Iscrizioni Iwa

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Lacat
view post Posted on 14/6/2017, 08:51




CITAZIONE (~Angy. @ 12/6/2017, 16:59) 
Il cognome non è da mettere Yoton in quanto non è un cognome di famiglia, sta a significare "Fusione" se non erro, riporta quindi all'abilità del clan. Scegline pure uno dalla lista cognomi che forniamo o altro sempre giapponese.

Occhio poi nel testo che ci sono molti errori, prova a dare una riletta e a rimediare, in caso passo a correggerti al volo qualcosa di più evidente ^^

Ho cercato di corregge nelle mie capacità! Vedi se va un po meglio.
 
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view post Posted on 14/6/2017, 10:41
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Il cognome ora è a posto, è l'italiano che ancora non va. Correggo le cose macroscopiche, ma occhio che una delle voci di valutazione a fine giocata è proprio la scrittura. Non ho toccato i tempi dei verbi, non sapendo se preferissi scrivere al presente o al passato.
In ogni caso i master saranno a tua disposizione per aiutarti a rimettere in sesto i punti che scricchiolano...
A breve ti apriamo la scheda, intanto leggi la Guida all'iscrizione e le regole per un buon GdR.
CITAZIONE (Lacat @ 12/6/2017, 02:03) 
[NOME]:Nori
• [COGNOME]:Iwasa
• [CLAN]:Yoton
• [PAESE]:IWa
• [ASPETTO FISICO e CARATTERIALE]: Nori è un ragazzino serio all'impatto. Vive giorno per giorno con ansietà, con un disprezzo per il mondo.
Fin da piccolo soffre di uno squilibro mentale. Ha l'abitudine di fissare ogni individuo che incontra, ma nello stesso tempo li "etichetta" nella sua mente. Ride e piange molto raramente, sperso nell'abitudine "stramba". La sua carnagione è bianca quasi come la neve... I capelli biondi risaltano i suoi occhi chiari come il ghiaccio. Nori ha una corporatura media.
Ha un piccolo taglio sulle sopracciglia.
• [STORIA]: Nori non ricorda precisamente la sua tenera età. Fin dalla tenera età ha avuto molto amore, conseguito da molte attenzioni particolari. Il padre ha sempre cercato di accontentarlo in quasi tutte le maniere, cercando di fargli capire la semplicità di ogni cosa e del giusto.
Il giovane mostra pecche nel socializzare e della vita stessa, facendo preoccupare i genitori a morte per queste mancanze. Hanno cercato sempre di spronare la sua intensità, ma il risultato è stato vano a lungo andare.
All'età di otto anni si trova iscritto all'accademia dei ninja e passa la maggior parte del tempo li.
Il suo carattere divenne freddo e a volte insensibile, ma nascondendo la sua parte migliore. Combatteva contro sé stesso per diventare diverso, ma era inutile -Perché?- Comprese la diversità che lui aveva in confronto ai suoi coetanei
La carriera scolastica non andava né bene, né male... Il ragazzo non si concentrava più di tanto per lo studio. In alcuni giorni stava molto attento alle lezioni apprezzandole per la loro semplicità, e in altri giorni zero assoluto.
Amava guardare dalla finestra il paesaggio, le persone, gli alberi, gli uccelli che passavano in quell'istante davanti ai suoi occhi. -Voglio volare libero !-
Estrasse dalla sua tasca un libricino e una penna, ed iniziò a scrivere:
Voleva l'ebbrezza di essere libero dalle catene del mondo.
Voleva crescere soltanto.
Voleva capire la vita stessa.
Le mani gli tremavano come un boato tra le stelle.
Le sue lebbra pendevano dalla maestosità della conoscenza.
Un'altra giornata scappa.
Firmato: Nori Iwasa
 
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view post Posted on 14/6/2017, 12:05
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Scheda aperta qui, compila il codice e rispondi al topic: passerà uno staffer a editare il post di testa appena possibile.
 
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Lacat
view post Posted on 14/6/2017, 14:26




Grazie tanto a tutti! Sapete se c'è qualche programma per aiutarmi ?Dico nella scrittura, nella grammatica!
 
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view post Posted on 14/6/2017, 14:33
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CITAZIONE (Lacat @ 14/6/2017, 15:26) 
Grazie tanto a tutti! Sapete se c'è qualche programma per aiutarmi ?Dico nella scrittura, nella grammatica!

Per le cose macroscopiche anche il correttore di Google è adatto; io in genere scrivo su word o openoffice prima di copincollare sul forum ed inviare il post, ed anche quelli segnalano gli strafalcioni peggiori.

Il problema delle macchine è che sono "stupide": per fare un esempio, sia "o" (congiunzione) che "ho" (verbo) sono scritti correttamente, se presi singolarmente... ma se scrivi "o comprato un kunai", i programmi non segnaleranno mai il problema. La soluzione migliore è rileggere sempre, anche partendo dal fondo del testo a ritroso fino all'inizio, e raffinarsi leggendo molto. Se hai voglia di darci dentro ti basta chiedere al master che ti prenderà in carico di darti una mano e fornire suggerimenti e dritte^^ il desiderio di migliorare è anche più importante di una grammatica impeccabile. Quella verrà con tempo e pazienza.
 
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Lacat
view post Posted on 14/6/2017, 14:59




CITAZIONE (-Egeria- @ 14/6/2017, 15:33) 
CITAZIONE (Lacat @ 14/6/2017, 15:26) 
Grazie tanto a tutti! Sapete se c'è qualche programma per aiutarmi ?Dico nella scrittura, nella grammatica!

