Si aspettava una convocazione, appena tornata a Iwa. A differenza di altri colleghi, che erano stati riportati alla Roccia in barella, lei era uscita dal Gedo relativamente sana e salva. Non aveva avuto bisogno di controlli medici -e anzi, si era rifiutata di occupare posti e risorse in favore di quelli che necessitavano davvero di cure- ed era tornata a casa, la casa ottenuta dal loro padre biotecnologico, il Dottor Katayama.
Si era fatta un bagno, lungo e rilassante, mentre rifletteva sull'esperienza vissuta. Aveva fatto capire alla Tsuchikage che aveva bisogno di parlarle, perché la questione Choumei non poteva essere ignorata... Ma la Koizumi maggiore le aveva detto che l'avrebbe convocata il prima possibile.
Malgrado avesse un canale preferenziale con la regnante, c'erano dei doveri a cui Chiye non poteva sottrarsi. Avrebbe atteso, quindi, vivendo la sua vita come al solito.
Ma con un terzo ospite in quel corpo tanto piccolo.
Percepiva il Demone dentro di sé, annidato assieme ai suoi cuori. Era una presenza diversa, non ostile, ma nemmeno naturale. Se Hacchan e Niijan formavano una simbiosi perfetta, Choumei era il terzo incomodo, palesemente.
Non udì la sua voce, forse si stava riposando anche lui, o adattando al nuovo ambiente che, volenti o nolenti, avrebbero condiviso assieme.
La convocazione giunse la mattina dopo, ma non da Chiye. Era Azumamaro, o meglio Nashi, perché ad essere convocata era Sasori e non Rei.
Lieta di avere qualcosa da fare, si vestì, si mise la maschera, e uscì per giungere puntualmente alla Tana, come ogni tanto la chiamava Amazzone. Era uno scantinato polveroso, niente di eccezionale, e nemmeno l'unico -gli Sfregiati avevano varie sedi, per variare i luoghi di riunione così da non essere prevedibili- però era il più importante. Era l'unico abbastanza grande da contenerli tutti comodamente, e non erano mancate le occasioni solidali. Sempre contenute, certo, ma che creavano quello spirito di squadra che anche le armi dovevano avere, quando condividevano la stessa panoplia.
Quel giorno invece c'erano solo lei e Nashi, che andò subito al sodo spiegandole la missione. Mentre Rei leggeva il fascicolo, dietro la maschera la sua fronte si accigliava.
"Tanuki e Yokoba... Diamine."Con Tanuki ci aveva fatto la sua ultima missione, quella alle terme. Con Yokoba, il suo battesimo del fuoco. Non poteva dire che voleva loro bene, ma erano colleghi validi, e le faceva piacere la loro presenza.
"Noooo, proprio loro? Non è giusto!"Delle due era Ventitré quella emotiva, quella che si era realmente affezionata agli Sfregiati. I suoi sentimenti puri erano smorzati dalla logica freddezza di Diciotto, e insieme riuscivano a creare una ragazzina dispiaciuta, ma non distrutta, dalla possibile morte dei compagni.
Sasori però non poteva avere sentimenti. Quando metteva quella maschera, Nashi si aspettava da lei praticità, fermezza e compostezza.
Alzò gli occhi dalla cartelletta che le aveva consegnato, e li pose su quelli della maschera di porcellana del proprio comandante.
«Il mio parere è che non possiamo dare già per scontato che Yamainu sia il colpevole. Yokoba e Tanuki si sono sempre dimostrati combattenti eccezionali, ma soprattutto uomini astuti. Dubito che in punto di morte, o prima di essere rapiti, ci avrebbero lasciato un messaggio così palese.»Gli Anbu erano tutti sotterfugio, codici, mistero. Certo, era possibile che uno dei due, stremato, morente, non avesse tempo e modo di pensare a qualcosa di più adatto... Ma le sembrava strano. Troppo strano.
«Allo stesso tempo, dobbiamo trovare Yamainu e verificare se l'accusa è vera. Capire se Sciacallo avesse davvero dei motivi per tradire... O se qualcuno ne avesse per addossargli la colpa di un tradimento.»Scorse di nuovo la cartelletta, in cerca di maggiori informazioni.
«Cosa sappiamo di Kasaya Iemitsu? Per quali crimini ci è stato assegnato?»La voce della ragazzina era calma e concentrata. Ragionava, come sempre: se i suoi compagni erano morti, poteva solo provare a recuperare i corpi. Se erano vivi, poteva provare a salvarli, e per salvarli aveva bisogno di capire, pianificare e muoversi con attenzione.
Gli Sfregiati non erano una squadra numerosa, e tre membri in meno costituivano un duro colpo alle loro forze. Dovevano usare bene quelle che rimanevano.