Masayume

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view post Posted on 20/9/2012, 18:41
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Nukenin
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L’ oscurità l’ avvolse. Solo era da solo in quella miniera, e doveva salvargli. La sua mente non pensava ad altro.
Concentrato nella sua missione, la Raiton brillava come nova, il suo essere il suo Io pronti a tutto pur di salvargli. Benché fosse da solo, benché aiuto non ci fosse, lui sarebbe andato avanti ancora e ancora e ancora. Perché questa era la strada che aveva scelto e questo il suo Nindo.
Ma non sapeva, non poteva sapere dato che era nel ventre della montagna, dove l’ unica luce era lui, che watashi aveva scelto infine i tredici. E lui era uno tra essi ma nella sua mente neanche un pensiero verso quella che lui definiva: Pseudo divinità! Lui aveva una missione e da lui dipendevano delle vite, watashi non era nella sua mente ora…nella sua mente ma non in quella del “Dio”.
Benché la pantera non tenesse per nulla in conto quel sedicente Dio, il violaceo era di tutt’ altro avviso e il marchio sul suo petto cominciò a brillare e a pulsare di quella luce color viola, che era il segno della sua venuta.
E ora lo stavano richiamando, lo volevano e il resto non era importante; le vite di quegli uomini non contavano, non contavano per quel Dio…ma contavano per lui.
E il marchio brillò di più e la sua luce fu ancora più forte sovrastando la sua raiton. E il mondo si fece bianco e capì…capì e urlò.
Mai come quel giorno la sua rabbia fu così tremenda a vedersi. Forse solo quel giorno…ma qui vi era molto di più. La pantera aveva strappato i legacci della ragione e ancora una volta era libera e i suoi occhi erano come le stelle nel cielo. Brillanti e luminosi e sprizzavano odio. Odio verso quel Dio fasullo che gli aveva richiamati lì con false speranze, facendo leva sui loro desideri.
E comparve lì nel luogo prescelto e ringhiò come solo un animale poteva fare. Vide quella specie di fantasma…vide Lui… gli altri dodici, tra essi uno di Kumo e l’ eremita delle salamandre, sentì i loro desideri e la sua rabbia salì fino in cielo.
Quel Dio aveva uno scopo malsano: l’ uomo non è desiderio è volontà, volontà di far avverare i nostri desideri giusti o sbagliati che siano. Ma facendo leva sulle nostre forze, per questo potevamo creare dei miracoli, per questo eravamo temuti odiati e invidiati dagli dei.
Ryu lo sapeva bene che non vi era Dio che poteva esaudire desideri e se anche ve ne fossero stati pochissimi uomini avevano avuto tale onore. Ma a prezzo di enormi fatiche dolori e sofferenze…no! Quel Dio gli stava soltanto conducendo verso la morte: perché loro? Che diritto avevano più degli altri? Non è stato il fato, il destino non sono nati per questo, ma il caos la fortuna gli ha condotti lì. Un Dio non si muove così e il suo istinto gli diceva che nessuno è rinchiuso dietro portali come prigionieri.
No si fidava minimamente, tutta questa storia vi era qualcosa di stonato, come se vi fosse un ronzio acuto nelle sue orecchie. L' uomo è imperfetto per cui desidera, ma desiderando non si pone una domanda importante: il suo desiderio sta ledendo la libertà degli altri? La nostra libertà finisce nel momento in cui arecchiamo danni agli altri.
Un giorno suo nonno gli disse:
"Il solo scopo per cui si può legittimamente esercitare un potere su qualunque membro di una comunità civilizzata, contro la sua volontà, è per evitare danno agli altri. E molte persone, che bramano il potere, hanno utilizzato questa regola per il dispotismo, il voler asservire gli altri, il voler esercitare il potere indiscrimintamente. Attento a chi offre libertà che non possono essere concesse per il bene comune...non fidartene mai!"
Non sapeva il perchè quelle parole gli erano ritornate alla mente, ma il suo istinto, a ragione o a torto, gli diceva che vi era molto di più di quello che si stava vedendo con gli occhi in quel momento. Quel Dio sembrava più un prigioniero, bandito quasi da questo mondo...Concedeva dei desideri che nessun Dio avrebbe mai concesso, lui era di Kumo lo sapeva meglio degli altri. Ha un Kage che era considerato un Dio...e per questo non si fidava. Per questo era rabbioso e per questo avrebbe combattuto: per la libertà che quei desideri di quei dodici folli, andavano a minare.
Senza saperlo stavano minando la libertà di un intero mondo...ma perchè, e questa era la domanda principale che gli frullava nella testa, gli servivano i desideri? Uno specchietto per le allodole? ma allora bastava solo la loro presenza lì per liberarlo o per qualunque altra cosa. A che cosa servivano i desideri? Che fossero chiavi per suoi scopi malefici? In ogni caso la Raiton brillò ancora più forte, con ancora maggiore vigoria e fu lui ora a parlare.


Un Dio dovrebbe aver maggior criterio! Non mi fido degli Dei neanche quando portano doni…ma se è il mio desiderio che vuoi allora lo avrai.

Erano acciaio quelle parole ed era fermamente convinto di quello che diceva. Anche se sapeva che la morte sarebbe giunta. Per quanto caduto come divinità, quella "cosa" era al di là della sua portata, ma non poteva permetterlo ugualmente. Sarebbe morto combattendo anche contro gli altri dodici, anche contro l' eremita e un suo fratello di Kumo...tutto per preservare questo mondo che stava avvicinandosi al disastro.


