覚醒 Kakusei: scontro finale, [Fase 4]

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view post Posted on 4/9/2018, 22:44
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K U M O W A V E

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Una sensazione di vuoto, di leggerezza, di serenità, di piacere pervade il mio corpo improvvisamente subito dopo essermi scomposto in polvere insieme a tutto il resto dei miei compagni.

Quanto tempo passa da quel momento non lo so ma è la sensazione migliore che ho mai provato nella mia breve e inutile vita. Tutto questo cambia, ad un tratto, senza neanche un preavviso una strana energia sento come se mi risucchia come se il mio corpo cadesse nel vuoto. Per un istante mi sembra di riprendere la ragione, di capire cosa mi sta succedendo, ma non è così… è solo una sensazione simile se non uguale alla famosa caduta nel vuoto che si prova durante un dormiveglia.
Questa strana sensazione diviene sempre più forte sempre più intensa fino a quando non mi sveglio alzandosi nella posizione seduta, come si fa normalmente durante un incubo, uno dei peggiori incubi.

« JEHJEHJEHJEHJEHJEHJEHJEH!!!! »

Inizio a gridare la mia stupida esclamazione senza senso guardandomi intorno senza capire cosa fosse successo.

~ Dove mi trovo?... dov’è il bijuu? ~

La prima cosa che vado a cercare e il mastodontico tre code ma nulla quindi gli occhi iniziano a cercare facce conosciute.

~ Ci sono anche loro… ~

Muovo il braccio destro per poggiarlo a terra… ~ Che sta succedendo?? ~ … mentre lo muovo ho una sensazione della mia presenza diversa, qualcosa è cambiato, non capisco cosa… probabilmente sono solo molto stanco.
Tento di poggiare la mano a terra ma per qualche ragione l'equilibrio, le distanze che il mio cervello calcola in automatico, i movimenti automatici del mio braccio non funzionano nel migliore dei modi e mi sento ingombrante… la mano per qualche ragione arriva a toccare la terra prima, millesimi di secondo qualcosa di impercettibile a prima vista ma un cambio interno mio che non riesco a comprendere.

Sposto lo sguardo sul mio braccio e a prima vista non noto nulla quindi come poco prima immagino sia solo stanchezza, affaticamento… o persino l'adrenalina dovuta alla strana sensazione che avevo provato appena risvegliato.

Faccio perno sul braccio e tento di alzarmi, continuando a percepire la mia presenza fisica molto strana, diversa dal solito… quello che stavo muovendo non sembrava più il mio corpo… una sensazione strana come se avessi perso la capacità di mantenere l'equilibrio durante una sbronza colossale.

GDROFF /// non so bene come devo concludere il post e quindi mi sono inventato sta cosa del seguire gli ordini di kumo per liberare il pg… spero vada bene/// GDRON

Una volta in piedi inizio a seguire vari ordini dei ninja di Kumo, in silenzio parlando solamente se necessario.
La sensazione del corpo estraneo continua a infastidirmi per tutto il tempo, qualche volta arrivando a distrarmi del tutto dal circondario.

Un altra stranezza che non riesco a spiegarmi, e quindi ignoro, è il fatto che la Katana, legata dietro la schiena in verticale, inizia a colpire i polpacci vicino alle ginocchia… una zona delle gambe troppo in alto, una zona delle gambe che non aveva mai colpito prima… quindi ogni due o tre passi mi tocca aggiustare la sua posizione invano.
 
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view post Posted on 5/9/2018, 12:56
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K U M O W A V E

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Non era più nella grotta. Non c'era più Isobu. Pure l'adrenalina era scomparsa. Tutto era ritornato al punto in cui tutto era cominciato. Quell'enorme campo di battaglia da cui era svanito qualche minu...or...gior...boh lasciamo stare il tempo.

*Di che diavolo stai parlando? Stai un po' zitto mi fa male qualunque cosa, oddio mi sento confuso, che dolore alla testa*

Akira si svegliò in quell'istante. Non riusciva a muoversi, fissava il cielo azzurro, sentiva solo dei suoni blandi, come delle grida, alcune sembravano disperate, altre rassegnate. Non era in grado di comprendere cosa stesse accadendo, tanto meno a se stesso. Si ricordava bene però quello che era successo fino a qualche istante prima di svanire. Impresse nelle membra quei momenti in cui sfuggirono dalla grotta in groppa a Isobu, e ora forse era finalmente libero come sperava. Honami, Rikku e Shun gli avevano mostrato dal vivo che il ninja non è solo combattimento noioso e insensato, ma che non Akira non era il solo ad avere dei valori. La forza di volontà della caposquadra nel voler liberare il Bijuu aveva persino mosso il pigro e svogliato musicista. Era sopravvissuto e aveva imparato una lezione importante.

*Già, non tutti gli shinobi sono come la mia famiglia, a quanto pare il mondo militare dei ninja è anche pieno di splendide persone...ora mi sento meno solo*

Pian piano il suo corpo riprese la capacità di muoversi e poco a poco mosse i muscoli inferiori cercando di rimettersi in piedi. Un fallimento, cadde a terra dopo qualche secondo. Vide in lontananza una figura familiare, basso e col coprifronte di Kumo. Era Shun. Non ce la faceva ad agitare le braccia e non ebbe modo di fargli un cenno, fischietto la melodia che avevano eseguito tutti assieme per cercar di liberare Isobu. Ma non sortì alcun effetto, forse era troppo lontano per sentire quel flebile vibrare delle labbra.


Cavoli se sembri conciato male - quella voce era familiare, dalla confusione non comprese bene di chi era ma era sicuro l'aveva già sentita - Vieni appenditi a me dai.

D'istinto allungò il braccio verso l'alto. Il collo era torso verso destra dopo la caduta, mentre la persona raccolse il corpo di Akira da sinistra. Non riuscì a vederlo in faccia. Venne sollevato da terra e la testa fluttuava cadente verso il basso. Espresse qualche parola e disse soltanto

G-Grazie..

Venne lasciato a riposare in una zona dove alcuni ninja feriti venivano curati. Sentì man mano il chakra tornargli in corpo e quella sensazione di stanchezza svanire. Ma prima di tutto ciò vide il posteriore della persona che lo aveva trascinato fino a lì.

*Porca puttana, mi ha salvato proprio quella brutta testa di cazzo di Junnosuke? Dio mio, spero non lo racconti a mamma e papà o diventerò ancora più uno zimbello. Ma di che mi preoccupo, tanto lui non è mai a casa, sempre via a fare chissà cosa per il villaggio. Che schifo.

Rimessosi in piedi, vagò per qualche minuto tra ciò che restava di quel campo di guerra. Molti morti, li vedeva con i suoi occhi. Provò una sensazione strana, come qualcosa di dimenticato. Per un istante percepii una paura fortissima, svanendo però letteralmente due secondi dopo. Sentii un dolore lieve alle tempie, come un ago e si girò di scatto. Nessuno dietro di lui...

Proseguì a camminare fino a quando non notò Shun che si stava unendo a dei ninja di Kumo per dare una mano. Lo salutò e decise di seguirlo non sapendo cosa fare. Non spicciò parola con lui, era mesto. Nemmeno si accorse che forse il nanerottolo gli stava parlando, ma poi lo guardò meglio, aveva qualcosa di strano. Si comportava come se la spada fosse fuori posto. Ma la sua attenzione fu catturata dalla nuova prospettiva con cui guardava quel ninja basso. Era diverso sembrava toccare nuovi punti a cui prima non arrivava. E gli disse la prima cosa che gli passò per la testa, come suo solito.


Hem...Hey...Shin - Restò in silenzio per qualche secondo e aggiunse dopo un breve respiro - No aspetta, Shun! Quindi voi gnomi della montagna potete crescere anche in altezza? Affascinante...

Lo spirito era per qualche motivo leggero, non si stava accorgendo realmente di cosa fosse successo nel terreno dove stava camminando. Forse è meglio così, l'Akira spensierato e ingenuo è di sicuro più originale rispetto all'Akira attivo e agitato.
 
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view post Posted on 6/9/2018, 09:03
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Mhh... mhhhh..

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"Mai avventato abbastanza."

*Rispose, riconoscendo la voce del compagno e voltandosi appena in tempo per vederlo toccare il suolo. In volto, deludente contrasto con quello dello Spadaccino, la solita smorfia stanca allestita a sorriso.
Si avvicinarono, allungando la mano l'uno sulla spalla sinistra dell'altro. Benché a separarli fossero stati pochi istanti, minuti al massimo, incrociare nuovamente lo sguardo di Kuro, in quella realtà, avrebbe dato al Cantore un senso di completo spostamento. Le loro menti, i loro spiriti avevano attraversato l'indicibile per trovarsi lì, e i loro corpi, di questo il Kokage era certo, non erano più gli stessi. Nuovamente lo Spadaccino l'aveva seguito in un salto nel vuoto, contro il consiglio di chiunque, al Suono... contro il consiglio del suo stesso Kage, l'avesse chiesto... e questa volta erano andati ben oltre il punto di non ritorno.
Hideyoshi sapeva per esperienza che trasformazioni di questo tipo, contatti con poteri simili, non influenzavano mai il corpo in maniera neutra. Un costo sarebbe emerso, prima o poi... e avrebbe dovuto sopportarlo per entrambi.
Inutile dire che non una parola di ciò lasciò le labbra arricciate del ragazzo, tenute ferme in quella posizione dall'espressione più leggera del compagno. Benché un profondo senso di stanchezza e frustrazione gli perforasse il cuore, e la minaccia di quella responsabilità gli appesantisse l'animo, Hideyoshi doveva dirsi grato di essere ancora in vita.*


"Non è tanto la sensazione, comunque... più la puzza di bruciato direi..."

