Nel buio appena prima dell'alba sono i suoni a descrivere la scena che si prepara. In un certo senso valeva anche in quel caso. I rantoli di Gyuki, il tintinnio delle catene, il soffiare del metallo rovente, il clangore delle fruste. Tutto aveva iniziato ad agitarsi, e non riusciva a rendersi conto di quanto stava accadendo. Sembrava proprio la fine del mondo. Come se il mondo stesse collassando.
Che stessero uscendo da lì? Possibile.
Che stessero tornando al loro mondo? Possibile anche questo. Qualora esistesse ancora un
loro mondo. Niente, del dominio della possibilità non se ne faceva un cazzo: come sempre era in balia degli eventi, senza alcuna possibilità di avere il minimo controllo su di loro. Il mondo si piegava come carta da macellaio spiegazzata, trascinando i piccoli grumi di sangue lungo le feritoie e i piccoli impluvi, per poi accartocciarsi del tutto e catapultarsi epicamente nell'immondizia. Che cazzo di pensiero. Bhe, importava poco: tanto fra qualche secondo non ci avrebbe pensato più.
Certo, lo aveva pensato anche - non sapeva dire quanto tempo fa, comunque nella piazza di Fukagizu. Non che avesse ancora la certezza di essere sopravvissuto a quella circostanza - no, era bello che vivo e vegeto! Di questo ne era sicuro, era qualcosa che aveva chiarito nel momento stesso in cui aveva messo piede nell'anfratto acquatico.
Ogni cosa è sempre più confusa, tutte quelle sensazioni che si accavallano, tutti quei flussi energetici che si sovrappongono, e ognuno dei quali appare a lui centuplicato, lo assordano e accecano, non sa minimamente cosa fare.
Poi un bianco improvviso e lattiginoso, e presto il nulla.
Nel buio appena prima dell'alba sono i suoni a descrivere la scena che si prepara. In quello spazio buio i galli hanno cominciato a cantare. Un cane vi risponde. Qualche forma si muove ondeggiando, in quel chiarore crescete. L'aria odora di carbone di legna e terra bagnata. Nessuno tra coloro che si sta alzando sa da quanto tempo è lì, nel buio e nel silenzio.
Sembra ciò che resta di una città quasi abbandonata. Le figure appaiono sfumate e inconsistenti, le case diroccate, i rumori lontani. Come se fosse null'altro che il ricordo di una città, e quel ricordo stesse svanendo. Come se lì ci fosse stata solo la giungla.
Quando attraversò del tutto la piazza, la polvere sembrava essere stata raschiata da poco. Delle lampade da giocoliere pendevano nere e nude in cima ai pali. Le osservò per un po', prima di incamminarsi lungo il corso principale.
Quel futuro eccitante e misterioso che una volta si apriva davanti a te, ora è alle tue spalle. Vissuto, compreso, deludente. Realizzi che non sei speciale. Sei venuto al mondo lottando, e ora ne stai scivolando silenziosamente fuori. E' l'esperienza di tutti. Di ogni singolo essere. Le differenze e specificità quasi non contano. Ognuno è tutti. E' ora che tu lo capisca. Cammina. Come le persone che ti adorano smettono di adorarti, mentre muoiono, e trapassano, mentre tu le perdi una dopo l'altra, così come lasci decadere la tua bellezza, la tua giovinezza, lascia che il mondo ti dimentichi. Mentre riconosci la tua caducità, mentre cominci a perdere le tue caratteristiche una dopo l'altra, mentre impari che non c'è nessuno che ti osserva, e che non c'è mai stato. Tu pensa soltanto a guidare. Non vieni da nessun posto. Non vai da nessuna parte. Guida e basta. Contando il tempo che scorre. Ora sei qui. Sono le 7.43. Ora sei qui. 7.44. Ora sei..."
- Mamma."
La riconobbe subito dall'altra parte del viale, ora che l'aveva percorso quasi per intero, tra le mura di quella desolata città di arenaria, oltrepassando lo sguardo di maschi e torri di guardia in macerie modellate dal vento e di granai di pietra, sotto i raggi tenui che oltrepassavano le tetre nuvole.