Voglio che ritorni nell’ antro oscuro che ti ha generato. Che annulli la tua presenza in questo mondo e ogni cosa, desideri e quant' altro, che hanno a che fare con te. E che ci marcisci anche in quell' inferno che ti ha risputato fuori!

Mai lo Yotsuki fu così: le sue parole erano tetre, i pugni serrati e lo sguardo proteso verso quel “Dio”.






 
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view post Posted on 20/9/2012, 19:59
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La tristezza, la rabbia, la sensazione di impotenza. Arashi era triste, perchè aveva lasciato morire Fuyuko per salvarsi. Arashi era arrabbiato con sè stesso, perchè non aveva saputo prevedere le conseguenze della sue azioni. Arashi si sentiva inutile e impotente, perchè non riusciva a prendere in mano il proprio destino. Aveva la mani spezzate, come spezzata pareva la sua anima. Pareva, esatto. Non si può spezzare l'anima di un Kaguya, prima o poi essa si rigenererà come stavano iniziando a fare le sua mani. Presto, sarebbe potuto tornare a combattere. Ma ancora rimpiangeva a se stesso di non aver saputo evitare a quella ragazza il dolore per la morte di Fuyuko; se avesse saputo prima di essere causa di tale sofferenza, certo avrebbe agito diversamente, forse perfino rischiando la sua vita.
Puff. Anzi, nemmeno quello. Senza preavviso, senza rumore, Arashi vide il mondo diventare tenebra, poi luce. Bianco e nero si susseguirono rapidamente, dando al giovane l'impressione di non essere più nulla. Sperduto nell'universo, e allo stesso tempo completamente parte di esso. Passò un attimo e un'eternità. Puff. Riapparve. Se fosse riapparso lui o il mondo, quello dipendeva dai punti di vista.
Il bagliore di quel cielo sconosciuto lo accecò e riportò alla realtà anche la sua mente. Adesso era tornato. Adesso era<i> di nuovo. Intorno a sè, altre persone parevano altrettanto stupite, altrettanto costernate. Il Kaguya gioì nel riconoscere alcuni di loro, fu contento di sapere che anche alcune sue conoscenze erano state scelte del Dio. Perchè dell'opera del Dio si trattava, era ormai ovvio. Era chiaro che quell'enorme e maestosa cupola violacea non era un manufatto umano, come nessuna costruzione mortale poteva emanare una tale grazia e magnificenza allo stesso momento. Lo shinobi rinunciò a comprendere, conscio di trovarsi di fronte qualcosa che esulava non solo dalla sua conoscenza, ma da quella dell'umanità intera. Oltre ai Tredici, nessun altro avrebbe visto la venuta dell'infinito potere che il Dio rappresentava. Nessun altro avrebbe mai goduto degli stessi privilegi, e Arashi un po' ne sarebbe stato dispiaciuto in futuro. Ma non in quel momento: lì era tutto come in un sogno, salvo che non lo era.
Il portone verso Qualcosa si aprì, producendo un rumore che molti avrebbero associato ai cancelli dell'inferno. E fu possibile vedere ciò che si celava all'interno... o meglio, fu possibile vedere il nulla. Un vuoto tetro che nascondeva un Dio. Un DIo di oscurità, a giudicare dalle nere propaggini che fuoriuscivano da quel portale verso un altra realtà. E il Grande parlò, ricordando ai prescelti di avere un desiderio a disposizione. Tra chi si fece avanti, Arashi riconobbe i due shinobi di Kumo che aveva conosciuto durante il suo viaggio, e le loro idee totalmente opposte. Mente il taglialegna sarebbe voluto diventare l'araldo di Watashi, la pantera rivolse il suo ruggito contro il cielo, brandendo il suo desiderio come un'arma contro la stessa divinità. In entrambi c'era determinazione e consapevolezza. Solo in quel momento, lo shinobi di Kiri si chiese cosa avrebbe potuto desiderare.


(Qualcosa per il mondo, certo, qualcosa che possa aiutare gli altri. Ma un potere che si possa controllare, che IO possa controllare...)


E lì ebbe l'illuminazione. Quell'IO lo aveva portato sulla strada giusta: lo aveva portato sulla strada che lo avrebbe portato sulla strada giusta. Non c'erano più dubbi, se il suo desiderio si fosse avverato non avrebbe più dovuto assistere a sofferenza e dolore -a meno che non fossero inevitabili-, avrebbe sempre prevenuto tutto ciò che poteva! Aprì la bocca per la prima volta da quando era arrivato.


Io...Io desidero la Vista. Vorrei vedere le conseguenze delle mie azioni, vorrei vedere oltre il presente e verso il futuro per evitare il dolore mio e altrui. Desidero la Vista per essere sicuro sulla mie scelte, per non commettere errori. Per non essere più inutile.


Durante il piccolo discorso, Arashi aveva fissato il cielo azzurro. Non Watashi, il cielo. Non poteva fidarsi a prima vista di un essere così... oscuro, ma non poteva nemmeno rifiutarlo come la sua amica pantera. Se il suo desiderio fosse stato esaudito, avrebbe capito subito se doveva prestare ascolto a quell'Entità, altrimenti avrebbe subito affiancato Ryu. Anche quella era un'arma a doppio taglio, non era stato molto cauto; ma sarebbe stata l'ultima volta...

 
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view post Posted on 21/9/2012, 11:41

lo cavalier del Gangbang!!

