覚醒 Kakusei: scontro finale, [Fase 4]

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view post Posted on 29/5/2018, 14:50
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Come stelle cadenti le scie luminose degli attacchi alla barriera andarono ad accentuare la paura nelle iridi smeraldine del piccolo Hikari, era genin da un paio d'anni ma quel posto di certo non era adatto ad un quasi dodicenne che aveva affrontato per lo più missioni D. Osservando la barriera cedere ebbe un sussulto e come tutti li attorno temette il peggio per i compagni, amici e familiari che si trovavano più avanti, presto le rovine di Fukagizu si sarebbero trasformate in una terra desolata grazie al Kyo Dan e all'arrivo di quei giganti codati. Estraneo a quel mondo il genin tirò più volte le gonne di Ayumi e lanciato sguardi preoccupati verso l'altrettanto biondo sensei; entrambi i jonin tuttavia non mossero un dito, gli ordini del Sandaime era stato chiaro, dovevano mantenere la posizione e attaccare solo se offesi.
Come castrato il plotone di Konoha lasciato all'esterno della barriera soffrì particolarmente quella decisione e questo soprattutto quando pochi minuti dopo la terra iniziò a tremare e la comunicazione telepatica ad avere interferenze.


"Hikari no. Gli ordini sono di allontanarci. "

Rigido nell'allungarsi in avanti lo Yamanaka poggiò una mano sulla spalla del ragazzino, la sua presa delicata nel trattenerlo e il tremore nella sua voce lasciò trasparire il suo stato d'animo, si vedeva lontano un miglio che avrebbe voluto fare lo stesso e tentare qualsiasi cosa pur di aiutare Akane e gli altri. Perso ad osservare quella mostruosità in azione con le sue doti sensitive percepì chiaramente lo scempio di cui erano vittime gli shinobi presenti in piazza e oltre, questo fino a quando perfino il chakra dei biju iniziò a consumarsi traslando verso quell'unico punto. A quel punto fece per muoversi e rivolgendosi ad Ayumi e Nahoko prese automaticamente il comando.

"Aiutatemi a coordinare lo spostamento ed avvisare le delegazioni rimaste, per poter escogitare un piano dobbiamo prima trovare la distanza di sicurezza. "

Anticipando che nemmeno li erano al sicuro le sue parole trovarono presto fondamento e mentre iniziarono a muoversi ecco che dal nulla spuntarono le lingue di chakra del Gedo che imprevedibili presero a curvare a destra e a manca iniziarono a mietere le prime vittime e scatenando il panico. Correre a perdifiato non servì a molto, a salvare i pochi superstiti fu solo la fortuna.
Steso a terra e con il peggior affanno di sempre Hikarikage vide quel serpentone azzurro arrestare la sua corsa ad un palmo dal suo naso, curvare e poi ritrarsi in cerca di altri obiettivi meno distanti dal punto di origine. Sbiancato dallo spavento nonostante l'affanno il biondino si rialzò e a pungi stretti urlò contro quella cosa.


"Riprovaci se ne hai il fegato! Blbleee!"

Esattamente, fece la linguaccia al tentacolo e questi come se avesse percepito l'offesa invertì nuovamente il senso di marcia rischiando di fargli venire un infarto. Dandosela a gambe levate e avendo perso ogni punto di riferimento il figlio dell'Hokage riuscì a mettersi in salvo ma impacciato com'era finì per schiantarsi contro le gambe di qualcuno. Atterrato all'indietro lamentò un dolore alla testa e massaggiando il bernoccolo con entrambe le mani quando alzò lo sguardo si trovò faccia a faccia con uno shinobi alto due metri e largo altrettanto. Il suo coprifronte era di Iwa ma prima che potesse dire o fare qualcosa una voce familiare alle sue spalle lo anticipò.

"Lo perdoni, cercava solo di mettersi in salvo, come tutti.."

Provato come tutti lo Yamanaka prese le sue difese e una volta presentatosi iniziò a fare la conta delle perdite subite o per meglio dire, delle poche unità rimaste. Il Gedo intanto aveva richiamato a se i suoi tentacoli e smesso di ruggire rimase con le fauci spalancate rivolte al cielo come in una sorta di trance. Forse era finalmente sazio o forse aveva solo bisogno di una pausa e quello era il momento giusto per contrattaccare e soccorrere quanti più alleati possibile.
Per i pochi superstiti fu impossibile capire esattamente cosa fosse successo in piazza ma Hachi non restò con le mani in mano, presto avrebbe avviato un dialogo con chi era rimasto al comando delle forze esterne di Iwa, di Kumo e dei villaggi minori.




GdrOff// A meno di un abbaglio mi sembra che non sia stato specificato se i caduti risultano svenuti o morti (privi anche di battito) quindi dal punto medico/sensitivo non ho specificato. Per il resto se i reggenti di Iwa e Kumo vogliono rispondere a questo post fate pure, al limite se non avete tempo per un post riferite ai Narratori le reazioni dei superstiti ed eventuali controproposte sul da farsi. //GdrOn



Edited by ~Angy. - 7/12/2019, 17:03
 
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NGDR - 10° Anniversario
view post Posted on 4/6/2018, 21:15







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覚醒 Kakusei: Risveglio









Dentro al Gedo, 20 gennaio 249


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“Immagino tu sia finalmente soddisfatto”

Correva, il capo del Taisei, correva a perdifiato, inseguito da un nembo mortifero e dalla sua nefanda signora. Quella voce intrisa di un'ilarità acida, sprezzante, più caustica delle fiamme dello Yonbi, lo inseguiva echeggiando tra le pareti pietrose: non riuscì a farne a meno, Kataritsuen arricciò le labbra sui denti, quasi non volesse mostrarne il ringhio convulso alle ombre della caverna. Sapeva che quella donna avrebbe colpito là dove il suo animo sarebbe stato più vulnerabile, sapeva che avrebbe in tutti i modi cercato di piegare il suo spirito, prima ancora che il corpo. Del resto, il bersaglio era più che manifesto, specie per chi – come lei – era da tempo a conoscenza del loro segreto intento.
Il giovane proseguì la corsa, tallonato dalla grigia nube che si espandeva a riempire ogni anfratto del budello, il suo calore torrido che faceva sfrigolare l'umidità via dalle pareti di roccia viva; il cunicolo si gettò in un antro intermedio, l'inseguito scartò bruscamente a sinistra, si appiattì contro il fianco pietroso, lasciando che la nube si sfogasse lambendo la volta che lo sovrastava.

Stava arrivando, gli sembrava quasi di avvertire il fruscio delle stoffe stracciate dei suoi abiti. Serrò le labbra tra loro per soffocare l'ansimare aspro che gli saliva dalla gola. Deglutì un bolo di saliva viscosa.
Premuto contro la pietra tuffò una mano nella falda della giacca e gettò in aria una manciata di quelli che apparvero come rubini: delle dimensioni di unghie umane, rilucevano debolmente tra le ombre del ventre del Gedo. Si sparpagliarono allo sbocco del cunicolo, mentre le dita componevano rapidamente complessi sigilli; una luce sanguigna esplose dal cuore delle gemme, mentre da esse si dipanavano in cerchi concentrici ragnatele di glifi sottili. Tracciarono a terra una catena, un velo sottile andò a sbarrare il passo dell'inseguitrice. La nube caustica si ammassò contro la barriera invisibile, arricciando su sé stesse le proprie volute, soffocando la risata divertita di colei che si rintanava tra quelle spire fuligginose.

“Hai paura”

Un'affermazione, non una domanda: inutile sprecare fiato a ribattere, a dire che no, non era vero. Sarebbe apparso ridicolo ai propri occhi, ancor prima che a quelli della dannata vecchia. Kataritsuen riprese a correre, inseguito dalla risata polverosa, continuando a correre mentre il suolo si scuoteva sotto l'urto delle esplosioni: il silenzio assordante che accompagnò i suoi passi dopo una manciata di istanti segnò la caduta del suo baluardo.
Non si voltò neppure indietro.

“La tua paura... guarda, cos'ha fatto...”

Gli sussurrava nell'orecchio, come se le labbra vizze della sua nemica eterna stessero mormorando contro il suo orecchio. Era un trucco. Una dannata illusione.
Non poteva fermarsi.
Non poteva voltarsi.
Un lancio rapido al di sopra della spalla ed una rapida sequenza di sigilli: un lucore violaceo che si gonfiò ed esplose in una miriade di lame tintinnanti, scagliate in tutte le direzioni, pronte a rimbalzare al primo urto con la materia inanimata.

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“Si libereranno...”

Sapeva che non avrebbe potuto fare molto più che rallentarla

“Sai che lo faranno.”

Ma allora perché quella morsa a serrargli il respiro?

“Non puoi impedirlo...”

Avrebbe dovuto fermarsi e affrontarla, presto o tardi.

“Nemmeno io potrei!”

Una risata secca seguì le ultime parole; il giovane balzava al di là di un crepaccio, atterrava su di una chiazza di umidità, scivolava, batteva un ginocchio di peso contro la pietra, si rialzava, seguitava la sua corsa resistendo al dolore acuto. Un nuovo antro lo attendeva nel suo abbraccio frastagliato: corse al riparo di una colonna calcarea, frugando di nuovo tra gli abiti, contando febbrilmente il numero di gemme che si era andato assottigliando ad ogni lancio.

“Ci sono superiori. Come il cielo sovrasta la terra, come le stelle giudicano i vermi di terra.
Lui l'ha capito, sai?
L'ha capito, e ha provato a fermarti. Ci ha provato con tutto sé stesso...”

E nelle ombre, dopo un istante di incredulità, una rabbia sorda e cieca accese quegli occhi spalancati sul nulla.

 
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view post Posted on 8/6/2018, 14:41
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Siamo qui oggi riuniti per descrivere le gesta di coloro che, per pura botta di culo, non sono stati inghiottiti da quei tentatoli hentai descritti dai narratori. Stay tuned for more tentacles rape. Tornando seri. Effettivamente non tutti i ninjia di Kumo si erano diretti in piazza. Sotto preciso ordine del comandante dell'esercito, ovvero il buon vecchio Rai No Kibou, alcune squadre avevano preso posizione lungo la barriera con l'intento di studiarla. Erano per lo più persone più capaci in ambito sensitivo e medico, ma non erano state lasciate a loro stesse. Per rendere il lavoro più sicuro, alcuni soldati erano stati affiancati a tali gruppi. Anche per loro gli ordini erano gli stessi ricevuti dagli Shinobi di Konoha, ossia attaccare solo se infastiditi. Avevano, però, anche un piccolo compito extra da assolvere, ovvero lanciare i segnali che sarebbero stati ripetuti dai gruppi posizionati tra la barriera ed il centro della piazza. Furono loro ad informare gli altri dell'arrivo del Kyo Dan e, successivamente, dell'avvento dei Bijuu.

Tra questi soldati vi era un giovane neo-Chunin dall'aria seria. Si sforzava ardentemente si manifestare una sicurezza che, però, in parte non gli apparteneva. Apparentemente molto serio ed attento, sicuramente era un ninja ligio al dovere. Si era guadagnato la sua promozione rispettando e portando a termine tutti gli incarichi a lui assegnati, nulla di più nulla di meno. Le sue capacità, però, erano ben più particolari. Nello specifico era una giovane promessa della medicina, sin da piccolo aveva manifestato un certo interesse verso tale arte e, soprattutto, un'innata predisposizione. La sua massima aspirazione era quella di diventare un Medico da Guerra fra i più capaci, ma la strada davanti a lui era ancora lunga. Il suo nome? Akiyoshi Nakamura. Era un facente parte del clan del Ranton, sapeva utilizzare abbastanza abilmente le tecniche di tale clan, anche se i suoi interessi vertevano su altro come già specificato.

Osservava il circondario con occhio attento, sempre pronto a scattare mentre gli altri lavoravano sul campo di energia, o come diavolo volete chiamarlo. Alla vista del Kyo Dan non si scompose, solo i Bijuu riuscirono a fargli perdere un battito, lasciandolo esterrefatto per qualche secondo. Ci pensarono i suoi compagni a strattonarlo, in modo che si riprendesse. Quello che successe in seguito fu il caos più completo. Terremoti, mostri, strani tentacolo serpeggianti che travolgevano tutto quello che trovavano a tiro. Anche se la barriera era caduta, i loro ordini erano di non abbandonare la posizione e Sayuri, Jonin a capo del gruppo di studiosi e delle guardie, era intenzionata a farli rispettare. In molti avrebbero sentito la necessità di accorrere al centro della piazza, per comprendere meglio la situazione, ma avrebbero dovuto ammansire i bollenti spiriti.
- NON MUOVETEVI. RISPETTATE GLI ORDINI. - Nonostante tutti la conoscessero come una persona gentile, nonché un medico molto capace, l'Akuma era in grado di mostrare una freddezza incredibile. Internamente stava combattendo una battaglia non da poco, considerando la sua indole da medico, ma era ben consapevole che in quel momento le priorità erano altre. Osservando la situazione e comprendendo la pericolosità della stessa, la Flautista decise di fare in modo che tutti i ninja fuori dal perimetro della barriera prendessero le distanze dalla piazza. - Il quarto segnale, presto. - Sì, vi era un quarto segnale del quale non avevo parlato in precedenza. Perché? Beh, perché i ninja di Kumo non scappano, quindi sarebbe stata semplicemente una perdita di tempo. Le circostanze erano cambiate e una colonna di vento, simile ad un tornado ascensionale, s'innalzò in modo che venisse vista da tutti. "Disperdersi". "Allontanarsi". Insomma, vedetela un po' come vi pare, il significato era quello.

I gruppi presero ad indietreggiare, tutti bene o male stizziti dalla cosa. I tentacoli, però, parevano non perdonare nessuno e niente sembrava essere in grado di arrestare la loro avanzata. La tempestività con la quale la Flautista chiamò la ritirata fu provvidenziale. Nessuno, o quasi, venne intrappolato da quelle entità serpentiformi. I vari gruppi si riunirono sotto gli occhi della Jonin atta a controllare le eventuali perdite. Che fare? Avvicinarsi si sarebbe potuto rivelare sin troppo rischioso, anche se quella bestia pareva aver smesso di attaccare. Le persone avvolte da quei tentacoli giacevano a terra, apparentemente prive di sensi. Nonostante il suo cuore le dicesse di muoversi verso quei malcapitati, la sua mente sapeva bene cosa fare in questo momento. Se tutti i ninja all'interno della barriera erano stati ridotti in quello stato, non restava altro che cercare aiuto dai superstiti. Attorno a loro vi erano ninja provenienti da altri villaggi, tra i vari coprifronti riconosceva Konoha e Iwa. No. Kumo non aveva assunto alcuna posizione nei confronti delle due fazioni, non ancora per quanto ne sapeva il Capo Medico da Recupero, ma abbandonare i suoi confratelli non era un'opzione.
- Penso sia arrivata l'ora di entrare in azione. Non possiamo lasciare quelle povere anime al loro destino, ma allo stesso tempo abbiamo bisogno di vederci più chiaro prima di agire. Cercheremo di trovare l'appoggio dei restanti superstiti provenienti dal resto del continente ninja, speriamo solo si dimostrino ragionevoli. - Quindi, con al seguito tutti i restanti Shinobi di Kumo ed affiancata dal nostro giovane Akiyoshi, si mosse in cerca di qualcuno, qualche comandante, con cui discutere un possibile piano d'azione.