Per le cose macroscopiche anche il correttore di Google è adatto; io in genere scrivo su word o openoffice prima di copincollare sul forum ed inviare il post, ed anche quelli segnalano gli strafalcioni peggiori.

Il problema delle macchine è che sono "stupide": per fare un esempio, sia "o" (congiunzione) che "ho" (verbo) sono scritti correttamente, se presi singolarmente... ma se scrivi "o comprato un kunai", i programmi non segnaleranno mai il problema. La soluzione migliore è rileggere sempre, anche partendo dal fondo del testo a ritroso fino all'inizio, e raffinarsi leggendo molto. Se hai voglia di darci dentro ti basta chiedere al master che ti prenderà in carico di darti una mano e fornire suggerimenti e dritte^^ il desiderio di migliorare è anche più importante di una grammatica impeccabile. Quella verrà con tempo e pazienza.

Hoo capitoo! Grazie della diritta allora! Proverò a fare del mio meglio.
 
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Frufrù
view post Posted on 30/6/2017, 23:13




• [NOME]: Kaii
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• [COGNOME]: Kamizuru
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• [CLAN]: Kamizuru
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• [PAESE]: Paese della Terra - Iwa
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• [ASPETTO FISICO e CARATTERIALE]: Kaii è un ragazzo di 12 anni, snello e molto attivo, ha occhi neri e capelli neri che abitualmente lega formando un piccolo codino dietro la testa, abitualmente indossa un maglia bianca con maniche che arrivano alla metà del suo avambraccio e con un solo e piccolo disegno sulla manica destra, ad altezza della spalla vi è una sagoma di un fulmine nero.
Indossa i classici sandali ninja ed un pantalone nero con due tasche aggiuntive laterali all'altezza del ginocchio.

Kaii è un ragazzo molto sveglio e attento, sin da piccolo è abituato a guardarsi intorno, il sapere ciò che lo circonda lo rendeva più tranquillo, ha un carattere irruento e tende spesso ad essere sgarbato, ama molto riflettere sui problemi e sulle varie soluzioni, inoltre è il tipo di ragazzo che ci prova con quasi tutte le ragazze che conosce.


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• [STORIA]: Kaii non ricorda molto della sua infanzia, vari ricordi arrivano all'età di 5 anni con la sua scelta e insistenza nel voler diventare uno shinobi come i suoi genitori, entrambi ninja ed entrambi membri del clan Kamizuru, Jou e Chie Kamizuru.
Il Padre Jou Kamizuru era un uomo molto snello con occhi blu e capelli neri, con una carnagione molto scura, mentre Chie Kamizuru la madre di Kaii era anch'essa una donna molto snella, con capelli neri lunghi e lisci, ed occhi altrettanto neri, con un viso molto carino, infatti aveva anche molti ammiratori.
Quando annunciò la scelta ai suoi genitori, questi inizialmente glie lo proibirono, ma dopo svariati capricci e pianti alla fine i genitori acconsentirono alla sua scelta. Lui non ricorda il motivo per cui i genitori gli dicevano di no, ricorda solo le parole del padre che gli diceva che la vita da shinobi non faceva per lui.
All'età di 8, ai primi avventi di Watashi, entrambi i genitori rimasero uccisi in missione dalla sua progenie. Kaii crebbe con l'odio verso Watashi, voleva vendicare i suoi genitori così crebbe con un odio profondo, volenteroso di vendetta allora decise di apprendere le tecniche del suo clan.
L'alternarsi tra allenamenti al clan e l'accademia ninja, Kaii non riuscì a fare molti amici, vivendo così un periodo della sua vita in solitudine.
Passò il tempo, tra allenamenti e studi, giornate faticose e tristi, finalmente arrivò il giorno dell'esame Genin, la sua nuova vita da shinobi stava per iniziare.

Edited by Get scared. - 3/7/2017, 01:00
 
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view post Posted on 1/7/2017, 23:56
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Ho sistemato qualche virgola di troppo e giusto un accento mancante, prova a rileggerla e vedi se riesci a sistemare un attimino il background, soprattutto alla fine che mi fai un periodo lunghissimo.

Tutto sommato va bene, quello che però non capisco è questo:

CITAZIONE
Kaii crebbe con con l'odio verso Watashi[...]dopo Watashi venne ucciso e con lui morì anche l'odio di Kaii

Prima mi dici che alla morte di Watashi l'odio muore.
CITAZIONE
ebbe molti litigi per colpa che il suo odio verso Watashi

(Sistemami il "per colpa che") Poi mi dici che ha svariati litigi a causa dell'odio verso watashi.
Poco dopo mi dici ancora che il suo odio svanisce.

Questa è l'unica parte che purtroppo non ho capito, per il resto va bene.
Sistema e fai un post per avvisarmi quando hai modificato!
 
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Frufrù
view post Posted on 2/7/2017, 01:12




Ho aggiornato eliminando tutto quel casino incomprensibile, sostituito in un 'altro modo e aggiungendo un dettaglio in quanto ho fatto caso che posso aggiungere sin dal primo momento le tecniche del clan.

PS:Scusate per la fine del post orrenda, sarà stata la voglia di terminare il post >.<
 
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view post Posted on 3/7/2017, 00:00
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Allora.
Ti segnalo alcune parti da sistemare, per aiutarti te le evidenzierò qui sotto.
CITAZIONE
questi inizialmente glie lo proibirono

Non so se sia a causa di un correttore o quant'altro... in ogni caso si scrive "glielo".
CITAZIONE
Kaii crebbe con l'odio verso Watashi, voleva vendicare i suoi genitori così crebbe con un odio profondo

Qui mi commetti una evidente ripetizione, non è necessaria.
CITAZIONE
L'alternarsi tra allenamenti al clan e l'accademia ninja, Kaii non riuscì a fare molti amici, vivendo così un periodo della sua vita in solitudine.

