~ Secondo Personaggio~Nome: Keigai
Cognome: Shishi
Clan: Senza clan - Aspirante Jashinista
Villaggio: Kumo
Descrizione fisico-caratteriale: Ragazza di 18 anni, molto alta e slanciata, raggiunge il metro e ottantacinque. La pelle è molto chiara, diafana, da renderla simile a porcellana, dando l'impressione di essere estremamente delicata, di sciuparla anche solo toccandola. Lunghi capelli rosa, lasciati crescere in maniera indomita, nascondono due occhi di un azzurro intenso, acquamarina.
Keigai soffre di una particolare forma di autismo, che la costringe a chiudersi in un mondo tutto suo, estraniandosi in parte dalla realtà che la circonda. Uno dei pochi modi che ha di comunicare tramite il mondo esterno è con la musica. Adora suonare la sua chitarra, regalatale dal suo tutore che affettuosamente la considera il suo coniglietto rosa. Il cinguettio degli uccelli e il frullare d'ali delle farfalle sono i suoi suoni preferiti, gli unici che, in qualche modo, placano la sua voce interiore. Una voce che le sussurra come reagire col mondo esterno, spingendola a dar luce ad un lato sadico e sanguinario del suo animo che è stato da sempre represso.
Background:
1° Giorno di seduta.Il ninja della divisione medica di Kumo, Koiji Moi, scrutò pensieroso oltre la porta. Sapeva perfettamente chi avrebbe trovato in quella stanza: Keigai Shishi, quattordici anni, almeno stando alla documentazione ricevuta dagli addetti dell'Accademia ninja.
L'unica superstite durante un'esame per la promozione a Genin, era stata ritrovata in stato confusionale all'uscita del centro d'addestramento, completamente imbrattata di sangue. Dei tre suoi compagni di corso non se ne avevano tracce.
Con un sospiro, lo psicologo si passò una mano sul viso, ripensando a quando avevano portato quella ragazzina smilza e mingherlina lì alla clinica.
"Per la miseria, siamo a Kumo, mica in quella fogna sanguinaria di Kiri..."Pensò, cercando di mantenere la calma. Per prima cosa dovevano interrogare quella strana ragazzina, cercando di capire cosa fosse successo in quel maledetto campo d'addestramento.
Facendosi forza, spalancò la porta di quella che era un incrocio tra una sala interrogatori e una stanza d'ospedale: le pareti erano di un tenue azzurro pastello, mentre il resto della mobilia, che consisteva in un letto e un tavolo con due sedie, erano bianche con rifiniture metalliche. Non c'erano finestre, la luce proveniva da delle lampade al led incassate nel soffitto, mentre su una parete era montato uno specchio che permetteva di vedere dall'altra parte, senza però essere osservati.
Ed era lì che si stava specchiando Keigai, una ragazzina alta e slanciata, con una massa di capelli rosa tagliati corti, con una frangia che le copriva in parte il viso, nascondendole un occhio che, a giudicare dall'altro, doveva essere di un azzurro intenso, acquamarina. L'espressione dipinta sul viso dalla pelle chiara era vuota, come se non vedesse per nulla il suo riflesso, persa in chissà quali pensieri. Nemmeno quando Koiji si schiarì la gola, lei si destò da quel suo vuoto torpore.
"Ho è lo shock che ha subito, o qui qualcosa non quadra..."Pensò lo psicologo, cercando di attirare l'attenzione della fanciulla.
Keigai, allora, come ti senti oggi? Sei riuscita a riposarti per bene?Nel sentire il suo nome, la ragazza parve riscuotersi leggermente, senza però perdere quella sua espressione vuota. Impassibile, guardò l'uomo appena entrato, per poi tornare a concentrarsi sul suo riflesso, senza però vederlo realmente.
Koiji era tentato di dirle altro, ma la voce della giovane lo zittì prima ancora di poterle chiedere altro.