*Chiosò, interrompendo il contatto per tornare a voltarsi lentamente verso l'immenso cratere. La terra si interrompeva bruscamente, scomparendo in un abisso di oscurità senza fine. Nell'imperare della notte, anche con l'ausilio delle luci che ancora animavano l'aria, nessuno sguardo poteva superare il ciglio di quella che, fino a qualche tempo prima, era stata la soglia di Fukagizu.
Nel contemplare quel silenzioso sfacelo, quell'immensa ferita, la memoria tornò istintivamente a quanto provato nell'arrivare. Nonostante tutti i timori, la meraviglia all'apparire della grande città lo aveva riportato al sogno d'infanzia, accelerando inevitabilmente il passo verso quella che si sarebbe rivelata una trappola della peggior specie.*


(Tutto... tutto questo, scomparso nel giro di un istante...)

*La sorpresa del risveglio e la necessità di ritrovare il compagno lo avevano distratto dalla monumentalità di quanto era accaduto lì. Benché al momento della morte non avesse avuto il tempo di capire cosa stesse realmente accadendo, dal resoconto di Sasaki Hideyoshi aveva ricostruito più o meno il susseguirsi degli eventi. Dopo che la trappola era scattata, che l'amuleto di Kataritsuen li aveva prosciugati, qualcosa era emerso dalle profondità della città. Una creatura, una statua, difficile dire... ma doveva essere stata lei a creare quel baratro. La città era stata spazzata via, e, per qualche miracolosa ragione, loro erano rimasti.
Quale migliore rappresentazione della follia di Taisei e Kyo Dan? Del loro assoluto disprezzo per l'umanità? Una città vecchia di duemila anni, le cui origini si perdevano nello stesso passato leggendario dei Nove, sacrificata su due piedi al loro altare.
Quando finalmente posò gli occhi su Kataritsuen, circondato dai suoi, chino sul cadavere dell'uomo a cui più era legato, il Cantore non vide un ragazzo devastato, né un capo che, come lui, aveva scommesso ogni cosa sulla propria ragione di vita... vide soltanto l'uomo che aveva messo il genere umano sullo stesso piano di un morbo da estirpare, di una bestia da immolare.
Dileguatosi nell'ombra il Kyo Dan, la sua furia sarebbe stata attratta solo da chi rimaneva.*


"Tu..."

Disse, quasi tra sé e sé, lentamente avanzando verso il punto in cui era inginocchiato l'uomo. Sapeva bene che, camminando, non avrebbe avuto alcuna possibilità di avvicinarsi... ma non aveva importanza. Man mano che i metri a separarlo dal capo del Taisei diminuivano, la stessa rabbia ferina che lo aveva rapito nell'altra dimensione minacciò di sopraffarlo. Questa volta, tuttavia, Hideyoshi poté contenersi, si forzò a farlo, perché l'arma prescelta poteva servirsi soltanto di una mente affilata.*

"È morto? È MORTO?! BENE!"

*Urlò, certo che il giovane potesse udirlo, diretto al cadavere di Hajime. Voleva ferirlo, voleva vederlo soffrire mille volte quel che stava già passando. Così come era stato per lui, oltre ogni redenzione, oltre ogni insegnamento. Desiderava solo rigirare la lama nel cuore di Kataritsuen... ammesso che ancora ne avesse uno.*

"BENE! Un frammento di quello che abbiamo patito tutti quanti, indegni della tua fiducia e considerazione!
Che questa immagine ti tormenti per ogni giorno da qui alla tua fine, Kataritsuen! Soffri, e soffrendo ricorda ogni singola vita innocente che hai strappato a questa terra!
Se a Watashi si è potuto perdonare di essere un mostro, tu sei oltre ogni redenzione... tu e Manpeiko, folle e codarda."


*Ad opporsi alla sua avanzata, inevitabilmente attratti dall'invettiva, i lacchè del ragazzo lo avrebbero costretto a fermarsi. Ad un passo dal perdere nuovamente il controllo, Hideyoshi poteva ben intuire che qualsiasi violenza non supportata da altri avrebbe significato la sua fine... e quella di Kuro.
Aggrappato all'auspicio di Kira, una mano sull'impugnatura della lancia, sperò che gli altri Kage si muovessero nella stessa direzione.*
 
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view post Posted on 6/9/2018, 13:14
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Artificial Flower's Lullaby

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Per Himura Koshima, Ottavo Kazekage, il risveglio fu paragonabile a uno schiaffo sulla bocca.
Uno schiaffo sulla bocca eseguito da una mano ghiacciata, mentre milioni di aghi gli perforavano il corpo. Convintissimo di essere morto, fu quasi con delusione quando i polmoni si gonfiarono, i muscoli si tesero, tutti i nervi urlarono il loro disagio per la sensazione dell'anima che tornava a dar loro vita.
Il Jonin spalancò gli occhi e quello fu l'unico istante, probabilmente negli ultimi trent'anni, che qualcuno poté vederlo con il puro terrore dipinto in volto.

Per sua fortuna, se così la si può chiamare, tutti coloro che avevano la possibilità di vederlo erano impegnati a riprendere conoscenza, lamentarsi, cercare di capire cosa fosse successo.
Disteso schiena a terra, il Kazekage si concesse ben tredici secondi per recuperare coscienza di sé. Vide il cielo, lo stesso cielo scuro di Fukagizu che era scomparso sopra di sé quando quei tentacoli lo avevano afferrato. A giudicare dalla posizione delle stelle e della luna, non era passato molto tempo.
Eppure... Perché si sentiva come se avesse dormito tre giorni e combattuto per nove?

Strinse i pugni, deglutì e si mise a sedere, lentamente. Da medico esperto qual era, sapeva di non dover affrettarsi a muoversi se non sapeva le sue condizioni... Ma se lui era ridotto così, coperto dei granelli di sabbia nera che aveva tentato di usare come ultima difesa, la sua gente come doveva essere ridotta?

La risposta fu semplice: male.
Si rialzò in piedi mentre i suoi ninja più forti tentavano di fare altrettanto, spronando i più deboli che però ancora non si muovevano.
I suoi soldati, la sua gente, la sua Suna. Sofferente e martoriata, per cosa? Non avevano potuto fare niente, erano stati vittime inerti della volontà superiore di... Qualcosa.
Prese fiato, gli girava la testa ma era già stato privo di sensi troppo a lungo. Avrebbe avuto tempo più tardi per riposare, forse; non era una priorità in quel momento.

"Signore, ordini?"

Gli fecero quella domanda in diversi. Himura li guardò, affaticato ma non così tanto da non poter apprezzare la solerzia dei suoi più stretti collaboratori.

«Provvedete ai feriti. Voglio un rapporto completo sullo stato delle nostre forze. Date la priorità ai medici, voglio essere pronto a partire prima di subito.»

Non che avesse deciso di partire e levare le tende con tutto l'esercito. Vedeva qualcuno che fuggiva, piccoli gruppi, elementi singoli... Codardi.
La battaglia non era ancora conclusa, e il colpevole di tutto quello sfacelo non era ancora stato identificato.

Si mosse verso il centro dell'arena di morte, dove si era elevata la statua demoniaca, e riconobbe la figura di Kataritsuen chino su un corpo. Quello di fianco doveva essere lo studioso, Satoshi. Il Kazekage ebbe solo il tempo di vedere la vecchia col kiseru che si allontanava e spariva tra la folla, e fu con rabbia che si rese conto di non poterla inseguire.

"Non ho le forze per correrle dietro, né per inviare qualcuno a farlo. La rintracceremo dopo. Al momento, è più sicuro restare compatti e massimizzare gli sforzi che siamo in grado di fare... Almeno finché non conosco lo stato dei miei uomini."

Ad interrompere i suoi ragionamenti, una voce. Irata, come tante altre che demandavano giustizia, ma questa era più forte.
Si voltò e riconobbe come origine di quelle urla un uomo con una lancia che sembrava animato da furia divina. Capelli bianchi, occhi accesi come lampi, personificazione di un Izanagi che invece di creare la terra dal mare era intenzionato a distruggere qualsiasi cosa trovasse sul suo cammino.
In particolare, distruggere Kataritsuen.
Era Hideyoshi, e se il Kokage stesso stava per dare in escandescenze significava che il vulcano dell'insoddisfazione avrebbe eruttato in breve tempo, travolgendo con la sua lava furiosa quel che rimaneva del Taisei.
Non poteva permetterlo.

«FERMI!»

Non potevano cadere nel caos. Comprendeva la rabbia, il desiderio di giustizia... Ma quella non sarebbe stata giustizia.
Un linciaggio lì e subito avrebbe solo dimostrato quanto inadeguati erano al ruolo di ninja, quanto i loro più bassi sentimenti e istinti governassero le loro azioni.
Provava compassione per Kataritsuen? Affatto. Ma che fosse colpevole, e in che misura, sarebbe stato un tribunale a deciderlo. Doveva essere giudicato, non linciato sulla pubblica piazza.

«Chiunque oserà levare una mano su Kataritsuen o sui membri del Taisei che deporranno le armi, se la vedrà personalmente con me!»

La voce del manipolatore di ferrifera era un ruggito implacabile ma controllato. Imponente, ma non feroce. Suna, conoscendo l'indole del suo generale, ammutolì.

«Per chi non mi conoscesse, sono Himura Koshima, Hachidaime Kazekage. Quest'uomo, Kataritsuen, deve essere processato per i suoi crimini, e i suoi seguaci con lui! Dobbiamo capire cosa è successo e impedire che succeda ancora, e non darci al linciaggio indiscriminato! Giustizia, e non vendetta, è quello che ci differenzia dai nemici che combattiamo ogni giorno!»

Tenne gli occhi aperti soprattutto per i Kage. Non li conosceva così bene da poter prevedere le loro azioni, ma se fosse riuscito a farli ragionare, sarebbero stati loro a fermare il loro popolo.

