覚醒 Kakusei: scontro finale, [Fase 4]

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view post Posted on 30/4/2018, 12:19
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Konoha
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Nell'immensa piazza si potevano vedere armate provenienti dalle più disparate terre ninja: dalle lande sabbiose di Suna alle baie di Kiri, dalle montagne maestose di Kumo alle terre inospitali di Iwa; laddove non era facilmente riconoscibile un vessillo, un coprifronte o qualsivoglia simbolo di appartenenza, era chiaro che erano giunti shinobi anche dai paesi minori.
Con la coda dell'Occhio Kinji riuscì a notare anche Hideyoshi tra la folla; non lo vedeva da quando la missione ad Oto era stata un successo, eppure non sembrava aver formalizzato ancora la sua leadership. Avrebbe voluto parlargli se ne avesse avuto modo e tempo, ma purtroppo avrebbe dovuto rimandare per cause di forza maggiore.
Un rapido sguardo attorno alla sua posizione bastò per rendersi conto di quanta gente avesse accolto l'appella finale.
Tutti uniti sotto in un unico posto, similmente a come era successo anni prima durante la guerra a Watashi. Stavolta però non c'era nessuna alleanza, nessun nemico comune e nessuna sicurezza: momentaneamente ciò che accomunava tutti quanti era la voglia di sapere di più, di conoscere una verità che molto probabilmente non avrebbero mai appreso davvero; il Taisei avrebbe sostenuto la propria tesi, così come il Kyo Dan la sua, colpevolizzando la fazione opposta per ingraziarsi potenti alleati.
La Tsuchikage proruppe nel brusio generale ponendo la domanda che, molto probabilmente, era nella mente di tutti, ovvero cosa si aspettava il Taisei dagli shinobi e quali fossero i dettagli.
Kataritsuen quindi prese parola per ringraziare tutti coloro che erano giunti in soccorso, annunciando poi che il nemico stava avanzando inesorabile e che avrebbe fatto di tutto pur di portare a termine il piano di liberazione dei Bijuu.


Lasciami indovinare... hanno ancora bisogno di noi per sistemare le cose.

Ovviamente, aveva intenzione di chiedere ancora una volta l'aiuto degli shinobi per porre la parola fine su questa guerra al potere dei cercoteri; Kinji ripensò a ciò che Akane aveva riferito ore prima in studio e a come Konoha sarebbe dovuta rimanere "neutrale" limitandosi a far completare il rito di confinamento... se queste erano le premesse, ovvero chiedere aiuto senza offrire nessuna spiegazione o ripagare la fiducia, c'era il serio rischio che stavolta l'Hokage perdesse la pazienza.
Improvvisamente però, assieme all'oscurità dovuta all'avanzare delle ore, dei fuochi e luci si infransero sulla barriera che separava gli shinobi dall'esterno rivelando l'esercito del Kyo Dan guidato dalla donna conosciuta come Manpeiko.
I due capi delle fazioni avverse si fissarono per interminabili attimi prima che il Mizukage chiedesse alla più anziana di parlare prima che imperversasse lo scontro apparentemente inevitabile; parole che vennero seguite da Akane che ci tenne a sottolineare come la situazione fosse già degenerata, chiedendo infine se ci fosse un buon motivo per lasciare liberi i Bijuu.
Intanto in lontananza Kinji notò un Eiji intento a instaurare una sorta di discorso aperto a tutti su come non fosse giusto limitare la libertà di qualcuno a prescindere, similmente a come aveva cercato di fare all'eremo. Parole molto belle, ma purtroppo i cercoteri avevano già dato chiaramente dimostrazione che anche solo il loro passaggio "pacifico" in una terra portava distruzione, che ne fossero consapevoli o meno.
L'Uchiha pensò che forse era meglio se ogni tanto il jashinista tenesse a freno la lingua, perchè se avesse continuato a parlare probabilmente il Sandaime l'avrebbe schiacciato come un moscerino infischiandosene della sua immortalità.


Non ci si può fidare della parola di un demone, non è nel loro interesse dialogare e ne ho avuto la prova certa. Così come ho la netta sensazione che nessuna delle due fazioni ci stia trattando onestamente. Se non fosse in gioco il destino di tutti me ne andrei seduta stante. Vediamo se Akane ha intenzione di tenere fede a quanto stabilito durante la riunione in studio, oppure cambierà idea sentendo le parole di una delle due fazioni.

Fu l'avvicinarsi di Raion a interrompere il flusso di pensieri dell'eremita. Cercò quindi di non badare al suo aspetto pittoresco per poi rispondergli in maniera più sincera possibile, non nascondendo un filo di tensione nel tono di voce.

- Al momento ci troviamo nel mezzo della disputa, fisicamente e metaforicamente parlando. Il nostro compito è lasciare che il rituale vada fino in fondo neutralizzando chiunque ne ostacoli la buona riuscita. Attendiamo novità, ma in caso contrario queste sono le direttive.
Mi raccomando, stavolta non prendere iniziative e abbi fiducia in Akane-sama... ormai è tardi per tornare a casa.
 
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view post Posted on 30/4/2018, 14:17
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Mhh... mhhhh..

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Ishi no Kuni, 20 gennaio 249


*Le ultime luci della sera abbandonavano le rovine, accecando ogni fuga e sbozzandone i contorni già diroccati. Uno ad uno i profili dei palazzi scomparvero, rosicchiati e divorati dall'oscurità, restringendo il confine del grande piazzale al solo territorio della fiamma. Qui, naturalmente attratti dalla luce e dal calore, i ninja sembravano ridursi in numero anziché aumentare. Ed aumentavano, perché ad ogni minuto nuovi sguardi e coprifronti presentavano il proprio riflesso ai bracieri. Iwa, Kumo, Konoha, Suna, tutti i villaggi nascosti avevano risposto alla chiamata, il che faceva supporre che probabilmente anche alcuni Paesi Minori, forze permettendo, avevano inviato dei contingenti.
Tutti convocati, tutti messi di fronte al proprio destino. Nessuno a conoscenza di quanto stava davvero accadendo... di quanto stava per accadere. Hideyoshi non si disturbò nemmeno a domandare.*


(Disperazione, ricatto, segreto, ineluttabilità. Quattro valute che hanno corso ovunque, che il Taisei ha estorto e speso per comprare l'intera forza del Continente. Quella che rimane, perlomeno.)

*Pensava, ritiratosi lievemente in disparte rispetto al vociare della folla, Kuro inginocchiato accanto a lui. Il rumore della cote lungo il filo di Shinso scandiva ritmicamente il brusio caotico poco distante, donandogli quasi un'armonia. Volti conosciuti si alternavano alla luce della fiamma, maschere grottesche quasi quanto la sua, nonostante tutto perfettamente riconoscibili. Himura Koshima, volto senza corpo, avvolto nel suo mantello nero; Chiye Koizumi, bellezza esotica e letale, accompagnata ad ogni momento da sua sorella... ed Akane Uchiha.
Era passato più di un anno dal loro incontro a Kiri, ma il Cantore sapeva bene che nessuno dei due avrebbe mai dimenticato il debito che li univa, le parole che si erano detti l'un l'altra. Bastò uno sguardo a confermarlo, uno che Hideyoshi aveva sostenuto senza nulla da nascondere. Che l'Hokage avesse o meno ricevuto il suo messaggio, in quel momento non faceva alcuna differenza: avrebbero dovuto superare quell'ordalia, nuovamente alleati, prima che pagamento potesse essere offerto.*


(Niente come l'orlo dell'apocalisse per riappacificare il Continente Ninja, eh, Akane-san? In questi momenti i tuoi auspici sembrano quasi prendere forma...)

*Nonostante le antiche inimicizie, il costante attrito politico e l'irriducibile diffidenza... eccoli li, uniti al calore delle fiamme, radunati nuovamente per bandire la minaccia. Assistere a quella danza di parole ed incontri, di sguardi e gesti, lo forzò ad un sorriso: l'odio per il Kyo Dan e la diffidenza verso il Taisei avevano con successo soppiantato quelli reciproci, in una forma che soltanto Watashi era riuscito a realizzare. Quasi tangibile, diretta al giovane Kataritsuen, al suo silenzio nonostante il tempo trascorso e il poco rimanente. Il capo dell'Ordine rimaneva in piedi, immobile, non concedendo che qualche cenno del capo in saluto. Un contegno fragile, sostenuto dalla responsabilità e minato ad ogni secondo dallo sdegno altrui. Hideyoshi ne sapeva qualcosa, il Suono ne sapeva qualcosa... un freddo senso di commiserazione gli strinse la gola, uno che non poteva permettersi in alcun modo, che si rifiutò di abbandonarlo anche quando la Tsuchikage prese parola per tutti quanti.
Dritta al punto, senza alcuna forma di cortesia, Chiye incalzò Kataritsuen senza concedere alcun appello. Un silenzio pari a quello che soffocava la città si fece largo tra i grandi shinobi, graffiato solo dallo scorrere della pietra sull'acciaio. Mille occhi sui due interlocutori. Quindi, finalmente, il capo dell'Ordine prese parola, in un tono drasticamente lontano da quello della Tsuchikage, ed immune alle sue provocazioni. L'appello suonò come un ringraziamento ed un'esortazione, tanto accorata da far quasi sembrare che i convenuti ne avessero bisogno. Il volto ceruleo e contratto del ragazzo ne tradiva il nervosismo, tuttavia, ed una vena roca nell'invocazione lasciava presagire che altro non fosse se non una cortese introduzione... a cosa, tuttavia, non seppero mai.*




*Il Kyo Dan bussò alla loro porta senza alcuna discrezione, annunciato da una fanfara di grida. Lampi e tuoni nella distanza, tamburi contro la tela della barriera, che in un istante si accese di mille luci. Ogni sguardo nella piazza trovò il suo prossimo, ciascuno illuminato a giorno: erano arrivati.
Il velo che aveva opposto debole resistenza al loro passaggio rivelò infine il proprio scopo, risparmiando le rovine e i convenuti da una raffica spaventosa. Una che non sembrava voler terminare, ma che allo stesso tempo non trovava alcuna fuga in cui filtrare. Solo colpi ovattati, lontani, ed un profondo tremito sotto di loro, attorno a loro, quasi che le rovine, vessate da millenni di intemperie e sopravvissute a Watashi stesso, tremassero ora all’incombere dello scontro.
Reazione comprensibile, specialmente all’apparire delle terribili sagome oltre il chiaroscuro della barriera. Profili mostruosi e mastodontici si affacciarono alle mura della Pietra, il loro richiamo profondo, vibrante nel petto assieme ai loro colpi. Arrivava la fine del mondo: tra essa e l'uomo un velo sottile, pronto a cedere.
Nel caos generale Hideyoshi lanciò uno sguardo a Kataritsuen, ai due che lo spalleggiavano, cercando di discernere emozioni ed intenti: impossibile che non sapessero, che non si attendessero eventualità simile… anche il Kyo Dan fosse giunto prima di quanto non pensassero, dovevano aver preso delle contromisure. Qualcosa in lui si torse agonizzante al pensiero di quanto stava per accadere.*


(Siamo carne da macello, nient'altro.)

*Sospirò, alzandosi e scambiando uno sguardo con lo Spadaccino. Per loro la guerra non era mai finita.
Una vuota vittoria dietro l'altra, spinti ogni giorno dai Kami sull'orlo del baratro mentre il resto del mondo si leccava le ferite. Lasciò cadere a terra il proprio mantello, allungando una mano dietro la schiena ed estendendo la lancia in alto, finché la punta non divenne incandescente. Aveva sofferto troppo, combattuto troppo perché finisse lì, sull'onda di un ricatto.
Anche quando la barriera cedette mille volte, anche quando gli ululati del Kyo Dan si fecero vicini, il cuore non gli restituì alcuna paura. Solo sdegno, solo rabbia.*


"Andiamo."

*Marciarono verso il centro della piazza, dove il grosso dei ninja era rimasto. I quattro Kage non erano lontani, e così Kinji, che in quel momento Hideyoshi riconobbe in mezzo alla folla. Un'altra ragione, un altro debito che gli imponeva di non buttare via la propria vita combattendo una battaglia che li avrebbe visti mero strumento altrui. Il Cantore lo era stato per gran parte della sua esistenza... ma morirci, no.
Il fronte arrivò finalmente a loro, furente, guidato inconfondibilmente dalla donna che li aveva contattati. Manpeiko si arrestò all'ingresso della piazza, alle sue spalle la grande via che tagliava la città, un seguito di vesti rosse e sguardi assetati di sangue. Allo scorgere il proprio mortale nemico, la donna, incredibilmente, decise di non portare a compimento l'assalto.
Forse, nonostante tutto, ci sarebbe stato ancora spazio per le parole. Ma chi avrebbe preso l'iniziativa? Uno stallo snervante prese corpo di fronte ai loro occhi, ogni parte pronta ad agire contro l'altra al primo segno di aggressione. Hideyoshi stesso sentiva il chakra del Segno premere sul cuore ad ogni battito, la sua energia filtrare nei muscoli e nelle ossa, sfrigolando sotto la pelle.
Poi, poco lontana, una voce conosciuta si impose sopra il rombo delle urla e dei colpi dei demoni. Hayate si rivolse alla donna, freddo, aprendo ad un dialogo che fino ad allora non era stato neanche considerato. Seguì l'appello di un giovane ninja di Kumo, un richiamo alla pace, chiaro nonostante il forte accento straniero. Infine, il tono duro e lapidario, giunse il comando inconfondibile dell'Hokage.
Inutile.*


(Un motivo...? Perché si è fermata? Perché non si uccidono? Che cosa li trattiene a questo punto?)

*Mille domande, ognuna più vuota della precedente, ognuna un rintocco senza eco. Qualcosa in lui desiderò ardentemente che Kyo Dan e Taisei compissero quell'ultimo, fatale passo, che si azzannassero alla gola, che i demoni sfondassero la barriera e li spazzassero via tutti quanti.
Un chakra nero e denso prese ad evaporare dalla sua pelle, la mente incapace di frenarlo, la voce distorta dalla rabbia.*


"L'Hokage ha ragione, Hayate-san. La situazione è irrecuperabile, lo è sempre stata. Nessuno di voi due ha mai avuto mezzi termini, e le vostre lettere erano chiare.
Che cosa state aspettando? Uccidetevi, uccideteci. Il vostro fanatismo ha ridotto in ginocchio un Continente già straziato, spazzato via ogni speranza di ritrovata serenità per milioni di persone. Avete cercato di prevalere l'uno sull'altro usandoci come bestie ammaestrate, chiedendoci di adorare i vostri dei, no, di sigillarli come mostri, senza offrire altro che ringraziamenti ed esortazioni. E ci avete attratti qui, sperando che combattessimo alla morte per uno di voi due. Non succederà.
Una valida ragione per lasciare liberi i bijuu? Ne ho io una: che vi uccidano tutti, che vi estirpino senza che rimanga alcuna traccia. Siete un cancro per questa terra."
 
