Demon's Downfall ~ Tauchen in der Dunkelheit, Quest di controllo per il Tre Code

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view post Posted on 10/8/2018, 13:27     +1   -1
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« Merda! »

Klaus, imprecò nella tempesta di neve. La sua mano sinistra. Non riusciva quasi più a sentirla, a causa di quel dannatissimo gelo invernale. Mano di pugnale e di pistola, di guerra feroce e di piaceri carnali. Serrò il pugno attorno alla picca a partigiana. Vide il guanto ferrato muoversi, una contrazione incerta. Dita, mano, polso...dentro il guanto ferrato sembrava esserci il nulla. Il freddo, quel freddo infame. E l'immobilità forzata di quel turno di scolta altrettanto infame. Era mancino, cazzo. Senza la mano sinistra, era solo un coglione di krieger morto.

« MERDA! »

Un veterano della gloriosa armata dei .... Karhold, Yronwood, Tyrosh. Trentuno nemici uccisi. Erano solo carne da macello per quel blasonato esercito assetato di sangue del generalissimo. Ma tutto questo era stato prima. Prima, non avrebbe mai pensato di provare nostalgia per quel fetido sfintere chiamato casa. Altro che questo posto dimentico da Dio con gente che andava in giro vestita come i guitti, agitando mani come checche isteriche. Ma quando morivano..bè…morivano come tutti, in fondo. Ma perché Il Generalissimo aveva piazzato i suoi occhi putridi su una cloaca del genere, non era la domanda che un krieger doveva farsi. Bastava vi fosse una guerra, la paga e le puttane.
Eppure erano mesi che stavano lì: appollaiati come avvoltoi, e ormai tutti -Klaus compreso- si chiedevano chi osasse muovere la prima mossa. Gli uomini del casato di Shuna, Sura, o come diavolo si chiamavano, ma che stavano perdendo tempo con chissà quale stronzata. Preferivano rintanarsi nella loro cittadella ad aspettare chissà cosa. Allo stesso modo, anche non aveva ancora mosso alcuna offensiva, contribuendo a creare una situazione di stallo in cui tutti si chiedevano cosa passasse per la testa del Kommandant. Prima, le cose erano più semplici. Colpire nel cuore della notte, sgozzare i nemici nel sonno, conquistare. Ma adesso qualcosa sembrava essere cambiato. Perché non si decidevano ad attaccare, o ad allontanarsi il più possibile da quel gelo infame?

Adesso montava la guardia su una collina del cazzo, il krieger Klaus. Elmo a calotta, armatura pettorale.
Vento.
Investì la collina come un colpo di falce Jashinista – sempre che conoscesse una falce jashinista. Klaus sentì il gelo inchiodargli la schiena, segno che la notte era vicina. Odiava i turni di guardia. Odiava pisciare nel gelo – anche se ormai non si sentiva più nemmeno il cazzo oltre che alla mano. Sentì quel gelo infame strisciare lungo il braccio, fino alla mano tramutata in nulla.

« Dovremmo accendere un maledetto falò, ormai nelle brache ho due palle di neve. »

Borbottò cupamente, rivolto al compagno di guardia. Un altro veterano dei , il reitern Jecht. Che però non si prese la briga di dargli alcuna risposta. Klaus portò lo sguardo alla sua destra. Jecht sonnecchiava vistosamente, il corpo curvo in avanti poggiato sull'asta della picca conficcata nel terreno innevato, la testa poggiata di lato sulle braccia incrociate. Klaus alzò gli occhi al cielo. Maledì il giorno in cui il Kommandant aveva deciso di portarli in questo continente così lercio, schifoso e che…si lo pensò e non se ne vergognò: il generalissimo si era rincoglionito. Portarli tanto ad Ovest e poi restarsene fermi a guardare una distesa fatta di nulla senza nemmeno l'ordine di invadere o qualsiasi cosa; piuttosto che fare da guardia al nulla, al gelo, al freddo e a toccarsi il cazzo massaggiandoselo per il freddo pungente. E dal generalissimo nemmeno una parola. Un ombra di comando.
Cazzo, perché?
Fu quasi con gioia nel cuore che si accorse di qualcosa, anzi, di qualcuno, giunto a scardinare la noia e il freddo di quella notte di guardia. Dinanzi a loro, alle pendici della collina, si avvicinava qualcuno. Sagoma indistinta nella neve. Pareva uno spettro evanescente. Nemico? Viandante?
Chi?
Mesi fatti di freddo e neve ed ora una sagoma si avvicinava spedita e ritta verso il loro accampamento. Dietro le schiene dei due, come torce di luce, i fuochi dell'accampamento del glorioso esercito ....
Diede uno scappellotto a Jecht per ridestarlo, e ammiccò in direzione della figura in avvicinamento. Nessun dubbio: qualsiasi cosa stessero aspettando giungeva al termine, nel bene o nel male.
Gonfiò il petto, ritto in piedi, picca incrociata con quella di Jecht. Improvvisamente dimentico dell'ipotermia alla mancina, pronto solo a fare il suo dovere di scolta, in attesa di sapere chi annunciare al Kommandant. Nessuno sarebbe passato di lì, senza avere prima il consenso dell'Oberbefehlshaber.
Nessuno, parola del krieger Klaus von Weizsäcker.


Ma il freddo si fece più acuto. Il vento fu come una mano di morto artigliata che strappava la pelle della schiena.
Un ombra fetida. Ancora più negra della notte più nera. E le viscere si fecero di ghiaccio di fronte a quel mantello svolazzante nel vento torbido di una cloaca di continente.
Cloaca…si…ma pur sempre cloaca di uomini. Non come quegli occhi che li fecero pisciare sotto.

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L’ Oberbefehlshaber era davanti a loro.
Non un nessuno

________________________

Nella penombra era possibile distinguere un enorme, spoglio antro circolare. Alle pareti erano attraccate una corona di candelabri a tre braccia la cui luce urinaria era appena sufficiente a illuminare il trono posto al centro della sala. Luci tremanti, e una sola ombra gigantesca. Un trono in marmo nero intarsiato d'oro, sul quale era assisa una figura vestita in eleganti abiti color della notte. Impossibile distinguere il suo volto, totalmente perso nell'ombra.
Passi. Riecheggiavano su quelle fredde pareti, creando un suono lugubre che subito si perse nella penombra torbida.
La porta accompagnò dentro il vento gelido; alcune candele si spensero.
Passi di metallo sempre più vividi.
Armatura pesante. Corpo mastodontico per portare tale peso e con tale cadenza marziale.
L’uomo fronteggiò il trono e la nera figura. Piegò il ginocchio destro.

« Roderick von Staufen, al vostro servizio mein Kommandant.»

Solo allora la figura si piegò in avanti, mettendo il viso in luce.
Un sogghigno. Il suo sorriso era uno snudare di canini al veleno. Gli occhi due pozze di sangue.

« Sono appena tornato dalla mia passeggiata. Nulla che ho visto mi ha entusiasmato. Eppure…»

Shura parlò annoiato. Il capo reclinato di lato, oziosamente poggiato sul pugno chiuso.

« Ordini?»

Shura girò gli occhi.

« Uno solo.»



CITAZIONE
Eccoci.
Prologo molto vago per avere l'inizio. Non ti spiegherò nulla la suspense è d'obbligo.
Tutto questo avviene durante e prima della fine dell'evento. Il tuo arcinemico Shura, nome ancora sconosciuto, ritorna al suo esercito dopo aver reso il paese dell'acqua un teatro di omicidi e devastazione.
Ma sparisce nel nulla durante la guerra con i Bijuu. Mesi e mesi dopo al nostro kakuzu, di nuovo, viene ordinato di dare la caccia ad un manipolo di tagliagole che stanno portando morte e distruzione nel paese dell'acqua.
Nota da master: non sono ricollegabili questi omicidi a Shura.
Parte da qui il tuo cammino: nell'ufficio di Natsu no Kaze. role libero su tutto informazioni puoi chiedere e avrai.
A te lasciare andare la penna e immergiti in queste nuove tenebre.
Che la coattanza sia con te mio giovane padawan che mette il parmigiano sull'amatriciana
 
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view post Posted on 10/8/2018, 19:29     +1   -1
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Narrato
Pensato
Parlato
Isobu
Kubikiri



Non è trascorso molto tempo dall'improvviso ritrovarsi all'esterno di quella statua demoniaca che per un vago istante era riuscita a tenere in scacco l'intero mondo degli shinobi.
Non è trascorso molto tempo da quando, rientrato nel proprio corpo, ha dovuto intraprendere la battaglia più ardua eppure breve della sua esistenza, non con la propria spada ma piuttosto con il demone dalle tre code, Isobu, una creatura che lui stesso aveva attivamente contribuito a rinchiudere e che adesso ospita dentro di sé. Un ospite inaspettato, una sorta di punizione per le proprie sconsiderate azioni: dopotutto lui era presente quando Hogo per primo si era mosso motivato dal potere, lui per primo avrebbe dovuto vedere oltre le menzogne del Taisei ed il reale pericolo che l'organizzazione avrebbe costituito per tutto l'anno successivo, avrebbe dovuto aguzzare la vista e scendere dal suo patetico piedistallo dovuto dall'essere scelto come guardia personale da un capo di Stato che disprezzava profondamente -proprio perché a sua volta egli aveva disprezzato parte del proprio essere- lui ha più colpe di chiunque altro all'interno del proprio villaggio e questo lo sa bene.
Non gli importa che i Kage non si siano all'epoca minimamente posti il problema, lui non è Raisei né tantomeno Akane, lui è Kazuku Mizuguchi, il Diavolo della Nebbia, ed il suo dovere è agire affinché il suo villaggio non corra alcun rischio, è suo dovere immergere le mani nel fango affinché altri possano camminare lindi e puliti sulla sua schiena. E' suo dovere proteggere con la propria mente ancor prima che con il braccio il suo villaggio, eppure l'intera vicenda aveva dimostrato solo una cosa: la sua impreparazione.
Sono queste le ragioni che inevitabilmente lo spingono a considerare come il bijuu sia un più che giustificato fardello per il proprio animo, dopotutto chiunque abbia maggiori colpe deve avere maggiori fardelli, niente di più, niente di meno. E nonostante queste considerazioni, egli tuttavia si trova innanzi a Natsu nel suo ufficio, pronto per una nuova missione: ha bisogno di tempo per abituarsi a ciò che alberga nel proprio corpo, un ospite che per quanto potente ed irato è rimasto sorprendentemente silenzioso, limitandosi a rilasciare qualche commento a lui ben poco comprensibile e per questo in buona parte dallo spadaccino bellamente ignorato. Non ha ancora parlato ad Hayate della propria condizione, ed una parte di lui spera vivamente di morire prima di farlo.
Un'ultima missione per il Diavolo delle Nebbie, una missione di sangue in nome del benessere del proprio villaggio. Una fine quasi romantica eppure cruenta, questo è quello che si augura, e che forse la propria spada si aspetta da lui, dopotutto Ki non si è comportato in modo tanto diverso, quella volta.
Scuote sommessamente il capo rimanendo in silenzio per qualche istante innanzi alla figura del comandante degli Anbu Assalitori, le braccia conserte al petto e busto ammantato da una semplice maglia termica a maniche lunghe scura ed un paio di guanti isolanti a ricoprirne le mani. Le gambe sono avvolte da un paio di pantaloni lunghi mimetici grigio chiari, mentre una corta mantella scura discende sino alle ginocchia di quello, avvolgendone la base del collo e le spalle.
Gli occhi scuri sono contornati da delle marcate occhiaie, non è riuscito a dormire bene in tutti quei giorni, sempre svegliandosi di soprassalto nella notte a causa di memorie riguardo l'uscita dal Gedo, la sensazione di impotenza assoluta provata tanto al cospetto del Nibi quanto del Sanbi, una stanchezza interamente dovuta a quelle stesse colpe che prima o poi si ritroverà ad espiare, ed alla quale tuttavia si rifiuta di soccombere proprio in virtù della missione che si accinge a prendere in consegna.
Numerosi massacri si sono perpetrati in quei mesi, tutti su paesi costieri e probabilmente ad opera di gruppi più che organizzati di individui vista l'assoluta penuria di tracce, l'abilità nel colpire ad intervalli irregolari così da impedire di stimare i tempi necessari alle prossime offensive...forse tagliagole, in fondo, è un termine sin troppo riduttivo per le capacità dimostrate da quegli assassini.

...

Un sospiro quindi, le labbra vengono spalancate e l'intreccio superiore dei propri arti viene sciolto, il volto appare coperto sino al naso da una serie di bende sovrapposte, che hanno il duplice scopo di celarne in parte i lineamenti del volto ed al contempo di costituire una sorta di riparo contro il vento freddo che sovente abbraccia l'intero villaggio di Kirigakure. Deglutisce ripensando al fatto che si trova proprio in quel villaggio che Isobu gli aveva promesso di distruggere: non può permetterglielo, è per questo che deve andarsene il più in fretta possibile, poco importa dove o cosa potrebbe attenderlo.

Ho tutto il tempo del mondo ragazzino...non avere fretta di guadagnarti il mio disappunto

Quella voce profonda torna a farsi sentire nel momento stesso in cui le possibili soluzioni a quella sua condizione ne attraversano la mente: è davvero in grado di percepire tutto ciò che pensa? Un respiro smorzato ne emerge dalle labbra, e poco dopo si ritrova a massaggiarsi con la destra le meningi inclinando il capo proprio sulla carta geografica innanzi a lui. Il demone può attendere, quella missione no.

