覚醒 Kakusei: Risveglio, [Fase 1 e 2]

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NGDR - 10° Anniversario
view post Posted on 26/2/2017, 22:14







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覚醒 Kakusei: Risveglio







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Un brivido: la parola più adatta a descrivere cosa provano, eppure ancora insufficiente.
È qualcosa che scuote dentro, a partire dal midollo delle ossa fino ad emergere sulla pelle, scorrendo lungo la peluria eretta e vibrante; fa battere i denti, tremare il cuore, piegare le ginocchia, girare la testa, attanagliare l'anima nell'angoscia improvvisa.
Dura un attimo, e l'istante successivo se ne ricordano: il sole splende ancora, l'aria riempie i loro polmoni, il sangue scorre pieno di vita nelle vene. Sì, è passata veloce come una nuvola che copre il sole ma il turbamento rimane... come un addensarsi di cupe nubi all'orizzonte, il cui grigio plumbeo fa temere per la salute del raccolto; per quanto la volta sopra le loro teste permanga tersa, i nembi tuonano nell'animo paventando tempesta.



Off || tutti i pg che possiedono l'Abilità Sensitivo dal lv. 4 in su, avvertiranno un forte disturbo energetico in atto – qualcosa di molto simile ad un'esplosione. Tenete presente che questo avvenimento affligge TUTTI i pg in gioco nelle ruolate al tempo presente in possesso del requisito specificato. || On




Edited by -Egeria- - 15/3/2020, 18:11
 
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NGDR - 10° Anniversario
view post Posted on 6/3/2017, 16:11







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覚醒 Kakusei: Risveglio








Ha quasi perso il conto dei chilometri divorati dalle sue rapide falcate: quasi, perché Mori Tadao è il capo ANBU della Roccia, e un capo ANBU non perde mai il conto. Sta di fatto che i chilometri sono davvero parecchi, ed avrebbe presto iniziato a temere di dover sconfinare pur di rintracciare l'origine dell'esplosione percepita da Chiye-sama. Ma di nuovo, usiamo il condizionale per un motivo preciso.

Nello specifico, perché Mori Tadao una traccia da seguire ce l'ha.

Certo, ha avuto bisogno di spostarsi per almeno mezz'ora prima di percepirla – complice il vento inesistente – nella direzione indicata dalla Tsuchikage, ma alla fine quella sottile puzza di zolfo ha raggiunto le sue sensibili narici: si è fermato di colpo, come tramutato in una statua di sale, mentre compiva rapide considerazioni circa l'entità e la probabile posizione della fonte, sulla base delle raffiche che trasportavano l'odore. Al suo fianco si sono presto materializzati i suoi due sottoposti, ansimando leggermente per la corsa forsennata: maschere da coyote ed avvoltoio per loro, che rendono il loro respiro affannoso un basso suono soffocato dalla porcellana. Ancora qualche istante di riflessione, ed è ripartito rapido come una freccia appena scoccata... stavolta con una meta ben precisa.

La sua corsa non avrebbe subito rallentamenti da quel momento in avanti; tuttavia i lineamenti del giovane uomo si sarebbero gradualmente corrugati in un'espressione sospettosa, preoccupata e infine decisamente corrucciata: qualunque cosa sia all'origine del disturbo, deve essere imponente. Il puzzo si fa via via più intenso, in modo esponenziale, mano a mano che il loro percorso li porta vicino all'obbiettivo: tanto forte che persino i suoi compagni iniziano a scambiarsi brevi commenti, da dietro la patina candida che copre i loro volti. Allo zolfo si sono aggiunti l'odore di terra e legna bruciati, ma non percepisce ancora ciò che teme. L'odore delle carni umane date alle fiamme è quanto di più penetrante e fastidioso si possa inalare. L'obbiettivo tacito di quella caccia, quello che Chiye-Sama dà talmente per scontato da non averlo nemmeno menzionato, è fare di tutto per evitare che quel rivoltante aroma si unisca al già sgradevole insieme.

Il trio si sarebbe inerpicato silenzioso sui fianchi scivolosi di un crinale riarso dal sole, sollevando appena piccole nuvole di polvere; approssimandosi alla cresta i tre avrebbero assunto un'andatura carponi, strisciando con cautela per non essere scorti dall'altro versante e quando fosse giunto sulla sommità si sarebbe arrestato di colpo, come fosse un sol uomo.

L'odore ora colpisce prepotente le narici dei ninja, che siano dotati di un olfatto superiore o meno, ma è quella solenne colonna di fumo nero, denso, impressionante, a catturare la loro vista.
Una lunga lingua di suolo carbonizzato si estende davanti a loro, dalla base della collinetta fino a perdersi tra le volute cariche di cenere bruciante; qui e là, tra le pietre annerite e ancora roventi, squarci rossi come melassa si aprono verso il cielo... più ampi e profondi mano a mano che vanno a immergersi nelle esalazioni acciecanti che da essi si levano incessantemente. A completare il quadretto infernale, il dardeggiare di fiamme che fanno capolino dall'interno delle fessurazioni rosseggianti di magma in lenta solidificazione. Il riverbero del calore giunge fino ai volti dei tre, che ben presto si trovano a sudare copiosamente al di sotto delle maschere di ordinanza.
“Rumiko-san, verifica immediatamente la presenza di insediamenti nelle vicinanze. Taki-san...”
La voce baritonale del caposquadra si leva attutita dalla protezione di porcellana. “... va' da Koizumi-sama e riferiscile quanto hai visto. Poi torna di nuovo qui con ordini e se possibile, con rinforzi”
L'inflessione tranquilla che Mori Tadao conferisce ai suoi ordini non tradisce alcun tipo di emozione negativa, eppure quello a cui stanno assistendo non sembra nulla con cui una squadra di tre possa avere a che fare: anche se si tratta di tre shinobi del loro livello.





Edited by -Egeria- - 15/3/2020, 18:12
 
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NGDR - 10° Anniversario
view post Posted on 21/3/2017, 22:32







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覚醒 Kakusei: Risveglio








[Iwa]

“Komurasaki”
È il verdetto di Rumiko, il volto di donna che studia intento la cartina celato dietro la maschera di porcellana: preme il dito contro la carta accuratamente dipinta, stimando in base alla posizione del sole la direzione seguita da quel fenomeno incomprensibile. “Due chilometri a sudest”.
Le dita di Mori Tadao corrono verso l'interruttore della ricetrasmittente: pochi istanti, ed ha comunicato la prossima direzione a tutte le unità presenti nel raggio d'azione del congegno; se ancora non fossero stati vicini a sufficienza, poco male... la logica li avrebbe condotti lungo lo stesso itinerario.
Procedono rapidi ma con cautela, correndo a distanza di sicurezza dal versante nord dello squarcio carbonizzato: i massi divelti offrono una discreta protezione dal calore più intenso e perché no, da qualunque cosa stia causando quel disastro; le rocce che si spaccano continuano ad essere l'unica fonte di rumore percepibile, e le orecchie dei due si tendono spasmodicamente nel tentativo di captare in tempo un eventuale segnale di pericolo. Se la logica di cui sopra non li inganna, seguendo una traccia che si interrompe bruscamente a nordovest e si prolunga in direzione sudest, presto o tardi dovranno individuare la fonte dei loro problemi: che sia una causa naturale, il che è probabile vista l'entità del danno, o che ci sia la mano umana dietro a quello sfacelo... alternativa sgradevole e preoccupante nello stesso tempo; a meno che non venga dall'esterno, e non abbia magicamente improvvisamente spiccato il volo una volta raggiunta la collinetta da cui hanno avvistato il crepaccio. Magari si è semplicemente esaurito dopo qualche chilometro... una specie di mostruoso proiettile? O forse piuttosto si tratta di uno strano fenomeno sismico: uno senza terremoti, ma con tanto fumo e rocce roventi. Più ci pensa, e meno quella faccenda appare chiara.
Devono proseguire e fornire più dettagli possibile alle altre squadre: solo unendo tutti i dati in loro possesso potranno comprendere cosa stia accadendo.

È infernale il calore, infernale l'odore, inumana la corsa lungo il crepaccio ardente e quel nome non abbandona la sua mente: Komurasaki, piccola primula. Un fiore inesistente nel deserto roccioso di Iwa, ma forse più abbondante lungo i confini a sud, dove la scabra superficie riarsa si fonde gradualmente con un terreno più generoso e fecondato dai primi corsi d'acqua, dopo chilometri di nulla.
Komurasaki... l'ultimo villaggio prima del confine, primo insediamento a punteggiare il territorio della Roccia al di là delle mura che la separano dal resto del Continente.
Komurasaki, il villaggio che non c'è.
Quando infine lo avverte, quel temuto odore, non può fare a meno di arricciare il naso per il disgusto: non ci si abituerà mai, per quanti anni possa trascorrere tra le fila dell'esercito di Iwa; i peli sulla nuca si drizzano all'istante ma lui non rallenta di un passo la sua corsa. Sente addosso l'occhiata inquisitoria di Rumiko attraverso la maschera da Avvoltoio: si è accorta che qualcosa non va anche solo guardandolo con la coda nell'occhio, e si sta preparando al peggio. Questo vuol dire essere compagni di squadra da anni, ed aver compiuto insieme innumerevoli missioni. Come se la perdita di vite umane non fosse un danno sufficiente, non sono ancora riusciti a dare una spiegazione all'accaduto: cosa narrerebbe loro quella roccia fusa, se potesse parlare?
La scarsa visibilità causata dalle coltri di fumo denso occulta alla loro vista i resti dell'insediamento, finché non si trovano nelle sue immediate vicinanze: le faville ardenti dell'incendio divampato tra le case danzano ancora nell'aria, i resti delle mura delle abitazioni crepitano consumandosi tra le labbra voraci delle fiamme. Il solco rovente ha attraversato Komurasaki senza deviare di un palmo, risparmiando solo pochissimi edifici – che presto saranno comunque intaccati dal fuoco ruggente. Improbabile trovare qualche superstite tra le macerie: i pochi sopravvissuti, se dotati di un minimo di intelligenza, avrebbero dovuto abbandonare il posto senza voltarsi indietro a diramare l'allarme ed attendere i soccorsi.
Il silenzio è totale: per quanto il Capitano si guardi intorno, non una foglia sembra preannunciare l'apparizione di ciò che loro inseguono.