-GdrOff- Eccoci. Scusate la pochezza ma ho scritto il post qualche sera fa e l'ho rifinito adesso. Peccato che mi sia alzato alle 6 dopo 3 ore di sonno e sia stanco morto. In ogni caso è solo il primo passo per quanto riguarda i movimenti dei superstiti di Kumo. -GdrOn-
 
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NGDR - 10° Anniversario
view post Posted on 10/6/2018, 22:59







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覚醒 Kakusei: Risveglio









Fukagizu, 20 gennaio 249


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La mostruosa scultura fissava l'orizzonte coi molteplici occhi appena socchiusi, una luce cremisi filtrava tra le palpebre brune; sotto di essa, riverse, le sue vittime innumerevoli a ricoprire il suolo, collassate le une sulle altre, cadute lì dov'erano, che fossero volte in fuga o con le armi snudate, pronte a combattere. Età, genere, rango: distinzioni sconosciute alle oscure propaggini. Si muovevano pigramente tra i corpi incoscienti, come il serpente che ha appena ingoiato la sua preda, tuttavia più ingorde ancora: le loro brame non ancora placate dal lauto pasto.

Un silenzio di tomba aleggiava sulla piazza circondata da rovine. Il clamore appena svanito ancora echeggiava nelle menti dei superstiti.

Se qualche temerario avesse avuto l'ardire di avvicinare i caduti, prima che le catene lo stringessero nel loro abbraccio ineludibile, avrebbe potuto percepire distintamente il debole pulsare dei loro cuori – unico segno di vita assieme al respiro superficiale. Sembravano quasi dormire, gli occhi chiusi e i volti impalliditi sotto i raggi lunari. Impossibile compiere qualsiasi operazione e recuperare le preziose spoglie: i serpenti del Gedo vigilavano, alla ricerca di nuove vittime da intrappolare tra le loro spire.


Dentro al Gedo, 20 gennaio 249




La afferrò con ambo le mani, ghermì le sue dannate vesti stracciate, sbatté il suo corpo vecchio e polveroso contro la roccia. Lei rise. Kataritsuen udì la voce stridula sprigionarsi dalla sua bocca, prima che quelle note di scherno echeggiassero tutt'attorno alla sua testa, in ogni angolo dell'antro senza luce; i pugni si richiusero sul nulla, la sua preda si trasformava in cenere sotto le sue stesse dita: cenere bruciante, che fluttuò indisturbata perdendosi nelle crepe di pietra.
Un grido – stavolta il suo – di dolore, di rabbia, sovrastò il gracchiare divertito: il giovane uomo la cercava con lo sguardo in fiamme, scosso dalla furia, voltandosi senza tregua, sondando ogni ombra sfuggente col fiato mozzo e una manciata di gemme strette in pugno.

“Vigliacca!”

Il ruggito di Kataritsuen scatenò un'altra ondata d'ilarità, stavolta più contenuta: un chiocciare gutturale rimbalzò contro le stalattiti calcaree.
“Patetico, piccolo uomo...
Hai visto il lago. Hai visto ciò che giace nelle acque nere.
Sai che è opera tua, e chiami me vigliacca...”


“TACI!
Lui non c'entrava nulla. Nulla!”

“Ed è qui che ti sbagli, piccolo uomo. La scelta è stata sua.
Nessun obbligo, nessun ricatto, nessuna costrizione...”

E così dicendo, un'ombra più nera del buio si distaccò dalla parete alla sua sinistra: bastone in pugno e una nube tentacolare che si agitava ai suoi piedi, assieme alla veste violacea che la donna trascinava a terra, come lo strascico di una regina. “Tu menti! Stai mentendo!”
Una nota di incredulità e disperazione corrodeva la fierezza delle sue esclamazioni, e un'espressione di pacata sufficienza si allargò sul viso deturpato di Manpeiko.
“Gli abbiamo fatto un'offerta, e lui ha accettato.
Una mente brillante, la sua: anche più della tua, se ha saputo riconoscere dove albergasse il vero potere. La vera grandezza.
Niente che un misero umano possa liberamente stringere tra le dita.
Tuttavia... servendo il giusto padrone...”


“HAJIME NON L'AVREBBE MAI FATTO!”
Hajime non mi avrebbe mai fatto una cosa del genere. Mai.

Proseguì imperterrita: “... i nostri Signori avrebbero potuto concedergli ciò che desiderava. Un potere al di sopra dei kage e dei sannin dei grandi Paesi ninja, qualcosa al di sopra della portata di qualsiasi comune mortale.”

“A Hajime non sono mai interessate queste cose!”
“E tu credevi ingenuamente di conoscere i desideri più profondi del suo cuore, misero omuncolo? Dimmi, pensavi di sapere tutto di colui che hai sempre chiamato amico?
O forse c'era qualcosa che persino a te sfuggiva. Qualcosa che lo consumava da dentro. Un dolore antico e profondo come la sua anima...”


Kataritsuen scosse la testa: benché lo negasse, il germe del dubbio aveva già attecchito e germogliava rigoglioso, ad ogni passo che la donna compiva sorridendo sprezzante nella sua direzione.
"... un dolore che nemmeno tu, dall'alto della tua boria di studioso, il prescelto, la guida del Taisei - tu, che ti proclamavi suo amico - avresti mai potuto aspirare a colmare..."



CITAZIONE
Ad essere in coma non sono solo i pg, ma anche i reggenti x.x dobbiamo accontentarci di chi abbiamo. Al momento quindi avete i corpi dei pg coinvolti che appaiono completamente insensibili, nessun riflesso pupillare, nessun chakra rilevabile e le catene nere che continuano ad agitarsi qui e là, pronte ad acciuffare qualsiasi cosa si muova, solo leggermente più lente rispetto a prima. Quindi non è così facile accostarsi a controllare, né tanto meno prelevare i corpi.
 
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NGDR - 10° Anniversario
view post Posted on 17/6/2018, 22:56







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覚醒 Kakusei: Risveglio








Dentro al Gedo, 20 gennaio 249


“Sua madre. Sua madre, sciocco ragazzino.



Qualcosa nello sguardo di Kataritsuen tradì la sua sorpresa nell'udire una simile risposta, e lo sconcerto non era solo nei suoi occhi: quelle labbra che avevano gridato insulti ed improperi fino a pochi istanti prima, ora apparivano insolitamente mute. Era il momento giusto di battere il ferro, prima che si raffreddasse. “Non te ne aveva mai parla...”
ZITTA!
Stai zitta, maledetta...
- la voce ridotta ad un ringhio incerto, quasi tremante, mentre il giovane sgusciava via dalla traiettoria lenta e inesorabile della sua nemica giurata, scivolando lungo la parete umida della caverna.
No, Hajime non glie ne aveva mai parlato. Mai.
Mai un cenno, mai una menzione, nemmeno di sfuggita.
Che dovesse avere una madre, era inevitabile; il motivo per cui non l'avesse mai vista o sentita nominare... “sei disgustosa. È esattamente come ho appena detto. A Hajime non è mai interessato il potere” - ribatté finalmente carico di astio. I due si fronteggiarono, occhi negli occhi; si spostarono lentamente lungo il filo di un cerchio immaginario, yin e yang di una sola guerra.

“Ed è qui che ti sbagli, ragazzino. Kataritsuen - lo richiamò per nome, stavolta con una nota di sfacciata indulgenza: quella di chi ha visto più inverni, ed è più che certo di comprendere la vita meglio di chi vi si è appena affacciato. “Un potere lo desiderava.”
“E quale. Sentiamo.” - un tono di sfida aperta, la meno che andava a cercare una nuova manciata di gemme all'interno degli abiti; gli occhi di lei che ne seguivano i movimenti con attenzione.
Un sospiro che aveva dell'esasperazione le sfuggì a quel punto dalle labbra vizze - “Riportarla indietro, ovviamente.”

“HA! Come se fosse possibile!” - scattò istantaneamente quello, l'eco secca della sua risata artefatta che martellava la roccia circostante, come uno scalpellino nella cava di marmo.
Morta, era naturale: che potesse semplicemente essere fuggita di casa o sparita nel nulla, non era nemmeno da pensarsi. Satoshi-san era sempre stato un uomo mite e saggio, non l'avrebbe mai visto nei panni del marito violento, ma anche nel più assurdo dei matrimoni nulla – nulla – avrebbe potuto giustificare la mobilitazione forse tanto imponenti, per riavere con sé una persona ancora viva.
Uno sforzo assurdo, per un desiderio irrealizzabile. “Quindi saresti andata a raccontargli di poter resuscitare sua madre, e lui ci sarebbe cascato come un sempliciotto qualsiasi” riprese il giovane, stringendo le dita attorno alle gemme ancora celate: passato il primo sbalordimento, il ribollire dell'astio si ravvivò come riscaldato dalla fiamma viva - “Ha dimostrato una saggezza grande e profonda. Quella di saper aprire gli occhi, di andare oltre a ciò che sta scritto nei vostri preziosi libri, di tentare la strada mai battuta prima”.
Sembrava realmente, sinceramente convinta di quanto affermava: le sopracciglia improvvisamente aggrottate si scontrarono al centro della fronte, accentuando ancor più la ragnatela di rughe che percorreva il volto vetusto e bruciato. Era il rimprovero dell'anziana al bambino che grida insensatezze.

“Non si riportano in vita i morti. Nemmeno un bambino sarebbe tanto sciocco da crederci, e Hajime...”
“... ma Hajime non si è lasciato accecare dal dolore. Hajime ha aperto gli occhi alla grandezza dei Signori di queste terre. Ha aperto il suo cuore alla speranza, si è affidato completamente al potere salvifico dei nostri dei e ha fatto quanto in suo potere – seppur limitato – per aiutare la loro ascesa. E il suo desiderio sarebbe stato realtà già da tempo, se solo non fosse stato per...”

“... se non fosse stato irrealizzabile!”
“Se non fosse stato per te!” - schioccò lei seccamente, l'esasperazione sempre più pungente che le faceva affondare le unghie nel legno del bastone.

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CITAZIONE
Dalla regia mi fanno notare che buona parte dei Reggenti fa parte dello staff, che essendo già al corrente di trame, sottotrame e tramini assortiti, non va a postare all'esterno coi PNG per evitare – come si suol dire – di “cantarsela e suonarsela”. Precisazione doverosa, in seguito all'ultimo offgame ed alle domande in FaQ; dovendo recuperare un giro di post “centrale”, lo si sfrutterà per integrare almeno in parte l'ambientazione esterna.
 
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NGDR - 10° Anniversario
view post Posted on 26/6/2018, 20:55







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覚醒 Kakusei: Risveglio








Dentro al Gedo, 20 gennaio 249


"Basta così."



Con un movimento sinuoso le dita scattarono fuori dalla tasca, stringendo tre pietre verde smeraldo tra le falangi ripiegate; l'arto compì un movimento sferzante a mezz'aria, come la lama del kunai che cala inesorabile sul collo della vittima: tre mezzelune luminose morsero la pietra, lì dov'era la signora del Kyo Dan poco meno di un istante prima, dello stesso colore delle gemme che le avevano generate.
La donna scivolò all'indietro ad una velocità disumana, i piedi sospesi a un palmo da terra da quella sua coltre bigia di fuliggine: non dovette neanche sforzarsi di correre, era la nube rovente a trascinarla via con sé, assoggettata alla sua volontà ferrea; lui si fece avanti, il volto pallido e stillante sudore, tre gemme per ciascuna mano.

Schegge di roccia fendevano l'aria fischiando in ogni direzione, gli artigli di Kataritsuen si abbattevano contro colei che aveva ingannato il suo prezioso Hajime; lei gli sfuggiva, veloce come una gatta e più sfuggente di una serpe in mezzo all'erba alta. I passi affrettati del ragazzo schioccavano un'eco secca e rabbiosa, lei frusciava senza rumore tra le ombre; il furore incideva sempre più il viso di lui ad ogni schivata, una maschera di pacata supponenza rivestiva il volto della donna – finché una pennellata sanguigna non incise una delle venerabili guance.

Il giovane leone ruggì il suo trionfo: per primo aveva spillato il sangue della nemica e si lanciava già in avanti, ansioso di versarne dell'altro, più copioso, a macchiare per sempre le viscere del Gedo, ma il dolore bruciante arrestò il suo balzo ferino: una nube scura come il carbone gli allargava attorno le sue spire, stringendolo in un abbraccio rovente. Il ruggito gli morì in gola, perso tutto d'un tratto ogni impeto, costretto a una ritirata precipitosa - “Gli shinobi della Foglia hanno mostrato più discernimento” - lo insegue quella voce odiatissima - “Ironico che tu abbia preteso di essere per loro guida migliore del loro Kage!”

Si lanciò dietro un secondo rubino. L'ultimo, mentre si lanciava a perdifiato nel cunicolo aperto come uno sbadiglio nella viva roccia; la fuliggine si ammassò pigramente contro la barriera, e mentre lui – di nuovo – cercava di frapporre tra sé e la donna più spazio possibile, nuovamente la caverna tremò sotto il maglio delle esplosioni.
Stava fuggendo ancora, senza aver concluso nulla; la pelle delle mani pulsava e bruciava e lui non riusciva che a darsi dello stupido, a pensare a come Hajime sarebbe subito accorso a medicare la pelle ustionata... se non fosse stato per gli inganni di quell'essere spregevole. Il bruciore invase anche gli occhi, ma non era per la fuliggine.


Quando il budello si aprì ad un nuovo antro, le esplosioni cessarono: venti secondi, li aveva contati. Si era sforzato di contarli. Non poteva essere certo di averli contati bene. Strinse tra loro le labbra tremanti, tirò su col naso, le dita si intrecciarono e danzarono a comporre un nuovo sigillo; le dita sfiorarono la roccia, ammantate di un oscuro bagliore, e dove baciavano la pietra delle piccole gemme nere luccicavano tra le crepe dell'arenaria.
L'attese con spavalderia, davanti all'uscita: aspettò di intuire l'oscurità strisciare, di intravvedere le vesti fluttuare nell'enfasi del movimento, sollevò indice e medio all'altezza delle labbra.

“Katsu.”


