Sangue corrono i campi, e sangue i fiumi, Quest medica - Medico da Recupero - per Griever_

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view post Posted on 12/3/2017, 15:37     +1   -1
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"Poi si prenda il sangue dell'agnello, e
con esso si tingano gli stipiti e l'architrave
delle case dove lo si mangerà."


(Es, XII, 7)





Cercando in un vecchio archivio pubblico, tra scatoloni polverosi e apparentemente dimenticati, curiosamente attira la mia attenzione ciò che pare essere un semplice quaderno. Ne sfoglio le prime pagine, e realizzo essere il diario personale di Eizan Tōma Baba, leggendario capo delle squadre di polizia di Sueshi - il più lungo a restare in carica, a quanto ricordi.
Non ci si attenda che io, da narratore, anticipi certi episodi che ora mi accingerò a narrare, perché questo racconto - per chi sta leggendo, come per me - inizia adesso, parallelamente all'inizio della mia lettura. Pertanto, che questo sia ben chiaro, della storia contenuta in queste pagine mi propongo di scoprire i dettagli in una col lettore, mentre entrambi curiosiamo intrusivi seguendo i segni della penna di colui che ha vergato queste pagine.



A venticinque anni ero già sovrintendente di questo distretto. Difficile a credersi. Mio nonno faceva il poliziotto, forse è stato lui ad avermi trasmesso la volontà di fare questo mestiere, cosa in cui non era riuscito con mio padre. Mio padre ci ritenne sempre, da che io ricordi, due stupidi esaltati. Per un periodo, siamo stati sovrintendenti contemporaneamente, lui a Ichinyo e io qui.
Beh, non che svolgessimo esattamente le stesse funzioni, lui era più un Jittemochi, ma sostanzialmente entrambi facevamo parte dello stesso grande organismo. Credo ne andasse piuttosto fiero. Io ne andavo fiero eccome.
Mi piaceva, da ragazzino, sentire le sue storie, e in un certo senso mi piacque sempre anche da adulto, fino alla sua morte. Mi raccontava che, ai suoi tempi, lui e i suoi colleghi non giravano neanche armati. Un sacco di gente non mi vuole credere, ma è la verità. Ne sono certo. Lo so.
Jin Saitō non portava mai la spada con sè - Jin figlio, intendo - e neanche Giichi Aoki, quello del distretto di Kogama. Mi è sempre piaciuto ascoltare le storie di quelli dei vecchi tempi: non ne ho mai persa l'occasione. Qualsiasi cosa si faccia, credo sia impossibile non chiedersi cosa averebbero fatto loro al posto tuo.
Non ho mai dovuto ammazzare nessuno, e di questo ne sono fiero. Beh, a parte quel ragazzo. Ho mandato un solo ragazzo al patibolo, su mio arresto e mia testimonianza.
Aveva ammazzato una ragazzina di quindici anni. Lui ne aveva venti, e ci usciva insieme, anche se era così piccola. I giornali locali scrissero che si trattava di un crimine passionale, ma lui mi confessò che la passione non centrava niente. Che da quando si ricordava aveva sempre avuto il desiderio di ammazzare qualcuno, e che se lo avessimo rilasciato lo avrebbe rifatto.
Io non sapevo... non so cosa pensare. Non lo so proprio. Con la criminalità di oggi è difficile capirci qualcosa. Non credo sia perché sono invecchiato, magari fosse per questo, né tantomeno perché mi faccia paura. No.
L'ho sempre saputo che uno dev'essere disposto a morire se vuole fare questo lavoro, e io sono sempre stato disposto a farlo. E' solo che non ho intenzione di mettere tutta la mia posta sul tavolo senza un criterio. Di uscire per andare incontro a qualcosa che... non capisco.
Credo che, per farlo, uno dovrebbe essere pronto a sacrificare la propria anima. Dire: "è vero: appartengo a questo mondo."



C'è una nota a piè di pagina, scritta con una penna diversa e una calligrafia più nervosa, come se fosse stata scritta in un secondo momento.


Non sapevo che questo era ancora un niente, in confronto a ciò che stava per arrivare.


Nell'attesa che tu concluda l'autogestita, ho deciso di portarmi avanti il "lavoro", avendo scritto questo primo post già da un po' di giorni. Mira giungerà al Paese dell'Erba, scegli tu le motivazioni che ti spingeranno ad avvicinarti a questo Paese. Scegli tu in quale villaggio recarti, e se vuoi aggiungere delle descrizioni, liberissimo di farlo - in ogni caso, arriverebbero nel mio prossimo post. Questo vuole essere solo una sorta di introduzione... un'introduzione forse velatamente profetica. Nei prossimi post mi atterrò a uno stile che si confà maggiormente a un master, non temere.
Ti ho già avvisato che non sono un razzo, ma un post a settimana - salvo imprevisti - te lo assicuro; in caso di ritardi, ti avviserò senz'altro.
Buon post, divertiamoci - spero! - e per qualsiasi dubbio non esitare a contattarmi


Edited by Jöns - 30/12/2018, 12:59
 
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view post Posted on 15/3/2017, 11:22     +1   -1
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||Si comincia, buon role!||

Un'interminabile vallata verde si aprì davanti agli occhi spettrali di Mira. Quello era il Paese dell'Erba, un territorio pianeggiante illuminato dal forte chiarore del sole che sovrastava l'ambiente attraverso le chiare nubi sparse nel cielo tutto sommato terso. Il mondo degli shinobi era vario, diversificato, e talmente pregno di curiosità da poter donare sollievo anche a un'ossessionata ricercatrice dell'informazione. Negli anni passati a Kiri, Mira passava la maggior parte delle giornate sui libri che raccontavano proprio di quelle terre oltre i confini, di come esistessero catene montuose alte e innevate, foreste selvagge e inospitali, selve la cui vita impediva il passaggio del sole. Aveva vissuto per troppo tempo circondava dalla nebbia e dal mare, dentro una cupola che la rendeva cieca, in un sistema che le tarpava le ali. Anche da quel punto di vista Kirinaki era stata una salvezza, un'organizzazione che le aveva concesso di divenire la Nebbia stessa che per anni l'aveva limitata, per poter decidere autonomamente chi o cosa confinare e farsi allo stesso tempo grande abbastanza da abbracciare ogni cosa nella propria espansione.
Proseguì lasciandosi alle spalle il nuovo covo e Kakumei, sicura che la spia potesse fare un buon lavoro in sua assenza. Fino a quel giorno si era dimostrato un valido alleato e un ninja preparato e finché si fosse dimostrato utile alla causa senza interferire con i piani dell'organizzazione, ne sarebbe stato membro effettivo. Secondo le sue direttive, il villaggio in cui la donna avrebbe dovuto trovare il manipolo di medici era Omita, un insediamento piuttosto popolato non lontano dai confini del paese. Era ancora giorno quando in lontananza fu possibile scorgerne le porte e due guardie ben armate fecero accomodare la straniera senza troppi convenevoli. Mira non era una sprovveduta, da buona conoscitrice e amante della storia aveva letto molto del posto prima di cominciare quel viaggio: il Paese dell'Erba era un luogo piuttosto pacifico, neutrale, retto da un Daimyo severo ma dall'animo buono. Se non avesse fatto follie, era sicura di poter entrare in contatto con le persone che le interessavano senza particolari situazioni da dover necessariamente ricercare. Il villaggio era luminoso, vivo, gli ambienti erano vasti e il centro abitato era confinato all'interno di parchi alberati attraversati da animali liberi di vagare senza timore. Mira vide uno scoiattolo correre via scalando un tronco e diversi gatti interagire coraggiosi con i bambini che provavano ad accarezzarli. Fu un quadro piuttosto irrealistico agli occhi della visitatrice, neppure Konoha si era dimostrata tanto "Pura", ma era certa che dietro quella maschera verde di vita e prosperità si celava il marciume dell'uomo, lo stesso che aveva consumato la terra e un tempo aveva fatto risvegliare Watashi. Alla donna non interessava particolarmente, preferì non intaccare l'equilibrio del percorso che stava attraversando, sicura di volersi limitare per il momento a imparare l'arte medica degli shinobi, tramite la quale sperava di avvicinarsi alla conoscenza segregata all'interno della testa di Chouko. Arrivò dunque a una grande piazza circolare affollata, colma di gente di tutti i tipi e di ogni paese: erano presenti negozi, attrazioni, anche una struttura adibita all'addestramento ninja, e tutti sembravano poter convivere insieme a ciò che i loro coprifronti simboleggiassero. proseguì poi per una scalinata che dava su un enorme giardino fiorito i cui profumi le pervasero le narici. Era senz'altro un luogo ammaliante seppur forse bugiardo, ma c'era da ammettere che quantomeno il capo-villaggio si era dato da fare per donare a Omita sembianze positive. Anche le energie che Mira percepì erano tutte sulla stessa frequenza di chakra, statiche, in un eterno e noioso stare e basta, senza osare, vivendo la giornata per godere dei profumi della pianura e del calore del sole, per abbandonarsi ai piaceri di una campana di vetro. Poi eccola: la taverna. Era ormai una tappa fissa della donna ogni volta che visitava un nuovo luogo e non avrebbe mai rinunciato all'assenzio locale, pronta a confrontarlo con quello che aveva assaggiato a Netsuyama. Entrò spostandosi di lato la lunga chioma dorata e prese posto, come al solito, al bancone. Continuò a passarsi una mano sui capelli ragionando se fosse il caso di bere alcool prima di chiedere informazioni su un ospedale ed effettivamente sarebbe stato più saggio rimanere del tutto sobria, magari fingendo di avere anche qualche problema. Si spostò la mano sulla fronte e tossì cercando di attirare l'attenzione del taverniere:


- Buonuomo... ho bisogno di aiuto, non mi sento molto bene e non conosco nessuno, vengo da lontano. Mi saprebbe indicare un buon ospedale?
 