“Qui Mamushi. Abbiamo raggiunto Komurasaki” mormora Tadao misurando a larghe falcate il perimetro del villaggio, guardandosi attorno con cautela per scorgere segni di movimento nei paraggi - “... è stata rasa al suolo. Non ci sono civili in vista. Richiediamo comunque l'invio immediato di squadre mediche, rifornimenti e tende da campo...” ma si interrompe di colpo, fissando qualcosa di imponente al di là del fumo pesante. Non è certo di vedere con precisione. Deve avvicinarsi per esserne certo.
“Tadao!”
Hagewashi, l'Avvoltoio, è di ritorno dal suo giro di ricognizione: l'ha preceduto di qualche decina di metri per verificare l'assenza effettiva di esseri umani ancora vivi, ed ora si avvicina in tutta fretta; rivolgen più di uno sguardo alle rovine del loro rinomato baluardo, come se volesse essere certa di qualcosa. “Tadao... le pietre, i pezzi della muraglia. Sono cadute all'interno della cerchia
“Ma cosa...”
La corsa dura pochi istanti, ed è più penosa di una settimana di allenamenti nel deserto. Ora lo vede con chiarezza, con quegli occhi che bruciano per il fumo.
Il muro di Calce, quello eretto con paziente alacrità dagli Yoton profughi di Kazan: quello che nulla avrebbe potuto danneggiare, ora mostra il suo fianco sventrato agli ANBU di Iwa. Il suo candore è irrimediabilmente offuscato dalla fuliggine, grossi blocchi giacciono abbandonati e anneriti nei pressi delle case incendiate, se non tra le abitazioni stesse.- ed a questo punto Mori Tadao sente un brivido freddo scorrergli lungo la schiena: questo va contro tutte le speranze di poter chiudere quella faccenda in modo indolore. Se quella cosa viene da fuori, come le macerie sembrano indicare...
La mano scatta verso la trasmittente, premendo il piccolo interruttore per la terza volta in quella giornata maledetta di Kami:
“Alle unità in ascolto, priorità assoluta. Informate Chiye-sama immediatamente: il muro è stato abbattuto dall'esterno.”

“La causa scatenante resta non identificata. Possibile origine esterna ad Iwa... possibile presenza della stessa ancora all'interno del territorio della Roccia. Non escludo infiltrazioni nemiche. Usate la massima cautela; richiedo autorizzazione ufficiale a procedere oltre il confine. Destinazione Paese dell'Erba: resto in ascolto.”




[Kiri]

Rotta verso il Paese delle Onde: è in quella direzione che i freddi occhi di Natsu sono puntati, da prima ancora che la leggera barca salpasse dal porto di Kiri. Il vento gonfia con decisione la vela, il sartiame vibra teso per lo sforzo di trattenerla al suo posto; a bordo regna il silenzio più totale, frustato dalle raffiche mai paghe di brezza marina. A mala pena sbattono le palpebre quando uno spruzzo di acqua salsa li schiaffeggia, mentre procedono spediti verso est.
All'orizzonte nulla di strano: il cielo si estende azzurro al di sopra dei flutti agitati, incommensurabilmente alto, mentre l'imbarcazione beccheggia sollevando schizzi con la prua slanciata. Ci sarebbero volute poche ore per raggiungere il porto della loro meta, con quel vento a favore; cosa tuttavia debbano aspettarsi dal Paese delle Onde, è arduo da stabilire. È un'alleanza solida quella che lo lega a Kiri, e nessuna avvisaglia di eventuali cambiamenti di rotta politica hanno raggiunto le orecchie del Mizukage di recente.

Ciascuno cova dentro di sé i propri pensieri mentre la giunca saetta tra le onde, finché all'improvviso una nuvola bassa e scura si profila all'orizzonte: viene da sud... e si muove controvento.

Tre paia di occhi, inclusi quelli dell'ANBU calvo al timone, si fissano nella direzione dell'oggetto anomalo e tutte e sei le pupille non l'abbandonano un istante, mentre la massa si fa sempre più ampia e vicina: “Uccelli?” mormora finalmente la voce femminile di Hinokawa da dietro la maschera di porcellana.
In qualsiasi altro contesto frequentato abitualmente dalla donna, un'affermazione del genere avrebbe suscitato i peggiori commenti... ma non in un momento del genere, non all'interno di una squadra d'élite, non finché Natsu fosse stato preda di una simile tensione: la sua austerità spira pericolo da ogni poro da quando ha percepito quella colossale anomalia esplodere. Una battuta potrebbe benissimo causare la sua, di esplosione, sotto forma di una lama nella carotide.

Dove non è più nebbia, ora sono le ali dei volatili a coprire il sole: gabbiani, sule, fregate e decine di specie sorelle stridono a pieni polmoni e sbattono le ali, lottando contro le raffiche contrarie, pur di allontanarsi da qualcosa.
Il silenzio cala nuovamente sulla barca, come i flutti farebbero su una nave appena affondata: stavolta gli occhi dei tre non sono puntati verso est con la stessa certezza che avevano in precedenza; lo stesso Natsu, nonostante le sue abilità lo guidino senza margine di errore verso il Continente, lancia sguardi frequenti e non certo brevi nella direzione da cui proveniva lo stormo. Presto i volatili avrebbero raggiunto Kiri e il suo arcipelago, suscitando non poche domande nei pescatori, acuti osservatori dei fenomeni naturali.
Nel mentre, gli sembra proprio che una lievissima foschia grigiastra si stia levando proprio da sud.
Potrebbe essere un altro stormo.
Una tempesta... no, improbabile. Quale vento potrebbe sospingerla?
A meno che i venti non siano diventati folli al pari degli uccelli, e non stiano spirando aria di guai, prendendosi gioco dei presagi di pescatori e secoli di saggezza popolare di una razza votata al mare.






Edited by -Egeria- - 15/3/2020, 18:13
 
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NGDR - 10° Anniversario
view post Posted on 10/4/2017, 20:31







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覚醒 Kakusei: Risveglio







[Iwa]

Gli occhi vuoti di Hagewashi fissano la maschera priva di espressione della Vipera, mentre l'uomo solleva una mano e porta due dita all'altezza dell'orecchio, inclinando il capo per ascoltare meglio: devono esserci nuove comunicazioni dalla Roccia. Lo vede annuire, mormorare qualcosa di indistinto attraverso la maschera di porcellana e infine lasciar ricadere il braccio lungo il fianco.
Le orbite piene d'ombra scrutano un'ultima volta l'infernale paesaggio che li circonda, prima che Tadao rivolga un breve cenno alla sua collega ed ambedue spariscano inghiottiti dal fumo, come due yokai evanescenti.
Taki?
Ci raggiungerà appena possibile” - un breve scambio di battute mentre i due continuano la loro corsa silenziosa: un'avanzata particolarmente cauta, rapida, sottovento, mentre i due approfittano delle fumarole ancora accese per dissimulare la loro presenza.
Il Paese dell'Erba è sì uno Stato-cuscinetto che li separa dal Paese del Fuoco, ma ciò non vuol dire che sia saggio farsi cogliere in bella vista, nei pressi del luogo di un disastro; Kusa no Kuni è un'amena distesa verdeggiante, un posto da favola per gente del deserto roccioso, un luogo meravigliosamente pianeggiante... in cui una colonna di fumo di quell'entità risulta perfettamente visibile a chilometri di distanza. Il realismo suggerisce che le sentinelle alla frontiera del Paese del Fuoco l'abbiano notata senza troppo sforzo, così come quell'ondata di energia spaventosa... questo sempre che non sia la stessa Foglia ad aver innescato quel disastro; ciò vorrebbe dire che si tratta di una provocazione palese, il che porta a temere che presto potranno essere sotto tiro: non ha senso spaccare un muro, se non c'è nessuno pronto a lanciarsi dentro al varco. Per fortuna Chiye-sama ha compreso immediatamente il rischio che corrono, e a quest'ora Komurasaki – o meglio, quello che ne resta – di certo pullula di shinobi armati fino ai denti e pronti a dar battaglia.

La brezza delicata piega gli steli della prateria e spinge il fumo rasoterra, rendendo la respirazione difficoltosa ma donando loro una copertura inaspettatamente efficace; all'improvviso tuttavia Hagewashi scarta di lato e per poco non va a scontrarsi con Mamushi, il quale le lancia un'occhiata in tralice, sospettoso e allarmato; il sospetto aumenta quando con la coda dell'occhio percepisce un vuoto, in luogo della compagna che corre alle sue spalle.
I lineamenti dell'uomo si contraggono al di sotto della maschera: pianta il tallone destro a terra e compie mezzo giro su sé stesso, le mani pronte a comporre i sigilli di una jutsu difensiva, ma si rende subito conto che Rumiko sta benissimo.
Tadao, devi vedere una cosa!
Nessuno li sta attaccando.
La giovane donna è china una decina di passi dietro di lui, e sta esaminando una curiosa roccia conficcata nel suolo: da come l'erba è piegata sotto di essa, si deduce che dev'essere caduta dall'alto ed anche di recente. Le bruciature che ne anneriscono la superficie potrebbero avere qualcosa a che fare con quella strana eruzione; per di più si mostra essere molto, molto calda al tatto. Peserà almeno una sessantina di chilogrammi, e la sua forma fa escludere del tutto che si tratti di un elemento di origine naturale: è squadrata con cura, ed esaminandola da vicino presenta una fascia larga un palmo decorata a bassorilievo sotto lo strato di fuliggine.
Quei simboli non assomigliano a nessuno mai visto ad Iwa: Tadao scommetterebbe la sua licenza ANBU che Rumiko sta pensando esattamente quello che pensa lui, mentre avvicina le dita inguantate agli strani glifi per esaminarli.

Una scintilla azzurrognola si accende all'improvviso sulla pietra, ronzando sommessamente.

Si è già spenta un istante dopo, tempo comunque sufficiente per i due militari di portarsi precipitosamente a distanza di sicurezza, acquattati nell'erba alta; da lì restano a fissarla in silenzio, per diversi minuti, senza muovere un muscolo.