Rifletti

Un imperativo, che per la prima volta dopo tanto tempo ha il solo scopo di richiamarlo al proprio dovere, non può esimersi dal farlo, dopotutto. Socchiude gli occhi, un inclinarsi in avanti del capo porta la pesante Mannaia sulla propria schiena a cozzare appena contro la propria schiena mentre si limita a studiare la mappa avanti a lui: non hanno mai saccheggiato i posti in cui sono arrivati, sono stati estremamente efficienti e rapidi, riuscendo ad allontanarsi prima che qualcuno avesse capisse anche solo cosa diamine stesse succedendo...non sono semplicemente bravi, sono indubbiamente dei professionisti.

Se niente è stato mai stato trafugato possiamo immaginare non solo il fatto che non siano banditi comuni, ma che altresì siano talmente ben organizzati da non aver bisogno di scorte e rifornimenti, in caso contrario non avremmo ritrovato neanche i cibi e l'acqua a disposizione dei villaggi attaccati...

Lo sguardo si porta su Natsu mentre fa le sue prime considerazioni, quasi volesse tastarne le reazioni, la voce che si sforza di suonare decisa e che tuttavia appare unicamente rauca. Patetico.

questa organizzazione si riflette anche nel loro modo di operare...chirurgico oserei dire...normalmente un attacco ai villaggi costieri, mi farebbe presumere che stiano sgomberando il campo per l'arrivo di rinforzi, una sorta di invasione, ma in tal caso avrebbero altresì bruciato le scorte ove disponibili, inoltre visti i recenti avvenimenti, dubito che qualche paese sia così sciocco da cominciare una nuova guerra.

Non parla tanto per impressionare il proprio interlocutore quanto piuttosto per imporre in quel caotico divenire che è ora la sua mente una sorta di ordine, una razionalità che in passato lo ha sempre aiutato ad allontanare le pulsioni della Tagliateste, e che adesso potrebbe anche funzionare con quel demone.
Finalmente regna il silenzio, e così è libero di proseguire a cuor leggero.

Credo quindi che siano un gruppo di mercenari estremamente organizzato, non nativo delle isole e per questo sono titubanti a spingersi verso l'entroterra preferendo rimanere laddove l'orientamento risulta più facile...

Va finalmente a dire, dopotutto che senso avrebbe fare prove tecniche di invasione? Attacchi sulle coste non fanno altro che ivi attirare l'attenzione, per questo motivo potrebbero benissimo aver trovato una base nei territori interni...ma allora perché quei bersagli? Torna quindi sul Jonin, gli occhi scuri che si spalancano, la Kubikiri che quasi pulsando improvvisamente gli dona un brivido lungo la schiena: il semplice pensiero di uccidere ancora l'ha rinvigorita.

Se sappiamo che sono organizzati, che operano sulle coste, che non hanno bisogno di rifornimenti, possiamo presumere che siano stati abbastanza intelligenti da scegliere un punto strategico per accamparsi, un luogo facile da difendere qualora si venisse scoperti e che tuttavia, visto che ancora non hanno ricercato alcuno scontro con i nostri ninja, possiamo presumere abbia il principale scopo di renderli invisibili...

Cerca sulla mappa, scorrendola con l'indice attraverso i villaggi attaccati in ordine cronologico, si umetta le labbra.

Quale luogo possiede queste due caratteristiche, ed è al contempo non così distante dalla costa da consentire di potersi allontanare, uccidere e ritornare senza essere visti?

Domanda infine, senza tuttavia rialzare lo sguardo dalla mappa e piuttosto, spalancando ancora la bocca.

Inoltre, non essendo probabilmente del luogo, ci sono dei rapporti antecedenti al primo attacco che parlano di avvistamenti di navi, non per forza di modeste dimensioni, lungo questi tratti di costa? Anche dei mercantili sono più che sufficienti ad occultare un buon numero di soldati

Specifica, attendendo quindi la risposta alle proprie domande.

__________________________



Si ritrova ancora una volta su quella rupe nera di roccia friabile a picco su un mare scuro che pare quasi non avere fondo. Le onde sono silenti, quasi non fossero in grado di produrre alcun rumore persino nello scagliarsi contro la roccia. Il sole all'Orizzonte è nero e per quanto accenni a tramontare non fa altro che emanare raggi bianchi che paiono quasi attraversare lo shinobi katana da parte a parte, come fosse trasparente, una componente trascurabile di ciò che lo circonda.
Rumore di passi alle sue spalle che poco dopo lo porta a voltarsi, palesandogli innanzi allo sguardo la figura massiccia di un enorme lupo nero. La sagoma dal muso allungato e quasi stilizzato mentre gli occhi sono allungati, privi di iridi e di un rosso intenso quanto il sangue appena versato. La pelliccia è così fitta che persino quei raggi di sole paiono essere incapaci di penetrarla, il carnivoro i cui occhi puntano la figura dello shinobi mentre avanza lentamente all'esterno di una foresta morente in lontananza. La vegetazione morente, i tronchi che persino dalla distanza appaiono come marciti.
Quasi istintivamente mette mano alla propria spada.

Avanti...è inutile opporsi...

Quella voce improvvisamente lo porta a desistere, la presa sul manico ferreo della propria lama che scema: quella voce suadente eppure gutturale...è quello ciò che vuole che lui diventi? Il lupo fa un paio di passi ancora salvo poco dopo bloccarsi. Il tintinnare secco di catene di ferro rivela come esse lo vincolino a quella selva. Ringhia, eppure poco dopo è capace di snudare le zanne grondanti di saliva e di sorridere alla volta di lui, che cosa significano?

Lo sai che non puoi riuscirci senza di me...vero?

Le immagini dei molteplici omicidi passati, promesse allettanti di combattimenti futuri ne inondano la mente costringendolo quasi a dondolare il capo rimanendo in silenzio: non si può fidare, lo sa bene, eppure non ha alcuna intenzione di rischiare di nuovo di finire di sotto, preda di Isobu.
E' per questo che si volta, muove i primi incerti passi proprio quella lontana foresta in rovina.
Alle proprie spalle sente le acque aprirsi, eppure non osa guardare. Probabilmente ha fatto la scelta giusta.


 
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view post Posted on 11/8/2018, 14:39     +1   -1
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iIdBNUK
« Bravo »

La voce gutturale. Rumore di catene che poco riuscivano a frenarlo eppure quel tanto bastava.
Bastava per non essere trucidato. Suadente il richiamo per un animo ormai debole.
La debolezza. La debolezza fa preda e per un mero predatore il suo odore è invitante come un pantagruelico pasto.
Sbuffò aria dalle narici e ad ogni passo la sua forma cambiava: imponente l’essere si tramutava e da quattro zampe passò a due.
Dal nero manto comparvero nere scaglie d’acciaio a ricoprirne il corpo mastodontico mentre il suo muso si fece elmo e sotto brillarono nefasti due occhi rossi e sanguigni.
Kazuku vide il suo volto lì sotto.
Ma un volto più adulto, più segnato dalle battaglie e dalle cicatrici ma la sua spada era rossa e sotto di lui ossa e cadaveri dei propri nemici.
E capì…capì come quello era lui con la sua Kubikiri, con la sua forza con tutto il suo essere.

« Noi possiamo vincere chiunque. Ora hai capito che Kiri può essere protetta da te e da me? »

Il ribollir dell’acqua dietro. Sciabordio indistinto sempre più distinto, sempre più pressante.
Si sentì trafiggere da un occhio di fiamme e il lupo ringhiò.
Si fece indietro e ritornò alla sua forma; le catene vibrarono. Occhi dentro quella forza antica. Troppo antica anche per lui e si voltò verso Kazuku.

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« Kazuku… »

« Poco o nulla vedo...»

Isobu parlò ma furono parole strane. Furono parole criptiche e quegli occhi si richiusero.


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« Nessun avvistamento.
Il problema è proprio questo: sono fantasmi e come tale colpiscono. Mandare squadre? Perché a questo stai pensando, vero?»


Silenzio.

« Siamo ancora deboli. Questa Guerra ci ha fiaccato e dobbiamo controllare un territorio vasto…politica…sempre politica. Ma Kiri ha bisogno anche della politica ma non possiamo chiudere gli occhi di fronte a questo problema. Nessuno mette piede nei nostri domini senza che un kunai Kiriano non abbia, prima, saggiato il suo sangue.»

Kiri e la sua filosofia fino in fondo.

« Kazuku Mizuguchi, questo è il compito. Te e la Kubikiri darete la caccia a questo sterco. Sarà lungo ma la pazienza è anche una delle qualità che uno shinobi deve possedere.
Prima o poi incrocerai il loro cammino…un cammino che sarà tranciato dalla tua mannaia.
Mannaia che è Kiri stessa e come tale porterà la legge di Kiri su questi cani!»



Edited by Wrigel - 11/8/2018, 16:03
 
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view post Posted on 11/8/2018, 17:15     +1   -1
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Lo sente, la Kubikiri riesce a percepire. Capisce senza problemi le sue incertezze, l'insicurezza derivante da un errore che difficilmente riuscirà a perdonarsi, sa bene che questo è il momento giusto per insidiarlo, per cercare di ottenere ciò che lui non le ha mai concesso: il totale e completo abbandono.
Non pare particolarmente turbato da quelle prime parole che le sente pronunciare, dopotutto se lo aspettava. Lei non ha mai voluto niente se non quel momento, una debolezza da sfruttare nel suo portatore per banchettare, uccidere più del necessario e lui, lui glielo sta concedendo non perché ne sia convinto, ma perchè paradossalmente crede che sia il modo migliore per sfuggire alle grinfie di Isobu.
Sussulta nel momento in cui il lupo avanza assumendo forma bipede e rivelandosi una corazza al cui interno può vedere specchiato sé stesso, una bestia sazia di massacri, impossibile da fermare, il nuovo Shura. Quello che una parte di lui in passato avrebbe tanto voluto diventare, perché è questo ciò che la lama gli porta innanzi agli occhi, la fine di ogni incertezza ed indecisione, la fine di ogni paura e l'inizio di una nuova era fatta solo di una distruzione insensata e perenne, in nome di qualcosa che presto si dimenticherebbe di aver mai servito, lo sa che finirà così.
E' per questo che si ferma ad osservare quell'immagine speculare di sé, non è mai stato così fottutamente insicuro di sé e di ciò che dovrebbe fare ed è forse per questo che si sforza come mai prima d'ora di apparire assolutamente deciso ed impassibile agli occhi di una lama a cui non può essere mostrata debolezza.

Io e te possiamo vincere chiunque.

Inizia a dire: non vuole fondersi alla sua spada, non può, l'ultima volta ha quasi ucciso un suo stesso compagno per il gusto del sangue e del massacro, non rischierà di nuovo. Non vuole neanche rischiare di tornare ad una situazione ad essa simile. Curioso come sia senza dimora persino dentro sé stesso.

Il tuo potere, il mio braccio, la mia mente, la tua furia...io servo la tua causa, tu la mia e così sempre sarà...ma

E' costretto a fermarsi, le ginocchia si flettono mentre ancora quelle immagini di sangue gli scorrono nella mente, promesse di gloria future che tuttavia ben sa quanto poco potrebbe godersi vista l'insaziabile furia della spada.
Fa per riprendere a parlare ma la corazza scura ringhia, lo chiama, e poco dopo sente nuovamente quella voce provenire dalle sue spalle.
Pronuncia poche parole che sanno tanto di un giudizio definitivo eppure non si lancia in alcuna offensiva, non lo aggredisce se non con una osservazione che in cuor suo non può fare che condividere.
Un ragazzino che ha voluto giocare con una spada più potente di quanto credesse, patetico.

Lo so...

Ed è allora che deglutisce un boccone amaro di saliva, voltandosi verso il demone a tre code e sforzandosi di osservarlo con assoluta determinazione nel grande occhio rosso, le braccia lungo i fianchi che si irrigidiscono.

Eppure dovrò farmelo bastare per ciò che conta

La missione. E detto ciò ancora rimane qualche attimo ad osservare quella creatura, una parte di lui vorrebbe dirgli che gli dispiace per quanto ha fatto, eppure non saranno di certo delle assunzioni di colpevolezza a restituirgli la libertà che quel giorno ha attivamente contribuito a sottrargli. E' molto più "umano" di quanto pensasse, e questo non può far altro che aumentare quel sentimento di profonda colpevolezza che come un peso agganciato alla caviglia trascina il suo animo in contesti spogli, dove neanche lui ha una collocazione precisa.
Ed è ora che rimane immobile tra due fuochi, da una parte un lupo la cui sconfitta è stata conosciuta solo da uno sguardo del demone e dall'altra una creatura insondabile dall'immenso potere, ben meno accomodante ed in un certo qual modo complessa.
Chiude gli occhi e cerca di calmarsi, non sarà con questi dubbi che riuscirà a trovare i suoi nuovi obiettivi.

____________________________________



Ascolta le parole di Natsu nel mentre che lo sguardo rimane incollato alla mappa: ci sono troppi luoghi su di essa che potrebbero facilmente prestarsi come nascondiglio, buttarsi ad esplorare un posto piuttosto che un altro letteralmente sarebbe come cercare un ago in un pagliaio, sperando in colpo di fortuna a cui non può assolutamente affidarsi, non per una missione così importante.

devo far sì che siano loro a trovare me

E' quindi il pensiero che immediatamente ne solca la mente portandolo a sgranare per un fugace istante gli occhi: fingersi un viaggiatore, rendersi una facile preda per quel gruppo di fantasmi è l'unica cosa che potrebbe permettergli con un margine di certezza maggiore di incontrarli, ed una volta incontrati beh, gli basterà prenderne uno vivo per avere informazioni più complete. Gli basterà fare ciò che sa fare meglio e che alla sua spada piace tanto, uccidere.