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view post Posted on 30/4/2018, 18:30
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E così Shintou e Hikaru partirono insieme.
Camminando fianco a fianco perchè così era l’uso della Lama Nera del Santuario. Non davanti ma in mezzo ai suoi compagni d’arme. Non superiore ma come loro. Il valore non era nel nome era nelle azioni e nel rispetto, il resto lo lasciava agli assetati di quel veleno chiamato gloria.
Le due lame del santuario, i due rivali da sempre nell’arte del combattimento, affrontarono il viaggio con una calma soprannaturale. Erano nati per combattere e servire; il loro posto era in mezzo al clangore delle armi nessun’altro posto potevano chiamare casa. Tranne il Santuario.
Flemmatici i loro passi li portarono verso nord, lì dove quell’esplosione di chakra indicava la fine e l’inizio di una storia. Dove i due Jashinisti dovevano mischiarsi in affari puerili.
La solita noiosa guerra degli uomini.
Ma questo era il destino che spettava alla Lama Nera. Questo era anche il compito del Santuario che, per bocca del Priore, dovevano espletare.
Quelli dell’altra parte restavano in silenzio anche se ben sapeva cosa stesse a significare: la Legge andava preservata. Non c’era bisogno di dire nient’altro.
Jashin gongolava come un futoneko, facendo le sue fusa, gioioso ed eccitato dall’eventuale massacro che sarebbe giunto.
Il caos…tanto amato dal Gran Visir Di Tutti I Bastardi, si sarebbe presto abbattuto su Ishi no Kuni. Precisamente su Fukagizu che si spalancò maestosa con le sue vestigia fatte di secoli, di fronte ai loro occhi.
Il fu samurai di Kumo alzò il kasa dagli occhi, potendone ammirare la storia che trasudava da pietre antiche.
Come sempre lo studioso doveva lasciare il passo al guerriero.
Un peccato. Un vero e proprio peccato che i suoi passi erano sempre da guerra e poche volte per conoscenza.


La mano morta sulla barriera. Particolare quel chakra. Primigenio. Ancestrale. Molto diverso da tutti gli altri.
Gli occhi come punti interrogativi. La domanda fu eloquente espressione dei pensieri che accigliavano il suo volto.
Un’altra barriera come ad Oto… e non fu un ricordo piacevole. Che fosse come quel giorno?

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« Perchè?»
« Perchè cosa, Kuro sama?»

Hikaru fissò Shintou che dalla sua fissava quella barriera. Spostò il suo sguardo su tutto il perimetro e la trovò stupida. Inutile. Assolutamente senza senso.
Anche Yo Saito aveva fatto una cosa simile… inutile all’inizio, devastante poi.

«Questa barriera... non terrebbe fuori nemmeno una mosca. Quindi perché metterla in piedi?»
« Forse c’entra l’esplosione di chakra. Si sarà indebolita.»
« Ma se sapessi che cinque bijuu stanno arrivando, insieme al Kyo dan e ai villaggi mi preoccuperei di tenerla, quantomeno, solida. Per qualsiasi evenienza…»
« Dove vuole arrivare?»

Lo sguardo interrogativo di Hikaru incrociò quello annoiato ma attento di Shintou. Una contraddizione, certo. Ma era così Kuro Yaida: sembrava assorto in chissà quali pensieri che per lui era un’osservare, dall’alto, tutto questo. Il suo generale sembrava quasi da un'altra parte, poco attento alla disputa bijuu-kyo dan-taisei-villaggi e il suo sguardo spaziava su altro.
E il byakko che ronfava nel suo sguardo, aveva aperto un occhio, assonnato ancora, ma si stava ridestando.
Era chiaro che c’era qualcosa che, allo sguardo di Shintou, non era armonico.

« Che la barriera sia alimentata, può essere plausibile. L’esplosione può essere dovuta a mille cause, cause che possono aver interferito con la barriera stessa rendendola un mero velo.
Ma anche così non si spiega…e se non fosse per tenere fuori ma all’interno?»

« Una trappola?»
« Tutti si sono schierati con il Taisei, senza pensare che il Kyo dan è il suo naturale controaltare. È plausibile che quello che stanno facendo lì dentro il Kyo dan già lo sa.
In più i Bijuu stanno arrivando e conoscendo la natura di quei colossi perché tenere una barriera che basterebbe un alito per buttarla giù? Soprattutto se devi fare qualcosa. »


E qui non c’entrava l’antichakra: persino Hikaru l’avrebbe attraversata senza sforzo.
Le mani dietro la schiena, la postura rilassata.

« Perchè fidarsi del Taisei? Perché non fidarsi del Kyo dan? Se dai fiducia all’uno, la devi dare anche all’altro. Non c’è nulla che lo vieti e i due ordini non hanno fatto niente per meritarsela.
Ma sia l’uno che l’altro operano da un tempo troppo lungo. Sanno leggersi l’un l’altro e perché parlare solo con l’uno e con l’altro chiudere definitivamente?
L’uno è buono l’altro malvagio? Su quali basi poter scegliere se di basi non ce ne sono?»

« Perchè quello che fa il Taisei coincide con la volontà dei Villaggi. E questo li porta a collaborare per la stessa visione.»

Shintou si voltò verso Hikaru.

« Oppure è una visione falsa messa lì come questo muro. Apparentemente inutile…»
« Gli occhi sanno essere ingannati…»
« Per questo non voglio dare nulla per scontato.»

E l’attraversò seguito da Hikaru.

« Quindi stiamo andando a sentire il Taisei?»

« Il Taisei ha parlato fin troppo, sentiamo il Kyo dan cosa ha da dire.
Non siamo né con l’uno né con l’altro. Siamo qui per altro.
Bisogna osservare tutto per avere una visione completa.»


Le riflessioni erano sprecate. Solo i due sapevano i propri segreti, quindi domandarsi e rispondersi era da stupidi su fatti così oscuri. Sarebbe solo servito a generare mal di testa atroce.
I due superarono la barriera. Meri spettatori di uno spettacolo poco gradito ma a cui dovevano presenziare per forze maggiori.
Lo scopo sempre chiaro…limpido… soldati fino alla fine.

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La piazza era gremita. Shintou lontano, in alto, su qualche pinnacolo. Non si era mischiato né voleva farlo, né era lì in quella veste.
Lasciò andare il volto pigramente sul pugno destro, mentre la gamba sinistra ballava nel vuoto. Osservava e basta. Hikaru alle sue spalle osservava a suo modo lo scorrere degli eventi.
Shintou giocherellava con la sua barba e il pizzetto: più un vizio che un vezzo. Non riusciva per troppo tempo a stare fermo senza fare nulla.
Era lontano da tutti e tutti osservava in placida attesa degli eventi che, tra poco, sarebbero scaturiti a mò di eruzione vulcanica.

« Ci sono tutti?»

Disse il cieco guerriero.

« Quasi tutti.
Manca ancora un invitato e gli ospiti d’onore.»

« Il Kyo dan e i Bijuu.»
« Avremo finalmente il tanto atteso incontro tra le due forze che hanno squassato il continente per i loro scopi.
Scopi tutt’altro che chiari e che hanno portato a questo. Ma da due ordini millenari, che sono l’uno l’antitesi dell’altro, non mi sarei aspettato di meno. Hanno messo in scacco il continente e ancora adesso non è chiaro perché siamo tutti qui. E vedere i Kage che cercano di trovare un appiglio in una situazione che appigli non ne ha, fa ridere. Potevano battere il pugno tempo prima…ora devono continuare a recitare la parte che hanno preparato per loro il Taisei e il Kyo dan.»


Spostò il suo sguardo su quelli che erano con loro. I soldati…in fondo a pagare il prezzo più alto rimanevano sempre e solo loro.
Destino di merda: formiche schiacciate.
Hikaru dette voce ai suoi pensieri.

« Quanti di loro avranno paura?»
« Tutti» disse laconico.
« E quanti scambieranno questa paura per eccitamento? La voglia di combattere e di farsi gloriosi?» Hikaru accarezzò la sua falce. Aveva quella sensazione pura che sembrava volergli squassare il petto.
« La maggior parte. E più passerà il tempo e più questa sensazione crescerà. Non c’è nulla di peggiore che combattere senza scopo alcuno. Senza i perché. E la scambieranno per la voglia di guerra. »

Si lisciò la barba sul mento, passando per i baffi.
Posò il suo sguardo all’orizzonte. Quando sarebbe arrivato il Kyo dan? Stette lì assorto nei suoi pensieri grattandosi il mento annoiato.
Posò il suo sguardo sugli eserciti radunatisi in quel luogo.
Ama i tuoi nemici perché essi tirano fuori il meglio di te. O anche il peggio…un dato di fatto, però, era conclamato: senza il nemico il continente non sapeva stare. Rispondevano all’antico detto:Il nemico del mio nemico è il mio amico. Quanto tempo ci avrebbero rimesso a farsi di nuovo la guerra?
Appena questo nemico fosse stato sconfitto. In attesa del prossimo…i tumori sono difficili da estirpare.





« Arrivano.»

Hikaru e i suoi sensi li percepirono di già.
Il Kyo dan bussò alle loro porte senza mezzi termini. Batterono il loro pugno rabbioso sulla barriera che si rivelò adatta allo scopo.
Tenerli fuori? Rallentarli forse.
Sicuro doveva resistere ai prossimi invitati.
Shintou aprì i suoi occhi: la notte fu illuminata a giorno, la barriera un illuminarsi continuo sotto i pugni incessanti del Kyo dan.
Le urla di un esercito alla carica scossero le rovine e infine anche il Kyo dan fece la sua comparsa: rosso cremisi – forse una premonizione infausta? - i loro stendardi e davanti a loro…

«Manpeiko è qui…»

Finalmente il confronto tanto atteso era giunto.
Entrambi si alzarono in piedi e il sankaku spostò il kasa dagli occhi, piazzandoli sulla scena.
I bijuu arrivarono infine…fecero tremare la terra e la loro rabbia fu palese.
Quanto avrebbe retto la barriera?

« Da adesso lasciati guidare dal tuo cuore Hikaru. Segui il tuo istinto.
I bijuu sono arrivati infine…ora è il momento di vedere la loro mossa d’apertura che segnerà la fine e l’inizio di tutto.»


Trappola o no, che fosse tutto preparato o meno, i perché, i come, i dubbi, l’odio, l’ideali ormai era tardi.
Si poteva battere il pugno prima, si potevano fare mille cose e dirne altrettante. Questo era anche il frutto delle loro azioni…e spostò il suo sguardo sul Gobi…chissà a cosa stavano pensando…gli unici che meritassero davvero attenzioni invece…
Una storia uguale a mille altre con protagonisti diversi…l’ennessima guerra..
"quanto vi state divertendo, dei infernali?"
Il suo pensiero prima che l’acciaio cantasse la sua melodia.

 
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Blazing Phoenix
view post Posted on 30/4/2018, 20:09




Più e più ninja continuavano a riempire la piazza. Quando una folla immensa fu finalmente radunata attorno alle tre figure, il sole era ormai calato e l'oscurità della notte svelò la natura della forza misteriosa che aveva accolto l'ingresso degli Shinobi a Fukagizu. Come un'enorme cupola, iridescente e perlacea, una barriera quasi spettrale avvolgeva l'intera zona. La osservai con interesse e stupore, stagliandosi contro il cielo notturno creava davvero una bella immagine... e una comoda distrazione momentanea per non pensare al fatto che mi stessi trovando nel bel mezzo dell'esercito di Suna, nella stessa piazza con gli eserciti di tutti gli altri grandi Villaggi.

Il mio tentativo di isolamento mentale ebbe vita breve. Una voce femminile ruppe il silenzio e sovrastò il delicato brusio che poteva essere udito fino a quel momento. Andò dritta al punto e pretendeva delle risposte. Quella donna era...

« La Tsuchikage del Villaggio della Roccia... »

Confermò mio padre, con tono serio. Diamine, avevo avuto modo di vedere il Kazekage pochissime volte con i miei stessi occhi eppure adesso ero là, in mezzo ad una marea di shinobi comandati da tutti i rispettivi capivillaggio. Ninja di altissimo livello famosi in tutto il continente. A prendere voce fu la figura al centro esatto della piazza, colui che sospettavo essere il leader del cosiddetto ordine del Taisei. Parlò a gran voce, facendosi udire da tutti con chiarezza. Ringraziò tutti quanti per aver risposto alla chiamata, ci assicurò che, come prestabilito, eravamo prossimi allo sgominare l'ordine rivale del Kyo Dan e sigillare nuovamente la minaccia dei Bijuu... Non ero troppo sicuro su quanto quella potesse essere una soluzione permanente, considerato che si erano già liberati una volta, sebbene dopo migliaia di anni. Proprio mentre stava per essere rivelato un punto alquanto cruciale, un boato sovrastò le sue parole. Un suono talmente fragoroso da scuotere perfino il terreno. Mi si mozzò il fiato per lo spavento. Istintivamente, mi voltai verso la fonte di quel rumore, facendo un breve scatto all'indietro mentre le mie mani schizzavano sulle impugnature dei miei contenitori della mia sabbia, sbloccando i meccanismo con un rapida torsione dei polsi.

I miei occhi si spalancarono mentre il mio stomaco sembrò aggrovigliarsi. Una letterale pioggia di schegge luminescente si stava abbattendo con violenza sulla barriera. Ogni colpo esplodeva fragorosamente, continuando ad alimentare l'incessante tremore, ma la barriera sosteneva ognuno di quei colpi. Certo, si poteva intravedere qualche varco lasciato qua e là ma l'energia della barriera sembrava in grado di rigenerarsi e sostenere quel ritmo senza troppi problemi... una magra consolazione considerata l'entità di quel bombardamento. Se quello era il loro numero di apertura cos'altro avrebbero avuto in serbo?

Il mio sollievo nel vedere la nostra difesa sostenere i colpi durò per pochi istanti. Un'esplosione talmente potente da far impallidire tutte le altre frantumò una grossa porzione della barriera. Mi si mozzò il fiato quando vidi una raffica di colpi di simile entità infrangersi sulla superficie della barriera, tingendola di un minaccioso color cremisi, quasi come l'avessero incendiata.

Il nostro scudo era ancora in piedi ma si erano venute a creare delle aperture gigantesche. Il fragore delle esplosioni cessò ma venne rimpiazzato da grida feroci e il rombo di un esercito in carica. Alzai a malapena lo sguardo dal fiume di guerrieri, attirato da misteriosi movimenti all'orizzionte. Cinque figure gigantesche sovrastavano eserciti, palazzi in rovina e pure il paesaggio stesso. Potevo a malapena distinguerne le sagome contro il cielo notturno, ma fu più che sufficiente a gelarmi il sangue nelle vene e rendere il mio respiro affannato. Presto, le forze del Kyo Dan ci raggiunsero. L'esercito si fermò precisamente al capo opposto della piazza. In testa alle loro fila vi era una donna. Nella propria mano brandiva quella che sembrava una pura fiamma e il suo sguardo freddo trasudava puro odio. Tutto indirizzato al giovane uomo, leader del Taisei..