 
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view post Posted on 6/9/2018, 17:17
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Se già è difficile per Himura prevedere le reazioni di Kage di cui si conosce appena il temperamento, ancora più arduo per lui sarebbe potuto essere l'interagire con chi, al Governo, sta solo da pochi mesi: un'idra dalle nove teste, di cui solo cinque pervenute sul Campo di battaglia, mentre le altre sono impegnate a leccare le ferite della Nuvola.
“Le parole di Himura-dono sono piene di saggezza.”

Una voce si leva tra le file di shinobi che si vanno accalcando, attorno alla figura spezzata di Kataritsuen: un uomo si fa strada nella folla, il volto fiero segnato dalla stanchezza e dagli inverni – anche più di quelli che affliggono il Kazekage – ma con quel tocco di alterigia, che porta gli astanti a fargli largo senza troppi indugi. Saburo Shogetsu, rappresentante del clan del Magnetismo, tallonato dai più giovani Himawari Takada e Tatsumoto Arashiyama, che procede più lentamente, sostenendo la claudicante collega Rika Urajima: sconosciuti alla maggioranza degli astanti, avrebbero necessitato di qualcosa di ben più chiaro di quello scarno esordio, per esercitare i diritti che intendono arrogarsi. Gli occhi di tutto il Villaggio, dell'esercito e dei Consiglieri rimasti in patria sono puntati su di loro, nuovi arrivati sulla scena politica mondiale: il più anziano appare abile nel dissimulare la tensione del momento, avanzando fluido, fregiandosi di una convincente patina di sicurezza ed esperienza; il portamento rigido e marziale di Arashiyama non possiede la stessa efficacia; Takada sembra addirittura sovrappensiero, lo sguardo spento e perso all'interno della mente più che all'esterno.

“Il Consiglio di Kumo rivendica il diritto di tutti noi Fratelli, di vedere punita la strage che ha sterminato i nostri congiunti, e la follia che ha devastato le nostre dimore!”
Shogetsu si fa strada parlando con voce stentorea, si avvicina il più possibile ai regnanti di cui ha già individuato l'ubicazione: Kokage e Kazekage, incrociando le braccia davanti al torace - “Se un processo deve avere luogo, che processo sia! Purché i colpevoli paghino quanto devono, onorando il sacrificio dei nostri uomini... e di tutti i caduti dei Paesi Ninja scesi in guerra.”
Non una parola su Reisei Gekiretsu, non un cenno o un riconoscimento, nessuna gratitudine per la donna che per poco non isolò Kumo dalla comunità internazionale – l'unica che tuttavia ci avesse visto giusto, scorgendo il pericolo attraverso le fitte trame del Taisei.

“Dov'è la vecchia del Kyo Dan?!” - le sopracciglia della Urajima minacciano tempesta, scontrandosi sulla fronte abbronzata. I riccioli scomposti e pieni di polvere, così come i suoi abiti stracciati in più punti e i tagli profondi che fendono le ampie porzioni di pelle lasciate scoperte dagli estrosi abiti. “Giuro che se la prendo... nnnngh...” “... convocherai la Clemenza, lo sappiamo.” - conclude la frase Tatsumoto, condiscendente, mentre rafforza la presa sulla vita della kunoichi. Lei sbuffa, inviperita. Una delle caviglie della donna è vistosamente gonfia, tanto che Himawari finisce per privarsi della propria blusa per gettarla a terra, in un gesto distratto che trasuda cortesia affettata – l'altro vi adagia sopra la ninja, ancora impegnata a frugare la folla con sguardo carico di odio.

L'élite di Kumo ha stabilito il suo avamposto: non resta che attendere le reazioni dei regnanti rimanenti, per decidere le sorti di quei miserrimi relitti umani.
“Mentre noi stiamo qui a conversare su quell'idiota e il suo amichetto morto, il Kyo Dan se la dà a gambe. Ci perderemo la faccia. E non ditemi che non vi avevo avvertito!”

 
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view post Posted on 7/9/2018, 15:35
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Resti di Fukagizu, Gennaio 249 DN



L'Efebico vagava ininterrottamente nelle lande di Fukagizu, desolate e distrutte. Poteva osservare come la paura, il terrore, erano delineati sui volti degli Shinobi che avevano dovuto affrontare un'ostacolo inenarrabile. Aveva ordinato al sottoposto di stilare una sorta di censimento per verificare se vi fossero eventuali dispersi o deceduti, affinché potesse essere in grado di ottenere un quadro generale della situazione che si era instaurata in seguito all'apparizione della statua. Il suo intento principale era quello di carpire cosa fosse accaduto e dove si trovassero i due capi delle rispettive fazioni: Taisei e Kyodan. L'unica cosa di cui si poté avvedere fu l'immenso cratere vigente sulla soglia di Fukagizu, cupo, inquieto come il suo animo. Turbato. Probabilmente Watashi era stata una piaga differente rispetto a quella che avevano dovuto affrontare, dato che aveva provocato innumerevoli morti nelle lande del mondo ninja. Ahimè, era un qualcosa che andava al di là della loro portata. Della loro conoscenza.

Aveva tentato di ricomporre i puzzle di quel caos per capire come si fosse eretta quella statua e da dove fosse stata originata. Effettivamente pareva provenire dalle profondità della terra e quella cavità ne era una prova presuntiva. L'input affinché essa si ergesse era stato dato da Kataritsuen con i sigilli posti sul terreno la cui funzione era quella di convogliare il chakra dei presenti all'interno di un qualcosa, forse la statua, forse l'amuleto che portava al collo, al momento non gli era dato saperlo. Non ne era sicuro, ma avrebbe dovuto valutare più opzioni possibili. Giunto in prossimità del cratere, Hayate vide la chioma candida di Hideyoshi raggiungere un folto gruppo di persone, o shinobi. Non indugiò ulteriormente, avrebbe dovuto parlare con i Kage di ogni villaggio per decidere cosa farne dei sopravvissuti appartenenti alle due fazioni. Entrambi erano colpevoli allo stesso modo: da una parte vi erano coloro che avevano sfruttato la fiducia ricevuta per portare a termine obiettivi personali; dall'altra un gruppo di folli la cui volontà era quella di liberare le creature codate nel mondo Ninja senza alcuna limitazione.

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E fu così che lo vide. Orientò le iridi diamantine verso la direzione intrapresa dal Kokage e scorse la figura di Kataritsuen, chino su di un corpo deceduto, non avente alcuna linfa vitale ancora in circolo. Le Hiramekarei fremettero, colme di rancore e di rabbia. Hayate, d'altro canto, condivideva le medesime emozioni. Sin dal momento in cui si era ritrovato relegato all'interno della prigione, dinanzi a Kurama, aveva tramato per attentare alla vita di quell'uomo maledetto. Aveva elaborato innumerevoli torture per vendicarsi, ma in quel momento parvero svanire del tutto. Le persone che lo frapponevano da Kataritsuen divennero evanescenti ai suoi occhi, voleva solamente recarsi da lui e decapitarlo, in un sol colpo. Non aveva bisogno di spiegazioni, di giustificazioni, di alcunché, la pena capitale era già stata decisa da tempo.

Ebbe un attimo di lucidità quando udì le urla furiose di Hideyoshi, che non furono solitarie. Seguirono quelle della Kazekage, ancora sconosciuta a dire il vero, poiché non aveva ancora avuto modo di incontrarla. Tribunale? Non vi era bisogno, affatto. Non poteva esserci giuria migliore dei Kage ivi presenti. Pose una mano sulla spalla del collega, di Hideyoshi, quasi per tranquillizzarlo, ma in realtà voleva fargli capire di condividere la sua rabbia.

- Salve Kazekage-sama, Kokage-sama.

Rivolgendo uno sguardo a colui che condivideva con l'Efebico la firma del sutra dei serpenti.

- Hayate Kobayashi, Mizukage di Kiri, piacere di conoscerla, sebbene la situazione non sia delle più rosee. Per quanto mi riguarda non c'è bisogno di un tribunale per decidere quale sia il futuro di Kataritsuen, del Tasei o del Kyodan. A mio avviso, i Kage presenti a Fukagizu decideranno. Costui sarà interrogato, com'è giusto che sia, ma non vi saranno alibi che terranno, né giustificazioni che lo scagionino dalle sue colpe. La medesima cosa accadrà al Kyodan, senza esclusione di sorta alcuna. Chiunque sia stato colpevole per quanto accaduto, riceverà le relative punizioni.

Calmo. Stranamente calmo, ma cinico. Ogni parola era proferita con fermezza, quasi volesse limitare l'azione di Himura. L'unica giustizia possibile indicava la via della morte. Non avrebbe posto alcun veto sull'intercedere su quanto deciso per un limitato periodo di tempo affinché gli Shinobi designati potessero interrogarlo. A suo avviso, però, non v'era altro su cui indagare, né da sapere. Il suo intento non era quello di inimicarsi il Kage di Suna, ovviamente, ma di proporre una soluzione. Qualora la maggioranza avesse deciso per quella relativa al processo, non si sarebbe lasciato sopraffare da eventuali colpi di testa. L'avrebbe accettato. Un bel cambiamento per l'Artefice, a dire il vero, ma quel ruolo necessitava di un capo responsabile.


 
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view post Posted on 7/9/2018, 22:32
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♫ Peace ♫

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Tornando coscienti gli shinobi iniziarono a mobilitarsi, ad aiutarsi l'uno con l'altro mentre le domande continuavano ad affollare la mente come e più di quando tutto era iniziato ormai mesi addietro. Quando la Hyuga non seppe rispondere alla domanda del Sandaime, questi mosse lo sguardo cremisi alla ricerca di una spiegazione ma nessuna doujutsu avrebbe fornito indizi, l'unico dettaglio degno di nota fu quella scena straziante che vedeva Kataritsuen chino sull'amico morente. Una smorfia passò sul volto di lei, di tutte le morti quella era l'unica giusta, non provava pietà per Hajime così come non ne aveva per il leader del Taisei o per Manpeiko che si stava dileguando insieme ai superstiti del Kyo Dan.