[Kiri]

Garriti, stridii, grida, gracchiare, richiami rauchi e pigolii acuti, incessanti, martellano le orecchie esauste dei garzoni al porto di Kirigakure no Sato, e non solo quelle dei garzoni... ma anche quelle di tutti gli incauti che avvistato lo stormo, hanno deciso di ignorarlo e continuare a fare quello che facevano fino a quel momento.
Cinque minuti dopo il selciato delle banchine si è ricoperto di un sottile strato di guano scivoloso, biancastro, con vaghe striature verdognole o grige, che invece di asciugare si mischia con l'umidità della nebbia e diventa persino più sdrucciolevole di quanto non sia di per sé; neanche il cielo è sicuro date le incursioni di gabbiani e cormorani, che non si fanno problemi a calare in picchiata sulle ceste di pesce esposte al mercato. L'unione fa la forza, e lo stesso istinto che porta la colonia ad attaccare in massa quando il predatore si accosta ai nidi, spinge le creature alate ad aggredire qualsiasi essere, sia esso quadrupede o bipede, che osi incamminarsi tra le vie del porto.
I ninja sembrano avere più fortuna dei comuni mortali: grazie alle loro jutsu riescono a tenere a distanza i volatili impazziti, in modo da poter portare a termine le loro commissioni o terminare i loro incarichi... ma di certo non avrebbero taciuto la strana situazione, una volta giunti a fare rapporto presso il Palazzo del Mizukage.

Non si è mai vista a memoria d'uomo una cosa simile, neanche durante il periodo delle migrazioni stagionali. È insensato che avendo a disposizione un intero arcipelago, i volatili si siano precipitati in massa nell'unica isola densamente popolata nel raggio di miglia marine... è semplicemente folle. Equivale a gettarsi tra gli artigli del falco, o deporre le uova alla mercé di ratti e volpi.
Trascorre il tempo, la giornata invecchia e gli uccelli, sempre più numerosi e affamati, iniziano a sorvolare il centro del Villaggio anziché cercare cibo in mare: li attira l'aroma dei pasti umani, il lezzo proveniente dagli scarti domestici e la promessa di protezione offerta dalle chiome degli alberi dei parchi. I gabbiani sono i peggiori di tutti: si aggirano per le strade, tronfi e impettiti, come se si trovassero a casa loro; vuotano i sacchi di spazzatura con una meticolosità diabolica, spargendo metodicamente ogni rifiuto al suolo e contendendosi ogni misero grammo di cibo abbandonato dagli umani incauti.
Quanto ci vorrà, prima che inizino ad attaccare ogni singolo passante che rechi borse o sporte tra le mani?





Edited by -Egeria- - 15/3/2020, 18:13
 
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NGDR - 10° Anniversario
view post Posted on 18/4/2017, 12:28









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覚醒 Kakusei: Risveglio






[Suna, avamposto meteorologico]

“Non era prevista”
Komatsu Yoichi si aggira nel suo ufficio, camminando avanti e indietro come un'anima in pena: ha le mani intrecciate dietro la schiena e le spalle curve in avanti, postura tipica di chi rimugina qualcosa. Ogni volta che passa davanti all'ampio oblò che illumina il suo studio, scuote la testa sconsolato e torna a consumare il pavimento in arenaria giallastra.
La sabbia all'esterno impatta violentemente contro il vetro spesso, producendo un fruscio costante all'interno della stanza. Non è che sia questo gran disturbo all'udito, ma Yoichi sa perfettamente che razza di baraonda deve esserci all'esterno: vento che ulula, granelli che schizzano in tutte le direzioni tanto forte da seppellirti vivo. Solo un pazzo si addentrerebbe nel deserto, con un tempo simile.
La scrivania del suo ufficio sopporta stoicamente dozzine di cartine, grafici e calcoli; accanto ad essi, una radio produce un sommesso rumore bianco. Il microfono pende mestamente dal piano di pegno, dondolando appeso al suo cavo: colpa di uno scatto d'ira del meteorologo, nel momento in cui si è reso conto di non riuscire più a comunicare con Suna.
Li avrà avvertiti in tempo?

Quella tempesta non era prevista.
Non era prevista...
Non era assolutamente prevista!
La mente paralizzata dall'impotenza, non riesce a fare altro che sbuffare e guardare fuori dalla finestra, ripercorrendo con la memoria gli ultimi minuti prima che la furia degli elementi si abbattesse sull'osservatorio: la mattina tersa, l'arancio splendente del sole che emerge dall'orizzonte sabbioso del deserto come un enorme bicchiere pieno di succo di carota; la volta celeste blu intenso del mezzogiorno infuocato e poi, appena il sole ha oltrepassato lo Zenit, quella specie di colonna di fumo che è esplosa verso l'alto.
L'aveva intravista con la coda nell'occhio, mentre compilava i suoi registri dei dati: laggiù, all'orizzonte, qualcosa di opaco contro l'aria tremolante per il calore. Se fosse stata più diffusa, avrebbe capito subito che si trattava di sabbia... ma come avrebbe potuto? Cosa mai avrebbe potuto produrre un'esplosione simile, con una gittata di detriti così ampia?
Fatto sta che dopo la prima manifestazione, una specie di larga cupola di foschia aveva iniziato ad allargarsi alla base della colonna, aumentando sempre di più, sempre di più... quando finalmente ha capito di cosa si trattasse, ha immediatamente inviato un messaggio radio al Villaggio, ma tuttora non è certo di quanto e cosa abbiano recepito dall'altro lato dell'apparecchio.

Tempesta anomala – questo ha detto, anche se nessuna tempesta inizia sparando sabbia verso l'alto.
Tempesta anomala in rapido avvicinamento, intensità: fuori scala.
Diramare l'allarme, dite ai civili di restare chiusi in casa e non uscire per nessun motivo.
Ed ora non resta che aspettare.



[Konoha, settore sud]

“Come sarebbe a dire, la sorgente è secca?!”
La guaritrice solleva gli occhi grigi e opachi verso il volto del quattordicenne, fissandolo da sotto in su con l'aria di una che non riesce ad afferrare il concetto - “La sorgente non si è mai seccata. Portatemi dell'acqua!”
Alle sue spalle una bambina di tre anni circa, il volto arrossato e congestionato, riattacca a piangere dopo una breve pausa per riprendere fiato: tiene il braccino destro sollevato, rigido e tremante. Una terribile ustione deturpa l'epidermide a partire dal palmo della mano, estendendosi fino al gomito.
“Come hai detto che è successo?”
Una voce maschile ruvida, ma calma e profonda si leva dall'ingresso della capanna: un uomo sulla sessantina, dalle spalle ampie e la statura imponente, ha occupato la soglia e si fa strada a grandi passi verso il centro della stanza; il ragazzotto sbuffa, si passa una mano tra i capelli lasciati sciolti sulle spalle e poi le scrolla, apprestandosi a ricominciare daccapo il racconto per l'ennesima volta.
“Io e Motoko siamo usciti a prendere acqua alla sorgente” esordisce, spostando il peso da un piede all'altro. Neanche la presenza autoritaria del Capovillaggio sembra mettergli soggezione, ma l'omone non sembra risentirsene: è assai probabile che sia una reazione di difesa, dovuta a uno spavento più grosso di quanto il giovane non sia disposto ad ammettere.
“E niente, mano a mano che camminavamo faceva sempre più caldo. Le foglie degli alberi erano avvizzite, quasi non si respirava... e la sorgente l'abbiamo trovata secca” spiega, lanciando un'occhiata in tralice all'anziana, che sta masticando erbe curative impastandole con la propria saliva. La vede scuotere la testa, ancora incredula. “A quel punto siamo tornati indietro, eravamo a metà strada, e poi è sbucata quella lanterna volante...” - a questo punto le sopracciglia del capo si aggrottano, denotando una certa perplessità.
“Cioè... non era una lanterna lanterna. Non c'era il paralume, era come un fuocherello azzurro che sta sospeso in aria”
“Hitodama” sussurra con voce carica di timore la giovane assistente della guaritrice, facendo gli scongiuri; il capo solleva una mano in segno di ammonizione: desidera che il ragazzo termini il racconto senza interruzioni, e quello si affretta a farlo - “Io le ho detto di non toccarlo, ma lei non mi ha ascoltato... e appena ci ha messo la mano sopra, la manica ha preso fuoco come se fosse impregnata di olio combustibile. L'ho dovuta tagliare via col coltello prima che bruciasse tutto il vestito” termina lui, estraendo dalla tasca un coltellino a serramanico e mostrandolo nel palmo aperto della mano, il petto in fuori, ostentando sicurezza nonostante l'arto tremi palesemente. La pelle delle dita è annerita dalla fuliggine, così come la lama che sta mostrando al capo.

Quest'ultimo schiude le labbra come per replicare qualcosa, ma uno schiamazzo improvviso dall'esterno attira la sua attenzione: un gridare di uccelli misto al frullo d'ali di centinaia di esemplari in volo, tanto numerosi da oscurare la luce del sole per qualche istante, e subito dopo le prime grida: “AL FUOCO! IL BOSCO BRUCIA!”




Edited by -Egeria- - 15/3/2020, 18:13
 
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NGDR - 10° Anniversario
view post Posted on 22/4/2017, 01:50









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覚醒 Kakusei: Risveglio







[Baia di Odayakai, quindici chilometri a sud del villaggio di Kirigakure]

«Qual è il conteggio delle vittime?»
L'incaricato era giunto il prima possibile, ma per arrivare fino a Kiri con un messaggero, riferire la notizia e tornare al piccolo villaggio -o quel che ne restava- erano state necessarie più di tre ore. Un tempo lunghissimo per i feriti che necessitavano di cure urgenti, ma sufficienti perché il capovillaggio potesse rispondere alla domanda del burocrate inviato dal Mizukage.
«Ventisette morti, signore. Quindici i dispersi, due pescherecci che erano usciti questa mattina. Di una delle barche abbiamo trovato i resti sulla spiaggia portati dall'onda, ma nessun superstite... O corpo.»

Diligentemente, Makuhito Hiroda annotò sul suo taccuino quelle cifre. Senza alzare gli occhi dalla carta continuò a domandare.
«Quindi, mi ripeta esattamente quello che è successo. Un'onda anomala, giusto? Quanto era alta?»
L'uomo annuì, togliendosi una macchia di fango dalla faccia. Nonostante il suo ruolo di capo che gli conferiva la possibilità di indossare un kimono di buona fattura, egli non aveva avuto esitazioni e si era immerso nel fango e nei detriti per contribuire come poteva. Era inzaccherato fino alle ginocchia e ai gomiti, ma i suoi occhi neri mantenevano una solenne dignità anche nella disgrazia che aveva colpito il suo villaggio.

«Esatto. Doveva essere di trenta metri almeno. Abbiamo visto l'acqua ritirarsi e abbiamo immediatamente suonato l'allarme, ma era giorno di mercato e c'è stata molta confusione... Non eravamo preparati, non si sono mai verificati tsunami in questa parte della costa, normalmente la baia rifrange le onde maggiori... Non per niente il villaggio si chiama Odayakai, "Mare Calmo"...»