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NGDR - 10° Anniversario
view post Posted on 2/7/2018, 16:10







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Dentro al Gedo, 20 gennaio 249


Quello che non si aspettava, fu il silenzio totale che accolse il suo comando... assieme al fruscio mortifero della fuliggine, che strisciava le sue propaggini al di fuori dell'angusto cunicolo; a cavalcare la nuvola ardente c'era lei, brutta come il peggiore degli incubi, a osservarlo dall'alto in basso. Sembrava chiedersi cosa mai volesse fare, quel giovanotto sconsiderato: perché la stesse aspettando proprio lì, allo scoperto. Il sospetto che stesse tramando qualcosa ce l'aveva, era chiaro, ma sembrava riporre sufficiente fiducia in quei suoi nugoli neri, che obbedivano come fossero un prolungamento della sua volontà.
Per qualche motivo, la jutsu non era andata in porto.
Kataritsuen sentì il sangue disseccarsi dentro le vene.



Manpeiko sembrò socchiudere le labbra, sul punto di dire qualcosa, ma si interruppe di colpo: dei sottili fili di luce strisciavano lungo la pietra, sottili come capelli e terribilmente luminosi; il giovane seguì il suo sguardo... arretrò di colpo, appena si rese conto della provenienza di quei glifi – niente meno che dalle sue gemme, che splendevano radiose come diamanti... e tuttavia non accennavano a esplodere. Scosse la testa. Questa cosa non doveva accadere, non era mai capitata prima d'ora: le sue pietre non l'avevano mai tradito. Mai!
Fu palese dopo qualche secondo di attesa estenuante, tempo in cui anche la donna riuscì a leggere nell'oscurità lo stupore e la preoccupazione stampati sul viso del capo del Taisei: “Cosa credevi di fare...” sibilò inviperita, mentre la rete lucente si espandeva lungo le pareti della grotta a velocità esponenziale. “Katsu... KATSU!” ripeté quello con maggiore enfasi sciogliendo il sigillo, senza curarsi dell'irritazione che montava nell'anziana nemica, senza che le gemme reagissero in alcun modo: nessuna vibrazione, nessun sibilo annunciavano la catastrofe attesa; Kataritsuen arretrava, cercando con lo sguardo una crepa, una spaccatura, una stalattite dietro cui trovare riparo, nel momento in cui la sua jutsu alterata avesse deciso di deflagrare. Lei digrignò i denti, sollevò un braccio, flesse le dita rinsecchite: una lunga spira nera come tenebra si protese attorno alle caviglie del giovane uomo. Lui urtò la parete della caverna con la schiena, affondò le dita in una delle numerose tasche alla ricerca di una delle sue fedeli pietre; la superficie rocciosa alle sue spalle improvvisamente si illuminò a giorno.

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Non fu la sola: in tutta la piccola caverna, innumerevoli chiazze di luce si allargarono a partire dalla sottile ragnatela di glifi. Tra esse, nove spiccavano per estensione ed intensità, costrinsero i contendenti a socchiudere gli occhi lacrimanti, ad abbandonare momentaneamente ogni proposito bellicoso... ma quando li riaprirono, le pupille scure di Manpeiko si fissarono su qualcosa che si muoveva dietro al suo nemico giurato.
Un'espressione di stupore prima, di disperazione poi devastò le antiche rughe, mentre abbandonava il suo nembo cocente e si precipitava ad accarezzare la parete di roccia, divenuta trasparente come vetro. “KYUUBI-SAMA! COSA TI HANNO FATTO!” gemette con un lamento agonizzante, mentre artigliava con le unghie la parete – come se potesse abbattere quella tenue barriera per raggiungere il suo prezioso Kami.

Era come assistere ad uno spettacolo Kabuki: se ne rese conto Kataritsuen quando sgattaiolò via, abbastanza lontano da osservare ciò che aveva catalizzato l'attenzione della donna. Sulla pietra era proiettata l'immagine pulsante di un'ampia sala sorretta da colonne, al cui centro palpitava irregolare una luce tanto forte da rendersi inosservabile. Ogni tanto la navata si oscurava, come se la luce perdesse di forza; il sangue macchiava il marmo, figure umane si contorcevano in preda al dolore, alcune di esse cercavano disperatamente sollievo gettandosi in una inquietante polla attorno a cui si aggirava... Kurama?
Mancavano otto delle sue code, la belva era legata e impossibilitata a fuggire. Contro il soffitto, l'immagine inquietante dell'immensa falena-Chomei si aggrappava ad una stalattite, fronteggiata da uno sparuto gruppetto di shinobi circondati da strani cristalli luminescenti; accanto a Kurama la sagoma pallida di Kokuo percuoteva un labirinto incomprensibile coi suoi zoccoli rapidi, inseguito da un felino colossale fatto di... pietra? E portava dei ninja sulla schiena?!
I gemiti e le invocazioni di Manpeiko continuavano a ferire l'aria ferma: lui sapeva, razionalmente, che non avrebbe mai avuto un momento migliore di quello per colpirla alle spalle. Le dita si strinsero attorno alle bende che avvolgevano il manico di un kunai, il cuore che si dibatteva tra lo stupore e l'ansia, la mente quasi del tutto assorbita dalle immagini ultraterrene che il Gedo mostrava loro. Cupole oscure contenenti esseri umani e Yurei, frane spaventose che sommergevano shinobi spezzando le loro ossa.
“Non provarci neanche, piccola pulce blasfema!”

Con un grido lui lasciò cadere il pugnale arroventato, ammantato di quella fuliggine nera che circondava la figura della sacerdotessa piangente: l'acciaio tintinnò contro il fondo della grotta, sull'immagine di Son Goku incatenato – delle figure umane ammantate di aure bestiali poco lontano, a fronteggiare due samurai incoronati di fiamme e fulmini. Alle spalle di Manpeiko, che nemmeno si era voltata a guardare il faccia l'assalitore, un'altra squadra sembrava impegnata ad allestire una sorta di concerto davanti a un'isola: lì si riparava Isobu, dietro quella che appariva come una barriera. “Guarda coi tuoi stessi occhi! Osserva la grandezza del tuo insulto ai Kami!” Osserva la rovina della tua gente!” - gracchiava lei, con voce rotta.
Come quei ragazzini intrappolati nel mezzo di un incendio ed incalzati da un ratto mostruoso, o il gruppo di shinobi continuamente percosso da assalti talmente potenti da scuotere le fondamenta della scacchiera su cui sono confinati, impotenti, mentre quello che appare come un mostruoso tentacolo trascina via una delle loro compagne. “La libertà dei Bijuu è un insulto! È un insulto alla libertà e alla vita degli esseri umani come noi. È per questo che combattono tutti!”
“Combattono coi Kami, non contro di loro! Stolto, cieco e folle!”
Asserti ormai ascoltati e riascoltati, tanto quasi da diventare monotoni: avrebbero potuto anticipare le proprie reciproche battute, più che le mosse del rispettivo avversario – e questo se lo lessero in faccia a vicenda. Mentre lo facevano, il Tasso della sabbia affrontava una figura identica a sé, in un'arena all'ombra di due statue colossali... uno shinobi correva su di uno struzzo di argilla, un altro lottava contro mostri di pietra.
Un carnevale di sangue, sudore, paura, di insensatezze.

 
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NGDR - 10° Anniversario
view post Posted on 18/7/2018, 23:10







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覚醒 Kakusei: Risveglio








Dentro al Gedo, 20 gennaio 249


Le parole tra di loro ammutolirono: era come se il tempo si fosse incantato, sorpreso, impallidito mentre i fotogrammi di altre vite scorrevano incessantemente sotto i loro occhi.
Sebbene non potessero udire le loro voci, non era difficile intuire la forza delle loro grida: i volti degli shinobi tirati in smorfie cariche di ansia, preoccupazione, dolore, paura, terrore cieco, disperazione, mentre i grandi Kami sembravano per la prima volta in seria difficoltà...



… perché, per quanto le loro espressioni ferine potessero essere lontane da quelle umane, nella loro fissità, nella loro indecifrabilità, nulla poteva nascondere l'agitazione dei Cercoteri agli occhi di un osservatore attento. Code agitate nervosamente, denti digrignati, grida, dorsi inarcati, falsa boria: nove creature consapevoli dell'approssimarsi di qualcosa che neppure loro avrebbero potuto contrastare.
Qualcosa di peggio ancora della prigionia millenaria.
Qualcuno di essi sembrava aver già smesso di lottare addirittura, rintanandosi in un alveo carico di rassegnazione – condividendo con gli shinobi stessi la fine di ogni speranza di rivedere la luce del sole.
Shinobi, soldati, persone che avevano scelto di dedicare la loro vita al servizio del proprio Villaggio: conoscevano i rischi del mestiere, avrebbero dovuto immaginare l'eventualità di non fare ritorno a casa. Gente come loro era preparata ad infliggere ben altro al prossimo, per un semplice tornaconto monetario; eppure quella gente, quei soldati, quelle persone... erano pur sempre esseri umani, questo non poteva negarlo, e l'enormità di quanto aveva fatto tornò a perseguitarlo in quegli occhi sbarrati.


"Quale follia ti ha condotto a risvegliare quell'abominio?"
"La nostra morte non ti ha insegnato nulla..."



No.
Il giovane corrugò le sopracciglia nello sforzo di ricacciare indietro quelle parole spettrali, che inaspettatamente tornavano a sfiorargli la mente. Avere una coscienza, non era qualcosa che uno come lui potesse permettersi!

Non importava quale forma prendesse il proprio crimine: lui era la guida del Taisei, ed attraverso di lui il Taisei aveva prevalso.

Aveva compiuto il suo dovere millenario.





“I miei Kami stanno morendo per mano tua, ragazzo.”

Aveva chinato il capo: se ne rese conto solo in quel momento.
Quando tornò a posare gli occhi sulla figura della donna, non incontrò quello che si aspettava.
Pesantemente appoggiata al suo bastone, quasi ripiegata su sé stessa, artigliava il legno che sosteneva il suo peso, tracciando sottili graffi sulla finitura lucida.
La sua espressione era una maschera di fierezza, orgoglio, disprezzo, e dolore.
Il nembo cocente fluttuava attorno alle caviglie di lei, innocuo per lui.
La sua voce risuonò di nuovo, venata di un'amarezza indicibile:

“Riconosco la tua abilità. Riconosco l'abilità del Taisei. Ma nel nome di quanto di umano è rimasto nel tuo animo, richiama la tua bestia. Senza i miei Kami, nulla ha più senso. L'uomo non ha più senso. Non c'è lotta, battaglia, vita che possa averne. È per questo che ti chiedo, di nuovo...

… richiama la tua bestia, poni fine a questa bestemmia”



Di nuovo, quella voce.

"Alzati, non c'è tempo da perdere."

 
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NGDR - 10° Anniversario
view post Posted on 23/7/2018, 22:27







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覚醒 Kakusei: Risveglio








Dentro al Gedo, 20 gennaio 249




Guizzi di cenere azzurra, sparivano rapidi dietro le svolte dei tunnel.
Nemmeno il tempo di vederle, e già erano solo un ricordo vago: zampe d'ombra, code evanescenti, occhi di brace, le volpi di Manpeiko battevano il dedalo instancabili.
Andavano e venivano dalla loro signora, ella percorreva cauta la via mostrata dalle sue fedelissime, priva del nembo a sostenere i suoi passi malfermi.
Procedeva tastando la roccia col bastone, la seguiva Kataritsuen, tenendo alto un pugno di gemme: la luce adamantina proiettava cupe ombre contro le pareti frastagliate, rischiarando i passi di entrambi... la squadra peggiore dell'intera guerra.
Cosa avrebbero detto i Kage dei grandi Villaggi, se li avessero visti procedere in quel modo?
Loro, che si erano dichiarati guerra e odio eterno davanti agli eserciti riuniti, lanciando anatemi e invettive gli uni contro gli altri, procedere ora di pari passo in silenzio, a capo chino.

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Non aveva formalmente accettato la sua preghiera.
Non aveva acconsentito a tollerare la presenza di quella donna al suo fianco, come se... come se perseguissero un obbiettivo comune, o lottassero per il medesimo ideale.

Ricordava che le immagini che si agitavano attraverso le pareti trasparenti avevano lentamente iniziato a sbiadire, come fa la brina all'alba sulle tele di ragno; una reazione imprevista del Gedo all'improvvisa esplosione di energia, col senno di poi, fu quella che innescò lo stranissimo fenomeno. Un congegno tanto sottile da poter sventare un assalto perpetrato al proprio interno – ma ripensandoci, non era poi così impensabile: come poter altrimenti trattenere la furia di nove bestie codate? Un pugno di gemme cariche di chakra era ben poca cosa, paragonata al potere scatenato da quelle creature abominevoli.

Per quanto riguardava lei, quel portamento altero, nonostante quelle che aveva rivolto a Kataritsuen altro non fossero che accorate suppliche: non aveva mai accettato di sospendere le ostilità o di stipulare un trattato di pace con quel giovanotto tracotante. Tuttavia era donna prima di essere sacerdotessa, e una donna dalla notevole esperienza: non era stato difficile leggere il dubbio atroce che dilaniava il grande condottiero del Taisei. Le sue volpi li precedevano, esplorando i cunicoli più impervi, ricercando ciò che entrambi stavano cercando: il cuore del Mazo, il nucleo, l'ombelico da cui si dipanavano le energie demoniache che tenevano in vita il congegno malevolo. Le creature tornavano, sussurravano alle sue orecchie la strada da intraprendere, sempre più rapide e univoche nelle loro informazioni.
Il sentiero era quello giusto, si stavano avvicinando.

Avrebbe dovuto consentirle di avvicinarsi al loro obbiettivo?
Avrebbe potuto impedirle di farlo, piuttosto?

Dubbi infiniti si accavallavano nella mente del giovane, costretto a rimuginarli in un limbo interminabile mentre procedeva con ostinazione, un passo dopo l'altro. Fermarla avrebbe probabilmente richiesto un tributo altissimo da parte sua – avrebbe potuto permettersi di pagare un fio meno gravoso, in quelle condizioni?
Prigioniero in ogni caso, non avrebbe potuto che scontare un'eternità di prigionia, se la consunzione del suo spirito non gli avesse fatto la grazia di liberarlo da quel tormento: a quelle condizioni, meglio la distruzione!
Un oscuro presentimento si andava gonfiando di minuto in minuto: una paura remota, tuttavia fondata, si agitava ai margini della sua mente, infestando i suoi pensieri prima di esserne bruscamente scacciata.

Cosa temeva quel ragazzino di tanto orribile?
Perché ammutoliva?
Perché quel pallore?
Sapeva forse qualcosa che a lei stessa restava ignoto?