"Appena possibile fai partire la ricognizione con la solita formazione."

Annuendo all'ordine Nahoko visualizzò nella sua testa lo schema che utilizzavano negli inseguimenti con le figure d'inchiostro dall'alto, gli insetti Aburame media altezza e gli Inuzuka a terra. "Degli altri rimasti abbiamo notizie?" A quella domanda calò un pesante silenzio tra loro, in quella manciata di minuti come lei anche l'anbu dai lunghi capelli corvini non aveva ricevuto alcuna comunicazione, prodigandosi ad aiutare gli altri quindi non rimase altro che inviare qualcuno e attendere fiduciose; del resto al di fuori di Fukagizu era stato allestito un campo con tutti i viveri e le risorse di cui adesso avevano urgente bisogno.
Gli occhi dei superstiti nel mentre cercarono in loro un punto di riferimento ma pur trovandolo, nè Akane nè gli altri jonin riuscirono a tranquillizzare davvero gli animi, le perdite erano state pesanti e tra disperazione e desiderio di vendetta fu alquanto difficile riuscire a calmare gli animi.

Non molto distante poi la squadra di supporto fu avvistata insieme ad altri ninja di altri villaggi e Paesi, curando i propri feriti l'alba che si apprestava a sorgere non sembrò più così aspra


(dimmelo.. dimmi che ci sei, dimmi che hai fatto ritorno..)

D'improvviso Akane udì quella voce e nella mente d'improvviso nulla più ebbe importanza, lasciò perdere Nahoko, i feriti e l'organizzazione di qualsiasi cosa. Si bloccò sul posto e acuendo i sensi perse più di un battito. Quando realizzò davvero che quelle note nella sua testa erano riconducibili ad Hachi pensò che pur di tornare al quel momento di pura estasi avrebbe rifatto le stesse scelte, sarebbe tornata sui suoi passi e si sarebbe prodigata a difendere i suoi shinobi; a confronto perdere l'anima e finire nel Gedo non era nulla, avrebbe tranquillamente fatto le stesse scelte combattendo per la sua libertà, quella dei compagni e dell'Hachibi. Ancora e ancora avrebbe fatto tutto pur di ricadere ancora in quegli stessi istanti che stava vivendo nell'attesa del suo arrivo, che fosse avvenuto in quel punto o ad un metro o un chilometro di distanza non avrebbe fatto differenza. Se anche in un'altra linea temporale il loro abbraccio fosse avvenuto più in la, spostato di un secondo - come spinti da un altro vento e da una seconda occasione.

    Uno sguardo distante, l'altra faccia della stessa emozione.

GrNEvU2



Stringendolo a se prima ancora di toccarlo, così assuefatta dalla sua presenza si ripetè ancora una volta che avrebbe fatto tutto di nuovo anche solo per capire a fondo ciò che stava imparando in quell'istante. L'amore era un'arte da capire e l'aveva scoperto così, semplicemente amando. Nel sentirlo avvicinarsi, chiamarla, al solo sussurrare il suo nome con tale desiderio sentì l'atmosfera circostante alleggerirsi, l'aria farsi frizzante: fu un sogno ad occhi aperti, il cielo in una stanza e loro intenti a danzare.
Poi il bacio che aspettava e voleva ricambiare, schiudendo le labbra si guardarono negli occhi un'altra volta e nel silenzio frastornante della canzone che stavano intonando fu come dirsi "per sempre". In quel quadretto romantico furono sembrarono rappresentare la massima espressione d'amore, al posto delle parole v'era il loro patto senza catene: la vita che cresceva forte nel grembo di lei.
Hikari sopraggiunse tra le lacrime abbracciando entrambi con le lacrime ad offuscare la vista e in quell'istante lungo un sogno, trovarono un nome per la nascitura. Ayame.



* * * *



Forse non era iniziata davvero una nuova epoca come aveva sperato prima di spegnersi e venire assorbita nel Gedo [X] ma qualcosa stava già cambiando e stavolta non si riferiva all'aver trovato finalmente il suo baricentro e un nucleo attorno a cui orbitare - una famiglia - no, si riferiva ad altro.
Ridestatasi vide un uomo pacato come Hideyoshi andare in escandescenza, un'imprevisto fin quasi definibile un'anomalia del sistema, cosa rara senza dubbio e fu solo per un miracolo che la sua lancia non trafisse seduta stante il petto di Kataritsuen. Diverso invece fu per il Kage d'Acciaio, il gigante della sabbia mantene il controllo chiedendo regolare processo insieme agli esponenti di Kumo. E se da Iwa non si ebbero ancora reazioni, la recente guida di Kiri al contrario espose chiaramente le sue intenzioni e lo fece con una freddezza e un cinismo che l'Uchiha sentiva di condividere appieno. Fu a quel punto che trovò la forza di staccarsi da Hachi e data una rimescolata alla zazzera bionda del figlio prese a muoversi verso il sessantaduesimo leader del Taisei. Si avvicinò al ragazzo con passo lento ma cadenzato e deciso al tempo stesso mantendo in volto un'espressione dura che valeva più di mille parole. Superato Himura rimase a fissare con sdegno il corpo ormai freddo di Hajime e si rivolse a chi, per i suoi gusti, lo stava piangendo ormai da troppo tempo.


"Kataritsuen.."

Non utilizzò nessun suffisso stavolta ma anche se non lo diede a vedere, nonostante tutto ciò che aveva fatto e detto, da umano a umano, Akane rispettava il suo dolore e il ragazzo accasciato ai suoi piedi avvertì quel sentimento, lo potè intuire dalle sfumature nella sua voce, dal suo invito a rialzarsi. Giunta per ultima lo Yokai di Konoha non si era avvicinata giustiziarlo nè per infierire ma anzi, per dargli un saggio consiglio da pari a pari.

"Avete molto da spiegarci e di cui rendere conto, seguiteci senza fare storie e nessun altro si farà male."

Questa volta niente e nessuno le avrebbe impedito di interrogarlo e di scoprire i retroscena degli eventi che avevano portato a quel giorno infausto. Dovevano sapere cosa era successo e aldilà che ci sarebbe stato o meno un processo o una condanna a morte, ciò a cui puntava era scoprire che fine avevano fatto i Bijuu.
Taisei e Kyo Dan per altro erano due fazioni troppo antiche per sparire così da un giorno all'altro, con l'aiuto degli altri Kage e la collaborazione di Kataritsuen contava di ridurre al mnimo le possibilità di nuovi progetti del Kyo Dan, questo scongiurando la distruzione di un'altra Fukagizu.



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Edited by ~Angy. - 24/5/2020, 19:43
 
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Una potente deflagrazione aveva colto tutti impreparati, scuotendo violentemente le fondamenta stesse della scura caverna cosparsa di cristalli e inghiottendo inesorabilmente nel suo intenso bagliore ogni cosa. Fu costretta a chiudere l'unico occhio la Tsuchikage, paralizzata nella seta tessuta da Chōmei. Akiho aveva invece teso la mano verso sua sorella, in un ultimo istinto di protezione verso la persona più importante della sua vita, che suo malgrado le aveva fatto da mentore e da madre quando nessuno credeva ancora in loro. Ma quell'istinto si infranse contro la rovina. Nessuno fu risparmiato, nemmeno l'insetto corazzato che stava sette spanne sopra di loro a livello di esperienza e potenza. Furono distrutti, smembrati e sputati fuori con violenza dalla statua che li aveva ghermiti con i suoi spiritelli di chakra.. un rigurgito che per loro fu violento, ma che non piegò nessuna delle sorelle Koizumi nell'intento ultimo di raggiungere i propri corpi, ovunque essi fossero rimasti.
Fra le due, la prima a svegliarsi fu la rossa. Confusa, con le membra indolenzite e la testa pesante a causa del sonno improvviso in cui era piombata, passò una mano fra i capelli, tirandoseli indietro nella speranza che un po' questo servisse a farla riavere. Senkoku giaceva al suo fianco, piantata nel terreno, tremendamente vicina alla testa di un suo stesso sottoposto. Doveva essere precipitata a terra senza nemmeno essersene resa conto, come un peso morto.. e ora che ci pensava, non era forse stata presa da quel serpentello mentre correva verso Chiye? Chiye.. dov'era sua sorella?! Come un fiume in piena i ricordi fluirono, ricordandole di Chōmei, di Masaru, Rei e Kaoru, e della maggiore avvolta nelle spire dell'insetto dalle sette code. Lo sguardo d'ambra saettò nella direzione giusta, setacciando i corpi ancora a terra e trovando un manipolo di sottoposti attorno a qualcuno. S'alzò traballando, stringendo il manico della mazza chiodata e trascinandola con sé sino al capezzale di quella persona. -
Largo! - perentoria, quasi iraconda nello spintonare quelle persone, alcune con le lacrime agli occhi, altre semplicemente felici. L'occhio color ocra di Chiye incontrò allora quelli della sorella minore, e entrambe seppero. Seppero di avercela fatta, di essere fuori da quell'incubo. Akiho sorrise, Chiye la bloccò con un cenno all'istinto della rossa di abbracciarla. - Sto bene. - rispose semplicemente, mettendosi in piedi, recuperando Tsuchinoko e scotolando le vesti dalla polvere in eccesso. Ma nel farlo provò un dolore profondo, alla spalla colpita da Chōmei. Dovette mantenere l'equilibrio e stringersi la parte offesa, stringendo i denti. Akiho la prese da dietro, prima che potessero farlo gli altri. - Non mi sembra che stai così bene; devi farti subito vedere da un medico. - disse con un pizzico d'apprensione, non ammettendo repliche sulla sua decisione. Peccato che stesse parlando con la Tsuchikage in persona, ancor prima che con sua sorella maggiore; e nemmeno in quel caso era facile da piegare, la Koizumi. Con un colpo di spalla si divincolò, facendosi largo fra gli esultanti per il suo rinvenimento. - Non ho tempo per queste stupidate. Dov'è Rei-chan? E le ragazze? - chiese con una certa apprensione, setacciando i dintorni. Adocchiò la piccola prescelta del nero tutta d'un pezzo, provando un certo sollievo: se stava bene significava che anche le altre avevano possibilità e che la sua arma più potente non era andata perduta per il gioco di un manipolo di schizofrenici. Kaoru sembrava stare bene, ma Masaru.. lei aveva qualcosa che non andava. Era ancora stesa a terra, e arrancando la signora della Roccia le si fece più vicina. Fu un attimo, un lampo che rimase impresso nella memoria di Chiye per sempre: la sua pelle aveva assunto delle striature strane e gli occhi non erano quelli della saccente ragazza di sempre, analitica e pratica. Si paralizzò sul posto. - Qualcosa non va? - chiese la rossa avvicinandosi, piegandosi su Masaru per controllarle il polso. Fortunatamente era solo svenuta, ma lei non aveva visto quello che aveva visto la maggiore. - Devi portarla subito da Sae, Akiho. Ne ha più bisogno di me, allo stato attuale. - disse sicura, avvicinandosi quindi all'orecchio della sorella per sussurrarle qualcosa. 'Mettetela in quarantena e controllate che non vi siano anomalie.' aveva detto. Cosa significava? Se lo domandò Akiho, ma fece come le era stato ordinato, acconsentendo con un cenno del capo all'ordine della Tsuchikage. Avrebbe lasciato un bushin in compagnia della sorella, mentre alcuni suoi uomini sarebbero subito ripartiti per portare la donzella alla Roccia. Altri avrebbero setacciato il campo alla ricerca dei feriti per i primi soccorsi; altri ancora avrebbero ammassato i cadaveri. Ma Chiye..? Non aveva tempo di occuparsi del preoccupante stato di Masaru, per il momento; avrebbe ragionato sul da farsi una volta tornata a casa.