"
- Dove sono tutti quanti?"
"
Sono morti, perlopiù. Altri se ne sono andati."
Colmò la distanza che li separava con passi incerti, avanzando fra marne e terracotta e faglie di scisti di rame, e oltre lei il suo sguardo potè scorgere un promontorio che dominava una squallida e desolata caldera, dove giacevano le rovine di un'antica civiltà ormai perduta.
"
Ti siederesti qui con me per un po'?" le chiese quando le fu davanti.
"
- Ultimamente mi sento un po' stanco e solo."
Gli sorrise. Si sedettero su un divano apparso dal nulla lì davanti. Stettero in silenzio per un tempo interminabile, con lui che la guardava sfuggevole, infine si decise a romperlo.
"
Sei più vecchia di quanto mi ricordassi."
Lei sorrise e scosse la testa.
"
Sembra passato molto tempo, in effetti."
Chiedile scusa."
- Non intendevo dirti che sembri vecchia."
Si fissarono. Sorrisero, poi lui fece uno sbuffò leggero e scosse la testa, quindi seguì il suo sguardo verso l'orizzonte intorno a loro.
"
Quanti sogni giacevano qui. In ognuna di queste case. Quanti desideri dimenticati in ogni angolo di questo posto. Quanti propositi e pensieri che non sapremo mai."
Lui abbassò la testa, mentre lei non gli scollava quei suoi comprensivi occhi di dosso.
"
Avrei tanto voluto farlo quel picnic coi ragazzi e il maestro. Mi sarebbe piaciuto davvero tanto."
Silenzio.
"
Mi sembra quasi di averti deluso in un certo senso."
"
Oh, no. Sono così fiera di te."
Qualcosa gli si agitò nel petto, quasi togliendogli il respiro, ma presto per fortuna quella sensazione passò, ingoiata a forza come un medicinale.
Chiedile se puoi poggiare la testa sulla sua spalla."
Posso poggiare la testa sulla tua spalla?"
"
Sì."
Stettero così per un po', mentre lei gli diede un bacio sulla fronte.
"
Mi dispiace di averti quasi uccisa. "
Non rispose.
"
Era qualcosa che volevo dirti da molto tempo."
Non rispose ancora, mentre il mondo si andava sfaldando davanti a loro, come avvolto da una cortina di nebbia.
"
Sai - adesso credo di sapere cosa fare."
Come se stesse gradualmente perdendo i colori, la luce.
"
Mi è venuta un'idea."
Come se stesse tornando allo stato di vuoto grigiore che gli apparteneva.
"
Io penso che se ognuno, anzi - penso che se io facessi in modo che - Fine
Uno stuolo indefinito di immagini e suoni immersi in quel grigiore, come fossero parte di un'unica immagine, come una scultura la cui materia è in sovrapposizione ad ogni luogo che abbia mai occupato.
I Titani sono arrivati fin quaggiù.
E' il momento, vero? Le stelle nere sorgono, volteggiano nel cielo.
E' un gioco in cui vige una sola regola: chi muore è soltanto un perdente.
Ho un'idea migliore: passa con me e ti cambio la vita.
Sono tutti deboli, Hakurei. Tutti meno noi.
A questo mondo esiste qualcuno nato per essere colui che muove il mondo.
Se hai la fede non sei mai solo. Non hai paura di niente.
Vieni a morire con me, piccolo prete.
Ammetti quello che hai fatto, Jurobei... e ti lascerò vivere.
Hai un demone dentro che brucia, e non mi piace la tua faccia.
Pensi che io sia... un essere spietato?
Una personalità che appartiene alla classe prescelta dalla legge aurea che regola l'universo.
Lui è tutto intorno a noi. Prima della nostra nascita e dopo la nostra morte.
Qui si seppelliscono i nostri peccati. Qui vengono lavati.
Segui il cammino della sposa. Questa è Carcosa.
Sono stanco di vivere come un ignavo. Voglio sapere cosa ci faccio qui, e qual è il mio posto.
Il tempo è un cerchio piatto.
Hai una fortuna davvero sfacciata.
Comincio a credere che tu sia praticamente immortale.