Riformula la frase, così non ha senso ed è sbagliata.

Nel frattempo ho tolto altre virgole di troppo che mi ero perso.
Correggi queste ultime cose e poi puoi partire!

Ah, ultima cosa ma non meno importante.
CITAZIONE
un 'altro

un altro
un'altra
 
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view post Posted on 27/7/2017, 21:00

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[NOME]: HIDEAKI - 秀明 - Eccellenza scintillante
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[COGNOME]: Murakami - 村上
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[CLAN]: Bakuton
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[ASPETTO FISICO e CARATTERIALE]: Come sono di carattere.. bella domanda, dico davvero, vediamo cosa riesco a scrivere. Sono.. un bambino complicato, spesso insicuro e in cerca di un qualcosa che non riesco a comprende.. il tutto nascosto dietro una maschera di presunzione e saccenteria. Molto spesso mi definiscono: metodico, ossessivo, puntiglioso, severo, un tipo da “tutto o niente”, iroso.. ma sinceramente non credo che tali appellativi mi calzino in pieno questo perché forse mi ritengo meglio di quanto sia veramente o semplicemente credo di non essere ben compreso. Mi fido poco di chi mi sta vicino, chiunque esso sia, ciò rende tutte le mie relazioni moolto più complicate di quanto effettivamente sono, contornandole di sfumature che solo io vedo o di “film” tutti miei. Quando faccio un qualcosa sono molto pesante, questo lo posso concedere, severo e fissato tanto da isolarmi da tutto e tutti quando serve. Negli hobby, invece, risulto molto più affabile e sereno, seppure sono stato baccagliato più e più volte per la mia “precisione” come se essere precisi sia un difetto..ma non riesco a capire. Il mio motto preferito è: "La vita va vissuta e dedicata.”

Alto 1.42 cm, ha una corporatura muscolosa, allenata. La perfetta forma fisica garantisce assieme alle sue caratteristiche base una notevole agilità, prontezza nei riflessi e forza. Ha un viso appuntito, labbra sottili e vermiglie, naso retto, fulgidi occhi violetto, cangianti. I capelli sono d'un naturale color corvino, lunghi fino alla nuca, lisci. Indossa, quando deve andare in accademia o quando andrà in missione, una maglietta a mezze maniche bianca e un paio di calzoncini marroni, ai piedi degli scarponi chiusi. Si copre bocca e naso legandosi una bandana marrone, cosa che lo porta ad assomigliare a un bandito.
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[STORIA]: 8 Giugno 238 DN, è il giorno in cui sono nato.

«Non decidi quando e in che famiglia nascere, altrimenti tutti eviteremmo luoghi ostili o di disgrazia, tu, però, hai il potere più grande: quello di decidere in che modo usare la vita che possiedi.»

Con queste semplici parole mio padre mi lasciò, andando al fronte con molti altri uomini, per non fare più ritorno. Era uno shinobi, il mio vecchio, uno di quelli che per vivere uccideva, senza remora alcuna o sorta di pentimento. Il resto del mondo lo poteva considerare feccia, un individuo spregevole, un approfittatore e assassino, qualcuno da cui tenersi alla larga e disprezzare ma lui, insieme a molti altri, era mosso non solo dal becero desiderio di conquista ma dal voler portare a casa qualcosa per riempire lo stomaco, il proprio e il mio. Certo amava la vita da shinobi, sarei ipocrita a negare che nei suoi occhi non vi fosse stato un certo scintillio quando partiva per nuove “avventure”, ma sono convinto che se non fosse nato in questo luogo sarebbe stato una persona come tante altre, magari un mercante, un fiorista, un contadino.. anche se l'avrei visto particolarmente bene come calligrafo. Spesso, magari dopo mesi di assenza da casa, tra una sigaretta e un bicchierino di sake, lo si poteva ammirare nell'arte dello shodo. Molti suoi compagni d'armi lo ammiravano per questa sua dote. Si creò un arazzo che lo doveva simboleggiare e lo appese dinanzi l'uscio di casa - dove si trova ancora -. Scelse il kanji 四 -si scrive “schi” ma si pronuncia “sci”, vuol dire quattro- . Quattro come gli obblighi che formavano il suo nindo.

«Il mio Nindo? Hahaha, ma dove l'hai sentita quella parola? Io mica sono un esaltato... questo è un lavoro.. non serve una morale per farlo hahah. Ok, ok.. allora vediamo, vediamo...
Primo; non odiare, è di certo più dispendioso in quantità di tempo e di energia che perdonare e andare avanti
Secondo: non fidarti di chi è troppo amichevole, con tutta probabilità sta escogitando qualcosa alle tue spalle
Terzo: contratta sempre i prezzi al mercato, quei maledetti cercano sempre di farci la cresta sopra
Quattro: Non arrenderti mai, affronta sempre la vita al massimo e ricorda sei sempre tu il capitano della tua nave.»


Quando al villaggio arrivò voce che il suo team era stato massacrato e che solo un uomo era sopravvissuto, che non era il mio vecchio, avevo da poco compiuto sette anni. Ricordo che i primi mesi li passai per lo più sotto il drappo “Schi” a piangere e ricordare, sognando che da un momento a l'altro il mio famigliare apparisse all'orizzonte con il suo solito sorriso gaglioffo e un sacco di iuta sulla spalla.