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view post Posted on 19/3/2017, 19:01     +1   -1
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Superato il giardino di glicini, peonie e camelie, Mira scorse un vicolo sulla destra - piuttosto ampio, affinchè, era lecito supporre, potesse venir attraversato da due file di persone senza alcun eccessivo affanno. Giunta presto a uno spiazzale che chiudeva l'impasse - un'area residenziale, ma totalmente diversa dai quartieri che aveva avuto modo di osservare fino a pochi minuti prima, come se Omita avesse subito un immediato processo di degrado - decise di svoltare a sinistra, rientrando pienamente negli spazi aperti del grande villaggio di frontiera.
Era come se due anime si contendessero lo spirito di quella città, una constatazione che non avrebbe tardato a giungere al suo sguardo e alla sua mente acuta e raziocinante: lo avrebbe visto nei volti della gente, nelle strade; nelle case semi-diroccate e fatiscenti. In quel posto, ora c'era un odore di morte lenta. Di malaria. Di incubi.
Sì, il giardino era ormai davvero alle spalle.
Entrò nella taverna: un luogo umile e desolato, non poteva essere altrimenti; una decina di tavoli, opportunamente distanziati l'uno dall'altro, riempivano un'area di 70 tsubo, o poco più, dando quasi l'impressione di essere uno schermo al bancone in legno consunto del taverniere, collocato nella parte opposta all'ingresso.
Una quindicina di uomini a riempire quella bettola, forse non sfuggì a Mira la reazione inconsulta di un piccolo trio, posto al vertice destro, contiguo alla parete, del locale: quasi un sussulto, visibilmente di poco precedente al suo ingresso - avendoli, qual'ora li avesse degnati di uno sguardo, visti già in quello stato d'ansia - ma presto quietato, quasi la sua figura fosse stata rasserenante.
Giunta nei pressi del bancone, prese infine parola verso il taverniere. Sulla sua sinistra, a pochi metri di distanza, un giornale visibilmente logoro e spiegazzato.
"Oh un ospedale." le rispose l'oste, impegnato al contempo nel ripulire un grande boccale in vetro.
"Signorina, si avvicini" le avrebbe detto, facendole segno di avvicinarsi col cenno di una mano, una volta liberata quest'ultima dal peso dello straccio: "C'è un ospedale nei paraggi, a circa un miglio da qui, sempre dritto sulla sinistra, ma glielo dico molto sinceramente: non so come sia finita in questo quartiere, ma le assicuro che questo non è posto per signorine graziose come lei. Mi creda, se ne vada prima possibile, prima che si faccia buio."
Concluse guardandola negli occhi con fermezza, ma un visibile, pacato timore, quasi stoicamente tenuto a freno da un dignitoso senso del decoro.
"Se non se la sente di allontanarsi da sola, le consiglio di consultare gli orari delle circolari che portano al centro della città. Le può trovare in quella bacheca."
Con un cenno del capo, indicò una teca alla destra di Mira, dal vetro appannato, ma da cui erano comunque ben visibili una gran varietà di avvisi e manifesti, dello stesso colore di putrefazione che li circondava.
 
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view post Posted on 20/3/2017, 00:06     +1   -1
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Mira rimase abbastanza perplessa dalle risposte che ricevette. L'oste le aveva confermato che in effetti un ospedale c'era ma l'aveva anche avvisata che quel luogo, quel villaggio in generale probabilmente, non era posto per una donna "graziosa" e indifesa. Parlò infatti di una bacheca e di circolari che portavano in centro città ma lei era sicura di aver sottolineato quanto stesse male, non era sicuramente intenzionata a perdere tempo inutile sia perché odiava farlo, sia perché avrebbe dovuto continuare la recita. Le possibilità di approccio erano molteplici: poteva in effetti uscire semplicemente e dirigersi verso la struttura medica ma era sicura, a giudicare dai brutti ceffi che aveva notato entrando nella taverna, che qualcuno o qualcosa avrebbe potuto intralciarle il cammino. Non era preoccupata di affrontare chiunque le si fosse parato davanti ma era anche consapevole che imparare le basi mediche avrebbe già di per sé portato a una certa notorietà nei dintorni e l'ultima cosa di cui Mira aveva bisogno era visibilità. Doveva rimanere uno spettro, un'ombra invisibile vagante sulla scia delle sue prede, seguendo le tracce e fiutandone l'anima, dunque mostrarsi come un'abile combattente venuta da lontano era assolutamente sconsigliabile. Aveva fatto un buon lavoro a Netsuyama sotto quel punto di vista e aveva tutta l'intenzione di non essere da meno in quell'angolo sperduto nelle pianure dell'Erba. Si portò dunque una mano alla testa simulando un cedimento e barcollando si tenne al bancone. Alzando lo sguardo stanco scrutò gli occhi dell'oste e per quanto morisse dalla voglia di cibarsi della sua stessa dannata convinzione di avere una donna debole e indifesa davanti agli occhi, si limitò a sfruttarne le conseguenze. Si era presentata come una fanciulla dalle lucenti ciocche dorate persa tra le strade del paese, lontana da casa e con una condizione fisica non proprio ottimale. Se quell'uomo oltre il bancone avvesse veramente voluto aiutarla, l'unica soluzione possibile era portarla direttamente all'ospedale o fare in modo che ci arrivasse. Mira finì al suolo dopo aver rovesciato un paio di sedute e scivolò lungo la parte bassa del bancone, poggiando la testa sul legno e alzando il viso verso la penombra del locale. Aveva fatto un bel casino ma in fondo poteva essere l'ennesima cliente ad aver esagerato troppo con l'alcool. L'oste però sapeva della sua condizione, era stato informato proprio prima del cedimento e adesso aveva la vita di una donna tra le sue mani. La Dea di Yusekai rilassò i muscoli, pronta ad aprire le porte del mondo degli Spettri a chiunque avesse provato a toccarla con qualsiasi altra intenzione che non fosse portarla dove lei aveva espressamente richiesto. Era una debole donna, una fragile straniera armata soltanto della propria inscoscienza in una rappresentazione in cui la protagonista, a braccetto con la reale identità, osservava dal basso lo scorrere del tempo e degli eventi, pronta a intervenire in un colpo di scena, in un frammento di istante, al fianco del regista di nome... Varnaki.

- Aiutatemi...
 
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view post Posted on 25/3/2017, 19:59     +1   -1
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"Ce la fa, signorina?" le chiese l'oste non appena potè constatare i segni del suo malessere - segni palesati apertamente non appena la vide capitolare al suolo insieme a un paio di sedie.
"Oh, merda!"
Le si avvicinò, giusto in tempo per udire la sua richiesta di aiuto, quasi sussurrante. Le toccò la fronte, nella speranza di poter scoprire qualcosa in più sulla vera natura di quel malanno, pur con tutti i limiti di una persona non esperta in materia. Di certo, non come un medico.
"Signor Yoshida, signor Yoshida!" esclamò uno dei pochi clienti del locale, l'unico in procinto di avvicinarsi a loro, a quella scena probabilmente molto comune per i suoi clienti abituali.
Un omino alto e scarno, così tanto da sembrare anemico - impressione resa ancor più viva dal colorito fortemente pallido. Due baffi rossicci, dello stesso colore dei capelli folti e ordinati, della lunghezza che più si confà alla media degli uomini, soggiacevano a un naso piccolo e adunco, simile a un becco di un piccolo rapace; questi dava sostegno a due ampi occhiali a fondo di bottiglia dalla montatura sottile ed elegante, maschera di due occhi ambrati vispi e mobilissimi, fortemente scavati, come se non dormisse da giorni - cosa evidente dalle due profonde occhiaie che li circondavano, come se stesse finendo di smaltire i postumi di una violenta rissa vecchia di alcuni giorni.
"Le serve una mano? Cosa diavolo sta succedendo?" chiese con voce sottile e squillante.
"Sì, a fare un salto in ospedale, se non le scoccia."
"Ospedale?" domandò stupito, aggrottando le sopracciglia con tale forza da far scivolare lievemente la montatura degli occhiali lungo il suo becco: "Qui, in questa zona? Sarebbe molto meglio che fossi io a visitar -"
"Senta, Matsuda -" lo interruppe di colpo l'oste, portando una mano al suo indirizzo quasi a stopparlo materialmente nei suoi propositi: "So dei suoi attriti con l'ambiente medico, ma a me non me ne frega un cazzo - scusi il mio linguaggio, signorina - e men che meno, a lei. E ora, per piacere, vada a chiamare i soccorsi e non ci rompa i coglioni."
"Ma-ma-ma-ma ma loro sono degli stupidi ignoranti, che non apprezzano la vera essenza della medicina."
"E la apprezza lei? Dopo i guai che mi ha fatto passare?"
"Ma, signor Yoshida, l'ho curata minuziosamente per quasi un mese come se fosse mio figlio - e non l'ho neanche fatta pagare!"
"Ci credo, era colpa sua se mi ero preso quella polmonite, brutto pazzo depravato!"
"Ma non è stato felice di poter aiutare la scienza con quella stupenda escursione volta alla ricerca delle proprietà delle rare erbe curative che crescono più a nord?"
"Se non ci fossimo persi, forse sì; ma sarei ben più felice di vedere quel compenso che mi aveva promesso."
"Oh, lei è un tipo così freddo e materialista."
"Sono realista, è diverso, e soprattutto non è facile prendermi per il culo. Già che ha stupidamente tirato fuori l'argomento, se non mi da il compenso entro questo mese, giuro sugli dei che le vengo a sfondare la porta di casa!"
"Va bene, va bene, si calmi..."
Nel frattempo, il battibecco tra i due uomini al capezzale di Mira stava attirando le attenzioni dei pochi presenti - i quali, tuttavia, si limitavano ad assistere la scena seduti ai loro tavoli. Ogni tanto li colpiva qualche sguardo fugace del signor Yoshida, forse temendo che qualche malandrino potesse abbandonare il locale senza aver sanato ogni debito.
"In ogni caso, pensiamo alla signorina - è la cosa più importante al momento."
"Vada a chiamare i soccorsi, allora."
"Lei è duro di comprendonio, o si rifiuta di capire: non c'è bisogno di soccorsi, sono già arrivati" e prese a indicare la sua persona con entrambe le mani.
"E' lei che non capisce: lei non è un vero medico, vada a chiamare quelli veri."
"Senta, allora facciamo decidere alla signorina: signorina..." e attese che le dicesse il suo nome: "Nelle mani di chi preferirebbe affidare le sue membra cagionevoli: a degli stupidi e ignoranti dottori, instupiditi da nozioni accademiche, o alla brillante mente di un incompreso genio visionario?"
"Ma davvero crede ci siano dubbi in proposito?"
"Signor Yoshida, non influenzi la paziente."
"Non è ancora - e non sarà mai - sua paziente!"
"Vedremo, vedremo: allora?"
 