Lasciai cadere le due finte else e composi un sigillo con mani tremanti. Con velocità incredibile, mio padre sembrò apparire di fronte a me, bastone già alla mano.

« Sta' calmo, Sun. Tu coprici le spalle e supportaci come meglio puoi. »

Il suo tono era tremendamente fermo, non l'avevo mai sentito parlare a quel modo. Rimasi stupito ma una scintilla di sicurezza si riaccese in me. Un'asta di legno mi punzecchiò la schiena e mia sorella Ren fece la sua apparizione al mio fianco, lancia in pugno.

« Ci siamo, fratellino. Sono autorizzati anche i trucchi più sporchi, dacci dentro. »

Deglutii mentre indurivo lo sguardo. Un ghigno affilato affiorò sulle mie labbra.

« E va bene, roviniamogli la serata! »

Edited by Blazing Phoenix - 2/5/2018, 21:18
 
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NGDR - 10° Anniversario
view post Posted on 30/4/2018, 23:30







JZlrz7S

JZlrz7S

Evento


覚醒 Kakusei: Risveglio









Ishi no Kuni, 20 gennaio 249



E scoppiò tutto, fuorché il silenzio.


Le arringhe di un condottiero solitario alla sua armata, accolte da una quiete religiosa, non hanno spazio sul campo di battaglia: solo l'arte offre loro asilo nella sua idealizzazione, e nella guerra nulla vi è di consacrato alle Muse.
Per un istante le rovine sembrarono trattenere il fiato, poi le grida: ingiurie, improperi a stento tenute a freno dagli ampi gesti dei rispettivi comandanti mentre la terra tremava, squassata dalla potenza dei veri protagonisti di quella guerra.
I grandi Cercoteri si scagliavano ripetutamente contro la barriera opalescente, unico ostacolo tra essi e la loro meta e i boati rendevano anche più incomprensibile il mischiarsi di voci umane – che fossero di genin o di kage, poca era la differenza. Che fossero domande, appelli o anatemi, poco importava.

La voce di un giovane che esortava al dialogo venne fagocitata dal ruggito della folla tutt'attorno, in una vertiginosa miscellanea di approvazione e disprezzo; Uchiha, Kobayashi e Jiyuu intrecciarono i loro interventi in un crescendo di sfiducia e riprovazione.
Il volto pallido di Kataritsuen rispecchiava il pallore di ciò che separa tutti loro dalla distruzione che incombe, tirato come mai quello di un ordinario giovane avrebbe dovuto essere; la nube notturna ai piedi di Manpeiko ribolliva nelle sue spire, esprimendo l'indignazione che la donna impediva al suo volto di assumere.

“Il legame tra uomini e Dei è innegabile, Hokage-dono... Kokage-dono” - la voce ferma e stentorea della sacerdotessa placò parzialmente i clamori dei suoi sottoposti, ancora abbastanza lucidi da obbedire alla loro condottiera - “Sigillare i nostri signori è un crimine non soltanto di blasfemia, ma un sovvertimento della natura. Un'ipocrisia sfacciata, poiché lo stesso chakra che scorre nelle vostre membra altro non è che lo stesso che brucia in essi con fuoco inestinguibile.
La stessa saggezza che voi, potenti kage, pretendete di mostrare al mondo è nulla in confronto all'abisso del loro dolore; la loro sofferenza e la loro furia sono i frutti maledetti dell'azione umana, una superbia insensata, colpevole di aver reso queste creature cieche e crudeli, forzate a reagire dalla paura. Mostrate voi per primi alle vostre genti la vera saggezza! Deponete le armi che avete levato contro quei Kami innocenti, assaporate voi per primi la dolcezza della concordia e spargete presso tutti i popoli il lieto annuncio! Gli dei sono tra noi, cammineranno al nostro fianco, illumineranno le nostre vite se solo apriremo ad essi i nostri cuori!”


Un silenzio enigmatico faceva da contraltare all'orazione dell'anziana donna, dall'altro capo della piazza.
Gli occhi della seguace della Volpe restavano fissi sul volto dell'avversario mentre ella parlava, ma le iridi del giovane erano perse in lontananza, verso qualcosa che balenava oltre le spalle dell'esercito nemico. I boati si susseguivano uno dopo l'altro, sempre più intensi e profondi.
Fu dopo un boato né più grande, né più piccolo degli altri, che il lucore della barriera tremò: si riaccese, tremò di nuovo, si spense.
Un ruggito selvaggio come di tempesta fece tremare le rovine dalle fondamenta alle cime diroccate, e il sangue nelle vene di tutti i miseri uomini che si trovarono nella traiettoria delle bestie lanciate al galoppo.

Furono spazzati via come da un fiume in piena: accampamenti, tende, carri assieme a tutti i loro occupanti.

Gli occhi scintillanti di Kataritsuen si tinsero di ferrea determinazione, mentre afferrava il medaglione e lo sollevava in aria, trattenendolo per la catena che lo sospendeva al collo.

“È l'unico modo.”
Le labbra composero un sussurro muto.
“Mi dispiace. Tutto ciò non sarà vano.”

Una luce accecante esplose dalle pietre, un fiore luminoso sbocciò sulla terra.



La polvere sotto i piedi degli eserciti raccolti si illuminò di glifi, sigilli e simboli: corsero dal centro della piazza al margine delle rovine, allargandosi come una chiazza d'olio versato a terra, e presto i primi gemiti terrorizzati ferirono l'aria.

I genin furono i primi a crollare in ginocchio: i più piccoli, i più deboli tra loro si afflosciarono a terra come sacchi vuoti, scossi dalle convulsioni, tra le grida allarmate e strazianti dei loro compagni. L'energia, la vita, lo stesso chakra abbandonava i loro corpi come il sangue da una carcassa appena sgozzata, risucchiato dai glifi arcani che sbocciavano implacabili e voraci.
Il fenomeno inspiegabile non tardò ad aggredire anche i soldati più esperti, gli Ufficiali, gli stessi Kage. Ciascuno di essi poté avvertire la medesima, terrificante sensazione: l'energia abbandonare inesorabilmente loro corpi, una crescente difficoltà nel muoversi, parlare, persino respirare, mentre il fiore maligno sbocciato nella polvere brillava sempre più forte.
Persino le grida dei Bijuu si unirono a quelle degli uomini, mentre le bestie si contorcevano iraconde e rallentavano la loro corsa forsennata, attaccando qualsiasi cosa, rese incontenibili per la rabbia del sentirsi presi nuovamente al laccio.

E in tutto questo l'imprevisto non poteva che sostare dietro l'angolo, o meglio dietro una delle numerose colonne rovinate dal tempo, ansante. Aveva corso a perdifiato per raggiungere quelle rovine, per arrivare in tempo. Nessuno si sarebbe mai aspettato il suo arrivo, men che meno Kataritsuen che aveva esplicitamente ordinato al suo piccolo gruppo di non oltrepassare per nessuna ragione la barriera, di attendere pazienti che tutto fosse finito, ma Hajime non poteva starsene buono ad attendere che i suoi sogni sfumassero. Aveva fatto tutto quello che gli avevano chiesto, era stato lui a portarli in quel luogo maledetto e per quasi un anno intero aveva dovuto convivere con il peso di quel desiderio infame e delle sue cruente conseguenze. Adesso era tempo di ricevere la sua ricompensa, di raggiungere l'obiettivo che sin da quel giorno s'era prefisso: per nessuna ragione al mondo avrebbe dovuto fallire.
Si sporse quel tanto che bastava per poter osservare la situazione, e dovette deglutire a vuoto nel constatare cosa stesse effettivamente accadendo in mezzo a quelle macerie. Kataritsuen aveva intrapreso quel maledetto piano suicida e sostava all'incirca al centro del caos, protetto strenuamente dai suoi uomini in nero. Era pallido, stanco.. respirava a fatica, come se una forza invisibile glie lo stesse strappando via a una rapidità mostruosa. E gli parve di vederlo, quel soffio di vita abbandonare rapidamente il corpo dell'amico, trascinando con sé tutto quello per cui aveva lottato. Fu allora che abbassò il capo, digrignando i denti con collera.
Uno scatto repentino, una corsa sfenata contro il tempo.

"Non me la porterete via.." - no, nessuno avrebbe osato. - "NON MI PORTERETE VIA MIA MADRE!" - non potevano privarlo di quello di cui aveva un disperato bisogno, nemmeno per la salvezza del mondo.

Finalmente i loro occhi si incontrarono, si scontrarono. Quelli azzurri del leader dell'Ordine, carichi di stupore, ben presto furono dominati da un terrore sordo e profondo nello specchiarsi in quelli appena sfumati di verde dell'aitante ricercatore, ardenti dalla disperazione, dalla determinazione, dal risentimento. - "Hajime, no!" - giusto il tempo di realizzare, di chiamare incredulo il suo nome prima che il ciondolo che Kataritsuen portava al collo venisse strappato brutalmente dall'amico, nell'intento di fermarlo, di poter ottenere quello che aveva bramato sin dall'inizio di quell'assurda storia.


In un'esplosione senza fiamma, la terra si aprì. Un boato assordante echeggiò tra le rovine, su ogni palazzo ancora in piedi, minacciandone definitivamente la stabilità mentre detriti grandi dieci volte un uomo piovevano tra loro. Polvere, caos, follia, una catarsi apocalittica, tale da spazzare via il reticolo di glifi e riscuotere i demoni, che senza un momento d'esitazione ripresero la marcia tra i palazzi, puntando con rinnovata determinazione all'epicentro. La più grande opera mai realizzata dall'uomo cancellata nel giro di pochi minuti.
Poi, a soffocare quelle dei presenti, delle urla strazianti emersero dalle viscere di Fukagizu, dalla città sventrata. Inumane nel tono e nell'intensità, ma terribilmente vicine nella sofferenza. Un tremito, un altro, e due mani immense artigliarono le estremità del cratere. Quel che ne uscì non apparteneva a quel mondo... non apparteneva nemmeno ai loro incubi più vividi.





Una statua, senza dubbio, ma animata come fosse un essere vivente, agonizzante come un essere vivente. Lottò per spingersi fuori dalla propria prigione, né un parto, né una fuga, le grida tanto forti da far accapponare la pelle e sanguinare i timpani. Venature luminescenti, fumanti ne solcavano il profilo, e molteplici occhi impazziti si agitavano ciascuno dentro la propria orbita. Fame, dolore, furia: era il loro chakra quello che le scorreva in corpo, era il loro chakra che voleva. Una bracciata nevrotica dietro l'altra il Gedo Mazo emerse da Fukagizu, rivelando un corpo umanoide, ma non potendo ancora utilizzarne la parte inferiore. Si trascinò, urlante, chiamando disperatamente ciascuna delle loro anime perché abbandonassero il corpo, perché lo raggiungessero.
Una presa sovrannaturale avrebbe stretto i loro cuori, una mai sentita prima, il brivido così simile a quello sperimentato il giorno dell'esplosione. Erano prede, loro, tutti loro, demoni inclusi... e quando sembrò che non avesse più energie, quando l'ultimo ululato raggiunse la sua roca e dolente conclusione, una nuova luce si accese nella gola della statua. L'ultima che i presenti avrebbero mai visto.
Enormi serpenti di chakra emersero dalle fauci spalancate, fantasmi tentacolari, che immediatamente si riversarono nelle strade della città, tra loro, come lupi tra le pecore. Una ad una le loro anime vennero falciate, divorate, i loro corpi abbandonati come gusci vuoti, le espressioni congelate in un urlo terrorizzato.
Manpeiko, Kataritsuen, Hajime, i demoni superstiti. Nessuno fu risparmiato. Il disegno dell'Ordine gli si era ritorto contro in maniera grottesca, condannando qualsiasi essere vivente avesse messo piede entro la barriera. Ma il tempo delle accuse non venne mai, né la capacità di provare rabbia o risentimento. Sentimenti umani, per chi aveva appena perso la propria umanità: risucchiata nelle viscere del Gedo Mazo.


OFF || Riassumendo il contenuto del post: Manpeiko non fa in tempo a finire la sua arringa che la barriera cede, i bijuu entrano calpestando tutto ciò che trovano sul loro cammino e Kataritsuen attiva un sigillo che copre interamente il raggio delle rovine. Il chakra viene risucchiato da tutti i presenti, demoni e umani. I più colpiti sono gli elementi deboli.
Hajime interrompe il rituale facendo impazzire una certa statua umanoide nascosta nel sottosuolo, che ha molta, molta fame. Il Gedo inghiottirà indiscriminatamente chiunque gli capiti a tiro.

Fermatevi a questo punto nel role, sabato 5 sarà aperta la fase di squadra con tutte le restrizioni che già conoscete (riguardo ritardi e presenze).

Per qualsiasi chiarimento, come sempre, utilizzate la sezione FaQ. || OFF



Edited by Sir Onion - 1/5/2018, 08:01
 
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view post Posted on 1/5/2018, 10:30
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Artificial Flower's Lullaby

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Era qualcosa di mai visto prima, mai provato, mai immaginato. Certo, una cosa era stato il Gobi, enorme rappresentante della sua soverchiante specie... Un'altra era il vederlo là, oltre la barriera, assieme ad altri compagni.
Con la sua falce stretta in mano, Shitsuki non riusciva a non pensare che tutti i discorsi che i Kage stavano facendo erano... Inutili. Potentemente inutili.

«Stiamo davvero discutendo mentre quei... Cosi ci stanno per saltare addosso?» ringhiò, a nessuno in particolare, a tutti contemporaneamente.
La coda tesa per il nervosismo guizzava da una parte all'altra, mentre non sapeva dove puntare lo sguardo. Ai Kage? A quel ragazzino pallido? Alla donna giunta sul fumo?

La risposta fu: ai Bijuu. Perché quelle bestie che Manpeiko chiamava Kami irruppero nello spazio interno alla barriera con la forza di mille cicloni.

"Padre mio, Signore delle Tre Lame, proteggi me e i miei fratelli."

Non aveva più visto Jinsei, Hikaru e Shintou. Si fidava di loro, sapeva che suo marito avrebbe trovato un modo per tenerli al sicuro, o per riportarli a casa alla fine della giornata. Lei doveva solo restare integra, a costo di rimanere l'ultima Kiriana in piedi.

Ma non sarebbe stato facile. Era, questa, la battaglia più grande a cui aveva mai preso parte. Non aveva paura, no... Ma le mani le tremavano lievemente per tutta quell'energia, quel potere che impregnava quel posto.
Quando si manifestò sotto i loro piedi, però, ecco che tutto cambiò.
Ecco che invece della paura sorse la rabbia.

«Nnngggh.... Aaaaagh!»

Faceva male. Non un male bello, non un dolore gioioso di sangue, lame e divino bruciore. Si sentiva strappata dall'interno, e nell'orrore delle urla vide Kazora, di fianco a sé, cadere in ginocchio.

«Kazo-nee!!»