Se così fosse stato, non avrebbe avuto bisogno delle sue volpi per farsi strada: avrebbe dovuto conoscere quel mostro a menadito, dal momento che aveva avuto l'ardire di risvegliarlo.
Invece brancolava nel buio a sua volta, stringendo le dita attorno a quelle sue pietruzze ridicole, come se potessero fornirgli un'ancora di salvezza, una via di fuga dalle sue pene.

Il cunicolo svoltò: ancora una decina di metri, e la sua volta si arcuava forando il fianco di un ambiente più ampio.
Una luce rossastra, come filtrata attraverso le carni di una creatura vivente, filtrava attraverso il passaggio: le volpi erano tutte lì, assiepate contro la soglia, gli occhi fissi su ciò che stavano cercando.

 
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NGDR - 10° Anniversario
view post Posted on 27/7/2018, 21:38







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覚醒 Kakusei: Risveglio








Dentro al Gedo, 20 gennaio 249


Attratte da qualcosa le volpi di Manpeiko s'immobilizzarono sulla soglia, muso all'insù e occhi brillanti, lungimiranti, catturati dalla luce rosso sangue che veniva propagata dall'area ancora non esplorata. Avanzarono cauti, diffidenti l'uno dell'altra. Come biasimarli. Venivano da due mondi opposti, in contrasto fra loro da secoli; quello che credevano e quello che desideravano per il mondo era inconciliabile.

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Luminescente e nauseante, sentore di morte che si mostrò loro sotto forma di una torre di pietra straordinariamente squadrata, graffiata e incisa da numerosi sigilli, coronata e circondata da alti spuntoni di roccia. Ogni porzione una vertebra, ogni sporgenza una costola ma messa. Sangue sgorgava dalla terra e colava dalle insenature del pinnacolo, per riversarsi nel bacino sottostante. L'odore del sangue permeava tutta l'area, urtando la sensibilità delle narici di entrambi che, nonostante tutto, col fiato sospeso, avanzarono ancora. Sdegno, tormento: queste le loro sensazioni, amalgamate alla nausea.
Salirono le interminabili scale a chiocciola che avviluppavano la struttura principale di quel macabro contesto infernale, sdrucite, sdrucciolevoli e pericolanti. Una fatica dovuta, sofferta sino alla fine. Ma nulla sapevano della sofferenza loro, colmi di sensi di colpa per aver permesso scioccamente all'avversario di imprigionare i nove o per aver condannato anime innocenti alla dannazione insieme ai demoni. No. La vera sofferenza, condita da un forte barlume di rimorso, l'avrebbero trovata in cima. Dovettero fermarsi a quella vista penosa, che colpì tanto il giovane quanto la donna al suo seguito. Kataritsuen perse un battito, mentre i suoi occhi azzurro ghiaccio osservavano stupefatti e una miriade di dardi invisibili trapassavano la sua anima colpevole.
Sospeso da delle pesanti catene piene di ruggine, un corpo martoriato di un giovane che aveva creduto in una vana speranza, in un'utopia. Hajime. Aveva le vesti strappate, ferite su tutto il corpo, uncini che artigliavano la carne e la tiravano senza pietà e il ciondolo con le preziose pietre davanti al suo petto, completamente fuso alla carne. Quel suo tetro silenzio, accompagnato dal capo abbassato e dal rivolo di sangue che continuo dalle sue labbra si riversava a terra, non era un buon segno.

«Ha-Hajme...»

Nessuna risposta seguì quel balbettio intimorito. Hajime sembrava fissare il vuoto, l'occhio spento, il corpo inerme trapassato da infiniti dolori.
Per qualche secondo nemmeno Manpeiko disse nulla, guardando a sua volta quel ragazzino che l'aveva aiutata coi suoi piani. Così entusiasta, giovane, così ingenuo e manipolabile.
Così determinato a fare di tutto per riabbracciare sua madre.

«Hajime!»

Kataritsuen lo chiamò ancora, più forte. Le gemme che stringeva nel pugno gli stavano ferendo il palmo, ma quasi non lo sentiva.

«Non riesce a sentirti, non vedi? È già un miracolo che sia vivo.»

Ma Kataritsuen non si arrese. Non poteva. Non voleva.
Sicuramente Hajime aveva sbagliato... Ma quale errore meritava una punizione del genere? Sapeva a cosa andava incontro? E tutto questo... Per cosa?

«HAJIME!»

La testa dello studioso ebbe un piccolo scatto. Un cenno, brevissimo, ma sufficiente a ridare speranza al leader del Taisei.

«Hajime! Mi senti? Riesci a sentirmi?»

Gli occhi spenti del ragazzo, con quella che sembrava immensa fatica, si mossero per incrociare quelli di Kataritsuen. Altro sangue colò dalle sue labbra quando le mosse per parlare.

«K-kata...ritsu...en.»

Istintivamente il ragazzo fece un passo avanti, tendendo l'orecchio. La voce di Hajime era un flebile sussurro, la bocca impastata di sangue non gli permetteva di articolare chiaramente le parole.

«Mi... Dispiace... Ho sbagliato... Ho... Sbagliato...»

Il suono del suo sangue che colava a terra faceva da ritmico e secco contrappunto alle parole biascicate dello studioso.

«Risolveremo tutto, Hajime.»
Con quale coraggio lo diceva? Con quale vana illusione sperava di risolvere...tutto quello?
«Devi resistere. Risolveremo tutto.»

Insisteva comunque. Non vide l'occhiata caustica di Manpeiko, i suoi occhi erano solo per quelle foglie spente e vacue che erano diventati quelli del suo amico.

«Mi dispiace... Mi... Dispiace...»

Occhi che non erano più in grado di vederlo.


 
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NGDR - 10° Anniversario
view post Posted on 30/7/2018, 16:36







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覚醒 Kakusei: Risveglio








Dentro al Gedo, 20 gennaio 249


Nessuna risposta se non il silenzio, contrappuntato dallo sgocciolare della linfa vitale dalle labbra esangui del ragazzo: lenti, larghi passavano i secondi, disturbati dal respiro superficiale, corto e affannoso di Kataritsuen:

“Hajime...”

Una mano si protese verso il capo dell'altro, le dita tese a sfiorargli la capigliatura scarmigliata, zuppa di sudore e umidità: quando una spanna tuttavia separò i due dal toccarsi, uno spasmo scosse improvvisamente le membra del ragazzo, tremore che con sgomento dei due presenti si trasmise velocemente anche alla struttura mostruosa che lo imprigionava. Un boato sordo e il lucore del medaglione accompagnarono il sottrarsi involontario di Hajime al tocco del suo dolce amico: il sibilo che Manpeiko spinse contro i denti serrati ne rivelò il disappunto misto a timore. Pure quando il tremore originario iniziò ad arrestarsi, altre agitazioni scossero da lontano le membra della statua, mischiando il rombo sordo a un'eco di ruggiti lontani. Durò ancora una manciata di istanti prima di acquietarsi, prima che il suolo smettesse di tremare. Kataritsuen si morse le labbra dall'interno, scuotendo la testa incredulo: la creatura che aveva risvegliato a così caro prezzo, ora ne pretendeva uno maggiore di quanto non fosse mai stato disposto a pagare – negandogli persino il conforto di una tiepida carezza, in nome dell'autoconservazione.

“I tuoi peccati contro gli dei hanno ricevuto giusta punizione, raccogli il coraggio che ti rimane ed allevia le sue sofferenze.”

La voce secca e dura della donna lo raggiunse improvvisamente alle sue spalle, facendolo quasi sobbalzare: staccò gli occhi arrossati dalla visione pietosa e li posò sul volto bruciato e rugoso, reso pressoché inguardabile dall'energia della stessa creatura che ella venerava. Credeva di leggere del disprezzo, invece trovò solo la gravità sommessa e mesta di un'anziana donna, di fronte a qualcosa di umanamente indesiderabile. Forse era solo un'illusione, ma gli parve addirittura di leggere un'ombra di pietà, in quel paio d'occhi scuri come pozzi di catrame, un tempo chiari e limpidi come il cielo d'inverno... occhi che si spostarono sul medaglione, quasi del tutto avviluppato dai tessuti della vittima, tornato all'aspetto precedente alla scossa. Le parole taglienti che volevano raggiungere le sue labbra tacquero ancora prima di venire pronunciate, balenando brevemente soltanto dalle iridi chiare, velate e lucide.
Sì, quella donna aveva intuito correttamente: quella storia sarebbe potuta finire così com'era iniziata, recidendo il legame tra l'innesco del Gedo e la sua ultima vittima. Il dubbio aleggiava feroce solo sul come, sul quanto rapidamente, sul cosa sarebbe accaduto, dopo...

“Non so come potrebbe reagire” - rispose lui debolmente, con la voce strozzata, tirandosi su nelle spalle con un gesto impotente delle mani – i palmi rivolti verso l'alto, scuotendo la testa piano: se si riferisse alla terribile statua o al suo amico d'infanzia, importava poco; lei annuì senza parlare - “... ma non so trovare un altro modo, ora.”

“Ci... vuole... bisognerà essere rapidi, credo.”
Se l'avessero visto i suoi uomini, in quel momento.

Non glie ne importava più, in quel momento, di cosa avrebbero pensato.

Erano circondati dalle volpi: li osservavano zitte, ondeggiando lievemente, da creature di fumo quali erano. Occupavano i gradini più alti della scalinata, li circondavano in un abbraccio muto; lui ripose le gemme che teneva in pugno in tasca, e aveva il palmo tutto segnato dagli spigoli che gli avevano pressato la pelle, quando li aveva stretti forte. Cavò da un'altra tasca una manciata di quelle nere, ci rifletté un poco, osservandole sul palmo malfermo, poi scosse la testa borbottando qualcosa tra sé e le rimise a posto. “No” - sembrò sussurrare scuotendo la testa per l'ennesima volta, ma subito si rimboccò le maniche: lo fece letteralmente, scoprendo del tutto i due avambracci chiari, iniziando dopo un sospiro convulso a impastare chakra ai seal delle dita affusolate.
Ne compose qualche decina, prima che il palmo della destra iniziasse ad emanare una luce bianca sempre più intensa; altri venti si intrecciarono e si sciolsero, prima che con un unico, improvviso gesto proiettasse la mano contro il petto di Hajime, contro il medaglione, e se anche quello provò a evitare il tocco distruttore con uno spasmo più violento del primo, non poté schivare le ondate di energia purissima – le stesse che lo studioso era solito immagazzinare nelle sue gemme, nella sua forma più raffinata.

Le nove gemme nel petto del ragazzo presero a splendere come animate da un fuoco interno, Hajime sgranò gli occhi, i suoi polmoni si riempirono d'aria, una coltre di volpi avvolse i tre nel cuore del Mazo.

Inspiegabilmente sottratta alla propria immobilità, l'enorme statua iniziò a ritrarre i serpenti d'energia che fino a quel momento avevano impedito ad anima viva di avvicinarsi. Si erse, lenta, gli occhi spiritati e privi di una direzione precisa... quindi lanciò un grido terribile, ad un tempo assordante e raccapricciante, portando le mani al ventre e contorcendosi a terra, dimenandosi, nel processo aggiungendo altro danno a quello già causato in precedenza. Il clamore avrebbe lacerato il silenzio notturno, svegliando chi non fosse all'erta e attirando ogni sguardo verso il centro di Fukagizu. Avrebbero visto una nuvola di polvere sollevarsi, sentito il rombo dei crolli e della pietra frantumata... poi, solo le grida. Costretto da chissà quale sofferenza, il colosso fu nuovamente inchiodato sul posto.
Uno squarcio pulsante si aprì sul torace della bestia, che inarcò la schiena come fosse stata improvvisamente trafitta da una immensa lama luminescente. Dapprima crepa, ad ogni palpitazione la fessura si ampliava, si allungava, crescendo d'intensità assieme alle grida dell'essere. Qualcosa lo stava dilaniando dall'interno, un'energia dirompente, tanto potente da divenire presto percepibile a tutti coloro che ancora si trovassero ai confini della città. Un brivido da far venire la pelle d'oca, ad ogni pulsazione più imponente, penetrante, capace di inondare lo spirito per poi attrarlo nella sua risacca, ancora e ancora. Una marea montava dietro la pelle grigia e morta della grande statua, le onde presto troppo alte e violente perché potessero essere contenute: qualcosa stava per accadere, le rovine stesse vibravano in crescente trepidazione.
Ad un istante dalla fine ogni suono sarebbe stato silenziato, ogni contorno spezzato, deformato, la forza attrattiva del Gedo Mazo tanto potente da piegare tempo e spazio attorno a sé per un battito di ciglia. Poi, annullamento.

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Con un ultimo, agonizzante lamento la statua ruppe l'incantesimo, liberando un'esplosione capace di vaporizzare la quasi interezza della grande città... e dei corpi esanimi. La luce si espanse rapida, troppo rapida perché l'occhio umano potesse seguirla, ma ad anticipare il suo incedere non vi sarebbero stati né onda d'urto né clamore. Semplicemente, una cupola accecante avrebbe inglobato le antiche rovine, rubandole per sempre all'occhio del viaggiatore e lasciando al suo posto un immenso cratere perfettamente levigato. Non un filo di fumo, non un alito di polvere né un getto di calore: l'intensità del rilascio avrebbe trovato eco nel cuore e nella mente di ogni shinobi del Continente, e forse ben oltre. Chi poté farle da testimone si sarebbe dato per spacciato oltre ogni consapevolezza e sensibilità, oltre ogni tempo utile per cercare salvezza. Quando la mente ancora abbandonava ogni speranza, l'esplosione si era già arrestata.
Nessun danno collaterale. Nessuna imperfezione. In un battito di ciglia la luce si era espansa, ed altrettanto rapidamente si era fermata. Immobile, ad un passo dalle mura della città, l'enorme cupola vibrò per lunghissimi secondi, costringendo tanto lo shinobi esperto quanto il novizio a schermare lo sguardo da quel mondo di sole luci ed ombre. Ancora un istante, ancora una vibrazione, e il sole artificiale si ritrasse, rendendo il vuoto della propria devastazione per condensarsi in una sfera luminosa a decine e decine di metri da quello che era ora il bacino di Fukagizu.
Come sospinti dalla mano irrequieta di un dio, i venti che erano stati tagliati fuori dallo spazio che la luce aveva rubato tornarono a popolare il cratere, tanto forti da strappare le foglie dai rami e le tende dal suolo, piegare gli alberi e far perdere l'equilibrio. Un uragano destinato a sopravvivere meno di qualche secondo, prima che, nuovamente, fosse il silenzio a regnare incontrastato... ma questa volta non uno di tensione e meraviglia, intrattenuto da esplosioni accecanti o prodigi capaci di distrarre l'animo dalla terribile quiete: questa volta il silenzio portava con sé la calma irreale di mille vite scomparse nel giro di un istante; morte, di un tipo e di un modo che solo chi aveva affrontato Watashi poteva ricordare.
Ma qualche dio doveva essere stato mosso a pietà da quanto era accaduto al Continente Ninja negli ultimi anni, perché questa volta, miracolosamente, ad un prodigio mortifero doveva seguirne uno di segno opposto.