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Finalmente dopo tre tentativi vi era riuscito, aveva evocato con successo un canide, il sunese felice di esserci riuscito andò a sedersi in attesa di altre indicazioni, l'avventura all'eremo terminò da lì a poco, Fenrir si congratulò con i tre genin e diede uno dei tesori dell'eremo a ciascuno, a Hiro toccò un copri-pelliccia di colore blu simile in tutto e per tutto a Pakkun uno dei canidi con il quale aveva combattuto. La sua avventura all'eremo era quindi terminata, certo aveva ancora un conto in sospeso con lo sfregiato di Kiri, l'aveva apertamente sfidato ed insultato, probabilmente ora, sarebbe andato alla ricerca di Kaito nel luogo da lui indicato per sistemare una volta per tutte i conti con lui, prima di ciò e prima di lasciare l'eremo, si fermò ancora una volta di fronte al suo amico che era diventato eremita dei canidi, voleva fargli ancora una volta i complimenti e parlare con lui. Si fermò quindi alle spalle di Hisashi, fece appena in tempo a dare una pacca nella spalla al nuovo eremita quando tutto accadde, un attimo prima era vicino all'uscita dell'eremo e un attimo dopo si ritrovò davanti ad una sorta di tempio insieme ad un'altra dozzina di ninja.

Che diavolo sta succedendo? Come sono finito qui? Che sia stato evocato in questo luogo? ma perchè?

In cerca di risposte il ragazzo si guardò intorno, di fronte a lui vi erano due ninja apparentemente del villaggio della Roccia, sembravano molto provati, gli altri ninja erano di vari villaggi, Kiri, Kumo, Konoha e di altri villaggi minori, il ragazzo non vide nessuno del suo villaggio Suna, non ne era sicuro visto che erano tanti li presenti e non poteva osservarli tutti attentamente, infondo erano presenti tredici diversi ninja in quel luogo.

13? Non può essere allora era tutto vero? mi trovo davanti al tempio di quel fantomatico Dio?

Le domande continuava ad arrivare, fino a quando la vide era lei la donna di porcellana, con il corpo quasi invisibile e quel viso che ora esprimeva un orribile sorriso, con l'apparizione di quella strana donna ebbe la conferma di tutti i suoi dubbi, si trovava di fronte al tempio di quel fantomatico Dio, il ragazzo preso da altri eventi si era dimenticato di tutto quello, delle visioni, dell'apparizione della donna e del marchio sul suo petto. Nessuno poteva biasimarlo, in fondo fino a pochi minuti fa era in una battaglia all'ultimo sangue con delle volpi, la quale si era rivelata nient'altro che un illusione del suo ex kage. Ora si trovava li di fronte al tempio insieme agli altri tredici prescelti, la donna stava di fronte a loro e gli fissava con quell'orribile sorriso e con le braccia aperte in segno di benvenuto, non disse niente, ma poco dopo alle sue spalle Hiro vide tredici globi brillare sopra la volta dell'immenso portone del tempio che poco dopo inizio a cigolare e ad aprirsi lentamente.
Quello che il ragazzo vide fu solamente buio, un buio che sembrava divorare la luce che tentava di illuminare cosa ci fosse all'interno del tempio, un buio che sembrava vivo, poi un movimento di una gigantesca mano, quello che si trovava all'interno non sembrava di certo un semplice umano, che fosse un gigante? Un respiro provenì da quel luogo ed il terreno intorno ai tredici prescelti iniziò a tremare, la strana donna si voltò verso il tempio, poi un secondo respiro talmente forte da assordare il ninja, di certo qualsiasi cosa ci fosse li dentro non era normale, era davvero un Dio? Hiro ne dubitava, ma comunque era attonito ed osservava silenzioso e stupito tutto ciò che avveniva in quel luogo, era un evento a cui non aveva mai assistito, gli sembrò di vedere un paio di enormi occhi che si aprivano in quello che sembrava un gigantesco volto, poi si udirono le prime parole dette con fatica ma che fecero tremare il ragazzo, un aria gelida lo investì poi subito dopo una aria calda, tutto quello era opera di quel "Dio". Ad Hiro quella doppia sensazione ricordo quella del doppio attacco subito dalle volpi nella finta battaglia appena affrontata, lì era riuscito a proteggersi con la sua sabbia, ora invece era rimasto inerme ad osservare tutta quella scena. Di certo quel entita emanava una aura mistica e secolare, qualcosa di davvero onnipotente, ma il dubbio continuava a rimanere al ragazzo, si trovava davvero di fronte ad un Dio?
La donna si inchinò dopo aver udito i complimenti del suo padrone, poi una mano enorme e nera come la pece fuoriuscì da quel buio eterno che era l'interno di quel tempio, la mano sembrava quasi indicarli, poi altre parole questa volta rivolte a loro "Io sono... Watashi... Quali sono... I vostri Desideri?.."


Watashi quindi è il suo nome, vuole sapere i nostri desideri per esprimerli come aveva detto, ma è davvero un Dio? se lo è di certo non sembra un Dio benevolo, il suo aspetto ciò che sento di fronte a lui, non sono buone sensazioni, se è davvero un Dio, non credo sia benevolo....
ma come posso scoprire se ciò che dice è vero o no? Perchè vuole esaudire i nostri desideri? Avevo creduto che una volta trovatomi di fronte a lui avrei saputo che fare ma non ne ho la minima idea...