La Jashinista, Genin di Kiri e arruolata a sua volta, ansimava profondamente. Shitsuki tentò di avvicinarsi a lei, ma non riusciva a muoversi come voleva. Le faceva male tutto, dalla punta della coda a quella delle corna. Si aggrappò con entrambe le mani alla sua falce, e digrignò i denti cercando di indurire i muscoli, di combattere contro quella forza che tentava di strapparle qualsiasi cosa la animasse dall'interno.

Si avvicinò a sua sorella, tentando di tirarla in piedi, ma Kazora tremava e non riusciva a muoversi. Shitsuki sapeva che sarebbe sopravvissuta, era immortale, doveva sopravvivere!
Tuttavia, quando dalla terra emerse quel mostro di pietra, per un attimo sentì la falce sfuggirle dalle dita.

«Jashinonnipotenteproteggici.»

Pigolò una preghiera mentre tutto il suo essere tremava di fronte a tanta potenza. Poi, quando capì che era quell'affare orripilante che la chiamava, la rabbia tornò a montarle dentro.

«NON MI AVRAI, STRONZO!»

Il chakra della Figlia di Jashin brillò, ostinatamente deciso a non farsi strappare dal suo involucro. Sfortunatamente, fu tutto inutile. Quando quel fantasma serpentiforme le arrivò addosso, Shitsuki si frappose tra lui e Kazora e colpì con tutta la forza di cui era capace, falciando l'aria senza alcun effetto.
Mentre l'entità le passava attraverso e il mondo cessava di esistere, l'ultimo pensiero non poté che essere per una sola persona.

"Shintou..."


gaEo3EO




wvHSNIE


"Fa male! Fa male fa male fa male!"
"Resisti Niijan, stringi i denti, dobbiamo resistere!"


Finché si era trattato di contrastare il tremore e l'istintiva voglia di fuggire, non c'erano stati reali problemi. La sua Kage era lì, il suo esercito, la sua gente: non li avrebbe abbandonati malgrado i Bijuu stessero accerchiando Fukagizu minacciando chiunque vi fosse dentro.
Avrebbe combattuto fino all'ultimo respiro e finché fosse riuscita a muovere una sola fibra.

Il problema era che non riusciva a farlo, in quel momento. Sentiva i suoi due esseri venire lacerati dall'interno, mentre quella forza allucinante le risucchiava il chakra senza permetterle di opporsi.

"Non ti lascerò andare, Niijan. Non ti prenderà, te lo prometto!"
"E non prenderà te! Non ti abbandonerò, Hacchan, non ti abbandonerò!"


Il grido disperato delle sue anime si aggiungeva a quello delle centinaia, migliaia di persone che stavano cadendo tutt'attorno a lei.
L'ordine della Tsuchikage giunse comunque limpido e alto, come se in mezzo a migliaia di suoni inconsulti la voce di Chiye Koizumi fosse l'unica veramente comprensibile.

Difendere. Resistere. Combattere.

Si guardò attorno, mentre induriva le fibre irrigidendole a protezione dei cuori. Non avrebbe impedito a quel rituale di strapparle il chakra di dosso, ma le avrebbe permesso di sentirsi più resistente e sicura.

Vide Masaru, più provata di lei ma non disposta a farsi abbattere così. Poco distante, vide le api di Kaoru impazzite e agitate, e chinò la testa evitando un pungiglione che le stava per rimbalzare sulla fronte.

«SHINOBI DI IWA!» La sua voce bianca, da ragazzina, si alzò alta e squillante. Era abituata al dolore, era abituata alle sensazioni di impotenza e terrore. Ma per la prima volta in vita sua, aveva qualcuno da difendere... E lo avrebbe fatto, fino alla fine.
«ALL'ATTACCO! FERMIAMO QUESTO MALEDETTO RITUALE, FORZA!»

L'aveva imparato con Nijuusan: la forza è reale solo quando usata per proteggere. Loro erano in due, si sarebbero protette a vicenda, e avrebbero combattuto per Iwa e i suoi guerrieri. Nessuna forza sarebbe stata più grande, nessuna...

...A parte il serpente di chakra che la investì in pieno mentre si scagliava contro il Gedo Mazo. Rei udì soltanto lo strillo acuto del suo secondo cuore, ma avrebbe potuto essere lei stessa ad averlo lanciato.
Sentì le fibre rilassarsi, e l'oblio, il vero oblio, abbracciarla completamente.



C75O77u


 
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view post Posted on 1/5/2018, 11:03
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The Almighty Shitlord

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Dai genin innanzi a lui non giunge una risposta: sono tutti ammutoliti nonostante la situazione stia degenerando in fretta.
Gli occhi catturano le figure dei cercoteri che si abbattono come bestie selvagge sulla barriera mentre lentamente si fa strada nella sua mente una consapevolezza orrenda; in quel luogo non ci sono amici ma solo avversari che perseguono ognuno un interesse simile seppur diverso nella realizzazione, ovvero la propria sopravvivenza. Trema, rabbia e paura si mescolano nel suo animo mentre la destra sale a stringere la presa sul manico della pesante Tagliateste, si volta verso Hayate, la bocca si spalanca mentre poco dopo si ritrova a chiedere una semplice domanda, l'unica che in quel frangente per lui conta davvero.

ORDINI?

Sì, ordini. L'unica cosa che abbia mai avuto senso, l'unica cosa in grado di dare un senso a tutto questo. Ordini. Non chiede altro e poco dopo torna proprio su quei genin dinnanzi a lui. I lineamenti del volto si piegano in una espressione a metà tra il rabbioso e l'incredulo mentre come una serpe il germe della paura propinqua ad abbracciarne l'animo, il respiro si fa affannoso e così egli fa l'unica cosa che reputi sensato fare.

VI HO FATTO UNA CAZZO DI DOMANDA, NON MI RISULTA CHE ALL'ACCADEMIA VI ABBIANO MOZZATO LA LINGUA

Sputa fuori tutto quello che ha, tutto ciò che potrebbe avere in un urlo quasi acuto, uno strillo reso infantile dalla giovane età e che tuttavia è carico di quella consapevolezza che no, non ha molta importanza ormai. Niente è più così importante poichè poco dopo ecco che sente le proprie energie...abbandonarlo. S'irrigidisce all'improvviso, il capo si porta all'indietro mentre d'istinto compie un semplice passo indietro. Un gesto quasi inconscio dettato dalla semplice necessità di sopravvivenza.

non servirà a niente

Quella voce, quella della spada, torna nella sua testa priva di quel sentimento rabbioso che la contraddistingue poiché persino quell'enorme pezzo d'acciaio pare non avere risposte, o meglio sembra maturare la consapevolezza che neanche la furia può salvarlo, risparmiarlo da quello che poco dopo diviene un vero e proprio furto delle proprie vitali energie.
Spalanca la bocca, vuole urlare, vuole unire il proprio strazio a quello delle gole riarse che lo circondano e tuttavia non vi riesce.
Come se quella statua, quel rituale, prelevasse qualunque cosa da lui: energie, sentimenti forze, non lasciando nulla se non un guscio vuoto che di lì a poco strabuzza gli occhi. Le iridi che cominciano a divenire grigie mentre lentamente quelle immagini terrifiche si fanno sempre più sfocate e riesce a verificare come oggi shinobi, sacerdoti e dei condividano la stessa sorte: sono stati sfruttati come carne da macello, ed ora la sua presunzione -quella di poter eliminare il Taisei qualora avesse giocato contro di lui- gli si rivolta contro. Avrebbe voluto capirlo prima e agire contro di loro.
Questo ciò che pensa mentre la propria nebbia si dissolve, strappata come un alone dal terreno direttamente verso quella statua.
Avrebbe voluto consigliare al proprio mizukage di non mandare tutta l'armata.
Questo ciò che si ritrova a rimpiangere mentre il proprio chakra azzurrino ne abbandona il corpo: il corpo si contorce come colto da molteplici spasmi incontrollabili e poco dopo innanzi agli occhi ormai in procinto di spegnersi, ha il privilegio di vedere il proprio chakra non come energia priva di forma, ma come una sorta di sé stesso etereo.

E' forse questa la mia anima?

Incapace di trovare una via d'uscita, non può far altro che porsi quella questione, pigramente alzando un braccio e tendendolo verso quella proiezione di sé che di rimando pare cercare di afferrarlo: non vuole abbandonarlo, e come potrebbe d'altro canto? La bocca rimane spalancata e si ritrova definitivamente spoglio, privato di qualunque cosa se non la consapevolezza che probabilmente morirà a breve. Non vuole che finisca così, non può finire così. Ha così tanto da dimostrare, così tanto da fare...Ha così tanti rimpianti, e così pochi ricordi che possano in quest'ora donargli sollievo.
Stramazza al suolo, il pesante [*CLANG*] della Kubikiri ne annuncia la caduta e mentre gli occhi si serrano una lacrima ne riga il giovane volto.
Avrebbe voluto fare di più. Ed ora non può più niente.
 
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view post Posted on 1/5/2018, 13:45
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L
enti i suoi passi, gli stivali affondano su una terra resa friabile dal tumulto di quanto sta accadendo. Solco dopo solco, due giganti di carne avanzano in mezzo allo sciame cremisi del Kyo Dan, lo sguardo in alto, volto in direzione dei cinque giganti di pura energia che si ergono di fronte a loro e che, con fare scalmanato, cercano di abbattere la barriera con pesanti martellate che fanno tremare il mondo sottostante.

Chi sa che cosa vedono i ninja che sono al centro di quella cupola. Ma lui, privilegiato per così dire, assiste al tutto da vicino, seduto in prima fila di quello stadio che è quella strana cupola di energia. Sono...titanici. Son Goku e i suoi fratelli, uno accanto all'altro, rischiano di far vacillare la sua convinzione. Ma la decisione è presa, non può tirarsi indietro. E mentre sta per parlare, qualcosa cattura la sua attenzione.

Per un attimo, anche se debolmente, ha percepito qualcosa. Qualcosa che è molto, molto familiare. Per un breve istante, ha sentito la stessa energia del sigillo di Keiichi sprigionarsi. Non è lui, se ne rende conto, quella traccia è diversa, più debole, risuona della stessa energia ma...non è lui.

Fumimaro: ”Sasaki?” domanda Fumimaro, fermandosi accanto a lui.

Sasaki: ”Anche il Suono è qui. Chi sa perché, ritenevo che non si sarebbero fatti vedere. Ho percepito...qualcosa di familiare. ”

Quella distrazione basta per far perdere di vista anche solo per un istante quello che succede di fronte ai suoi occhi. La barriera cade finalmente a pezzi, spaccandosi completamente questa volta. Sasaki si erge di fronte ai Bijuu, soprattutto a Son Goku, le braccia appoggiate ai fianchi.

Sasaki: ”SON GOKU! SONO DI NUOVO QUA! FERMATI! FERMATEVI!”

Urla a pieni polmoni, ripetendo mentalmente le stesse parole che ha detto, sperando che il legame telepatico che ora dovrebbe avere con Goku funzioni. Ma non ha tenuto conto di una cosa forse, o magari ci aveva pensato anche, ma ci ha provato lo stesso:

I Bijuu non hanno occhi che per il centro di quel luogo. Chi sa cosa vedono dall'alto della loro stazza.

Ed è con un urlo che Sasaki si sposta appena in tempo, aiutato da Fumimaro, prima che il piede di Son Goku lo spiaccichi a terra, rendendolo una frittata di carne e ossa.

Sasaki: ”FERMO! FERMO CAZZO, ASCOLTATEMI! SE AVANZATE ANCORA, NON -”

Inutile urlare, inutile comunicare. Qualsiasi cosa stia succedendo al centro di quelle rovine, la loro attenzione è troppo catturata. Ed è qui che prende una decisione folle.

Se non può fermarli, può almeno cavalcarli.

Saettano le catene, si appigliano alle carni dei colossi. Tanto, la loro stazza e quella di Sasaki non sono paragonabili, le sue lame saranno come fastidiose zanzare per loro. Inoltre, sono rapiti dall'azione, infatti non lo tengono in considerazione. Sasaki corre lungo la schiena di Son Goku, reggendosi a malapena sulla sua folta pelliccia, cercando di raggiungere la testa. Riesce a sentire Fumimaro urlargli qualcosa, mentre gli vola accanto in forma gassosa, ma non lo ascolta. Con la coda degli occhi vede i fratelli di Goku avanzare accanto a lui. Hanno anche più code, hanno strane forme...diavolo, e non sono neppure tutti. Significa forse che gli altri sono stati catturati?

(Son Goku! Son Goku cazzo, fermo! Certamente è una trappola, fermi cazzo, dove cazzo andate! Ascoltami porca puttana! ASCOLTAMI!)

Nulla. A nulla serve giungere perfino sulla sommità di quello scimmione gigante. Perché se anche Goku lo sta ascoltando, quello che succede dopo ha dell'incredibile.

Una strana luce dal terreno. Una sensazione di uncini che si arpionano alle sue carni. Urla Sasaki, dal'alto della testa di Son Goku, mentre vede Fumimaro cadere a terra, come se la gravità avesse aumentato la sua forza di decine di volte. I Bijuu sembrano doloranti e cazzo, anche lui sta di merda. Poi la vede, quella strana statua umanoide emergere dalla terra come un mostro mitologico, come quando il Kraken emerse dalle acque per spaccare la nave degli Orsi d'Acciaio come un bimbo capriccioso distrugge il castello di sabbia del fratello più piccolo. E quella statua ha un che di demoniaco, molto più spaventoso di tutti i bijuu che ora osserva accanto a sé.

Poi, come tentacoli di piovra, serpenti di chakra giungono dalla statua, colpendo qualsiasi cosa avesse un minimo di chakra.

Fu tutto così strano.

Perché quello che accade non può fare a meno di ricordargli il maestro. Non può fare a meno di ricordargli se stesso. Tentacoli di chakra che risucchiano l'energia vitale delle persone? Kami. Per un attimo gli sembra di affrontare una chimera formata da tutti i suoi più grandi incubi. Ed ecco, l'immagine di Shinigami e del Gedo Mazo sovrapporsi, ecco il fantasma del Kraken sovrapporsi ad esso, guardandolo con quei pozzi di tenebra che erano i suoi occhi. E quando un tentacolo giunge contro di lui, é con un urlo degno di un vero Berserker delle storie di Dovi che Sasaki lo intercetta al volo, tenendo spalancate quelle cazzo di fauci che forse solo la sua fantasia gli faceva vedere. Denso di chakra, quel serpente vuole divorarlo vivo, vuole risucchiare la sua stessa essenza. Utilizza anche il potere di Son Goku, manifestando sopra la scimmia rossa un gigantesco e tre volte più grande del solito Kraken di fiamme smeraldine, ma quando lo fa, le sue forze vengono meno ancora più velocemente.

Sasaki: ”NNNNNNRGH...TUTTO QUI QUELLO CHE SAI FARE? HINJAKU!”

Ma questa volta non serve a un cazzo cercare di darsi un tono con gli insulti. Le sue braccia perdono le forze e il tentacolo di chakra lo morde al petto. Non sente nulla, paradossalmente, ma é con un ultimo gesto di disperata determinazione che un pensiero solca la sua mente.