Makuhito annuì, annotando quelle cifre e sottolineando la mancanza di un piano di evacuazione efficace per il villaggio. Poi sospirò, lentamente, come chi si prepara a qualcosa di molto pesante, e alzò gli occhi verso la scena di fronte a loro.
Quello che fino a poche ore prima era un paesello di mare piccolo ma florido si era trasformato nello scenario di un'apocalisse. Lo tsunami aveva raso al suolo il porticciolo, le case e tutti gli edificini fino a duecento metri dalla riva. Ironicamente, la torre campanaria si ergeva ancora, malconcia e prossima a cadere, con quel mozzicone di batacchio che la furia dei flutti non aveva strappato via.
I corpi delle vittime stavano venendo allineati e coperti come meglio si poteva, mentre i feriti attendevano i soccorsi, soffrendo nel fisico e nell'anima.
Era una tragedia da cui Odayakai non si sarebbe ripreso.

«Signore... Posso chiedere una cosa?»
L'incaricato stava guardando le altre vittime dello tsunami: pesci, granchi, molluschi di ogni tipo, spiaggiati e morenti perché impossibilitati a tornare in acqua con le loro forze. Annuì, distogliendo lo sguardo da una tartaruga marina con una zampa strappata che probabilmente sarebbe morta dissanguata prima di riuscire a trascinarsi fino al mare.
«Prima la migrazione degli uccelli... E ora lo tsunami... Lei crede che siano solo coincidenze?»

Makuhito strinse più forte il suo taccuino, distogliendo lo sguardo dagli occhi del capovillaggio e tornando a guardare il mare, che dopo tanto massacro se ne stava lì, placido e fintamente innocente.

«Ma certo. La natura è imprevedibile, Ota-san. Di fronte a tragedie del genere possiamo solo rimboccarci le maniche e alzarci di nuovo in piedi.»

Sembrava un discorso imparato a memoria, e il capovillaggio non si mostrò particolarmente convinto. Ma aveva imparato a non chiedere una seconda volta, in questi casi.
Di sicuro, se stava succedendo qualcosa al largo di Kiri non avrebbero tardato a scoprirlo.


[Yu no Kuni, Ospedale Maggiore]

«Presto, le bende, veloci!»
«Mizuki-san, le abbiamo finite!»
«Non è possibile! Corri in magazzino, subito! Prendi anche tutti gli unguenti che trovi!»

L'infermiera annuì e scattò alla massima velocità concessa dagli zoccoli bianchi d'ordinanza che il personale di servizio indossava. Mizuki Kuno, la quarantaduenne caposala, approfittò di quel momento per riprendere fiato e guardarsi attorno.
Il Pronto Soccorso era gremito. Normalmente quell'ospedale era attivo, ma mai sovraffollato, e vedere così tanti pazienti le riempiva il cuore di angoscia.
Così tanti ustionati da perdere il conto. Uomini, donne, bambini, anziani; i più gravi avevano avuto diritto a un letto, mentre chi al momento era solo febbricitante o disidratato sedeva su panche, sedie, sgabelli improvvisati.

Si asciugò le mani sul camice e, con un peso sul cuore, iniziò a girare fra brande e lettini. Avevano tirato fuori tutti quelli che l'ospedale possedeva, e c'era poco spazio per camminare. L'aria era pesante per l'odore di corpi ammassati in uno spazio stretto, e aprire le finestre era servito solo a mitigare un po' la puzza di umanità e prodotti chimici.

«È successo all'improvviso» stava raccontando un anziano dalla pelle rossa come un'aragosta bollita. Teneva sua moglie per mano, le braccia che si protendevano nello spazio che separava le due brande. In un momento d'emergenza, separare maschie e femmine era parsa un'idiozia.
La donna, ancora più rossa del marito, aveva gli occhi chiusi e respirava piano. Le gambe minute e secche che sporgevano dallo yukata celeste che era la "divisa" dei pazienti erano coperte di bolle e vesciche, molte già esplose e sanguinanti.
Il marito invece aveva abbastanza energia per raccontare ai due giovani al suo capezzale, probabilmente la figlia e il genero, cos'era successo in quella mattina infernale.
«Eravamo alle terme, le solite, sai, quelle dove ti portavo da piccola a fare il bagno... La mamma era al centro del lago, io stavo prendendo il sole con i piedi a bagno... Queste dannate giunture fanno sempre più i capricci...»

Mizuki si avvicinò discretamente. Aveva già sentito diverse storie e resoconti, e nonostante la differenziazione geografica tutte avevano lo stesso punto in comune, lo stesso che l'anziano stava raccontando.

«Improvvisamente sento caldo. Più caldo, intendo. Guardo l'acqua, sembra tutto normale... Poi mi rendo conto che la dannatissima acqua stava diventando troppo calda. Troppo! Inoru era ancora al largo, le lancio un urlo, le dico di rientrare... E lei lo fa, ma l'acqua stava già bollendo!»
Gli occhi terrorizzati dell'uomo che stava vedendo sua moglie bollire viva erano la prova che Mizuki cercava. Anche i due anziani coniugi avevano subito la stessa sorte delle decine di pazienti giunte quel giorno.
Non avevano ancora trovato una spiegazione, solo altri feriti, ustionati, morti, tutto perché le sorgenti termali avevano raggiunto temperature mostruosamente alte nel giro di pochi minuti.
«Ma tua mamma è forte... Vero cara? Ha continuato a correre verso di me... Io sono entrato in acqua, le sono andato incontro, faceva malissimo, ma porco cane, non sono arrivato a sessantaquattro anni di matrimonio per vedere la mia Inoru fare la fine di un gamberetto. Eh, cara?»
Si voltò verso la donna a cui stringeva la mano, ma che non reagì in alcun modo.
«Ohi. Inoru! Sveglia! Inoru!»
La figlia si alzò di scatto e corse a scuotere la madre, ma Mizuki aveva visto abbastanza da capire che le ustioni, ben più estese di quelle che l'orlo dello yukata lasciavano mostrare, erano state una prova troppo grande per quel corpo anziano e fragile.

Deglutì, voltando la schiena al dolore dell'ennesima famiglia che urlava e piangeva, rendendosi conto della verità.
Il suo lavoro non era consolare i morti, ma evitare che i vivi lo diventassero. E la sua assistente stava tornando dal magazzino con le braccia cariche di bende e medicine.
Doveva rimettersi al lavoro.




Edited by -Egeria- - 15/3/2020, 18:14
 
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NGDR - 10° Anniversario
view post Posted on 25/4/2017, 17:19









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Evento


覚醒 Kakusei: Risveglio







[Coste del Paese della Cascata]

Immersi fino alle ginocchia in un'inquietante mistura nero pece, i marinai piegano le schiene e gonfiano i muscoli delle braccia, mentre i pescherecci scivolano in secca con gran fatica sui tronchi usurati; ogni tanto uno di essi si terge il sudore dal viso o sposta dalla fronte una ciocca di capelli, aggiungendo nuove chiazze color seppia alle cupe maschere da guerra già impiastrate sui loro volti spaesati. Fino a due settimane prima quelle acque, frementi nel loro blu profondo, donavano pesce in abbondanza: l'avevano sempre fatto, e non c'era mai stato motivo di temere che un giorno averebbero smesso; poi le reti a strascico hanno iniziato a riempirsi di bestie morte, e quattro giorni dopo le spiagge sono sparite sotto un immane deposito di carne lasciata a marcire.
Le anziane avevano detto che non è infrequente che i cetacei perdano la strada e vadano a morire sulle rive, tuttavia non in questi numeri, né mantecati di quel bieco catrame: deve aver riempito i loro occhi ed otturato gli sfiatatoi, costringendoli in massa ad una morte lenta e atroce mentre le loro viscere soffrivano per la mistura ingerita assieme alle loro prede naturali.
Ammassare i cadaveri e dar loro fuoco è compito di donne e ragazzi, da farsi alla svelta, o il putridume porterà ulteriore peste ai villaggi già provati: consumeranno le scorte, in attesa che qualunque cosa sia, quel fenomeno passi in fretta come fanno le mareggiate, durante la cattiva stagione.
Nel frattempo in lontananza, le vele spiegate di una manciata di giunche spariscono all'orizzonte: delle frecce di speranza sul mare nero, alla ricerca di un mare ancora pulito dove poter gettare le reti per nutrire tutte le bocche che li aspettano a casa.


[Paese dell'Erba, prossimità del confine con la Roccia]

*sssssssssssssffffffffzzzzzzzz*

Infastidito, Mamushi picchietta un paio di volte sulla trasmittente senza costrutto: il rumore bianco persiste ostinato, tagliandolo fuori dalle comunicazioni col suo collega in arrivo. “Che succede?” sussurra Hagewashi, voltando la maschera dagli occhi vuoti verso quella del compagno - “qualcosa disturba le comunicazioni. Taki sta arrivando con una squadra di supporto, appena raggiunto Komurasaki proseguirà per unirsi a noi” le comunica a fior di labbra, mentre ambedue fissano il grosso frammento di pietra che ha provocato tanto scompiglio tra gli imperturbabili ANBU della Roccia. La donna annuisce in silenzio. “Mi chiedo se sia saggio restare qui impalati, nonostante tu...”

*---ADAO!*

L'uomo le fa bruscamente cenno di stare zitta, la meno che scatta di nuovo verso l'auricolare: “Taki?! Taki, mi ricevi?”
Interminabili secondi si susseguono, istanti eterni di silenzio e attesa, prima che il grido dello Sciacallo perfori un timpano al caposquadra in ascolto - “---ARME! NON PO---AMO TRATTENERLO! DEVI A---SARE CHIYE SA---”
La Vipera diventa di pietra, impreca tra i denti, sfiora coi polpastrelli le minuscole rotelline sul retro dell'apparecchio di ricezione mentre continua a ripetere il nome del compagno di squadra: il ticchettio è appena percettibile, ma alle orecchie dei due suona come il fragore di una frana in alta montagna. Lo sguardo vuoto degli occhi di Hagewashi, una statua anch'essa, è più pesante di qualsiasi pietra caduta dal cielo. Ha capito che qualcosa non va ma non osa chiedere. Non osa parlare. Aspetta, come attende lui, un suono – una sillaba, un fiato, che renda quel presagio meno terrificante di quanto non appaia...
Finché un tuono mostruoso non erompe strepitando dal ricevitore, tanto che l'ANBU lo strappa dall'orecchio facendolo schizzare sull'erba alta, e da lì anche la donna può ascoltarlo: il rotolare di mille macigni impazziti misto al ringhio di un vulcano e all'urlo di un'enorme bestia assatanata.
Niente, niente di minimamente paragonabile a qualsiasi cosa abbiano mai potuto udire in vita loro.

