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Nome: Katashi
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Cognome: Degawa
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Clan: Nessuno
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Aspetto Fisico e Caratteriale: Un fisico non particolarmente granitico distribuito lungo centimetri un poco esuberanti per la sua età, caratterizzato da una muscolatura appena abbozzata che inizia a far mostra di sè affiorando ogni giorno di più dalle rotondità morbide della prima fanciullezza. Lineamenti leggeri, che poco sembrano aver tratto dalla vicinanza con le monolitiche costruzioni del suo villaggio natale, trovano chiosa nel loro centro con iridi azzurre insonnolite da palpebre un poco cadenti. Castani capelli chiari sono portati con uno spartano taglio corto, leggermente più lungo nella porzione centrale, incorniciano un volto squadrato, non perfettamente simmetrico ma regolare.
Si distingue per una personalità riservata sebbene aperta al prossimo, con una predilezione per i lunghi silenzi che spesso lo limita nei rapporti di più fresca data. Sebbene sempre a suo agio in compagnia di terzi, non ama le luci della ribalta e le troppe attenzioni. Vanta numerose amicizie negli anni dell'accademia, passati ad intessere legami con un'ampia cerchia di coetanei, anche se considera pochi i veri conoscenti su cui fare totale affidamento.
Un ragazzetto a tratti indolente anche per le vicende che lo toccano più da vicino, sobissa questa superficie con un carattere, in profondità, indurito per gli eventi di un'infanzia a tratti burrascosa. Un'indole intarsiata nella dura e nuda pietra che fa della fermezza e la rigidità, soprattutto nei propri confronti, le punte taglienti e irregolari che vanno spesso ad abradere la lucente patina descritta. Convinzioni così radicate in lui da rendergli spesso difficile assumere diversi punti di vista, difettandolo di un'empatia che talvolta pare essere il peggiore nemico della sua natura. Raramente smosso dalle altrui azioni, mai dalle parole, ha tratto alcuni puerili insegnamenti dalle poche esperienze fatte nella sua breve vita che lo conducono per sentieri di pensiero complessi, recanti sempre a morali e risultati simili tra loro.
Come sempre uguali sono le rocche che circondano la vallata in cui la sua Iwa si erge.
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Storia:
Non rammentava con esattezza come fosse quella sera, ricordando soltanto una brezza insolitamente calda per il clima che da giorni avvolgeva le catene montuose attorno al villaggio. Il freddo della terra sotto di lui, in uno spoglio abbraccio con la propria guancia sinistra premuta con forza, sembrava volersi quasi prendere gioco di quella bava di vento piacevole.
Le labbra andavano ad umettarsi della rena dello spoglio giardino che lo circondava, mentre gli occhi fissavano la figura femminile in piedi sulla soglia di casa. Un salto indietro nel tempo, con un colpo di reni della mente, lo riportò alla visione di un'altra figura sulla porta, con un'espressione frastornata in volto mentre le ultime forti parole di sua madre spezzavano ogni speranza di mantenere l'equilibrio che la sua famiglia aveva conosciuto fino a quei giorni. L'uomo aveva voltato le spalle chiudendo la porta lentamente, sparendo dietro di essa senza fare più ritorno dinanzi ai presenti.
Eppure quella porta era stata chiusa da molto, quando egli aveva permesso che la miseria si impadronisse di quelle mura domestiche, artefice del proprio fallimento e reo di una debolezza che Katashi, ancora forse troppo piccolo per affrontare simili questioni, non riusciva a comprendere. Un modico benessere, quello della sua famiglia, sperperato dal padre in gioco d'azzardo e forti liquori nelle bettole della Roccia laddove a malapena riusciva a reggersi in piedi nelle ore di lavoro nelle cave della periferia per portare sulla loro tavola un tozzo di pane.
Se da un lato mai un gesto di violenza mosse contro sua moglie, lui o sua sorella, più piccola di un paio di anni, liti continue allontanarono la compagna dall'uomo di casa sempre più. Il silenzio spadroneggiò a lungo nelle stanze della loro dimora, portando seco un frastuono carico di conseguenze.
Non aveva memoria del giorno esatto, se questo avesse avuto una mattina di limpido sole oppure le dita di lunghe ombre nell'oscurità di un cielo ammantato di nuvole. La certezza era che da un qualche dì la figura di un diverso uomo iniziò a vagare di tanto in tanto tra gli spazi vuoti della casa. Quando suo padre era assente un vecchio amico d'infanzia di sua madre, mercante itinerante di stoffe preziose il cui nome in passato era appena stato accennato in rare occasioni, veniva spesso a fare loro visita. Agli occhi ancora inesperti di mondo del ragazzino gli sguardi tra i due protagonisti ormai di molti dei lunghi pomeriggi privi della voce del padre erano scabri di ogni spessore, implicazione.