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view post Posted on 26/3/2017, 12:47     +1   -1
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Alla messa in scena della donna risposero il taverniere e uno dei clienti, e non uno qualsiasi a quanto pareva. L'oste sembrava conoscerlo, suo malgrado, e quasi fu dispiaciuto di vedere che tra tutti era accorso proprio quello meno indicato. Mira si trovava con la schiena poggiata al bancone, con una mano a portarsi i lunghi capelli dorati di lato e l'altra a sfiorarsi la fronte simulando un'emicrania non indifferente. Di fronte a quella scena, era sicura che qualcuno sarebbe quantomeno giunto a sincerarsi delle sue condizioni e d'altronde quanto poteva essere distante l'ospedale? La situazione prese però una piega piuttosto inaspettata, se Mira attendeva che i due buon samaritani le porgessero una mano per rialzarsi o una pezza umida per dare sollievo alla febbre simulata con un attento aumento della temperatura corporea tramite il suo chakra ardente, non poté che rimanere delusa. Matsuda, l'uomo che dopo l'oste si era precipitato a "risolvere" la questione, si dimostrò esperto in situazione ambigue, rivelando di aver curato l'interlocutore da una polmonite che in sostanza gli aveva egli stesso causato. Dall'altra parte Yoshida, chiaramente più lungimirante, suggeriva di chiamare soccorsi e accompagnare la fanciulla da veri medici, capaci di darle reali soluzioni per farla riprendere. Mira ne rimase stizzita, per un attimo avrebbe voluto afferrare le teste di entrambi e farle sbattere l'una contro l'altra, con violenza, per godere del dolore di chi aveva sostanzialmente dimenticato il motivo per il quale si erano ritrovati in quel quadro a litigare per l'ennesima volta. Eppure sembrò una vicenda illuminante, fortuita. Mira si rese conto solo dopo qualche minuto che quello che stava capitando era la chiave di volta che stesse cercando in quel Paese. Lei non voleva essere un medico riconosciuto, non voleva avere a che fare con l'ospedale rinomato del villaggio né voleva che qualcuno la potesse indicare come "un ninja medico" se mai fosse riuscita a imparare le nozioni curative. Alla stessa maniera non doveva dimenticare quanto stesse in effetti simulando un malore, e finire in ospedale avrebbe voluto dire rivelare quando poco grave fosse in effetti quello che le era capitato. Tutta un'altra storia invece sarebbe stata se si fosse fidata di un uomo, chiaramente avverso ai centri ospedalieri e ai medici che ci lavoravano, dai metodi non propriamente ortodossi. Matsuda non sembrava godere di una grande fama, o comunque non di certo positiva. Se avesse scelto lui dunque, non avrebbe attirato l'attenzione o l'interesse di chi poteva avere bisogno di aiuto. Mira non chiedeva di meglio: doveva imparare la conoscenza di un medico e non diventarlo. In quel ragionamento trovava spazio anche l'eventuale incompetenza dell'uomo ma quello era un rischio che in ogni caso era disposta a correre. Nella peggiore delle ipotesi si sarebbe rivolta agli altri dottori in un secondo momento. La polmonite gliel'aveva comunque curata a Yoshida, e questo era un fatto.

- Il mio nome è Ishi...

Voleva continuare a essere un'ombra invisibile. Non sapeva che cosa sarebbe potuto accadere nella sua ricerca della competenza medica e se quella strada l'avesse portata a dover uccidere qualcuno non sarebbe dovuto essere possibile risalire a chi realmente era passato come un tornato nel Paese dell'Erba, a smuovere il manto verde che sovrastava il novanta percento del territorio. Mira non era mai entrata in quel locale, in quel villaggio, ma il suo spirito vagava sull'attenti, pronto a far esplodere l'ira delle Anime Nere di Yusekai. Poi si allacciò alla maglia di Matsuda avvicinandolo a sé, per poter sussurrargli qualcosa all'orecchio. Non lo fece per dirgli qualcosa in particolare, o per mantenere la segretezza del messaggio. Era il semplice comportamento di un febbricitante prossimo al delirio che aveva assoluto bisogno di aiuto e cure. La temperatura del suo corpo era alta e sebbene non avesse scelto l'ospedale e le sue strutture specifiche, di sicuro aveva bisogno di una diagnosi completa lontana dalla taverna.

- Tu... tu andrai benissimo. Portami via da qui...
 
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view post Posted on 2/4/2017, 18:26     +1   -1
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"Ah, santi dei..."
"Oh oh oh! Visto, Yoshida? c'è chi ha ancora fiducia nei pionieri del progresso!"
Scuotendo la testa con disappunto, Yoshida tornò dietro al bancone alle sue mansioni, allontanandosi così da un Matsuda in preda a un'apparente crisi euforica.
Forse sarebbe stato un cenno di Mira a farlo rinsavire, o di Yoshida, in ogni caso sarebbe presto ritornato a strisciare nel mondo reale.
"Oh! sì, signorina, vengo subito! Visto, dovrebbe riporre più fiducia nelle mie idee, signor Yoshida."
"Gliela darò, gliela darò: quando mi avrà dato i soldi che mi spettano."
Qualche istante di pausa, Yoshida intento a pulire i restanti boccali, dopo i quali riprese, con voce più sottile: "Anche se credo preferirebbe siano gli studiosi di Suna a ricredersi sul suo conto. Com'è che mi disse che la definivano? Ah, sì: un depravato."
Con Mira ormai al suo seguito, sembrò cadere in preda ad un accesso di rabbia mal trattenuta; l'indice puntato verso il taverniere, gli occhi spiritati che parevano fuoriuscire dai grandi occhiali a fondo di bottiglia, dava più l'impressione dell'esordio di un siparietto comico, che di un gesto di sfida.
"Non osi parlare di ciò che non conosce: specie di faccende private che le ho rivelato in forma confidenziale.
"Perchè, se no cosa fa?" e così detto, Yoshida, lascinado andare il boccale sul lavandino, buttò il panno alla sua sinistra, posando le braccia conserte sul bancone, con uno sguardo palesemente provocatorio.
"Io, io... ah, sia maledetto!"
Uscendo dal locale, forse Mira avrebbe potuto udire un'esigua serie di sommesse risate.

Attraversarono dunque le vie maleodoranti del quartiere, fino a un anonimo appartamento. Sarebbe dunque entrata in un ampio ambiente, in linea col quartiere in cui sorgeva, ma tenuto con un sottile senso del disordine visibilmente programmato, sistematico, non generatosi a casaccio: sulla destra dell'entrata, un piccolo tavolino circondato da alcune poltrone e un divano precedeva un'ampia libreria, il cui flusso pareva aver strabordato dai suoi argini di legno - avrebbe potuto facilmente notare due enormi pile di libri ammassati ai lati del divano, poste a terra e levandosi di circa un metro.
Un'altra libreria più piccola sulla sinistra, dopo la quale, sul fondo del salone, si intravedeva una caotica scrivania, piena di appunti, disegni, scarabocchi, due piccoli microscopi, di diverse dimensioni; oggetti scrutati dagli occhi profondi e assenti di cinque teschi umani, posti in fondo alla scrivania, lungo tutta la sua lunghezza.
Sul divano alla destra dell'ingresso, vi avrebbe visto un uomo accomodato, intento a leggere un giornale con un sigaro in bocca.
"Bevuta andata meglio di quanto pensavo, a quanto vedo" avrebbe affermato, scostando il giornale dal viso e scrutando i due appena sopraggiunti.
"Oh, no no Naum, non farti strane idee."
"Strane idee? Mai più strane di questo paese: letto i giornali?"
"No, non mi interessano: lo sai"
"Dovrebbe iniziare, invece: di questo passo, presto Bakin Watanabe raderà al suolo questo paese con sua banda, polizia e Daimyo troppo deboli e impreparati."
"Ce ne faremo una ragione, ma ora non fare il maleducato: abbiamo un ospite, che necessita di aiuto."
"Ha ragione, dottore."