«Shisui era un bravuomo, un ottimo soldato, se hai ereditato anche solo metà dei suoi geni mi sarai d'aiuto, ora vieni.. ti ho comprato dalla vecchia Yo, da ora lavorerai da me come garzone.»

Fui accolto invece in casa di un suo vecchio commilitone, un uomo anziano ormai andato in “pensione”, che mi prese con se come aiutante. All'età di cinque anni avevo iniziato a fare qualche lavoretto, come andare nei cunicoli più piccoli delle miniere alla ricerca di materiali o per piazzare esplosivi, il tutto per una manciata di Ryo, ma fui presto indirizzato verso le risaia, sotto la vecchia Yo, infine il commilitone mi prese con se e divenni un “fabbro” come era lui. Non era malaccio come posto, se non ci si faceva caso al caldo boia e della puzza. Un fabbro in un villaggio non si occupava solo delle armi ma anche di attrezzi agricoli o meccanici, in sostanza era colui che permetteva a tutti di lavorare, quando si rompeva un qualsiasi oggetto in ferro chiamavano il fabbro.. persino quando si doveva fare i ferri ai cavalli e metterli lo si chiamava: si, il lavoro comprendeva essere maniscalchi.

All'età di otto anni incominciai gli studi in accademia, forse sperando che tutto questo potesse in una maniera contorta avvicinarmi al mio vecchio, ma ciò mi rese forse più triste che felice. Più andavo avanti negli studi più dubbi e paure si andavano a insinuare nelle mie certezze, si aggiunse poi la faccenda di Watashi e il caos che avrebbe causato. Molti studenti abbandonarono l'accademia in quel periodo, molti genitori erano preoccupati per la loro sicurezza, io d'altronde decisi di restare e continuare, cosa che non fece piacere al vecchio fabbro che decise di farmi una bella ramanzina. Ero portato, questo si, ma forse ai suoi occhi era meglio non fomentarmi.. il timore che potevo prendere una brutta strada o tentato di imitare il mio genitore lo terrorizzava. Passò così qualche tempo, la mia vita era piatta. Svegliarsi – Colazione – Accademia – Pranzo al sacco – Fucina – Cena. Alcune volte riuscivo a trovare qualche ora libera, che passavo in miniera - racimolando qualche ryo exstra – ovviamente tutto all'insaputa del fabbro . Ciò che nessuno si poteva aspettare era che a dieci anni avrei risvegliato la mia innata...

CITAZIONE
17 Agosto 246

Il sole batteva cocente sul terreno roccioso, rendendo l’aria afosa. Solo poche sferzate di vento davano pace ai lavoratori, per lo più emigrati di altri paesi e abitanti dei villaggi della zona che trasportavano pesanti carrucole colme di pietre grezze al di fuori delle alte montagne, o le spingevano vuote nuovamente al loro interno. Lo sfregare delle ruote di metallo sulla terra sollevava nugoli di polvere, che si sollevava e appiccicava alla pelle dei presenti, bagnata dal sudore, regalando alla loro pelle sfumature marroni. Ogni tanto qualche folata più forte delle altre gli regalava oltre che un po’ di respiro anche l’odoroso profumo del mare al di là dei picchi montuosi. Per quanto ognuno di loro desiderasse fermarsi e godere di quelle carezze che parevano giungere da lontano, non poteva permettersi il lusso di un profondo respiro: gli occhi attenti degli attendenti seguivano i loro movimenti, monitorando che ogni cosa proseguisse a dovere. A ridosso di una parete rocciosa, sopra un’impalcatura di legno dall'aspetto fatiscente, due uomini osservavano lo svolgersi dei lavori; in realtà solo uno dei due stringeva gli occhi seguendo i movimenti degli operai, l’altro aveva lo sguardo rivolto verso diverse carte sparpagliate sopra un tavolo posto di fronte a loro. L’uomo al suo fianco emise un gemito di disgusto misto a disapprovazione, per poi spostare l’attenzione verso l’altro: «Capisco sia una manodopera conveniente, ma non riesco a sopportare il tanfo che emanano queste fetide bestie.» disse con tono aspro. «Ne abbiamo già discusso» gli rispose dopo diversi secondi e un profondo sospiro «Non ho intenzione di cambiare i miei manovali solo perché il tuo naso è troppo delicato per la loro puzza. Pensi di avere un odore più piacevole in questo momento?» gli chiese, alzando finalmente lo sguardo dai fogli e spostandolo sul viso del suo interlocutore, le sopracciglia sollevate in un’espressione di eloquente sarcasmo.
Toshio Ozaki era un uomo rispettato nell’ambiente degli scavatori. Era da anni a capo di quella cava, e per quanto non provenisse da nessuna famiglia altolocata, non era di certo il tipo di persona da non prendere sul serio. L’uomo al suo fianco – poco più di un ragazzo in verità – era il rampollo del proprietario della miniera, ed era stato proprio quest’ultimo ad assegnargli il compito di insegnargli il mestiere, fagli capire come funzionava il lavoro in modo che fosse pronto a raccogliere l’ingente eredità quando fosse arrivato il momento. Personalmente Toshio augurava al vecchio che tirasse le cuoia il più tardi possibile, perché il ragazzo, estremamente schizzinoso e con la puzza sotto il naso, avrebbe dovuto masticarne di roccia e polvere prima di poterlo ritenere all’altezza. Come a conferma dei suoi pensieri il ragazzo lo guardò con stizza, oltraggiato dalle sue parole, ma fu abbastanza furbo da non replicare, e tornò a osservare con astio i lavoratori sotto di lui. Il suo sguardo si posò su un gruppo di minuti pellegrini dalla carnagione scura; erano veramente piccoli ed emaciati, tanto che non capiva come fosse possibile che riuscissero ad avere abbastanza forza da spingere le pesanti carrucole. Li studiò silenziosamente per diversi minuti, scrutando i loro lenti movimenti, come le lunghe dita si posavano sui pezzi di roccia frantumata dai picconi, depositandoli con cura sopra i cumuli già disposti. La mancanza di sbuffi e lamenti catturò l’attenzione di Toshio, che si voltò nuovamente a guardarlo; seguì il suo sguardo, fino ad arrivare all’oggetto del suo interesse. «Grandi lavoratori, i Tuareg.» sentenziò, facendo sussultare il ragazzo. Lo guardò con espressione scettica ma Toshio sostenne il suo sguardo, certo della propria affermazione. «Sembrano gracili, ma è tutta apparenza: in realtà sono resistenti e tenaci. Del resto l’unica cosa che gli è rimasta da vendere è la loro pellaccia, e la vendono a caro prezzo». Il ragazzo aggrottò le sopracciglia, perplesso. Il volto di Toshio si contrasse in un’espressione divertita: «Pensi che se uno di loro avesse anche solo un’alternativa sceglierebbe comunque di vendersi a un uomo di Iwa? No, decisamente. Il disgusto che tu provi per loro è totalmente ricambiato. Non gli è rimasto più niente nella vita, sono emarginati e disprezzati dalla loro gente. La loro unica possibilità di sopravvivere è piegare il loro orgoglio e abbassarsi a questi umili lavori. Hanno perso tutti qualcosa a causa di Watashi, molti l'intera famiglia, altri la voglia di vivere e altri ancora la sanità mentale. Almeno qui hanno un pasto caldo garantito, il che non è male, di questi tempi!» l’uomo sbottò in una risata amara, mentre il ragazzo tornava a guardare i ragazzi Tuareg che erano ormai all’ingresso della cava, pronti a scomparire oltre la soglia.