Adesso aveva bisogno di spiegazioni, o più di quello aveva bisogno di farla pagare agli artefici di quel casino. Quei maledetti si erano presi gioco di lei, avevano ordito una trappola per tutti loro ricompensando la loro fiducia con la morte. Questo era troppo. Non aveva mai avuto troppa fede in quel piano in chiaroscuro, ma arrivare a ucciderli era veramente una cosa che non poteva essere perdonata in alcun modo. L'aveva detto a Kataritsuen, glie l'aveva sbattuto in faccia con la sottile brutalità di una arpia: 'se malauguratamente mi rendessi conto di aver creduto a un impostore e di aver sprecato le vite del mio popolo per nulla, avrai un grattacapo ben peggiore di quello rappresentato dal Kyo Dan'.
Si avvicinò li dove le voci stavano alzandosi, a un passo moderato, elegante e non claudicante per via della spalla offesa, che teneva stretta per arginare il dolore dovuto al movimento. Aveva il fuoco nelle vene, il veleno nella lingua, il ghiaccio nell'occhio severo. La funesta collera del nuovo sovrano del Suono s'abbatté su Kataritsuen con veemenza, mentre questi, piegato in lacrime sul corpo del giovane ricercatore, non sembrava avere altro pensiero se non piangere il caduto, circondato dai suoi fedelissimi. S'aggiunsero quindi le parole di Koshima Himura, Hachidaime Kazekage, di Akane Uchiha, di Kobayashi Hayate e di un manipolo di sconosciuti ai vertici della Nuvola dopo la pietosa morte della loro sovrana. Volevano processarlo, interrogarlo, punirlo. Come dar loro torto. La Tsuchikage, alla cui destra svettava il bushin della sorella, osservò severamente Kataritsuen. Era uno sciocco. E non c'era posto per gli sciocchi dal cuore tenero in quel mondo fatto di leoni e serpi. Quella minima pietosità nei suoi confronti non era minimamente paragonabile alla collera che provava per essere stata tradita: Hideyoshi aveva ragione, faceva bene a infierire sul suo dolore. Quello gli spettava, per aver spezzato vite appartenenti alla Roccia, per aver buttato alle ortiche un'alleanza come quella che avevano stipulato. Se solo fosse stato più furbo, a quest'ora avrebbe potuto spezzare una lancia a suo favore, ridurre la pena, anche solo portandoselo dietro e offrendogli protezione.. ma aveva fatto la sua scelta, e adesso Chiye era una pietra. -
Non merita nient'altro che il dolore, che lo perseguiterà per il resto della sua esistenza. Fatene quello che volete. - glaciale, e non ci sarebbe stato sguardo color del cielo bagnato dalle lacrime a smuoverla. Doveva pagare, se con la morte o l'eterna sofferenza non le importava (seppure optasse per la seconda). Ma non aveva ancora finito, perché lui era la mente ma c'erano state anche le mani. - E che nessuno sia risparmiato dal vostro giudizio. Tutti sono complici di questo disastro, anche il Kyo Dan. E non ci sarà buco abbastanza sicuro per loro, finché avrò fiato. - si, avrebbero dato la caccia a quei maledetti sorci e avrebbero fatto giustizia. Avrebbero imparato che giocare col fuoco era pericoloso, ma giocare con Koizumi Chiye equivaleva a morte certa.

 
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Fu come riemergere da un tuffo subacqueo, così profondo che si era dimenticato persino come respirare. Takeshi balzò seduto, a schiena dritta, accorgendosi solo in quel momento che era rimasto disteso fino a quel momento. Il suo ultimo ricordo era una statua gigantesca che si alzava dal terreno, inviando dei serpenti spirituali verso di loro... no, il suo ultimo ricordo era un altro: un mondo surreale, la benedizione di una divinità, Kurama la Volpe a Nove Code. E non era da solo, c'erano altri con lui: Shitsuki, Yu, Harumi, Urako, lo Squalo, il Mizukage.


No, non è stato un sogno... nemmeno una visione.


Disse tra sè e sè rialzandosi in piedi, mettendo lentamente a fuoco tutta la situazione attorno a lui, e accorgendosi del caos in cui si trovava. Gli eserciti di tutti e cinque i Grandi Villaggi erano allo sbaraglio, senza più regole, senza più schieramenti. Gli ordini erano confusi, c'era chi prestava soccorso ai feriti, chi vagava senza meta per il campo di battaglia. Taisei, Kyodan: nulla di tuto ciò aveva più senso. Era quella la guerra, solo un cumulo di morti e feriti che si erano scontrati per le proprie idee. E adesso toccava a loro, chi rimaneva, raccogliere i cocci. Si guardò intorno, realizzando che il pericolo immediato pareva svanito. Non c'erano più nemici, non c'erano vincitori o sconfitti, c'erano solo persone.

Riconoscendo il suo coprifronte, un altro Shinobi di Kiri si avvicinò a lui: era un ragazzotto dagli occhi spauriti, probabilmente un genin che si era avvicinato a causa della sua giubba da chunin. I suoi indumenti erano sporchi di sangue, ma sembrava in perfette condizioni di salute: da questo Takeshi dedusse che il sangue non doveva essere suo. Gli comunicò con voce tremante, forse temendo chissà quale rappresaglia da parte di un superiore, gli ordini di Hayate Kobayashi che si stavano diffondendo tra i ninja della Nebbia come un passaparola: raccogliersi attorno ai medici e prestare soccorso a chi era in gravi condizioni. Erano gli ordini più basilari, ma già facevano capire ad ogni ninja che non erano soli, che il Juudaime Mizukage era ancora con loro, e avrebbe ben presto riportato un parvenza di ordine su quel campo di battaglia.


Ricevuto.


Si limitò ad annuire con un cenno del capo, mentre l'altro si congedava per andare ad aiutare chi ne aveva più bisogno. Realizzò in quel momento che il suo corpo non pareva aver subito ferite evidenti, nonostante quello che era successo all'interno della statua. Ustioni tremende, cicatrici, sofferenza... tutto scomparso. Ciò avvalorava l'ipotesi che fosse stata tutta una sua illusione, una proiezione della sua mente del tutto sconnessa dalla realtà... ma il suo cuore gli diceva diversamente. Avrebbe indagato, a tempo debito.
Per il momento, constatate le sue condizioni di salute ma con molta confusione in testa, cercò di localizzare con lo sguardo altri feriti nelle vicinanze per prestare loro soccorso. Intanto, i suoi occhi guizzavano a destra e a sinistra alla ricerca di una figura su cui fare affidamento, qualcuno intorno a cui raggrupparsi per poi ricongiugersi insieme al resto del gruppo con cui era arrivato.
 