CITAZIONE
Ho lasciato il tutto un po' sul vago, perchè non so se Mira, durante il tragitto verso la casa del dottore, voglia decidere di vuotare il sacco o meno. Qualunque cosa deciderai, la situazione sarà credo abbastanza coerente sia se Mira vorrà ancora mantenere un po' di riserbo, che in caso contrario.
Qual'ora Mira volesse fare delle domande al dottore durante quel tragitto, possiamo concordarle benissimo in privato.

P.S.
Se te lo stessi chiedendo, sì: Naum ha un accento russo!


Edited by Jöns - 6/6/2017, 17:38
 
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view post Posted on 3/4/2017, 14:25     +1   -1
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La situazione era destinata a risolversi in qualche maniera e alla decisione di Mira di seguire il bizzarro "dottore", l'oste accettò di farsi da parte seppur con qualche riserbo. Matsuda gli doveva dei soldi, denaro che era intenzionato a recuperare in qualche maniera ma le vicende di cui erano stati protagonisti sembravano celare ben oltre rispetto a quanto fosse stato rivelato. Mira pensò di non concentrarsi troppo sulla questione, se solo avesse voluto avrebbe scoperto agilmente di più della storia che accomunava i due uomini ma non era lì per quello. Il viaggio che l'aveva condotta fino alla pianura sconfinata dell'Erba era mirato a permetterle di imparare le più antiche e raffinate tecniche mediche a favore dei suoi studi al covo. Fin a quel momento dunque, la possibilità più golosa di andare fino in fondo in quell'obiettivo gliel'aveva concessa il signor Matsuda, anche se con i suoi modi a dir poco peculiari. Poco male comunque, con una persona dall'ego tanto smisurato non sarebbe stato un problema rivelarsi come Ishi l'aspirante medico piuttosto che Ishi la paziente. D'altronde quale miglior regalo di un allievo a chi fa della propria conoscenza verità assoluta?
I due uscirono allora dalla taverna lasciandosi alle spalle un adirato Yotsuda, smorzando la tensione venutasi a creare dall'acceso scambio di parole tra gli uomini, e la Madre di Kirinaki poté finalmente respirare più tranquilla di non dover più fingere. Non aveva ancora intenzione di affidare la verità a chi l'aveva finalmente tirata fuori da quel posto maleodorante, ma prima ne avrebbe seguito i passi, arrancando, tenendo stretta l'ultima parvenza di maschera che le avrebbe concesso di scoprire dove abitasse il presunto dottore. Camminarono per qualche minuto, una mezz'ora forse, ed entrarono in un appartamento piuttosto comune dall'esterno e senz'altro privo di qualsiasi elemento che lo potesse descrivere come un'ospedale. Mira lo aveva capito già: quel tipo non era un dottore, non uno ordinario almeno, né era riconosciuto come tale dai medici del villaggio. Inoltre, secondo quanto avesse detto Yoshida, godeva di una pessima fama anche presso i locali medici di Suna. In sostanza era anche lui un qualche tipo di aspirante medico, o meglio, un aspirante megalomane convinto di poter da solo e con i suoi studi di poter progredire nella conoscenza utile alla medica più velocemente da solo che non seguendo le normative di un ospedale e di, quindi, un villaggio. La donna accennò a un sorriso a quei pensieri, rendendosi conto di come lei stessa stesse agendo secondo quella filosofia. Uno studio ben fatto, senza limiti o regole, poteva portare a risultati fenomenali, ben più di quelli standard che una comunità regolata dall'alto potesse fornire. Quanto però quel tipo era davvero avanti rispetto agli altri?
Quando attraversarono l'uscio dell'abitazione ciò che si presentò agli occhi di Mira fu esattamente in linea con l'immagine che stava costruendo di Matsuda: un disordine ricercato ornava le stanze e scaffali ricolmi di conoscenza e pile di libri sfogliati e presumibilmente letti facevano da cornice alla tana di un malato di conoscenza, di progresso, sviluppo personale. Matsuda era un ossessivo, uno studioso, qualcuno capace di giungere a conclusioni sfruttando metodi non ortodossi pur di dimostrare qualcosa agli altri e, soprattutto, a se stesso. Poteva essere la persona giusta, la donna lo vide proseguire per cambiare un'altra stanza e le sembrò di riconoscere nei suoi occhi il riflesso che colpiva se stessa davanti alla possibilità di scoprire qualcosa di nuovo. Avrebbe pressato dunque sul quanto dimostrare agli altri il proprio genio fosse per persone del genere fondamentale, irrinunciabile.


- Salve

Si limitò a dire Mira quando si accorse della presenza di un'altra figura, anche lui immerso tra libri e odore di carta stampata, forse neanche troppo volutamente, con tra le mani un giornale e in bocca un sigaro acceso. La donna ne rivide il compagno che aveva ucciso con le proprie mani, lo stesso che l'aveva aiutata e salvata mentre consumava avidamente la superficie di quel generatore di fumo.
Iniziava solo a quel momento la vera missione della Dea di Yusekai, e avrebbe dovuto assecondarla accettando i suoi compromessi per poi infine, se necessario, fare tabula rasa.


- Non sono un paziente, non sono malata, ma ho comunque bisogno di aiuto.

Rivelò quelle parole senza stare troppo a preoccuparsi: non aveva rivelato il suo vero nome e in ogni caso avrebbe potuto combatterli e far perdere le tracce. Preferiva essere diretta per non perdere tempo e affrontare i rischi della verità. Se l'analisi che aveva fatto di quell'uomo era corretta l'avrebbe aiutata senza farsi troppo pregare. Quanto all'altro, se era amico di Matsuda non poteva che condividerne il pensiero.

- Sono un'aspirante medico e ho viaggiato molto per giungere in questo villaggio. Mi avevano detto che qui avrei trovato gente eccezionale, capace di cose che nessun altro medico, in nessun luogo, sarebbe capace di fare. Credevo di dovermi dirigere verso l'ospedale ma quando ho conosciuto il signor Matsuda ho capito che forse queste abilità non sono propriamente... convenzionali.

Doveva toccare i punti giusti, farlo sentire importante, farlo cedere davanti alla possibilità di poter mostrare le proprie idee a chi era disposto a sentirle e impararle.

- Mi dispiace aver finto prima, ma dovevo essere sicura di chi potermi fidare. Lei è corso immediatamente in mio aiuto, mentre l'oste mi avrebbe mandato in giro a cercare aiuto da sola. La ringrazio per questo, e le chiedo di accettare di essere il mio insegnante di medicina. Ho sentito che il suo amico parlava di disordini in città, posso forse aiutare per sdebitarmi?

Non aveva nessuna intenzione di immischiarsi negli affari del paese, troppa visibilità e rischio di crearsi una fama non ricercata, ma non avrebbe avuto scelta se Matsuda lo avesse richiesto. In ogni caso lei era Ishi la straniera e, almeno in quella specifica missione, non Mira la Dea di Yusekai.
 