I lavori proseguirono per il resto del pomeriggio, mentre il sole proseguiva il suo corso nel cielo, curvando verso l’orizzonte. Nel largo spiazzo polveroso al di fuori della cava erano rimasti pochi manovali e per lo più gli attendenti, che aspettavano la fine del turno nella miniera per poter finalmente abbandonare quel luogo lurido. Mancava veramente pochissimo al termine di una giornata comune a tante altre, quando all’improvviso la terra tremò. Fu una scossa violenta, che fece vacillare i ponteggi, scardinando i più vecchi e i meno resistenti. Gli uomini si accovacciarono al suolo, portando le mani sopra la testa, pronti a proteggersi da eventuali crolli. Il tremore passò com’era venuto, ma dopo brevi secondi, come il tuono che segue il lampo, giunse chiaro alle loro orecchie un poderoso urlo, che scosse la montagna quasi con la stessa intensità del terremoto. Un folto gruppo di lavoratori sgusciò fuori dalla montagna correndo disperatamente, come uno sciame d’api terrorizzato. Toshio e alcuni dei suoi uomini gli si precipitò incontro e fu accolto da centinaia di grida, in lingue e accenti differenti, che significavano un’unica parola. L’uomo sgranò gli occhi incredulo; si guardava intorno, disperato, osservando quella congerie di etnie agitarsi terrorizzate, cercando di allontanarsi il più possibile dalla montagna, desiderosi di mettere una cospicua distanza. Il figlio del proprietario, dopo essersi assicurato di non aver riportato danni e che la situazione era abbastanza sicura da potersi spostare dal suo rifugio, si avvicinò al capannello di uomini, raggiungendo il fianco di Tosho. «Che è successo?!» gli chiese, osservando i lavoratori in preda al panico, per poi spostare lo sguardo sull’uomo. Quello si voltò lentamente, gli occhi sgranati in un misto di stupore e paura. «Che stanno dicendo?» chiese nuovamente il ragazzo, allarmato da quell’espressione. «Un… demone. Un demone nella cava».

Furono subito chiamati gli Anbu del villaggio della Roccia, che nel giro di poche ore iniziarono a indagare sull'avvenuto. Watashi era stato da poco sconfitto e i suoi figli, almeno teoricamente, erano scomparsi con lui. Dopo due giorni di controlli, perlustrazioni e esplorazioni all'interno i cunicoli, ciò che tirarono fuori dalle profondità della montagna furono cinque ragazzini, tra i sette e i tredici anni, tra cui vi ero io. Non appena ci interrogarono la verità venne a galla: Il tunnel 237-B,nel condotto Nord-Est, alla profondità di 2,1 km era collassato a causa di alcune impalcature in legno montate male. Cosa normale, in verità, questo genere di incidenti era all'ordine del giorno. Il caso volle che a essere coinvolto era il gruppo di perlustrazione F, formato da sei bambini e due adolescenti. Quando le macerie iniziarono a caderci in testa, pronti a schiacciarci a morte, il mio corpo ricevette come una scossa che mi surriscaldò tanto da generare diverse esplosioni. Le deflagrazioni furono tali da peggiorare il crollo, rendendo il tunnel del tutto inutilizzabile. Il resto lo fece lo stress e la paura regressa di Watashi, generando una pandemia tale da portare le menti dei minatori a pensare di aver visto un membro della progenie all'interno di quei scavi. Fui medicato e riportato al vecchio fabbro, che mi teneva in custodia. Fu proprio quest'ultimo a punirmi pesantemente, visto che avevo accettato quel “lavoretto” senza informarlo ne chiedendogli l'autorizzazione.