Il tempo ci dirà se ho ragione. E se dovremo davvero chiamarti...
不滅の - Fumetsu no
l'Immortale
"Hai finito con questo circo?" Una voce si erse sopra le altre, e quei suoni prima e poi le immagini si dissolsero nella calura sprigionata dalla sabbia ardente di un deserto, o tra il magma incandescente di un vulcano, finchè non furono altro che puntini che si agitavano in mezzo a un oscuro vuoto allucinante, e poi niente più. Solo un'ombra indefinita che sgusciava agile tra le tenebre di un mare di altre ombre.
Era sempre più nitido. Come in un incubo. Lo vedeva muoversi tra le ombre, senza poterlo identificare del tutto. Girandogli attorno, come un predatore fa con la moribonda preda designata.
"Cosa c'è? Non parli più adesso?" Gli parve fermarsi. Lo vide dai suoi occhi ora ben visibili, bicromi, che parevano fendere le tenebre. Poi dal suo corpo poderoso, sinuoso, che avanzava ondeggiando le spalle, come in una danza esotica e rituale, di quei rituali che esigono lo spargimento di sangue, che il sangue scorra a fiumi affinchè possano trovare compimento.
"Eppure mi sembrava che ti piacesse, che ti ritenessi anche bravo." Un danza che era sempre un'ouverture, un presagio di morte.
"
- Tu" riuscì a malapena a balbettare, completamente soggiogato da quella sensazione di assoluta impotenza che aveva anche allora, alle pendici delle Montagne Grigie.
"
Come - ?"
"E' il corso naturale delle cose. Lo hai detto tu stesso, di fronte a Gyuki. Ma ciò che ogni cacciatore sa fin dall'alba dei tempi è che, alla fine, sul palcoscenico c'è un posto per un solo danzatore. Uno soltanto. Tutti gli altri sono destinati a una notte eterna e senza nome." Ondeggiò le spalle, in una movenza che gli apparve tra le cose più terribili che avesse mai visto.
"La stessa che adesso ti attende." Balzò su di lui, avvolto nelle fiamme come un demonio orrendo e terribile, ma senza capire esattamente come riuscì miracolosamente a schivarlo, lanciandosi da un lato, quindi si alzò più in fretta che potè, col cuore in gola, iniziando una fuga disperata in quel posto che non concedeva nascondiglio alcuno alle prede indifese come lui.
"Credevi davvero che la tua messinscena e la tua parlantina ti avrebbero salvato, cucciolo?" Sentiva la sua voce rimbombare alle sue spalle. Poi un calore vicino, delle lingue di fuoco che lo sfioravano, il fragore delle bombe che avevano distrutto Kawagoro. Forse era troppo anche per la sua fortuna.
"Io sono l'ultimo danzatore! Io sono l'Eletto della Caccia! Perchè sono più bravo di te! perchè sono più abile di te!
Sono un veterano!" Perchè? Perchè di nuovo? Cosa stava succedendo?
"
No, no, cazzate!" si disse. "
Corri... corri, e spera di essere davvero... immortale - ah, che stronzata!"
I passi alle sue spalle, non più sinuosi e leggeri, ma sempre più violenti, come una corsa assassina.
"Io sono l'ultimo danzatore! Io sono l'ultimo danzatore! Ti ho detto che ti avrei divorato! Ti ho detto che ti avrei divorato!" Una zampata lo schiantò al suolo, imprigionandolo. Si sentì rigirato tra le zampe, come si confaceva alla preda che era, finchè non fu supino con quel muso indemoniato su di lui, a meno di un metro di distanza.
"Un gioco lungo il nostro, ma a quanto pare credo sia finito. E ho vinto, ovviamente." Lo vide deformarsi in un sorriso ampio e sadico, mostrando quella schiera di lame barbare e selvagge in tutta la loro crudeltà.
Cosa restava da fare. Doveva pensarci. Doveva.
Nulla, era in trappola.
"
- Matatabi" si azzardò a chiedere, con un filo di voce, mentre la zampa gli pressava la gabbia toracica.
"
- Sai cosa è successo? Dove siamo?"
