La porta di casa fu varcata da passi contrastanti tra di loro: c’era un passo più spensierato, repentino, leggero; poi ce n’era un altro più contenuto, moscio per certi versi, eppure pesante.
Akira era turbato. Non era solo noia, e quando lo scoprì se ne preoccupò. Gli era bastato un attimo, il tempo di passare davanti lo specchio, senza fare particolare attenzione al riflesso, per leggere in se stesso le righe del terrore.
Se guardava le proprie mani, percepiva tremore. Se ne portava una al cuore, invece, sentiva pulsazioni d’insicurezza.
Era convinto di avere fiducia in Dio. A chi altri, se no, avrebbe dovuto affidarla, la sua fiducia? Ma c’era qualcosa che non andava, forse una crepa. Una crepa nel suo rapporto con Jashin. Già, era possibile: la ferita che si era aperta alla morte dei suoi genitori, quelli
veri, pulsava ancora. E doleva. Dio se faceva male. Ma non era un male fisico, di quello avrebbe potuto goderne, in un modo perverso e inquietante. No, il male all’anima era così diverso e terribilmente più doloroso che difficilmente qualcuno, anche un jashinista, avrebbe potuto ricavarne del piacere.
Aveva paura di essere abbandonato da Jashin, in buona sostanza.
Aveva paura di morire.
Patetico.Le porte del Santuario emergevano in tutta la loro grandezza, illuminate da un fascio di luce proveniente dal cielo che sottolineava ancor più la loro importanza. Rappresentavano un confine mai varcato per Misa, mai da sola almeno. Aveva sempre avuto la mano in quella di suo padre ogni volta che era uscita dal Santuario, ma adesso era diverso. Per certi versi, era emozionata e ansiosa. Jashin-sama avrebbe assistito a questo suo piccolo, grande passo verso la stessa deità, alla quale avrebbe offerto persino un sacrificio.
“
Akira?”
D’istinto aveva spostato il suo sguardo. Un po’ d’istinto e un po’ per curiosità, in realtà: aveva visto suo fratello non particolarmente entusiasta, ma in cuor suo sperava che fosse solamente l’emozione di andare, per la prima volta, a caccia da solo.
Per tutta risposta, Akira sbatté le palpebre più di un paio di volte, scosse la testa e plasmò sul suo viso un’espressione accostabile alla confusione. Misa gli si fermò davanti.
“
Eh…? Perdonami, perdonami. Ero...distratto, ma dovremmo...beh, sbrigarci.”
Se già di suo era insicuro, il fatto che la sorella gli avesse piantato addosso quei suoi occhioni rosso sangue non doveva essere particolarmente rassicurante. Anzi, non lo era affatto. Sembrava indeciso su ciò che dovesse dire, e le sue labbra, che quasi trattenevano le parole, lo dimostravano.
“
Senti, Akira.” avvicinò le mani al colletto dell’altro, con lentezza e senza pericolosità, nello stesso punto in cui aveva spostato gli occhi. “
Non so cosa ti deprima, quale sia il tuo problema, o chissà cos’altro.” prese quindi il ciondolo, tirandolo fuori dalla maglia che lo copriva. Adesso poggiava su di essa, ed era bello in vista, come doveva essere.
“
Ma è importante che tu non ci pensi.”
“
E’ che-” – “
Alt. Non m’interessa, non adesso. Stiamo facendo qualcosa di importante, fratellino, e qualunque cosa esterna ad essa, per ora, è superficiale. Jashin-sama merita i nostri pensieri a tutto tondo; questo è una sorta di rito. Se non te la senti, lo farò da sola.”
Tra uno sbuffo e l’altro, Akira alla fine la seguì.
Addentrandosi nella foresta, le loro chiome erano divenute macchie di platino in mezzo ad una più ampia sterpaglia di verde. In essa vi si nascondevano animali - grandi, piccoli e anche minuscoli - e piante che probabilmente non aveva mai scorto.
Il lieve venticello le accarezzava il viso, le spostava ora questa e adesso quest’altra ciocca che, prontamente, con le dita, riportava nella linearità dell’acconciatura.
Il terreno era morbido, forse per la pioggia che pochi giorni prima aveva investito la loro quotidianità. Su di esso, finalmente, scorse una via per arrivare alle loro prede: tracce ancora fresche, grandi abbastanza per essere i piedi di due adulti. Forse maschi.
Alzò il volto, notando che, seguendole, si sarebbero imbattuti verso il folto del bosco, laddove la vegetazione era sì più intensa, ma anche più bassa.
Sussurrando, disse: “
Sono fresche, Akira.”
Quello s’inginocchiò. Con le dita tastò il suolo, poi le tracce nello specifico.
“
Direi che non sono lontani, ma non posso esserne sicuro.” constatò, lasciandosi il beneficio del dubbio.
Misa si prese un attimo prima di rispondere. Sicuramente avrebbero avuto dei buoni ripari, un’ottima copertura, ma era abbastanza certa che le orme si sarebbero presto interrotte. Era importante fare in fretta e bene.
“
Facciamo così: ho una buona vista, cercherò di farla valere. Agiremo bassi e svelti, e tu userai le abilità da sensitivo per tentare di captarli.”
“
Ce la fai, vero?"
"
Dubiti di me fino a questo punto, Misa?"
<abilità/attivazione> - Sensi Migliorati - [Stm: -2] [Liv 5: 12/20]
"I ninja sviluppano i loro sensi per localizzare pericoli e nemici i agguato, ma ogni individuo possiede un senso che è naturalmente superiore agli altri. Può essere qualcosa di semplice come la vista, oppure più particolare, come il tatto o l'udito. Ogni senso ha le sue caratteristiche che comprendono sia svantaggi che vantaggi, ma ognuno è stato dato un solo dono da Madre Natura o dal duro allenamento.
Vista: gli occhi del ninja sono acuti e vedono molto più lontano (raddoppio del raggio d'efficacia), ma sono anche più sensibili e ricevono +1PF dalle ferite da Accecamento. Al Lv.4 l'abilità permette di leggere il labiale a distanza (i portatori di Tecniche Oculari come Sharingan o Byakugan, o chi intende svilupparne di personali, sono obbligati a scegliere il senso della Vista);
Liv 6:100 m di raggio
Liv 5: 200 m di raggio
Liv 4: 300 m di raggio
Liv 3: 400 m di raggio
Liv 2: 500 m di raggio
Liv 1: 600 m di raggio
Liv 0: 800 m di raggio
NB: L'abilità Sensi Migliorati può scovare i nemici "Nascosti" o individuare le "Trappole" piazzate ma deve essere attivata per ogni trappola e ninja nascosto, se ad esempio l'avversario piazza due trappole e si nasconde; si userà tre volte.
Stm: 68-2 = 66