«Quindi fai parte del Clan Bakuton, questo si che è una svolta interessante. Domani ti accompagnerò alla sede del clan, devi imparare a controllare la tua kekkai, ci manca solo che mi fai saltare in aria la fucina»

Provai qualche volta a chiedere se anche mio padre facesse parte del clan Bakuton, visto che io non l'avevo mai visto frequentare persone di quel clan o utilizzare la kekkai, ma il vecchio non mi seppe rispondere, lasciando così il mistero su come potessi avere una simile innata.

Qualcuno, ormai, si starà domandando il motivo per cui ancora non ho mai parlato della donna che mi ha messo al mondo, ecco, ovviamente la risposta è tra quelle più banali e scontate, in effetti esiste, non sono mica un pupazzo creato in laboratorio, o per meglio dire esisteva. Secondo i racconti di mio padre era una donna cagionevole di salute, che conobbe durante una sua missione e di cui si innamorò. Ebbe una breve relazione con lei per poi abbandonarla e tornare al villaggio quando il suo lavoro in quella zona finì. Nove mesi dopo si fece vivo il fratello, con un frugoletto in braccio e una sua lettera. Mio padre dopo aver letto le ultime parole di quella donna, mi dichiarò suo figlio legittimo e mi allevò. Da quel giorno non ci furono più contatti con la famiglia di mia madre. Lei era morta, e i suoi parenti erano nomadi vagabondi.. questa fu la sua spiegazione, alquanto semplicistica, e me la feci bastare.

«Se tuo padre ti ha detto questo vorrà dire che i fatti sono andati in quella maniera, eravamo compagni di bevute e di lavoro.. non confidenti. Ora non farmi perdere altro tempo! Ho promesso a Gihei che il suo ordine sarebbe stato pronto in serata»

Il vecchio fabbro sapeva qualcosa questo era certo ma aveva preferito avallare ciò che mi aveva detto Shisui e chiudere così la faccenda.

Nei due anni seguenti non feci più alcuna domanda sulla mia famiglia, ne cercai altri lavoretti “illegali” alla miniera – il mio tutore mi seguiva a vista manco fossi un serial killer -, ma puntai tutto sullo studio in accademia e alla sede del clan. Era inutile pensare al passato, meglio occuparsi di qualcosa di più proficuo...
 
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view post Posted on 28/7/2017, 13:13
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Mhh... mhhhh..

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Complimenti, soprattutto la parte in cui parli del padre: è scritto in maniera molto lineare ma altrettanto credibile.
Nulla da dire riguardo ai Tuareg; le steppe di Iwa sono sterminate, e certamente vi sono carovane che le attraversano... anche di popolazioni che normalmente dovrebbero trovarsi in un deserto sabbioso XD.

Abilitato, adesso leggi passo passo la Guida alla creazione della scheda e primi passi. Lo Staff a breve ti aprirà la scheda fornendo il codice che dovrai modificare e ripresentare nello stesso topic. Appena possibile lo Staff verrà a controllare che tu abbia inserito bene i dati convalidando la scheda e aggiornando il post di apertura.

A quel punto potrai richiedere di fare l'Esame Genin nel topic Accademia, nella modalità che preferisci.
 
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The Moth
view post Posted on 19/8/2017, 15:39




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• [NOME]: Hachi
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• [COGNOME]: Kamizuru
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• [CLAN]: Kamizuru
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• [ASPETTO FISICO e CARATTERIALE]: Hachi è una ragazzina piuttosto minuta, sebbene il fisico asciutto e giovanile nasconda una prestanza inaspettata data la mole di allenamenti ai quali si è sottoposta fin dalla più tenera età: ha infatti l’aspetto di una fanciulla di nobile famiglia per via degli eleganti yukata che indossa abitualmente (sotto ai quale nasconde perfettamente le borse per le armi e le protezioni per gambe, braccia e sterno) e spesso veniva sottovalutata dai compagni di accademia che dovevano scontrarsi con lei, che però si ritrovavano puntualmente contro un’avversaria sfuggente e molto agile.
Gli occhi sono del colore del sole al tramonto, e i capelli biondo cenere incorniciano il suo viso dalla carnagione particolarmente chiara; il quadro generale sembrerebbe descrivere una fanciulla impeccabile, una gioia per gli occhi, se non fosse per il fatto che la maggior parte del tempo è possibile vederle camminare sulle mani, sul collo e anche sul volto, delle grosse vespe dal ventre gonfio e di un giallo e nero brillantissimi: questa caratteristica spesso spiazza chi la incontra per le rocciose vie del villaggio, soprattutto per via della contrapposizione di quelle creature agghiaccianti e l’espressione perennemente serena della fanciulla.
Hachi è infatti una ragazzina che raramente si scompone, lo sguardo non trasmette quasi mai emozioni troppo accese (a meno che non stia parlando di/con le sue “piccole”), ed è raro vederla arrabbiarsi per qualcosa: ha lo sguardo spesso assente, e se viene richiamata si limita a sorridere e tornare concentrata su ciò al quale stava prestando attenzione.
È molto socievole, sebbene per via delle sue piccole amiche non riesca a fare amicizia così facilmente come gli altri suoi coetanei.