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NGDR - 10° Anniversario
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Evento


覚醒 Kakusei: Risveglio









Con il Kyo Dan convenientemente uscito di scena, soltanto il Taisei era rimasto a ricevere lo sdegno e la furia dei ninja superstiti. Benché i loro scopi rimanessero polarmente opposti, i due ordini venivano a trovarsi, agli occhi del Continente, uniti nella responsabilità per le atrocità provocate. Una punizione sarebbe arrivata, presto per il Taisei, più tardi per il Kyo Dan, e ciascuno dei leader lì convenuti aveva già una propria proposta, tanto per l'itinerario quanto per la modalità.
Gli animi si scaldarono velocemente, pericolosamente, minacciando di trasformare quello che doveva essere un momento di raccoglimento, sollievo e cordoglio in uno di violenza sanguinaria. Il Kokage sarebbe stato il primo sul piede di guerra, la sua voce un misto di dolore ed odio, la sua avanzata arrestata da un improvvisato ma sempre più nutrito fronte di membri del Taisei. A raggiungerlo, presto, il Mizukage, che allungata una mano verso la spalla del parigrado avrebbe aggiunto la sua presenza, oltre che alla scena, al fronte che voleva Kataritsuen arrestato, interrogato e processato dalle autorità presenti su quella piazza. Alla stessa linea si sarebbe aggiunta sostanzialmente la Tsuchikage, che, nel lasciare agli altri la scelta della punizione, chiaramente manifestava di non disdegnare un processo sommario ed una punizione esemplare. Venuta meno la minaccia demoniaca, tornato il destino del mondo, tortuosamente, nelle mani dei suoi abitanti, altrettanto avrebbe fatto quello dei colpevoli. Questa era la volontà di tre dei sei.
Ma la voce che più di tutte si sarebbe imposta, il suo ergersi una diga contro la tensione montante, sarebbe stata quella di Himura Koshima. Il Kage d'Acciaio, noto per il suo temperamento tutt'altro che pacato, avrebbe costretto tutti a voltarsi e a ricordare chi fossero: ninja, soldati, fedeli ad un sistema di legge... almeno la maggior parte. Un processo era necessario, per capire, per punire e prevenire, arrestando sul nascere qualsiasi tipo di linciaggio o giustizia sommaria. Con il Consiglio di Kumo e l'Hokage a condividere questa linea di pensiero, pareva ormai chiaro come, nonostante la divergenza di metodo, l'arresto di Kataritsuen fosse imminente.
I suoi, tuttavia, non sembravano intenzionati a cedere il passo. I volti scolpiti nella pietra, avevano ormai formato un vero e proprio circolo attorno al loro leader silenzioso e inginocchiato, impedendo a chiunque di avvicinarsi. Nonostante le intenzioni pacifiche della maggioranza dei Kage, quello era uno stallo che non poteva risolversi senza l'uso della forza... e considerati i numeri, nessuno dei membri dell'Ordine poteva farsi illusioni riguardo il proprio destino.

«Fratelli, Kataritsuen-sama... vi prego.»

Una voce si levò dalle loro spalle, oltre gli ultimi ninja attratti dal clamore. Lieve, pacata, eppure udibile anche sopra il brusio teso, presto avrebbe imposto alle molte teste di voltarsi per individuarla. All'aprirsi della folla, cinque uomini sarebbero apparsi alla luce flebile: le vesti semplici, larghe, dello stesso colore della pietra che dava forma alle immense mura, che appariva ora nuda sul fondo del cratere. La pelle cerea, le teste rasate, anche al buio della notte la loro vocazione non sarebbe sfuggita a lungo a chi guardava: monaci.
Al centro, vestito in maniera identica agli altri, il peso degli anni retto da un bastone, un anziano di bassa statura implorava il Taisei. Il volto una maschera di rughe scavate dal buio, ma sereno, quieto. Oltre l'età, lo distinguevano dagli altri due visibili marchi a forma di S sulle guance, rossi e orizzontali, a designarlo come Akihiro, Monaco Superiore dell'Ordine della Pietra e Daimyo di Ishi no Kuni. Il pacifico ordine monastico, dedito all'erudizione e alla preservazione di ogni sapere, aveva limitato la propria partecipazione al conflitto al concedere ospitalità ed asilo al Taisei, permettendo che avesse luogo il primo meeting tra L'Ordine ed i Cinque.

«Vi prego di farvi da parte, e di consentire che non sia fatta violenza. Non di nuovo.»

Nessuno si mosse, nessuno tranne i ninja, che lentamente si aprivano per consentire il passo al Daimyo. Kataritsuen rimaneva chino sul corpo del compagno, immobile, e, dopo essersi voltato un istante per confermare questo stato di cose, sarebbe stato un altro membro dell'Ordine a prendere parola.

«L'Ordine non ha fatto nulla di cui debba ritenersi colpevole! Kataritsuen-sama ha agito per il b-»

«Kataritsuen-sama, chi vi circonda vive e muore sulla vostra parola, vi ha seguito fin qui con la massima fedeltà, è morto in ogni angolo del Continente per voi, per l'ordine che incarnate. Non aggiungete altra morte al vostro dolore, alla distruzione del nostro paese e del Continente... vi prego: è finita, è tempo di pace, di verità e giustizia. Ascoltate la parola di chi vi circonda.»

Lentamente, come destatosi da un lungo sonno, la giovane Guida dell'Ordine levò il capo. Nei suoi occhi, oltre il riflesso delle luci che ancora danzavano in cielo, nient'altro. Un vuoto terribile, completo, ogni luce confinata ai margini degli occhi, colata lungo le guance in una processione d'argento.
Nel vederlo riaversi, Satoshi gli allungò una mano sulla spalla, ma Kataritsuen non ricambiò il contatto, né fisicamente né visivamente. La sua attenzione era rivolta al cerchio di uomini e donne che gli faceva ostinatamente e devotamente da scudo. Prima che il subalterno potesse nuovamente intervenire in sua vece, parlò.
Una voce roca, stanca.

«Etsuya-san...»

Interrotto sul nascere, l'uomo si voltò verso il ragazzo, lo sguardo interdetto.

«Lasciateli passare, è finita, io...
Conducili a casa, non sono più la vostra Guida. Non potrei esserlo.»


Uno ad uno, esterrefatti, i membri dell'Ordine si sarebbero voltati verso il loro leader. Increduli, straziati da quelle parole, si sarebbero guardati tra loro, avrebbero mosso alcuni passi verso Kataritsuen, gli avrebbero rivolto degli appelli... ma senza esito. Lo sguardo del ragazzo, se tale era davvero, rimaneva inafferrabile.
La sua voce, tuttavia, guadagnava di intensità.

«Continente Ninja, a te faccio una sola richiesta: lascia andare i miei fratelli! Lascia che sia io a pagare per loro, quale sia la punizione che mi attende! Lascia che tornino al loro studio, alla loro missione, al loro lavoro senza colpa. Ogni azione intrapresa dall'Ordine in questi mesi è stata un mio prodotto, ogni loro decisione un mio comando.
Sono io l'unico responsabile della tua rabbia e frustrazione.»


A queste parole, definitivamente, l'unità dell'Ordine sarebbe andata in pezzi. Molti sarebbero caduti in ginocchio, perduti e sconvolti, ignorando chiunque fosse passato oltre.
L'anziano Akihito, tuttavia, non aveva finito. Voltandosi verso i Kage e i loro sottoposti, specialmente chi si era pronunciato per un giudizio sommario, avrebbe rivolto loro il suo ultimo appello.

«A voi, grandi Kage, kunoichi e shinobi di questa terra, chiedo di consentire che un processo abbia luogo, un vero processo, che coinvolga ogni rappresentanza del Continente e che consideri la posizione del Taisei per quella che è. Per le sue ragioni, i suoi segreti e i danni causati.
Chiedo inoltre che tale processo si prepari ed avvenga qui, nella Pietra, il Paese che più di tutti ha concesso all'Ordine, che gli ha dato asilo e fiducia, che ha gli ha consentito di coordinare i vostri sforzi... e che più di tutti è stato tradito e ferito dal suo agire. Kataritsuen e i suoi, se riterrete di arrestarli, saranno custoditi nelle nostre prigioni sotterranee, sorvegliati da vostri ninja selezionati, se lo riterrete necessario. Vi sarà data ogni possibilità di raccogliere prove, testimonianze e confessioni, ed altrettanto sarà garantito loro.
Questa concessione vi chiedo, in nome degli dèi e della loro giustizia.»


Una richiesta pesante, di notevole portata, che avrebbe aperto la strada ad una vera e propria inchiesta. La decisione, per forza di armi ed autorità, rimaneva comunque nelle mani dei Sei.




CITAZIONE
Kage e Reggenti sono invitati a ruolare la loro reazione agli ultimi avvenimenti, dopodiché saranno liberi di tornare nei propri Villaggi al presente.
 
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view post Posted on 14/9/2018, 22:51
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♫ Peace ♫

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Se anche il leader del Taisei non poteva definirsi un vero malvagio nulla di quello che poteva dire o fare gli sarebbe valso sconti di sorta, aveva messo a soqquadro un intero continente manipolando le informazioni e presto ne avrebbe pagato le conseguenze. Non aveva un'anima nera, questo era innegabile, aveva solo seguito il percorso che altri avevano tracciato per lui, era stato investito da quella carica e negli anni aveva fatto suo il credo dell'Ordine mettendo in atto ogni insegnamento e fino a giungere a quel fallimento. Motivato dalle sue nobili convinzioni aveva sempre creduto di essere nel giusto - non più di ogni altro tiranno della storia a dire il vero - ma forse la colpa maggiore che gli si poteva imputare, non stava nell'aver seguito quella strada senza dubitare, quanto più nel suo essere stato cieco e non essersi accorto di cosa tramava Hajime alle sue spalle: nella sua debolezza gli aveva permesso di rovinare tutto, permettendogli di mettere a rischio la vita stessa, spezzandone a centinaia finendo per pagare con la sua.

"Temo non siate nella posizione di fare richieste. Forse ai vostri occhi non risulta evidente ma non c'è più una missione a cui tornare, né per voi, né per i vostri seguaci. "

Quel giorno si chiudeva un capitolo di storia che gettava le sue radici in tradizioni e studi antichissimi e per quanto il Sandaime fosse consapevole che il Taisei - come anche il Kyo Dan - non sarebbe scomparso dall'oggi al domani, poteva affermare con certezza che non avrebbero avuto più libertà d'azione. Usciti allo scoperto con quel fallimento colossale avevano condannato le rispettive fazioni ad una vita da fuggitivi e ai rispettivi leader non restava che rendersene conto e farsene una ragione.
Le autorità di Ishi no Kuni guidate dal Daimyo poi si intromisero pacatamente, monaci vestiti con poco e a vista, carichi solo di buone intenzioni. Si affacciarono nel nucleo del disastro per dire la loro e come parte maggiormente lesa dagli eventi nessuno negò loro la parola, i Kage in primis restarono ad ascoltare. Chiesero di poter gestire il processo senza tuttavia arrogarsi alcun diritto e anzi, dichiarando apertura completa nel collaborare in ogni modo possibile con tutti i villaggi e Paesi colpiti, gestito da più giudici sarebbe stato un processo lungo e complesso. Sarebbe stato equo e giusto? Difficile dirlo, Akane ad esempio credeva che nessuno dei presenti era senza peccato, aver collaborato per una o per l'altra fazione, ma il non essere riusciti a evitare disastri su disastri era un capo di imputazione valido? Non era pratica in materia ma prima di girare i tacchi e ripartire con i suoi uomini volle aggiungere quelle ultime parole per il Daimyio della Pietra.