Dov'è la mia chitarra? Rivoglio la mia chitarra...Già, la sua chitarra... Uno strumento a corda dal particolare design, nulla da ridire, ma quando l'avevano trovata, sporca di sangue, gliel'avevano portata via, per poterla analizzare meglio, visto che anche lo strumento musicale era completamente insanguinato.
La stiamo sistemando e ripulendo per bene, così, quando starai meglio e avremo finito i controlli, potrai riaverla e tornare a suonarla, che ne dici?A quel punto la giovane si voltò completamente, osservando il medico senza però vederlo realmente.
Io rivoglio la mia chitarra... E' stato lui ad insegnarmi a suonarla. Gli piace, quando suono...Annuendo leggermente, il medico le indicò una delle due sedie, invitandola a sedersi e, stranamente, la ragazzina sembrò vedere quel gesto, tant'è che si sedette, assumendo però una posizione fin troppo rigida, con le braccia stese e i pugni serrati sulle ginocchia.
Allora, Keigai... Raccontami un po' di te... Da dove vieni? E dove sono i tuoi genitori?Iniziò a domandarle Koiji, aprendo un blocco a spirale, la penna pronta a trascrivere informazioni utili per riuscire a sondare la mente di quella giovane, ma Keigai sembrava non ascoltarlo proprio, persa nei suoi pensieri più oscuri.
Lui se ne è andato, ma mi ha promesso che, quando torna, mi accompagnerà a vedere le farfalle macaone... Sono belle le farfalle, così leggere e colorate...Koiji rimase in silenzio, scrutando attentamente la giovane. Adesso, sul viso, aveva un lieve sorriso che non riusciva però ad illuminarle lo sguardo spento.
In questi casi, sapeva per esperienza, era meglio non insistere troppo con le domande, lasciarla parlare seguendo il filo dei suoi pensieri, per renderla più sicura con lui e con l'ambiente estraneo che la circondava.
E poi mi porterà un bel parrocchetto colorato. Mi piacciono tanto i parrocchetti. Quando suono, cinguettano allegri e cantano insieme a me...Perché mi fissi in questo modo? Non mi piace il modo in cui mi guardi, non lo sopporto!
Odio questo posto e odio te... Voglio uscire da qui, voglio solo uscire da qui...
3° Giorno di sedutaNon c'erano stati miglioramenti di alcun tipo. Keigai continuava ad essere assente, parlando di cose sconnesse tra loro, senza dar retta alle domande che le venivano fatte, mentre le prime notizie arrivavano dal laboratorio d'analisi: il sangue rinvenuto su di lei non era suo. Probabilmente era dei suoi compagni d'avventura.
"Deve aver assistito alla loro morte, ma finché non rinveniamo i loro cadaveri o tracce su un eventuale responsabile, non potremmo ricostruire nulla..."Pensò Koiji, rientrando nuovamente nella stanza di Keigai. Sperava di fare dei progressi, con lei. Il giorno prima si era chiusa in un ostinato mutismo, interrotto ogni tanto da un motivetto che canticchiava sottovoce. Doveva ammettere che aveva una voce davvero incantevole, molto armoniosa.
Dimmi Keigai, dove sono i tuoi genitori?Domandò, mentre la giovane si dondolava sul letto, le ginocchia strette intorno al petto, con la solita espressione vuota dipinta sul viso.
Ce l'hai una mamma o un papà?Provò ad insistere, ma temeva che, anche questa volta, non avrebbe ottenuto alcuna risposta. Sentire poi la voce della ragazza, lo lasciò sorpreso e con un vago senso di trionfo.
Mia mamma non c'è più... Lui dice che è volata in cielo, proprio come fanno i parrocchetti... Mi piacciono i parrocchetti...Beh, non era molto, ma almeno facevano progressi... Però aveva notato che continuava a riferirsi ad un Lui... Che fosse suo padre? O un suo parente?
