoto sparire del tutto e realizzando definitivamente d’essere riuscito a riportare quell’importante legame, laddove doveva stare. Sorrise, allora, rivolgendosi a Kurama per guardarlo dritto negli occhi cremisi. Chissà se quel demone si era accorto di quanto simile fosse in realtà allo Shinobi dalla lingua lunga, come lo chiamava lui. Probabilmente nemmeno se glielo avesse fatto notare con una lente di ingrandimento, avrebbe accettato il fatto di essere stato gentile con lui. Tuttavia, un ringraziamento era il minimo. Arigatō.

Inclinò il capo di lato, prima di ridacchiare al pensiero di quei due così simili e di lasciarsi cadere a sedere a terra. Non era stanco, però…aveva bisogno di sapere delle cose. Sarebbe stato un discorso lungo, probabilmente, le sue domande erano davvero un sacco! Quindi lungi da lui l’idea di starsene in piedi come un cavallo. Il ghiaccio gelido a contatto con le mani ferite fu piacevole, e per qualche istante il Rosso se ne restò lì a fissare il cielo scuro di quel luogo. Lassù, ai piani alti, come diceva il demone, lui si era addormentato come un cretino sul ponte della nave che era diretta a Kiri e probabilmente Takumi lo aveva trovato in quella maniera. Assopito in un sonno profondo che nemmeno le cannonate sarebbero state in grado di spezzare. E si era fermato. Sì perché lo sentiva ancora il suo odore. Lo stesso che lo aveva aiutato a tenere duro fino alla fine di quel gioco.

Kurama. Chiamò, inizialmente senza voltarsi, salvo poi mettersi seduto a gambe incrociate di fronte alla Volpe. Cosa succederà adesso? Voglio dire…Tu hai fatto tutto questo casino per qualcosa, non è così? Si chinò in avanti, sorreggendosi sul ghiaccio coi palmi, mentre una valanga di domande che si era tenuto per sé fuoriuscirono a macchinetta, senza dare il tempo effettivo all’interlocutore di rispondere una ad una con ordine. Perché? Perché siamo finiti a condividere lo stesso corpo? Hai detto che il tuo si è dissolto, com’è possibile? Perché hai scelto me? Perché hai messo in piedi questa specie di prova, sperando che la superassi? E perché volevi tanto che ci riuscissi? Aggrottò le sopracciglia. All’inizio, quando ci siamo visti poco dopo l’esplosione, non mi sembravi così tanto pro-me. Era tempo di venire a capo di quella faccenda. Di capire quanto più possibile. Di tirare le fila di tutto e terminare quel puzzle incompleto per avere un quadro definitivo della cosa. Yu aveva un mucchio di domande, davvero davvero tante. Quelle che aveva appena posto erano solamente alcune, forse le più impellenti. Ma aveva tante curiosità che avevano bisogno d’essere soddisfatte. Tuttavia non voleva farlo guardando una perfetta copia di sé ferina. Voleva che quel momento fosse il momento della verità per tutti, e non poteva essere tale finchè Kurama si fosse sentito obbligato a mostrarsi con un aspetto che non lo spaventasse. D’altronde lui era stato gentile, restituendogli in anticipo il nome di Takumi, ricambiare il favore era il minimo. Spezzare quelle catene che il Bijuu si era autoimposto, era davvero poca cosa. Ah e poi, prima di rispondermi, che ne diresti di riprendere il tuo aspetto? Fece, senza tanti preamboli e tornando un po’ più composto. Lo so che ti fanno schifo gli esseri umani, il fatto che tu ti senta in dovere di assumere un aspetto che detesti per non turbarmi, ti fa onore, ma non è necessario, credimi. Ridacchiò. In realtà è molto più inquietante parlare con un altro me. Quindi, davvero, sentiti libero di essere te stesso.

 
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view post Posted on 3/1/2019, 16:49     +1   -1
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Curioso come restituire qualcosa come un caro ricordo potesse generare una tale reazione positiva. All'interno della bolla di sapone che aveva richiamato aveva preferito mostrare nella maniera più rassicurante possibile quello che per lui era il ricordo più importante, per ricompensare il rosso del suo coraggio e della sua determinazione. Sussurrare il nome della persona che aveva strappato era stato un po' fastidioso, anche perché non capiva lui stesso il motivo per il quale quel ragazzo gli stesse così simpatico da anticipargli i tempi di risanamento. Forse perché sentiva ogni sfumatura delle sue emozioni come fossero proprie, condividendo corpo e mente. Ma non si aspettava la gratitudine, quella no. In primo luogo era stato proprio lui a farlo soffrire e poi stava soltanto restituendo la refurtiva. Sollevò scetticamente un sopracciglio, prima di esprimersi in un sorriso che esprimeva un 'dou itasi mashite'. Pazzesco. Quel giovane dalla lingua lunga e velenosa doveva aver scavato molto più a fondo di quanto lo stesso Yu non s'avvedesse. Ma alla gioia del momento non poteva che subentrare il dubbio di un percorso fatto con mezze risposte e criptiche parole. Quelle se le aspettava eccome, considerato che prima dell'atto finale aveva cercato in tutti i modi di estorcere qualche informazione in più su quello che stava affrontando.
Dopo essere stato chiamato per nome, con una piacevole confidenza doveva ammettere, vide il Kyōmei voltarsi in sua direzione e sedersi, prima di cominciare a sciorinare una serie di domande in sequenza che lo confusero. Era una macchina spara domande. -
« Oi calmati tigre, una domanda alla volta! » - s'espresse un po' scombussolato per bloccare quel flusso interminabile di quesiti che non aveva proprio voglia d'arrestarsi sulla soglia delle sue labbra. Quell'atteggiamento lo fece ridacchiare un po' nervoso, ma senz'altro divertito. Cominciava a comprendere quanto curioso fosse e quanto non facile fosse stato per lui non indagare approfonditamente nel mondo estratto dalle sue memorie. Non appena ebbe terminato, la sua controparte umana lo sorprese una seconda volta, forse in maniera persino più incisiva e profonda di quanto non volesse dare a vedere. Gli aveva detto di mostrarsi per quello che era realmente, senza sforzarsi si essere qualcosa che non gli piaceva essere. Si guardò le mani. A lui non dispiaceva essere nei panni del rosso, anche perché avrebbe significato non accettare il se stesso che aveva scelto di essere una volta che il suo corpo era stato ridotto in quello stato dall'esplosione del Gedo Mazo. Aveva scelto lui di prendere il Kyōmei, lui a tentare di farlo impazzire per prenderne il controllo totale e sempre lui ad aver fatto un passo indietro una volta constatato che tipo di umano fosse. Non tutti erano come lui. - « A me non dispiace questa veste.. » - ammise candidamente, mentre sembrava sopra pensiero. - « ..ma se preferisci vedere soltanto me, ti accontento subito. » - concluse sollevando lo sguardo dalle mani guantate ed esponendo un ghigno ferino che in circostanze differenti avrebbe potuto far presagire il peggio. In men che non si dica, dello strano fumo fuoriuscì dal suo corpo in rapida mutazione e non appena fu messo a quattro zampe con le code che vibravano in aria crebbe, mentre le fattezze umane lasciavano posto a quelle del demone che era. Era gigantesco visto così da vicino. Faceva paura. Eppure s'accovacciò, avvicinando il muso al rosso quel tanto che bastava per fare in modo che fossero alla stessa altezza e potessero guardarsi negli occhi. - « Sarò molto franco con te, Yu. » - prese subito parola, con quella voce profonda che contraddistingueva la sua forma originale e un morbido movimento delle code che vennero adagiate ai lati del corpo. Aveva delle domande alla quale rispondere, e l'avrebbe fatto secondo un ordine del tutto personale. Con estrema sincerità. - « Non so perché il mio corpo abbia subito un tale contraccolpo nell'esplosione, ma in quel momento ero spaventato, adirato. Nel fiume d'anime in cui mi sono trovato a vagare, martoriato com'ero, mi sono dovuto aggrappare a un ospite, come un misero parassita. Mi chiedi perché io abbia scelto te, ma non ho una risposta soddisfacente a questa domanda. Ho visto la tua anima, ti ho giudicato abbastanza forte da contenermi e trasportarmi e mi sono aggrappato a te. » - schietto come pochi, non voleva nascondere nulla al giovane che gli aveva dimostrato tanto valore. - « All'inizio volevo solo usarti per liberarmi e distruggere a uno a uno chiunque mi avesse giocato quel brutto scherzo al tempio di luce, per questo ho atteso che abbassassi la guardia, catapultandoti in questo gioco che, come puoi ben immaginare, avrei potuto vincere con estrema facilità. Volevo giocare con te così come si fa con la preda, vederti perdere ogni cosa così come l'ho persa io quando quei bastardi hanno deciso di imbrigliarmi in questo schifo d'esistenza, sottraendomi la mia libertà. » - strinse le pupille, quasi le sue emozioni contrastanti e i ricordi di quanto vissuto prima d'allora fosse motivo di frustrazione e sofferenza. - « Allora avresti dovuto cedere e io avrei potuto sfruttare a mio piacimento il tuo corpo, cacciandovi a uno a uno. Avrei potuto partire proprio dal tuo amico, che come un dannato sassolino fra le zampe s'è intromesso ancora una volta nei miei affari. Ma poi ho cambiato idea. » - sospirò, quasi stesse ammettendo una debolezza. Distolse lo sguardo. - « Quando ti sei buttato da quella scogliera, sussurrando ogni dettaglio utile a non perdere ciò che ti era rimasto di quello sfrontato, mi hai sorpreso. Mi sono detto 'quest'umano è diverso'. Chiunque al tuo posto, per paura di morire, non avrebbe fatto quello che hai fatto tu. Piuttosto si sarebbero piegati e prostrati alla ricerca di un compromesso, ma tu.. tu sei andato dritto, consapevole, a salvare quello che ti aveva strappato con forza, senza pensare alle conseguenze per te stesso. » - era molto riflessivo mentre lo diceva, come se stesse ragionando a voce alta. Quindi tornò con lo sguardo cremisi sul ragazzo. - « Dovevo avere un'ulteriore prova, però. Dovevo essere certo che potessi fidarmi di te come avevo cominciato a fare da quel momento in avanti. E non mi hai deluso. Hai combattuto fino allo stremo, e la speranza vana che ti avevo dato all'inizio s'è concretizzata nelle tue mani. Non era un'impresa facile la tua, eppure ne sei uscito vittorioso. Sono felice di non essere stato deluso ancora una volta, e spero di non esserlo una volta che questo incubo sarà concluso. » - concluse con un ghigno, seppure nel suo cuore ancora serpeggiava il velenoso dubbio di rimanerci fregato per l'ennesima volta. Dopotutto anche Amaterasu era diversa e lui s'era fidato come un pollo, salvo poi finire in quella conca di luce con una catena al collo e le sue code distrutte. Ma sentiva qualcosa, quando pensava alla condivisione del corpo con quel ragazzino testardo; sentiva di potergli dare una chance.