(Se proprio devo essere divorato così, allora sarà il più indigesto possibile, MOTHERFUCKER!)

Strane parole che aveva imparato nel suo breve periodo a Kumo.




Il tentacolo che strappò Sasaki dalla testa di Son Goku si sarebbe riportato indietro una strana figura mostruosa con lui. Una chimera a tratti umanoide, a tratti animalesca, combinazione di tutte le manifestazioni di chakra che Sasaki aveva imparato durante i suoi anni. Una sorta di figura dalla testa di scimmia, braccia come draghi, la bocca di un lupo, il petto le fauci di un orso, ricoperta di tentacoli volava in direzione del Gedo Mazo. E nonostante non potesse opporre resistenza, quel mostro mordeva e colpiva il tentacolo che, pian piano, lo portava verso un destino ignoto.

Cazzo, che fine ingloriosa. Il crepuscolo dell'Uomo era ormai iniziato.

Sic transit gloria mundi.



Edited by Memphos - 1/5/2018, 19:42
 
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view post Posted on 1/5/2018, 13:54
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Ordini non ne arrivarono mai. Tutto si svolse troppo rapidamente per poter opporre un’adeguata resistenza o anche solo per pensare a una contromisura adatta. Non ce ne fu il tempo. Non ci fu modo di elaborare nulla, solo di constatare che erano caduti in trappola come dei polli, nelle mani di qualcuno che non aveva mai avuto intenzione di trattarli come pari, ma solamente come carne da macello. Quel “io te lo avevo detto” che gli risuonava in testa, gli fece montare una rabbia immensa, che si tramutò poi in inquietudine non appena quel fiore id luce sbocciò nel bel mezzo della piazza su comando di quel tale del Taisei. Una serie di sigilli e glifi iniziarono a correre sulla superficie della piazza. Aurei, si impressero nella polvere passando sotto i piedi di Yu che indietreggiò osservandoli incidersi sul suolo sotto di sé. L’idea che dovessero levarsi di torno il prima possibile, iniziò a martellargli in testa più forte che mai, grattando sulla porta della sua coscienza, prendendola a calci e a spallate nel tentativo di fare entrare un po’ di buon senso in quel cervello che sembrava averlo perso nell’esatto istante in cui aveva accettato quel compito suicida. L’istinto che tentava di prevalere sulla lealtà e la ragione…e avrebbe anche vinto, se solo non fosse stato troppo tardi. Di lì a poco, tra il tumulto generale, i primi gemiti strozzati e le prime grida si alzarono dagli eserciti. Agghiaccianti, un misto di paura, dolore e disperazione seguiti dalle urla allarmate di chi stava accanto agli Shinobi che stavano soccombendo. Alcuni di questi il Rosso stesso li vide. Erano giovani, genin soprattutto, si afflosciarono a terra, scossi dagli spasmi, con gli occhi spalancati pregni di terrore, la bocca aperta in un grido silenzioso quando anche le corde vocali non furono più in grado di emettere alcun suono. Una scena straziante, che non tardò ad intaccare non solo gli animi dei soldati più esperti, ma anche il loro corpo. Si manifestò inizialmente come una leggera nausea e uno strano capogiro, come quelle mattine in cui ci si alzava troppo rapidamente dal letto, per poi diventare qualcosa di estremamente più marcato e spaventoso. In quei primi istanti, Yu si tenne in piedi piantando la punta di Kenmaki nel terreno, ma l’energia prese presto a scarseggiare. Era come una lenta agonia…Dicevano che la morte per dissanguamento fosse la più lunga e atroce, ecco, ciò che gli Shinobi si trovarono ad affrontare in quella piazza non era troppo diverso. Il corpo del Rosso si fece sempre più debole, tanto che fu costretto a lasciarsi cadere in ginocchio sul terriccio. Le gambe non lo reggevano più, respirare era diventata una fatica, la vista si era fatta appannata e i pensieri gli sfuggivano dalla mente prima che potesse afferrarli. Riusciva a percepire il chakra - quel poco che gli rimaneva - affievolirsi sempre di più, risucchiato via dal suo corpo come acqua con una cannuccia…la presa sull’elsa di Kenmaki stava facendosi sempre più incerta, mentre quella luce maligna che aveva notato poco prima, stava diventando sempre più forte e intensa. Gemette, le membra facevano male, gli organi privati dal chakra iniziarono a dare i primi segni di sofferenza quando, con un conato, vomitò quel poco che aveva mangiato durante il viaggio. Sputò, ansimando e tossendo, mentre da lontano le grida d’agonia dei Bijuu, riusciti a superare la barriera, ferirono il clamore della piazza, anche loro finiti in quella trappola ordita dall’Ordine. E dire che l’idea del Kokage a Yu era piaciuta: lasciare che le Bestie facessero piazza pulita di quelle organizzazioni che tanto male avevano causato, adesso come probabilmente in passato.
E invece….invece erano tutti costretti in ginocchio.


NO! Non così!...Non voglio.

Fu con un ringhio che strinse di più la presa su Kenmaki, come fosse l’ultimo appiglio in quella realtà sbagliata, che non mancò di peggiorare per ricordare a quelle formiche ch’erano che quelle poche speranze che continuavano ad avere, non erano che inutili illusioni atte solo ad allungare le loro sofferenze. Un boato assordante seguì l’aprirsi di una ferita nella terra da cui, presto, delle grida inumane e strazianti emersero dal sottosuolo, soffocando ed annullando quelle di tutti i presenti. Gli occhi di Yu si spalancarono, osservando l’enorme creatura che faceva capolino dal suolo. Era una statua animata, come se avesse una vita vera e propria. Lottò, gridando per uscire dal luogo che la stava imprigionando, mentre i suoi molteplici occhi impazziti ruotavano in ogni direzione e le sue braccia arrancavano tra le rovine, scavando, aggrappandosi per fare forza e uscire sotto lo sguardo terrorizzato dei presenti.
Una paura ancestrale, un’angoscia quasi innaturale si fecero strada in Yu ad ogni bracciata di quella creatura, ad ogni suo grido. E si fece sempre più forte, sempre più pressante, come un artiglio che agguantava l’anima e la strappava, un brivido di gelida consapevolezza che sconquassava il corpo fin nelle ossa e nelle viscere, invadendolo come un veleno inestinguibile. Una ferita sulla carne viva avrebbe fatto meno male di quella. Non c’era sangue, non c’erano segni evidenti, eppure, era come essere squarciati dentro da quegli ululati, come se quella voce inumana afferrasse il cuore e volesse strapparlo via dalla cassa toracica. Un terrore primordiale che non si fermò nemmeno con lo spegnersi di quella voce straziante, ma che, anzi, aumentò quando quei serpenti di chakra nacquero dalla bocca della statua, riversandosi sulla piazza. Una moltitudine, che non risparmiò nessuno. Dalla posizione in cui era, Yu vide i primi Shinobi cadere come gusci vuoti, attraversati da quelle strane manifestazioni, prima che l’orda serpentina puntasse verso le loro linee. Il suo corpo si mosse allora quasi automaticamente, incapace di cedere completamente all’evidenza, incapace di non opporre una minima resistenza, incapace di non appigliarsi ad una piccola, per quanto inutile, speranza. Aprì Kenmaki di fronte a sé, rivolgendosi poi verso Takumi, in ginocchio accanto a lui. Fu l’istinto a farlo muovere, non un piano preparato o una vera e propria utilità nel compiere quell’azione. Razionalmente parlando, sapeva che erano tutti condannati, che quella sua singola azione non sarebbe servita a nulla. Tuttavia il suo corpo si mosse ugualmente. Spinse il castano da parte, lasciando che uno di quei serpenti passasse oltre e finisse per abbattersi sulle linee dietro di loro. Non lo avvertì, non parlò. Gli lanciò solo un’occhiata prima che un altro di quei dardi luminescenti ed infallibili, attraversasse il metallo di Kenmaki come uno spettro, colpendolo in pieno. Non ci fu dolore, né altro. Semplicemente, mentre i rumori attorno a lui si spegnevano uno ad uno e le immagini venivano coperte da un manto nero e soffocante, la mente si svuotò all’istante, piombando nell’oblio più profondo, laddove tutto era inghiottito dal nulla, laddove tutto cessava di esistere.

 
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view post Posted on 1/5/2018, 15:21
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Quel silenzio che seguì il discorso dell'anziana, i fremiti del suo animo nell'udire i lamenti iracondi dei Cercoteri, ancor prima di vederli oltrepassare una barriera ormai distrutta. Se l'aspettava? Sì, ma una parte di lei aveva ingenuamente sperato che la barriera cedesse solo dopo aver risolto quello sgradevole inconveniente.
In quel caso le cose cambiavano, il rumore prodotto dai passi delle bestie non riuscì del tutto a coprire quello dei suoi palpiti, che le arrivavano sin alle tempie; sentiva l'adrenalina scorrere con maggior frequenza ad ogni metro che le bestie codate coprivano, deglutendo prima di lanciare un breve sguardo alla Tsuchi.

Pronta ad agire e fin troppo concentrata su come avrebbe dovuto fronteggiare il nemico, chiunque egli fosse anche secondo gli ordini della loro sovrana, difficilmente si sarebbe aspettata quello che accadde dopo: d'improvviso una luce accecante e da quel momento la kunoichi di Iwa sentì le sue energie venire meno, una forza invisibile ed estremamente poderosa che da sotto la stava drenando, trascinandola verso il basso. Verso il baratro. I pensieri cominciarono a tradirla, come anche i sensi, così la sua vista si offuscò ed i suoni si fecero ovattati.

Le sue pupille si restrinsero ed il suo flebile gemito si unì allo straziante concerto attorno a lei, che rispetto ad altri di già caduti se ne stava in ginocchio, tenendosi dalla sua viverna, della quale fiamma stava conficcata saldamente al suolo. Ad accentuare il suo atroce dolore, tale da mozzarle il fiato più di una volta, ci si mise persino il sigillo, che dal petto cominciò a bruciare come un fuoco vivido e pulsante, e proprio lì lei strinse la mano, non sentendo neppure gli artigli del nekote oltre la pelle.

Combatti...

No! Non gli avrebbe permesso di prenderla a sé, avrebbe resistito fino alla fine per evitarlo. Le stava mangiando il chakra, lo sentiva, ma la Jinton resistette, pesanti e tremuli respiri risalirono tra i denti digrignati, le nocche della mano erano sbiancate e la presa sulla viverna era tanto forte che fece tremare la spada stessa.
Si sentiva stordita, il suo corpo tentava di opporsi a lei, gridando al riposo, al concludersi di quella sofferenza tra le braccia di un sonno dal quale non era certa si sarebbe più svegliata. Nel frattempo sul suo viso e sul collo cominciarono a formarsi increspature, i segni del sigillo che divenivano lentamente visibili. Sentì in bocca lo sgradevole sapore metallico di quel materiale granuloso che risaliva dalla gola secca e che tossì fuori. No... no, no, no. Non poteva finire così.

Combatti.


Nonostante tutto lei, testarda e risoluta, lasciò che la rabbia per quella situazione le desse le energie necessarie a risollevarsi, anche se lentamente.
Mise a fuoco forme e colori, con occhi determinati osservò molti nella sua stessa situazione, osservò Rei, Kaoru e gli altri della squadra. Un'ape o due le ronzarono attorno, infastidendola ulteriormente e morendo nel tentativo di pungerla, quella donna doveva aver perso il controllo del suo esercito volante. Che seccatura.
Il suo udito tornò giusto in tempo per riconoscere la voce del loro Sandaime, seguita a ruota da quella di Rei, che incoraggiava i suoi compagni. Maledizione Masaru...

...COMBATTI!!


Frattanto che con un secco gesto estraeva la viverna dal suolo, Masaru si lanciò in piedi e avanti a sé, approfittando anche del fatto che quel rituale era stato improvvisamente interrotto, quindi nel tentativo di spalleggiare la bambina puntò verso coloro che si erano rivelati come nemici primari da eliminare: non solo il Taisei, ma prima di ogni cosa quelle creature fuoriuscite da quella bestia inumana, che faceva fremere fino a dentro le ossa con le sue sole urla e che andava anch'essa messa a tacere.
Stava per colpirlo, quel serpente, con la falsa certezza che una volta tagliato in due sarebbe potuta andare avanti, stava per attaccare con la sua katana.

D'improvviso un brivido gelido le attraversò il corpo e sentì il suo cuore venire stritolato in una morsa, una sensazione che non era minimamente paragonabile a quella provata con il sigillo e che le tolse il fiato.
Quell'essere approfittò della distrazione per colpire, strappandole via persino le ultime forze che le erano rimaste per lottare, fu un'esperienza tale che persino il corpo sembrò reagire come spinto indietro, un gemito stroncato a metà fu l'ultima cosa che le riuscì, perse la presa sull'elsa, gli occhi le ruotarono indietro e lei, preda dell'oblio come altri, finì incosciente a terra.



siccome sono stronza avevo dimenticato una cosa >.>

Ed ho editato un punto fondamentale su istruzioni di Ege, me so confusa... :cruck:


Edited by ~ Jibril - 3/5/2018, 12:14
 
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Fukagizu, Gennaio 249 DN


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Una mera pace si dissolse. Inaspettata. Fu quantomeno effimera la sensazione di essere in una situazione di stasi, i cui effetti non si erano ancora rivelati. I sinistri rumori provenienti dal limitare della barriera divenivano più ingenti, infidi, raggelando gli animi dei presenti. Le creature codate stavano logorando l'ultimo estremo baluardo della difesa che ivi era stata frapposta; non sarebbe trascorso molto tempo prima che venisse divelta. Percepiva un fremito solcargli la schiena, derivante dall'adrenalina che stava affluendo nei suoi muscoli. Un momento astruso a dire il vero, generalmente chiunque rischiava di essere soggetto a sentimenti nefasti, ma l'Efebico si infervorava. Chyie e Hideyoshi quasi vollero acuire la gravità della contingenza, rendendo più burbere le parole proferite dal Mizukage. Il tentativo di alleviare l'entità della discussione fu vano; non vi sarebbe stata soluzione alcuna se non la distruzione di una delle due fazioni. Non potevano coesistere, i loro ideali erano univoci e contrastanti. Gli Shinobi erano delle vittime, degli insulsi burattini senza volontà alcuna. La scelta sullo schieramento da prediligere era ardua, divenendo quasi un'ossessione per chi voleva cogliere la verità che si celava dietro alle loro parole, andando oltre le azioni che inscenavano.

La verità.
Era così difficile da scoprire?
Si.