No, inviare delle squadre per un lavoro che posso svolgere io mi sembra esagerato, piuttosto se dovessi fallire sarebbe il caso di considerare una evacuazione dei villaggi rimasti, così da minimizzare le perdite: abbiamo avuto già delle migrazioni verso l'entroterra, delle prime strutture di soccorso potrebbero essere facilmente riorganizzate

Ne parla senza particolare trasporto emotivo, semplicemente deve prepararsi all'eventualità in cui anche i propri sforzi si rivelino vani. E' qualcosa di perfettamente razionale vista una potenza ben lontana dalla perfezione, almeno da parte sua. Si umetta quindi le labbra ed infine punta con sicurezza il dito contro un villaggio sulla mappa sito a Nord di Kiri: non solo è alquanto vicino al villaggio, ma da esso si possono facilmente raggiungere tutti i villaggi marittimi colpiti, se vuole raggiungere in fretta un crocevia da cui infine prendere una strada che potrebbe condurlo all'essere una preda, quella è senza dubbio la via migliore.

Se non abbiamo altre informazioni e si son mossi così bene, ciò significa che cercarli in qualche luogo particolare sarebbe una scommessa che come hai giustamente sottolineato, in questo momento non possiamo permetterci di fare...

Tende ora a sorridere nei riguardi del Jonin, i corti capelli che vengono distrattamente tirati all'indietro dalla mancina. Ha un piano, un modo per farsi trovare e quindi porre fine a quella minaccia. Certo non è detto che venga attaccato lungo il tragitto eppure farsi trovare da coloro che fanno di tutto per fare in modo di aver sempre il coltello dalla parte del manico, è ciò che ritiene migliore, paradossalmente più sicuro. Tutte le tracce svaniscono prima di arrivare nell'entroterra, ciò può sia significare che tendono a farle sparire, sia che non si allontanino mai dalla costa, in ogni caso, farsi trovare nei luoghi in cui sono soliti colpire è a sua detta il modo migliore di agire.

Farò in modo che rimpiangano il giorno in cui hanno versato sangue dei nostri cittadini nei nostri confini

Replica infine, ritrovando in parte la propria risolutezza in quella che è semplicemente una dichiarazione di intenti, ed in buona parte è stato lo stesso Natsu a dargli una mano in questo, ricordandogli che, nel bene o nel male, lui e la Kubikiri sono la Nebbia, la sua casa. Ed è per questo che non può fallire.
Si congeda quindi e lascia l'ufficio dopo aver minuziosamente studiato il percorso da seguire, la strada, in fondo, è semplice: seguire le indicazioni per il villaggio commerciale e da lì quelle per i villaggi minori, non prima di aver chiesto informazioni eventuali all'interno di quell'avamposto non particolarmente celere ma che per la propria natura di crocevia potrebbe celare informazioni importanti. Deve lasciare ancora una volta la propria dimora, e questa volta agirà con consapevolezza profonda e ne ritornerà più forte, oppure non tornerà affatto.
E' una volta lasciato l'ufficio del jonin, ancor prima di raggiungere le stalle in cui prenderà il cavallo per il proprio viaggio che si prepara: cerca infatti di concentrarsi, richiamando il chakra dal proprio cuore per diffonderlo parimenti da ogni tsubo del proprio corpo, un fare che cerca di far apparire all'esterno del ragazzo una patina sottile di pura energia azzurrino che poco dopo deflagra in una piccola nuvola di vapore.
Ninja che ora appare con lunghi capelli neri come la notte raccolti in una semplice coda che discende dalle spalle, gli occhi resi blu come le profondità di quell'oceano che spesso si ritrova a rimirare entro di sé mentre le vesti appaiono semplici abiti da viaggio pesanti visto il clima umido, logore e di un colore marroncino spento: alquanto anonime e comuni. La Kubikiri dietro la propria schiena assume le fattezze di una sacca da viaggio di dimensioni ragguardevoli eppure inferiori rispetto a quelle reali della propria lama, di un colore verdognolo ed il cui fodero ne costituisce la cinghia che attraversa il busto del ragazzo. Qualche accenno di barba nero a nascere dal mento, infine muovendosi con quelle fattezze a reclamare il proprio mezzo di trasporto previa sosta ad acquistare le provviste sufficienti alla propria sopravvivenza. Deve assumere fattezze diverse ancor prima di lasciare il villaggio, in modo da lavorare sulla presentazione di quel signor nessuno, pensare ad una personalità ed un tono di voce da dissimulare così da renderlo quanto più naturale possibile.
Infine, sellato un cavallo e pagato lo stalliere, un semplice palafreno come potrebbero esservene tanti, prende a viaggiare tentando di lasciarsi alle spalle il proprio villaggio e di intraprendere quella missione diretto verso Nord.
Per il bene proprio, di Kiri, e di quello che adesso è il suo nuovo essere.

<tecnica> - Trasformazione - (Chk: variabile) "Il ninja si trasforma in un altra persona o oggetto per passare inosservato. La trasformazione non altera fisicamente il ninja, è solo un cambio di aspetto dato da una tecnica ninjutsu. Vuol dire che massa e volume del ninja non cambiano, e il ninja non ottiene capacità legate agli animali come volare, fiutare in modo mostruoso e similia. In qualunque cosa si sia trasformati, si può combattere, ma qualsiasi danno, difesa, assorbimento, spezzano l'effetto. Il byakugan, lo sharingan, scoprono il trucco immediatamente (il primo perchè vede attraverso la copertura, il secondo perchè riconosce la presenza di una ninjutsu in azione) le abilità fiuto e sensitivo funzioneranno in contrapposizione alla abilità nascondersi del ninja che usa questa tecnica, come se fosse nascosto (ma senza usufruire degli altri bonus dati dal nascondersi, nè numerici, nè altrimenti). Non è possibile trasformarsi in combattimento contro un avversario.
E' possibile rimanere trasformati per lunghi periodi di tempo solo laddove il consumo di chakra per turno sia inferiore alla stamina recuperata in una azione morta. Il consumo di chakra varia a seconda di cosa ci si sta trasformando:
- Oggetti, animali, persone delle stesse dimensioni del ninja: 10 chk

Consumo: 122-1=121
Azione morta: +6 stamina
Stamina totale: 122.




 
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view post Posted on 13/8/2018, 20:37     +1   -1
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« Certamente è così. Tu hai me…la Kubikiri…io sono Kiri. »

La voce era intorno a lui. Come se l’avvolgesse in un abbraccio tanto caldo quanto raggelante.

« Di cosa hai bisogno realmente che già non hai? Nemici cadono di fronte a te. Hai protetto Kiri e la mia lama ha… »

Vi fu disgusto nelle sue parole, ma anche una punta d’orgoglio come una stoccata. Come quando mozzava il capo dei suoi nemici gustandosi i loro occhi, il loro fiato mozzato, le loro parole tagliate, la loro testa che ballava nell’aria per poi cadere a terra con un tonfo sordo.
Gli occhi…amava gli occhi di chi uccideva: vederli con quell’ultimo spiraglio di luce, sapendo che l’ultima visione che avevano avuto si era riflesso sul suo acciaio e il sangue era delizioso nettare da cui bere.
Bere a volontà. Mai sazia era di quel sapore. Mai il suo ventre gonfio.

« Già saggiato le carni di chi è alle tue spalle. »

Non il suo nome. Lo guardò di sottecchi il famelico lupo, mentre Isobu restava in acque calme con gli occhi chiusi e il respiro profondo che increspava lieve la superficie.
Ma vu una verità inconfutabile. Il giovane Diavolo aveva sventato la minaccia di chi ora risiedeva nel suo corpo.
Fu carnefice e giudice del suo destino. Una gabbia.
Di nuovo. Ma questa volta più tremenda delle altre: la gabbia all’interno dell’anima di chi l’aveva sconfitto; di chi gli aveva strappato tutto.
La Kubikiri fu voluttuosa. Scandì le parole, le fece scivolare sulla sua lingua d’acciaio, accarezzò l’anima di un Diavolo che si scoprì bambino.
Molto lontano da Ki Momochi. Molto lontano da quello Shura che fu veramente cagato dall’Inferno.
Lui?
Lui stava in mezzo. Zattera ormai perduta in mezzo al mare.

«Ti basta poco...come sei tu. Tutto questo cos’è per te?
Spiegami bambino


Un ribollir di acqua sotto una superficie immobile.



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« Allora porta tale legge!»

Il viaggio fu scandito da queste parole che martellavano la sua testa durante tutto il viaggio.
Un viaggio tranquillo nonostante il presagio di mattanza che il futuro preannunciava.
Lì…il villaggio, che fu come un punto scuro all’orizzonte, ora era a poche miglia davanti a lui. Sentiva il fiato del cavallo, la sua muscolatura contrarsi mentre lo portava verso la sua meta.
Un punto su di una mappa. Di una regione grande con troppi fiumi, troppe sponde, troppi punti da controllare. Fantasmi che si aggiravano senza avere una meta.
Lasciando morte e distruzione. Mirata. Donne e bambini uccisi. Uomini seguivano lo stesso destino.
Perizia nel colpire. Armi pesanti. Acciaio ben temprato e mani che sapevano reggere armi e che avevano saggiato il sangue.
Il diavolo era chiamato a far suo quel soprannome tanto caro a Kiri ma anche tanto temuto.
Perché vi fu un tempo in cui il Diavolo regnava a Kiri su di un trono d’ossa mentre la Nebbia aveva il color del sangue.
Un tempo che sembrava perduto come quella stessa spada che ticchettava nervosa e libidinosa sulla sua schiena.
Tagliateste. Kubikiri.
La Legge di Kiri. Kiri stessa.
Perché quando i demoni si nascondevano nella nebbia, solo un Diavolo poteva governarli e avere il loro, non rispetto, ma il loro terrore.
Una mano che la Kubikiri ricordava bene così come il sangue che veniva versato in onore e in nome di Kiri.
Perché quella spada era legge. Tagliava le teste di chi impudente e borioso osava alzare la sua mano verso La Nebbia.
Legge. Scudo. Lancia. Giuria.
Ogni nemico, interno ed esterno, era uguale di fronte a quell’acciaio solenne.
Acciaio che fronteggiò il Tre Coda.
Acciaio che fermò un Bijuu.
Bijuu che ora sembrava assorto, a pelo dell’acqua, nell’anima di chi si fregiava di quel nuovo titolo e di quella spada che rideva impunemente nella sua anima.

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« Posso chiedere…curiosità…
Quindi conta solo Kiri…il modo è ininfluente per la sua protezione.»


La Kubikiri ronzò nefasta.

« Finchè Kiri avrà il suo Diavolo, nessuno oserà alzare la mano verso di lei. »

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Fu davanti all'entrata di quel villaggio che si ergeva su di una collina al centro del fiume. A pochi chilometri dalla sua foce.
bastione su cui poteva vigilare per chilometri e chilometri e dove le imbarcazioni risalivano il fiume principale, perdendosi nei suoi affluenti, pagando un pedaggio.
Un crocevia importante per il mercato fluviale...forse un buon luogo da attaccare.
Forse un buco nell'acqua. Ma mettere un piede davanti all'altro era l'unica alternativa.
E già i primi occhi e la prima voce gli imposero il fermare la sua avanzata.

 
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Il capo basso ed incassato fra le spalle, lo sguardo su quel terreno arido e spoglio, macchiato di rocce, che ben rappresentava ciò che lui aveva coltivato nella sua anima: il vuoto.
Niente, né fiori né foreste, né villaggi rigogliosi né una singola presenza a venire in suo aiuto: è completamente vuoto, il solo senso del dovere assieme alla razionalità a costituire l'unico baluardo contro una creatura famelica che sin troppe volte lo aveva spinto con le sue promesse quasi a compiere errori imperdonabili.
Errori quali il tentativo di portarlo ad uccidere la chuunin sulla nave, quali la volontà quasi irresistibile di uccidere quella ragazzina che con lui aveva fronteggiato il Gedo. E' conscio di tutto questo, eppure quelle parole sono miele, perchè quella spada non parla una lingua propria ma semplicemente sta parlando la propria lingua: sa perfettamente cosa e come dirlo, ed è qualcosa alla quale nemmeno Isobu pare essere preparato, qualcosa che nemmeno lui con il suo potere può contrastare, perchè per quanto esiti, sa bene che nella sua anima non è il demone l'essere più potente ma il diavolo.

...ed io cosa sarei...

Un mormorio che ne esce a fior di labbra in un ringhio sottile che vien volto parimenti ad entrambi gli interlocutori. E' zattera perduta in mezzo all'oceano, carro senza auriga, ma non ha alcuna intenzione di finire in quel precipizio. Non ha intenzione di perdersi entro la propria anima, di divenire uno strumento delle forze che dovrebbe governare.
Scuote quindi il capo, quasi a volersi scrollare di dosso quella sensazione di piacevole abbandono che in primo luogo lo ha portato a compiere inconsapevolmente nuovi passi verso quel famelico lupo, ed improvvisamente si ferma ancora ricercandone lo sguardo. C'è disperazione negli occhi del ragazzo ma anche rabbia, un rinnovato sentimento dovuto come risposta quasi difensiva al primo: la Kubikiri non è lui nella sua interezza ma piuttosto la sua parte peggiore. Quella spada non rappresenta per intero il suo essere, ma solo ciò che vorrebbe egli fosse. Una creatura di ombra e rabbia, incapace nonostante le belle parole di capire quando fermarsi, ed è per questo che non la può abbracciare nella sua interezza: deve opporsi, almeno in parte.

E' proprio perché abbiamo assaggiato la sua carne che abbiamo fallito nel proteggere Kiri, fidandoci di coloro che non lo meritavano...

Va a rispondere ora, il tono che si fa più deciso rispetto a poco prima proprio in virtù della crescente ira che monta nel proprio animo, tali da costringerlo a fermarsi per un momento: vuole il controllo, lo vuole disperatamente, eppure ora non può far altro se non difendersi.