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view post Posted on 13/4/2017, 18:07     +1   -1
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"... Come?"
Lo sguardo basito, gli occhi improvvisamente spalancati dietro le cinta di vetro, per un istante sarebbe parso sul punto di riversare ogni sua celata frustrazione su quella ragazza - almeno, così pensava Naum, osservandolo con un sorriso malizioso; il prosieguo della confessione, tuttavia, ne mutò radicalmente ogni intento.
"Oh oh oh!" esclamò, in risposta alle parole della ragazza: "Hai visto Naum? Contro ogni ostracismo e incompetenza del mondo accademico, sto diventando famoso!"
"Ne dubito fortemente, visto che nessuno conosce sue ricerche oltre -"
"- Ah, zitto! non capisci niente!" lo interruppe con un cenno, come volesse scacciare un'irritante, irriducibile zanzara fastidiosa.
"Comunque, signorina -" riprese, cingendosi le mani: "- non deve scusarsi di nulla: qualunque spirito nobile, desideroso di abbeverarsi alle fonti del sapere, non deve mai vergognarsi di questa pulsione naturale che gli dei stessi gli hanno elargito, men che mai dei metodi che lo condurranno, presto o tardi, tra le loro increate primogeniture!"
Un'ampia aspirata di Naum al suo sigaro come risposta, scuotendo lievemente la testa, nascondendola infine nuovamente dietro al giornale.
"E non si preoccupi dei disordini qua in giro - specialmente nelle campagne, a dire il vero; i predoni pullulano in questa terra verde e rigogliosa, e periodicamente sbuca una nuova banda un po' più violenta e sanguinaria, nulla che debba interessare persone come noi."
"Non fin quando non faranno a lei rapina durante escursioni."
"Sei un corvaccio del malaugurio!" e giù con una nuova lieve risata, appena percepibile, da dietro il giornale: "Allora perchè credi ti abbia ingaggiato, per non sentirmi solo durante le escursioni?"
Un colpo al colletto della propria giacca, come a rassettarsi e a ritrovare un contegno perduto, riprendendo il discorso.
"Allora, dicevamo - " Mira avrebbe potuto scorgere un bagliore sul suo sguardo, quasi un infinitesimo sobbalzo del suo volto: "- Ma lei è originaria del continente?"
Cominciò a scrutarla con occhi diversi, quasi maniacale, vertendo in particolar modo le frecce della suo sguardo ai due bersagli vitrei - spostandole frettolosamente ai capelli, alle spalle, alla schiena, ad ogni fattezza della sua interlocutrice, cingendola idealmente come un avvoltoio intorno alla carcassa, strenuo e imperturbabile nel suo moto circolare, prima di attendere il momento propizio.
"Sa, uno dei miei più interessanti campi di indagine è quello delle caratteristiche naturali delle popolazioni: lei ha chiaramente geni autoctoni, certo, ma, ma, ma con un certo spirito... selvaggio! O meglio, non selvaggio, mi scusi, ma nel suo sguardo vedo un qualcosa di, di - primitivo. E puro: nobilmente puro.
Questi anni sabbatici mi stanno permettendo di vedere il mondo in lungo e in largo, e la mia cultura ne sta avendo enormi benefici, enormi benefici... Bhe, spiegarle anni di studi in breve è davvero impossibile, davvero, ma ci sarà tempo per condividere con lei le mie ricerche mi creda. Sarò ben felice di renderla partecipe delle mie conoscenze.
"
Durante quegli istanti, durante tutto quel lungo discorso, sembrava essere progressivamente preda di alcuni spasmi compulsivi del volto, delle labbra, dei cenni di un'apparentemente inesplicabile insania che trovava le sue ripercussioni in una dialettica sempre più nervosa, al limite della rapsodia.
"Ora!" esclamò, con l'indice portato in alto, dirigendosi verso la libreria principale della sala.
"Vediamo dov'è..."
Prese a spulciare tra gli scaffali, estraendo dopo poco tempo un grande tomo polveroso.
"Eccolo qui!" e detto ciò lo porse a Mira: "Leggilo, e dopo che lo avrai completato potremo passare alla parte pratica. Inutile dirti che sei mia ospite per tutto il tempo che vorrai - Naum, quando la signorina..." portò un cenno nei confronti di Mira - probabilmente, non gli sovveniva più il suo nome: "... avrà bisogno di andare nei suoi alloggi, preparali nel modo più adeguato possibile!"
"Non più solo guardia di corpo, ora anche maggiordomo."
"Ti avevo chiesto di assistermi nel mio lavoro a suo tempo, e in tal modo mi stai assistendo." gli rispose, agitandogli l'indice contro, cercando nervosamente frattanto qualcosa in un cassetto: "Mi raccomando, mi raccomando - oh!"
Con un radioso sorriso, misto a una serie convulsa di respiri affannati, tiro fuori un piccolo cofanetto: quando lo aperse, rese così visibile il suo contenuto biancastro e farinoso.
"Non la trovavo più, credevo di averla perduta - meno male, meno male."
"Quella merda finirà per bruciare completamente vostro cervello."
"Ah, si vede che non sei un medico, Naum: bruciare, cosa? e come? E' un farmaco prodigioso, dico sempre che dovresti provarlo: ristabilisce completamente l'ego, fortifica mente e spirito, ristabilisce un incondizionato stato primigenio, magnifica quando si vuole pensare in alto, speculare oltre le vette degl'uomini... Ahh!" Una sonora esclamazione quando, dopo essersene cosparso l'indice del contenuto, portò questi all'indirizzo del naso, tirando su con forza.
"Uah! Uh! ne gradisce un po' signorina?"

CITAZIONE
Nel libro, quando e se Mira lo aprirà nel prossimo post, troverà a un certo punto questo estratto:

La storia dei medici del Mondo Ninja è alquanto malinconica e triste, poiché risulta completamente macchiata di sangue, innocente - per quanto uno shinobi possa essere considerato tale - e non. Inizialmente, proprio in cui i grandi Villaggi iniziarono ad espandersi a discapito di altri oramai completamente scomparsi o ridotti ad essere l'ombra di se stessi, vennero utilizzati quanti più ninja possibili, spesso in squadre composte da quattro o cinque membri, addestrati con quello che poi si sarebbero evolute diventando le odierne Jutsu ANBU. Tali truppe talmente forti quanto inarrestabili erano temute da chiunque per la loro efficienza strabiliante ma presentavano comunque diverse pecche: prima fra tutti c'era il problema degli infortuni. Difatti una volta che uno shinobi di un team veniva gravemente ferito, questi era costretto a rientrare dando il cambio ad un'altra squadra, limitarsi a un sostituto era impensabile viste le tattiche utilizzate e conosciute solo dai componenti del team. Il secondo motivo era la sanità mentale. Partire per una missione è una cosa, assistere alle stragi della guerra, un'altra. Chi partiva anche per un solo mese ritornava distrutto, disturbato, completamente cambiato. Per questo con una riforma adottata quasi in contemporanea in tutti i vari villaggi ninja venne scelto di sostituire uno shinobi combattete con un medico, modificando di conseguenza i diversi modi di combattere.
Evoluzione. L'assistenza dei dottori permetteva si, di sferrare attacchi con minore potenza offensiva, ma allo stesso tempo più sostenuti e duratori. Inutile dire che questa modifica nel tempo ha portato ad un calo di morti e ad un aumento di efficienza. Naturalmente con il progredire degli anni anche le jutsu dei medici sono cambiate, dando così il natale a due diverse scuole: quella dei Medici da Guerra e quelli di Recupero. In ogni caso le basi sono sempre uguali, per questo da Genin non vi è distinzione fra le Ijutsu utilizzabili.

<ijutsu> - Konji Kin: Piccola Cura - "Questa è la più semplice tecnica di cura esistente, ma quella che di solito è anche la più utile, poiché la rapidità d'esecuzione è velocissima, permettendo al ninja di poter ritornare a combattere. Manipolando dunque il suo chakra il medico lo concentra quanto più possibile sul palmo della propria mano, poi avvicina questa alla propria o altrui ferita, mantenendo la distanza di circa tre pollici, dopodiché fa fluire l'energia spirituale nei labbri della lacerazione, tentando di ricostruire il tessuto. La Ijutsu fa recuperare 10 Punti Salute, ma tale valore aumenta di 5 per ogni 20 Punti Chakra utilizzati oltre i 40 base. Se si cura la lacerazione con lo stesso valore di Vita persa allora svanirà anche il Malus, non superiore al Quinto Grado. Se viene utilizzato il triplo del chakra necessario per sanare la ferita questa verrà considerata come Attivazione utilizzabile solamente una volta per turno, naturalmente tale clausola vale solo se la Ijutsu viene utilizzata su se stessi. Non può togliere il Malus Congelamento e quello d'Accecamento, ma quest'ultima solo per il rango Jonin."

<ijutsu> - Konjio−to: Autocura - "Anche se si chiama ''Autocura'' questa Ijutsu non permette di sanare le ferite del corpo del medico, ma solo di rinvigorirlo per breve tempo. Portandosi infatti la mano pregna del proprio chakra color verde nel petto, il ninja manda delle scariche nel proprio cuore, il fulcro dell'energia spirituale e fisica del corpo, che subito andranno ad irradiare il resto degli altri tsubo, garantendo una maggiore scorta di energie a questi. Una tecnica che richiede un po' di tempo per essere portata a termine certo, ma permette allo Shinobi di combattere o di far combattere per un'altra manciata di minuti al massimo delle forze, garantendo una scorta di altri 30 Punti Stamina. Ogni tecnica ha sia dei pro che dei contro, e il difetto dell'Autocura sta nel limite di volte che questa può essere utilizzata in un individuo prima di provocare seri shock, ovvero due volte per scontro."


Libertà assoluta - nei limiti della decenza, naturalmente - su ogni altro contenuto.
 
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view post Posted on 15/4/2017, 14:10     +1   -1
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Mira ne aveva fatto un'analisi corretta: quell'uomo era talmente preso da se stesso e da ciò che credeva di sapere che la possibilità di espanderla al prossimo avrebbe prevalso su qualsiasi altro desiderio o impulso. Matsuda era l'uomo giusto, se davvero si fosse dimostrato abile come egli stesso voleva dimostrare. A verità rivelata, si mostrò subito comprensivo, pronto ad accettare qualsiasi tipo di scusa e a cominciare il cammino di insegnamento che avrebbe fatto della donna un buon medico. Tutto procedeva per il verso giusto, perfino quel Naum dall'accento particolare non le sembrò potesse dare alcun fastidio ma per sicurezza avrebbe aumentato ancor di più l'attenzione per non mostrare nulla di sé ai due presenti. Proprio tra quei pensieri però. Matsuda cominciò a concentrarsi sul viso dell'ospite, affermando di come fosse capace di leggere le persone, di come avesse passato anni ad esplorare il mondo e a conoscere la gente che ne faceva parte. Curioso, avevano molto più in comune di quanto Mira avesse inizialmente pensato. Lasciare trasparire informazioni sulla propria identità però, per quanto puramente estetica, non era nei piani della kunoichi e tagliò subito corto annuendo alle affermazioni dell'interlocutore:

- Anch'io ho viaggiato molto, non posso dire di avere una patria. Il continente stesso è la mia terra, la mia casa. E' per questo che voglio diventare un medico, per saper badare a me stessa durante i miei continui spostamenti e per conoscere anche questo ramo ninja che il mondo ha da offrire. Dovresti comprendere le mie parole e i miei desideri, mi sembra di capire che siamo più simili di quanto pensassi.