" Da parte di Konoha nulla in contrario Kimura-dono, ma si ricordi..
.. Agli dei piace scherzare, se la giustizia fosse loro ci sarebbe una cella pronta anche per tutti noi.
"

Poterono definirla eretica, ipocrita così come una donna di poca fede ma non le sarebbe importato nulla. Era più che convinta di quello che aveva detto dal momento che parte dei suoi poteri si fondavano su doni celesti ed erano stati completamente inutili in quella battaglia.



Edited by ~Angy. - 24/5/2020, 19:44
 
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view post Posted on 18/9/2018, 08:12
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Resti di Fukagizu, Gennaio 249 DN



I Kage avevano palesato la propria propensione a quale pena infliggere a Kataritsuen e a tutti coloro che si erano macchiati della medesima colpa. Sebbene non fossero d'accordo con la stessa espiazione, era comprensibile che avrebbero cercato di trovare una soluzione condivisa. La situazione di Kataritsuen era particolare; essendo l'artefice e responsabile di quel cataclisma che aveva afflitto le lande del mondo ninja, non avrebbe potuto reclamare alcuna pietà o grazia da parte degli uomini che, in quel momento, avevano il dovere di decidere il da farsi. Per quanto concerneva, invece, i suoi sottoposti, Hayate vi ponderò per un istante, relativamente effimero, per valutare a pieno la loro colpevolezza nel piano architettato dal capo del Taisei. Nonostante non fossero i diretti responsabili dell'accaduto, la loro imperizia e l'assoluto asservimento nei confronti di quella figura, non li scagionavano dalle malefatte compiute, essendone loro stessi i fautori.

Da ciò, si poté comprendere per quale motivo il Mizukage si allineò con il pensiero espresso da Akane Uchiha, Sandaime. Nello stesso modo della donna prese parola per chiarire a quale platea di persone fosse rivolta la propria rabbia e, di conseguenza, a chi dovessero essere applicate le punizioni.

- Siete responsabili allo stesso modo. Hanno condiviso la tua volontà attraverso le loro azioni. Non c'è scusante per evitare le conseguenze; sin dal momento che hanno eseguito ciò che ordinavi loro, sono diventati colpevoli nello stesso modo.

Proferì l'Artefice, cercando di incrociare il proprio sguardo diamantino con quello di Kataritsuen. Non v'era modo per loro di uscirne innocenti; Hayate non l'avrebbe permesso e, ad aggravare la situazione, c'era il profondo disprezzo nei confronti di chi professava una "fede" a livelli così estremi. Nonostante ciò, una figura apparentemente sconosciuta ai suoi occhi, intervenne durante la discussione. Si trattava del Daimyo di Ishi no Kuni e il relativo gruppo d'accompagnamento; un paese che, più degli altri, aveva subito tutte le negligenze d'un piano scellerato. Si volevano assoggettare tutte le responsabilità del processo senza porre alcun argine all'influenza da parte dei Kage nello stesso. Effettivamente tra tutti i villaggi, quello di Ishi aveva affrontato le conseguenze più disastrose e ciò lo rendeva il primo indiziato come responsabile del procedimento di accusa. Hayate, dal canto suo, non volle negar loro tale possibilità.

- Kiri è d'accordo, Kimura-dono. Mi riservo, però, la possibilità di avere notizie sul processo attraverso un sottoposto che rimarrà nel vostro paese, ovviamente in modo pacifico.

Proferì l'Artefice. In questo modo avrebbe potuto conoscere ogni minimo dettaglio del processo e di come si svolgesse. Se qualcosa non gli fosse piaciuto, non si sarebbe fatto alcun problema per intercedere e imporre la propria volontà.


 
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view post Posted on 18/9/2018, 17:31
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Artificial Flower's Lullaby

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Per fortuna non fu l'unico a pensare alla giustizia, in quel momento, e non solo alla furia vendicativa. Il Consiglio che aveva sostituito Reisei dopo la sua morte parlò per Kumo, approvando l'idea di un tribunale, ma il dire di Hayate fece storcere la bocca gà fin troppo tesa a Himura Koshima.

«Mizukage, non è una questione di alibi o giustificazioni.» Si rivolse freddamente al collega kiriano, che vedeva come un ragazzino imberbe e di cui ancora non conosceva le effettive capacità. Certo, sulla sua schiena teneva una delle Sette Spade di Kiri, ma questo per Himura non era nemmeno lontanamente sufficiente a garantire le capacità tecniche e tattiche di un comandante.
Chi guida non è chi ha l'arma più grossa, ma le spalle più larghe e adatte a sopportare il peso del comando.

«Si tratta di mettere la parola fine a questa storia, scrivendola con inchiostro e non con altro sangue inutile.»

Annuì in direzione delle due donne della Roccia e della Foglia, il cui cuore non si era intenerito di fronte al dolore. Fu un sollievo per il Kazekage vedere che nessuno stava compatendo quel maledetto ragazzino che aveva condotto tutti loro al disastro.

Serviva un tribunale equo, unanime, e questo si manifestò a loro nelle figure dei monaci di Ishi no Kuni. Himura osservò severamente il Daimyo della Pietra che chiedeva pace e giustizia, e ritenne molto più pratico lasciare che fossero proprio quel popolo di studiosi, estraneo alla politica dei Paesi, a ospitare ancora una volta il pomo della discordia.

«Non è in nome degli Dei, ma degli uomini, che faremo giustizia» proferì solennemente, in risposta all'ultimo appello di Akihito e alle parole al limite della provocazione della Sandaime Hokage.

«Sono d'accordo sul lasciare che il processo e la detenzione si tengano a Ishi no Kuni. E come detto dal Mizukage, non c'è differenza tra chi comanda e chi sceglie di seguire: sono tutti partecipi, e verranno giudicati a seconda dell'entità del loro crimine.»

Si voltò in direzione dei suoi uomini, guardando in particolare tre Anbu che non presentavano segni di violenza o evidente stanchezza.

«Rimarrete qui e sarete i miei occhi e le mie orecchie. Appena tornati a Suna organizzerò una squadra per darvi il cambio. Ci devono sempre essere almeno tre elementi a tenere sotto controllo la situazione, sono stato chiaro?»

I tre, se avevano da ridire, lo mascherarono molto bene. Un "Sì, Hachidaime-sama" triplice fu la risposta a quell'ordine, e i tre Anbu si avvicinarono al Taisei disperato, pronti a entrare in azione come scorta e soprattutto sorveglianza.

Suna lasciava la sua volontà e si preparava a partire. Sarebbe stata una lunga marcia, e il morale della truppa era parecchio basso: prima tornavano a casa, meglio era per tutti.

 
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view post Posted on 19/9/2018, 07:53
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Mhh... mhhhh..

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*Aveva detto quel che aveva detto, aveva fatto in modo che tutti lo udissero, che si voltassero verso Kataritsuen prima che anche il Taisei potesse defilarsi. Ma se il cuore ferito ed inquinato del Cantore di Lame sperava in un linciaggio immediato, in qualsiasi forma di scellerata giustizia sanguinaria, di soddisfazione violenta, sarebbe rimasto pesantemente deluso.
Lo svolgersi degli avvenimenti, in quella manciata di minuti e di parole, lo lasciò in balia di sentimenti forse persino peggiori di quelli che lo avevano spinto alla terribile invettiva. Vergogna, frustrazione, insoddisfazione, rabbia, disorientamento, inettitudine... ciascuno degli altri Kage si era espresso per una propria linea, dal disinteresse quasi completo alla necessità di un processo in piena regola, ma nessuno condivideva la sua furia, il suo bisogno di vendicare chi era stato spazzato via dalla follia di Taisei e Kyo Dan. Se così era, avevano il buonsenso, la maturità, la freddezza di non lasciarlo intravedere.
Per Hideyoshi, tuttavia, la cautela altrui significava isolamento e ridicolo. In quel momento, il cuore ancora in gola, si sentì abbandonato alla propria giusta indignazione. Tutto in lui diceva vendetta, con una certezza e necessità tale che l'approccio di tutti gli altri sembrava grottescamente fuori luogo. Il Taisei non meritava alcun tipo di processo, giusto o meno, e così il Kyo Dan.*


(Giustizia? Giustizia?!)

*La parola aveva un gusto marcio e vigliacco, insensibile, artefatto. Cosa gli stava accadendo? Perché non era con gli altri Cinque, a parlare di prevenzione, equità e verità? Perché voleva così ardentemente vederli soffrire? Non era da lui, non era da Kage. Era sbagliato, eppure non sembrava che vi fosse per lui altra strada percorribile.
Quando anche Hayate decise di protendere verso una soluzione più ponderata, Hide dovette allontanarsi dal suo tocco. Non violentemente, ma abbastanza celermente da non poter dissimulare il proprio disagio. Di nuovo quella sensazione di non appartenenza minacciò di rapirlo, la stessa che aveva percepito, combattuto ed infine abbracciato dentro al Gedo Mazo. Cuore e mente seguivano due strade diverse, l'una sintetica, emotiva, l'altra analitica, razionale. E lui era tagliato nel mezzo, i pensieri e le passioni veloci e brutali come un colpo di scure.
Voleva giustificare quel suo stato d'animo con il male che aveva dovuto sopportare, con la giusta ira che derivava dall'aver visto tutto ciò per cui aveva combattuto rischiare di scomparire... ma più tentava di imboccare quella via di fuga, più una parte di lui puntava i piedi, conscia del fatto che nessuna forma di compensazione poteva risolversi nel massacro a cui, ancora senza vergogna, l'altra parte anelava.*


"Nessuno di voi merita di allontanarsi da qui. Nessuno.
Nessun comando può sollevarvi dal peso della vostra coscienza, dalla certezza di quanto vi attende."