Attanagliava la sua mente su quel che avrebbe potuto fare, su quel che avrebbe dovuto fare. Invece era rimasto lì, fermo, a guardare gli eventi succedersi, lasciando a qualcun'altro la possibilità di porre fine alla mania malefica d'una ideologia fallace. L'Efebico lasciò che la sua mente si affacciasse ancora un istante sul baratro della follia, rischiando di ritrarsi con un brivido di ribrezzo, impossibilitato a mantenere oltre lo sguardo su quell'abominio. Un angoscia impalpabile si posò sul suo animo, logorandolo dall'interno. Fallace era quella speranza, lo stesso Hayate era consapevole di tutto ciò, situati in un mondo riverso in una tempesta indomabile ove neanche il ninja imponente per antonomasia avrebbe potuto contenere le sue redini riportandolo sulla retta via. Erano i loro cuori, freddi, austeri, affabili, a dover redimere da quel peccato la società che si andava instaurando.

Si volse, per un attimo, redimendosi dal turbinio di pensieri in cui s'era immerso, rinvenendo. Le iridi diamantine si adagiarono sulla figura di Kataritsuen, il quale s'erse nel mezzo della piazza in tutta la sua autorità. Vari secondi, millesimi a dire il vero, per poi avvedersi di cosa stesse accadendo. Delle scie luminose apparvero sul campo di battaglia, quasi avvolgendo i corpi dei presenti. Non poté fare nulla; era stato un ingenuo. Avrebbe dovuto ponderare una tale possibilità, ma non era stato capace di farlo. Le Hiramekarei fremettero, per un attimo, quasi come se volessero destare il Mizukage da quel catartico senso di colpa in cui era intrappolato. Vide tutto ciò che aveva costruito crollare dalle fondamenta; il suo sogno di riunire nuovamente Kiri e riportarla agli albori d'un tempo, così come aveva promesso al Momochi, divenne una chimera.

Una chimera che divenne più nefasta quando, sotto ai suoi piedi, un fragore viscido si delineo, dando vita a dei simboli a lui ignari. L'effetto fu quasi immediato; sentì il chakra venir inghiottito, come se qualcuno lo stesse assorbendo. Non gli ci volle molto per comporre il puzzle di quel quadro ideato dal capo del Taisei; stava usufruendo del potere degli Shinobi lì presenti per mettere in atto il suo piano. Sorrise, il misfatto stava per avere luogo. Non era affatto felice, ma beffato. I dubbi che aveva a riguardo si erano rivelati reali e quasi si compiacque con Kataritsuen per essersi fatto beffa delle loro capacità. Non si sarebbe mai aspettato un piano del genere, né tanto meno che il campo di battaglia fosse stato manomesso per prevalere sulle loro indecisioni. In quegli istanti non era in grado di elaborare un piano celere per ribaltare la situazione; le urla, i gemiti dei suoi colleghi, degli shinobi ivi accorsi con lui risuonare nell'ambiente. Era davvero finita per loro? In realtà non sapeva ben carpire cosa stesse accadendo. Anche lui, nonostante fosse dotato di un potere che andava al di là del normale, fu vittima di Kataritsuen. I primi a cadere esanimi a terra, privi di sensi, furono i genin; non potevano ostacolare con la medesima fermezza da lui attuata la privazione che stavano subendo. Il loro chakra era ridotto e non ci volle molto prima che ne fossero sprovvisti. Prima di divenire carente dal punto di vista fisico, cercò di legare con le bende l'elsa delle Hiramekarei al palmo della mano destra per poi usare le stesse come leva, per tenersi più tempo irto in piedi. Voleva assistere, voleva vedere con i suoi stessi occhi cosa il futuro riservasse per loro.

Iniziò ad ansimare, aveva il respiro corto ma cercava di rallentarlo e non sprecare ossigeno inutilmente. Doveva cercare di convogliare il potere che gli era rimasto per non subire immediatamente le conseguenze di quei simboli. Le Sogliole non erano uno strumento benevolo in quel momento; anch'esse pretendevano di essere nutrite e non sarebbe riuscito a bilanciare il proprio chakra per mantenere un equilibrio stabile per un'altra manciata di minuti. Quella sua remissività si tramutò in rabbia; voleva vendicarsi, tranciare la testa del capo dell'Ordine, così come quella di Manpeiko. Si vessò il volto con la mano sinistra; tossì varie volte per poi sputacchiare qualche goccia di sangue sul palmo della stessa. Stava per rimanere senza forze, il suo corpo stava risentendo delle conseguenze in modo esponenziale. Ogni secondo che passava, l'assorbimento diveniva più ingente. Si, stava accadendo, come mai aveva pensato che succedesse. Se avesse potuto scegliere come morire, avrebbe preferito farlo combattendo, non essendo una vittima inerme d'un potere che andava al di là del suo potenziale.

Volse lo sguardo verso i suoi uomini... Alcuni proferivano frasi che non giungevano nitide al suo udito, altri richiedevano un qualche tipo di ordine per mettersi all'opera. Cosa volevano fare? L'intera piazza era diventata una trappola, nessuno avrebbe potuto sfuggirne e le creature codate si sarebbero divertite con i loro corpi. Sarebbero morti? Si, probabile, ma si auspicava il contrario... ovviamente. Nemmeno tentare di usufruire del richiamo gli avrebbe salvato la vita; le stesse evocazioni avrebbero sofferto gli effetti di quella tecnica, era tutto inutile.

TJlSeem



- Mi dispiace..

Bisbigliò, riferendosi a tutti gli shinobi che avevano risposto affermativamente alla sua adunata. Serrò il pugno per poi colpire violentemente il terreno, con la poca forza che gli era rimasta. Si sentiva nullo, futile. Fu solo in quel momento che udì, sebbene non fosse un suono chiaro, un boato provenire dalle viscere della terra. Terra che si stava aprendo lasciandone fuoriuscire un essere, un mostro immonde. Il suo sguardo glaciale vi si posò; neanche dilatando gli occhi poteva comprenderne dettagliatamente le caratteristiche. Le fattezze richiamavano la sagoma d'una statua, la medesima materia di cui era composto pareva esserne similare, ma sembrava tutt'altro. Era viva, così come i presenti... Con ferocia ed ostinazione tentava di uscire allo scoperto, lasciandosi alle spalle le viscere in cui era sepolta. Non ci sarebbe stato un prosieguo, non ci sarebbe stato un futuro. Quell'essere infido non era benevolo, almeno quelle erano le prime deduzioni che elucubrò a mente offuscata a causa della instabilità fisica. Da una parte quella statua animata, dall'altra i bijuu che si stavano facendo strada verso la piazza, scaraventando e distruggendo ogni edificio si ergesse sul loro cammino. Erano tra due fuochi, con un potere che, celermente, stava attingendo dalle loro anime. Era la fine, decisamente. Sperava che Fuyu, una volta appresa la notizia, facesse tutto ciò fosse in suo potere per approntare una difesa disperata per respingere l'eventuale attacco nemico, ma quella forza era insormontabile. Nessuno avrebbe mai potuto contrastarli, nessuno, dopo che anche i Kage e gli Shinobi
avrebbero perso la vita.

La consapevolezza di non poter far niente è la cosa più empia che potesse accadergli... Infima la glaciale brezza si prendeva gioco di lui, quasi allietandolo con quel suo spirare leggiadro. Del chakra avente la forma dei Serpenti fuoriuscì dalle fauci di quella immane creatura, riversandosi su ogni persona presente nella piazza. Nessuno escluso, tutti diventarono delle loro vittime... Era stata emanata una sentenza per chiunque fosse ancora alimentato dalla linfa vitale. Non v'era scampo alcuno, neanche per Hayate Kobayashi, colui che si decantava come salvatore di Kiri. Tentò di sferzarne la direzione con colpi di piatto delle Hiramekarei, ma le sue speranze furono vane. Provò anche a spostarsi, a volte, ma fu altrettanto futile la sua insistenza. Vide quasi tutti accasciarsi, alcuni avevano provato a lottare per difendersi, altri, invece, non avevano dovuto neanche attendere la comparsa dei serpenti per perdere i sensi. Mentre l'intero ambiente era luogo di distruzione, tra boati e urla, orientò lo sguardo verso il palmo della propria mano, percependo come il chakra ne effluisse.

Le iridi iniziarono a vedere offuscato; quella cataratta cominciò a diffondersi sempre più, relegandolo quasi alla penombra, riusciva a contraddistinguere solamente le sagome, null'altro. Anche gli altri sensi si stavano ridimensionando; il suono ovattato, il tatto poco sensibile. Quel dannato Kataritsuen aveva un bidone dell'immondizia al posto del cuore. Li aveva solamente sfruttati per i propri obiettivi e loro non erano riusciti ad opporre resistenza. Ci fu un attimo, poi, di mera coscienza, prima che anche quest'ultima lo abbandonasse. Libero dai propri pensieri, libero da tutto, tranne delle proprie Hiramekarei che aveva saldamente legato al palmo della mano per iniziare l'eventuale scontro. Le sentì, quasi come se quelle sorelle lo stessero avvinghiando per proteggerlo. Non lo avrebbero tradito. Mai. Poi l'oblio. Il color pece dell'oscurità prese possesso della sua mente. Nulla più. Solo un ultimo urlo.
Poi... quiete.

 
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view post Posted on 2/5/2018, 12:40
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"Gli ordini dell'Hokage sono cercare di limitare i danni, i demoni sono alle porte, non abbiamo alcuna possibilità contro di loro, dobbiamo guidare una fuga ordinata dei genin, evitare che - " niente, non lo stava neanche ascoltando. Che razza di stupido!
Voleva perseguire in quella sua missione - che, d'accordo, anche lui pensava che il Taisei fosse al momento ancora più pericoloso delle Bestie: da loro, bene o male, si sapeva a cosa si andava incontro, mentre da quel gruppo di fanatici chi poteva saperlo.
Era molto più pericoloso, si diceva, avere a che fare con qualcosa di così ambiguo, di non etichettato, che con un mostro che ti guardava in faccia dicendoti "ti ucciderò". Non che anche nel secondo caso pensasse gli sarebbe stato facile salvarsi.
Continuava a delirare, poi lo vide allontanarsi, mentre si rendeva progressivamente conto che la barriera stava tenendo contro la carica dei Cercoteri, e così sentì scemare un po' quel sentore di morte.



E così fuoriuscirono nuove spire dal vaso. Come diceva Yuzuki: una setta che vedeva nei Bijuu delle vere divinità incarnate - non che non potesse essere comprensibile, a dire il vero. In fondo, erano delle divinità molto più credibili di qualunque altra colma di grazia e pietà. Ma, al di là dell'ingenuo integralismo delle sue parole, avvertiva anche qualcos'altro - sempre più, man mano che proseguiva nel discorso.




"Può anche essere stato così in passato... In parte."




Sì, lo aveva capito fin da allora, e non aveva mai vacillato da quel punto di vista. Non era - probabilmente "non erano" - esseri privi di emozioni, privi di sofferenza e dolore. Benchè l'orgoglio felino lo avesse spinto a tenerli quanto più possibile dentro di sè - che cosa meravigliosa! -, quel lieve passo falso era bastato al suo sguardo per averne contezza.
Mentre quelle parole incalzavano, una dopo l'altra, senza che nessuna mancasse i bersagli dei suoi timpani, sospirò e guardò la distanza tra le sue scarpe.
Poi alzò lo sguardo nel cielo della sera. Il primo astro era già ben visibile.
Chissà, si disse, assottigliando gli occhi, come sarebbe da lassù. Da quel punto privilegiato, forse, la Terra non sarebbe sembrata di particolare interesse. Quando invece, per noi, era tutto ciò si poteva chiamare "casa". Ogni cosa, ogni persona conosciuta o di cui si aveva mai sentito parlare, ogni essere umano che sia mai esistito, era nato lì. L'insieme di ogni gioia e dolore, migliaia di religioni, ideologie e dottrine, ogni ossa, cacciatore di ossa e raccoglitore di ossa, ogni creatore e distruttore di civiltà, ogni "comandante supremo", ogni condottiero e schiavo, ogni inventore ed esploratore, ogni filantropo e massacratore nella storia della nostra specie era vissuto lì. Su quel minuscolo granello di polvere. Sospeso in un raggio di sole.
Un piccolissimo palcoscenico. In una vasta e desolata arena cosmica.
Le indicibili violenze, i massacri, le stragi, i genocidi, gli orrori, i veleni, le crudeltà senza fine scambiate costantemente tra abitanti di fazioni diverse... di un puntino; quanto frequenti le incomprensioni, quanto smaniosi di uccidersi a vicenda, quanto fervente e facilmente sollecitabile il loro odio. Le ostentazioni, l'immaginaria autostima, l'illusione di una qualche posizione eletta o privilegiata, messa in discussione da una simile visione di insieme.
Non c'era forse migliore dimostrazione della follia della vanità umana, che quella possibile, distante immagine di quel nostro minuscolo mondo.

Riabbassò lo sguardo, scrutando sommariamente la piazza. La donna terminava il suo discorso, ma ora gli era chiaro quanto fosse distante dal vero epilogo della faccenda - un atto di vanità? Possibile, ma chi se ne fregava.
Come aveva intuito tempo prima, proprio al fianco di Matatabi, proprio di fronte alle sue fiamme devastatrici. Probabilmente era questo che doveva accadere, era questo il fine ultimo che era stato loro designato dal momento che erano venuti al mondo, quando i fili avevano iniziato a tessersi fino all'ordito finale e compiuto di quel momento. Come aveva visto a Kawagoro, avrebbero dovuto essere sterminati tutti. Spazzati via dalle forze della Terra come un lieve fastidio superficiale. Le colpe dei padri che ricadono sui figli, di cui anch'essi sono complici attivi.
Sorrise.
Non avrebbero lasciato molte tracce, per fortuna. Un po' di polistirolo, forse, nulla di più - sia ringraziato il cielo! E quella pallina sarebbe rimasta lì ancora per molto tempo dopo la loro scomparsa - pazienza, solo un'altra mutazione fallita, un'altro errore biologico di programmazione, un vicolo cieco evoluzionistico. Il pianeta li stava per spazzare via come un'infestazione di pulci.
I Bijuu penetravano oltre la barriera, il mondo attorno a lui stava cambiando, le forze iniziavano ad abbandonarlo, ma sapeva come tutto questo avesse per lui il sentore dell'inevitabile. Il mondo si faceva sempre più confuso, torbido, sfocato.
Qualcosa gli parve fuoriuscire dalla terra - qualcosa di umanoide e mostruoso.
Delle urla in sottofondo, come se lo raggiungessero da lontano.
Sì, era davvero la fine. Ti sbagliavi, eh Sousui? si chiese. Buffo: poteva dirsi te l'avevo detto. Non stava accadendo tutto senza che non fosse preparato.