*sssssssssssssffffffffzzzzzzzz*




Edited by -Egeria- - 15/3/2020, 18:14
 
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NGDR - 10° Anniversario
view post Posted on 2/5/2017, 11:39







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Evento


覚醒 Kakusei: Risveglio







[Paese della Cascata, coste Nord]

La Balena Sculettante era solo l'ennesimo peschereccio che tornava in porto vittima dello stesso fenomeno. Il nome altisonante faceva ridere su una barchetta del genere, ma il suo equipaggio era composto solo da esperti navigatori, gente che conosceva il mare e i suoi segreti, che ci aveva vissuto e lavorato una vita intera.
Come loro, anche le precedenti sei navi avevano dovuto effettuare un ritorno d'emergenza, anticipando il rientro di ore o giorni addirittura. Tutte, indiscriminatamente, presentavano gli stessi preoccupanti segni: chiazze nere, sul ponte e sullo scafo, sui marinai e sulle bandiere.
Tutti raccontavano di una mefitica pioggia nera che aveva colpito all'improvviso, dopo che il cielo si era rannuvolato. All'inizio avevano pensato a un'eruzione vulcanica sottomarina, o un altro fenomeno naturale... Ma quando le prime gocce erano cadute si erano rivelate appiccicose, dense, sporche come vero e proprio inchiostro. Più di una persona era stata colpita negli occhi o in bocca e aveva avuto bisogno di immediato soccorso.

Heriko si era salvato, ma aveva l'animo pesantemente scosso. In piedi sul molo, fumava nervosamente la pipa e attendeva Asami, la sorella minore, che fortunatamente non si fece aspettare troppo.
La ragazza gli corse incontro e lo abbracciò forte, ed Heriko ricambiò con un trasporto che non gli era solito.

«Stai bene? Quando le prime navi sono tornate e tu non c'eri ero così preoccupata!»
«Sì... Sì, sto bene... Maki si è beccato roba negli occhi ma per fortuna i medici hanno detto che non perderà la vista.»
«Meno male...»

Ci fu un attimo di silenzio, carico di una domanda pesante che nessuno dei fratelli aveva il coraggio di fare. Fu Heriko infine a spezzare la tensione.
«La barca di Ari..?»
La sorella scosse la testa. Ari era la terza sorella, la maggiore, ma il suo mercantile "Il totano allegro" non aveva ancora fatto ritorno.
«Non si è visto... Tu sai qualcosa?»
Heriko deglutì. Non sapeva se dirlo o meno, ma alla fine decise che la più piccola meritava di sapere la verità.
«L'ho... Sentita per radio, eravamo nella stessa lunghezza d'onda. Ha lanciato un SOS mentre la pioggia ci colpiva, ma il segnale era disturbato. Parlava di onde anomale e una gran marea nera...»
Asami sgranò gli occhi e puntò il dito verso il molo.
«Come quella?»
Nel porto cadde il silenzio, mentre le onde color pece si facevano strada, con lentezza esarcerbante, verso la spiaggia e i suoi occupanti.
Della barca di Ari non si sarebbe più saputo niente, e come lei molte altre imbarcazioni avevano fatto perdere le proprie tracce. Unico, ennesimo segno che qualcosa non andava, era quella marea nera e vischiosa che copriva ogni cosa.


[Paese del Suono, campagne orientali]

«Signore, signore ne abbiamo trovati altri!»
Il drappello di esploratori tornava correndo verso il leader della spedizione, in sella al suo cavallo al centro del sentiero. L'uomo abbassò i gelidi occhi viola sui tre scout, uno dei quali portava in braccio una specie di grosso bozzolo biancastro.
«Rapporto, Koizumi-san. Con ordine.»
La sentinella annuì, prese un respiro profondo per calmarsi dopo la corsa, e si schiarì la voce.
«Le prove sono consistenti con quelle già raccolte nel territorio precedentemente esplorato.» Kakobi-dono amava il linguaggio tecnico e preciso, e chiunque lavorasse con lui doveva imparare a utilizzarlo. «A novecento metri nord-nordovest dalla locazione attuale, sono stati rinvenuti altri sette oggetti sopracitatamente denominati "bozzoli". Il loro contenuto...»
Il superiore lo interruppe arricciando le sopracciglia.
«"Sopracitatamente?" No, no, vai avanti.»
«Emh... Sì... Dicevo, verificato il contenuto, abbiamo constatato che i dispacci dei nostri colleghi e le precedenti esplorazioni sono, appunto, consistenti con il ritrovamento. Questa volta sono conigli, signore.»


Si voltò e fece un cenno alla sentinella con il bozzolo, che venne avanti mostrandola al leader. Sembrava, all'apparenza, uno strano vaso d'argilla bianca, striato e di forma ovale. Ricordava i bozzoli, per l'appunto, dove i bruchi si chiudono per fare la muta e trasformarsi in farfalle... Peccato che, dalla spaccatura che era stata fatta su un lato dell'oggetto, si poteva vedere che non conteneva affatto un bruco, ma un coniglio dal pelo fulvo con gli occhi completamente bianchi. I muscoli dell'animale erano contratti e tesi, e la sentinella abbassò gli occhi sulla creatura nella sua bara bianca.

«Anche questo sembra aver sofferto molto, signore... Come le mucche, le anatre, i cervi...»
Kakobi alzò una mano per interromperla.
«Arako-san, non mi serve un perito etologico, dimmi solo degli occhi.»
La giovane donna era cresciuta in una famiglia di allevatori, e non poteva restare totalmente indifferente quando vedeva i segni di una morte violenta e dolorosa su un animale. Ma Kakobi era il suo superiore e lei gli doveva obbedienza, quindi annuì e girò il coniglio in modo che gli occhi bianchi fossero più visibili all'uomo a cavallo.
«È lo stesso fenomeno, signore. Come quei contadini di cui ci hanno riferito... Possiamo supporre con un buon margine di sicurezza che la stessa nebbia di cui ci hanno parlato abbia colpito anche questi animali, intaccando le loro cornee e rendendoli ciechi. Vede? È come se avesse una patina spessa sugli occhi...»

Kakobi annuì con aria grave, e alzò gli occhi verso il sentiero. Un giorno di cammino, e sarebbero tornati a casa. A quel punto avrebbe dovuto riferire che sì, anche il Paese del Suono stava subendo qualcosa di molto strano, molto inatteso... E molto pericoloso.
Le terre Ninja erano ufficialmente sotto attacco. Ma di cosa?


[Rovine, scavi inferiori, profondità: 18m ]

Satoshi teneva gli occhi sbarrati sul gruppo di incappucciati che stava trascinando via Heiji, scalciante e urlante. Con una mano sul petto del figlio Hajime, sentiva il cuore del ragazzo battere e scalciare, a pari ritmo col suo.
Stava andando tutto così bene, maledizione. Hajime aveva avuto l'illuminazione che aspettavano, e aveva condotto la squadra di ricerca nel punto giusto. Avevano scavato, e finalmente, finalmente avevano trovato le rovine tanto agognate. Un successo! Mesi e mesi di studi, calcoli, fallimenti, eppure ce l'avevano fatta!
Erano scesi con torce e attrezzatura, e soprattutto con la giusta dose di cautela e rispetto che si doveva a costruzioni tanto antiche... E pericolose. C'era il potere, racchiuso tra quelle pietre, Satoshi lo sentiva. Aveva studiato quei segni tutta la vita, era più che capace di riconoscere la potenza di un sigillo del genere.

Prima che potessero raccogliere campioni e iniziare le analisi, però, erano arrivati loro. Cinque figure ammantate e incappucciate, non si capiva se uomini, donne o mostri di altro tipo. Li avevano spintonati e bastonati per farli allontanare dal centro della sala, malgrado le proteste e le implorazioni.
Satoshi, in quel momento di terrore, aveva solo potuto proteggere il figlio -ventottenne, ma pur sempre il suo bambino- e restare impietrito a guardare mentre il più alto di loro eleggeva Heiji per... Qualcosa.
Il suo collega non era mai stato un uomo d'azione. Aveva una fidanzata, una carriera fiorente ma non brillante nel suo campo di studi, insomma era una persona normale, un po' goffa, ma con tanti motivi per vivere.
Per cui, quando lo tirarono verso il centro della sala e del sigillo, si dibatteva urlando e piangendo, col moccio al naso e le lacrime agli occhi miopi che non vedevano bene i suoi aggressori, dato che gli occhiali erano caduti chissà dove.
Sordi a ogni richiesta di pietà, gli incappucciati lo stesero a terra. In quattro lo tennero fermo, uno a ogni arto, mentre il quinto estrasse dalla veste una lunga e lucida mannaia.

«NO!»

L'urlo strozzato di Satoshi venne coperto dalle urla disperate di Heiji quando la lama calò, mozzandogli prima una gamba. Poi l'altra. Poi un braccio. Poi l'altro.
I quattro figuri a terra cantilenavano qualcosa di incomprensibile. Era un rituale, un rituale che necessitava di sangue umano per essere attivato.
La lama calò una quinta volta, ponendo finalmente un termine alle sofferenze del poveretto. Il quarto membro della spedizione si chinò in avanti e vomitò, mentre l'incappucciata congrega prendeva i pezzi smembrati di Heiji e ci faceva... Qualcosa.

Una luce pallida e verdastra si irradiò in tutta la stanza, seguendo i tracciati sul pavimento e sulle pareti.

«Papà, stanno... Il sigillo...»

Anche Satoshi lo capiva: stavano spezzando il sigillo. Non sapeva come, non sapeva cosa, eppure stavano facendo qualcosa di profondamente sbagliato.
Riuscì solo a premere più forte la mano sul petto di suo figlio, cercando di trattenere il tremore che gli faceva vibrare le ginocchia.

«Andra tutto bene... Hajime.»

Pochi istanti dopo, le figure incappucciate alzarono la testa. Uno di loro urlò un avvertimento, e in quel preciso momento un altro gruppo di persone fece irruzione nelle rovine. Satoshi riconobbe quelle luci soffuse come chakra impastato e trasformato in tecniche, e indietreggiò portando dietro di sé il figlio. L'istinto di proteggerlo sarebbe stato il suo motore fino alla fine dei suoi giorni.
Gli incappucciati dovettero interrompere il rituale e affrontare i nuovi arrivati, in un frenetico mescolarsi di urla, mantelli, esplosioni, clangore di lame.