Non capisci? Abbandonarsi alla battaglia...la Nebbia colpisce chirurgicamente, noi dobbiamo colpire con tale caratteristica...ed essere inesorabili...non capisci che se non fosse stato per l'instabilità del Gedo, non saremmo mai più usciti da lì? Che Kiri avrebbe PERSO la sua Nebbia?

Lo sottolinea: se in passato il Diavolo governava la nebbia di sangue, lui non ha intenzione di essere da meno.

E che gloria c'è nel saziarsi del sangue degli imbecilli? che gusto c'è nell'uccidere per poi perire inutilmente? Siamo un simbolo, Siamo una idea, per questo hanno paura di noi, per questo non possiamo tirarci indietro quando siamo chiamati a proteggere ciò che rappresentiamo...ma

Ed infine ecco che ritorna a quelle parole interrotte in precedenza. Sente le parole del bijuu alle proprie spalle e ad egli trova la forza di volgergli una occhiata in primis infastidita: lui non è un bambino, lui è Nebbia.

un simbolo perde di efficacia se viene usato inutilmente, senza uno scopo...dimmi quindi...qual è il confine oltre il quale non vorresti mai che ti portassi?

Sa di aver toccato un tasto dolente, vuole ricordare a quella lama ciò che l'ha colpita prima del suo arrivo: se lui senza di lei si sente vuoto, vuole che sia lei ora, per via razionale, a muoversi verso di lui. Non intende rinunciarvi né tradirla, ma allo stesso modo non intende divenire un suo strumento. Gli strumenti sono deboli, sono privi di volontà propria, e lui non ha alcuna intenzione di diventarlo.
E' adesso che torna su Isobu, muovendo nuovamente lo sguardo su di lui..

Kazuku

Puntualizza. Ora Isobu fa parte di lui, non gli permetterà di certo di insultare la Nebbia, tutto ciò che lui rappresenta. Nella sua calma intravvede diffidenza eppure anche curiosità, qualcosa che a suo modo non si sarebbe aspettato di trovarvi, dopotutto ha tutte le ragioni del mondo per odiarlo.
Fa dunque una pausa, il capo che si abbassa mentre poco dopo prende un ampio respiro. La Kubikiri richiede fermezza, ma il Sanbi richiede lo stesso trattamento?

Cos'è per me....

Mormora, ripetendo la domanda, salvo poco dopo cercare di tornare sul suo occhio. Quei lineamenti prima tesi in una espressione rabbiosa che cercano di calmarsi. Vorrebbe solo urlare, eppure sa che ora mai azione simile sarebbe più deleteria.

la Nebbia è la fortezza che difende i meritevoli, è la casa di chi lavora duramente e contribuisce alla comunità, è la legge che la regole e la Spada che la difende

Una pausa, di quelle parole non è mai stato così sicuro in vita sua.

La Nebbia è un ninja, un pescatore, una barca ed il mare che solca, la Nebbia è inesorabile, è crudele eppure giusta. La Nebbia è tutto ciò che sono chiamato ad essere, e che voglio essere, è tutto ciò viene odiato e di cui tuttavia non puoi fare a meno, perché senza di essa ti scopriresti vulnerabile, la Nebbia è il male necessario, ed il più giusto bastione di coloro che vivono al suo interno...nessuno apprezza la Nebbia fino a quando non scompare...perché la sua protezione è maggiore di quella di ogni altro muro, poiché concede il privilegio di non vedere ciò che viene commesso per proteggere...ed è per questo che mi adopero, è per questo che non posso semplicemente essere uno strumento...le mie responsabilità...i nostri doveri

Che con esso si riferisca alla Kubikiri ed alla sua persona, od anche ad Isobu, non è dato saperlo. A dirla tutta non saprebbe dirlo neanche lui.

vanno oltre ciò che è ritenuto disgustoso o piacevole: esiste solo ciò che è necessario, e nulla come l'inganno dei Taisei e l'idiozia del mondo ninja mi ha insegnato questa verità...dimmi...ti sembra ancora così poco?

Domanda, con un filo di rabbia che ancora permane nel suo essere. E' evidente che non si riferisca a sé: non gli importa cosa il demone pensi del suo contenitore ma piuttosto di ciò che si prodiga per difendere.
Deve scrollarsi quanto prima, deve riprendere un controllo che forse, in fondo, non ha mai avuto sul serio e le deboli catene, le lusinghe della propria spada, ben rivelano tale verità.

____________________________



Scrolla la testa ed improvvisamente tutte quelle immagini scompaiono, ritrovandosi nuovamente a cavalcare lungo la strada verso quel villaggio, quella stazione necessaria per risparmiare tempo prezioso.
Il cavallo avanza inesorabile, le mani ferme e nella testa risuonano ancora le ultime parole di Natsu, quasi di rito eppure tremendamente utili in quei momenti in cui egli stesso sente quasi di perdere il controllo del proprio essere.
Socchiude gli occhi, le narici si dilatano man mano che cerca di concentrarsi tentando di isolare gli odori circostanti, il puzzo del cavallo e delle proprie vesti, il proprio chakra, il verde così come il putrido che lo circonda.
Tenta di liberare per un vago istante la propria mente e concentrarsi in modo tale da percepire direttamente dall'ambiente circostanti irregolarità, odori ad esso estranei, qualcosa che potrebbe dargli un ausilio consistente nell'avvedersi di eventuali imboscate ancor prima che arrivino. Dopotutto per quanto sia ancora in territorio sicuro, potrebbero colpire in ogni momento ed ogni circostanza, non può permettersi di abbassare la guardia.
Ragiona, tenta di assegnare ad ogni odore una fonte, di pensare al motivo all'alibi del proprio viaggio ed assegnare una storia al viaggiatore solitario. Un ricognitore civile, un messaggero...sì, quest'ultimo dovrebbe andare bene: dopotutto la consistenza della propria borsa a celare in realtà la pesante lama, così come le vesti anonime e leggere, il palafreno, possono facilmente spingere in quella direzione la mente. Gli occhi fissi sulla strada, e poco dopo, una nuova domanda ne scuote il proprio essere dal profondo.

____________________________



Si proietta nuovamente in quell'ambiente desolato in mezzo a quelle che sono le parti più importanti del proprio essere: la Kubikiri ed Isobu. Il secondo fa una domanda, la prima lo riempire di vanagloria, di una consapevolezza di cui in fondo è orgoglioso, eppure poco dopo scuote il capo alle parole della tartaruga.

Non sono un kunai, che si limita a tranciare le carni mosso dalla volontà di qualcun altro...sarò poco, ma non intendo mettermi ciecamente nelle mani di nessuno

Comincia a replicare alla volta della tartaruga, socchiudendo gli occhi.

uno strumento colpisce ciecamente chiunque, colpevoli o meno a seconda dei gusti personali...io non ho alcuna intenzione di agire in quel modo...ma è una volta individuati i colpevoli che l'azione della Nebbia prende forma nella sua interezza...ed è allora che non viene mostrata alcuna pietà per i suoi detrattori, è allora che chiunque si sia mosso direttamente o meno contro di lei verrà punito: è troppo importante affinché mi muova ciecamente, ed è troppo importante affinché mostri pietà per coloro che la vogliono disgregare...non colpisco ciecamente, ma scelgo il bersaglio...non sarò mai più ingannato da nessuno per la fretta di uccidere...né tantomeno mi farò piegare da poteri oltre la mia comprensione

Un sospiro, una risata quasi.

c'è troppo in gioco affinché sia cieco, troppo affinché una volta individuato il bersaglio, mi ponga dei problemi sulla sua età, sesso o intenzioni...ogni mezzo necessario al fine è da me benvenuto, ma non fare l'errore di credere che il fine non venga perseguito con metodo

Specifica, poco dopo tornando sulla Kubikiri, lasciandosi andare ad un sorriso quasi, decisamente soddisfatto.

e per chi se lo fosse dimenticato, che le sorti dei nostri nemici possano essere un eterno memento

Punirne uno per educarne cento, atti mirati di violenza inaudita e brutale. Sangue dei colpevoli, ma quello deve scorrere a fiumi. Questa è la Nebbia che vuole diffondere, è ciò che vuole personificare, distante dalla cieca violenza dei tempi di Ki, eppure un cammino ancora ben più periglioso di quello di ogni altra spada.
Il marinaio che cerca di nuotare nella tempesta verso la propria zattera e riprenderne il controllo. Patetico

____________________________



Infine il proprio viaggio ha termine, quelle che in lontananza sembra una macchia nera lentamente si allarga portandolo a tirare le redini del cavallo per soffermarsi innanzi alle sentinelle.
Rimane per un breve istante in silenzio, per quanto quel luogo sia umile è ben soddisfatto che la guarnigione sia operativa e meticolosa.

chiedo il permesso per entrare ed alloggiare per la notte in attesa della ripartenza prevista per domattina all'alba, mi chiamo Ryushi sono un messaggero e vengo da Sud

Le parole suonano decise mentre semplicemente sciorina le proprie intenzioni, senza tuttavia scendere nei dettagli. La voce che cerca di dissimulare è vagamente più profonda della propria tonalità, arrochita ulteriormente dal chakra della trasformazione che tenta di agire sulle corde vocali stesse del proprio essere.

sono diretto verso la costa, mi dispiace ma non posso darvi ulteriori dettagli sulla mia mansione

Una richiesta più che comprensibile vista la natura stessa del ruolo che ha deciso di interpretare, gli occhi che balzano da una figura all'altra, i lineamenti del volto che si distendono appena in un vago sorriso.

ve ne prego il cavallo è stanco, necessita di riposare per la notte in un luogo asciutto e di rifocillarsi...inoltre devo fare provvigione

Un che a cui cerca di aggiungere una tonalità vagamente disperata, qualcosa che a proprio modo vista la giovane età che potrebbe facilmente trapelare tanto dai lineamenti del volto quanto dalla voce, ritiene coerente donare al proprio personaggio. Una disperazione che suona quasi indirettamente una diretta esternazione di ciò che vive al suo interno, un modo come un altro per farvi i propri conti.

Olfatto: l'odorato del ninja è fine come quello di un segugio e gli permette le seguire le tracce di chi vuole a patto di conoscerne prima l'odore. Le tracce che egli è in grado di percepire possono essere vecchie di tanti giorni quanto più alto è il livello dell'abilità (di oggi con Lv.6, vecchie di un giorno con Lv.5, due giorni con Lv.4 e così via);

Liv 6: 100 m di raggio

Mantenimento trasformazione + Olfatto lv 6 = 3 stm
Azione morta: + 6 stm

Stamina: 122

Conoscenze:
Hensōjutsu. Travestimento e recitazione.
Shinjun. Metodi d’infiltrazione.








 
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view post Posted on 15/8/2018, 16:14     +1   -1
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Una gabbia comparve intorno a Isobu. L’ennessima. Destino infame, pensò. Una vita in gabbia.
Vuoi per i suoi errori, vuoi per la paura degli uomini, vuoi per qualsiasi cosa ma tanto quella gabbia di nuovo fu intorno a lui. E perché? Perché una spada, di nemmeno duecento anni, si sentiva forte. Forte perché un bambino si credeva Diavolo.
Ma cos’era essere Diavolo?
Era quel discorso. Fu malta per le sbarre, fu il ferro della serratura, fu i mattoni con cui erigerla mentre le catene della Kubikiri iniziarono a frantumarsi. Non tutte ma alcune.

«Ecco cos’è essere il Diavolo della Nebbia. Il confine domandi? Quello che tu tradisca la legge di Kiri!»

La voce della Kubikiri era come uno scheggiare di una roccia.
Tintinnar di spade.
La Kubikiri vinceva. Ancora.
Mentre Isobu guardava quelle sbarre. Lui, volontariamente, aveva scelto ciò. Chi è causa del suo mal pianga se stesso, si ritrovò a pensare.
Certo forse Shukaku l’avrebbe deriso di tale pensiero, Kurama lo avrebbe azzannato se solo avesse saputo di tale pensiero che affiorava nel suo essere, eppure non poteva non pensarlo e non crederlo.
Aveva fatto degli sbagli. Colossali quanto il suo essere.
Per sopravvivere si era creato quella gabbia…una gabbia protetta da un…

« Bambino.
Sei e rimani solo un bambino. Il tuo discorso è pericolosamente da fanatico. Il passo da pensare di essere tu stesso la Legge è pericolosamente invitante.
Sei uguale a molti, diverso da nessuno. »


« La verità è che è Kiriano. Mitsukage.
Ha il carattere e il cuore per poterlo essere. Per poter difendere Kiri e la sua essenza. Perché vi saranno sempre tombe ma morire per Kiri non vi è onore più grande. E per tale onore che è giusto sacrificare ogni cosa di noi stessi. Sangue, anima e corpo.
»


« Ma le leggi cambiano così come il cuore degli uomini.»

Lui lo sapeva molto bene. Aveva visto un uomo giovane ergersi al di sopra di tutti, persino di lui, e confinarlo in una prigione senza sbarre, senza suoni, senza odore.

« Se non vorrai essere uno strumento…allora sarai giudice, giuria e boia

La gabbia si serrò pesantemente.


« Da strumento a Dio.
Dimmi...non siamo tutti strumenti? Alla fine ognuno di noi è schiavo...»


I suoi occhi si posarono su di lui. Dentro di lui.


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« O dici chi sei e i reali motivi della tua venuta o puoi rigirare il tuo culo e iniziare a correre. Veloce ti consiglio. Più veloce delle frecce!»

Un brillare nefasto sulle mura. I suoi occhi capirono che non era uno scherzo e non erano parole dette a caso.
La tensione delle corde e la punta dell’acciaio verso di lui erano il chiaro segno che la recita non funzionava.

¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯45px-Skull-Icon.svg¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯

«Quindi tutto è dovuto.
Nulla è reale, tutto è lecito. »


La Kubikiri ronzò nefasta. I suoi occhi rutilarono fiamme. I suoi denti digrignarono, i suoi artigli scheggiarono la nuda roccia sotto di lei, uno stridio acuto e nefasto.

« Per essere legge, per poter essere il Diavolo, bisogna essere superiori a tutto. O ti sei dimenticato del mio acciaio sulla tua pelle? Quello non era solo acciaio, un semplice e comunissimo acciaio come tutte le altre spade.
Quello era U N A P R E C I S A V O L O N T à.
»

 
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view post Posted on 16/8/2018, 21:22     +1   -1
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Una gabbia improvvisamente si solleva dal nulla richiudendosi come una tenaglia inesorabile proprio attorno alla figura dell'essere più pericoloso, proprio attorno al Demone che da solo potrebbe facilmente ucciderlo e magari prendere possesso persino del suo stesso essere.
Squadra quell'opera crudele eppure efficiente in un silenzio rigoroso mentre gli occhi si sgranano e la bocca rimane spalancata per qualche istante: non ci può credere, che stia fingendo di essere ben meno letale di quanto non sia realmente? Perchè accettare tale reclusione, che scopo potrebbe mai avere?
Sospira, le parole della Kubikiri giungono sì alle proprie orecchie ma hanno il potere di solleticarne le corde dell'anima nel momento immediatamente successivo, ed in effetti non potrebbe essere diversamente poiché, inevitabilmente, quella lama fa parte di lui da molto più tempo di Isobu, ne conosce i punti deboli e li sfrutta.
Li sfrutta, ed il risultato è strabiliante. Sente il controllo su quella parte tanto incontrollabile e sanguinaria del proprio essere scivolargli lentamente dalle dita man mano che la Mannaia ne riempie la mente di immagini di puro potere, lo lusinga, mentre dall'altra parte un potere ancestrale lo canzona, tenta di riportarlo a proprio modo coi piedi per terra.
Non parla in un primo momento, ma piuttosto torna ad osservare in primo luogo quel lupo ed improvvisamente muove un passo indietro. Un primo ritirarsi seguito da un secondo, ed infine cerca semplicemente di sedersi al suolo esattamente tra i due esseri: loro hanno creato la loro posizione, ora tocca a lui fare altrettanto, è l'unico modo per riprendere il controllo: un marinaio esperto dopotutto non segue la tempesta la governa.

Non sarò mai Mizukage, vi ho rinunciato nel momento stesso in cui ho giurato, in cui sono diventato il Diavolo

Gli occhi che si muovono in principio verso la Kubikiri, le gambe che si accavallano mentre le braccia s'intrecciano al petto, la schiena si distende e poco dopo prende un ampio respiro.

colui che porta la giustizia di Kiri non può esserne anche l'immagine manifesta, colui che porta la legge di Kiri deve agire nella Nebbia, non costituirne il volto...vuoi forse che diventi un nuovo Ki?

Domanda poco dopo, un largo ghigno che compare sul proprio volto mentre successivamente si limita a scuotere il capo: la Kubikiri lo conosce bene, eppure lo stesso può dire lui di lei.
Se è così ingombrante, così potente da soffocare persino il potere di Isobu, allora deve ridimensionarla, riequilibrare, toglierle potere per darlo a sé stesso.

Lo stadio delle lame...i continui massacri...la nebbia di sangue...è questo che vuoi da me...non è vero?

Sbuffa, mordicchiandosi il labbro inferiore: non può dire che solo rievocare quelle immagini non gli causi un brivido di piacere, eppure lo rinnega. Si prende tutto il tempo del mondo per completare quella frase: ha visto le sue catene indebolirsi, e se quella gabbia attorno ad Isobu è anche in buona parte causa sua, come crede, allora può rinnovare i vincoli di quel lupo famelico. Ci può essere un solo vincitore, e quello deve essere lui.

non sono quel Diavolo, non sono una pallida imitazione di chi mi ha preceduto poiché da essi differisco completamente: difendere Kiri significa essere ciò che la avvolge, non chi la amministra...un concetto, un simbolo, non può diventare carne così come tradire ciò per cui è stato creato

La ammonisce, perché per quanto vi sia legato più la spada lo lusinga, più si rende conto che non vuole far altro che incatenarlo alla sua volontà perennemente. Brama di fondersi con lui perennemente, di renderlo un glorioso guerriero perennemente coperto di sangue.
Vuole irretirlo, eppure a proprio modo sta lasciando degli indizi affinché possa a propria volta essere non irretita, ma contrastata: è il suo corpo, la sua mente, e di certo non si farà portare via niente, non dopo tutto quello a cui ha già rinunciato, spogliandosi di ogni abbellimento e rendendo il suo stesso essere una distesa di nulla. Esattamente come quello spazio aperto suggerisce.
E' dopo quel breve discorso che torna a fissare Isobu, osservandolo in rigoroso silenzio man mano che prende parola, andando a sciorinare le proprie rimostranze nei suoi riguardi. Non sono parole vuote, non nascondono alcun doppio fine come invece sembra fare la Kubikiri no, piuttosto cercano di metterne a nudo l'anima, le convinzioni profonde, ed osservare fastidiosamente tutte le crepe in quel muro che costituisce la sua più profonda convinzione.

questo bambino si chiama Kazuku, capisco il rancore che nutri nei miei riguardi, al tuo posto farei lo stesso, credimi

Non lo dice tanto per dire: lo sguardo che rivolge al demone è carico di quella consapevolezza.

ma non mancarmi di rispetto, ed io farò altrettanto...Isobu

Lo chiama a propria volta per nome per la prima volta, tentando di riequilibrare la situazione all'interno del proprio essere: così come ha tentato di rafforzare le catene attorno alla Kubikiri, così cerca di allentare la gabbia attorno al Sanbi. Una curiosità morbosa la sua, talmente forte da surclassare persino il timore che nutre nei riguardi del tre code.

E' qua che ti sbagli, per quanto il passo sia breve non è un sentiero che intendo percorrere, non una strada che intendo imboccare e tu, che sei stato adorato come un Dio, parimenti detestato, dovresti conoscere ben meglio di me il punto di non ritorno, riconoscerlo, e potresti istruirmi affinché non commetta il tuo stesso errore...non ne rinnego il pericolo, ma non per questo mi abbandonerò ad esso

Quasi non riesce a credere alle parole che ha pronunciato, eppure non sono altro che l'estensione naturale di un tarlo che ne ha fatto preda la mente da tempo: non vuole sfruttarlo ma stabilire con esso una relazione, non vuole sopprimere nessuno di quei due esseri, ma trovare assieme ad essi un equilibrio.
Qualcosa che percepisce nelle sue viscere essere dannatamente possibile, perché ognuno a proprio modo.
Chiude ancora la bocca: ciò che il demone dice ha un che di profondamente veritiero: cambiano gli uomini, cambia il loro cuore, e così le leggi: se dovesse mai trovare in esse una personificazione, sarebbe l'artefice della rovina di Kiri poiché niente che sia instabile dura a lungo.

Dentro la legge, per la stessa, una giusta pena per ogni colpa e l'accortezza di giudicare in maniera imparziale chi tali infrazioni commette...perché solo assumendosi l'onere della scelta ad ogni livello, per ogni ruolo, si può essere consapevoli del proprio fardello, ed in funzione di esso agire per garantire il processo non venga corrotto.

Alle ultime parole sente improvvisamente lo sguardo di Isobu su di lui e non può fare a meno di ricambiarlo, di guardarlo appellandosi a tutto il proprio coraggio per non distoglierlo: non è solo una questione di coraggio, ma anche di rispetto.

...lo siamo...ognuno è strumento delle proprie idee, di ciò che ha scelto di essere...ancor prima di uomini, dei o simboli

Il riferimento è ovviamente tanto ad Isobu quanto alla Kubikiri, e non può esimersi dal farlo. Ha ragione, il suo discorso in fondo era manchevole, perché se si agisce per un fine e lo si persegue ciecamente, allora si è necessariamente strumenti dello stesso.
Che fottuta stronzata la vita umana, farebbe quasi ridere.

ma ora sono io a fare due domande a te, Isobu: se non siamo altro che strumenti...te in nome di cosa agisci? Ma sopratutto...

Una pausa, lo sguardo che torna alla propria spada, quasi malinconico, manco non credesse a quanto sta per dire, si fa coraggio, e nel respiro successivo lascia andare quella seconda domanda.

Quale pena, sorte, credi io debba patire per quello che ti ho fatto?

Domanda infine, lo sguardo che si ferma su quelli della tartaruga: non gli importa quanto farà male, vuole saperlo. Vuole cessare quell'interrogatorio e diventare interlocutore. Lo vuole, con tutto il proprio essere.

___________________________



Quella prima recita non pare aver funzionato ed anzi, l'efficienza dei guardiani del paese dell'Acqua si sta ribaltando contro di lui.
Serra la mascella mentre si riscopre a serrare il pugno destro: non è qualcosa che può accettare, non ha tempo da perdere eppure non può neanche consentirsi di attirare inutilmente attenzioni rivelando prematuramente la propria identità. Per una volta che sarebbe così comodo essere il Diavolo...

....

Sgrana improvvisamente gli occhi, poco dopo e semplicemente limitandosi ad alzare ambo le braccia verso l'alto: è un messaggero, conosce il proprio sigillo ed ha un rotolo del richiamo sufficientemente piccolo da apparire come una consistente comunicazione.

Vi prego non ce n'è bisogno! scendo dal cavallo e vi mostro la pergamena, così capirete...vi prego devo tornare da lui tra meno di una settimana sennò...

Deglutisce, tornando con lo sguardo sulle guardie innanzi a lui mentre poco dopo cerca semplicemente di eseguire molto lentamente quanto annunciato poco prima. Tenta di scendere dal cavallo, rimanendo sul lato destro, le narici ben dilatate a percepire qualunque improvviso distanziarsi del legno delle frecce da quello degli archi.
Cerca di dare la schiena agli arcieri, ed in quel fare, ravanando in quelle sacche da sella, cerca di approfittare di quella rinnovata copertura per andare a concentrare una piccola quantità di chakra direttamente sul palmo della mano destra. Nell'istante successivo semplicemente cerca di passare proprio quel chakra sulla superficie esterna del proprio piccolo rotolo del richiamo, uno stratagemma che tenta di palesarsi con il semplice apparire un sigillo in ceralacca rossa, a richiudere lo stesso quasi fosse una comunicazione strettamente personale, e nel cui mezzo campeggia il volto di un Diavolo ghignante dalle zanne snudate. Il simbolo che ha scelto per lui come consigliere del Mizukage, un sigillo che nel paese dell'Acqua garantisce che qualunque porta venga aperta e con timore richiusa alle proprie spalle.
Poco dopo cerca nuovamente di voltarsi, tentando di muoversi di un paio di metri sulla destra, in modo tale da allontanarsi dal destriero qualora venga preso di mira: mica vuole che muoia il proprio animale, non ora che ha ancora una grossissima utilità.

Mi chiamo Ryushi Okada, vengo da Ibaraki e sono il messaggero scelto dal Diavolo per portare la sua parola...ora CAPITE perché devo passare?

Il tono che tenta di darsi è ancora a metà tra il disperato ed il determinato, che cerca anzi di andare ad acuire in maniera tale da apparire più realistico, modula ancora il proprio tono di voce, e la destra che regge quel rotolo munito ora del proprio sigillo in ceralacca in piena vista. Osserva i presenti alternando lo sguardo: non può perdere altro tempo. Il nome di quel villaggio poi, è quello che corrisponde ad una zona ad un giorno di viaggio a Sud rispetto a Kiri, una locazione realistica con la propria posizione e provenienza.

___________________________



Ascolta ancora le parole che Isobu gli rivolge: rassegnate.
Ad esse si aggiunge la replica della Kubikiri, che lo vuole isolare, distruggere, vuole dargli a tutti i costi il colpo di grazia eppure lo provoca come fosse un bambino, qualcosa che in fondo potrebbe aver preso da lui.
Sente quel ronzio, le placide parole del demone, ed improvvisamente tutto gli appare così...fastidioso.

BASTA

Grida improvvisamente nel momento in cui la propria lama termina la sua provocazione, proprio su di essa muovendo lo sguardo.

NON siamo al di sopra della legge, SIAMO la volontà che la porta, non portarmi laddove non mi voglio spingere, laddove neanche tu avresti controllo. Non spingermi dove non ho intenzione di andare, perché non ti permetterò mai più di controllarmi, così come hai quasi fatto quel giorno di cui stai parlando, quando hai cercato di farmi uccidere una nostra alleata...o te ne sei dimenticata?

Domanda, un che di supponenza che fa da intermezzo a quella rabbia. Non può essere ipocrita, non qui.
E' poco dopo che torna sul Sanbi, annuendo.

Tutto è lecito, nella misura in cui ciò di cui sono al servizio lo concede, o forse sei davvero convinto che abbia la presunzione di impadronirmi di tutto ciò che voglio, o di provarci, come fossi null'altro se non un criminale particolarmente sanguinario?

Domande, gli pone delle domande a proprio modo dure, inclinando appena il capo verso sinistra, il tono di voce che rimane tranquillo, eppure prosegue.

Credi davvero che sia così ipocrita, che non voglia altro che il potere? Quando se davvero non volessi altro che quello...tutto questo sarebbe così profondamente diverso? Davvero credi che io dopo il Gedo possa compiacermi per quello che ho fatto, che voglia erigermi a DIO, dopo aver visto COSA gli uomini fanno a chi ha il potere per definirsi tale? Che voglia erigermi a LEGGE con la mia spada, e tenerti perennemente in una gabbia, dopo aver visto cosa accade a chi segue quel sentiero, dopo averne udito la caduta ed ancor prima l'odore di putrefazione? CREDI DAVVERO CHE SIA COSI' FOTTUTAMENTE CRETINO?