Il ragazzo rimase per parecchi minuti in silenzio a ragionare sul da farsi, nel mentre alcuni degli altri ninja esprimevano i loro desideri, chi chiedeva il potere, chi di diventare un suo strumento per servire questo Dio, chi chiese di tornare da dove era venuto e di non essere più ricondotto in quel luogo e chi gli chiese di sparire nel nulla e di annullare per sempre la sua presenza da quei luoghi. I desideri erano davvero vari, come poteva esaudirli tutti se molti andavano in contrasto fra di loro? Il ragazzo era pieno di domande, avrebbe potuto continuare a pensarci per l'eternità senza venirne a capo, aveva persino pensato che li aveva richiamati in quel luogo solo per avere dei fedeli e grazie alla loro fede guadagnare potere e dominare il mondo. Mille pensieri avvolsero il ragazzo, l'unico modo di ottenere delle risposte era chiedere direttamente a lui, ma gli avrebbe risposto onestamente o gli avrebbe mentito? C'era solo un modo di scoprirlo, provare a chiedere, dal suo modo di agire e comportarsi avrebbe cercato di carpire cosa fosse in realtà e quali fossero le sue intenzioni se buone oppure malvagie.

Prima di esprimere il mio desiderio, vorrei conoscere le vostre intenzioni, perchè siete arrivato in questo luogo? Cosa avete intenzione di fare? Per esprimere i nostri desideri cosa vuole in cambio?

Probabilmente eviterà la mia domanda, solo se avrò la certezza che sia veramente un Dio e sia benevolo esprimerò il mio desiderio, non mi fido, certo mi piacerebbe che la zia, morta per quello stupido patto ritornasse in vita, ma ci sono troppi rischi, non posso esprimere un desiderio, senza conoscere le conseguenze, non vuole davvero nulla in cambio?
Certo che se è davvero un Dio sarebbe tutto inutile, perche potrebbe tranquillamente leggere i miei pensieri e le mie intenzioni... Dovrò solo attendere per vedere il suo comportamento e poi agirò di conseguenza.


Edited by Bahamut83 - 21/9/2012, 16:33
 
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view post Posted on 21/9/2012, 15:48
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Dinanzi al crepuscolo solamente un nero pece dominava. In lontananza, sotto una luna dormiente, assopita nel torpore che la notte adibiva come uno scialle, il vento lasciava che le fronde degli alberi ghermissero tutta l’isola come temibili artigli. Il lungo crine marmoreo era quasi del tutto infilato in una sciarpa marrone dalle , quest’ultimi brillavano di luce propria, enfatizzando l'abbigliamento abbastanza congeniale del ragazzo. In tutto quel nero, spiccava come ali di cigno, due sfere perlacee chiamate occhi da chi non sa carpirne la lucentezza. Sembrava abbastanza preso da quel tetro spettacolo, emarginandosi dal mondo esterno quasi totalmente. I primi venti autunnali allietavano dolcemente il suo efebico viso, portando con sé l'ineluttabile profumo d'un inverno brutale e cupo, con quel suo gelo capace di morderti le ossa, capace di gelarti l'anima. Il mondo stava cambiando nel suo moto progressivo, di invecchiamento. Ciclo continuo, che osava ripetersi per decadi, fino a che le sue forze non acquisissero posizioni o entità diverse. Riusciva già ad identificare le iniziali nevi ammantarsi sulle vie di pietre e terriccio prevalentemente ricoperto di polvere, riusciva a vedere gli alberi spogli ed i grandi ciliegi svettare fieri nella loro eternità cremisi lungo l'arenile del Lago. Si vide, circondato da ombre che non conosceva e, forse, mai avrebbe conosciuto. Si morse le labbra, palesandosi una visione curiosa nella mente.

La solitudine, come una carta da collezione, se la rigirava tra indice e medio, appagato di ciò che era. Solo. Ahimè, questo, era un limite comune. Un rischioso e insovvertibile luogo comune. Lui non era comune. Non lo era mai stato. In quello spazio di vuoto che aveva riservato dentro la sua anima, c'era a malapena spazio per sè. Nel peregrinare della sua mente s'era incagliato nei pensieri retto solamente da quel che era la ragione, antagonista l'istinto. Paragonabile ad una debole nove, soggiogata dalla forza del vento. Sospirò profondamente. Una veste dai toni chiari s'animava quieta in quell'aura malinconica mentre il suo cuore sprofondava in un abisso che non conosceva fondo. Attanagliava quella mera conoscenza di se stessi, di cosa fosse, di chi fosse. Se ciò che stesse facendo fosse giusto, veritiero dinanzi ai suoi obiettivi. Quel suo corpo temprato da battaglie, riportava due segni che sarebbero rimasti immemori nel suo spirito, che sarebbero continuati a vivere nonostante le sue spoglie erano sepolte al di sotto del terreno. Con la mano destra strinse ciò che gli ricopriva il petto, sottoponendolo ad una stretta assordante e priva di sofferenza. Immediata. Dormiente accasciò il suo volto sugli steli d'erba inebriandosi di quel che v'era su quell'isola. Lasciò che l'ambiente cambiasse, oramai niente aveva importanza se non l'avvento del sonno. Tutto era adibito, lui, al centro di Kiri, stava per essere onorato della magnificenza maggiore a cui potesse aspirare un ninja. Le spade. Lì la Becchina, gran donna, gli consegnava nella stretta morsa delle mani la bocca di potere. Con essa avrebbe potuto riversare sulla terra e sul male perenne il suo potere, rendendolo privo di alcuna sofferenza o del dolore. Rendendolo un mondo privo di guerra, ma era un sogno indesiderato dagli uomini, che non avrebbe mai potuto avere una correlazione nella mente dell'umanità. L'ardore spirava nelle sue membra, uno strato di intenso vigore illuminava il suo stato epiteliale, rendendo quel momento una scena empirica.