Una ad una, in un flusso dapprima placido, poi più irruento, al solitario firmamento costituito dalla sfera luminosa si andarono lentamente ad aggiungere altre stelle. Spiriti dal nucleo bianco, né fiamma né acqua, si lasciavano dietro una scia arcobaleno all'incontro con la luce lunare, aleggiando lente sul vasto cratere mentre il loro numero aumentava. Presto, a migliaia, avrebbero illuminato la notte a giorno una seconda volta, regalando ad occhio mortale uno scorcio del regno oltre quello in cui si trovavano. Un mare di anime, la tempesta più calma di tutte.
Ancora qualche minuto, ed altrettanto docilmente gli spiriti avrebbero iniziato a calare oltre le mura, a poca distanza da dove si trovavano i ninja rimasti in vita. Si sarebbero lasciati avvicinare, ma non sarebbero rimasti a lungo impalpabili: uno ad uno, condensandosi, avrebbero ricostituito forma e sostanza di chi l'aveva perduta fuori e dentro il Gedo. Amico e nemico si sarebbero nuovamente trovati faccia a faccia, a loro decidere come mettere a frutto l'immenso dono ricevuto.



CITAZIONE
GdRoff // questo post segna la chiusura della Fase 4.
Prima di tornare a postare qui, i pg dovranno attendere il termine delle rispettive giocate e l'ok del master; gli eventuali png gestiti dai Reggenti sono liberi di interagire come sempre, tenendo presenti le informazioni fornite nei giri precedenti (riguardo l'esterno del Gedo, resta tutto invariato fino ad ora). Alcuni elementi conclusivi di trama verranno forniti col prossimo post, per il quale attenderemo la chiusura delle missioni-evento per motivi logistici // GdRon
 
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view post Posted on 7/8/2018, 20:18
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The Almighty Shitlord

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Into the Gedo



Nonostante una parte di lui non voglia far altro che muoversi a recuperare i "giocattoli" del Matatabi una parte di lui non può fare a meno di rimanere innanzi a quella creatura, tanto pericolosa e delusa, eppure con così tanto da dire, da permettere di comprendere. E' per questo che ancora esita qualche istante, gettando un ultimo sguardo al demone felino incredibilmente scoprendosi a distendere le labbra in un...sorriso, ancora una volta percepisce la propria lama ma non sono pulsioni di morte e rovina quelle che riceve da essa, non è costretto a trattenersi no. Queste sono pulsioni di coraggio, che hanno lo scopo di dargli la forza di non piegarsi innanzi ad un essere così potente ed antico, conscio del fatto che l'orgoglio di uno spadaccino e della lama che porta non siano cose talmente irrisorie da poter essere messe da parte.
Eppure perché gli da quella forza? la spada ha sempre voluto da parte sua una sola cosa: sacrifici di sangue. Perché mai avrebbe dovuto dargli coraggio, allearsi con lui conscia che non sarebbe mai riuscita ad ottenere la mattanza desiderata? Non è logico, non è possibile, e se le interpretazioni plausibili si esauriscono qua ciò significa una sola cosa: l'egoismo della spada, della sua spada, non è inerente al massacro insensato ma a qualcosa di più importante e profondo.
Qualcosa che lo aveva spinto a considerare di uccidere Nami per...

proteggere la coesione della squadra

Nel momento stesso in cui quella considerazione ne attraversa la mente il corpo blocca il proprio moto all'improvviso: veramente il fine della propria lama è difendere le Nebbie? Scuote il capo e socchiude gli occhi, la destra che va a massaggiarne le meningi: avrà tempo per approfondire tutta la questione una volta trovato il modo di uscire da quel luogo, non è questo il momento per piegarsi sotto la pressioni dei propri dubbi, per quanto importanti possano essere.
Torna al presente ed improvvisamente la propria lama riesce ad incastrare al proprio interno la sfera, non senza l'aiuto di Akio, al quale volge un leggero ghigno che ha un che di tacita approvazione: per quanto sembri inutile alla luce del luogo in cui attualmente sono rinchiusi sono riusciti nuovamente a coordinarsi per ottenere il proprio scopo, e questo è tutto meno che scontato vista l'assoluta assenza di direttive da parte sua: che abbia sottovalutato le capacità dei propri sottoposti? O che forse nella propria assoluta ed invalicabile convinzione che fossero incapaci di imbastire una strategia da soli, si sia perso per strada parte delle loro capacità?
Tutte queste domande tuttavia rimangono senza risposta poiché poco dopo improvvisamente il demone decreta di alzarsi mosso da rinnovato vigore: che le sue parole abbiano avuto l'effetto desiderato? Per quanto voglia crederlo quella risata, quella sfera di chakra improvvisa, spingono in senso contrario dopotutto non ha chiesto il loro parere né tantomeno ha fatto qualcosa che non avrebbe potuto fare in ogni momento...sta crollando...saranno davvero liberi? Atterra al suolo, le mani si stringono sull'impugnatura metallica della pesante mannaia ancora mantenendo il proprio chakra in essa a volerle permettere sino all'ultimo di trattenere, forte di quella rinnovata larghezza, di trattenere un giocattolo potenzialmente molto pericoloso. Percepisce il proprio cuore battere all'impazzata mentre d'istinto non fa altro che seguire il consiglio del bijuu, abbassandosi e gli occhi non riescono -di nuovo- a distaccarsi dallo spettacolo apocalittico che gli si palesa innanzi agli occhi. La bocca si spalanca mentre si riscopre ad annaspare in cerca d'aria ed improvvisamente il proprio naso

...

Prende a percepire l'odore della sabbia e della roccia: sudore, lacrime...non sono semplici impressioni, qualunque cosa Matatabi abbia detto o fatto è evidentemente reale. Un ultimo sguardo al proprio etereo corpo, la spada improvvisamente torna alle proprie reali dimensioni mentre il proprio corpo prende a dissolversi lentamente come fosse fatto di niente se non fumo. Vuole sorridere, si sforza di farlo, eppure improvvisamente si accascia in ginocchio, il respiro che diviene sempre più pesante finché...

....

Non stramazza al suolo privo di forze, i muscoli si irrigidiscono mentre in un ultimo moto di puro egoismo infantile va a serrare la presa sulla propria spada, lo sguardo che si perde in quel soffitto scuro che man mano prende a dissolversi dai contorni, ed è improvvisamente il nulla.

Libertà



Cosa cazzo è successo....

Le uniche parole che potrebbe essere in grado di articolare non fluiscono dalla propria bocca ma piuttosto ne attraversano la mente. Istintivamente si sforza di muovere il proprio braccio destro ma da esso non ricava niente se non una crescente angoscia, una sensazione di assoluta impotenza che più passa il tempo più dimostra di permanere: qualunque fosse l'origine di quell'improvvisa ansia che lo ha preso proprio poco prima del rilascio della bijuudama non solo non è scomparsa ma anzi, non fa altro che aumentare.

non può finire così...

Si rifiuta di farla finita in questo modo: ha ancora molto, sin troppo da dare nonché da prendere. Ha ancora troppe ragioni per cui voler vivere, troppe per lasciarsi tutto alle spalle proprio adesso che tutto è finito. Non se lo vuole permettere, semplicemente non può.
Sente gli occhi gonfiarsi di lacrime eppure le palpebre ancora non riesce a farle schiudere, serra la propria mascella e così tutti i muscoli del proprio corpo mentre ogni singola fibra del proprio essere viene riposta nel tentativo di muovere una mano, svegliarsi. Un leggero ghigno di trionfo ne attraversa inconsciamente quelli che crede essere i suoi lineamenti nel momento in cui torna a percepire il selciato macchiato di roccia resistente del terreno, in quel campo di battaglia in cui non erano presenti soldati ma solo agnelli sacrificali: non è morto può ancora farcela. Ed all'improvviso un peso gli si scarica sullo sterno con la violenza di una valanga, percepisce quasi il dolore delle ossa spezzarsi eppure non una singola goccia di sangue a fuoriuscire dalla propria bocca, la schiena tuttavia s'inarca ed il corpo si distende all'improvviso in uno spasmo, questo lo percepisce bene. Eppure cosa potrebbe essere successo?
Gli occhi infine si spalancano e si ritrova in piedi, la gamba ferita assolutamente sana eppure non ha con sé la Kubikiri né il proprio rotolo del richiamo. L'ambiente in cui si ritrova è assolutamente sterile, una scogliera friabile che termina in una rupe a picco su un oceano tanto profondo da far sì che il fondale sia insondabile persino sotto di lui, ove dovrebbe essere meno profondo.
Si guarda attorno e tutto ciò che vede non è altro se non la distorsione di quel tratto di costa al cui largo ha veleggiato coi propri compagni quando ha sigillato il Tre Code.

...

Le acque si smuovono sotto di lui, un improvviso infrangersi sugli scogli che sino a poco prima non aveva prodotto alcun suono. Sente la scogliera per un istante tremare, eppure non fa minimamente caso a quel paio di sassi che, franando in mare, anticipano come probabilmente ed a breve lo shinobi potrebbe fare la stessa fine. Si affaccia, ha solo il coraggio -o la curiosità- di guardare in basso, e tutto ciò che trova è un solo, tremendamente familiare, occhio racchuso da una fortezza di rosso e verde marcio, chiaro.

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Improvvisamente si blocca: dove cazzo si trova, e come diamine ci è finito Isobu in quel luogo? No, deve essere per forza un incubo, non può esserci altra spiegazione, non può essere...

Di tutte le persone che potevo incontrare, il fato ha proprio voluto giocarmi un brutto scherzo per volermi qui, a parlare col mio aguzzino

Una voce profonda, roca e tremendamente calma, così calma da portare il ragazzo a tremare mentre nel momento successivo un secondo terremoto smuove improvvisamente la rupe ed essa non fa altro che crollare.

No...NO! Cosa stai dicendo, noi non stiamo parlando davvero, tu sei libero ora

In quella infinita caduta in cui il mare sembra irraggiungibile lascia fluire quei pensieri che tuttavia si traducono in una vera e propria parlata, pensieri sconnessi per una voce che quasi trema innanzi alla consapevolezza che no, il proprio personale incubo non è affatto concluso.

TU NON PUOI ESSERE QUA

Gli occhi rimangono spalancati e sente una improvvisa aria malsana avvolgergli le membra, la bocca che rimane spalancata mentre percepisce grumi di saliva discendere lungo la gola come fosse costantemente secca, e tutto ciò che riceve come risposta non è altro che una roca risata.

Eri così pronto a rinchiudermi...cosa mi avevi detto che non ricordo? Ah sì...che mi combattevi perché non ero libero alle tue condizioni mh?

La voce si fa improvvisamente carica di un rancore profondo, e solo allora realizza di trovarsi sul fondale di quel mare irraggiungibile. Respira tranquillamente, non ha alcun problema a sopravvivere nonostante sia in profondità. Non ha problemi a vedere nonostante non vi sia luce, ed improvvisamente Isobu azzera le distanze dal proprio volto, l'occhio del demone più grande della sua testa e quelle protuberanze corazzate che quasi picchiano contro la propria fronte.
Una mano, abbastanza grande e forte da poter stritolare intere montagne, lo afferra salvo poco dopo sollevarlo da terra: non oppone resistenza, non può.

Dimmi Kazuku...ti piacciono QUESTE condizioni?

Gli pone una semplice domanda e la propria bocca rimane aperta, fissandolo mentre le proprie mani istintivamente ricercano il contatto con quella del demone manco volesse aprirla con una forza che sente di non possedere.
Il controllo sul proprio corpo, percepisce lentamente come stia venendo meno: le membra sono improvvisamente rinvigorite da una spropositata quantità di chakra eppure sente gli occhi dilatarsi ed allungarsi, i denti farsi aguzzi e la mascella inferiore protendersi in avanti: non è vigore quello che sente, ma ciò che anticipa la morte. Il suo corpo non reggerà a lungo.

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Sei patetico, tanto sicuro di te stesso in gruppo eppure tanto...

basta....

Non può più sopportare tutto questo, non può farsi piegare. Sa di essere in errore, sa che Isobu ha tutte le ragioni del mondo per ucciderlo, ma lui non vuole morire.

BASTA

Il demone tace ora, sgrana l'enorme occhio come fosse stato colto alla sprovvista da quelle parole. Lo tiene ancora in mano e potrebbe facilmente spezzarlo con una leggera pressione eppure non lo fa, perché?

...basta scuse...non posso più reggerne altre...

Gli occhi che ricercano quello di lui, quelle parole che fluiscono dalla sua bocca come fossero nulla se non lo strillo di un ragazzino disperato, perché in fin dei conti è questo ciò che realmente è.

non sei nelle condizioni di rifiutarmi l'unica cosa che può impedirmi di ucciderti...quindi dimmi ragazzino...se non ti vuoi scusare, cosa pensi di offrirmi affinché non prenda il controllo del tuo corpo, e lo spezzi per il mio diletto?

E' furioso eppure gli vuole concedere una possibilità. Cosa significa prendere il controllo? E che ragioni deve offrire per vivere? I lineamenti del volto si distendono nel mentre che con profonda consapevolezza abbassa il proprio capo: l'unica cosa che può offrirgli è un senso a ciò che gli ha fatto. La presa di Isobu si rafforza, e nonostante la fitta ne ricerca nuovamente lo sguardo.

Io non ti..non ti devo alcuna scusa..so di averti fatto un torto enorme, so di averti tolto l'unica cosa che avevi...ma...

Al suo stesso incipit percepisce un ringhio sommesso da parte della creatura, e poco dopo si ritrova a...piangere. Un paio di lacrime discendono dalle guance di quello, evidente che non abbia gradito. Ma deve avere la forza per proseguire.

volevi il mio potere vero? per te e per il tuo villaggio, mi hai tolto la libertà per un capriccio infantile...e se una volta preso il tuo corpo tornassi a Kiri, a finire un lavoro che ero già stato in grado di cominciare senza sforzarmi?

Il petto si gonfia d'ira nel sentire quella minaccia. La mascella si serra e così le unghie cessano di grattare sulla pelle corazzata di quello: non distruggerà tutto ciò che ha creato.

IO NON HO MAI VOLUTO IL TUO POTERE IO VOLEVO...IO VOGLIO CHE KIRI PROSPERI E NON TI PERMETTERO' DI DISTRUGGERE TUTTO CIO' IN CUI CREDO, CHE RAPPRESENTO, PER MERA VENDETTA PERSONALE MI HAI SENTITO ISOBU? NON TE LO PERMETTERO'!