« Quello che succederà adesso è presto detto. 'Io sono te e tu sei me', quindi avrai l'onore e l'onere di custodire il potere di entrambi. Seppure tu non l'abbia richiesto, trovo essenziale fornirti la forza necessaria a proteggere noi e chi ti sta maggiormente a cuore.. senza rischiare di farti ammazzare, dato che non saprei dove andare. » - rispose all'ultima domanda sghignazzando, divertito dalla sua stessa ironia e dal suo ostentare un certo distacco. Soffiò in sua direzione quindi, investendolo col suo alito caldo, guarendo le sue ferite, rigenerandolo. In quel momento il rosso avrebbe avvertito una forza immane invaderlo, qualcosa di simile alla sensazione avuta con i poteri donati dalla Dea ma in maniera ancor più marcata. Persino le emozioni contrastanti del demone divennero sue, come quel piacevole ricordo di una corsa all'aria aperta per le lande boscose del Fuoco e quel profumo di libertà che il demone ricordava con un certo rammarico. Da quel momento in avanti, sarebbe stato sia Kyōmei Yūzora che Kurama.

« Da oggi in poi dovrai stare molto attento, Yu. Gli uomini non hanno smesso di darmi la caccia, e non appena sapranno dove sono verranno a prenderci. » - disse poi serio, una volta che il processo ebbe termine e il rosso fu abbastanza abituato alla nuova energia dentro di sé. Non c'era bisogno di aggiungere tutte le conseguenze di una casistica così nefasta, poiché sapeva bene che eventualmente per arrivare a loro avrebbero potuto sfruttare anche le persone che più gli stavano a cuore. Avvertendolo, la volpe dalle nove code gli stava confermando di dover accettare tutto il pacchetto, con pro e contro. Stavano preparandosi a una nuova vita.