Il cuore stretto nella morsa soffriva quel momentaneo dolore che ne causava spasmi continui. Non ebbe il tempo di rendersi conto di quanto accadesse, no fu tutto veloce. Come se fosse in uno spazio temporale venne catapultato in una nuova realtà apparente, distante chilometri dalla sua vecchia posizione. Nel mentre di tale spostamento non riuscì ad aprire gli occhi, non ancora destati da uno sonno disturbato, propenso al riposo eterno. Dovettero abituarsi al nuovo ambiente, alla luce acceccante di quel luogo. Non era mai stato oggetto della sua mente, ne dei ricordi e dell'immaginazione, era nuovo. Come nuovi erano la maggior parte di volti che notò al suo fianco quando si destò dalla parvenza di fastidio. La luce parve scottare quando s'abbattè senza alcuna resistenza sulla pelle efebica dell'Aspirante, traendola a supplizi poco congeniali al suo epiderma. Melanociti impazziti accaloravano se stessi. Qualcosa di divino, di potente aveva influito sulla sua persona. Strano, a dire il vero. Non aveva mai sentito parlare di una tecnica tale da teletrasportare una persona da un capo all'altro della terra. Paragonabile al divino? Chi lo sà. Viveva nella menzogna del suo villaggio, della non conoscenza di un futuro labile, della speranza di un potere che verrà.
Stupidi e fallaci desideri.

Impassibili, sorpresi volti ostentavano la sua figura con sguardo indiscreto. Ognuno diretto verso ad un altro. Era paragonabile ai luoghi d'incontro di vecchi anziani che celavano le proprie memorie nei posti reconditi della propria mente.
La criniera marmorea si librava al sospirar dei venti lasciandosi trasportare senza alcuna resistenza, appropriandosi di ciò che di nuovo vigeva nell'aria. Orientò il suo sguardo in diverse direzioni, la cosa che colpì la meticolosa attenzione dei suoi occhi fu la madornale struttura che svettava in quel valico.
Gettato in ciò che di reale non aveva nulla nonostante nell'animo sperava nella verità di quella speranza. Desiderava che fosse vero. Chi uomo stolto non avesse mai agognato il potere, la possibilità dell'esistenza d'un divino per riuscire ad arrivare a porre fine ai propri sogni.

Cosa stava accadendo? Ne era estraneo, come lo era da quando Kiri s'era ingarbugliata nella sua stessa legge a doppio taglio. Odiose dinastie monarchiche che ora non permettevano un regno retto dal potere di un unico uomo. Come poteva fare? Era inutile. La sua forza, la sua mente erano solamente una piccola parte dell'apparato della pioggia, non valeva niente. Ognuno poteva scegliere che strada intraprendere, quella di fare del bene, aiutare la gente, porre fine all'estenuante e pericolosa via che gran parte delle persone del mondo terreno stavano prendendo. Dall'altra parte i mietitori di sangue, dell'emozioni negative degli uomini e grazie ad esse li arruolavano nel loro esercito oscuro.

La donna di porcellana svettava per colore e forma in quel gruppetto di giovani ninja. Quella. Colei che s'era recata per vece di questo fantomatico Dio per imporre un tatuaggio indelebile sul suo corpo, quella figura che teneva perennemente nascosta al di sotto della tunica per non permettere a nessuno di dubitare della sua fiducia. L'essere uno dei prescelti l'avrebbe messo in primo piano nel villaggio, avrebbe avuto attenzioni, anche molte, e ciò non gli sarebbe andato a genio. Preferiva agire nell'oscurità del villaggio, augurandosi che quel giorno non sarebbe mai arrivato, e qualora arrivasse, fosse tutta una montatura da parte degli altri villaggi per mettere in soggezione la nascente fioritura di Kiri.
Non fu lei però a cogliere la sua attenzione. Rumori, cigolii furono sentiti quando acuì il proprio udito nel tentativo di ascoltare ciò che il silenzio non dicesse. I suoi occhi deviarono dalla strada intrapresa poco prima per ammirare ciò che stava per apparire. Un crepitio, e poi oscurità. Il suo corpo non parve reagire a ciò che cambiò sopra ed intorno il suo capo. Era a suo agio in quell'ambiente ove la luce aveva solamente una piccola parte, non osava oltrepassare quella linea per non disperdersi nel buio. Seppur era congeniale, un austera sensazione si fece largo nel suo corpo, allontanando ciò che di caldo c'era in lui. E poi alla visione di ciò che di innaturale si mosse il cuore raggelerò lasciandolo solamente con una quiete trasparenza.
Il vento offeso da tale forza lasciò l'aria per porre inizio al predominio di quel respiro che non aveva nulla di umano. Era parte di un tutto, delle caratteristiche che facevano presagire a qualcosa di irreale, fallace. Eppure esistevano, non stava sognando, era notabile dalla serie di pizzicotti lungo tutto il corpo per prevenire il continuo di quell'ipotetico desiderio. Niente, neanche schiaffi sul volto lo rendevano meno sorpreso non potendo notare la presenza di sudore freddo sulla fronte. Niente.
La terra snodava le proprie viscere alla sua presenza, tale creazione naturale non poteva destarsi dalla paura che quella figura le provocava. Era allibito di quanto stava succedendo, non sapeva darsi spiegazioni. Pure i non credenti potevano avere delle perplessità. Pensiamo un giovane ninja con dei sogni a cui aspirare, da raggiungere.

Desideri? Rimase senza parole per un bel pò. I suoi sensi furono nettamente repressi, dati in pasto alla paura, dalla sorpresa dell'essere ad un passo dal proprio desiderio. Avrebbe potuto compierlo. Avrebbe potuto adempiere al suo destino, seppur sottoposto alla volontà divina.

- Desiderio? Le Hiramekarei.