Mira non si fidava minimamente dei due uomini, o almeno, non si sarebbe mai concessa a loro in tutto e per tutto, ma sapeva di poter davvero cominciare un rapporto di stima reciproca partendo dalle aspirazioni visionarie di Matsuda. Avere un alleato senza l'oppressione dei confini di una società, libero di spaziare nelle proprie facoltà intellettive per dare sfogo a tutto ciò che la sua mente e la sua conoscenza gli suggerivano era ciò che di più simile alla propria condizione avesse mai visto. Forse Kirinaki stessa sarebbe stata un'opportunità irrinunciabile per lui e la sua guardia del corpo non avrebbe fatto altro che seguirlo, da agente pagato qual era. Ma stava fantasticando troppo, per il momento doveva soltanto imparare ciò che l'uomo aveva da offrirle e fare proprio un ramo di quella conoscenza che l'aveva da sempre affascinata. Fin dai tempi di Kiri, Mira provava una profonda stima per Seiri per le sue enormi facoltà mediche ma allora era troppo debole, troppo vulnerabile alla propria ossessione per poter realmente capire quanto l'amica avesse da offrirle.

A ogni modo, Matsuda le offrì a quel punto un libro, un corposo manuale contenente le basi della medicina ninja e come un tossicodipendente davanti a una dose, Mira l'afferrò famelica prima ancora che l'uomo potesse finire di parlare. Osservò la rilegatura estasiata dalla cura con cui era stato tenuto, inebriandosi del profumo di carta e di antico e apprezzando la qualità delle pagine. Aveva i suoi anni ma tra quelle righe doveva esserci tanta di quella conoscenza che la donna non stette più nella pelle. Annuì alla possibilità di poter dirigersi nella stanza che l'avrebbe ospitata per tutta la sua permanenza nell'Erba ma prima di lasciarsi fare strada da Naum vide il bizzarro medico sniffarsi una strana sostanza bianca. Droga? Possibile, ma nessuno quanto Mira sapeva cosa significasse essere dipendente da qualcosa, oltre ogni limite,
oltre qualsiasi concetto. Non importava, avrebbe potuto dirlo immediatamente che in Matsuda vi era qualcosa di sbagliato, ma con che voce in capitolo avrebbe potuto affermare una cosa del genere e giudicarlo? Lei era la donna che aveva creato un mondo di Anime Nere per poter placare il bisogno incondizionato di andare sempre oltre, senza potersi mai fermare a riflettere su ciò che conosceva già.


- No, grazie.

Si limitò a rispondere alla domanda dell'uomo, speranzosa che quella sostanza non compromettesse l'addestramento o la lucidità dell'insegnante. A quel punto si fece accompagnare fino agli alloggi e notò con piacere come quella casa fosse la dimora di un uomo dalle risorse non indifferenti. Matsuda sembrava essere un uomo influente, benestante ma la vera ricchezza di gente che non si poneva limiti era proprio l'assenza di razionalità di fronte a ciò che poteva portare a un disastro o a un miracolo. Mira questo lo apprezzava: a che pro arricchirsi e poi porsi dei confini così imprigionanti? Sarebbe stato come vivere in una gabbia dorata, in un vita a contemplare la lucentezza delle sbarre senza poter realmente vantarsene.



Naum lasciò l'ospite sull'uscio di una camera e Mira poté finalmente lasciarsi andare su un letto anch'esso circondato da una pila di libri e librerie innumerevoli. La quantità di sapere che vi era in quell'abitazione avrebbe potuto adornare senza problemi la nuova biblioteca di Kirinaki e magari, chissà, forse un giorno...
Aprì a quel punto il manuale che le era stato consegnato e si immerse in quelle scritte stando ben attenta a non tralasciare nulla. Diverse parti le erano note, come la storia dei medici ninja e degli ANBU. A Kiri aveva letto molto riguardo l'importanza di guerrieri capaci di curare le ferite nel campo di battaglia ed era un po' ciò che le aveva anche raccontato Seiri durante le sedute che faceva con lei. Era tutto piuttosto interessante ma Mira aspirava a ben altro, non voleva semplicemente imparare a curare il prossimo, voleva conoscerlo, studiarlo, sapere in che modo il suo corpo era composto e dunque poterci lavorare, scavare nelle sue profondità, attingere sapere dalle sue interiora, dal suo chakra, dalla sua particolare conformazione. E poi lavorare con esso, plasmarlo, inventando, renderlo un'arma o una risorsa. Sapeva bene però che era da lì che doveva cominciare.
Dopo alcune ore posò il libro al lato del letto e osservò la propria mano. Nelle ultime pagine erano descritte alcune pratiche mediche che venivano insegnate ai medici alle prime armi, in che modo canalizzare il chakra e fare in modo che desse sollievo alle ferite piuttosto che lederle. Erano pratiche eccezionali: generare un'energia capace di agire sul tessuto organico e fare in modo che si rigenerasse autonomamente. Concentrò il proprio chakra sulla mano cercando di mettere in atto ciò che aveva studiato dal manuale e percepì in effetti un contrasto con la pura e semplice, banale, energia che da sempre l'aveva contraddistinta.


- E'... incredibile.

Vide davanti a sé una nuova strada, un percorso colmo di diramazioni e possibilità, un nuovo futuro, un avvento luminoso per quella Kirinaki ancora vergine ma che presto avrebbe mostrato al mondo quanto la nebbia che avrebbe saputo generare avrebbe avvolto ogni angolo della terra più di quanto fosse mai riuscito a fare Kai. Sarebbe arrivata alla conoscenza universale unendo i popoli, o magari creandone uno proprio dando la possibilità a chiunque di divenire un maestro e insegnante e contemporaneamente un discepolo, un allievo dell'onniscenza.

Passò la notte divorando quel libro e altri ancora, inebriandosi della sua droga e dando conforto alle anime di Yusekai. La mattina seguente si sarebbe presentata a Matsuda pronta per qualsiasi cosa avesse intenzione di mostrarle.
 
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view post Posted on 18/4/2017, 15:53     +1   -1
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Quando, mirando le luci dell'alba, messaggere lampanti e inconfutabili del termine di quella notte insonne, Mira avesse deciso tornare al salone d'ingresso avrebbe trovato l'ambiente deserto.

Ad un primo sguardo, almeno.
"Sì, sì... perfetto! oh sì, è così!"
Il dottore era chino sulla sua scrivania, l'occhio posto sulla lente del microscopio più grande. Ma solo per un istante, poichè, anche se Mira avesse posto ogni cautela nel far meno rumore possibile, visto anche l'orario, Matsuda ne avrebbe comunque percepito i movimenti; sarebbe così sobbalzato sulla sedia, quasi cascando da quest'ultima, accompagnando il tutto da un urlo di sgomento.
"Signorina, signorina! che piacere, che piacere trovarla sveglia, che piacere trovarla sveglia!"
Mira avrebbe potuto sentirne il respiro ansimante, vederne le pupille dilatate in quegli occhi fortemente scavati - probabilmente aveva anch'egli passato la notte in bianco.
"Dormito bene? dormito bene?" gli chiese, puntando i suoi occhi ambrati solo saltuariamente su di lei, come se fosse spinto da un'immane forza misteriosa ad usarli per dipingere dello stesso colore ogni angolo della stanza.
"Io sì, sì -" continuò subito incalzante, senza attendere la risposta della giovane: "- o meglio, no, no, no-no-no-no-no, ancor meglio, meglio che dormire, è stata una notte veramente, veramente - mi perdoni, mi perdoni, ma sono in uno stato di particolare agitazione -" e ciò gli sarebbe stato ben palese non solo dal suo sguardo vagabondo, ma anche dalle strane movenze erranti a cui si stava abbandonando, insensatamente, lungo ogni dimensione della stanza, finanche in altezza se solo gli fosse stato concesso il dono del volo: "- sì, sì, di grande, grande agitazione! In parte per le mie attuali condizioni psicotrope, ma in parte perchè credo di aver trovato finalmente il principio attivo di una sostanza che studio da tre anni ormai!" concluse, quasi urlando in preda ad un delirio.
"Sarebbe straordinario, sarebbe una vera svolta nelle mie ricerche, metterei a tacere tutti quegli stupidi idioti, come quel tale a Suna che ha, ha - ha letto il libro?" chiese infine, posando stavolta lo sguardo su Mira, mostrando per un istante un cenno di rinsavimento.
"Oh, ma benissimo!"
Per un solo istante però, presto turbato dalla risposta della giovane.
"Ma è incredibile! semplicemente incredibile, sapevo che lei sarebbe stata un'allieva straordinaria, che dedizione, che velocità! degna di essere mia allieva!"
"Ma che cazzo...?"
Udendo quegli schiamazzi, Naum si palesò anch'egli nel salone - visibilmente infastidito e assonnato.
"Oh, Naum! Naum! Naum! Naum! Naum! Naum, la ragazza ha letto quel libro in una sola notte!"
"Straordinario" gli disse, con poca convinzione, prima di continuare la risposta col suo idioma incomprensibile, lanciandogli probabilmente la più sentita delle bestemmie.
"Ora, bene, c'è da testare il tuo straordinario talento, sì, sì, devo, devo -" lo sguardo di nuovo convulsamente errante, prima di puntarlo selvaggio sul tagliacarte della scrivania.
"Ahh!!"
Come se al delta del suo stomaco si fosse rotto ogni argine, il sangue iniziò a fuoriuscire copioso, spinto dai torrenti strapieni delle arterie, il tagliacarte piantato nel suo stomaco come un vessillo imperiale in una terra sconosciuta.
"Oh, cazzo!" esclamò Naum, fuoriuscendo bruscamente dal suo torpore.
"Stai tranquillo Naum, non ho leso nessun organo vitale - le mie mani rivaleggiano in precisione con quelle degli dei!"
"Che cazzo ha fatto? Si curi immediatamente!"
"Giammai! devo mettere alla prova la mia allieva in un modo adatto alle sue capacità!"
"Lei è un coglione! Ha letto libro solo ieri sera: non può farcela, lei è pazzo! Se non interviene morirà dissanguato!"
"Mai! mai! mai! mai! presto, presto, usi ciò che ha appreso per curarmi!" continuava nel suo monomaniaco pensiero, con sguardo allucinato, da pazzo, contratto ora in parte dalle fitte lancinanti.
"Sapevo che si sarebbe fottuto completamente, prima o poi: corro in ospedale."
"Un passo fuori e sei licenziato!"
"Fra poco lo sarò comunque!"
"Presto, presto signorina, faccia ricredere questo miscredente! Lo so, lo so che puoi farcela! sei mia allieva, non puoi, non puoi non farcela! Forza! forza! mostralo a questo miscredente!"
 