Eppure tutto divenne chiaro dall'istante in cui, dietro quella porta, l'uomo che lo aveva messo al mondo fece la sua silenziosa scomparsa; con la marcia codarda dei vinti che non fa rumore e che tanto era odiosa agli occhi di Katashi. Un odio, figlio del disgusto e di un sentimento spezzato, sgorgò in lui nel vedere per gli ultimi istanti il volto che se ne andava incontro ad altro, lontano dal loro focolare.
Il mercante, così bonario e carico di sorrisi negli atoni tempi in cui, lentamente ma senza altra alternativa, era andato sostituendo la figura paterna, gravava su di lui con l'intero peso del corpo.
Katashi era rimasto a lungo immobile, nella parola e nello spirito, ad osservare i mutamenti che avvenivano attorno a lui. Aveva osservato la moneta con cui l'uomo ripagava le attenzioni della madre, un tempo rivolte ad un altro, cambiare in indifferenza e malcelato senso di superiorità e disprezzo. L'arroganza crescente che in quel torno di tempo dimostrava con lui e la piccola Hiroe era troppa perchè le dure venature di pietra con cui già stava rivestendo la sua anima non fossero scalfite.
L'uomo avvicinò la bocca all'orecchio del giovane, fintanto che quest'ultimo potè sentire l'umidità del suo respiro.
Vuoi fare la guerra con me? Rispondi!
In quell'istante il dolore per la posa costretta era inferiore solo a quello provocato dall'assoluta distanza della madre: spettatrice in disparte di quanto stava accadendo.
Sei un debole.. come il tuo vecchio. Chi è debole al mondo ottiene poco, e perde ancora di più..
Una secca risata fu il preludio ad un rilascio graduale della morsa in cui il ragazzino si era trovato suo malgrado avviluppato. Restò immobile a terra, lasciando che quelle parole lo attraversassero lacerando una parte di lui che, a ricordare dopo molto tempo, non saprebbe ritrovare.
Mi sono preso tutto ciò che aveva.. facci l'abitudine e accettalo ragazzo
Senza neppure saperlo o immaginarlo Katashi per la prima volta, riverso completamente a terra com'era, la sentì bisbigliare. Qualcosa di confuso, impronunciabile per orecchio umano ma che gli giungeva come il più profondo e veritiero dei suoni che avesse udito. L'abbraccio di qualcosa che era immensamente più grande di lui ma che sembrava essere scivolato al suo fianco in quegli istanti di rabbia e impotenza. Farsi per un istante piccolo e salvaguardarlo donandogli pace, almeno per un attimo.
Quando si rimise in piedi, sfilando accanto al suo oppressore senza rivolgere la sconfitta di uno sguardo, pronunciò poche parole: forse suggerite dalla terra stessa.
.. non hai preso me ..
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Il vecchio lo guardava con l'aria di chi si era ritrovato tra le mani un attrezzo da lavoro, nella penombra della sua bottega, del quale non riconosceva la provenienza ne il giusto impiego. Qualcosa senza logica nel panorama della meticolosa precisione di cui solo un artigiano come lui, proveniente dalle fila militari della Roccia, poteva essere capace. Eppure l'occhio allenato e la mente vigile non mancarono di fargli presente come l'
arnese in questione qualche utilità potesse averla.
Più volte spiegò al ragazzo che il lavoro era di quelli massacranti, che aveva fatto scappare gente più adulta e matura di lui, garzoni con tanto di esperienza che non avevano voluto saperne di restare un'ora in più del termine della prima giornata di fatiche. Avrebbe dormito in una stanza attigua al salone di lavoro durante i giorni lavorativi, svegliandosi con le prime luci dell'alba e riponendo i ferri solo all'imbrunire della sera.
.. come ti ho già detto vecchio non chiedo altro .. solo un lavoro e un tetto sopra la testa
Era stata sua madre a presentargli quell'attempato fabbro che aveva davanti, quasi accogliendo con benevolenza il desiderio del figlio di andare lontano da qualcosa che lo stava stritolandolo sempre più. Il desiderio di mettere qualcosa da parte per costruirsi un futuro lontano da una casa che ormai non era altro che quattro anonime mura, ben distanti dal significato che aveva appreso nel tempo, era pulsante e impossibile da ignorare.