"Sembra che sia vero: pare che tutto mi ritorni alla memoria come in un'unico disegno confuso, ma al contempo estremamente causale. Di una causalità che, tuttavia, sento ancora apparirmi ignota. Beffarda quasi. Ma chi se ne frega, anzi: più rivedo questo elenco di avvenimenti passarmi davanti, più mi convinco che sia effetto del più puro caso e non contenga alcun messaggio al di fuori della sua nuda e spoglia cornice.
Ma questi, per quanto valgano, sono tutto ciò che ha costituito la mia vita, e mi è capitato con alterno fervore di consultarli a ritroso come un oracolo, ma al mio sguardo limitato mi sono sempre apparsi niente più che un centone, un carme a figura, un immenso acrostico che non dice nè ripete altro da ciò che ciascuno di essi suggerisca; nè adesso, in fondo, so più con certezza se io li abbia realmente vissuti, o se essi abbiano potuti porsi in atto attraverso di me. Più li vedo, anche adesso, sempre più lontani e sempre più coesi in una visione d'insieme, meno riesco a capire se in essi vi sia un realmente un filo unificatore, una trama che va al di là nella sequenza temporale e li unisce tra di loro.
Quale che sia la Verità sento che non me ne importa più molto. No, puttanate! E' dura, è durissima - è dura non sapere se quanto è accaduto contenga un qualche senso nascosto, se più d'uno, se molti, o nessuno.
Ma presto tutto questo non avrà importanza - sì, adesso lo sento scivolare, man mano che l'ombra della grande tenebra che si avvicina ingloba ogni parte del mio mondo. Non mi rimane che attenderla e tacere. Tra poco mi raggiungerà del tutto, e ogni ricerca non avrà più importanza. Tra poco mi ricongiungerò con quel principio, e non credo proprio neanche adesso che sarà un divino glorioso, o di gioia, e men che ancora di pietà. In loro vece, mi sto inoltrando in un deserto amplissimo, perfettamente piano e incommensurabile, in cui il cuore veramente spoglio e saggio soccombe beato. Sto sprofondando nella tenebra divina, in quel silenzio muto e in quell'unione ineffabile e suprema che cancella ogni eguaglianza e ogni diseguaglianza, e in quell'abisso perderò me stesso. Non conoscerò più nè l'uguale nè il diseguale nè altro: dimenticherò ogni differenza, sarò nel fondamento semplice, in quel deserto silenzioso dove non vi è mai diversità, nell'intimo dove ciascuno si trova al proprio luogo; e, al contempo, nessuno vi si trova. Ecco, sta arrivando: la divinità silenziosa e disabitata, dove non vi è opera, nè immagine.

Fa freddo. Il corpo mi è ormai estraneo. Lascio questi ultimi pensieri - che stupido, chi mi può sentire? Non lo so, ma sono fuoriusciti dal mio abisso.
Li lascio dunque, non so più intorno a chi, non so più intorno a che cosa.
"

Edited by Jöns - 2/5/2018, 19:23
 
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view post Posted on 2/5/2018, 17:56
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Le parole di Manpeiko non tardarono a giungere alle orecchie dei presenti, ma a dirla tutta non dava praticamente nessuna spiegazione plausibile sul perchè dovessero lasciare liberi i Bijuu. Si era limitata a ripetere ciò che avevano già sentito da Akira, che i cercoteri erano dei scesi in terra e sarebbe stato ingiusto e blasfemo rinchiuderli.
Kinji ascoltò incredulo le parole della donna incapace di pensare come avesse creduto che anche solo uno dei Kage avesse improvvisamente acconsentito ad aiutare il Kyo Dan.


Non può essere seria. Nessuno fornirebbe appoggio ad una setta di pazzi che venera mostri come fossero Kami; le sue ragioni fanno acqua da tutte le parti agli occhi di chiunque abbastanza sano di mente! No, deve aver previsto con largo anticipo che nessuno le avrebbe dato supporto, quindi avrà ancora degli assi nella manica, non c'è altra spiegazione.

Mentre tutti gli shinobi rimasero in silenzio ad ascoltare l'arringa della mentre dietro il Kyo Dan, dall'esterno della barriera cominciarono a provenire ruggiti, boati e rumori molto simili a delle esplosioni. Doveva trattarsi dei demoni che tentavano a tutti i costi di passare con la forza, attirati verso il centro della piazza come falene con la luce.
Dopo diversi boati, la barriera all'interno della quale erano ospitati cominciò a dare evidenti segni di cedimento: la luce emanata andò scemando, poi si interruppe del tutto lasciando i presenti in balia della furia dei Bijuu; i ruggiti delle bestie echeggiarono in tutta la piazza e nei cuori degli shinobi, facendoli tremare come foglie al vento.


Si sta mettendo male, molto male. La situazione è in stallo: nessuno dei due ordini è abbastanza convincente da permetterci di fidarci al 100%. E in più adesso dovremo vedercela con mostri dalla stessa potenza dell'Hachibi.
Non c'è altra scelta, dobbiamo impedire che il rito venga fermato dal Kyo Dan o dai Bijuu stessi. Dopo deciderà Akane come agire nei loro confronti.


Ma in verità il destino aveva piani ben diversi per l'Uchiha e tutti i compagni d'arme: la polvere ai piedi di tutti i presenti cominciò a brillare per formare delle rune e iscrizioni indecifrabili, espandendosi a macchia d'olio su tutto il campo di battaglia.
Il Vermiglio si mise istintivamente in guardia, pronto a reagire a quell'offensiva inaspettata... ma si accorse quasi immediatamente che non riusciva a sfruttare al meglio il proprio chakra, avvertendone dei disturbi.
Si diede quindi un'occhiata in giro constatando con orrore che non era il solo a subire l'effetto sgradito: tra le urla di paura di alcuni e le direttive perentorie di altri, tutti indistintamente cominciarono a perdere le forze per via delle massicce quantità di chakra risucchiato dai glifi.
I primi a risentirne in maniera massiccia furono i genin, sprovvisti di ingenti riserve di chakra, i quali ben presto non riuscirono a rimanere in piedi; seguirono anche i chunin, sebbene provassero a porre più resistenza.


Quel bastardo di Kataritsuen... ci ha ingannati, ci ha usati fin dall'inizio sapendo che saremmo stati tutti carne da macello alla fine. Ci ha invitati qui con il solo scopo di avere abbastanza chakra per il suo maledetto rituale mantenendoci completamente all'oscuro.
Non lo perdonerò per questo, mai! Piuttosto che vedere il tuo sorriso sornione per via della buona riuscita del tuo piano... preferisco farti fallire miseramente. Devo oppormi ad ogni costo e raggiungerlo per fermare questa follia!


Quando anche le sole forze del Vermiglio vennero meno, fece affidamento a quelle del sinistro anello che aveva al dito, riuscendo a rimanere in posizione eretta e muovere un passo o due prima di notare che persino il chakra oscuro veniva risucchiato dai glifi.
Se nemmeno sfruttando quel potere -che si era rivelato fino ad allora così utile quanto pericoloso- riusciva ad opporre resistenza, come avrebbe fatto a raggiungere il suo obbiettivo?
Il giovane assistente però sembrò mosso da un impeto che lo portò a urlare qualcosa che non raggiunse chiaramente le orecchie di Kinji, per poi strappare il ciondolo che il capo del Taisei portava al collo.
Ciò che ne conseguì fu qualcosa che nemmeno negli incubi più incredibili avrebbero potuto sognare: la terra si aprì letteralmente facendone emergere quella che sembrava a tutti gli effetti una statua dai tratti umanoidi. Gridò, urlò e si trascinò fuori dalla sua tomba come un morto tornato alla vita.


E quello che diavolo è!? Non abbiamo speranza di sopravvivere ad un simile colosso, non nelle condizioni in cui versiamo!

Kinji avrebbe voluto gridare ai compagni per dar loro l'ordine di ritirarsi, soccorrere i feriti... fare qualsiasi cosa! Però non riuscì a farlo poichè il fiato cominciò a mancargli e se voleva rimanere in piedi doveva risparmiare le energie, anche quelle più insignificanti.
L'incubo però non era che appena iniziato per gli ignari shinobi.
Dalla bocca della statua scaturirono centinaia di serpenti fatti di chakra che cominciarono a fluttuare sul campo di battaglia seminando ancora più panico tra i presenti. Attaccarono indistintamente membri del Kyo Dan, Taisei, shinobi e persino Bijuu.
L'Uchiha notò che quegli esseri sembravano non avere sostanza, similmente a dei fantasmi, riuscendo ad attraversare i corpi delle persone per poi lasciarli completamente privi di sensi o, nel peggiore dei casi, morti.
Tra il caos generale, Kinji vide uno di quegli esseri eterei avvicinarsi pericolosamente alla sua figura, avanzare fino a pochi metri per poi cambiare repentinamente direzione e investire uno shinobi accanto a se. Qualche secondo fu il tempo che ci mise a cadere come un peso morto per terra, gli occhi ancora spalancati, l'espressione di chi aveva vissuto un'esperienza terrificante.
Se prima c'erano dubbi, ora non erano rimaste che certezze nella mente del Jonin: quegli esseri erano letali e non avevano possibilità di combatterli. Difficile descrivere la sensazione di sapere che la fine è prossima, che tutto finirà nel giro di pochi istanti rimanendo impotenti ad attendere l'inevitabile.
Kinji avrebbe voluto prendere le teste di ogni singolo membro del Kyo Dan e del Taisei per sbatterle violentemente tra loro, maledicendo quella maledetta guerra e tutti le loro generazioni di avi. Avrebbe voluto rivedere ancora una volta il viso di sua madre in ospedale, accarezzare il capo dei suoi allievi Makoto e Hikaru per dirgli di non essere tristi e andare avanti, riabbracciare Hayato per un'ultima volta e sentire il profumo della chioma cobalto della sua Setsuna. Avrebbe voluto avere l'occasione di salutare l'eremo e tutti i suoi abitanti per ringraziarli per tutto ciò che avevano fatto per lui così come salutare tutti coloro che si erano guadagnati un posto nel suo cuore.
Invece non avrebbe potuto fare nulla se non aspettare inerme, a malapena in piedi grazie al potere di quel maledetto anello.
Cercò Akane con lo sguardo, ostentando sicurezza e tranquillità per alleviare la coscienza della kunoichi; sapeva che lei più di tutti avrebbe sentito il peso di un simile fallimento sulle proprie spalle, perciò voleva rassicurarla a modo suo, anche se non avrebbe potuto parlarle o ringraziarla per tutti i preziosi insegnamenti che gli aveva offerto negli anni.
Un ennesimo serpente apparve davanti alla figura dell'eremita; stavolta non c'era alcun dubbio che avesse puntato proprio il Jonin.


Forse saremo stati solo pedine in questa guerra, ma una volta finita, riacquisteremo la nostra libertà!

Spalancò le braccia davanti alla morte, intento a fissare davanti a se un punto indefinito mentre il fantasma lo trapassava; una improvvisa sensazione di freddo prese possesso di Kinji, le orecchie non sentirono più nessun urlo, nessun ruggito.
Provò a contrastare l'effetto usando ogni residuo di chakra rimasto, ma fu tutto inutile: dopo alcuni secondi il Vermiglio si lasciò andare cadendo con la schiena al suolo; nessun dolore, nessuna sofferenza.
Prima che la vista lo abbandonasse del tutto, rimase a fissare il cielo stellato senza rimpianti, bensì con la gioia di aver vissuto intensamente.
 
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view post Posted on 2/5/2018, 21:13
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Inutile dire che il suo intervento venne completamente oscurato da quello dei vari leader. Era prevedibile, persino lui se lo aspettava, ma aveva comunque deciso di provarci. Aveva le sue ragioni per credere che la convivenza con quelle bestie fosse possibile ed era sicuro che non fosse l'unico a pensarla in quel modo. Non condivideva in pieno gli ideali di sottomissione del Kyo Dan, ma poteva comprendere il legame tra terra e Bijuu. Era vero, come forze di questo pianeta, anche loro dovevano avere un posto sullo stesso. Eppure erano pericolosi, questo lo sapeva benissimo. Comprendeva le motivazioni che spingevano di vari Kage ad agire in quel modo, non prendendo nemmeno in considerazione la possibilità di un dialogo. Li comprendeva, ma non li tollerava. Erano dei vigliacchi. Persone che invece di mostrare alla propria gente forza e decisione, si abbassavano ad ascoltare leggende e superstizioni piuttosto che cercare la verità nelle stesse. Le Bestie erano potenti, pericolose e incontrollabili per certi versi. Eppure pensavano, comprendevano quello che veniva detto loro e, a volte, rispondevano anche. Durante il suo incontro con il Gobi non aveva ottenuto molto, non aveva certo fermato la sua corsa. Era convinto, però, di aver smosso qualcosa in lui, smorzato la sua brama di vendetta. Li aveva risparmiati, tutti quanti, questo dimostrava ampiamente che anche loro potevano essere clementi. La loro rabbia era comprensibile e condivisibile, ma non per questo non poteva essere placata. Il Taisei li aveva rinchiusi, se fosse servito avrebbe pagato per i suoi crimini. Per quanto riguardava il Kyo Dan beh, non avrebbe certo governato. Si sarebbe adattato ad una semplice convivenza e sarebbe stato spazzato via nel caso in cui avesse continuato con gli attentati. Sogni e speranze di un Chunin che stava ancora in piedi su quella roccia, osservando il circondario. Alcuni avevano risposto positivamente al suo appello, altri no, ma le persone che contavano non sembravano aver cambiato idea. Infastidito, si rese conto che la sua bocca stava per emettere un suono. Avrebbe voluto fermarsi, ma il suo corpo si muoveva da solo. Le mani vennero portate ai lati della bocca mentre inspirava con vigore. Uno. Due. Tre. - Y'ALL FUCKIN' PUSSIES!!!! - Si era trattenuto in precedenza. Avrebbe davvero voluto dire al Taisei e al Kyo Dan di crescere. Migliaia di anni a farsi la guerra per cosa? Eppure non lo aveva fatto, si era mangiato la lingua provando di mantenere un clima di pace, la stessa pace che andava cercando. Nulla. Beh, non c'era più motivo di nascondere quello che provava allora. I Kage, i leader di quei culti senza un senso, tutti coloro che condividevano quella volontà di privare le Bestie della loro libertà. Tutti. Fighette senza spina dorsale, senza alcuna volontà di cambiare, di scoprire, di sperimentare. Il rischio era enorme, ma se nemmeno coloro che portavano sulle spalle il peso di interi villaggi erano disposti a correrlo, allora nessuno lo avrebbe fatto. Avrebbero seguito come pecore, perché questo era quello che sapevano fare meglio. Cosa avrebbe fatto lui? Non lo sapeva ancora. Aveva provato ad intervenire per ottenere delle rispose, ma gli erano state negate. Beh, il piano iniziale era ancora valido. Provare ad avere un contatto con i Cercoteri, per poi combatterli nel caso si fossero dimostrati totalmente ostili. Era uno stupido, capisco che tutti quanti lo stiate pensando, eppure anche lui aveva i suoi perché.