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view post Posted on 19/4/2017, 15:31     +1   -1
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Era l'alba. Mira aveva passato le ultime due ore ad esercitarsi sulle pratiche descritte del tomo di Matsuda e cominciava ad avere familiarità con il tipo di chakra che veniva a crearsi. Era diverso dal solito, lo aveva già constatato la prima volta che aveva tentato di evocarlo, ma adesso che poteva percepirne l'aura in maniera più precisa, poté osservarlo crescere autonomamente, come fosse un'entità viva che prendesse forma intorno alle sue mani. Aveva quasi voglia di farsi un taglietto per avere un'applicazione pratica sul campo, immediatamente, ma preferì attendere di utilizzarlo su qualcun altro, senza forzare la mano. Era certa di non riuscire ancora a usare concretamente le tecniche studiate, ma era euforica all'idea di mostrare al "dottore" i progressi fatti in una sola notte. Era abituata a non dormire per leggere, per approfondire la conoscenza su qualcosa e a volte era anche costretta a causa delle richieste imprescindibili delle Anime di Yusekai. Osservò l'ora e decise che era il momento di ripresentarsi al cospetto del padrone di casa. Aprì la porta scendendo lentamente le scale, cercando di capire se Matsuda fosse già sveglio: era così. Il trambusto che causava quando era immerso nei suoi studi non aveva eguali, Mira ne aveva conosciuti tanti di studiosi amanti del sapere ma quell'uomo era unico nel suo essere estremamente particolare. Lo aveva pensato più volte, gli ricordava se stessa per certi versi e la sua passione ed euforia per ciò per cui provava interesse era soltanto motivo di comprensione da parte della donna. Quando lo studioso si accorse della presenza dell'ospite sobbalzò, tanto era concentrato nello scrutare in un costoso microscopio i pigmenti di chissà quale materiale.

- Non volevo spaventarti

Mira era accorta, attenta, e sebbene cominciasse a fidarsi dell'interlocutore per ciò che di se stesso aveva mostrato, era anche consapevole che chi faceva della propria passione un'ossessione, una droga, un passaggio fondamentale per una ritrovata stabilità mentale, le azioni più intelligenti potevano spesso essere accompagnate da un certo grado di insania. In sostanza, non voleva farlo innervosire, considerata anche quella guardia del corpo dall'accento bizzarro che tutto sembrava fuorché un incompetente. Finché si fosse mostrata disponibile agli insegnamenti e ai metodi di Matsuda per quanto poco ortodossi, si sentiva piuttosto al sicuro. Quest'ultimo le chiese se avesse letto il libro e all'assenso di Mira seguì un'esplosione di euforia incontrollata che mostrò quanto pericolosa potesse essere la follia scatenante dalla polvere bianca. La donna inarcò un sopracciglio e proprio in quel momento giunse anche Naum, attirato dal delirio che stava causando il suo datore di lavoro.

Eppure il peggio non era ancora arrivato.

Matsuda prese un taglia carte dalla propria scrivania e senza dare il tempo ai presenti di sussultare presi alla sprovvista, si lacerò lo stomaco passando la lama, lasciando che il proprio sangue zampillasse per tutta la camera. I libri vennero ricoperti di rosso, tingendosi di un cremisi scuro e coprendo quello più chiaro delle luci dell'alba che timide filtravano attraverso le aperture delle finestre. Mira fece un passo indietro inorridita dall'immagine, rivedendo in quel gesto un altro momento, un'altra vicenda,
rivivendo un altro tempo. Era il gesto fosse di un drogato, reso euforico da una nuova dose o dall'assenza di essa e culminato in un atto estremo e diabolico di lesione. Era l'amore per il proprio intelletto, per la propria convinzione di leggere nelle persone,
un gesto senza troppa importanza scaturito dal credere di avere ragione contro tutto e tutti. Matsuda aveva scrutato nello sguardo di Mira la consapevolezza e in quella stessa convinzione avrebbe riposto l'analisi del suo pensiero. La donna vide in un riflesso di un istante gli occhi della madre, trafitta a morte in quella stessa maniera quando la prigione di Kiri le aveva precluso l'ennesima dose di conoscenza, costringendola in un baratro di ignoranza abissale che l'avrebbe trascinata dell'oscurità più totale. Poi batté gli occhi, si destò in un attimo e strinse i pugni saettando letteralmente ai piedi di Matsuda che lentamente cominciava a sentire i sensi abbandonarlo.


- Lo fa per ogni allievo? Mi sorprende che non sia già morto

Si rivolse a Naum ancora tra il chiamare aiuto ed esaudire la richiesta esplicita di Matsuda di non muovere un muscolo. Mira materializzò un foglio di carta dalla propria manica e lasciando fluire una piccola quantità di chakra lo rese affilato come un rasoio. A quel punto tagliò in due con un movimento rapido ciò che rimaneva della maglia dell'uomo e scoprì la ferita aperta. La vide minacciosa davanti ai propri occhi vitrei e percepì il dolore saturare la mente di Matsuda. Costretta ad agire il più velocemente possibile decise di mettere in pratica ciò che aveva imparato durante l'ultima lunga notte. Prima però, per evitare che il paziente svenisse e si lasciasse andare al baratro dell'incoscienza, alzò lo sguardo ed entrò direttamente nella sua testa lasciandolo vagare all'interno di Yusekai per i secondi sufficienti utili a distrarlo da ciò che gli stava causando dolore reale. Le mura si tinsero di nero, delle presenze cominciarono a vorticare intorno all'uomo e per un attimo dimenticò per cosa stesse soffrendo. Percepì la temperatura abbassarsi e per alcuni secondi esistette soltanto un mondo privo di colore immerso nel gelo.

- Adesso!

Mira poggiò il palmo della mano sulla ferita e cercò di far emergere il chakra vitale, si sforzò affinché prendesse il sopravvento su quello che usava di solito come fosse una gara, una lotta, tra energia positiva ed energia negativa. Lo percepì come una calda e piacevole sensazione e se avesse dovuto attribuirgli un colore sarebbe decisamente stato il verde, lo stesso colore dell'Erba.

- Resta con me, il calore batterà il gelo e il nero sparirà
 
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view post Posted on 25/4/2017, 14:18     +1   -1
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"Ti sembra forse tipo da avere allievi?" le rispose Naum, vincendo i suoi dubbi iniziali e seguendola al capezzale del dottore, quasi rassegnato. Presto qualcosa ne avrebbe risvegliato il torpore; qualcosa di insolito, imprevisto ai suoi occhi.
"Ma tu - ?" domandò non appena vide quel piccolo brandello di carta fuoriuscito dalla sua manica divenire miracolosamente affilato come un rasoio; domanda rimasta a mezz'aria - non aveva intenzione di distrarla durante un'operazione tanto delicata.
La ragazza gli sembrava decisa, determinata: gli dava l'impressione, puramente istintiva, di sapere il fatto suo, a prescindere dalla scarsa esperienza.