 
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view post Posted on 6/1/2019, 17:21     +1   -1
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Di tutto pensava Yu, meno quello che Kurama gli rispose in principio. Era certo, anzi, era sicurissimo che vestire quell’aspetto fosse motivo di fastidio, se non disgusto, per la Volpe. D’altronde, per quanto la sua visione del demone fosse mutata rispetto a quella che aveva in precedenza, lui non aveva mai nascosto la sua eterna sfiducia negli umani, così come il suo odio verso di essi. Anche quando aveva accennato al suo ricordo più felice e aveva nominato l’assenza degli uomini, pur non essendoci astio nelle sue parole, si era capito che a distruggere tutto ciò che era il suo mondo erano stati gli esseri umani. E poi, insomma, quando stavano nella statua aveva parlato in modo abbastanza chiaro, quindi per il Rosso era più che normale dedurre che indossare quella pelle non fosse motivo di piacere per la Volpe. Da lì, quel suo spingerlo a riprendere il suo vero aspetto. D’altronde non era che non l’avesse già visto…sapeva quanto fosse spaventoso: se li ricordava bene quegli enormi occhi cremisi, così come le zanne acuminate e gli artigli affilati. Però, ecco, gli sembrava il minimo dargli quella liberta, visto e considerato che lui gli aveva fatto quel favore inaspettato e gradito. Non era per nulla obbligato a farlo. Certo, Kurama era la causa di quel suo tribolare. Era la causa della sua sofferenza, del suo dolore, di quel vuoto che aveva aperto nella sua anima. Sì, era il suo aguzzino, eppure…Eppure già prima di tuffarsi da quella scogliera il Chunin aveva iniziato ad avere dei dubbi su quello che il Bijuu lo stava obbligando a fare. Secondo le parole che gli aveva rivolto in seguito all’esplosione della statua diabolica, avrebbe dovuto prendere possesso del suo corpo e fare il bello e il cattivo tempo. Ma non lo aveva fatto, aveva invece messo in piedi quel gioco. Sì, certo, tra le ipotesi c’era quella che volesse semplicemente farlo sfiancare, farlo soffrire, per poi farlo suo non appena avesse ceduto, ma allora perché dargli quella piccola speranza sin da subito? Per illuderlo? Per fargli credere che avesse realmente una possibilità di cavarsela? Può darsi…Fatto sta che una volta tuffatosi dall’alta scogliera, la Volpe si era fatta trovare lì e, parlandoci, l’immagine che Yu si era costruito del demone si era lentamente sfaldata, confondendolo. E confuso era anche in quel momento, mentre Kurama osservava sovrappensiero le sue mani umane, ammettendo che a lui quella veste non dispiaceva. Tuttavia nel sogghigno che mostrò poi, sollevando gli occhi dai palmi, il Rosso vi vide un certo sollievo, forse soddisfazione o orgoglio, chissà, mentre comunicava che se lo preferiva, avrebbe assunto il suo aspetto originale. Divertente come facesse sembrare la cosa solamente un desiderio di Yu, quando l’immediatezza e la repentinità del cambio di pensiero, oltre che quel sorrisetto ferino, lasciavano intuire appunto una certa distorta felicità. Fosse anche solo per il piacere di spaventare lo Shinobi.
Insomma non si fece pregare. Dello strano fumo fuoriuscì dal suo corpo, costringendo il Rosso a proteggersi con le braccia, mentre la sua controparte ferina si metteva a quattro zampe, alzando le nove code. Piano piano, le fattezze semiumane lasciarono il posto a quelle bestiali. Le dimensioni del corpo crebbero a dismisura, la pelle lasciò il posto al pelo fitto e fulvo che contraddistingueva il Bijuu, i canini, prima solo lievemente pronunciati, vennero sostituiti da una chiostra di denti affilati. Sotto gli occhi stupiti di Yu, il suo riflesso si trasformò, abbandonando i tratti umani per rientrare in quelli del demone che era. Seguì il crescere del corpo con gli occhi, ritrovandosi ben presto con il capo riverso all’indietro per poter osservare il muso della Volpe ben in alto sopra di lui. Kurama era davvero enorme! Maestoso. Una sua zampa, non avrebbe fatto alcuna fatica a prenderlo e schiacciarlo all’interno del suo palmo, se solo avesse voluto. Un brivido gli corse lungo la schiena al ricordo di quando si erano incontrati dopo l’esplosione del Gedo Mazo. Era paurosissimo, eppure non fece nulla per spaventare il giovane Shinobi, il cui cuore stava battendo all’impazzata e la cui gola era diventata secca come un arido deserto nel giro di una manciata di secondi. Al contrario, la Volpe assunse una posizione innocua, rassicurante. Si accovacciò, posando il muso sulle zampe anteriori. Era vicino, non attaccato, ma così vicino che Yu non sapeva in quale occhio guardare. Passava lo sguardo da una pozza cremisi all’altra che in quelle macchie di pelo nero, risaltavano ancora più.


Oh, avanti basta Yu!
Scegline uno e guarda quello per l’amor dei Kami!


Si costrinse a concentrarsi sull’occhio di destra, e proprio in quel momento il vocione profondo di Kurama spezzò il silenzio. Yu si fece subito attento, come sempre il tono potente che lo contraddistingueva aveva la strana capacità di vibrargli dentro, un po’come i botti dei fuochi d’artificio nella pancia, ma in maniera nettamente meno fastidiosa.
La Volpe si era messa comoda, con le code morbidamente adagiate ai lati del corpo, quasi come un raccontastorie di quelli che ogni tanto arrivavano al Villaggio. A pensarci bene, aveva proprio la voce giusta! Iniziò a rispondere alle domande di Yu secondo ordine temporale, partendo dal motivo - sconosciuto pure a lui stesso - per cui il suo corpo fosse andato dissolto dall’esplosione, fino poi a seguire. Il Rosso lo ascoltò con estrema attenzione.
La paura, parola dopo parola lasciò il posto alla curiosità, al desiderio di capire. E il fiume di parole che uscirono dalle labbra nere del demone, gli diede modo di saziare almeno alcune di quelle domande che si era posto non una, ma tante, tante volte lungo tutto il percorso di quell’odissea. Altre no, altre…forse nemmeno Kurama riusciva a spiegarsele. E fu davvero piacevole, starlo a sentire, sentirlo ammettere di non capire alcune sue stesse scelte, sentirlo rivelare alcuni di quei pensieri che avevano fatto deragliare il suo piano originale. Il demone non risparmiò davvero nulla, né le cose belle, né tanto meno quelle brutte. Parlò con schiettezza e franchezza, proprio come aveva fatto dopo il salto nell’oceano del Rosso. Yu non scorse alcuna menzogna nelle sue parole, tanto meno nel suo sguardo. Anzi, vi lesse chiaramente le emozioni che il suo stesso racconto suscitavano in lui. E sicuramente Kurama, avrebbe potuto fare lo stesso con lo Shinobi. Sembrava che non ci fosse un vero motivo particolare per cui la Volpe avesse scelto di aggrapparsi all’anima del Rosso, quanto piuttosto pura e semplice sopravvivenza. D’altronde, ritrovarsi all’improvviso senza un posto in cui tornare, doveva essere stato spaventoso e il Bijuu aveva fatto l’unica cosa che gli permettesse di andare avanti comunque. Trovata un’anima che gli parve sufficientemente forte da poterlo contenere, vi si era aggrappato a mo’ di vongola sullo scoglio e caso volle che quello scoglio fosse proprio Yu, uno degli umani che, a suo dire, lo avevano abbandonato in quel tempio. Alla fine era vero che la Volpe aveva solamente intenzione di farlo impazzire, giocando al gatto col topo, canalizzando sul Rosso tutto l’odio che provava per l’umanità. Lo scopo era fargli passare le pene dell’inferno, farlo cedere, per poi prendere possesso del suo corpo e sfruttarlo come gli pareva. Storia già sentita, già valutata, ma che comunque, unita a quegli occhi ferini portatori di frustrazione e sofferenza, fece correre un brivido lungo la schiena del Rosso per quanto fosse sincera nella sua crudeltà. Però…c’era un “però”. Ed era grosso come una casa. Lui era ancora lì. Era vivo, aveva potuto sfruttare quella misera speranza che Kurama gli aveva dato all’inizio del viaggio, aveva ripreso i ricordi che gli erano stati brutalmente strappati. E tutto questo perché ad un certo punto, la Volpe aveva cambiato idea.
Se prima il giovane aveva abbassato gli occhi di fronte a quella realtà non proprio piacevole, all’imbarazzata ammissione del demone rialzò gli occhi colmo di stupore. E non perché non fosse chiaro che, in qualche modo, la Volpe fosse tornata sui suoi passi lungo la via - altrimenti non sarebbe stato lì - ma per quello che disse in seguito. Riflessivo, quasi parlasse tra sé e sé, quasi stesse lui stesso cercando di capire in quel momento perché si fosse comportato in quella maniera, Kurama spiegò d’essere stato colpito dal comportamento di Yu. Di quel suo aggrapparsi saldamente a ciò che gli era rimasto dell’amico, pur senza cercare vie d’uscita alternative. Accettando le regole imposte dalla Volpe, senza dare troppo peso a cosa questo avrebbe potuto significare per sé stesso. Era a quel punto che qualcosa era cambiato. E la cosa divertente era che era cambiata per entrambi. L’uscire allo scoperto di Kurama, quel suo approcciarsi a Yu, rispondendo alle sue domande, facendone a propria volta, cercando forse di capire cosa e perché si fosse spinto a tanto…aveva cambiato anche il modo in cui lo stesso Rosso vedeva il demone. L’immagine dell’aguzzino aveva iniziato a sfumare, accendendo invece qualcosa d’altro nel momento in cui comprese che, pur avendo l’occasione di schiacciarlo con le proprie mani, Kurama aveva deciso di volere che lui vincesse al gioco da lui stesso costruito. Cosa che poi era successa.
L’enormità di quella situazione, il vero significato di quel
« Sono felice di non essere stato deluso ancora una volta, e spero di non esserlo una volta che questo incubo sarà concluso. » che venne accolto da Yu con un sorriso soddisfatto e…fiero - d’altronde non capitava mica tutti i giorni di ricevere complimenti simili da una creatura millenaria che ne aveva viste di cotte e di crude durante la sua lunga vita - fu davvero chiaro al Rosso solamente qualche istante dopo, quando la Volpe spiegò cosa sarebbe accaduto da lì in avanti. Con poche e semplici parole fu chiaro perché il demone avesse bisogno di una dimostrazione da parte dello Shinobi. Fu chiaro perché cercasse qualcuno di cui potersi fidare, qualcuno che potesse essere sia sé stesso sia custode di un potere che probabilmente parecchi dei Grandi sognavano di avere. Yu non l’aveva chiesto. In tutta quell’odissea il suo unico pensiero era stato quello di recuperare i ricordi di Takumi, di rinsaldare la propria integrità, non perdersi e non perdere nessuno. Non aveva mai pensato di scendere a patti con la Volpe, cercare di fregarla, di contrattare, o chissà cos’altro - anche perché era convinto che se ne sarebbe accorta. Il suo pensiero non era mai stato “c’è un Bijuu qui, perché non sfruttarlo?” e nonostante questo - o chissà, forse proprio per questo - adesso Kurama gli stava dicendo che avrebbe dovuto amministrare il potere di entrambi.
Il soffio caldo lo raggiunse prima che potesse replicare, per cercare di capire, e subito il dolore causato dalle ferite andò via via scemando. Yu le guardò richiudersi a vista d’occhio, lasciando sulla sua pelle solamente le macchie di sangue ormai rappreso. Ma non era finita lì, una volta rimesso in sesto, non appena la sua attenzione non fu più catalizzata dalle sue condizioni fisiche, il Rosso avvertì un’energia immensa bruciare dentro di sé. Una sensazione molto simile a quella che aveva provato con Amaterasu e con la sua occasione manifestatasi poco prima, ma in un certo senso nettamente superiore. Si alzò in piedi, stupito, confuso, elettrizzato. Quella forza scorreva dentro di lui con impeto, un chakra che conosceva bene in fin dei conti, eppure non c’era nulla di diverso in lui. Guardò le mani, come se guardandole potesse vedere qualche differenza, prima di alzare gli occhi meravigliati verso la creatura che aveva davanti, il reale possessore di quell’energia travolgente.