Non ce la fa più, grida la propria rabbia, se ne libera all'esterno impregnandone l'ambiente circostante: se quella è una tempesta vi aggiungerà anche la propria ira. Se quella è una tempesta, farà in modo che anche i propri interlocutori ne vengano travolti. O tutti sullo stesso mezzo per far fronte ad un solo problema comune, o il nulla, l'oblio.
E non ha per un cazzo paura di arrivare sino in fondo per scoprire cosa lo attende.
 
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view post Posted on 19/8/2018, 20:32     +1   -1
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La domanda arriva. Inaspettata? Si.
Di solito il carnefice, la giuria e il giudice non si domandano l’entità della pena e se sia adeguata. La mettono in atto e non si domandano cosa si annida nel cuore del colpevole, né tantomeno si domandano di scontare una pena per il dolore arrecato.
La legge è neutra. Non conosce rimpianti né scuse. Né tantomeno una comunione di pensiero e d’anima con chicchessia.
E quindi Isobu rimane fermo a riflettere a quella domanda. Domanda che accarezza il suo animo già sconfitto, che lo culla – per un attimo – lontano da quella sofferenza che sta patendo.
Sebbene capisce che sia giusto così…ma è così maledettamente difficile accettarlo!
Perché?
Perché?
Cosa ha fatto di male se non…

« Essere me stesso.»

Per aver seguito il suo cuore la gabbia fu posta su di lui. E perché? Cos’era cambiato?
L’uomo stesso, che prima lo venerava, dopo divenne suo nemico. Acerrimo nemico che giurò di rinchiuderli per sempre per garantirsi la sopravvivenza.
Ma cos’era cambiato? Quando tutto questo divenne gabbia?

« Pensi possano bastare le tue scuse?»

La voce fu profonda come un oceano. Vi era tutto al suo interno. Un caleidoscopio di emozioni che lo resero umano. Lo resero finalmente quello che da sempre era stato: null’altro che un incarnazione delle forze della natura.
E la natura di per sé è neutra. Né buona né malvagia asseconda le proprie inclinazioni, rimanendo fedele a se stessa perché era pura. Un concetto che l’uomo non faceva proprio.
Perché dentro di sé aveva molteplici forze. Nell’imperfezione trovava la sua personale rivincita sulle forze soverchianti di questa realtà.
Ma Isobu era una di quelle forze. Ma rimaneva pur sempre legato, impastoiato a questo mondo. Era più potente degli uomini, ma rimaneva come un terremoto.
Non era un Kami. Mai lo sarebbe stato.
Perché dentro di lui brillava quella luce che in fondo, e fu questo lo sbaglio, era nel cuore degli uomini.
Quella stessa anima che da sempre era motore, era forza, era dolore e anche gioia nella vita dell’uomo.
La stessa. Così difficile da vedere?
Si…a quanto pare.

« Prima venerato come un kami, poi scacciato e cacciato alla stregua di un bieco assassino. Catturato e rinchiuso per millenni.
Sognavo la libertà, la vastità degli oceani, il canto delle onde, lo sciabordio delle acque sul mio guscio. Guardare il sole incendiare il mare e rinascere tingendo di rosa il cielo.
Nuotare libero. Essere libero.
Ma voi vi siete arrogati il diritto di sapere, di credere di sapere, e di conseguenza avete emesso una sentenza senza nemmeno capire. Né tantomeno voler capire.
Perché questo avete fatto: prima mi avete venerato – per paura certo ma non più di un uragano o di un terremoto, e poi quella stessa paura vi ha sussurrato di uccidermi. Come se una valanga fosse malvagia o uno tsunami avesse un motivo per uccidere.
Io sono stato solo me stesso. Assecondando la mia natura, essendo quello che sono perché nato in un tempo in cui l’uomo non c’era. Non esisteva e ho visto il mondo cambiare, ho visto tanto e vi ho visto nascere e crescere e diventare quello che siete.»


Respirò a fondo e le onde si alzarono. Il loro sciabordio si fece più forte. Vi era una rabbia che non si era estinta. Vi era tutta una sofferenza che Kazuku non poteva capire.

« Pensa solo a millenni moltiplicati per secoli connessi dal tempo senza fine, io esisto da allora…»

Kazuku era un semplice cucchiaio. Non poteva contenere, né comprendere, la vastità dell’oceano che si faceva chiamare Isobu. Né il suo dolore, né la sua rabbia. Né capire il cuore degli uomini. Perché anche lui fece parte di tale pantomima e ne fu protagonista. E fu, come molti prima di lui, giudice e giuria.
La condanna era stata emessa ancor prima di un processo.
Iniquo.

« Vuoi sapere la tua pena?»

Silenzio. Premeditato. Studiato. Non voleva perdersi nulla di quel ragazzo e voleva capirlo fin dentro le pieghe più recondite del suo animo.
Perché quella gabbia poteva distruggerla e lui con essa. Ma era forse la cosa giusta da fare?
Un semplice dubbio…perché in fondo molti errori si erano fatti da una parte e dall’altra. Aveva forse tutte le risposte a tali domande e a tali esiti che tutte le azioni, probabili e fatte, avrebbero portato?

« La tua pena dovrebbe essere la mia. Moltiplicala all'infinito, portala negli abissi dell'eternità e vedrai appena uno spiraglio di quello di cui parlo.»

« Non oserai… »

Vi fu un inflessione strana nella voce della Kubikiri.


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«Lascia lì il tutto. Fai un passo e ti infilziamo come un colabrodo.»

Le parole sono ordini perentori.
Non si fidano nemmeno adesso.

«Per me pure il mitsukage può essere davanti a queste porte, ma non farò passare nessuno a meno che non mi sia detto il contrario.
Degli ordini del tuo Diavolo mi ci pulisco il culo. Cose strane stanno succedendo e non metterò a rischio la mia città e la mia gente nemmeno se scendesse Amaterasu in persona!»


Il giovane Diavolo poteva o lasciare la missiva in quel caso una freccia avrebbe infilzato il rotolo e sarebbe stato tirato su per constatare della veridicità delle sue parole oppure fare altro.
Ma quelle corde erano sempre tese e le frecce non accennavano ad abbassarsi.

 
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view post Posted on 20/8/2018, 00:08     +1   -1
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Ha provocato Isobu, il demone, il potere più grande dentro di sé, ed ora deve subirne le conseguenze.
Ha voluto provocarne una reazione, averne una risposta, farsi una idea di chi si trova innanzi a sé, ciò che prova e ciò che vuole. Così come la Kubikiri gli ha insegnato a riconoscere solo la rabbia, così lui ha cercato di farla uscire, perchè quella creatura prova odio nei suoi confronti e solo perché sino a quel momento non la aveva mostrata non significa minimamente che ne fosse privo. Doveva trovare una corda, un modo per far presa sul suo animo ed infine ci è riuscito: deve patirne le conseguenze.
E' per questo che rimane immobile mentre Isobu prende parole, mentre esterna i propri pensieri e le sue condanne, è giudice, giuria e boia e con un diritto che supera di gran lungo il suo, poiché pur non volendolo ha commesso un reato ed è giusto patirne le conseguenze, ma non al prezzo di sacrificare Kiri: quello è l'unico prezzo per cui sarebbe disposto a morire, poiché la Nebbia non sacrifica ciò che cela, ciò che è chiamata a proteggere.
E la grandezza dell'animo di chi si trova in un certo senso di fronte a lui la ritrova proprio in questo: non vuole una pena mirata, qualcosa che sia significativo per lui ma piuttosto per il genere umano. Vuole che qualcuno possa provare il suo dolore perché solo in quel modo potrà comprenderlo, solo in quel modo sarà veramente libero. Una libertà che in un modo o nell'altro lui sa di non potergli concedere nella sua forma più ampia e di questo anche lui ne è al corrente: non domanda il proprio rilascio ma la condivisione del dolore.
Comprensibile accettabile, ma non nelle sue modalità.
Ascolta le parole che pronuncia la Kubikiri e ad essa si limita a donare un singolo sguardo, uno sguardo che ha un che di profondo, che vorrebbe farle intendere che no, non lascerà indietro nessuno dei due, perchè entrambi lo compongono, entrambi hanno diritto di essere parte di lui, non padroni ma parti integranti, non prigionieri ma componenti.

La scusa di un reo non è mai attenuante di un reato, semmai può costituire motivo di sollievo per chi ha subito il torto, sapere che chi ha contribuito a commetterlo E' CONSAPEVOLE delle proprie colpe: non cerco il tuo perdono, sarei uno sciocco a domandarlo in un modo così insulso, perché ciò che ho contribuito a farti andava ben al di là della mia comprensione, e nella mia ignoranza ho commesso un atto atroce, eppure per il presunto bene del mio villaggio...perché la mia colpa non è dissimile dalla tua...

Una pausa, si mordicchia il labbro inferiore e deglutisce un groppone di saliva: non sa cosa Isobu non gli stia rivelando eppure lui decide di dire ciò che pensa, perché solo in questo modo potrà riempire quella desolazione, il proprio animo.

sono stato me stesso: l'essere umano è meschino, e tu più di ogni altro hai patito questa sua peculiarità, il tuo dolore...non posso comprenderlo e non ne ho la pretesa...

Afferma poco dopo, tirando su con il naso e socchiudendo gli occhi, raccoglie ogni fibra del proprio coraggio per continuare a fissarlo.

eppure a mio modo l'ho assaggiato, nel Gedo....e da questa consapevolezza, da una trappola insopportabile e che tuttavia non avrei mai potuto condividere con voi a lungo nascono queste parole: sarò un essere meschino ma non sono un cretino

Stringe i pugni, pensa attentamente, perché sa che non potrà mai farsi carico di quel dolore appieno eppure dovrà in qualche modo dividerne il fardello, lui e la sua spada. E' per questo che poco dopo tende in avanti il braccio destro, si concentra affinché quelle sbarre attorno ad Isobu crollino: non servono, e se volesse veramente liberarsi di lui lo avrebbe già fatto. Che sia per una profonda consapevolezza o stupidità, priva il demone di quel vincolo inutile e simbolico, non ne avrà bisogno, non se vuole abbracciare la sua nuova natura, nel profondo.
Sente la propria pena e semplicemente annuisce, giusta, eppure impossibile. Deve offrirgli qualcosa però, deve fare in modo che la colpa sia scontata e condivisa, perché solo in questo modo potranno divenire uno, non essere conflittuali ma sincroni. E' una questione di volontà, di follia ancor prima che coraggio.

Non ho mai sperimentato la libertà, poiché il mio cammino mi vincola ad un villaggio, ad una idea, a ciò che rappresenta: tutto ciò che faccio è per un fine, ed ora condivido con te una rinnovata prigionia nel mio stesso essere

Perché è vero ed anche Isobu, così come la Kubikiri, ne son consapevoli: Kazuku non è mai stato più libero di loro, mai da quando è diventato un ninja.

E' per questo che non posso prometterti che patirò ciò che vuoi, perché neanche io saprei come infliggermelo, e sarebbe una pena che il mio essere umano non potrebbe comprendere appieno, privato delle ere che lo hanno reso insopportabile...per questo quello che posso fare è DIVIDERLO con te: condividi il tuo fardello, il tuo dolore, lascia che mi appropri di una parte di esso e così Kubikiri. Siamo uno, e se ognuno ha diverse colpe per quanto ingiuste avanti...che siano divise. Non mi tirerò indietro, né mi piegherò. E se non hai fiducia nel fatto che sia meritevole del tuo rispetto, abbi fiducia nel fatto che almeno mi vedrai soffrire

Propone ed al suo interno inserisce anche la propria spada. Non lo fa per lui, per il potere ma per Kiri, qualcosa in nome della quale persino la propria spada agirebbe, si sacrificherebbe. Qualcosa per cui tutti, in un modo o nell'altro, hanno ragione di lottare nel proprio animo.

______________________



Socchiude gli occhi nel sentire le indicazioni degli arcieri: sono irrispettosi, gli fanno perdere tempo prezioso. Osano, nominano invano il suo nome. Eppure nel momento stesso in cui percepisce la propria rabbia fluire dall'interno del proprio essere la ricaccia all'indietro. Sente l'ipocrisia, sente quanto l'ammonimento del Bijuu fornitogli poco prima sia un rischio reale e non ha intenzione di cascarci, di dimostrare quanto sia bugiardo.
Ora vi fa attenzione, ed è per questo che si reprime. La propria rabbia viene celata con un deglutire sommesso, agitato, ed ancora nel momento che precede il rilascio di quella pergamena ecco che quella patina di chakra poco prima creata innanzi alla mano cerca di tornare a fluire sul palmo, impercettibile vista la concentrazione che ripone in quella semplice tecnica di disguido. Vogliono leggere ciò che contiene e non tradirà le loro aspettative: questa volta il chakra infatti viene diretto all'interno del rotolo, a creare un fittizio messaggio indirizzato ad un esploratore dal nome in codice Kuro, nero. Un esploratore col compito di restare nelle zone dell'entroterra a pattugliare, avvertire delle avvisaglie e che con questa missiva viene incaricato di muoversi laddove il cane snuda le fauci. Un codice semplice in realtà e che tuttavia dovrebbe mantenere quella facciata di segretezza che è richiesta alla comunicazione.

Stiamo perdendo tempo tutti quanti...per questo non sarò io la causa di eventuali ritardi

E così dicendo semplicemente asseconda gli ordini, mantiene il proprio travestimento sul corpo così come sul rotolo, si sforza e prende ampi respiri mentre semplicemente lascia cadere la pergamena ad arte camuffata ai propri piedi.