«A-andra tutto bene Hajime... Tutto bene...»





Edited by -Egeria- - 15/3/2020, 18:15
 
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NGDR - 10° Anniversario
view post Posted on 9/5/2017, 14:29







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Evento


覚醒 Kakusei: Risveglio







Fu uno scontro al limite dell'umano. Satoshi, Hajime e il loro collega sopravvissuto, Samehiko, si appiattirono contro la parete mentre le due fazioni si combattevano all'ultimo sangue.
Sangue che venne versato, da una parte e dall'altra. Il primo a cadere fu uno degli incappucciati, ma poi toccò a una donna del gruppo avverso. Come gli altri, indossava abiti aderenti, blu notte, con rinforzi in acciaio su braccia, busto e cosce che però non l'avevano salvata. L'unica differenza che poteva avere con gli altri, che come lei avevano il viso coperto e un cappuccio stretto calato sul capo, erano le due spade corte, di uno strano materiale traslucido che sembrava vetro, e un medaglione rotondo con diverse pietre incastonate che le pendeva dal collo.
Il medaglione si inzuppò del suo sangue quando l'incappucciato estrasse la sua katana dalla gola della donna, e per un istante il gruppo dei mascherati fu attraversato dallo stesso, drammatico senso di perdita. Quella donna era importante.
Chi l'aveva uccisa però pagò a sua volta con la vita, quando un sottilissimo pugnale gli si piantò al centro della fronte, facendo scivolare il cappuccio e mostrando un volto d'uomo sulla quarantina, quasi calvo, con due marchi rosso-arancio che gli attraversavano gli occhi e le guance in verticale, come pitture tribali antiche. A quei segni si affiancarono i rivoli di sangue, poi la vita lasciò i suoi occhi scuri e cadde a terra.

In palese inferiorità numerica, gli incappucciati si raggrupparono e indietreggiarono, mentre i loro nemici cercavano di incalzarli. Prima che potessero finirli, però, il più basso di loro si tirò su una manica rivelando un braccio sottile e rugoso, coperto di sigilli. Ne attivò uno, si morse la mano, e si accucciò a terra di scatto. Il sigillo si espanse includendo i suoi compagni, e vennero avvolti tutti da una luce azzurrina che balenò nella cripta oscura, accecando tutti per un istante. Quello successivo, gli incappucciati erano spariti.

«Maledizione! Maledizione!»

Le imprecazioni più forti erano quelle di un ragazzo, a giudicare dalla voce e dal fisico, ma presto i suoi compagni vi fecero eco. Si raccolsero attorno al corpo della donna caduta, e chinarono le teste in segno di lutto e rispetto.
In quel momento, Satoshi ritrovò la forza per parlare, e si rese conto di aver quasi trattenuto il fiato per tutto quel tempo, oltre ad aver continuato a premere la mano sul petto di Hajime che, poveretto, iniziava ad andare in affanno.
Si sistemò gli occhiali sul naso, si schiarì la voce, cercò di parlare ma il ragazzo fu più veloce di lui.

«Voi siete gli studiosi che hanno svelato questa cripta, vero?»

Rendendosi conto che la voce ancora non gli era del tutto tornata, Satoshi annuì.

«Non avreste dovuto liberare la strada al Kyo Dan. Avete la più pallida idea di cosa avete fatto?»
Il mascherato si passò una mano sulla faccia, sospirando per calmarsi. Quel gesto fece aggrottare la fronte ad Hajime; dove lo aveva già visto?
«No, certo che no. Pensavate di trovare delle rovine, vero? Qualche reperto... Incisioni, statue... E invece...»
Rise, una risata amara, stanca. Aveva gli occhi di una persona giovane, ma con il peso di chi ha vissuto molti più anni.

«Invece complimenti, avete contribuito a risvegliare le Bestie Codate!»

I tre studiosi sentirono, in sincronia, i loro cuori fare un tuffo verso l'abisso.

«Co-COSA?»
«N-non è possibile... I Bijuu? Quindi questo sigillo...»
«Esatto, era ciò che li teneva imprigionati. E invece, per colpa di quei pazzi scriteriati, tutto il mondo ne soffrirà!»
li interruppe il ragazzo, aprendo le braccia con un gesto esasperato. Ma sospirò, e di nuovo si passò le mani sulla faccia recuperando il controllo.
«Perdonatemi... Mi sono lasciato prendere dalla collera. La nostra Guida è appena morta e... Il Kyo Dan è riuscito nel suo intento. Dopo tutti questi anni, ce l'hanno fatta... Tutti i nostri sforzi sono stati inutili.»

A quel punto, Satoshi era stufo di non capire. Non era abituato a farlo, e in quel momento più che mai non voleva sentirsi tagliato fuori da quella storia... Dato che, a quanto pareva, la loro innocente ricerca archeologica aveva messo in moto qualcosa di immensamente più grande di tutti loro.
Le Bestie Codate... Le conosceva bene. Demoni, nove in tutto, dalla potenza inenarrabile che moltissimo tempo prima erano stati sopraffatti e sigillati, affinché smettessero di portare distruzione al mondo intero. Si erano perse le informazioni su come sigillarli, proprio perché nessuno avrebbe dovuto tentare di rompere il sigillo che li teneva prigionieri. Peccato che questo misterioso Kyo Dan avesse altro in mente... E decise di partire da loro, per chiedere al ragazzo cosa stesse succedendo.

«Senti... Noi non volevamo fare niente di male. Non abbiamo idea di chi siate voi... O chi sia questo Kyo Dan. Ma se vorrai spiegarci, faremo del nostro meglio per rimettere tutto a posto.» Si voltò verso suo figlio e il suo collega, che malgrado un'iniziale esitazione annuirono in sincro. Hajime continuava a fissare il ragazzo mascherato, senza dire niente.
«La nostra esperienza potrebbe tornarvi utile. Ormai siamo coinvolti... E abbiamo contribuito a qualcosa di terribile. Non potete dirci di farci da parte come se nulla fosse successo» aggiunse, usando sempre un tono calmo, controllato, ma in cui infuse tutta la sua determinazione. Il ragazzo esitò qualche istante, poi si voltò verso i suoi compagni. Due di loro stavano ricomponendo i morti, gli altri due esaminavano il punto dove il rituale si era compiuto, e il sangue del povero Heiji ancora macchiava il terreno.
Un lungo sospiro, poi voltò loro le spalle e iniziò a parlare.

«Vi è stato un tempo in cui il volere degli elementi era manifesto, in cui la terra su cui oggi proliferiamo faceva da teatro ad uno scontro costante e spietato, capace di tramutare in un istante la foresta in deserto, la montagna in valle. Così come oggi l'uomo reclama dominio sul continente, le sue lotte incuranti del più piccolo tra gli animali, così in quel tempo le forze primordiali non avevano riserbo alcuno per la vita sotto di esse. Spiriti, demoni, dèi... miti e leggende ne hanno offuscato la memoria popolare, ovunque schiava del tempo e del luogo, ma su un punto vi è totale concordia: quando uomo e Bijuu si incontrarono, il primo pagò al secondo il tributo che la lepre paga al falco.»

Sembrava un libro stampato; forse aveva imparato a memoria un testo, o più probabilmente era bravo a raccontare. Nella sala scese il silenzio, e tutti ascoltarono le sue parole.

«Duemilacinquecento anni fa i nostri progenitori arrivarono in queste terre... E sfidarono le ostilità della natura, delle intemperie, riuscendo, generazione dopo generazione, ad arrivare fino all'entroterra. Se ancora c'era chi sperava in una terra promessa, presto dovette ricredersi: gli elementi che li avevano tormentati per tutto il tragitto prendevano qui forma e sostanza, apparendo in corpi mostruosi e giganteschi, animati da una furia incontrollata e senza posa. Non la fame li spingeva, né la stanchezza li arrestava, ed immediatamente ai nostri avi non rimase che vivere come roditori, nascondendosi alla luce del sole o continuando a vagabondare di rifugio in rifugio.
Così passarono molti anni, impossibile dire quanti, e generazione dopo generazione la discendenza di chi era rimasto non rimase con altre prospettive che le proprie, altra esistenza se non sopravvivenza, altra forza che non i demoni. Cessato l'anelito ad un nuovo mondo, uomini e donne iniziarono necessariamente a proliferare nell'unico che conoscessero.
A tale periodo risalgono i primi idoli, le prime iscrizioni. Le genti del mio tempo hanno dimenticato, e perciò interpretano, speculano, ipotizzano su cosa le figure rappresentino, le pitture tentino di comunicare... Ma la risposta è semplice: lasciati senza altro astro che quello terribile, implacabile delle bestie, i nostri avi iniziarono ad adorarle come forze della natura.»


Satoshi annuì, lentamente. Quella era storia conosciuta, seppur non così diffusa, ma
li studiosi di un certo calibro lo sapevano tutti. Le fonti di quell'epoca erano poche e oscure, ma tutte confermavano che l'umanità viveva nel terrore atavico delle forze primordiali rappresentate dalle Bestie Codate.