Con tutto sé stesso si sforza di muovere il braccio sinistro: vuole raccattare un kunai ed uccidersi finché è ancora in tempo per farlo, se non può batterlo con le proprie forze allora lo farà morire con lui, non distruggerà ciò che rappresenta, ciò che vuole incarnare.
Improvvisamente la presa del demone scema, e si ritrova con le natiche su quella rupe che poco prima era crollata. Innanzi a lui il demone che lo fissa, ancora.

Che sia una dimostrazione Kazuku...a differenza tua non commetto ignobili errori...né assegno così poco valore all'esistenza altrui

Ed a quelle parole ecco che scompare negli stessi flutti dai quali era fuoriuscito solo qualche istante prima. Il peso sul proprio corpo viene meno, ed ora riesce a percepire chiaramente il proprio battito cardiaco, il proprio respiro. Chiude gli occhi, cerca di concentrarsi e sente come dentro di sé vi sia qualcosa di nuovo. Di diverso, qualcosa di profondamente potente e pericoloso. Che fosse per questo che Isobu si riferisse alla possibilità di vendicarsi su tutto ciò che gli è di più caro? Che sia veramente diventato una parte di lui?
Lentamente, tornerà a riaprire gli occhi, i muscoli profondamente indolenziti e gli occhi sgranati di chi ha appena vissuto uno dei propri peggiori incubi. Qualunque cosa sia successa, qualunque cosa il Sanbi intendesse dire, lui ne verrà a capo...e scoprirà cosa sono ora, il perché di quella scena tanto chiara, eppure tanto surreale.
Ci riuscirà, o soccomberà provandoci






 
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view post Posted on 8/8/2018, 22:37
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♫ Peace ♫

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GdrOff// Continua da [Fase IV, Lacrime di un futuro passato] //Gdr On



In quel multiverso di stelle cadenti due scintille si apprestarono a ricongiungersi con il loro corpo terreno, in quel movimento ascendente seguirono una traiettoria a spirale, una danza ancestrale che sembrò portare quei due fuochi fatui a fondersi e scindersi in un processo senza fine. Lentamente le anime di Fujie e Yasei giunsero a destinazione e i loro occhi dorati si spalancarono all'unisono: fu come venire al mondo per la seconda volta. Forse il paragone è un po' estremo, possiamo dire altresì che fu come riemergere da un'immersione eterna e stordente per finire poi a tagliare un traguardo desiderato eppure al contempo inatteso: fu un po' come svegliarsi da un lungo incubo, uno di quelli ricorrenti che nel tempo era divenuto talmente familiare da essere perfino conciliante, un sogno a cui entrambi si sentivano inevitabilmente legati.
Distesi a terra i due di Suna furono tra i primi a riaversi e non servì scambiarsi sguardi per commentare il paesaggio avevano potuto osservare dall'alto: tornati alla vera Fukagizu non v'era più traccia delle rovine e uno ad uno migliaia di shinobi stavano magicamente riapparendo all'interno di quell'enorme cratere; della statua divoratrice non v'era traccia.


"Ha funzionato, Saiken ci aveva visto giusto eh?"

"È così.. caldo quaggiù."

Quella presenza, la voce familiare la portarono per un attimo a credere di essere stata ingannata dall'ennesima genjutsu del Rokubi. Silenzio e imbarazzo seguirono mentre acuendo i sensi la stessa Fujie capì che qualcosa non andava in lei o per meglio dire, qualcosa era cambiato nel suo chakra: qualcosa si era aggiunto e aveva vita propria. Elaborando a fatica l'accaduto collegò soltanto adesso cos'era quell'anima che aveva danzato con insieme a loro in quella discesa stellate, per qualche strano motivo Saiken era rimasto come legato al suo spirito e di conseguenza a quello di Yasei rendendo la loro simbiosi triplice.
Avvertirono il disagio del demone nel profondo accompagnato però da un sollievo. Come privato in parte delle sue ansie il lumacone che albergava in lei sembrò per lo più confuso, come se la scelta di essere li non fosse stata del tutto sua ma solo frutto degli eventi.


"C-cosa significa!? "

Esclamò senza controllo per poi riprendere il dialogo interiore con all'ascolto Yasei e il nuovo ospite.

"Vuoi dire che sarà sempre così d'ora in poi? "

Stranita e confusa al tempo stesso per ciò che percepiva presto finì per agitarsi e sudare freddo, questo non capendo se fosse una sua reazione naturale o se fosse solo frutto del disagio che provava il bijuu suo ospite. D'improvviso le sovvenne che agitarsi lo portava ad emettere quel puzzo tremendo e facendo dei respiri profondi cercò di controllarsi, non che fosse la regina dell'igiene - anzi - ma aveva la nausea al solo pensiero.
Un senso di vuoto, l'offesa, la vergogna e poi la fuga. Tornato silente Saiken divenne irraggiungibile per via di quel pensiero che Fujie aveva espresso, per farlo riaffacciare avrebbe dovuto faticare non poco: con un coinquilino così suscettibile si preannunciava una convivenza a dir poco complicata e nel vedere i suoi amici, Shou e Reiko avvicinarsi iniziò a versare lacrime senza controllo.


Reiko: "Fu-chan, tutto bene? 'Jei ma che succede?"

Shou: "Non l'ho mai vista così, nemmeno quando le abbiamo finito tutte le scorte che aveva in casa."

Non riuscì a spiccicare una parola, era troppo scombussolata per dire qualsiasi cosa, dischiuse le labbra ma poi riprese a singhiozzare e il lupo a guaire. Era felice di saperli vivi, felici di sentirgli dire che lo era anche Himura, Misato, Sun e tutti gli altri eppure.. eppure quella tristezza profonda risalì dalle sue viscere senza permetterle di godere di quel momento. Non erano vere lacrime di gioia e la causa era riconducibile ad un solo motivo: a Saiken e alla sua depressione senza fine.


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view post Posted on 9/8/2018, 22:44
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CITAZIONE
18k di feels, leggete a vostro rischio.




Essenza di vita, bagliore vivido non dissimile dalle vibranti stelle che splendevano in cielo, identica ma al tempo stesso unica in quella moltitudine di suoi simili.
Così galleggiava nell'etere l'anima di Masaru Takeda, in quell'oceano di anime. Il dolore lasciò spazio ad una sensazione di benessere e di pace, non si era mai sentita tanto leggera in vita sua, era come se il peso di qualsiasi vincolo o preoccupazione terrena non ci fossero mai stati.
Era qualcosa di indescrivibile, piacevole, assuefacente. Le balzò alla mente persino l'idea di non tornarci più, in quel corpo che andava martoriandosi in modo crescente, a quella vita terrena che le stava semplicemente troppo stretta.
Oh, quanto grande era il desiderio che quegli istanti si congelassero per sempre, al diavolo tutti! Finalmente era libera! Sarebbe persino potuta tornare da Ryunosuke, volendo...

Tuttavia c'era anche quella parte estremamente razionale di sé che proprio non ce la faceva a lasciarsi morire così, non dopo tutta la fatica che aveva dovuto fare per arrivare ancora incolume fino a quel giorno.
Si prese qualche istante, giusto il tempo di decidere la prossima mossa, allora avanzò per unirsi a quella pioggia mistica, individuando il suo corpo fisico.
Davvero un peccato che qualcosa di strano sarebbe accaduto alla kunoichi di Iwa, non ebbe neppure il tempo di scacciarlo quell'ospite sgradito, non di esprimersi, né di riflettere abbastanza...




♤♤♤♤♤




Il mondo attorno alla Jinton cambiò, ancora una volta, in un batter d'occhio. La placida calma si disgregò in una tempesta di sabbia, là tra quelle rovine tanto anonime quanto affascinanti, eppure non aveva alcun effetto fisico su di lei se non quello di ridurre il suo raggio visivo, attenuando la pallida luce della luna, che appariva fortemente offuscata all'apice celeste.

Alle orecchie della kunoichi arrivava solo il suono strisciante e granuloso della tempesta. Quel luogo dava un senso di caos, desolazione e disorientamento, non esattamente il migliore dei posti dove poter finire, ancor meno se da soli.
Si trovava su un ginocchio la ragazza, confusa e ancora abbastanza scossa per la piega che avevano preso le cose. Almeno per lei. Se non altro portava ancora addosso il suo equipaggiamento ed i vestiti, nonché i segni indelebili del sigillo.
Cercò di stabilizzare il pulsare del suo cuore, valutò la situazione e studiò le varie possibilità. Senza perdere tanto tempo avvicinò la mano al suolo e fu allora che lo vide...

nella sabbia...

quel colore...



L'istante in cui ne ebbe consapevolezza la Takeda s'irrigidì, perdendo un battito, i suoi occhi si spalancarono, la sua mano si fermò tremante a mezz'aria e da quel momento iniziarono davvero i guai: la sabbia che si trovava attorno si mosse proprio in quel punto dinnanzi a lei, come smossa dalla sua realizzazione.
L'istinto agì per la giovane, un balzo all'indietro ed ella evitò per un soffio il braccio enorme che era schizzato fuori dal sottosuolo, alto come una palazzina.
Un terremoto si manifestò a preludio del suo arrivo, così il resto del corpo di cui era formata la bestia esplose fuori, distruggendo quelle rovine che erano rimaste in piedi e lanciando in aria numerosi detriti, facendo vibrare quel luogo con l'eco imponente del suo ruggito.
Dall'aspetto sembrava proprio lui, ma c'era qualcosa di diverso nelle sfumature del manto e delle striature, anche gli occhi erano di un colore leggermente diverso.

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La ragazza non dovette schivare solo i detriti, nonostante lo sgomento iniziale ella riuscì a riprendersi piuttosto in fretta e ad eludere le furiose zampate della bestia usando la sostituzione, facendo agili balzi a zigzag tra una roccia e l'altra con l'ausilio del chakra ed utilizzando le ninjutsu.


"È INUTILE! NON PUOI SFUGGIRMI!!"


Senza fermarsi un istante Masaru preparò i dardi per la balestra, caricandoli di chakra del Doton prima di scoccarli uno ad uno contro Shukaku, non nella speranza di sconfiggerlo, ma piuttosto per vederne la reazione. Non provò neppure a schivarli lui, esse in un primo momento colpirono il bersaglio al collo ma, ben presto vennero assorbite dalla materia di cui era composto.


Tsk...


la kunoichi si trovò a schivare i suoi stessi kunai, che il monocoda le aveva sputato contro dalle fauci spalancate.


"COSA CREDI DI FARE, MISERABILE UMANA?"


La sua voce riecheggiò con forza nella sua mente. A dirla tutta, se quello che aveva in mente fosse andato in fumo, non era certa nemmeno lei di cos'avrebbe fatto oltre che continuare a fronteggiarlo.
Aver visto la Tsuchikage dare contro al Bijuu, farlo ululare di dolore con la Tsuchinoko, le aveva in qualche modo ridato la sicurezza. Quelle bestie non erano poi così onnipotenti, per quanto immortali, specie visto che erano state imprigionate in tutti quegli anni sino a quel momento, senza che potessero uscirne da sole.
Non poteva comunque concedersi il lusso di sottovalutarlo, era quanto di più micidiale e pericoloso si fosse mai trovata a dover fronteggiare.


"Evito di farmi sopprimere!


Neanche a dirlo, la Jinton aveva di già preparato un polimero e glielo lanciò contro, disintegrando la grossa zampa destra della bestia. Approfittò quindi del fatto che egli fosse distratto a controllare il suo arto per lanciargli contro degli shuriken.
Nel momento in cui furono abbastanza vicini, essi emisero un'esplosione vigorosa, segno che gli aveva immesso una quantità notevole di chakra. Quattro erano gli shuriken lanciati, quattro deflagrazioni in punti diversi del titano, che si ritrovò pesantemente deformato da quegli impatti.
Quel che ne rimase si disperse nell'aria, mescolandosi ai granelli trasportati dal vento.

Poco convinta da quella piccola vittoria, il ninja della Polvere assottigliò lo sguardo, guardandosi attorno con sospetto, osservando la tempesta scemare fino a svanire completamente.
La polvere galleggiava nell'aria statica e il silenzio rendeva possibile sentire la sensazione di vuoto infinito che permeava nel luogo, accentuato dalla possibilità per la ragazza di vedere finalmente oltre il palmo del suo naso.

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La luna che brillava in cielo si rivelò essere in realtà un potente bagliore di luce, di sicuro la sua meta per poter uscire indenne da quello schifo, ed illuminò il perimetro entro il quale si trovava, rivelando che ovunque lei si girasse, a un certo punto esso finiva con un crepaccio.
Osservando dal bordo poté notare l'oscurità profonda che minacciava di inghiottirla, neppure voleva pensare a cosa avrebbe significato cadere là sotto.

Ma basta indugiare, doveva andarsene di lì ed al più presto, prima che il bestione si riprendesse. La sua via di salvezza era parecchio in alto e si trovava a qualche metro dal bordo dinnanzi a sé, sospesa nel vuoto.
Eseguì i sigilli necessari a quanto aveva in mente, dopodiché utilizzò le ninjutsu di doton per crearsi una strada, attraverso muri e spuntoni rocciosi, aiutandosi con la jutsu per camminare sulle superfici, sfrecciando più veloce con la tecnica di clan.
Ci stava riuscendo, poteva sentire la temperatura cambiare per via della vicinanza, poteva quasi toccarla quella stella rilucente...

Ma qualcosa accadde, mentre stava prendendo lo slancio finale, la superficie sulla quale poggiava si disgregò nel nulla e lei si ritrovò a cadere verso il baratro.


Maledizione!!


Il panico cominciò a montarle, ma non poteva lasciarsi andare ad esso.


Pensa Masaru, pensa!


Il bordo era un po' lontano, ma volle correre il rischio. Tanto fulminee che le ombre dei movimenti erano visibili, sfocate, le sue mani eseguivano i sigilli a memoria hon appena lei pensava alla jutsu da usare. Come sempre.
Un enorme spuntone venne fuori dalla parete rocciosa di fianco alla quale si trovò, così lei utilizzò nuovamente la jutsu della sostituzione con uno dei suoi kunai e lo lanciò verso la parte più stabile della roccia.
La strategia ebbe successo e lei trasse un sospiro di sollievo, appena prima di venire afferrata d'improvviso, e con... delicatezza, da una mano gigante, che la trascinò indietro nelle viscere della parete, a velocità folle, quindi verso l'alto sino a che non si trovò nuovamente in superfice, quando il pugno si aprì a darle una libertà effimera.