Ma…cosa significa?

Fu incrociando gli occhi della Volpe che si rese conto che non solo il suo chakra, ma anche qualcosa d’altro era fluito da lui a Yu. Improvvisamente avvertiva le sensazioni di Kurama come fossero le proprie, i suoi ricordi un tutt’uno con i propri. Il dolore, la sofferenza, la persecuzione provate dal demone, ora le stava saggiando sulla propria pelle, se possibile in maniera ancor più nitida di quel simulacro creato da Amaterasu nel Gedo Mazo. I ricordi della Volpe si palesarono nella sua mente, risvegliando memorie piacevoli, facendo provare al giovane la carezza gentile del vento sulla pelliccia, mentre quel profumo di libertà gli inebriava i sensi correndo nelle lande selvagge del Fuoco. Allo stesso tempo, smosse acque torbide, spiacevoli come le motivazioni che avevano trattenuto la Volpe dal gettarsi al loro seguito nella pozza di luce. Amaterasu la sua salvatrice, ma al contempo la sua aguzzina. La temeva, e la condivisione con lei lo disgustava. Era stato qualcosa che lui non aveva deciso, qualcosa che non aveva scelto. Si era fidato della dea nella speranza di fuggire alla prigionia e alla pazzia, per poi ritrovarsi in una situazione forse peggiore di prima. Sentimenti contrastanti lo legavano alla divinità, come sentimenti contrastanti avevano dato vita a quello che Yu stava vivendo in quel momento. Comprese la confusione del demone nel rendersi conto di aver cambiato improvvisamente idea su di lui, di aver iniziato a provare simpatia per un umano, senza potersi dare una spiegazione. E gli venne da sorridere per quel suo cercare di razionalizzare azioni che di razionale non avevano nulla.
Tutto quell’accumulo di ricordi, pensieri, sensazioni e energia lo stordirono in un primo momento. Ma lentamente fu come se scemassero, come se trovassero il giusto posto dentro di lui e benchè continuasse ad avvertirli, benchè non avesse alcun problema nel sentire quel chakra dentro di sé o sondare i ricordi del demone, ben presto Yu si abituò a quella nuova condizione, iniziando a comprendere, a realizzare cosa tutto ciò significasse. E come se gli avesse letto nel pensiero, Kurama lo redarguì. Da quel momento in avanti, ora che la forza del Bijuu era dentro di lui, avrebbe dovuto guardarsi bene dal rivelare con troppa facilità quella realtà. Se qualcuno di sbagliato lo avesse saputo, non ci avrebbe pensato due volte per tentare di appropriarsi lui stesso del chakra di Kurama…magari ricorrendo a schifosi mezzucci. Tuttavia, fosse anche successo, di sicuro avrebbe trovato pane per i suoi denti.


Al Mizukage dovrò dirlo, lo sai. Fece il Rosso, riavvicinandosi al muso del Bijuu, per sedersi di nuovo di fronte a lui. E in ogni caso, se anche venissero, noi ci faremo trovare pronti! Giusto? Sorrise, di uno di quei sorrisi da sfrontato, ma che ben presto lasciò il posto ad un’espressione un po’ più seria. Spacconate a parte, ti prometto che non farò stronzate. E non ti tradirò. So come ci si sente quando credi in delle persone e queste ti deludono. E so anche che le mie, per te, sono solo parole al momento, però ci tenevo a dirtelo. Perché, vedi, ridacchiò, grattandosi lievemente la guancia con l’indice non riesco ancora a capire bene come tutto questo sia possibile, ma sono contento che tra tutti sia tu. Non penso avrei sopportato di condividere la mia anima con Saiken, troppo depresso. E troppo bavoso, ma questo se lo tenne per lui. Posò allora le mani poco dietro al bacino, così da poter alzare il capo e guardare in alto il buio che circondava quell’unica piattaforma di ghiaccio. Kurama, devo chiederti ancora delle cose. Riabbassò la testa, per poter guardare la Volpe negli occhi, e si rimise un po’ più composto. La paura di essere così vicino al Bijuu era totalmente sfumata adesso. Erano la stessa cosa. Sarebbe stato come temere sé stessi, inoltre…sentiva un piacevole calore quando sondava ciò che la Volpe provava nei suoi confronti. Sapeva di fiducia. Prima hai detto che sei felice di non essere stato deluso ancora una volta. Chi lo ha fatto prima? Voglio dire, oltre a noi sette nel tempio e Amaterasu. Per altro condividere il corpo con lei non ti piaceva, anzi, ti disgustava, ma non mi pare che con me sia lo stesso. Inoltre…e questo non centra nulla col discorso precedente, quando ti ho chiesto spiegazioni circa il fatto dell’odore di Takumi, mi hai risposto “una cosa del genere” e anche poco fa hai detto che si è intromesso nei tuoi affari, puoi spiegarmi adesso cosa ha fatto di preciso? Era curioso. Curioso su ogni aspetto di quell’avventura, ma anche della Volpe. So che cercando nei tuoi ricordi potrei trovare le risposte, ma preferisco chiederlo a te. In cambio ti darò io una risposta a qualcosa che non capisci. Sogghignò, allegro, furbo. Non ti spieghi bene come mai alla fine tu abbia rinunciato all’idea di schiacciarmi e controllarmi, tanto meno capisci perché ti venga da essere gentile con me, come poco fa con il nome di Takumi. Giusto? E in realtà Yu era convinto che, in fondo, oltre a queste due cose, andassero aggiunti il fatto che sin da principio la Volpe gli avesse consegnato quella misera speranza - avrebbe potuto anche ometterla del tutto - e che tra tante anime forti in quel cielo di spiriti, si fosse legato alla sua. Beh è semplice. Fece, fintamente saccente, prima di sorridere sincero al demone e uscirsene schiettamente. E’ perché io, infondo, ti piaccio.