Lui chi? Tuo padre?Keigai scosse il capo, in segno di diniego, senza però smettere di dondolarsi.
Oh no... Io non ho un papà... Lui si prende cura di me, mi porta a vedere i parrocchetti... Dice che sono il suo coniglietto rosa... Mi ha insegnato lui a suonare la chitarra... Dov'è la mia chitarra?Si... Ridatemela... Suonerò per voi una dolcissima melodia...
Anche gli altri volevano sentirmi suonare... E io ho suonato, eccome se ho suonato...
6° Giorno di sedutaPian piano stavano riuscendo a ricostruire la storia di Keigai prima di quel fatidico incidente. La piccola era cresciuta in un villaggio sulle montagne, distante da Kumo. Stando ai suoi racconti, sua madre era morta, probabilmente quando era ancora molto piccola, mentre di suo padre non si sa nulla. L'identità del suo tutore era ancora un mistero, ma a quanto pareva si trattava di un ninja partito in missione.
Lui dice che lo fa per me, per permettermi di vivere in un posto tranquillo, in pace, e giocare con le farfalle....Gli aveva detto Keigai, quando gli aveva chiesto del suo tutore, ma Koiji non era riuscito a farsi dire il suo nome, che nervoso.
Inoltre, a giudicare dai vari test che le avevano fatto, avevano riscontrato in lei una particolare forma di autismo. Nonostante non si estraniasse completamente dalla realtà, sembrava comunque vivere in un mondo tutto suo. E l'incidente avvenuto durante l'esame doveva averla turbata ancora di più.
E dimmi, come hai fatto a frequentare l'accademia ninja? Non è facile seguire le lezioni...Keigai sorrise in maniera spenta e vuota, chinando leggermente il capo, i capelli rosa che le accarezzavano la mascella con estrema dolcezza.
Lui si prende cura di me... Mi ha regalato lui la chitarra e mi aiuta anche con la scuola... E se prendo buoni voti viene a casa con un parrocchetto tutto per me...Ok, ma... Quando fai addestramento pratico, non hai difficoltà ad allenarti con gli altri?Koiji sapeva per certo che gente affetta dal suo problema era in netta difficoltà quando si trattava di dover affrontare un combattimento. Si, potevano sviluppare abilità intellettuali fuori dalla norma, ma combattere non era proprio il loro caso. Anzi, si chiedeva come diavolo avesse fatto a frequentare in tutta tranquillità le lezioni. fu allora che, per la prima volta, vide qualcosa, nello sguardo della ragazza. I suoi occhi color acquamarina si accesero di una luce strana, mentre la risposta che gli dava lo lasciò alquanto interdetto.
Quando mi alleno non ho alcun timore, perché so esattamente come muovermi, cosa fare... Mi dice sempre quando devo spostarmi e attaccare al momento più adatto...Chi te lo dice Keigai?Un sorriso subdolo e diabolico si dipinse sul volto della ragazza, gli occhi che sembravano spiritati. Quel cambio repentino di personalità lo lasciò interdetto, facendolo quasi rabbrividire, ma quel lampo di vita, seppur malefico, si spense all'istante, facendola ripiombare nella sua solita apatia.
Questa cosa non mi piace... Non mi piace per niente...Sei sorpreso, non è vero? Credi che io sia sola e indifesa, giusto? Oh, quanto ti sbagli...
Io non sono mai sola... C'è sempre quella voce nella mia testa...
7° Giorno di sedutaKoiji era sconvolto dai rapporti ricevuti. La notte precedente, la squadra investigativa aveva finalmente rinvenuto uno dei cadaveri degli studenti. Era irriconoscibile, completamente imbrattato di sangue, diverse ferite da taglio che gli deturpavano il viso, dilaniando poi tutto il suo corpo. Quando aveva visto il cadavere era rimasto sorpreso che fosse ancora tutto intero. E la cosa più sconvolgente l'aveva avuta dal resoconto dello studio effettuato sulla chitarra. Non era uno strumento come gli altri, era una vera e propria arma. Nonostante avesse tutte le componenti di una normalissima chitarra, su uno dei lati era montata una lama stramaledettamente affilata. Era una mannaia mascherata a strumento. Quale mente malata può mai realizzare una cosa del genere?