*Se mai avevano avuto una missione senza colpa, se l'erano lasciata per sempre alle spalle. Tornare a rintanarsi in un buco, seppelliti tra i libri o piegati in preghiera non avrebbe riportato in vita chi era rimasto calpestato dalle loro azioni scellerate, non avrebbe ricostruito una città millenaria.
Avrebbe voluto dirgli questo ed altro, avrebbe voluto che capissero, che soffrissero di questa consapevolezza... ma altri avevano già parlato, detto più e meglio. Un ruolo che un tempo avrebbe rivendicato per sé senza nemmeno provarci.*


"Eravate uomini."

*Si sentì dire, lui che era stato una vita al loro posto, cercandone lo sguardo mentre, conscio della propria impotenza, prendeva atto di quello che doveva essere il definitivo assestarsi degli eventi. Un processo avrebbe avuto luogo, il primo di simile scala, e sarebbe stato il Paese della Pietra ad ospitarlo. Il Paese della Pietra, che aveva permesso al Taisei di nascondersi, mettere in atto il proprio piano ed eseguirlo da un punto di vantaggio. Chissà cosa era stato promesso, cosa era stato sussurrato tra i due ordini, vecchi amici... nel volto sereno e pacato di Akihiro Kimura, Hideyoshi non vedeva altro che menzogna e segreto. Nella sua buona parola, nelle sue buone intenzioni, nient'altro che il tentativo di mascherare il proprio coinvolgimento.
Il vecchio Daimyo aveva scelto un momento propizio per apparire, a scontro finito, a trappola scattata. Lui e quattro dei suoi, pelle e cotone lo stesso colore delle larve di mosca, erano senza dubbio sbucati da uno dei mille tunnel che costeggiavano la grande muraglia, pronti a fare di quella disgrazia un'occasione per rivedere la propria posizione... e con essa le proprie responsabilità.*


"Al Suono non è rimasta che una manciata di anime mutilate, Kimura-sama... grazie, e nonostante il vostro contributo.
Se potremo, invieremo una rappresentanza."


*Parlò passando oltre, l'onorifico impiegato in un ibrido di spregio ed abitudine. Il suo ultimo sguardo, prima di lasciare il maledetto cratere, sarebbe andato ad Akane Uchiha.
Nonostante tutto quello che aveva detto, che sentiva di essere diventato in quei mesi, non aveva dimenticato a chi doveva quel che ancora gli rimaneva.*
 
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Blazing Phoenix
view post Posted on 29/9/2018, 14:47




Per un momento interminabile, fu come essere ciechi. Un'unica macchia bianca era tutto ciò che riuscivo a vedere. La prospettiva cominciò a mutare, la macchia acquisì profondità e larghezza; era come se mi trovassi sospeso in un qualche abisso di pura luce ma senza avere la minima percezione di me. Non potevo vedere il mio corpo, non potevo nemmeno percepirlo... diamine, non ero nemmeno sicuro di essere in grado di riuscire a muovermi. L'impeccabile candore di quel luogo cominciò ad affievolirsi, sbiadendo e oscurandosi con il passare dei secondi. Una volta di un blu profondissimo, coperta da una distesa di perle scintillanti... il cielo notturno! Sì, adesso lo riconoscevo! Una distesa di palazzi in rovina prese forma davanti ai miei occhi. Fukagizu! Ero tornato a Fukagizu! Potevo orientare il mio sguardo intorno a me più o meno liberamente... ma ancora non riuscivo a vedere né percepire il mio corpo. Sotto di me, lo squarcio gigantesco da cui era fuoriuscita quella statua infernale... no, non lo stesso cratere, questo era molto più grande. Nessuna traccia di quel costrutto in vista. Intorno a me, una distesa di... luminose sfere di fredde fiamme bianche e azzurre. In tutto quel silenzio, la beltà e la solennità di quella scena assumeva un velo di tristezza. Un simile spettacolo non poteva che farmi pensare che queste non fossero altro che le anime che il cosiddetto Gedo aveva strappato dai corpi degli shinobi... un momento! Io ero tra loro! La mia mancanza di corpo... che avrei dovuto fare adesso!? Mentre ero impegnato a rimuginare, singola fiamma spettrale in una marea di anime, mi sfuggì di notare come una gentile ed invisibile corrente mi stava trascinando verso il terreno... e la distesa di corpi esanimi ancora lì presenti. Non ci volle che un minuto prima di scovare cosa stesse chiamandomi a sé. Me stesso... o meglio, il mio corpo esanime. Beh... se non altro ero contento di vedere che era ancora dove l'avevo lasciato, heh! Fui trascinato sin contro il mio stesso petto, dopodiché fu come venire improvvisamente accecati da un lampo. La mia prospettiva cambiò in un battito di ciglia mentre disperatamente annaspai per riprendere aria. I polmoni poterono finalmente ricevere una boccata d'aria degna di questo nome ma la gola non fu proprio grata dell'improvvisa attività e fui scosso da violenti colpi di tosse. Annaspai, tossendo e gemendo con crescente intensità. Ogni singolo spostamento mi faceva sentire come trafitto da una tempesta di aghi da testa a piedi, i nervi si stavano bruscamente risvegliando dal proprio tepore. Gli occhi erano tremendamente irritati, i muscoli intorpiditi, ma ciò non mi fermò dal tentare stupidamente di alzarmi da terra. Dovetti tuttavia accontentarmi di rotolare su di un fianco, per poi lasciarmi cadere pancia a terra. Ren era immediatamente accanto a me. Strisciai per raggiungerla.

« Ren! Ren! »

La scossi dolcemente, speranzoso di vederla riaprire gli occhi, confusa e dolorante come lo ero stato anch'io... ma non ricevetti alcuna reazione. Oh no... oh no, oh no. Immediatamente spinsi il mio orecchio contro il suo petto. Un battito c'era, per quanto flebile, e lo stesso valeva per il suo delicatissimo respiro. La mia vista si annebbiò a causa delle lacrime quando vidi una fiammella etera avvicinarsi al corpo di mia sorella. Gentilmente, sorressi Ren, offrendola all'anima, che subito entrò al proprio posto, riportando immediatamente vita nel suo corpo. Fremette, annaspò ed io dovetti usare tutta la mia forza per impedirmi di gettarmi su di lei e stringerla come mai avevo fatto in vita mia. Le occorse qualche momento per orientarsi, vederla mentre lentamente il suo volto acquistava colore e vitalità, grossi lacrime caddero dalle mie guance, picchiettando contro la sua pettorina. Sembrò accorgersene.

« S... Su...n? »

Appena un sussurro, ma sufficiente a farmi traboccare il cuore di gioia. Mi morsi le labbra mentre tremavano incontrollabilmente. Mi limitai ad annuire, tenendo gli occhi incollati su di lei. Una sua mano mi toccò un braccio, i suoi occhi si fecero lucidi.

« S-Sun... avevo... temuto... io... sono così felice... di vederti sano e salvo. »

Il tono incrinato sia dalla debolezza che dal pianto. Fui incapace di contenere il mio singhiozzare a questo punto. Issai il suo busto e la strinsi in un delicato abbraccio mentre continuavo a piangere incontrollabilmente sulla sua spalla. Avvolse un braccio intorno alle mie spalle e ricambiò il gesto mentre, anche lei, venne scossa da flebili singulti. Lentamente, il mio corpo stava riacquistando forza, aiutai Ren ad alzarsi e la sostenni mentre ci avvicinammo a nostro padre. Era... già cosciente, hah, che roccia! Se ne stava a braccia incrociate, squadrando duramente il cielo... tuttavia non era difficile notare i segni di lacrime ancora freschi sulle sue guance.

« Prima è stata la debolezza... poi è stato sentire le vostre voci. Sono le uniche cose che mi hanno fermato dal correre contro quel Kataritsuen e gonfiarlo di botte... quello e gli espressi ordini del Kazekage. In ogni caso, spero che il Taisei si prenda la lavata di capo della loro vita con il processo. »

Dall'astio a stento nascosto dal suo tono, pa' sembrava veramente furioso. Lo sarei stato anch'io... se non fosse per tutto quello che è successo mentre mi trovavo fuori dal mio corpo e per aver ritrovato Ren e mio padre solo un po' scombussolati. Quel pensiero fece scattare una scintilla... dove erano finiti i Bijuu!? Sarebbe stato impossibile non notarli.

« Pa'? Che fine hanno fatto i Bijuu? Hai mica visto una grossa lumaca con sei code? »

L'omone dalla chioma dorata scosse la testa.

« Neanche l'ombra di uno solo dei nove. Tutto ciò che sono riuscito a sentire è il clamore della folla che si è aizzata contro il Taisei, ancora stiamo cercando di capire come agire. Fortunatamente, Himura-sama intende farci tornare a Suna il prima possibile. »

Finalmente una buona notizia. Per quanto riguardava i Bijuu, le mie preoccupazioni erano forse eccessive. Mi voltai verso Ren, ancora aggrappata a me, e le sorrisi.

« Heheh, sono fuggito dal peggiore degli inferi pur di rivedervi, come avevo promesso. Adesso devo solo rispettare la parola data ad un amico. »

« Mh? Che vai blaterando? »

« Vi spiegherò tutto appena ci saremo lasciati questo caos alle spalle, heh. »
 
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