 
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view post Posted on 8/1/2019, 17:38     +1   -1
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Alla volpe, seppure comprendesse per quale ragione il rosso stesse avvisandolo sulle sue intenzioni, quell'ammissione non piacque e vi rispose con un lieve snudare della dentatura aguzza. Non poteva certo scodinzolare all'idea di dover rendere noto a un umano che per lui non era altro che una pulce della sua presenza, ma capiva. Yūzora doveva rischiare. E nonostante tutto fece in modo di dargli spago, annuendo con un sorriso poco rassicurante all'affermazione sull'essere pronti ad accogliere chiunque avesse provato a far loro del male. Per il demone che aveva trovato la sua perfetta dimora, adesso era un 'noi due contro il mondo intero' e chiunque avesse osato torcere un capello al suo tramite sarebbe incorso nella sua collera distruttiva. Amaterasu non sarebbe tornata una seconda volta a dare manforte agli umani, dopotutto.
Furono le successive parole del Kyōmei ad allentare la tensione palpabile nell'aria, parole che fecero ridacchiare Kurama in maniera incontrollata. Poteva chiaramente avvertire in lui sia la gratitudine dell'essere stato scelto proprio da lui (cosa che lo riempiva d'orgoglio) sia il disgusto nel pensare eventualmente a Saiken, e questa cosa lo divertiva da matti. In effetti grondare di bava e sorbirsi i singhiozzi disperati di un depresso cronico non doveva essere bello. -
« Nella sfortuna sei stato fortunato. » - commentò una volta messa sotto opportuno controllo la risatina che era scaturita con prepotenza. Essere legati a doppia mandata a un altro essere non era certo una cosa bella né per l'umano in questione né tanto meno per il demone che bramava la sua libertà, costretto a essere quasi un parassita. Ma era proprio vero che nella sfortuna era stato fortunato; entrambi lo erano stati. Yu si era avvicinato nel mentre, chiaro segno che non lo temeva e che, anche fosse, parlandogli si trovava perfettamente a suo agio; ottimo. Che fosse un ragazzo molto coraggioso non era una novità, d'altronde. Forse lui sarebbe riuscito a donargli un po' di quel profumo del vento e quella spensieratezza che bramava da tanto tempo.
Altre domande si aggiunsero alle precedenti, e nonostante le risposte fossero a un tiro di schioppo il rosso decise ugualmente di porle al diretto interessato, che seguitava a guardarlo con estremo interesse. Era un tentativo di costruire un contatto? Possibile. Aveva un modo di fare piuttosto strano rispetto agli altri umani con cui aveva avuto a che fare e non gli dispiacque quell'approccio. Non c'erano fronzoli, timore o venerazione nel cuore di Yu, solo semplice curiosità. Sorrise all'ultima affermazione, simulando disinteresse ma muovendo piano le code a quella verità. Perché si, sin da subito il rosso gli aveva suscitato una certa inspiegabile simpatia. Ma non rispose a quello. Piuttosto glissò sulle altre domande schiarendosi la voce profonda, stiracchiando un po' le zampe anteriori. -
« Non mi piace non avere il mio corpo, ma attualmente non ho scelta. » - disse serio, ma senza essere minaccioso nei confronti dell'umano ospite. - « E' come se tu andassi in giro con un aspetto diverso, in un corpo che non ti appartiene, e coloro che ami non riconoscessero più il tuo volto. Come ti sentiresti? » - fece quel paragone per spiegargli la sensazione. Non aveva disgusto nei confronti del suo nuovo tramite, ma naturalmente non era facile per lui rintanarsi in quell'antro ghiacciato e stare buono senza potersi gustare la sua esistenza. Era naturale bramare di uscire e di essere di nuovo quello che era un tempo, ma d'altro canto se non poteva fare altrimenti aveva poco senso piangersi addosso. E poi glie l'aveva detto che la sua compagnia non gli dispiaceva. - « Diciamo che sei più divertente di Amaterasu. » - ridacchiò prima di riprendere le fila del discorso, sbuffando aria calda dalle narici. - « Ma tornando al discorso.. sono in tanti ad avermi deluso Yu. Sai.. essere potenti genera timore, competizione.. persino i miei simili hanno cercato in tutti i modi di superarmi in astuzia e potenza, chi più chi meno. Ma un tempo non era così. » - e non aggiunse altro alla questione, conscio che Yūzora avrebbe visto e provato quello che lui stava vedendo nei suoi ricordi e provando. Era stati anche loro dei cuccioli, spaesati e pieni di voglia di vivere; non appena crebbero, delineando ognuno il proprio carattere, ecco che scattava la competizione e man mano che andava inasprendosi le loro strade si dividevano. Ricordo agrodolce di tempi che non sarebbero più tornati. Sbuffò scocciato. Non era un sentimentalista e quel momento di apertura alla sua 'umanità' lo mise a disagio. - « Per quanto riguarda invece il tuo amico sbruffone.. beh.. diciamo che inconsapevolmente ha lasciato addosso a te il suo odore. » - riprese quindi a rispondere all'altro quesito, quello forse meno problematico per lui nonostante gli generasse un po' di fastidio. - « Ricordi quando non riuscivi più a pronunciare il suo nome e ti sei scagliato contro di me? In quel momento non avresti dovuto sentire nulla, ma solo ricordare vagamente la sua fisionomia. Era un lento processo di cancellazione quello a cui ti ho sottoposto, ma quel bell'imbusto ficcanaso ti ha messo qualcosa addosso e nel sonno ti ci sei aggrappato con forza. Per questo i tuoi ricordi sono rimasti li dove stavano, senza ulteriori danni. Un evento fortuito che ti ha permesso di andare avanti meglio di come avessi previsto. » - fu sincero nel dire quello che aveva pensato, nell'esprimere quella sensazione di disturbo che aveva provato nel vedersi macchiare i suoi astuti piani da un'azione tanto blanda come quella perpetrata inconsapevolmente dal castano nei confronti del rosso. - « Diamine.. riesce sempre a farmi saltare i nervi.. come diavolo riesci a sopportarlo?! » - espresse senza mezzi termini, ricordando le parole che Takumi gli aveva rivolto quando era legato alla colonna e stava bruciando. Bruciavano ancora quelle, nonostante fossero dettate dalla situazione improbabile in cui tutti erano finiti per il gioco perverso di Omikami.