La vecchia parlava riempiendosi la bocca di belle parole. Sarebbe stato bello riuscire a condividerle del tutto, eppure lui sapeva. Sapeva che il Kyo Dan aveva attentato a Kumo, sapeva che il loro obbiettivo non era una convivenza pacifica, ma più una sottomissione. Bastava ascoltare quella megera. "Dei", così li chiamava. Per quanto fossero esseri potenti, non avevano nulla di divino. Non avevano nulla a che vedere con Jashin. Erano entità differenti, non certo idoli da venerare. Per questo motivo il viso di Eiji si fece contorto. Preso da un misto di rabbia e delusione. Continuavano a prendere in giro tutti quegli Shinobi. L'unica speranza era che almeno il Taisei si dimostrasse leale alle promesse che aveva fatto. Concludere la guerra se fosse stato necessario, anche se la seconda parte l'aveva aggiunta lui nella sua mente. Poi quel boato, quei ruggiti, la barriera stava cedendo. La vide scomparire per poi riaccendersi. Era solo questione di secondi. Infiniti secondi. La luce di quel campo di forza scomparve e la barriera esalò il suo ultimo respiro. Stavano arrivando. Un fulmine ascensionale si levò nel cielo, seguito da altri come lui. Subito dopo venne vista una colonna di fuoco. Segnali chiari.
- I BIJUU CARICANO! - La stessa voce che aveva avvisato dell'arrivo del Kyo Dan si fece nuovamente sentire. Nonostante tutto l'esercito di Kumo ancora stava facendo il suo lavoro. Nonostante la mancanza di un Kage, nonostante l'incertezza generale, gli animi restavano saldi e la volontà di proteggere la patria forte.

Eiji allora si dimenticò di tutto. Le parole dette da lui, quelle dette dalla vecchia. Fece un rapido salto e tornò da dove era venuto, affiancandosi a Yuji e Makoto.
- Stanno arrivando, state pronti! - Cosa avrebbero fatto quelle fighette che si erano riunite nella piazza? Avrebbero attaccato accrescendo l'ira di quelle bestie, oppure sarebbero scappati? In entrambi i casi avrebbero tenuto fede al soprannome da Eiji affibbiatogli. Il ragazzo fece in modo si mettersi davanti ai due compagni di squadra, ma non richiamò le falci. Non ancora. Non voleva farsi vedere dal Gobi armato, se c'era una speranza per instaurare un dialogo, il cinque code la rappresentava.

Non li vide nemmeno arrivare che qualcosa accadde. Un potente sigillo si aprì sotto i suoi piedi provocando in lui un grande stupore. Era come se la sua linfa vitale stesse lentamente scorrendo fuori dalle sue viscere. Un dolore differente dal solito. Non vi era piacere in quello che stava avvenendo. Come se il suo dono non potesse nulla contro quella misteriosa forza che li stava schiacciando. Con le ultime energie rimaste si voltò verso il leader del Taisei e compagnia, cercando di capire cosa stesse succedendo. Stringendo di denti per evitare di crollare a terra in balia di quella forza. Eppure non riusciva ad opporre resistenza. Non era abbastanza potente per fermarla. Nonostante gli occhi verdi restassero fissi sulla figura del leader, il suo corpo pian piano di avvicinava al terreno. Katacoso, insomma lui, non pareva risentire degli effetti di quello. Magari era solo una sua impressione, distorta dal dolore che stava percorrendo le sue membra come non faceva da tempo ormai. Una seconda figura comparve nel campo visivo del giovane, ormai annebbiato quasi del tutto. Sembrò sottrarre qualcosa al leader del Taisei e, per un istante, quel dolore scomparve. Il ragazzo prese a respirare celermente ed a pieni polmoni, mentre tentava di riacquistare la posizione eretta.
- NINJA DI KUMO, RESISTETE! NON ABBIATE TIMORE E STATE PRONTI A COMBATTERE! - La voce del comandante in capo dell'esercito della Nuvola si manifestò. Rai no Kibou sopravvissuto alla battaglia contro il quattro code che aveva visto perire Raisei. Una semplice esortazione la sua, voglioso di trasmettere al suo esercito la sicurezza che un capo deve saper infondere. Non sapeva ancora cosa fare, nemmeno lui, ma non poteva lasciare che i suoi uomini si arrendessero alla paura di una imminente fine.

Animato da quelle parole Eiji trovò la forza di mettersi in piedi, nonostante fosse ancora barcollante e le energie scarseggiassero. Fu proprio allora che richiamò le falci. Le tre spuntarono attorno a lui uscendo da braccia e schiena.
- Help me... Dobbiamo... Dobbiamo proteggerli... - Riferendosi ovviamente ai compagni di squadra, ma non solo. La piazza era piena di suoi fratelli. Non fece in tempo a riprendere fiato che la terra si squarciò. Quella che pareva essere l'ennesima catastrofe naturale si manifesto davanti ai suoi occhi. Una statua, enorme e sofferente. Era come se bramasse qualcosa. Come se non si sentisse completa. Gridava e combatteva contro il suo stesso peso per emergere dalla terra ormai frantumata. Aveva letteralmente la pelle d'oca. Il Chunin non riusciva a capire quello che stava accadendo. Era tutto davvero troppo, troppo più grande di lui. Troppo più grande rispetto a quello che si era immaginato. Cos'era quell'essere? Perché quelle grida così agghiaccianti? Cosa avrebbe dovuto fare lui, semplice Chunin di Kumo? Mille e più domande iniziarono a sfrecciargli per l'anticamera del cervello. Una cosa sola era certa. Eiji era sempre se stesso, nella sua stupidità e nel suo coraggio. Spaventato ed incuriosito da tutto, osservava quella statua con quel mix di emozioni stampato in volto. Sentiva dentro si sé che vi era qualcosa di sbagliato. Che qualcosa di brutto sarebbe accaduto, eppure non poteva fare a meno si sorridere stupefatto. Proprio come quando si era ritrovato il Gobi a pochi metri da lui. Che bel momento per essere vivi. Che bel momento per essere presenti. Tremava senza nemmeno rendersene conto, mentre quei due smeraldi osservavano quell'essere del tutto sconosciuto. - Yo bro! Fatti coraggio! - Ci siamo noi con te... - Mi stavo quasi abituando alla tua stupidità, vediamo di non restarci secchi proprio oggi. - Furono proprio quelle parole a smuovere il suo animo, fermando quel tremolio.

Non vi fu tempo per replicare, quell'essere agonizzante bramava qualcosa e se lo sarebbe preso. Proprio quando pareva che la vita avesse abbandonato quella strana statua, dalle sue fauci si sviluppò una strana luce. Un'infinita moltitudine di tentacoli comparve improvvisamente. Serpenti di chakra pronti ad inghiottire tutto quello che capitasse loro a tiro.
- SHINOBI DELLA NUVOLA, STATE PRONTI A DIFENDERVI! - Per la seconda volta la voce di Rai no Kibou si fece sentire, esortando l'esercito ad armarsi. Eiji si parò davanti ai compagni di squadra con le tre falci sguainate. I tentacoli si avvicinavano e lui poteva dirsi pronto a combattere il fuoco con il fuoco. Eppure, quando le lame impattarono contro quelle essenze serpentiformi, si limitarono ad oltrepassarli. Attraversarli come fossero di pura aria. Non c'era nulla che potesse fare. Non in quel momento, non in quello stato. Il tentacolo si avvinghiò a lui iniziando a tirare, mentre le falci fendevano l'aria in modo affannoso. Il suo chakra brillò, mentre veniva lentamente trascinato fuori dal suo corpo senza che lui potesse fare nulla. - WHAT THE FUCK IS THIS SHIT?! - Furono queste le sue ultime parole, mentre tutto attorno si faceva scuro e la voce delle sue falci si affievoliva a poco a poco, per poi scomparire.
 
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view post Posted on 3/5/2018, 09:36
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A Man of No Consequence

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Legenda codici per una facile lettura del testoNarrazione in 1° persona | « Parlato » | PG con cui avviene interazione

« Makoto » | « Eiji »


Ricongiuntami con i miei compagni, decido di rimanere loro appiccicata, seguendoli verso il centro di quei ruderi, dove la stragrande maggioranza delle forze belliche si erano radunate. C’era veramente l’imbarazzo della scelta: l’odore salmastro dei ninja di Kiri, quello più muschiato di quelli di Konoha... E quelli? Ninja di Oto? Per me, che non avevo mai visto nulla al di fuori del mio paese, tutta quella gente mi appariva come mistiche creature mitologiche, tanto esotiche ed incomprensibili.

Che gran confusione che c’era, in quella marmaglia di gente, dove tutti si parlavano l’uno sull'altro, cercando di far prevalere questa o quell'altro ideale e pensiero e, al centro di tutta quella cacofonia, c’era un ragazzo. Giovane, probabilmente della stessa età di mio fratello Koichi forse, anche se l’aspetto emaciato poteva ingannarmi, inizia a parlare, facendomi capire immediatamente di chi si tratti: il capo del Taisei. Ecco, quindi, che faccia ha l’aguzzino di quelle bestie.

Immediato, al suo appello, rispondono altre persone e, in mezzo alla folla, cerco di mettermi sulla punta dei piedi, provando a scorgere qualcosa, ma sono troppo bassa, dannazione! Mi accorgo però che Eiji-senpai freme, irrequieto, mentre sale sulle macerie di un vecchio colonnato a noi vicino, nel tentativo di ergersi un minimo sulla folla. Decido di imitarlo, salendo poco più in basso rispetto a lui e finalmente riesco ad intravedere gli altri interlocutori, rimanendo a bocca aperta nello scorgere il famigerato Demone di Konoha, nonché suo Hokage, Akane Uchiha.

Cazzo, quella donna è quasi una leggenda vivente! E dopo la nostra ex-kage, penso sia la seconda donna che ha la mia più grande stima, per aver raggiunto un traguardo del genere, e noto che non è l’unico Kage lì presente. Ci sono tutti, davvero tutti quanti... E qualcosa mi punge dentro, dritto nel cuore. A mancare è solo Reisei, lei che ha dato la vita nel cercare di respingere l’attacco di Son Goku ai confini del paese... E allora perché quei quattro kage sembrano così.... freschi come una rosa?

Non ci credo che Reisei potesse esser più debole di loro, non me ne capacito proprio, quindi l’unica cosa che mi viene da pensare è che quei quattro si siano sempre tenuti in disparte, rimanendo dietro le loro scrivanie, mandando avanti in prima fila i loro uomini... Non so, la cosa mi lascia davvero molto delusa.... ma fortunatamente ci pensa Eiji-senpai a sottrarmi da questi pensieri, perché da voce ai miei stessi pensieri: perché non vivere tutti insieme, in maniera pacifica?

Sotto di lui, annuisco, cercando di dare il mio appoggio alla sua proposta. «È vero, perché non trovare un’altra soluzione? Dopotutto, che ne sappiamo di cosa il Taisei voglia farci, con i Bijuu da loro sigillati?» Ovviamente, però, nessuno da ascolto alle nostre parole, sopraffatte da quelle delle figure di spicco del continente, così diverse dalle loro.

Sospiro mestamente, scendendo giù, e guardando Midori (Yuji) con aria affranta. «Ormai Kumo non ha alcuna voce in capitolo... Che fine ingloriosa stiamo facendo...» Amareggiata, volgo lo sguardo dall'altra parte e sgomenta vedo la barriera cedere, iniziare a cadere a pezzi come se fosse stata fatta da migliaia di iridescenti coriandoli, seguita da un potente fulmine ascensionale. Un segnale chiaro e inequivocabile, per noi.

«Stanno arrivando, state pronti!» Annuisco con fermezza al senpai, sfoderando immediata una delle mie spade, ma in tutta quella marmaglia di gente mi è difficile combattere, rischierei di ferire seriamente qualcuno nel mezzo. «Siamo troppo pressati qui, rischiamo di rimaner schiacciati come sardine!»

Faccio ai miei compagni, ma qualcosa inizia a farmi prudere il naso in maniera abbastanza insisitente, tanto che sono costretta a strofinarlo, abbassando lo sguardo e... intravedo qualcosa serpeggiare ai nostri piedi, delle piccole linee luminose che si stanno espandendo sempre più. Indietreggio, urtando la schiena di Midori (Yuji), non sapendo cosa fare. «Eji-senpai, Midori-kun! Che diavolo è sta roba?»

Cerco in tutti i modi di non toccarli coi piedi, ma è inutile: in breve tempo riempiono tutto il terreno e immediatamente mi sento le energie risucchiate, tirate via e scivolare in basso. «È una trappola... Il Taisei ci ha messo in una fottuta trappola!»

Digrigno i denti, il fiato strozzato in gola, cercando i tutti i modi di non cadere per terra, ma è dura, maledettamente dura. E non sono l’unica a subire quegli effetti: anche i miei compagni sembrano debilitati, Midori (Yuji) sta messo forse anche peggio di me, mentre Eiji-senpai, come me, stinge i denti e cerca di resistere, ma io ormai mi reggo solo grazie alla spada che ho sguainato, alla quale mi appoggio quasi con forza, nel tentativo di non far cedere le gambe sotto il mio peso. «Help me... Dobbiamo.... Dobbiamo proteggerli!» Sento pronunciare in maniera quasi indistinta, le orecchie che mi sembrano ovattate, ma capisco che a parlare è stato il senpai, e intuisco in qualche modo che non si sta riferendo ai nostri compagni, ma ai Bijuu.

Una rabbia cieca mi da la forza per un ultimo slancio, mi impedisce di cadere e di rimettermi in piedi senza l’appoggio della spada, riesco addirittura a stendere il braccio libero, a stringere il tessuto del suo vestiario, aggrappandomici quasi, e gli urlo contro, cercando di sovrastare i boati assordanti provocati dai crolli li vicino. «Pensa... ai tuoi fratelli... CAZZO! LA TUA GENTE.... KUMO... È Più IMPORTANTE!» Gli urlo con quanto fiato ho in corpo, facendomi male alla gola, esaurendo ogni briciola di energia che mi è rimasta in quel rimprovero carico di dolore e rabbia.

La vista mi si offusca, le orecchie mi ronzano, mentre perdo sensibilità del mio corpo. Sto per svenire, me lo sento, ma cerco in ogni modo di non cadere. Non sento più le urla, non vedo più la gente, il mondo mi appare completamente ovattato, coperto da un velo. Possibile che debba finire così, in questa merda di modo? «Ehi, Gozzy, mi sa che avevi ragione... Dovevo andarmene finché ero in tempo.»

Intravedo qualcosa, nella foschia, una sorta di tentacolo opalescente avvicinarsi verso di me, puntare al mio petto. Non ho idea di cosa sia, ma cerco di colpirlo, deviarlo via con un fendente di spada, ma sono troppo debole, troppo lenta anche solo per rimuovere l’appoggio dalla spada e spostarla anche solo di un millimetro. Mi colpisce in pieno petto, dritto sul ciondolo di mia madre, e la prima cosa che intravedo è il chakra ivi contenuto venir succhiato via, in un rivolo lattescente. Cerco di afferrarlo, di impedirgli di andar via, ma mi rendo conto che sta strappando via anche me e mi vedo, gli occhi ametista vuoti, privi di vita, il corpo minuto, sorretto dalla spada, acasciarsi sulle ginocchia, quella spada a fare da sostegno, l’unico per evitarle di cadere al suolo. E il mio corpo vuoto rimane li, in quella posizione stremata, le mani ancora strette sull’elsa.

Non può finire così... Non voglio che finisca così, ma ormai non ho più nulla a cui aggrapparmi.
 
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