...il mio signore vorrà sapere se ci sono stati attacchi di recente...che genere di problemi richiedono una sorveglianza così serrata?

Domanda ancora, scuotendo il capo poco dopo, sospira.

scu..scusate, fate le vostre verifiche...

Si mostra remissivo, ingoia il proprio orgoglio per il bene di Kiri, di ciò che è chiamato a rappresentare. Perchè questo significa essere il Diavolo, non bearsi di inutili massacri ma sapere dove e come far cadere la propria lama, e non saranno di certo degli arcieri alleati alla sua persona a far cadere la propria trama. Ne attende quindi il giudizio e nel mentre osserva attentamente i dintorni: qualora le cose si mettessero male sarà infatti necessario fuggire se non addirittura rivelarsi. In verità una sorta di fallimento in entrambi i casi, per questo non può permettersi di soprassedervi ora.
Il giudice che attende un giudizio, la giuria privata di un caso da giudicare, il boia senza la propria scure. Si è spogliato di tutte le proprie prerogative, perché adesso sa cosa significa essere il Diavolo.
 
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view post Posted on 26/8/2018, 12:22     +1   -1
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Ascoltare le parole del proprio carnefice. Della propria gabbia. Perché ancora restava fermo?
Perché non lo distruggeva? Domande inutili.
Aveva quasi la netta sensazione che, seppur rabbioso, questo lo poteva sopportare.
Per duemila anni fu rinchiuso. Duemila anni a meditare sulla vendetta, sulla rabbia, sugli esseri umani che lo avevano oltraggiato, si oltraggiato, perché lui era una FORZA ben più antica e potente di tutti loro eppure questo non bastò.
Forse Kurama aveva ragione. Però…ed era proprio questo però a lasciarlo col dubbio.
La sua rabbia lo aveva accecato. Appena libero aveva distrutto tutto quello che fu davanti a lui. Case. Uomini. Villaggi. Una Tempesta senza freno.
Era la sua rabbia. Era rabbioso. Lo era anche adesso.
Ma quel ragazzo aveva protetto Kiri da lui. Che cosa doveva fare?
Kurama diceva che erano degli Dei, e lo erano lui lo sapeva di esserlo, però…cos’era successo? Perché gli stessi che lo adoravano poi lo cacciarono alla stregua di un animale selvaggio?
Quando tutto questo cambiò? Quando, lui stesso, iniziò a pensare ai suoi errori?
Errori…gli Dei non sbagliavano mai e allora perché crederlo?
Proteggere. Gli uomini si erano difesi. Se stessi, le loro vite, le loro case.
Ma da chi? E Perché?
Kurama…Kurama aveva sbagliato? Gli altri avevano torto?
E allora…

« Vi osserverò entrambi…»

Disse con voce atonale. Quell’occhio era piazzato su entrambi. Kubikiri e Kazuku.
Non poteva esserci l’uno senza l’altro.
Ma quella spada…era venefica. Ma la domanda sorse spontanea e questa volta fu la Kubikiri la diretta interessata.
Le due forze venivano a contatto nell’animo di Kazuku.
La povera zattera in mezzo ad una tempesta enorme.

« Cosa significa essere il simbolo di Kiri?»

Certo per lui Kiri valeva come un pugno di mosche. Ne aveva viste troppe di città sorgere e cadere; ben più antiche e prospere del Villaggio della nebbia ma che ormai alla sabbia e al tempo erano dati ricordi sbiaditi e che a poco a poco venivano cancellati del tutto.
E altre erano sorte durante la sua prigionia.
Kiri era solo l’ennessima. Ma questa volta Isobu stava dando importanza.
A qualcosa che avrebbe distrutto volentieri. A un mondo che non era il suo ma che doveva rifare proprio.
Le strade erano poche…e quella prigionia la poteva rivoltare.

« Kiri… »

La Kubikiri abbassò il corpo, come se fosse pronto ad attaccare. I muscoli si contrassero sotto il pelo ruvido e nero, le zanne sembravano essere meno ferali.
La Kubikiri si trovò spiazzata da questa domanda.
Lei che faceva presa sull’emozioni del giovane Diavolo ora veniva chiamata in causa con una domanda che la rendeva più vicina a Isobu.
Pensò ad una trappola.
Perché quell’essere gli faceva una domanda così personale? Lei che fino ad ora lo aveva affrontato ora si trovava chiamata in causa.
Isobu la guardava. Fino a quel momento solo Kazuku era stato oggetto di attenzioni da entrambi.
Ora i due si stavano studiando.
Capendo.
Fatto insolito per il Giudice di Kiri. Più pronta a dispensare giudizi e sentenze piuttosto che a essere sul banco degli imputati.
Per la prima volta il giovane Diavolo non veniva conteso.
E fu quello che doveva essere da sempre: un giovane ragazzo con qualcosa di molto più grande di lui.


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Le guardie lo tenevano sotto scacco.

«Sei l’emissario del Diavolo e non sai cosa sta succedendo? Mi prendi forse per il culo?!»

Il dispaccio intanto veniva preso. Veniva rotto il sigillo, le parole venivano soppesate eppure il giovane Diavolo capì una cosa. Quelli sulle mura stavano difendendo la propria città.
Per loro il Mitsukage, il Diavolo stesso erano solo nomi altisonanti lontani dai veri problemi. Se venivano attaccati, loro e solo loro, dovevano difendersi.
Il loro sangue veniva versato per la difesa della città.
In questo senso cosa contava per loro il Diavolo? Il kage? I 7 della nebbia?
Sterco.
Avevano degli ordini…ordini categorici e li avrebbero portati in essere nonostante tutto.
Le porte dovevano rimanere chiuse’ e chiuse lo sarebbero state. Anche se un Diavolo si fosse presentato davanti a tali cancelli quelle frecce lo avrebbero ricacciato indietro.
perché loro proteggevano chi non poteva farlo.
E ben sapeva, era conscio, del perché era lontano da Kiri stessa. Del perché era stato mandato in missione.
Lui aveva i suoi ordini ma loro anche.
E non avrebbero mai aperto. Il giovane non aveva capito questo. Erano soldati con degli ordini chiari e i soldati rispettavano gli ordini e combattevano per questo.

«Torna da dove sei venuto a dì al tuo padrone che qui cose strane stanno avvenendo.
Attacchi su tutta al costa, uno meno di due giorni fa. Fantasmi che sgozzano nel sonno. Non si sa in che maniera arrivino, non si sa in che maniera se ne vadano.
Ma si lasciano solo cadaveri e villaggi in fiamme.»


Le frecce erano sempre puntate. In un clima del genere era chiaro che a Kazuku serviva altro per entrare. Oppure poteva tornare indietro e continuare le sue ricerche altrove.
Le porte sarebbero rimaste chiuse.

«Ecco perché non apriremo a nessuno. Tu dici di essere la voce del diavolo? Ma io non lo conosco…così come non conosco te. E vi sono fantasmi in giro…fantasmi che possono prendere le sembianze di chicchessia.
Non metterò a rischio nessuno dei miei nemmeno se davanti a me vi fossero tutti i kami!»


Quella regione era nel panico. Non era più un problema circoscritto. Se continuavano così anche il commercio stesso ne avrebbe risentito.
Vi era all’opera qualcosa che nascosta tra le ombre stava distruggendo il Paese dell’Acqua con studiata metodica.

 
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view post Posted on 31/8/2018, 15:58     +1   -1
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Ascolta la replica di Isobu, quelle semplici parole libere da commenti precedenti, un segno -almeno secondo la propria interpretazione- di come le domande volte al demone non siano state vane: vi riflette, è possibile ragionare con lui.
Non è un puro veicolo di distruzione ma un essere che per quanto potente possiede le stesse aspirazioni che potrebbe avere un essere umano: essere libero, fare ciò che vuole, non può biasimarlo per questo eppure sanno benissimo entrambi che non può promettergli la libertà, l'ultima volta che è successo la Nebbia è stata sommersa e ha dovuto rispondere, pagare a caro prezzo la vittoria contro una creatura così potente da poter distruggere intere civiltà anche solo per sbaglio.

Tutto quello che sono...che siamo e che potremmo essere è proprio qui...di fronte a te

Va a dire di rimando a quelle semplici parole mosse da Isobu, il quale poco dopo muove le proprie attenzioni direttamente sulla propria spada, la Kubikiri. Un'arma eppure un simbolo, Kiri nella sua forma più pura e selvaggia, così violenta che non si è resa conto di come la Nebbia sia cambiata in sua assenza. Tira su con il naso quindi, alterna lo sguardo tra le due creature: una parte di lui vorrebbe farle scontrare, rimanere immobile e semplicemente accostarsi al vincitore eppure sa bene che ciò lo relegherebbe inevitabilmente ad il ruolo di spoglia della creatura più forte, uno strumento, e ciò non può accettarlo, no. Lui deve essere l'arbiter, guadagnarsi il suo ruolo e mantenerlo. Non è semplice certo, eppure sa bene che è l'unica via disponibile.

Kubikiri...Isobu...voi due condividete più di quanto possiate immaginare

E' per questo che apre bocca, che torna a fissare a tempi alterni i due, la voce che si sforza di mantenersi tranquilla mentre ingoia tutte le proprie paure ed insicurezze, alternando l'attenzione tra i due. La voce è alta, vuole esserla perché solo in tal modo può assicurarsi di non essere ignorato.

Così come tu sei stato adorato come un Dio, sfruttato per il tuo potere e poi rinchiuso per il terrore che scatenavi, per un potere che non è mai stato accettato da NESSUNO, sia tra i tuoi adoratori che tra i tuoi detrattori

E lo sottolinea, vuole che Isobu abbandoni gradualmente quella memoria di tempi in cui l'umanità era a lui servile, perché ciò non può che costituire un impedimento per entrambi.

Così Kubikiri è stata ancor prima della mia nascita la più grande arma di Kiri, il suo simbolo e la sua difesa più grande...ma si sa...il potere spaventa chi non lo comprende...e così è stata abbandonata, rinchiusa e spezzata, insudiciata ed abbandonata a sé stessa dentro una fortezza...finché io non l'ho recuperata...finché non ho pagato il mio debito ed ha deciso di concedermi parte del suo potere

Sottolinea quell'affronto, ciò che per primo lo ha cambiato radicalmente: lui odia l'ipocrisia, odia le menzogne mal orchestrate e celate da deboli parole di miele che non trovano giustificazione nelle azioni.

Quando l'ho recuperata, così come quando mi sono ritrovato a parlare con te...qua dentro, mi sono ritrovato innanzi ad un potere che non ho ancora la forza di comprendere appieno, e bada, non ho mai promesso né a te né a lei di essere liberi, perché è qualcosa che non potrei fare, non ne conosco le conseguenze e non me ne assumerò le responsabilità...

Tuttavia...

ma quello che ho promesso a lei, e che così garantisco a te, è che questa non è una prigione, non avete barattato una clausura con una nuova...ma una reclusione con una partecipazione

Il succo è molto semplice, ed è per questo che decide di metterlo sul tavolo mentre ancora Isobu interroga la propria spada: E pluribus unum.
Questo è il suo pensiero, e per quanto adesso non insista cerca di sviluppare un discorso logico che possa portarlo a quella conclusione. Difende sì la spada ma indirettamente, gettando un campo fertile su cui sia lei che Isobu possono intervenire: un dialogo, ciò che vuole. E non importa quanto sarà difficile, lui ne uscirà vincitore.

____________________



E se la battaglia dentro di sé la poteva vivere come tremenda e stancante, il dialogo che si sviluppa all'esterno è tutto meno che rincuorante: non solo gli arcieri non demordono ma ora gli intimano di tornare da dove era arrivato.
Socchiude gli occhi, si riscopre a serrare la mascella mentre le mani per un momento tremano: è rabbioso, e non potrebbe essere altrimenti, lo stanno mancando di rispetto e per di più rifiutano di farlo passare.
Dovrebbe passarli tutti a fil di spada, far loro scoprire il vero significato della parola terrore, eppure sa bene che non è questa la via che deve prendere, è la via che Kubikiri prenderebbe, non Kazuku Mizuguchi.
Lui non è così e ad agire in senso contrario dimostrerebbe al demone solo che lui è un bamboccio gonfio di belle parole ma incapace di agire secondo i propri stessi dettami.
Sospira, lascia che il proprio animo si rilassi, scuotendo quindi il capo alle loro parole. Paura, ne sono infestati, paura per sé stessi e per ciò che difendono, non è senso del dovere ma pura protezione verso ciò che hanno di più caro e per quanto sia comprensibile, deve fare in modo di passare, non può perdere tempo a tornare indietro, non se lo può permettere.

Sapevo degli attacchi lungo la costa ma non di eventuali attacchi a questo avamposto, sono lieto di constatare che il vostro lavoro ha protetto gli abitanti di Kiri...so che non conta un cazzo, ma ve ne sono grato

Commenta in principio, un profuso inchino rispettoso alla volta di quegli uomini, un tacito tributo di una delle personalità più importanti di Kiri ai propri abitanti, per quanto camuffata dietro le fattezze di un umile messaggero.

Ed è proprio perché rispetto il vostro lavoro che non posso tornare indietro, che devo proseguire, così come voi difendete il villaggio, quel messaggio può fermare i fantasmi se nelle mani giuste

Rivela poco dopo, tirando su con il naso, il busto torna a raddrizzarsi completamente, le gambe che vengono divaricate mentre ricerca lo sguardo di coloro che sono di fronte a lui.

Tornare indietro significherebbe perdere almeno una settimana di viaggio, e per allora potrebbe essere troppo tardi, la mia missione vana e così la speranza che questi esseri vengano fermati una volta per tutte

Pausa, così come loro hanno le loro ragioni, lui frappone le sue, e sono esattamente identiche da un punto di vista dell'ideale.