 
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Ah, era certo che sapere di non poter evitare il confronto col Mizukage a Kurama non sarebbe piaciuto granchè. L’idea non faceva saltare di gioia nemmeno lui, d’altronde, ma non c’era scappatoia da quella tappa. Kobayashi Hayate era il suo diretto superiore, d’altronde, il più alto ufficiale della Nebbia, il suo capo. Nascondere una cosa simile non avrebbe fatto altro che farlo affossare in delle sabbie mobili difficili da superare una volta entratoci. Se l’albino fosse venuto a sapere da terze parti o in secondo luogo di quanto era accaduto a Yu - in ogni caso, non direttamente dalla sua bocca - sarebbe stato sicuramente peggio che affrontarlo a viso aperto sin da subito. Il Rosso stesso nei suoi panni si sarebbe sentito tradito e avrebbe avuto poca fiducia nei confronti di un suo sottoposto che si fosse comportato in quella maniera, piuttosto che essere chiaro sin dal principio. Era una cosa normale, fisiologica. Come lo era il fastidio della Volpe nel comprendere perfettamente che quel confronto non poteva essere evitato. Tuttavia, almeno non si oppose, tanto meno fu direttamente ostile nei confronti di Yu per questa cosa. Capiva. Non gli piaceva, ma capiva. Il che avrebbe significato che quel giorno fatidico si sarebbero fatti compagnia nella consapevolezza condivisa di quell’incombenza che, per un motivo o per un altro, non era gradita a nessuno dei due. Alla Volpe, per la ben poco attraente idea di rendere noto ad un umano la sua attuale condizione, a Yu perché non aveva idea di come il Mizukage avrebbe preso la cosa. Tuttavia nella buona o nella cattiva sorte, quanto meno avrebbero affrontato quel rischio assieme, non sarebbero stati soli, si sarebbero dati man forte e si sarebbero protetti vicendevolmente. Lo sentiva bene quel fuoco bruciare, quella volontà ardente del demone di restarsene saldamente dove stava e di non permettere a nessuno, umano o non umano che fosse, di fare del male al suo custode. Fosse stato anche solo per un desiderio egoistico, sarebbe andato bene ugualmente, ma il Chunin sapeva che non era semplicemente questo a muovere le fiamme dell’anima della Volpe. E più ci parlava, più si convinceva di quella verità, tanto da averla rivelata al demone, come piccolo pegno per parlare con lui ancora un po’. Senza bisogno che fosse Yu a scavare nei ricordi di Kurama che aveva ricevuto dallo stesso, lasciando invece che fosse la Volpe a parlare, a raccontarsi. D’altronde era certo che osservando quelle memorie e basta, avrebbe capito la metà di quello che avrebbe potuto comprendere dalle dirette parole del demone. E poi non gli dispiaceva affatto confrontarsi con lui. Era anche un modo per avvicinarglisi senza essere esageratamente invadente, lasciando che fosse il Bijuu a decidere se lasciarglielo fare o meno. Funzionava così in qualsiasi rapporto, no? Si faceva un passo e si aspettava di vedere se la situazione era stabile, prima di farne un altro. E se anche adesso poteva sentire ciò che Kurama provava, era comunque sicuro che quel metodo fosse il migliore per conoscersi davvero. Anche se era dura tenere a bada la curiosità che aveva nei confronti di quella creatura, anche se avrebbe voluto chiedere mille cose, vedere attraverso i suoi occhi il mondo che era stato…anche se tutto era letteralmente a portata della sua mano, beh, era certo che tirare un po’ le redini non potesse essere un male. Poche gocce alla volta, avrebbero reso il tutto sicuramente più interessante, alimentando di volta in volta la fame di conoscenza che aveva, senza sfamarla mai completamente, così da lasciare quel languorino, quella voglia di sapere altro e di più. Non c’era alcun gusto nel sapere tutto e subito! Sarebbe stato come un cacciatore senza il piacere della caccia, un viaggiatore privato del piacere del viaggio o un investigatore a cui mancava il piacere delle indagini. E non gli andava proprio di perdersi quel guizzo.
In fin dei conti era bello osservare i lineamenti della Volpe mutare alle sue domande o alle sue affermazioni. Vederli irrigidirsi nel comprendere verità scomode o ammorbidirsi in maniera quasi imbarazzata di fronte alla schiettezza di alcune parole di Yu. Come in quel preciso istante, quando il Rosso, con tutta la schiettezza di cui era capace - e forse un pizzico di superbia - asserì che il motivo per cui il demone avesse rinunciato ai suoi piani originali era il semplice fatto che provava simpatia per lui. Che Yu gli piaceva. A quelle parole dirette e un po’ sfrontate, Kurama rispose con un sorriso, cercando di dissimulare, ma il movimento delle code, seppur leggero, fu più loquace di lui. Ridacchiò il Rosso, vedendolo glissare sull’argomento, schiarirsi la voce e allungare le zampe anteriori ai suoi lati, stiracchiandosi, mettendo in mostra un comportamento talmente umano che fu realmente difficile per il Chunin non provare un certo piacere nell’averlo messo in evidente imbarazzo.
Un momento breve, eppure ricco, che presto venne sostituito dalla serietà del discorso seguente. Se capiva come ci si poteva sentire a non avere più il proprio aspetto? Oh, eccome se lo capiva. Ne aveva avuto un breve assaggio non troppo tempo prima, grazie a quella lumaca bavosa…E se anche i suoi compagni di squadra sapevano che sotto quelle sembianze mostruose si celava pur sempre lui, vederli indietreggiare con disgusto, rifiutandolo in un certo senso, era stato davvero orribile. Lo ricordava perfettamente. Come ricordava di aver pensato che non avrebbe mai rimesso piede a Kiri in quelle condizioni, sia per non rischiare di contagiare altri, sia per non dover subire quella reazione ancora e ancora e ancora. Era stupido, ma…faceva male. Era come essere soli pur essendo in mezzo a un mucchio di gente, era come essere prigionieri pur non avendo catene ai polsi. Non faceva fatica per nulla a comprendere quindi cosa provasse la Volpe, anche senza sentire direttamente i suoi sentimenti sulla pelle.


Mi sentirei solo. Rispose allora mestamente, abbassando un po’ il capo, neanche fosse colpa sua ciò che era accaduto. Solo e in trappola.