Rabbrividendo, Koiji scrutò attraverso lo specchio, osservando Keigai dondolarsi sulla sedia, con lo sguardo rivolto verso il soffitto. Doveva essere stata lei, ma occorrevano le prove, anzi, una sua confessione sarebbe stata meglio...
Abbiamo trovato uno dei tuoi compagni di classe...Nel sentire quelle parole, Keigai si fermò di botto, senza però perdere la sua espressione vuota e priva di interesse, ma un luccichio nei suoi occhi fece intuire allo psicologo che aveva tutta la sua attenzione.
Diamine, era conciato proprio da far schifo, non c'è che dire... E gli altri, sai che fine abbiano fatto?Il silenzio si prolungò per diversi minuti. Koiji non aveva alcuna intenzione di riempirlo. Voleva che fosse lei a parlare, anche se la cosa lo metteva in non poca agitazione. E, finalmente, Keigai si decise a parlare.
Quando hanno visto la mia chitarra, mi hanno chiesto di suonare, ma facevano troppo rumore... Spaventavano tutti gli uccellini...Riprese a dondolare sulla sedia, le mani dalle dita lunghe e affusolate serrate sul bordo del tavolo, per evitare di cadere all'indietro con la sedia.
Ti dava fastidio? Ti faceva infuriare il fatto che spaventassero gli uccellini?Dovevamo raggiungere l'altra uscita del campo d'addestramento, cercando di superare tutti gli ostacoli, ma quanto rumore che facevano... E parlavano, parlavano troppo...Sei stata tu? Li hai uccisi tu?La ragazza smise di dondolare, senza però staccare lo sguardo dal soffitto. Chissà cosa ci vedeva in quelle lampade al led...
E' stata la voce a dirmelo... Fanno troppo baccano e con il loro ciarlare non facevano altro che disturbare la quiete, mi impedivano di sentirla... E poi volevano che suonassi...Lo sguardo si abbassò, fermandosi a guardare dritto negli occhi il medico.
Koiji rabbrividì, terrorizzato.
Loro volevano che suonassi una canzone... E io gliel'ho suonata... E quanto gli è piaciuta, quella canzone! Sono morti dal piacere di sentirla...Koiji si spinse contro il muro, la schiena premuta contro la parete fredda, mentre il suo corpo era in preda ai tremori. A causargli quel terrore era l'espressione della ragazza: gli occhi accesi di quel folle desiderio omicida, le labbra a svelare la dentatura bianca e perfetta, in un sorriso fin troppo entusiasta.
Mi piace suonare... Mi piace suonare la loro morte...
E anche a lei piace. La voce canta di gioia mentre io suono con la mia chitarra....
4 anni dopoTutto era completamente bianco in quella stanza. Le pareti, il pavimento, il soffitto, la porta, la tuta che indossava, la sua pelle... Solo i suoi capelli erano l'unica macchia di colore. Rosa, tanto lunghi da coprirle il volto.
Dov'è la mia chitarra? Rivoglio la mia chitarra... Me l'ha regalata lui... La rivoglio...Calde lacrime le solcavano il viso, le mani serrate intorno alle ginocchia, portate contro il petto.
Si... Ridatemi la mia chitarra... E suonerò per voi una musica dolcissima. Suonerò una canzone che parla di verdi vallate, solcate da fiumi impetuosi, rossi come il sangue... Si... Canterò canzoni e farò scorrere il vostro sangue... Per lei, per quella voce che non mi lascia mai sola, e per lui, che è la fuori ad aspettarmi...