"Sei meno perspicace di quanto pensassi, il che è paradossale visto che già ti ritenevo poco più che un nulla. Siamo dentro di te. Vedi, l'immane inettitudine di voi umani ha portato alla distruzione del mio corpo. Dunque, per restare ancorato a questo mondo, sono stato costretto ad ancorarmi a un ospite. Ho scelto te, innanzitutto... così potrò finalmente distruggerti." Sentì la pressione della zampa farsi più insistente, come il calore del fuoco e delle fiamme azzurre divampate in ogni direzione.
"Ti distruggerò... e poi cercherò un nuovo ospite in cui poter trasmigrare." Eppure c'era qualcosa che non gli quadrava. Non sapeva bene cosa, ma anche con la poca lucidità che gli restava in corpo qualcosa lo stava mettendo sull'attenti, gli diceva di guardare più in là. Doveva ritrovare la calma.
Gli occhi di Matatabi si assottigliarono. Lo stesso fece lui, seppur per ragioni diverse.
" - Ma so anche essere magnanimo. Se ti deciderai a collaborare e a farmi dono del tuo corpo... io non ti ucciderò." Lo fissò ancora, con gli occhi sempre più sottili. Fissò le sue code ondeggianti, le sue fiamme devastatrici, eppure ora così stranamente innocue nei suoi riguardi, le zanne, gli artigli. Lo colse un pensiero, come una scintilla.
"Dovresti ringraziarmi: il tuo corpo sarà senza alcun dubbio in mani migliori sotto il mio control - " La frase gli morì a mezz'aria. Qualcosa a cui forse non doveva essere granchè abituato. Perchè sotto la sua zampa sentiva dei movimenti strani. Sembrava come dei tremori. Che fosse un principio di convulsioni?
Possibile, ma presto a quei movimenti sempre più intensi seguì un nuovo rumore che riempì ogni parte dell'anfratto sconosciuto in cui dimoravano.
Una risata. Isterica, a pieni polmoni.
" - Ma che cosa?" "
- Sei uno sciocco, Matatabi!" gli disse, non appena riuscì minimamente a riprendersi.
"
Sei solo ingenuo, arrogante e presuntuoso - ma che bella accoppiata, davvero!"
Vide, per la prima volta in vita sua, un'espressione strana sul volto del Bijuu. Non sapeva come decifrarla, o forse l'avrebbe saputo se solo gliene fosse importato qualcosa. Perchè, al momento, non gliene importava nulla.
Contava solo pensare a quella sua futile vittoria, sullo schiantarla in faccia a quella grossa merda fiammeggiante nel modo più doloroso possibile.
"
Credi davvero che possa credere a questa tua manfrina? Cos'è, mi hai scambiato con te?"
Un nuovo accenno di risata, ma riuscì a contenersi per il momento.
"
Pensi che potrei mai credere che, se tu avessi davvero avuto la possibilità di distruggermi, o di prendere possesso del mio corpo... non l'avresti già fatto?"
Ora sì che riusciva a leggere l'espressione di Matatabi. Un odio viscerale e tremendo, destinato a rimanere tale, almeno per il momento. Non sapeva cosa lo attendeva, nè se quanto stesse osservando e sentendo fosse null'altro che un sogno vivido e allucinato, ma ciò al momento non gli importava.
Se davvero fosse stato un sogno, era tra i più bei sogni di tutta la sua vita. Di nuovo: che soddisfazione! Una soddisfazione tale che lo fece esplodere di nuovo, senza più alcun freno.
"Qui sei prigioniero... quanto me!"E ripartì, senza più alcun freno inibitore, come fosse già posseduto.
"MALEDEEEETTOOOOO!!!" Le fiamme divamparono, in ogni angolo, vorticose come una dea adirata, e così piantò ancor più il palmo su di lui, ma ormai era ben consapevole che non avrebbe potuto lederlo oltremodo. Lui, un essere semi-divino, si ritrovava a dover dipendere da lui per sopravvivere. Messo nel sacco con tutte le zampe.
Sì. Era davvero un sogno meraviglioso.
Edited by Jöns - 17/8/2018, 16:48