Alla fine di quella brutta storia, era stata la risolutezza di Takumi a toglierlo da quella condizione penosa. La Volpe, però, non aveva una vera via d’uscita attualmente. Era chiaro che stare lì non fosse la sua più alta aspirazione di vita, quanto più una necessità, come era chiaro che Kurama non trovasse alcuna utilità nel rivangare un discorso che, più in là di un tot, non potesse andare, in quanto al momento privo di risoluzione, tuttavia se Yu avesse potuto fare almeno qualcosa per alleviare quella sua condizione, l’avrebbe fatta, nei limiti delle sue possibilità. Aveva capito che la sua compagnia non gli dispiaceva, e ora sapeva anche che condividere il suo corpo con lui non lo disgustava come era stato con Amaterasu, quindi magari qualcosa poteva fare. Se non per la sensazione d’essere prigioniero, almeno per la solitudine. Forse, a differenza delle apparenze, era quella la bestia peggiore.
In fin dei conti era da un sacco che Kurama era lontano da tutto e da tutti, come ben diceva aveva anche provato ad avvicinarsi a qualcuno, ma era stato deluso tante, troppe volte…forse l’unico reale periodo felice del demone era stata l’infanzia, prima che anche tra lui e i suoi fratelli iniziassero a nascere competizione e invidie. E Yūzora li vide quei momenti, vide i Bijuu da cuccioli - assurdamente adorabili, pure Saiken - iniziando pure a chiedersi come fossero nati, da chi, in che circostanze, prima di assistere alla loro crescita, col delinearsi dei caratteri che li contraddistinguevano e, quindi, delle prime ostilità che avevano portato quella “famiglia” a dividersi verso strade differenti. E quella di Kurama non era stata facile. Ma Yu questo lo aveva capito ancora quando del demone non sapeva granchè. Il livore di cui erano pregne le parole che aveva rivolto al loro gruppo nella statua, l’ostentato odio, l’astio…erano un chiaro segno di ferite profonde, difficilissime da sanare che, con l’andar del tempo, avevano temprato il carattere del demone, costringendolo a costruirsi una corazza verso le delusioni, la sofferenza e le ingiustizie subite. “Bugiardo” gli aveva detto Yu. Perché sì probabilmente quelle cose che aveva detto le pensava davvero, ma in fondo in fondo, da qualche parte, c’era ancora il cucciolo di quei ricordi lontani, quello che sperava di poter trovare qualcuno di cui fidarsi, qualcuno che gli facesse respirare ancora quel vento di libertà, qualcuno con cui non servissero armature munite di spunzoni per difendersi. E anche se Yu non aveva idea se lui fosse davvero quel “qualcuno”, il solo fatto che Kurama gli avesse lasciato quello spiraglio per riuscire a capirlo, era già un’ottima cosa. Un buon punto di partenza che forse altri avevano ignorato o chissà, magari nemmeno mai visto, troppo accecati da altre idee. Doveva essere stato fastidioso avere quelli del Kyo Dan a venerarlo, quelli del Taisei che volevano trovare il modo di rinchiuderlo e annullarlo ad ogni costo…e pure Amaterasu che l’aveva, sì, salvato dalla prigionia ma solo per infilarlo in un’altra, di genere differente e forse peggiore. Fortunatamente Yu non era un invasato come i membri di quelle due organizzazioni, tanto meno un Kami con poteri che gli permettessero di sottomettere un Bijuu. Era solo un ragazzo, uno Shinobi, con ombre e luci come chiunque altro e, forse per questo, riusciva a comprendere ciò che la Volpe aveva passato. Ah, con questo non voleva dire che Kurama fosse un santo, sicuramente la zampa ce l’aveva messa pure lui in qualcosa, però in quel momento, tra tutti - Kyo Dan, Taisei, Amaterasu, ecc… - era forse quello che dimostrava più umanità, pur non amandolo in maniera particolare. A nessuno piaceva mostrarsi debole di fronte agli altri, figuriamoci una creatura fiera come la Volpe! Quindi Yu non replicò quando preferì cambiare discorso, con uno sbuffo d’aria calda dalle narici, che investì il giovane giusto in faccia. Nonostante quella distrazione iniziale, cercò di non perdersi una parola, quella risposta lo interessava molto. Certo non si aspettava cosa sarebbe uscito dalle labbra nere di Kurama.
Pareva che davvero Takumi avesse messo i bastoni tra le ruote alla Volpe pure dal mondo reale. Sicuramente in maniera inconsapevole, ma lo aveva fatto nel momento in cui aveva “lasciato addosso” a Yu il suo odore, proprio nell’istante in cui il demone aveva strappato via i suoi ricordi. Fin qui tutto bene, no? Ecco. Fu un attimo dopo, quando la Volpe spiegò a Yu il come fosse accaduto che sul volto del Rosso salì un chiaro imbarazzo.


Io avrei fatto cosa?! Fece, esterrefatto, incredulo, per nulla convinto delle parole di Kurama, nonostante ben sapesse che fossero sincere. Questa è sicuramente una bugia! Figurati se farei mai una cosa del genere!

Lui che si aggrappava a qualcosa che Takumi gli aveva messo addosso, come un bambino! Figuriamoci! A braccia incrociate, guardando l’occhio cremisi di Kurama con i propri assottigliati mentre sulle gote aveva un lieve rossore causato da un’evidente inconsapevole vergogna, Yu seguì il resto del discorso della Volpe. A parte quella giustificazione inattendibile, il resto filava…sembrava in ciccioli che l’aver avuto l’odore di Takumi sotto al naso per tutto il tempo, non avesse permesso la cancellazione dei ricordi come Kurama l’aveva progettata, dando anzi a Yu la possibilità di affrontare il gioco perverso del demone in maniera decisamente migliore di quanto fosse stato prospettato. Una vera fortuna. A prescindere da cosa fosse realmente accaduto - che il castano gli avesse davvero messo addosso qualcosa, trovandolo fuori al freddo, oppure no e che lui vi si fosse veramente aggrappato o meno - la presenza dell’amico era stata essenziale. In un certo senso se ora lui era lì a poter parlare con Kurama in quel modo, era anche merito di Takumi. E la cosa divertente era che il demone non nascose minimamente quanto infastidito fosse nell’essersi visto rovinare i piani così argutamente costruiti, da un gesto talmente semplice. Tanto meno mancò di esprimere la sua antipatia nei confronti del castano. Le parole che gli aveva rivolto nel tempio si erano impresse ben bene nella mente della creatura. Ma la cosa che fece più sorridere il Chunin, sciogliendo il broncio che aveva messo su poc’anzi, fu quel « …Come diavolo riesci a sopportarlo?! » Lì proprio non riuscì a trattenere una risata. Genuina, sinceramente divertita, mentre la braccia precedentemente incrociate passavano a tenersi la pancia. Perché quei due erano esattamente identici, eppure né l’uno, né l’altro sembravano rendersene conto.

Davvero non lo sai? Fece, una volta che riuscì a calmare la risata, asciugandosi una lacrima che gli si era formata all’angolo dell’occhio. D’altronde la Volpe aveva ben visto i suoi ricordi. Sapeva che togliere dalle sue memorie Takumi l’avrebbe ferito, perché aveva visto che ci teneva. Di conseguenza doveva aver anche capito perché. Al di là che Yu lo ritenesse parte della sua famiglia e uno di quei segni profondi che coloravano il muro della sua vita. Quel suo modo di fare…è solo una maschera. Disse. Sembra sfrontato, arrogante, stronzo, perché vuole che gli altri lo vedano così, probabilmente per tenerli lontani, per non legarsi a gente che potrebbe ferirlo o deluderlo. Ma ogni tanto si riesce ad intravedere qualcosa sotto quell’armatura e io mi ritengo fortunato ad averlo potuto fare, perché significa che è stato lui a lasciare quello spiraglio. Per me. Per vedere se avrei creduto solamente alla copertina del libro o se fossi andato al di là di questo e avessi iniziato a leggere. Fece spallucce. Io non sono uno che giudica i libri dalla copertina. E tu, Kurama? Chiese quindi, un po’ sibillino, ma sorridendo dopo qualche istante. Sai, voi due, in realtà, avete parecchio in comune. E, in un certo senso, se adesso siamo qui a parlare in questo modo, un po’ è anche merito suo.