«Da principio un culto del focolare, quello del Kyo Dan, crebbe tanto nel seguito quanto nella forma, sviluppando una propria dottrina ed un proprio clero. Non ci volle molto prima che gli accoliti incominciassero ad eliminare chiunque non si prostrasse ai demoni... Che naturalmente non avevano alcun interesse ad essere adorati, né potevano apprezzare sacrifici, ma nell'ignoranza generale l'idea che il culto avesse una qualche tipo di connessione con le creature divenne presto nozione assodata. Già duemilatrecento anni fa nessuno avrebbe osato metterne in dubbio le verità, specialmente in un momento in cui le comunità andavano espandendosi ed il bisogno di una guida si faceva più forte.
Ma questa univocità non era destinata a durare; più la popolazione cresceva, più si sentiva in trappola... E più spazio vitale era necessario, più fame e miseria forzavano famiglie intere ad abbandonare le comunità. Le stesse ragioni che tre secoli prima avevano spinto i coloni nell'entroterra, ora li forzavano a viaggiare ancora... A soffrire ancora. Un numero impressionante di conflitti si accese tra esuli e religiosi, il conto delle vittime reso ancor più intollerabile dalla presenza dei demoni, e non passò molto prima che una seconda voce prese a levarsi contro quella del Kyo Dan. Nato e cresciuto in esilio, l'ordine dei miei predecessori si mosse inizialmente per un semplice desiderio di sopravvivenza, di opposizione al culto dominante e ai demoni che rappresentava, e per tale ragione non ebbe mai né un'univoca denominazione né un complesso sistema di regole. Le stesse direttive, per beneficio di segretezza ed economicità, furono sempre tramandate oralmente... E per larga parte, tranne alcune necessarie trascrizioni, tale è rimasto l'approccio al giorno d'oggi. Noti semplicemente come Taisei, l'Ordine, i miei predecessori si riferivano l'uno all'altro come Higosha, Guardiano, ma ad animarli non era altro che il disprezzo per le bestie e per i propri fratelli. Gli Higosha raccolsero attorno a loro le comunità nomadi che non avrebbero trovato rifugio altrove, rimanendo sempre una minoranza ma, forse proprio per questo, meglio potendo coordinare i propri sforzi. Ciò che nacque come un insieme di idee dissonanti guadagnò infatti negli anni un disegno concreto, votato non più soltanto alla sostentazione ma ad una vera e propria lotta organizzata. L'obiettivo primario non erano però gli accoliti del Kyo Dan, ma i demoni stessi. Le prime fonti del mio ordine risalgono a questo periodo, in esse risulta chiaro il sentimento di ripudio per le credenze antiche, la volontà di separarsi dai propri simili... E nel processo, salvarli dalle loro stesse divinità.»


Satoshi si sistemò gli occhiali con le mani sudate. Non riusciva a crederci: aveva solo trovato stralci discontinui, il nome "Higosha" apparso più volte nei suoi studi... Ma era sempre stato identificato come un riferimento a divinità guardiane, perché troppo poco si sapeva di loro. Pensare che erano uomini e donne, esseri umani disposti a opporsi ai Bijuu, gli faceva scendere un brivido lungo la schiena.
La storia che aveva studiato per tutta la vita si stava animando davanti ai suoi occhi, nella figura di quel ragazzo e dei suoi compagni dell'Ordine.

«Così iniziò una lotta oggi dimenticata, mascherata in mille modi da mille leggende diverse. Un conflitto impari che richiese ancor più sacrifici di quanti non ne fossero già avvenuti, portando fratello ad attaccare fratello mentre, sopra il grido di guerra, il ruggito della bestia scuoteva la terra. I miei predecessori si scagliarono sui demoni con tutta la forza di cui disponevano, sopportando terribili perdite e, nel piangere i morti, guadagnando ancor più risolutezza. Non è in me di raccontare nei dettagli quanto ho letto ed udito in passato, riguardo le testimonianze rimaste di quegli anni bui... Ma ciò che posso dire con sicurezza è che nessuno seppe mai chi per primo, con esattezza, comprese di non essere solo carne ed ossa. Al crescere delle ostilità e del dolore, molti tra i membri del mio ordine iniziarono a manifestare un potere che emergeva da dentro, scorrendo come un fiume in piena gemello del sangue. Maggiore era il numero di tali manifestazioni, maggiore il potere dell'Ordine... Maggiore la paura, poiché il chakra appariva volatile ed intenso, incontrollabile, più veloce a legarsi all'ambiente che non all'essere umano... Era l'essenza stessa delle bestie codate.
Tale conclusione non vide mai la luce del sole in quegli anni, naturalmente. Troppo rimaneva da perdere, e troppo l'odio verso i demoni per lasciare che un dubbio tanto terribile mettesse un freno agli sforzi bellici, che proprio grazie al chakra iniziavano a dare risultati concreti. L'Ordine non impiegò molto ad ideare infatti un'elenco di gestualità che gli consentisse di manipolare l'energia per tramutarla in un'arma, e, come spesso accade con le armi, il loro sviluppo avrebbe avuto lunga vita. Ancora oggi sono una delle principali eredità tramandate dai Guardiani all'Eremita, e mantengono il nome zodiacale assieme a buona parte della forma già nota al tempo.
Ci sono voluti altri centocinquant'anni per avere la prima Bestia sigillata. Nonostante gli sforzi del Kyo Dan, i miei predecessori riuscirono ad isolare la creatura nei grandi calanchi dell'ovest, facendo crollare il terreno friabile sotto le sue zampe ed imprigionandola in quello che oggi appare come un grande altopiano. Il sigillo pretese la vita di una donna, Miyaki, cui sarebbero seguiti altri nove martiri man mano che il conflitto giungeva a termine. Nove, poiché otto erano le bestie rimanenti, ed un ultimo dovette immolarsi prima della fine, legando il proprio spirito ad un sigillo posto in un punto specifico del nostro mondo, "all'incrociarsi di sei vie maestre". Le trascrizioni del mio ordine sono discordi ed imprecise sull'argomento, volutamente dirette ad insabbiare la vicenda tanto per sicurezza quanto, io sospetto, per reputazione, e si perdono più nel descrivere le qualità e le responsabilità del martire che nello stabilire esattamente cosa accadde, e soprattutto dove...»

Si voltò con aria rassegnata. La benda scura che gli copriva il volto era increspata da un sorriso che era facile intuire come fosse più ironico che reale.
«Evidentemente non abbastanza, dato che voi siete riusciti a trovarlo. Sta di fatto che, da quel momento e per tutti i secoli a venire, c'è stato un solo ed unico Eremita dei Sei Sentieri, costretto a percorrere un preciso itinerario fino alla morte.
Gli Hogosha del passato nutrivano un odio atavico per le bestie... E a buon diritto, immagino... Ma lo stesso trattamento riservarono a chi non si unì alla lotta. Dopo la fine, il potere che si era risvegliato in molti membri venne posto sotto totale silenzio, spesso contro la volontà dei possessori... Ed il numero dei praticanti ridotto ad uno per ogni generazione. Le ragioni precise di tale scelta rimangono a loro volta sconosciute, ma non è necessario aver vissuto duemila anni per poterle intuire: l'Ordine temeva l'instabilità del chakra, la sua vicinanza ai Bijuu e quindi al Kyo Dan, a tal punto che anche ora la sua discussione rimane tabù per chi non debba istruire l'Eremita. Molti tra i miei predecessori hanno tentato di porlo sotto controllo senza successo, e la stessa menzione del Sigillo delle Sei Vie dimostra come anche al tempo gli Hogosha dovessero essere venuti a patti con questa nozione, scegliendo come ultima risorsa l'energia vitale dei martiri là dove ogni altro catalizzatore era fallito.
Le scritture e le leggende dell'Ordine sono costellate di accenni ai tentativi finiti in disastro, il loro riferimento un costante tentativo di aggiungere necessarietà e sacralità al sacrificio dei dieci, neanche servisse loro a qualcosa... E di ammonire contro successive ricerche in questo senso. Il più noto e studiato è senza dubbio il mito del Fūinzō, la Statua del Sigillo, oggi più comunemente nota tra i dottori col nome di Gedō Mazō, la Statua Diabolica della Via Esteriore, la Settima... Un nome pomposo atto a demonizzare un tentativo non inumano di porre fine alle bestie, e, nei secoli, a trasformare la vicenda in una favola per bambini.»


Satoshi annuì, e anche Hajime. Giusto il loro collega si trovò un po' spiazzato, non ricordando nel dettaglio quella particolare leggenda.
La storia voleva che alcuni -evidentemente gli Hogosha, potevano ora intuire- avessero eretto un imponente idolo umanoide, alto dai dieci ai cinquanta metri, allo scopo di farne un ricettacolo per tutti e nove i Bijuu senza che si rendessero necessari i dieci sigilli. I perché ed i come del progetto appartengono ovviamente alla fantasia del lettore, dato che, nonostante le ipotesi avanzate da alcuni dei più audaci, nulla era mai stato rinvenuto che potesse potare a conferme.

«Secondo la leggenda la statua avrebbe finito col cibarsi del chakra dei suoi creatori, confermando le paure della maggioranza dell'Ordine e costringendolo a sigillarla a sua volta... E fornendo ai posteri una succoso parallelo tra la statua e le bestie, atto a scoraggiare qualsiasi forma di idolatria.
Oggi noi siamo ciò che resta dell'Ordine. Mantieniamo un profilo anonimo, con al più qualche riferimento preservato nelle biblioteche dell'Ordine Superiore della Pietra, ad ovest, più utile a selvagge speculazioni che non al reperimento dei fatti... Ma gli Hogosha di oggi sono null'altro che monaci e dottori, il cui unico scopo è preservare testi e formule che a stento conoscono, ed usarli per istruire l'Eremita di turno. Lungi è passato il tempo della lotta, e con esso la volontà di dare al potenziale insito in ciascun uomo il ruolo che merita. Con la scomparsa dei demoni e l'estinzione del Kyo Dan, il nostro è rimasto uno sguardo pigro, disattento, e la nostra paura dei Bijuu frutto di inchiostro e superstizione.»


Si interruppe. Aveva parlato a lungo, eppure sembrava essere passato meno di un minuto. Satoshi si scoprì di nuovo a trattenere il fiato, e lo lasciò andare mentre una risata sottile, amara come fiele, concludeva il discorso del giovane.

«A quanto pare, avremmo dovuto fare meglio i compiti. Superstizione... Leggende... È tutto vero, e questa sala lo dimostra!»

In quel momento un'altra guardiana, di quelli che stavano esaminando il sigillo, prese la parola. Anche i suoi lineamenti erano camuffati, ma la voce era forte e limpida.

«Forse non tutto è perduto! Il sigillo non è stato completamente spezzato... Abbiamo interrotto il rituale in tempo!»

Tutti ne furono immediatamente molto più sollevati, ma la situazione rimaneva grave. Il ragazzo corse a controllare che la sua compagna dicesse il vero, e annuì.

«Questo forse ci farà guadagnare qualche giorno... Ma non c'è tempo da perdere. Dobbiamo avvertire i Kage, immediatamente!»

Quando i suoi occhi si posarono su quelli di Satoshi, per un attimo esitarono. Lo studioso approfittò dell'esitazione per fare un passo avanti, schiena dritta, sguardo deciso.
«Noi verremo con voi. Se avete davvero una biblioteca piena di testi antichi, dobbiamo assolutamente sapere se contengono qualcosa che possa aiutarci.» Un sorriso più amaro gli increspò le labbra sottili. «Abbiamo già dimostrato di essere i migliori nel nostro campo... Per quanto avrei preferito altri riconoscimenti. Ma è inutile piangere sul latte versato: se quei demoni sono a piede libero, dobbiamo allertare tutti.»