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• [STORIA]:La famiglia di Hachi è molto numerosa, un ramo del clan Kamizuru rintanatosi da settant’anni all’interno di una delle montagne che costeggiano il villaggio in cui i ruoli tra uomini e donne sono ben definiti: a partire dai due capifamiglia, i nonni di Hachi, ogni maschio nato e integrato all’interno del nucleo familiare ha dovuto intraprendere la carriera militare per diventare uno shinobi, mentre ogni femmina è stata posta all’allevamento e la cura degli alveari, oltre che alla ricerca per migliorare le varie specie di vespidi che vengono poi affidati ai ninja della famiglia.
I due anziani capifamiglia hanno messo al mondo quattordici figli, sei femmine e otto maschi, dieci dei quali si sono sposati e hanno dato loro dei nipoti e in alcuni casi anche dei bisnipoti: l’intero sotto-clan che si è venuto a formare conta ad oggi più di sessanta elementi, tutti sparsi in sole tre generazioni.
L’intera comunità ha nel tempo occupato un’immensa caverna, scavandola e costruendoci dentro tutte le abitazioni necessarie a contenere la grande famiglia, ma anche ricreando un ambiente naturale adeguato agli immensi alveari che “coltivano”: in profondità, tutta una serie di camere ricavate dalla roccia ospitano centinaia di alveari, con altrettante variazioni di specie di vespe, api e calabroni che vengono allevate con cura.
Hachi è la più giovane delle tre femmine nate dai suoi genitori: sua mamma e le sue sorelle sono, come tutte le altre donne della famiglia, addette alla cura degli alveari, e quello sarebbe dovuto essere anche il suo destino se non fosse stato per l’incredibile affinità che la ragazzina ha con gli insetti: il motivo per il quale soltanto agli uomini della famiglia viene permesso di intraprendere la carriera ninja è proprio per qualcosa che risiede nella qualità del loro chakra, una caratteristica che li rende più inclini alla cooperazione con le loro vespe, mentre per le donne della famiglia è sempre stato più difficile ottenere questa affinità.
All’età di sei anni però Hachi dimostra di riuscire già a controllare le più irruente e difficili da gestire di tutte le specie che la famiglia aveva da poco iniziato a far nascere grazie ad un incrocio particolare, quelle che diventeranno poi le sue “piccoline”: i nonni, di fronte a questa capacità impossibile da ignorare, decidono quindi di dare anche a lei la possibilità di diventare una kunoichi, permettendo alla giovane di iniziare l’accademia ninja nel villaggio insieme ad alcuni dei suoi cugini maschi.
 
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view post Posted on 19/8/2017, 16:31
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Ti farei qualche domanda per capire meglio come funziona la famiglia di Hachi: avrai letto che il clan ha una sede precisa, come mai loro scelgono di vivere da soli? Si sentono comunque parte dello stesso "alveare", o la scelta di coltivare ceppi particolari di insetti li ha spinti a stare per fatti loro?

Idem con patate per la spartizione dei compiti in famiglia: nel clan principale questa distinzione è assente. Si tratta di un assetto dovuto alle caratteristiche dei ceppi allevati, o è stato scelto a prescindere? (cioè prima ancora dell'inizio delle sperimentazioni). Nel secondo caso ti chiederei qualche approfondimento, proprio perché da bg del clan questa organizzazione non è presente negli altri Kamizuru.
 
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The Moth
view post Posted on 19/8/2017, 17:21




CITAZIONE (-Egeria- @ 19/8/2017, 17:31) 
Ti farei qualche domanda per capire meglio come funziona la famiglia di Hachi: avrai letto che il clan ha una sede precisa, come mai loro scelgono di vivere da soli? Si sentono comunque parte dello stesso "alveare", o la scelta di coltivare ceppi particolari di insetti li ha spinti a stare per fatti loro?

Idem con patate per la spartizione dei compiti in famiglia: nel clan principale questa distinzione è assente. Si tratta di un assetto dovuto alle caratteristiche dei ceppi allevati, o è stato scelto a prescindere? (cioè prima ancora dell'inizio delle sperimentazioni). Nel secondo caso ti chiederei qualche approfondimento, proprio perché da bg del clan questa organizzazione non è presente negli altri Kamizuru.

Hai perfettamente ragione, avevo letto nella descrizione del clan di dov'era ma non ho pensato di ragionare su una storia che rendesse plausibile la storia dell'allontanamento del nonno, e la partizione di ruoli nella famiglia l'ho data per scontata senza spiegarla XD ho riscritto interamente la storia del suo ramo familiare, spero che così si capisca meglio e soprattutto che sia fattibile!