I’m baaaaaack! :zopia:
 
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Aveva risposto sinceramente al suo contro quesito, centrando in pieno il nocciolo della questione. Dopotutto quest'ultimo non era stato posto puramente a caso. Tralasciando il volerlo spingere a mettersi nei suoi panni e comprendere cosa frullasse nella sua testa, Kurama sapeva bene che il suo tramite aveva subito un trattamento simile a quello che adesso era costretto a subire lui. Non erano le stesse premesse, ma il risultato era quanto di più analogo potesse esserci. E poi era prigioniero da talmente tanto tempo, dimentico dei sentimenti positivi, di cosa volesse dire parlare apertamente e ricevere in cambio un po' di comprensione, che dovette sorridere nel percepire quella piccola nota carica di amarezza nel tono di voce del suo giovane interlocutore. Aveva pure abbassato il capo, nemmeno si sentisse colpevole di quello che da adesso in avanti avrebbe dovuto patire. Da un certo punto di vista, prendersela con un capro espiatore sarebbe stato alquanto liberatore, un 'tu prima degli altri'. Era quello il piano originale d'altronde. Eppure Yūzora, con quel suo fare comprensivo, con quel suo non essere invadente nonostante ne avesse la possibilità concreta, aveva scelto di dialogare piuttosto che profanare. Aveva preferito contare sulle sue forze e lottare, piuttosto che piegarsi a venerarlo per aver salvi i ricordi di una vita intera. Era stato migliore di qualsiasi altro uomo avesse incontrato nei secoli, prima che la prigionia e Amaterasu lo costringessero a rimanere solo, in catene, come un cane bastardo abbandonato sul ciglio di un viottolo secondario. Non poteva prendersela con quel ragazzo per quello che era successo, perché in quella storia non c'entrava niente e quell'arsura causata dalla mancata vendetta non si sarebbe placata col suo sangue. Costretto o meno che fosse, Kurama aveva finalmente deciso da che parte stare e a chi consegnare la sua fiducia e i suoi agognatissimi poteri. Non poteva altri che essere quel ragazzino dalla sfida facile, estremamente intelligente, testardo e furbo tanto quanto lui.
Alla reazione circa lo zampino di quel Takumi da strapazzo, la volpe a nove code se la rise. E come se se la rise! Al primo accenno di imbarazzo, seguito dal rifiuto categorico nel credere di aver anche solo involontariamente fatto una cosa tanto innocente come aggrapparsi a qualcosa di non suo, prese a sghignazzare e soffiare aria dalle fauci serrate. Era uno spasso vedere come nemmeno lui si rendesse conto di quanto profondo fosse il legame che lo univa a quel malaugurato bastardo che aveva osato sputargli in faccia veleno. Eppure, nonostante sapesse bene la risposta e le motivazioni annesse, voleva sentire dalla sua voce quale che fosse la motivazione per il quale lo sopportava. Era fastidioso, sin troppo confidente e pieno di sé. Cosa diamine ci trovava in un soggetto del genere, al punto da volersi persino sacrificare per un suo ricordo? La risposta al quesito fu presto fornita e in un qualche modo lo lasciò.. curioso. A detta del compagno umano, quel castano era molto più di quello che appariva. Stentava a crederci, tanto che un sopracciglio doveva essersi sollevato scettico mentre ascoltava le parole del rosso. Sapeva però che esse venivano tanto dal cuore quanto dal suo vissuto, e sentirgli dire che era fortunato ad aver avuto la possibilità di profanare quella corazza di antipatia per poter sbirciare oltre gli fece comprendere tante cose. Stava facendo la medesima cosa con lui. Stava cercando di capire, di 'leggere' fra pagine e non soffermarsi sulla mostruosa e demoniaca copertina che aveva di fronte. Era la curiosità a spingerlo.


« Io.. non ho mai letto un libro.. » - disse con una sincerità disarmante, apparendo perplesso prima di tirare un sospiro sfiancato. Non una risposta soddisfacente e probabilmente non quella che il Kyōmei si aspettava, ma doveva farsela bastare. Leggere fra le righe non sarebbe stato difficoltoso. Kurama non aveva mai avuto la curiosità di conoscere gli umani, quanto meno non ultimamente. Fino a pochi minuti prima era un po' del partito 'tutta l'erba un fascio', quindi era comprensibile eludesse in qualche modo quella domanda. Certo la curiosità non gli mancava, altrimenti non avrebbe posto così tante domande per conoscere invece Yu. Arricciò un po' il naso al paragone però, prima di fare spallucce. Lui era certamente migliore di un umano dalla lingua lunga e biforcuta.

Un grosso sospiro caldo da parte della volpe preannunciò l'oramai termine di quel colloquio e del sogno che aveva tenuto il rosso lontano dagli affetti col serio rischio di non rivederli mai più o di non ricordare nemmeno chi fossero. -
« Credo che il tempo delle chiacchiere sia giunto al suo termine. Adesso devi svegliarti. » - proferì con un po' di malinconia insita nel tono, adesso che era costretto a starsene nuovamente buono e senza compagnia alcuna. Non fisica quanto meno. Almeno poteva guardare e sentire il mondo attraverso i sensi del suo giovanissimo tramite, quindi un lato positivo li c'era. Peccato che prima di andare il Kyōmei pose l'accento sulla promessa fatta qualche tempo prima, sul fatto di voler toccare le sue code. Kurama parve subito imbarazzato e strinse i denti nemmeno stesse ringhiando, ma tenne le orecchie basse e si volse contro voglia in orizzontale rispetto al suo tramite, permettendogli di accarezzare una delle sue code. Nel suo sguardo un supplichevole 'fai in fretta, è troppo imbarazzante'. Ma alla fin fine quella morbida carezza.. doveva ammetterlo.. gli piacque.
Pagato il suo piccolo ma piacevole pegno, Kurama fece per stiracchiarsi e finalmente, dopo essersi scrollato di dosso un po' di umidità, Yūzora fu in grado di vedere cosa si celava sotto quella lastra di ghiaccio. C'era qualcosa che la sorreggeva in quel mondo intimo, o meglio qualcuno. Erano tutte le persone che amava e cui voleva bene. Kai, Shizuka, Shi, Urako, Fuyu, Nuru, Takumi.. erano tutti sotto quel fragile elemento a vegliare sul suo cuore, a non permettere al demone di scalfirlo. -
« Sai, in effetti hai ragione.. » - proruppe allora Kurama, vedendolo perdersi in quello spettacolo tanto singolare quanto caloroso. - « ..qualcosa in comune l'abbiamo, io e quel dannato ragazzino.. » - e sorrise, snudando appena i suoi denti affilati come sciabole ma lasciando il discorso in sospeso, mentre la vista del ragazzo andava offuscandosi per poter tornare a guardare fuori da quel posto. Da li a poco fu l'oblio.

Destatosi dal suo sonno tormentato, Yūzora avrebbe ripreso a sentire chiaro e forte il rumore delle onde contro i fianchi nella nave e il freddo pungente delle prime luci dell'alba. L'odore del compagno poi era più reale che mai adesso e sarebbe bastato guardare un po' più in la per vederlo li, seduto a osservare distrattamente il mare con un foglio logoro fra le mani e una penna. Non si era accorto del suo risveglio, talmente era intento in quello che stava facendo.. ma era li, a pochi passi da lui. E il suo haori gli era addosso, come una calda e confortante coperta in un inverno gelido.



Bentornata sis! :flower:
 
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