Non intendo giocare coi vostri timori, se mi aprirete prenderò immediatamente la strada che porta fuori dal villaggio ma dalla parte opposta, mi potrete seguire mentre avanzo, ed uccidermi qualora vi siano irregolarità, se vi insospettirò...

Scuote il capo, non può tornare indietro ed in un modo o nell'altro deve passare.

Siamo tutti soldati di Kiri, e ad ognuno è assegnato il proprio dovere, perciò vi chiedo, permettetemi di fare il mio

Conclude, senza indietreggiare e rimanendo immobile, mani in bella vista, davanti a quelle mura. Attende, concentrandosi affinché il camuffamento di chakra regga tanto sui propri oggetti quanto su sé stesso. Non indietreggia né avanza, è deciso ad andare oltre ma non a danneggiarli, a rivelare il suo travestimento. Se vuole tenere fede alle sue promesse allora deve muoversi in modo tale da realizzarle attraverso le azioni, per quanto a volte possa costituire un impedimento.


 
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view post Posted on 5/9/2018, 11:54     +1   -1
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Un cigolio di cardini. Concitazione. Rumore di passi serrati. Clangore di armi.
Le frecce tese ma più occhi asserragliati sulle mura.
Qualcosa si stava muovendo dall’altra parte. Le porte si aprirono lentamente ma non del tutto: quel tanto che bastava per far uscire una decina di uomini, con armature leggere, e in testa un uomo.
Un uomo? Aveva una bellezza androgina. Pelle bianca, capelli d’argento una muscolatura delineata ma non eccessiva, e fattezze occidentali.

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La sua armatura bianca rimandava, tenue, i raggi del sole che scintillavano su di essa accedendo miriadi di luci su quelle iridi celestiali. Sembravano come due laghi di montagna: bellissimi e immobili
L’elmo era sotto il braccio sinistro, a fianco a una spada. Particolarità della stessa era il manico: finemente lavorato e intarsiato, la guardia era un ala angelica.
La stessa che vi era sul pettorale sinistro.
Le guardie si disposero a semicerchio. Lui in testa. Le picche puntate verso la figura del Diavolo.
Le corde degli archi sulle mura rimanevano tese.

«Il mio nome è Kentarō Miura. Comandante in capo. Se i miei uomini sono stati sgarbati » rimarcò quella parola capendo che il comportamento non era stato accondiscendente. Ma non erano tempi per la gentilezza quelli.
«Ma questi sono tempi malsani. Abbiamo saputo di vari attacchi ai villaggi delle coste. Villaggi con cui intratteniamo rapporti commerciali e d’amicizia.
Il Diavolo saprà bene che questa è una regione fluviale e marittima. Il commercio sia su fiume che per mare e il nostro sostentamento e pensavamo che sia il Daimyo che il kage non fossero a conoscenza di tutto questo. E forse nemmeno io avrei dato peso ad una marmaglia…ma i miei timori, se lei è qui, significa che sono fondati.»


Parole limpide. Ma la mano restava pericolosa, mortifera su quell’elsa. Una spada che assomigliava più ad uno stocco. Ma veloce.
Quel capitano non era uno sprovveduto. Era un uomo di guerra e sapeva sia trattare in pace che in guerra.
Non un contadino che avesse avuto fortuna sotto le insegne militari. La preparazione fisica, il modo di parlare, il modo di guardare, non erano di chi fosse nato umile.
E se anche lo fosse stato l’esercito aveva formato un uomo notevole.
Che sapeva affrontare i problemi in pace ma soprattutto in guerra.

«Avrei voluto mandare un dispaccio sia a Kiri che al Daimyo per informarli di una situazione strana. Non sono attacchi per razziare. E hanno una formazione militare. Attaccano troppo bene. Uccidono ancora meglio.
Ecco perché gradirei di parlare con il Diavolo in persona. Se colui che detiene la Legge di Kiri si sta occupando delle faccenda, avrei volontà di scambiare alcune parole con lui. La situazione è più grave del previsto.
Ma lei riceverà un trattamento adeguato. E mi scuso subito se avrà occhi addosso. Ma fino a prova contraria, non mi fido di nessuno


Gli archi infine vennero abbassati. No le picche.
Ma sarebbe entrato. Un primo passo…

 
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view post Posted on 5/9/2018, 19:53     +1   -1
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The Almighty Shitlord

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Nella sua mente Isobu e Kubikiri combattono, si conoscono. Qualcosa di inevitabile e che lui non ha avuto intenzione di osservare senza intervenire perché, inevitabilmente, il vincitore avrebbe lui come trofeo.
Per questo ha cercato di fare in modo che avessero un punto in comune su cui discutere, qualcosa che potessero condividere nella loro rabbia, cieca e così naturale per il lupo e di contro focalizzata e totale per il demone. Non può fare altro che lasciare che parlino ora è dimostrare a entrambi che ciò che ha detto è vero. Non è al di sopra della legge, né degli esseri umani no, lui è uno di loro e per questo dovrà tenere fede a un proposito così distante da ciò che era quando per la prima volta impugnò la sua spada: uccidere per proteggere, uccidere affinché la morte sia d’esempio a tutti coloro che attaccheranno Kiri, ed al contempo non dispensarla mai se non necessario.
Era pronto a farsi colpire da quelle frecce, non perché ricercasse la morte od odiasse sé stesso ma per una questione di principio, eppure non accadde.
Le porte si aprono e da esse fa capolino assieme a dei picchieri il comandante della guarnigione: Kentaro Miura. China il capo nel momento in cui lo vede arrivare, un gesto seguito dal classico saluto militare al fine di mantenere la coerenza con il proprio travestimento. Le braccia rimangono rigide lungo i fianchi e gli occhi puntati su una figura così candida da essere quasi inverosimile. Così distante dai volti sporchi di fango e sangue che è abituato a ritrovare nei soldati e tuttavia da come parla, da come si pone, pare tutto meno che estraneo a queste vicende.
Deglutisce quindi, lascia che quello prenda parola senza interromperlo, si umetta le labbra nel mentre che sente ciò che ha da dire: se ha davvero delle informazioni per il Diavolo, per lui deve fare in modo di ottenerle, qualunque nozione dopotutto può essere d’aiuto nella sua missione.

Capisco che la situazione richieda delle misure...drastiche, i suoi uomini sono sicuramente ben addestrati, dovrebbe esserne fiero

Commenta quindi in principio, qualcosa che in fondo sente dovuto a quegli arcieri che, per quanto testardi, hanno dimostrato di saper proteggere il proprio terreno. Le azioni intraprese dal Miura, la sua diffidenza ed i suoi desideri, non possono far altro che riempirlo d’orgoglio, perché la legge di Kiri non è dimenticata come pensava, è forte e per questo dopo quella iniziale diffidenza inizia a riscoprirsi fiducioso nelle sue terre ed in coloro che le proteggono. Perché non importa quanto si prestino al servizio della Nebbia, ciò che conta è che la fede in Kiri non venga meno, e ciò quell’uomo lo ha dimostrato, almeno a parole.
Eppure a sua volta sa di non potersi fidare di lui, di non poter rivelare la sua vera identità: anche un singolo tassello nel proprio debole puzzle può far crollare tutto, rendere ogni sforzo vano, deve mantenere il segreto.

Il Diavolo ha preso molto a cuore la minaccia: è fiducioso nella forza degli abitanti della Nebbia, e non ha intenzione di far ricadere il peso di questi delitti ai soli cittadini

Afferma, e non sono parole inventate, menzogne ma una vera fiducia che ha deciso di concedere: non sono restati immobili e rintanati come codardi no, hanno fatto del loro meglio per resistere.
Si avvia quindi assieme a Kentaro, camminando lentamente e portandosi appresso il proprio cavallo mentre la Kubikiri camuffata da borsa da viaggio rimane sulle proprie spalle.

il coordinamento dell’attività di ricerca è un compito molto impegnativo, e come potrete immaginare richiede di essere sempre nella posizione e situazione di poter avere la visione d’insieme, per questo il Diavolo fa affidamento su di me...

Pausa, si schiarisce la voce quindi.

avete fatto menzione dell’organizzazione militare degli attacchi...vi sono informazioni sensibili di cui vorreste che il mio signore sia a conoscenza? A lui, e solo a lui, riferirò quanto vorrete dirmi, e non dubito che qualora l’incontro si rivelasse necessario, affronterebbe il viaggio per parlare con voi

Mette sul piatto qualcosa che al ragazzo sembra importare, fare in modo di avere quelle informazioni senza scoprirsi. Precauzioni le sue, dovute agli stessi motivi avanzati da quello.

capisco la vostra diffidenza, al vostro posto anche io farei altrettanto

Inclina appena il capo verso il suolo: non solo farebbe come lui, lo sta proprio facendo.

tuttavia, non avrei affrontato questo viaggio, né avrei rischiato la morte per mano dei suoi uomini, se non fossi determinato a contribuire alla sicurezza del paese

Così come prima si era appellato al dovere del soldato, ora si appella a qualcosa di molto più umano e se vogliamo condivisibile: migliorare e mettere in sicurezza l’intera comunità.


Ad ogni modo, vi ringrazio per l’ospitalità e non intendo approfittarne oltre la serata necessaria a far riprendere il mio cavallo dalla traversata sino ad ora affrontata...se vorrete fornirmi messaggio per il mio signore, ho una memoria di ferro, e glielo riferirò non appena la mia missione sarà conclusa

Poco dopo muovendo gli occhi sugli arcieri, rallentando appena la sua avanzata.

tuttavia, vorrei chiedervi riguardo la possibilità di riavere il messaggio che devo consegnare: senza di esso la mia missione comprenderete non avere significato...

Termina quindi, la voce che cerca di essere sicura eppure rispettosa, deferente con un superiore, come ci si attende da un soldato della Nebbia. Come ci si attende da chiunque che non sia lui.

 
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view post Posted on 11/9/2018, 15:44     +1   -1
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« Lo sono, infatti. Se non vi è fiducia, non si possono vincere le guerre. In più un uomo che difende la propria casa vale per dieci mercenari.»
Le sue parole furono di un uomo che aveva visto parecchie battaglie e che sapeva difendere il proprio torrione.
Ma non ricercava il facile elogio. Non gli interessava, vista la risposta. Non aveva messo in luce la preparazione dei suoi soldati, ma la loro volontà e fiducia. Non si era preso nessun merito come se non fosse stato lui ad addestrarli.
Camminava a passo cadenzato ma sicuro. Una postura marziale, la mano sempre sulla spada.
Un’abitudine salutare.
E gli porse di nuovo il messaggio. Uno sguardo. Occhi come nebbia.

« Seguitemi.»

Non si addentrarono nel villaggio, anzi a dire il vero non fecero che un centinaio di metri dal Portone d’Ingresso che subito svoltarono per una porticina laterale.
Due guardie di piantone. Un saluto militare. La porta che si aprì e si richiuse, secca, alle loro spalle.
Una cartina faceva mostra campale di se sulla parete davanti al giovane spadaccino. Il posto era sfarzoso.
Pulito. Ben tenuto. Una scrivania di faggio, intarsiata finemente, una brocca d’argento con un liquido color canarino, con bicchieri di cristallo di pregevole fattura.
Una libreria a due ante con libri ben tenuti e che a prima vista parlavano di geografi, storia, tattiche militari e filosofia. Ma non fu la stanza e il suo mobilio che faceva sfarzosa mostra di sé, ma quella cartina.
Enorme. Era una riproduzione fedele, in scala più approfondita, della regione in cui si trovavano. Alcuni segni rossi e appunti in determinate zone.

« Come potete constatare gli attacchi non si ripetono mai nella stessa zona. In più le perdite da parte degli attaccati sono enormi. Le loro...»

Respirò a fondo. Un’insoddisfazione mal celata.
Rabbia? Si versò da bere. Per lui che per il giovane messo.

« Nessuna Quella parola fu una specie di asciata.
Tremenda. Bastarda. Impietosa.

« Non sappiamo né quanti siano, né in che modo attacchino. Colpiscono, di giorno o di notte non ha importanza, uccidono e scappano. Non è da briganti. Non è da mercenari…né da spigolatori. Non lascerebbero i fienili pieni, i granai con ancora il grano e le stive ricolme di pesce e merci più o meno preziose.
Fino ad adesso non hanno mai colpito le città dove il commercio è più florido...ma se lo facessero…»


Era chiaro e limpido. Un’altra spadata diretta. Dall’alto in basso. A tranciare.
Il Diavolo constatò che il Paese non avrebbe resistito a una tale opera meticolosa di guerriglia.
Tra poco il caos sarebbe dilagato. E con i Bijuu appena passati, con il Taisei e il Kyo dan che avevano giocato con le vite degli uomini, come se fossero su di una scacchiera, nemmeno il Daimyo o il Mitsukage in persona avrebbe avuto la forza per far fronte alla situazione.

« Se lo facessero la regione andrebbe nel Caos. E Kiri non può far fronte alle flotte di disperati che andrebbero a bussare alle sue porte. Ma soprattutto il commercio del Paese ne sarebbe devastato. Non capisco cosa stia succedendo…o forse lo so e non voglio dirlo…»

Quel sottile timore che faceva tramutare il dubbio in certezza. Era questo il peggio di affrontare.

« Ah…per rispondere alla tua eventuale domanda…no.
Non ci sono sopravvissuti. Troviamo solo pire funerarie. Accendono un fuoco lontano con i corpi in modo tale da crearsi un utile diversivo. »


La domanda a cui il Diavolo doveva rispondere era proprio questa: chi fossero.
Ma soprattutto alla domanda primigenia che faceva sempre da madre e padre ad ogni storia: Perché?

 
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37 replies since 10/8/2018, 13:27   938 views
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