Le origini del ceppo familiare di Hachi vanno ricercate all’epoca in cui suo nonno, Hamire Kamizuru, era ancora un giovane shinobi innamorato del suo dono e delle sue creature, come ogn esponente del suo clan gli aveva insegnato fin da piccolino.
Figlio unico, i suoi genitori non gli avevano però mai dato modo di sperimentare ciò che più di tutto Hamire desiderava: ampliare la varietà dei letali insetti con i quali avevano quel legame così speciale, creare nuovi incroci, modificare con un breeding mirato e consapevole quelle che, anche se con una visione un po’ cinica, erano le loro più potenti armi.
La sua famiglia, ancora ancorata al rispetto reverenziale per la natura in tutta la sua maestosa purezza, considerava una mancanza di rispetto anche solo il pensiero di voler giocare a fare gli dei con le creature con le quali la loro antenata aveva stretto quel patto di reciproco aiuto.
Ma il giovane ninja la pensava in maniera molto diversa, e presto si sentì costretto a chiedere udienza direttamente al capoclan per richiedere il consenso alla sua idea di allevamento e perfezionamento di alcuni alveari: la risposta che ricevette fu soddisfacente soltanto a metà, in quanto il capoclan acconsentì a permettergli di iniziare ad allevare nuove specie di vespidi per ampliare la portata della loro potenza bellica, ma non all’interno del loro clan; la maggior parte dei membri del clan erano infatti della stessa opinione dei genitori di Hamire, e non avrebbero sopportato l’idea di vedere i propri adorati e purissimi alveari toccati da specie create con degli incroci non decretati dall’ordine naturale delle cose.
Il giovane non si crucciò particolarmente, commosso dalla fiducia che il proprio capoclan gli aveva dimostrato e con la consapevolezza di poter apportare un effettivo miglioramento ai propri alleati, senza mai perdere di vista il rispetto per quelle creature e con la promessa di non agire mai sovrapponendo le sue necessità a quelle degli animali.
Fu così che prese un solo alveare donatogli dal capoclan, e si diresse assieme alla sua futura moglie sull’altopiano al confine sudorientale del villaggio di Iwa, avvicinandosi alla città ma allontanandosi dal proprio clan.
La montagna nella quale fondò il suo piccolo nuovo mondo aveva tutto ciò che poteva desiderare, tranne la vegetazione: fu un lavoro durato più di un anno quello che occupò i due giovani nel trasformare la parte più interna della montagna in una perfetta incubatrice per le loro api e vespe, approfittando della forte umidità presente in profondità, e creando una sorta di serra con cunicoli per far arrivare la luce del sole, e un’irrigazione costante tramite un piccolo torrente sotterraneo.
Shumire Sanzen, la giovane compagna di Hamire, era una donna che non aveva nessun talento particolare, se non quello di essere estremamente devota agli ideali dell’uomo che amava: sebbene non avesse particolare affinità con le bestiole che aveva iniziato suo malgrado ad accudire, fece di tutto per rendere realtà il loro sogno di installare una nuova colonia e renderla una base di ricerca operativa al più presto possibile.
I due giovani si sposarono, e nel corso degli anni ebbero molti figli, sei femmine ed otto maschi.
Ciò che però i due constatarono con tristezza fu che i geni della donna agivano in modo particolare con quelli del marito, andando ad intaccare quella che per qualità del chakra era l’affinità che i membri del clan Kamirizu avevano con gli insetti.
Si resero infatti conto che tutte le loro figlie femmine avevano incredibilmente più difficoltà ad entrare in sintonia con le loro vespe, sia che fossero le eredi di quelle arrivate con l’alveare originale del clan di Hamire, sia che si trattasse di appartenenti ad altre specie. A differenza loro, i maschi avevano un talento forte tanto quello dei veri appartenenti al clan, dimostrando fin dalla più tenera età di poter contare sulla collaborazione anche con i calabroni più violenti.
Fu così che, per evitare di mettere a repentaglio la vita delle figlie (nel caso in cui in momento di difficoltà le vespe non avessero obbedito ai loro ordini, magari pure rivoltandosi contro di loro), i due capifamiglia decisero di consentire solamente ai loro figli maschi di intraprendere la carriera militare, limitando le femmine nella gestione degli alveari e nella continuazione della ricerca, aiutate da tute protettive e fumo per poter gestire gli insetti anche quando il loro controllo veniva meno.
Col tempo, i figli di Hamire e Shumire crebbero, e molti di loro (ben dieci su quattordici) si sposarono con altri membri del villaggio, alcuni addirittura provenienti proprio dal ramo originale del clan: nonostante i nuovi geni introdotti nel ramo familiare, la maledizione che affliggeva i membri di sesso femminile della famiglia non cessò, e ogni bambina nata sembrava avere le stesse difficoltà, e fu quindi destinata alla stessa mansione delle parenti.
Quando nacqua Hachi, l’ultima delle tre figlie dell’ultimogenita dei due capifamiglia, nessuno fece neanche caso al fatto che sembrasse avere leggermente meno difficoltà, da piccolina, a gestire le bestiole che ronzavano anche vicino alle abitazioni dei vari nuclei familiari.
Fu soltanto quando, all’età di sei anni, la bimba decise di andare a giocare nell’ala sigillata della serra incubatrice che i genitori e i nonni si resero conto che forse in lei c’era qualcosa di diverso; in quella particolare zona infatti, isolata dalle altre da una teca di vetro, la famiglia aveva da poco dato vita ad una nuova specie di calabroni, più grossi ed aggressivi di quelli canonici, e quindi per questo tenuti da parte perché più difficili da controllare: arrivati col cuore in gola di fronte alla serra per portare in salvo la bimba, i parenti rimasero di sasso a vedere la piccola Hachi giocare serena con quegli insetti grandi quasi la metà delle sue mani.
A quanto pare l’handicap che aveva afflitto tutte le sue zie e sorelle non era presente nella bimba, che anzi pareva avere una affinità particolare con quella nuova specie così difficile da gestire anche dai suoi zii più esperti.
Fu così quindi che il nonno acconsentì a fare per lei un’eccezione alla regola familiare per cui le donne non potevano intraprendere la vita militare, dandole la possibilità di iniziare ad allenarsi con i cugini per poter poi, una volta raggiunta l’età, frequentare l’accademia ninja ed aumentare le fila degli shinobi e kunoichi controllori di vespe nella forza bellica di Iwa.
 
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