Osservava il bottegaio guardarlo attraverso le esili nuvole di fumo che la sigaretta gettava nello spazio di aria libero tra i due, perdendosi in confuse forme che dovevano assomigliare ai suoi pensieri. Lo scrutava come si fa con un dannato gioco di prestigio del quale non si viene a capo, un indovinello stupido che però cela con forza il suo cardine.
Un cenno di assenso, svolazzato con la mano libera dall'impedimento del quotidiano vizio, fu tutto ciò che ricevette.
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Il vecchio Darui lo guardò a lungo in silenzio, mentre con caricati gesti si accendeva l'ennesima sigaretta con un mozzicone di fiammifero. Gettò lo sguardo sul blocco di pietra in mezzo ai due.
Com'è successo?
Katashi accordò il suo sguardo a quello dell'artigiano per una manciata di secondi, prima di prendere la parola. Non sapeva con precisione che dire, se non che nelle sue intenzioni quella mattina, come ogni altra, c'era quella di frantumare il monolite in pezzi di pietra più piccolo per iniziare la lavorazione di cesello. Aveva seguito le istruzioni del suo mentore in materia per filo e per segno, o almeno ci aveva provato prima di scoprire che le sue braccia di giovanotto non erano sufficientemente forti, quella volta, per completare l'opera. Si era arrovellato non poco sul da farsi, tentando e ritentando in più modi. Molto era il lavoro che lo aspettava e sapeva che, sebbene i rapporti col burrascoso Darui fossero da tempo consolidati, niente metteva a rischio la sua posizione in quella bottega come un lavoro inconcluso, agli occhi del mastro.
Un senso di frustrazione e di impotenza lo aveva colto..
.. e questo è ciò che è accaduto. Mi sono solo appoggiato a questa stupida pietra
Il blocco igneo era perfettamente divelto in due porzioni. Una fenditura liscia lo attraversava, senza grazia ne l'accenno di sensate proporzioni. Ormai l'intera struttura era inservibile per gli scopi prefissi, eppure Katashi non leggeva rammarico o biasimo nello sguardo dell'anziano.
Questo se ne andò borbottando e si rigettò nei propri compiti, in disparte, quasi senza interessarsi alla vicenda e senza mostrare l'intenzione di volerne dare una chiusura.
Solo a tarda sera, mentre i due si concedevano il meritato riposo dopo il solito pasto frugale, rivolse ancora parola al ragazzino.
La prossima settimana ci sono le iscrizioni all'Accademia per Shinobi
Un mezzo sorriso si dipinse sul volto del giovane, che già scuoteva la testa verso il suo interlocutore.
Non fa per me
L'uomo spense la sigaretta grattandola al muro vicino alla finestra davanti alla quale si trovavano entrambi seduti. Riviveva in quei momenti i suoi trascorsi nelle fila della Roccia, restando assorto negli ultimi chiarori della sera forse qualche istante di troppo.
Si guadagna bene.. si diviene potenti
Dentro di se chiedeva perdono a quel ragazzo a cui tanto si era affezionato nel tempo trascorso assieme tra sudore, duro lavoro e discussioni quotidiane. Conosceva la sua storia quel tanto che bastava a comprendere che il
si, il giorno in cui si era presentato alla sua porta con la madre, era la sola risposta che potesse dare.
Sapeva che la giusta corda dentro di lui avrebbe vibrato. Forse scoprendo ferite ancora troppo fresche, ma avrebbe smosso i macigni che vedeva dietro l'azzurro dei suoi occhi. Osservò in un angolo dell'officina la pietra malamente intarsiata, riflettendo però sul suo allievo.
Non era uno spreco che il villaggio poteva permettersi.
E cosa ancora più importante.. può darti uno scopo
Osservò lo sguardo fermo di Katashi, quello che solo in occasione dei lavori più articolati e difficili era solito vedere. Riservato alle piccole imprese di un ragazzino alle prese con un mestiere complicato che non voleva saperne di tirarsi indietro senza aver fatto la sua parte.
Ne fu compiaciuto.
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Aveva affrontato anni di studi con il sostegno costante del vecchio Darui. Continuava a lavorare a tempo pieno, senza sosta, nella sua bottega, relegando le poche giornate libere a saltuarie visite alla famiglia durante le quali riversava ogni goccia di attenzione e sentimento alla sorella.
Era pronto ad affrontare ogni difficoltà che la sua scelta, presa una strana sera d'inverno davanti al fumo di una sigaretta non sua, gli avrebbe messo innanzi.
Il primo passo era l'esame per divenire Genin di Iwa.