Non avrebbe mai potuto sapere cosa stesse accadendo frattanto nella mente del suo assistito. Ancora scosso dal dolore, da quelle fitte lancinanti di cui lui era unico artefice, si sentì precipitare nell'esperienza più sconvolgente di tutta la sua vita.
Si sentì vagare in una grande ombra nera, tra spiriti infernali e sconosciuti che sentiva richiamarne il nome.
"Chi siete?" urlò, delirante: "Chi siete? Cosa volete da me? Aiuto! aiuto!"
"Cosa sta succedendo?" chiese Naum, osservando i suoi occhi sbarrati, persi nel vuoto.
Mira diede così inizio all'operazione: un bagliore verde, dapprima flebile, poi via via sempre più intenso, inondò il petto di Matsuda, ora curiosamente calmo, rilassato, come fosse sotto anestesia.
"Funziona!" puntualizzò Naum, osservando la lacerazione chiudersi a vista d'occhio, col passare del tempo.
Terminato con successo l'intervento, si permise di poggiarle delicatamente e con garbo una mano sulla spalla, prima di alzarsi in piedi: "Dottore è pazzo, come hai già visto, ma ha visto bene: sei davvero brava.
Vado a prendere oggetti per pulire questo casino
" e detto ciò si allontanò, sparendo per un attimo in una stanza laterale.
"Ohh lo sapevo" si azzardò ad affermare il dottore quasi sottovoce, ancora supino e dolorante, massaggiandosi delicatamente la testa: "Questo è un segno divino: non potevo mai desiderare un apprendista migliore."
Sembrava che quell'esperienza avesse placato il suo stato di euforia, o forse le sostanze psicotrope da lui menzionate avevano terminato i loro effetti, questo Mira non poteva ancora saperlo.
"Aiutami, per favore" le chiese, porgendole la mano.
Rialzatosi, non potè astenersi dal farle una domanda: "Cos'è... quello che ho visto?"
Naum aveva al contempo varcato la soglia del salone, un secchio e un mocio alla mano; udendo quella domanda decise di fermarsi, curioso anch'egli di sapere cosa fosse accaduto al dottore in quegli istanti.
"Sei stata tu? E' stata... opera tua?"

Edited by Jöns - 25/4/2017, 20:32
 
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view post Posted on 26/4/2017, 13:53     +1   -1
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la curiosità e la sete di conoscenza guiderà l'animo umano fino alla fine dei suoi giorni...

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Matsuda chiamò aiuto spaventato, Naum sussultò stranito e incuriosito. Che cosa stava succedendo? Era Yusekai, il mondo degli Spettri, quella dimensione che viveva tra la realtà e l'illusione di cui solo Mira aveva le chiavi. Eppure erano tante le persone che l'avevano visitata, alcune non erano più tornate, altre avevano avuto modo di sopravvivere ma nessuno aveva mai avuto il coraggio di raccontare per intero l'esperienza che aveva vissuto. Forse perché più di non volere, non ne aveva la possibilità. La donna era lì, davanti all'uomo a cui aveva appena salvato la vita e a cui aveva per un momento rubato la mente. Gli porse la mano aiutandolo ad alzarsi e incrociò il proprio sguardo vitreo con i suoi occhi sbigottiti. Matsuda si prese alcuni istanti prima di parlare, come se avesse cercato di focalizzare i visi che aveva incontrato e riconoscere le voci che aveva sentito ma non era uno stupido, tutt'altro, e forte della lucidità riacquistata per la probabile fine dell'effetto della droga che aveva assunto, chiese ciò che in fondo era lampante a chiunque in quella stanza.
Mira si morse un labbro, era consapevole di non aver soltanto mostrato la capacità genetica di cui disponeva ma anche la tecnica che più di ogni altra cosa la contraddistingueva. Ricordò l'uomo che l'aveva salvata durante la caccia a Chouko e la fine a cui lo aveva costretto per aver udito il suo vero nome e non poté che prendere in considerazione l'ipotesi di dover ripetere l'esecuzione anche dei due che l'avevano accolta in casa loro. Strinse i pugni e sospirò nervosa chiudendo gli occhi. Quando li riaprì ritrovò la ricercata calma e fece un passo indietro passandosi una mano sui capelli lucenti. Anche Naum era tornato dopo aver recuperato un mocio per pulire il disastro rosso sul pavimento e come era ovvio rimase in silenzio per ascoltare che cosa avesse da dire l'ospite.


- Se credi che l'avermi incontrata sia un segno divino allora non sfidare gli Dei pretendendo di sapere più di quanto ti ho concesso fino ad ora. Vale anche per te.

L'ultima frase la rivolse a Naum, che nella sua professionale posizione sperò potesse comprendere quando indagare a fondo in quella storia non avrebbe portato a nulla di buono.

- Il caso, o il fato, o gli Dei appunto, hanno fatto sì che io riuscissi realmente a salvarti e ciò dimostra che fino a questo momento tu abbia avuto ragione. Penso sia sufficiente.

Provò a vagliare diverse ipotesi e diversi scenari ma tutti le sembravano portare alla medesima conclusione. Eppure Matsuda era l'insegnante giusto, lo aveva capito, e per quanto assurdo fosse aveva bisogno di lui tanto quanto lui aveva bisogno di Mira. La Madre di Kirinaki scelse la sua strada, rischiando, ma quello che aveva imparato ed era riuscita a fare in una condizione estrema come quella che aveva appena vissuto le aveva donato un importantissimo senso di appagamento.

- Hai visto quello che avevi bisogno di vedere per sopravvivere e io ho fatto ciò che era necessario affinché ti salvassi. A un dottore non serve sapere altro e un'apprendista... beh, è esattamente quello che deve fare.

Non aggiunse altro, lasciando che Yusekai stessa si placasse e richiudesse i suoi cancelli. Varnaki sarebbe stato sfamato da altra conoscenza e non poteva chiedere di meglio. A meno che Matsuda e Naum non avessero, come detto, sfidato il volere divino.
 
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view post Posted on 10/5/2017, 17:57     +1   -1
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La vide contratta, stupita, quasi attraversata da un senso di colpa. Il labbro morso, i pugni stretti, gli occhi chiusi e il respiro intenso, concentrato in un unico soffio pacificatore.
Perchè?
Poi quelle parole. Un sussulto, il volto sbigottito di Matsuda, in totale contrasto con Naum; lo avrebbe visto semplicemente con gli occhi dapprima sbarrati, per un solo istante, poi subito più sottili, guardinghi, quasi minacciosi.
Mira perpetuava in quel discorso alle sue orecchie dissennato, insano, non molto diverso da quanto avesse avuto modo di udire in quell'ultimo periodo. Con l'unica differenza che, adesso, chi le pronunciava non gli donava da vivere.
Il mocio sempre in mano, ora parallelo al suo fianco destro, le sue mani potevano sembrare un fascio di serpenti, di pitoni, la presa aleatoria, quasi fossero sul punto di reagire con rapidità al minimo, istantaneo cenno di ostilità.
Forse, celata dalle sue movenze fino a quel momento pacifiche e bonarie, accomodanti e beffarde, con lo stile proprio degl'uomini più avvezzi ad armeggiare con la vita e con tutte le più piccole meschinità della vita, solo in quel momento, forse, Mira avrebbe potuto notarlo in tutta la sua mostruosità.
Una stazza simile non poteva essere definita altrimenti: mostruosa.
Tirata all'indietro, una folta capigliatura nera che progressivamente, scendendo dalle tempie, sbiadiva sempre più sino a evolversi in un'enorme barba grigia -
grazie alla quale, forse, il suo volto già di per sè grosso sembrava ottenere davvero delle sembianze ursidi.
Grosso, veramente, ora che il suo petto era contratto, all'erta, spinto con forza all'esterno, come quegli animali a cui tanto pareva rimandare, le sarebbe apparso tale, probabilmente, da mozzarle il fiato - di stomaco, soprattutto, e di pancia, ma anche tutto il resto in fondo sembrava fuori proporzione, più grande del normale, come se fosse un uomo e mezzo.
Le mani, grandi, come pale - dimensioni ben visibili dalla sua mano sinistra, scarica e penzolante, con ogni probabilità pari a quelle della destra, sempre a cingere il mocio con quella stretta delicata.
La fronte increspata di rughe. I piccoli occhi neri piantati su quei due minuscoli specchi.
"Ma che significa?"
Senza dar minima attenzione al ringhio silenzioso del mostro che si portava appresso, Matsuda ruppe quei piccoli istanti di silenzio che seguirono il monito della ragazza.
"Mi stai dicendo che, dopo aver condiviso i miei saperi, le mie conoscenze acquisite negli anni con immani sacrifici e miracolosamente raccolte in questo luogo putrido e merdoso, come un fiore in mezzo al letame più immondo, tu non sei disposta a compiere lo stesso con me?"
Il suo tono pareva quasi smorto, come il suo viso ora pallido e rassegnato, a tratti quasi languido e commiserante.
"Lo sapevo, lo sapevo che non avrei dovuto fidarmi" concluse, avvicinandosi alla scrivania e lasciandovi cadere i gomiti, le mani portate a coprire gli occhi.
Quasi fosse sul punto di piangere.
"Sei un'ingrata... anche tu, non sei diversa da tutti gli altri..."
Non sul punto.
"Vattene via."
Imperativo fuoriuscito penoso, remissivo.
"Dottore, stia calmo adesso, e resti fermo lì." Naum sempre altero, maestoso e possente in quella sua posa d'attesa.
"Sta zitto!" gli urlò conto, voltandosi di scatto, il volto ormai completamente fradicio.
"Vattene via!" stavolta verso Mira, con l'indice puntato, prima di sprofondare il capo nuovamente tra le mani.
 
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