 
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°Tatsumaru°
view post Posted on 21/9/2012, 22:01




Narrato
*Pensato*
"Parlato"



Sedeva sul tatami della sua camera, avvolto nel kimono verde che soleva indossare in casa. L'ampia scollatura lasciava scorgere le bende che gli fasciavano il petto, confondendosi con il pallore della sua carnagione. Esse celavano la fonte del suo turbamento.

Da quando la mano dell'Araldo si era posata su di lui, i suoi sogni erano pervasi da una luce violacea, sinistra, ed il viso inespressivo di lei era l'ultima cosa che vedeva prima di svegliarsi. Ci aveva fatto l'abitudine ormai, lentamente il terrore atavico che provava nel trovarsi di fronte i lineamenti spenti di quell'essere lo aveva abbandonato, tuttavia l'ansia non era svanita. I pensieri lo tormentavano giorno e notte, e le parole di Yukiko e dell'Hokage turbinavano nella sua mente stanca, riempiendolo di incertezza.

Incertezza su ciò che stava accadendo, incertezza sul suo futuro, incertezza sui motivi che si celavano dietro quel simbolo impresso sulla sua pelle. Perchè proprio lui? Perchè Yukiko? Domande di cui temeva la risposta, ma di cui non poteva averne. Una benedizione? O forse il più terribile dei mali, non lo sapeva. Incertezza.

Era sempre stato da lui voler trovare una risposta a tutto. Sapere esattamente cosa fare in ogni situazione, non lasciarsi mai cogliere alla sprovvista. Invece, negli ultimi tempi pareva che più cercasse risposte, e meno ne trovasse. Il pensiero di Kai tornò a visitarlo dopo tanto tempo, il mistero sulle sue intenzioni restava più fitto della nebbia di Kiri. Quell'incontro, ora lo sapeva, lo aveva cambiato. Da quel momento era cresciuto un senso di inadeguatezza, di pericolo, che certamente lo aveva limitato. Ne erano una prova i fallimenti recenti, avvenuti nonostante il suo impegno ed esercizio costante.

"La brezza più lieve può scuotere il giovane albero, ma non per questo la sua crescita si arresterà" gli aveva detto suo padre, e in quelle parole Tatsumaru aveva trovato un magro conforto. Era ancora un fuscello, per quanto non volesse ammetterlo, ancora un bambino. La crescita è il punto critico di ogni essere vivente, sia esso animale o vegetale, forse una volta cresciuto avrebbe finalmente trovato l'equilibrio che cercava. No, non poteva aspettare, il dolore nel presente era più forte delle promesse del futuro.

Tra le mani reggeva Kiku no Komichi, la spada che suo padre gli aveva donato. Fece scorrere delicatamente le dita lungo gli intarsi della lama, seguendone le venature. Esse sembravano riflettere la luce del suo animo, la speranza che si nascondeva sotto la nera coltre del dubbio. L'acciaio risuonava flebilmente del suo chakra, portando lievi vibrazioni lungo le dita del Senju. Suo padre gliel'aveva donata perchè lo aiutasse a ricordare chi era, perchè fosse una guida quando la strada si faceva più buia, compagna di un sentiero che avrebbe dovuto percorrere da solo. A lei Tatsu rivolgeva i suoi dubbi in quel momento, cercando una risposta che non poteva non essere già sua.

Una nota stonata interruppe la melodia, qualcosa stava per accadere. Sentì il calore divampare sul suo petto, un'anomala concentrazione di chakra che interferiva col suo flusso. Istintivamente si portò una mano al petto, l'altra stretta con forza sull'elsa della katana su cui si stava poggiando. Tutto intorno a lui divenne confuso, indistinto, come un dipinto che si dissolve una tela. Di riflesso, nella sua mente apparve il viso dell'Araldo, quasi il suo cervello credesse di trovarsi in un sogno.

La nuda terra fu ciò che i suoi piedi percepirono, sul viso la brezza dei luoghi aperti. Gli ci volle qualche istante per abituarsi a quel luogo, così, diverso dalla sua camera, così insolito. Per un istante Kiku no Komichi vibrò nella sua mano in modo insolito, quasi reagisse ad un chakra diverso dal suo. Un enorme porta, con tredici globi che splendevano al di sopra di essa, e di fronte a tutto ciò lei. Per un attimo credette si trattasse della sua mente che gli giocava brutti scherzi, ma ben presto si accorse che non stava sognando. L'araldo, in tutta la sua spettrale presenza sorrideva a lui e... agli altri. Si voltò, con lui vi erano altre dodici persone, di cui non fece in tempo a scorgere le sembianze. Un cigolio sinistro di antico metallo che stride rapì la sua totale attenzione, portando il suo sguardo a fissarsi nell'oscurità che si dischiudeva dietro i pesanti battenti del portone. Un'oscurità viva, come mai ne aveva viste. Qualcosa si muoveva all'interno, qualcosa fatto della medesima sostanza del buio che lo celava. Poi, una voce dal suono antico quanto il mondo diede a quell'oscurità un nome: Watashi.

Era quello l'aspetto di un dio? Ritratto nell'oscurità come un feto in un utero, eppure così antico da aver visto il mondo nascere. O almeno ciò parve a Tatsumaru, il quale non seppe come reagire. Si limitò a fissare l'essere, immobile. Poco importava che fosse un dio o un abominio, era comunque uno spettacolo terribile e unico.

Uno ad uno i presenti risposero all'appello di Watashi, rivelandogli i loro più intimi desideri. Tatsumaru non distolse lo sguardo dalla creatura, ascoltando solamente le voci degli altri, senza riconoscerne alcuna. Quella visione era così unica che mai avrebbe perso l'occasione per analizzarla. Conoscenza, questo ambiva, conoscere quel dio, quella creatura, indagarne gli aspetti e capire cosa realmente fosse.