"TI ASSICURO CHE STAI FACENDO L'ESATTO CONTRARIO!"


la riprese lui in risposta alla precedente affermazione, non senza una certa irritazione nella voce cavernosa, infischiandosene che la ragazza si stava ancora riprendendo da quel brutto viaggio. Lei, misero insetto in confronto, che aveva osato attaccarlo, rispondergli a tono, rifiutarlo.
Per quanto le azioni della mortale erano mosse dal desiderio di vivere, per quanto potesse apparire tenace, determinata. Quella mocciosa gli aveva comunque. Mancato.

DI.

R I S P E T T O !!

"VOLEVI LE MANIERE FORTI?! ACCONTENTATA!!"


Un attacco schietto nel colpirla con la coda, un impatto non dissimile a quello che si potrebbe avere schiantandosi a tutta forza con una montagna, ruzzolò a terra dopo diversi metri di volo, fu un miracolo per lei sopravvivere a un simile colpo e fermarsi poco prima che il suolo si concludesse nel vuoto. Peccato che venne colpita da una grossa sfera di fuuton, che la sbalzò nel vuoto.
Successivamente il talpone usò la sola forza di volontà per trascinarla a gran velocità nuovamente dinnanzi a lui, attraverso il controllo di qualsivoglia pezzo di metallo ella avesse addosso.

Il respiro era erratico, affannoso; la polvere la ricopriva; il dolore era ovunque e terribile, un rivolo di sangue le scendeva dalle labbra e gli occhiali... beh, quelli li aveva persi durante la sua prima caduta.
Si rialzò malamente sulle ginocchia ma, il suolo sotto i suoi piedi cominciò a sprofondare, e lei con esso. La via d'uscita era coperta alla visuale dal mastodontico corpo della talpa.


Sabbie mobili!


Tentò di utilizzare una jutsu per tirarsi fuori, questo fin quando non sentì letteralmente il Bijuu prendere il controllo di quella porzione di corpo colpita dal famigerato sigillo presente in lei. Le sabbie mobili si fermarono fino a metà vita, eppure non per questo passò la sua agonia.
Con noncuranza la bestia dominò ogni singolo granello di polvere, roccia e sabbia, ed altri elementi affinché prima le braccia di lei si allontanassero l'una dall'altra, impedendole di formare qualsivoglia tecnica, dopodiché iniziò a manipolare il legame che vincolava quei medesimi granelli a compattarsi in modo omogeneo, dominandolo affinché essi cominciassero a contorcersi, a tirare, a stringere.

Qualsiasi cosa egli facesse era in ogni caso una fonte di pura sofferenza per la kunoichi, che si piegò in avanti, a testa bassa, stringendo le palpebre e digrignando i denti, al punto che per poco rischiava di spezzarseli.
Un gemito di dolore sfuggì alla giovane, uno tra gli innumerevoli che minacciavano di venirle fuori dalle labbra, serrate in una smorfia, per il gaudio del monocoda che le sorrideva malevolo.
Durò così per i minuti più interminabili che Masaru ebbe mai dovuto passare, sino a quando non stette per stritolarle il cuore, facendola boccheggiare senza emettere alcun suono, solo allora, a metà di quel processo, la sua tortura finì e la ragazza si lasciò cadere in avanti, quel tanto che la polvere blu le concesse, poiché le era salita fino al collo e aveva ancora al suolo le sue mani, bloccandola.


"E adesso sta' buona un po'! Non ti faccio niente... per ora,"
brontolò l'Ichibi nuovamente irritato, avvicinando il muso e fissandola con sguardo concentrato sotto gli ochietti gialli.

"Se mi trovo qui ora e non ti ho ancora uccisa è perché mi serve un corpo,"
rispose alla domanda che lei aveva in testa, in modo quasi indifferente, "sentiti lusingata di essere stata da me scelta per questo divino compito. A te la scelta: o accetti e mi ospiti senza resistere oppure ti rifiuti, in quel caso potrei ucciderti e trovarmi qualcun'altro, o decidere prendermi tutto con la forza..."

A quelle parole la Jinton tirò indietro la testa, sollevando lo sguardo e stringendo i denti in preda al dolore, sentendo il cercoterio superare le barriere che aveva eretto e che la legavano al suo corpo fisico, sentendolo mentre cercava di entrare nei suoi ricordi. Lei combatté per resistere, per riacquisire il controllo, fece quanto in suo potere.



♤♤♤♤♤





D'improvviso, all'esterno, chiunque dei presenti che le era vicino e le prestava attenzione avrebbe visto la ragazza piegarsi in uno spasmo lungo e agonizzante, ed il suo volto contrarsi dal dolore, avrebbero assistito al comparire sulla sua pelle di striature nere pari a quelle di Shukaku, alle sue unghie divenire artigli ed ai denti mutare in delle zanne che sarebbero state meglio ad uno squalo.
L'avrebbero osservata mentre ella si sedeva, con gli occhi color ocra che li fissavano uno ad uno e la smorfia minacciosa che si curvava in un sorriso crudele nel percepire il loro timore, frattanto che dal petto si sollevava un ringhiare sommesso, sovrannaturale.

Sarebbe durato pochissimo, dopodiché l'avrebbero vista tornare normale, perdere quell'indole meschina e minacciosa, mostrando chiaramente di esser pesanetemente provata e sofferente. Il respiro era affannato, lento, e da dietro le ciocche la luce di determinazione che di solito era presente nei suoi occhi appariva flebile, smorta.
Lo sguardo era basso, perso chissà dove, qualunque cosa avessero detto o fatto gli altri in quel breve istante in cui rimase ferma in quello stato, ella non avrebbe recepito, avrebbe semplicemente roteato all'indietro gli occhi nel ricadere, ritornando nel sonno profondo di cui era preda senza più muoversi, solo il respiro quieto a palesare il suo continuo vivere.



♤♤♤♤♤




Volendo la bestia avrebbe potuto prendersi tutto il pacchetto senza permesso, sarebbe stato logico ma anche poco furbo e lui non era un idiota: perché sprecare continue energie per tenerla a bada quando poteva renderla docile dall'inizio? A modo suo ovviamente. E in ogni caso, se l'accordo fosse andato a buon fine, si sarebbe divertito un mondo a torturarla.

Durante tutto il suo bel discorsetto c'era stato il silenzio, e sempre il silenzio gli rispose, poiché la Takeda tenne lo sguardo altrove, chiusa in sé stessa, con poca voglia di dire alcunché in quel momento.

Perché?

Perché proprio lei era finita in quel continuo dell'incubo, lei che, come il resto della squadra, aveva dato tutta sé stessa per cercare di uscirne?

Perché non poteva godere anche lei della stramaledettissima libertà che si era guadagnata?

Ma soprattutto, perché mai ogni volta doveva finire così con lei? A venire sballottata senza pietà da un aguzzino all'altro, per l'ennesima volta, con ognuno di essi ancor più terribile del suo predecessore.

Quest'ultimo era probabilmente il più devastante in assoluto per la Takeda, che non sapeva quanto ancora sarebbe riuscita a reggere l'elevata tensione di quella assurda vicenda, la quale continuava a metterla alla prova fino allo strenuo. Come se la sua vita non fosse già abbastanza pessima.


"NON OSARE IGNORARMI, MORTALE!!"
tuonò il demone, ancora una volta furioso per quella piccola impertinente, accostando il muso a lei, che serrò la mascella e si spinse indietro nel desiderio di allontanarsi da lui.

"Cosa dovrei dire?"
enunciò lei, sollevando finalmente lo sguardo, che nonostante esprimesse calma quel suo lieve cipiglio tradiva disprezzo e rancore, per quanto presenti anche il timore e la stanchezza, "non sei esattamente un esempio da seguire quanto a gentilezza e al momento mi trovo con le mani legate."

Lo sentì ringhiare sommessamente mentre egli si raddrizzava, infastidito, era certa che l'avrebbe attaccata ancora una volta eppure, incredibile a dirsi, l'ondata di dolore che la investì fu perché il gigante le stava rimettendo al loro posto le braccia che le aveva girato di proposito, nel frattempo sentì la presa su di sé allentare e, inizialmente esitante, quando si mosse constatò che era libera.
Con le forze che le erano rimaste uscì allora dalla fossa sabbiosa entro la quale si trovava, togliendosi di dosso ogni residuo di polvere blu prima che egli potesse cambiare idea.


"Adesso non hai più scuse,"
sentenziò lui inamovibile, attendendo nuovamente una risposta.

"E sia allora, se vuoi una risposta,"
esordì lei con calma, massaggiandosi e muovendo le braccia ancora indolenzite, "tu sei venuto fin qui, brutalmente, senza neanche bussare, non ti sei neanche presentato come si deve, sei spuntato fuori e mi hai attaccata, poi mi hai torturata, hai preso il controllo del mio corpo con la forza, e ancora adesso mi minacci, tutto perché vuoi potertene stare qui, nel mio corpo, per motivi a me ignoti e pretendendo la mia accondiscendenza, sempre forzata, quindi spiegami di nuovo, quale sarebbe per me il vantaggio in tutto ciò, oltre alla possibilità di vivere?"

Se fosse stato umano si sarebbe potuto dire che era rosso in volto dalla rabbia, ma il perché stavolta non avesse attaccato solo i Kami potevano saperlo.


"E che ti aspettavi? Un mazzo di fiori?"
ribatté a tono, "ricorda che sono stati i tuoi avi ad iniziare questo ciclone d'odio, mortale, loro ci hanno tradito e causato indicibile sofferenza, al confronto quello che hai vissuto tu oggi è un granello di essa."

"Qualcuno poi dovrà spiegarmi perché devo essere io a pagare per le scelte di idioti che neanche conosco, come quei bastardi del Taisei e del Kyo Dan,"
sospirò lei incrociando le braccia, stufa di tutta quella storia che altro non aveva portato oltre ai guai, "francamente, fino a poco tempo fa ignoravo del tutto la vostra esistenza."

Il Bijuu sembrò ponderare con interesse a quelle parole, ma non disse nulla a riguardo.


"Tornando a noi, la mia divina clemenza non ti è già sufficiente?"
le chiese con evidente fastidio, eppur sapeva lui cosa fare, per quel poco che era riuscito a leggere nella mente della ragazza, "se mi ospiti, automaticamente condividerai con me i miei immensi poteri."



Fregiandosi di aver colpito nel segno, vide che per la prima volta da quando si sono incontrati, quel dettaglio attirò totalmente l'interesse della ragazza, la quale abbassò lo sguardo, riflettendoci per un momento. Istintivamente posò gli occhi sulla sabbia blu che prima la teneva bloccata, alla mercé del monocoda, rammentando con dubbio e diffidenza. Allora le iridi color argento si spostarono in alto, a fissarlo.


"Il potere è nulla senza controllo, come sono certa che mi darai l'uno ma non l'altro?"
gli chiese lei con cautela, inumidendosi le labbra.

In quel momento lo sentì ringhiare nuovamente e il vento tornò a farsi tempesta, inibendo anche quel po' di luce che c'era. Un bagliore azzurro si sprigionò sotto di lei e la ragazza poté osservare la sabbia che minacciava di bloccarla di nuovo.


"Non sfidare la tua fortuna, ragazzina,"
detto ciò, la quiete riprese l'egemonia e la sabbia si spense, tornando normale, così lui enunciò le prossime parole accostando nuovamente il muso alla Takeda, non senza un malevolo gaudio nel tono minaccioso, "non sono mica quel babbeo di mio fratello Chomei, io. Sarai anche una mortale interessante ma il tuo atteggiamento non ti porterà molto lontana.

"Mi hai continuamente provocato, sappi dunque che durante il tuo sonno prenderò il controllo assoluto e farò sterminio nel mondo."

"Per quel che m'importa del mondo,"
ribatté lei con indifferenza, voltandogli le spalle ed osservando le rovine, "davvero un peccato che io sia obbligata a viverci."

La potente risata del demone riverberò, facendo tremare la terra, seguita da quell'affermazione canzonatoria:


" S t a i - m e n t e n d o ! "


e la kunoichi della Polvere se lo rivide rigenerarsi davanti a lei,
"davvero una recita carina la tua, ma io so che non è così."

Neanche a dirlo, dalle polveri presero forma davanti ai suoi occhi delle figure, in apparenza anonime ma, sfortunatamente per lei fin troppo familiari. C'era solo un modo per lui di sapere e come tale spiegava i suoi mal di testa iniziali, era come per la Tsuchikage con Chomei. Fece del suo meglio per non manifestare emozione alcuna all'idea che lui sapesse.


"Mh,"
continuò il talpone titanico, fingendo di riflettere, "le cose sono due, o stai fingendo di odiare tutti oppure fingi di amare questi mortali e sei davvero una umana senza cuore. Esiste un solo modo per saperlo..."

Ci fu qualcosa nel tono del Bijuu che le fece trillare un campanello d'allarme in testa, i suoi dubbi mutarono in certezze nel momento in cui lei lo vide curvare le labbra sabbiose in un ghigno crudele, disgregandosi assieme alle figure, e sentì di nuovo quel dolore terribile, con esso percepì il legame con il corpo fisico che si indeboliva.
Era preoccupata, disperata, ma anche estremamente furiosa, cadde in ginocchio e da quel momento non riuscì più a contenersi: potente, carico d'odio, rabbia e disprezzo, così la kunoichi lanciò con quanto fiato aveva in corpo quell'urlo, che riecheggiò con vigore nell'aria, anche dopo che lei si fermò. Difficile dire se era rivolto unicamente al Bijuu.

Gli occhi erano chiusi e le labbra serrate in una smorfia, perché sapeva di stare facendo il suo gioco ma sapeva anche di non avere molta scelta, avrebbe dovuto comunque accettare, la testa bassa e le spalle afflosciate palesavano rassegnazione a quella certezza.


"Va bene,"
disse a fior di labbra, quando lo sentì smettere ciò che aveva intenzione di fare e rigenerarsi, "dimmi le tue condizioni."

"Ahhh, adesso ragioniamo, non era poi così difficile,"
affermò Shukaku colmo di compiacenza per essere riuscito a piegare quella ferrea anima al suo volere, alle seguenti parole tuttavia il suo tono mutò, "ma sappi che siamo solo all'inizio."

Due poli opposti, per quanto simili su alcuni aspetti, istinto e logica, mortale e immortale. Allo stesso modo in quel momento si trovarono a reagire in modi opposti dinnanzi alla sua accondiscendenza: lei, facendo emergere in silenzio lacrime amare; lui, allietandosene e permeando l'aria del suo quieto riderne.



OfQDTgZ

CITAZIONE
18k, sti ciufoli. è.è
Comunque, anche se sembra, non si è concluso nessun accordo. Era questo che intendeva lui con "non è finita". Spero di non aver sforato, anche se a me pare di no.
Scrivere questo post è stato più devastante per me che per lei, so fuckin' sorry my dear, mi farò perdonare, prometto. ;___;
 
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view post Posted on 13/8/2018, 20:43
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CITAZIONE
Prima parte del Post: Png Di Kumo.
Seconda parte del post: Eiji e Kokuoh.