Ogni persona presente in quella stanza annuì. Bisognava muoversi... E lo avrebbero fatto subito. Quei demoni dovevano tornare al loro posto, e restarci una volta per tutte.




Edited by -Egeria- - 15/3/2020, 18:15
 
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NGDR - 10° Anniversario
view post Posted on 26/5/2017, 12:10







2up8sxz

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Evento


覚醒 Kakusei: Risveglio







[Konoha]

Il primo team di esplorazione, guidato da Hachi Yamanaka, aveva scandagliato accuratamente l’area sud del Paese del Fuoco, seguendo le indicazioni dei rapporti che parlavano di foreste incendiate, fuochi fatui, e preoccupanti distese di erba secca che avrebbero potuto causare immani tragedie se quel “qualcosa” avesse deciso di appiccare un nuovo incendio proprio lì.
Trovarono gli Hitodama di cui parlavano gli anziani, globi di fiamme scarlatte e purpuree che galleggiavano a mezz’aria, affascinanti e terribili nel loro mistero. Hanare Fujiwara inviò dapprima le sue figure animate per tentare un esame più ravvicinato, ma l’inchiostro sobbollì per il calore e fece sciogliere i disegni ancor prima che questi potessero trasmettergli qualche informazione. Nemmeno gli insetti di Kohaku Aburame, il terzo elemento del gruppo, poterono avvicinarsi troppo: le bestiole semplicemente si rifiutarono di obbedire alla loro dominatrice, come impazzite. Le falene normalmente erano attratte dalle fonti luminose, a costo di bruciarsi le ali… Questa volta nessun insetto osava avvicinarsi, e Kohaku dovette desistere.
I tre ninja poterono solo constatare, a distanza di sicurezza, che quelle fiamme erano intrise di chakra. Sembravano vive, in un certo senso, e anche quando i vari Suiton, dopo molta fatica, riuscivano a estinguerle, Hachi riusciva comunque a percepire ancora il chakra che aleggiava dove prima la fiamma bruciava.

Il secondo team, inviato nel Paese delle Terme, era composto da Nahoko Hyuga, Tsume Inuzuka e Tobashi Senju. Erano stati selezionati per le ottime capacità sensoriali, e spediti a tutta velocità a indagare sulle cause di quell’ebollizione termale catastrofica. Se fosse stato uno scherzo di cattivo gusto della natura, come un’eruzione vulcanica sotterranea, avrebbero potuto catalogare il tutto come sfortunata catastrofe… Tuttavia, le radici di Tobashi penetrarono abbastanza a fondo nel terreno da capire che era tutto normale. Nessuna eruzione, nessuno smottamento, la natura faceva il suo corso e non era la responsabile di quelle ustioni e di quei morti.
Quando Nahoko attivò il Byakugan per esaminare le acque dell’ultima vasca termale soggetta all’evento, lanciò un immediato urlo di dolore e dovette distogliere lo sguardo. Non se lo aspettava: l’acqua era intrisa di chakra, un’energia potente e feroce che gli aveva causato una fitta dolorosissima, e che gli impediva di mantenere lo sguardo fisso sulla fonte. La Inuzuka provò, assieme al suo compagno animale, ad utilizzare i loro nasi finissimi per capire, almeno con l’unico senso a loro disposizione -non potevano certo assaggiare l’acqua bollente- se qualche traccia era ancora reperibile…
...E, mescolato all’odore di zolfo tipico delle terme, qualcosa trovarono. Debole, ma sufficientemente potente da far drizzare il pelo del cane, e scendere un brivido lungo la spina dorsale della kunoichi.
Qualcosa era passato di lì, e si era allontanato. Tuttavia, l’Hokage aveva dato ordine di non prendere iniziative, ma di riferire semplicemente qualsiasi traccia o indizio che fossero riusciti a trovare.
Quantomeno, avevano una direzione in cui la minaccia si stava spostando… Ma dovevano agire in fretta, se volevano riuscire a rintracciarla.

[Kiri]

Natsu non credeva ai suoi occhi. Era stato solo un lampo, pochi secondi, e la creatura era subito tornata a celarsi negli abissi, ma l’aveva vista: un enorme carapace coperto di protuberanze ossee, con tre… Tentacoli? Code? Non era riuscito a capirlo, ma quelle tre appendici si erano alzate, avevano catturato qualcosa e si erano inabissate di nuovo. Sembrava un’isola, ma si muoveva come una balena. Ormai non c’era dubbio, quella creatura non era un comune animale, e doveva essere stata la causa della fuga degli uccelli marini, dello spiaggiamento dei pesci, della sparizione delle navi.
Ma cos’era? Nessuno sembrava saperlo. Fissavano tutti, sgomenti e silenziosi, il punto dove la bestia era scomparsa. I loro nervi a fior di pelle li portarono a sobbalzare di colpo quando la ricetrasmittente ronzò, comunicando l’ordine del Mizukage: Natsu doveva rientrare subito, c’erano novità e si sarebbe fatto sostituire da un collega.
Lo shinobi non vedeva l’ora di lasciare quelle acque e riferire ad Hogo che il loro incubo aveva una forma.

[Iwa]

Il messaggio di Chiye-sama era stato chiaro: rientrare il più velocemente possibile. Una squadra era già stata inviata per sostituire Tadao e Akiho, e restare a fare la guardia al muro di calce, con l’ordine di riferire ogni minimo cambiamento.
Tadao, nell’attesa dei colleghi in arrivo, tentò di sfogare la sua frustrazione per l’inattività ridisegnando al meglio delle sue possibilità la figura che aveva visto illuminarsi. Dietro la maschera da Vipera, gli occhi ripercorsero i segni del sigillo che aveva dato il via a quella serie di disastri incomprensibili, e provò a metterlo su carta in modo da poterlo mostrare alla Tsuchikage una volta tornato. Il disegno riuscì un po’ impreciso, ma comunque attendibile. E, naturalmente, non somigliava a nessun sigillo che lui o Akiho conoscessero.

[Ishi, Paese della Pietra]

«Hanno ricevuto tutti il messaggio?»
«Sì, Kataritsuen-sama… A parte uno.»

Il giovane si accigliò, invitando il compagno a parlare.
«Non siamo riusciti a trasmettere il messaggio a Oto. La situazione politica attuale è… Complicata, a dir poco. La guerra civile ancora non ha permesso di stabilire una figura chiave che possa guidare e unire tutti. Non… Sapevamo come agire, non volevamo che il messaggio finisse nelle mani sbagliate…»
Un sospiro. Il leader neo-eletto di Taisei si massaggiò le tempie, e per un attimo il messaggero temette che stesse per esplodere in un’altra delle sue crisi di nervi… Ma fortunatamente il giovane contenne la sua frustrazione, e annuì.
«Va bene. L’importante è che siamo riusciti ad allertare la maggior parte dei regnanti. Ora, dobbiamo solo prepararci per il summit e raccogliere in modo ordinato tutte le informazioni in nostro possesso. Così sarà più facile spiegare a quei boriosi sputasentenze che devono mettere da parte i loro asti personali e collaborare.»
«Certo, Kataritsuen-sama.»


Caso volle, che proprio in quel momento Hajime uscisse sulla terrazza in cui i due esponenti di Taisei stavano parlando. Colse solo gli stralci finali della conversazione, ma quello che captò con precisione fu il nome.

«Kata...ritsuen?»
Il ragazzo si voltò di colpo. Aveva il viso coperto, come sempre, e gli occhi chiari si piantarono sulla figura di Hajime che, imbarazzato, alzò subito le mani in un gesto di difesa.
«Scusate, non volevo origliare, è che… Passavo di qua e… Emh...»
Kataritsuen sospirò di nuovo. Sospirava parecchio in quell’ultimo periodo, non dubitava che ai suoi capelli neri presto si sarebbero aggiunti numerosi fili bianchi.
«Va tutto bene, Hajime-kun. Raki, lasciaci soli per cortesia.»
L’uomo annuì, si inchinò al suo leader e si allontanò rapidamente, rientrando nel monastero che era stato eletto base operativa di Taisei. Hajime e suo padre vi risiedevano ormai da giorni, e passavano il tempo a studiare, elaborare, confrontare e tradurre testi antichi. Una faticaccia, se si pensava che dovevano farlo con l’ansia dell’apocalisse imminente, e col senso di colpa di chi aveva contribuito a scatenarla.
«Passavi davvero di qua per caso?» chiese il capo dell’Ordine, guardando negli occhi lo studioso. «O mi stavi cercando?»
Preso in contropiede, Hajime ammise la sua colpa strofinandosi la nuca con la mano.
«Sì… Cioè, non proprio… È che quando ho sentito il tuo nome mi è… Risuonato un campanello, ecco.»
Kataritsuen non rispose. Si limitò a fissare Hajime, poco più alto di lui, con un fisico magro da studioso che sembrava togliergli due o tre anni, rendendo ancora più marcati i suoi lineamenti infantili che i grandi occhiali da vista non mascheravano così bene come sperava.
«Quando studiavo presso l’Accademia delle Scienze avevo un compagno di corso… Uno studente straniero, aveva detto, ma che superava tutti per padronanza della materia, e soprattutto… Passione. Lo consideravo un amico, ma soprattutto… Un esempio da seguire. Mi motivava a continuare gli studi, mi travolgeva con la sua voglia infinita di scoprire e approfondire...»
Ancora, nessuna risposta. Hajime parlava con tono pacato, senza mai distogliere gli occhi da quelli del ragazzo.
«Poi, un giorno, è sparito. Senza salutare, senza dire nulla. Ho provato a cercarlo, ma… Di Kata-kun non era rimasta nessuna traccia.»

Silenzio. Uno, due, tre secondi di silenzio. Poi, un altro sospiro, e finalmente Kataritsuen parlò. Abbassandosi la sciarpa che gli copriva il volto fino al naso, mostrò un sorriso rassegnato, ma bello, intenso e candido come Hajime ricordava.
«Sei sempre stato bravo a notare i dettagli, eh, Hajime-kun?»
E per un attimo, i due amici ritrovati si sorrisero, felici, semplicemente, di essersi incontrati di nuovo. I Bijuu, il summit, il Kyo Dan, tutto si fece da parte per quei pochi istanti. Ma furono sufficienti a ricordare loro per cosa, tra le tante, stavano combattendo.



Edited by -Egeria- - 15/3/2020, 18:16
 
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