Conoscenza... quella parola gli riportò in mente i dubbi e le incertezze di quei giorni, e infine capì perchè si trovava in quel luogo. Il discorso dell'Hokage era lontano nella sua mente, a quel punto persino inutile. Aveva l'occasione di scoprire cosa stava accadendo, di conoscere ciò che gli era sconosciuto, di resistere alla brezza che scuote gli alberi. Sarebbe diventato una quercia, immobile nella tempesta, inflessibile nel corso delle stagioni. Avrebbe potuto proteggere sotto la sua chioma le persone care, preservandole da ogni pericolo. Avrebbe conosciuto il nemico e l'amico meglio di loro stessi, avrebbe saputo sconfiggere l'uno e consigliare l'altro, e ogni sua azione sarebbe stata la migliore possibile. Mai più avrebbe ignorato, mai più sarebbe stato colto alla sprovvista. Persino la nebbia di Kai sarebbe scomparsa, e il cielo sarebbe stato sempre sereno.

Fece un passo avanti, in direzione di quell'essere,l e di quella che egli aveva chiamato figlia.

"Io... Io non so chi sei. Non ho mai visto un dio, e non so se tu lo sia per davvero... però, se davvero puoi esaudire ogni desiderio... bhè... Io ti chiedo di concedermi il sapere che appartiene agli dei. Io voglio conoscere, comprendere ogni cosa, in ogni tempo e in ogni spazio, vedere oltre il visibile, udire ciò che non può essere udito, sapere prima che chiunque sappia. è difficile per me, un mortale, spiegare ciò a parole... ma se tu sei davvero un dio, allora di certo capirai."




Arretrò alla sua posizione originale, sentendosi come svuotato. Aveva parlato come se fosse da solo, ma accanto a lui vi erano altre persone. Sentiva i loro occhi puntati, benchè i suoi non riuscissero a staccarsi da quell'oscurità impenetrabile in cui aveva riposto le sue speranze.


 
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^Shinodari^
view post Posted on 24/9/2012, 12:42




Narrato
- Pensato -
"Parlato"



Tenebra.

Quello fu il primo pensiero quando aprì gli occhi nel cuore della notte. Non vi era alcuna differenza tra il presente e il passato più prossimo, quando ancora corpo e mente riposavano sereni. Dormiva profondamente ma per chissà quale oscuro motivo si era destata in maniera improvvisa spalancando gli occhi nella pece nera che la circondava. Non si fece molte domande, solo cercò di riprendere sonno, doveva riposare perché il giorno dopo si sarebbe alzata di buon ora e avrebbe cercato Fuyuki, aveva alcune cose da chiedere al suo Sensei. Si girò prona e affondò il viso nel morbido cuscino la cui federa candida emanava ancora odore di bucato fresco e, dopo poco, si addormentò nuovamente.
A dispetto delle buone intenzioni, quella mattina poltrì mollemente e quando finalmente si decise a lasciare il letto, il sole era già alto nel cielo. La sequenza di sbadigli proseguiva già da un po' e la teneva incollata alle morbide coltri, dovette fare uno sforzo notevole per convincersi che era tempo di darsi da fare. Si alzò sfregandosi energicamente gli occhi, tanto energicamente che subito dopo la sua vista venne offuscata da una serie di pallini bianchi e neri che fortunatamente si dissolsero dopo poco, ma non abbastanza velocemente da permetterle di vedere le ciabatte che giacevano dimenticate al centro della stanza.



“Ma porc.. !?”



Cadde in avanti come una pera matura con le mani che ancora scompigliavano i capelli. Non si poteva certo affermare che quella fosse una giornata fortunata.


Quando uscì di casa le doleva ancora la fronte e in cuor suo sperò che non spuntasse un bernoccolo, il quale sarebbe stato senz'altro motivo di imbarazzo e l'averebbe obbligata a dare frustranti spiegazioni. Per non correre il rischio spostò i capelli in modo tale che coprissero la parte lesa, non era un granché per dissimulare, tuttavia non aveva altro a disposizione in quel momento. Il suo corpo era già abbondantemente deturpato, pensò, ci mancherebbe solo un marchio gonfio e viola in mezzo alla fronte. Istintivamente si portò una mano sul seno sinistro, laddove un glifo di ben altra natura le era stato impresso contro la sua volontà.



- Come me anche Tatsu .. perché? -



Lei era stata la prima e aveva ricevuto il marchio all'eremo, poi era toccato all'amico.



- Perché noi? -



Si chiese di nuovo senza trovare una risposta.
Era per questo che aveva deciso di consultare Fuyuki, sapeva perfettamente che non avrebbe potuto aiutarla, ma sentiva comunque il bisogno di parlare con qualcuno. Fin da quando era tornata aveva cercato di convincersi che non esisteva alcun Dio, che ciò che le era capitato era frutto di una qualche strana tecnica, potente certo, ma che nulla aveva a che fare col sopranaturale. Tuttavia il fatto che nemmeno il Sommo aveva saputo darle spiegazioni in merito la turbava e la rendeva insicura, aveva avuto persino il dubbio che tutto questo poteva aver a che fare con il ragazzo dagli occhi gialli, ma nemmeno per questa supposizione aveva trovato alcuna prova. Spesso concludeva le sue elucubrazioni mentali con il pensiero che prima o poi la verità sarebbe venuta a galla e questo bastava a tranquillizzarla, almeno per qualche tempo, almeno finché i dubbi non si facevano strada nuovamente nella sua mente.
E anche quella mattina, mentre percorreva le strade di Konoha, arrivò alla stessa conclusione.