Ichigo

Niko

Sanmaru

Kokuoh

Ma non c'erano solo persone che combattevano dentro al Gedo per liberarsi, vi erano anche altri che s'impegnavano per aiutare quelli che ormai erano caduti. La speranza era l'ultima a morire, questo motto era ciò che muoveva le forze di Kumo. Bisognava fare in modo di neutralizzare quella statua e bisognava farlo il più velocemente possibile. Le persone cadute a terra parevano essere prive di vita, prive di ogni chakra, eppure qualcosa spingeva Sayuri a credere che fossero ancora vivi. Sarebbe stata una fine sin troppo impietosa per quel foltissimo numero di grandi anime che in vita avevano combattuto e sacrificato molto per i loro ideali. L'unica consapevolezza era quella che da soli non avrebbero potuto fare molto.

Camminava con passo spedito e con sguardo severo dipinto in volto. Doveva mostrarsi forte, sia per Kumo che per i suoi sottoposti. Se si fosse permessa anche la più misera delle esitazioni, allora tutto il gruppo ne avrebbe risentito. Come preannunciato, il piano era quello di trovare l'appoggio degli altri villaggi. La cooperazione si sarebbe dimostrata fondamentale. Anche se Kumo non aveva ancora preso una posizione nei riguardi delle due fazioni, in questo momento la vita dei fratelli era più importante di qualsiasi altra cosa. Tra i superstiti dei vari villaggi i primi con cui riuscirono ad entrare in contatto furono proprio quelli di Konoha. Anche loro guidati da un Jonin del quale però non sarò certo io a parlare.
- La situazione sembra proprio essere tragica. - Queste furono le prime parole della Jonin rivolte a quello che aveva inquadrato come capo. Lo squadrò per qualche secondo per poi sorridere con fare gentile. Nonostante la situazione, cercava di mantenere un certo grado di cordialità. - Dobbiamo fare qualcosa, non posso vedere i miei fratelli a terra, abbandonati a loro stessi in quel modo. - Continuava ad analizzare il circondario con sguardo serio. La sua mente vagava tra le mille possibili opzioni che avrebbero potuto garantire loro una vittoria. Erano tante, troppe, ma nessuna di queste rappresentava una certezza. Incognite su incognite, a partire da cosa avesse effettivamente colpito quei poveretti. - Direi che questo è il momento di collaborare per il bene comune. Sarò ben lieta di condividere le nostre informazioni con voi e di aiutarvi a recuperare i vostri soldati, a patto che voi facciate lo stesso. - Mentre queste parole venivano proferite, anche altri ninja provenienti dai più disparati villaggi si facevano vicino. L'intento di tutti era comune, come anche il loro desiderio di veder tornare indietro le persone care.

Iniziarono quindi alcuni preparativi. L'idea era quella di mettere in atto alcuni diversivi per distrarre quei tentacoli in modo da permettere il recupero dei corpo più lontani dalla statua. Da qualche parte bisognava pur iniziare. Non conoscendo le vere capacità del proprio nemico, il tutto si basava semplicemente su speranze e supposizioni. Inizialmente vennero portati alcuni attacchi ai danni degli stessi, in modo da eliminarli o, almeno di rallentarne i movimenti. Sfortunatamente questi tentativi non ebbero un grande successo, anzi. I ninja incaricati di recuperare i corpi rischiarono quasi tutti di essere travolti dai tentacoli. La maggior parte riuscì a ritirarsi indenne, ma alcuni non furono così fortunati. Caddero vittima dello stesso carnefice che aveva mietuto così tante vittime in così poco tempo. Sayuri era parecchio infastidita dalla cosa, eppure continuava a nasconderlo con tutte le sue forze. I tentativi andavano avanti. Ancora ed ancora. Vennero innalzati alcuni muri protettivi, simili a barriere, con l'ausilio delle tecniche della gomma, della terra, calce e sabbia il tutto per dare anche solo un misero spiraglio ai soldati più veloci. Questi tentativi risultarono già più efficaci. I tentacoli venivano effettivamente ostacolati dalle mura, ma il tutto non fu privo di vittime. Alcuni corpi venero recuperati, ma quasi altrettanti cadevano sotto le spire degli assalitori. Il tutto procedeva lentamente, troppo lentamente. Il tempo scorreva e le idee iniziavano a diventare sempre meno.





-GdrOff- [Fase IV] Nuvole Galoppanti - GdrOn-

Hey Bro! Torni a casa anche tu?



Poi qualcosa cambiò in modo totalmente repentino e inaspettato. Una sensazione strana pervase quella che era ancora solo l'anima del nostro Chunin. Era come se qualcosa si stesse avvicinando troppo. Come se quell'altra anima che pareva intenzionata a seguirlo, non fosse solo li per quello. Era piacevole sotto certi punti di vista, ma invadente sotto altri. Non riusciva bene a spiegarsi cosa stesse avvenendo, ma era come percorso da una strana energia. Come se non fosse più solo. - The fuck man?! - Intontito e disorientato, non capiva come tutto questo potesse essere possibile. Era ancora lui, solo lui, ma allo stesso tempo non lo era più. Non aveva nemmeno messo piede nel suo corpo che già incominciavano altri casini. Insomma, sembrava che la sfiga non smettesse mai di tormentarlo.

Chiuse gli occhi e quando li riaprì il circondario era differente. Un secondo prima la sua anima svolazzava per Fukagizu, un secondo dopo si trovava in quella che pareva essere una prateria a tutti gli effetti. Il verde dominava tutto il circondario collegandosi direttamente con il cielo stesso. Niente a disturbare l'orizzonte se non un piccolo ruscello dall'acqua cristallina ed un lontano albero di ciliegio in fiore. Il sole era ormai tramontato, lasciando spazio ad un cielo ricolmo di stelle e pianeti. Il tutto risultava completamente surreale agli occhi del ragazzo che ancora non si capacitava di quello che stesse accadendo. Una leggera brezza accarezzava la sua pelle. Era piacevole, molto. Inspirava ed espirava a pieni polmoni. Era uno di quei posti che tanto gli piacevano, dove ogni cosa aveva un inizio ed una fine nella più completa pace dei sensi. Era solo, o almeno così credeva, il che gli fece subito pensare ad un qualcosa di particolare.
- HOLY SHIT! NON SARO' MICA CREPATO?! - Il tutto lasciava intendere che quello fosse una specie di paradiso terrestre. Forse la sua anima aveva esitato troppo a ricongiungersi al corpo e si era persa nel nulla. Catapultata in quel luogo da sogno.



Non proprio, giovane umano.



Una mastodontica voce comparve dal nulla, rompendo il silenzio di quel luogo. L'animo del ragazzo sussultò. Aveva già udito quel timbro non molto tempo prima. Era famigliare e, allo stesso tempo, allarmante. Si voltò lentamente, trovandosi davanti all’enorme bestia che aveva fatto lui da taxi durante l'avventura appena conclusa. Kokuoh lo osservava dall'alto in basso. Immobile ed impassibile.





WHAT THE FUCK BRO!? CHE CI FAI NEL MIO PARADISO!? - Questa fu la primissima reazione del ragazzo alla vista del Bijuu. Ancora una volta quell'essere non si scompose di una virgola, continuando ad osservare il chunin con quei suoi enormi occhi azzurri contornati di rosso. Ridacchiò un poco nel constatare che, comunque, il Chunin non pareva propriamente spaventato dalla sua presenza. Effettivamente Eiji si era abbastanza abituato ad avere a che fare con il Gobi. Avevano collaborato già un paio di volte e, nonostante fosse scampato alla morte di poco durante il loro primo incontro, la seconda volta era stata un successo.

Ti ho già detto che non sei morto. Siamo dentro di te, nel mio desiderio. - Dentro di me? Cosa intendi dire? Non dovremmo mica scappare da qualche altra bestia cagacazzo spero?! - Nulla di tutto ciò. Io ti ho scelto. Sono diventato parte i te nel momento stesso in cui il Gedo è esploso. Tu ospiterai il mio essere. - Era serio. Sin troppo serio perché il ragazzo percepisse anche solo un misero sentore di sarcasmo. Che fosse vero? Che fossero davvero diventati un tutt'uno? Com'era possibile tutto ciò? Poi perché, fra le migliaia di ninja valorosi che erano stati risucchiati, proprio lui era stato scelto? -



U what bro!? Cosa dovrei fare io di preciso? - Espressione da completo rincoglionito, così come anche il tono di voce. Per un secondo sentì la sua testa girare. Prima si era creduto morto, poi era apparso il Gobi a dirgli che si era fuso con lui. Insomma. Era un po' troppo da ingerire in una sola volta. Doveva prendere fiato. Si lasciò andare a terra, impattando con il verde di quel prato che pareva estendersi all'infinito. Gambe e braccia larghe con gli occhi che fissavano le luci ed i pianeti in quel cielo notturno. - Hai detto che siamo nel tuo sogno... cosa intendevi? - Se non ricordo male, la prima volta che ci siamo incontrati non ci hai messo molto a comprendere quale fosse il mio più grande desiderio. - Freedom... - Esattamente. Libertà. Io sarò parte di te e starò in questo luogo. Immenso, infinito e completamente libero. Un posto dove nessuno potrà disturbarmi in alcun modo. - E che ne è stato del tuo desiderio di vendetta? Inoltre anche questa è una prigione sotto certo punti di vista... Don't ya think? - Valuterò il da farsi a tempo debito. Sappi questo. Non mi fido ancora degli umani, come non mi fido ancora di te. Nonostante tutto le tue parole e le tue azioni mi hanno leggermente colpito. Forse sei un po' meno peggio del resto della tua razza, giovane figlio di Gen... Umano. - Bhe, se davvero staremo assieme così a lungo, avrò tempo di farti cambiare idea su molte cose allora... Eheh... -

Attorno a loro ancora calma piatta. Nessun rumore se non quello delle parole trascinate via dal vento. Una specie di silenzio imbarazzante si creò tra i due. Strano, ma Eiji non sapeva bene cosa dire, quindi non perse troppo tempo a pensare e riprende la chiacchierata, prima che la bestia decidesse di troncarla. - Mmmh... Listen up... Cosa ci guadagno io a farti da ospite? Dopotutto questo è il mio corpo, il mio essere... Se non ti volessi con me?! - Il Gobi si levò sulle zampe posteriori e i due zoccoli anteriori impattarono con forza contro il terreno. Un rumore sordo pervase il circondario, echeggiando fino a perdersi del tutto. Lo spostamento d'aria spinse via il ragazzo, che rotolò un poco per poi ritrovarsi seduto, rivolto verso Kokuoh. - TU NON HAI SCELTA. Se deciderai di rifiutarmi, mi impossesserò del tuo corpo e ti priverò della volontà stessa. - Fece una piccola pausa, perdendo i suoi occhi dentro a quelli smeraldini del ragazzo. - Ma qualcosa mi dice che non sarà necessario. - Eiji sorrise divertito. Lo aveva preso leggermente in giro. Non gli era nemmeno passata nell'anticamera del cervello l'idea di rifiutare un dono tanto grande. - In ogni caso, diciamo che potrei decidere di concederti parte del mio potere una volta ogni tanto, quando la situazione lo richiede. Non dimenticarti chi sono. Non dimenticarti cosa sono e cosa posso fare. Tu brami la forza per proteggere quello che ami, io posso fornirtela. - Well... Seems good to me... - Per quanto riguarda il discorso della prigionia... Non pensare che mi faccia impazzire condividere il corpo con te, però al momento è la migliore delle mie opzioni. - Beh, sicuramente il posto è migliore dell'altra volta... E poi non sarai mai da solo adesso! Ci sono anche loro! - Le sue falci. Si era quasi scordato di loro non vedendole. Eppure lo avevano seguito all'interno del Gedo e anche adesso erano li con lui, in attesa. Nel momento stesso in cui vennero nominate comparvero tutte e tre, volteggiando attorno al ragazzo. Kokuoh esitò qualche istante. Erano armi. Pericolose armi umane. Eppure il giovane Eiji non pareva aver alcuna intenzione di attaccare. - Loro sono Ichigo, Niko e Samaru. Sono miei amici e compagni fidati e da oggi saranno anche i tuoi! - Guarda che mi so presentare da solo, piccolo ritardato. E lui? cosa ci fa qui? Non stavamo già abbastanza stretti? - Chi? Tu e il tuo ego? Eheheh... - Non dargli ascolto signor Kokuoh. Molto piacere, sono felice di averla qui con noi. E tu Ichigo, impara a portare rispetto. - Uuuh nice! Un nuovo amico! - Eccoci al completo! Allora, che ne dici, ti unisci a noi? - Disse tendendo il pugno verso la mastodontica creatura, la quale osservava il quartetto con fare incerto. - E quello cosa vorrebbe dire? - Disse muovendo il capo, come ad indicare il pugno del ragazzo. - E' un saluto, un segno di fratellanza... U know... Eheh... - Il silenzio calò per qualche secondo. Il bijuu non distoglieva lo sguardo dalla mano del piccolo uomo che aveva davanti, il quale attendeva con il sorriso sulle labbra. Nulla. Non era ancora arrivato il momento. - Questo posto inizia ad essere troppo affollato. Ci vediamo giovane umano e strane falci parlanti. - Non disse più nulla e si voltò. Un secondo dopo aveva iniziato a correre con una potenza e velocità inaudite. - EIJI! MI CHIAMO EIJI! LO SO CHE TE LO RICORDI MA VEDI DI CHIAMARMI COSì OK?! SEE Yà SOON! -

Eiji... eh!? - Un sospiro, semplice, quando ormai era troppo distante per essere udito.



Il ragazzo chiuse nuovamente gli occhi e quando li riaprì si ritrovò su quello che era il campo di battaglia. Si guardò i palmi delle mani un paio di volte, stringendo ed aprendo i pugni. Sentiva ancora il corpo leggermente indolenzito, ma pian piano stava riacquistando la normale capacità motoria. C'era qualcosa dentro di lui però, la sentiva muoversi. Energia. Un potente ed immenso chakra che scorreva assieme al suo. Era Kokuoh. Non si trattava di un sogno. Sorrise, portando il pugno destro alla testa e battendo leggermente contro la tempia. - Yuuuhuuu?! Ci sei ancora? - Nessuna risposta, se non quella di Ichigo. - Aspetta che ti aiuto! - SDEN. Botta in piena testa con il patto della falce. - Azz che male! Can U fucking stop? - Now what bro? Che facciamo? - Ah boh... Quello che ci pare come al solito credo... Adesso che abbiamo un nuovo membro Nella gang saremo inarrestabili. AM I RIGHT?! - Oddio... Sento che sta per tornami il mal di lama...

 
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