Luce.

Improvvisa come un fulmine a ciel sereno. Un attimo prima il sole le illuminava il viso ed ora era immersa in un liquido bianco, troppo luminoso, palpabile eppure inconsistente, che l'avvolgeva trascinandola con sé e non ebbe più percezione del suo peso.



- Sono .. cieca?! -



Pensò con terrore. Qualcosa bruciava nel suo petto, qualcosa che riconobbe non essere suo. Il turbinio cessò improvvisamente ed ebbe la sensazione di tornare ad essere di carne e sangue, contemporaneamente i suoi occhi tornarono a vedere e ciò che vide la sconcertò.
Si trovava in piedi, davanti a qualcosa di mai osservato prima e non era sola, altre persone riempivano lo spazio che la divideva da una specie di portale serrato e da colei che aveva già incontrato in precedenza. Quella donna era lì, li osservava con il suo sguardo vuoto e con un'espressione indecifrabile che, nonostante tutto, non riusciva a metterle paura. La fissò socchiudendo gli occhi, senza poter smettere di guardarla, ma poi successe qualcosa che la obbligò a distogliere lo sguardo e i tredici globi luminosi che ornavano la sommità del portale emisero una luce più intensa. Tredici globi per tredici convocati, pensò, quindi tra loro doveva esserci Tatsumaru, lo cercò con gli occhi e lo riconobbe immediatamente. Emise un lungo sospiro e si scoprì felice di non essere sola in quel luogo misterioso, anche questa volta condividevano un ugual destino. Dovette tapparsi le orecchie con le mani, il rumore emesso dai cardini del portone che si apriva era insopportabilmente stridulo e cupo allo stesso tempo e questo la distrasse momentaneamente dall'amico.


Tenebra.

Di nuovo, come nella notte appena trascorsa. Questa volta era profonda e cupa, viva. E un respiro, il soffio di un essere che si risveglia dalla profondità di un abisso, un abisso vuoto come lo spazio siderale. Socchiuse nuovamente gli occhi per mettere a fuoco ciò che il buio nascondeva, ma non vide nulla eccetto qualcosa che si muoveva appena e che poteva assomigliare ad una grande mano, enorme, gigantesca, una mano che nascondeva ma che lasciò passare una voce atavica.
Sussultò nell'udire quei suoni, suoni che ricordavano il tempo trascorso dalla nascita del mondo, il respiro della terra stessa. Ebbe paura e si piegò sulle ginocchia, come se quella voce potesse in qualche modo ferirla.



CITAZIONE

Io sono... Watashi... Quali sono... I vostri Desideri?..


Watashi, lui era Watashi, il Dio che prometteva loro di esaudire il desiderio. Dita nere emersero dalla follia oltre la porta. Rabbrividì mentre si costringeva a tornare eretta.
Forse era la sola ad avere paura, forse quella visione aveva sconvolto solo lei, ma non riuscì a guardarsi intorno e tantomeno a percepire le emozioni degli altri che stavano ormai rispondendo uno ad uno alla domanda di quella entità oscura. Parevano tutti estremamente lucidi e qualcuno persino irriverente, fu questo a donarle coraggio e a renderla più sicura di sé.



- Lui non può giocare con la mia vita. Lui è Watashi .. un Dio? Un impostore? Non ha alcun diritto di mettermi paura.
Lui deve dimostrare la sua identità, solo allora lo prenderò sul serio. -



Solo allora l'avrebbe giudicato. Si avvicinò a Tatsumaru e non appena ebbe terminato di parlare infilò una mano nella sua, lei era lì e voleva che lui ne fosse cosciente.
Toccava a lei parlare, ma non lo fece. Se Watashi era davvero chi voleva far credere avrebbe potuto leggere facilmente i suoi pensieri, proprio come Mujinahen Sama.



- Sai leggere il mio pensiero? Allora, risponderò alla tua domanda. Vuoi conoscere i miei desideri più profondi? Eccoti servito.

Io vorrei vivere in un mondo senza guerre, un mondo rispettoso della natura e di tutti gli esseri che lo popolano, vorrei vedere felici le persone che amo, leggere nei loro occhi la gioia di condividere con me ogni momento, vorrei poterli aiutare, preservarli dal male, difenderli da ogni minaccia, tenerli accanto se lo desiderano o lasciare che siano felici altrove.
Questo è ciò che vorrei, Watashi. -



Smise di pensare e strinse più forte la mano dell'amico, senza osservarlo. Ora temeva la reazione di quel Dio che l'aveva portata fin lì.

 
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La genjutsu della piccola Yamanaka, a giudicare dalla reazione del compagno, era andata senza troppi problemi a segno e tutto procedeva secondo come pianificato dalla kunoichi. Shiho aveva preso in mano la situazione, aveva tutto sotto controllo, forse addirittura tutti e ora, sempre a metà strada fra i due shinobi, fissava impassibile e quasi totalmente inespressiva il ninja della Nuvola, in attesa di una sua risposta. Era lui il secondo problema che doveva fronteggiare in quella delicata situazione, nonostante ogni tanto, con la coda dell'occhio, Shiho non perdeva di vista i movimenti del compagno. Lui era sicuramente stato fino a quel momento il problema più grande e a giudicare da quanto aveva dimostrato fino a quel momento, sicuramente non avrebbe accettato il suo invito a cuor leggero o senza piantare su una delle sue solite scenate. Ogni muscolo della kunoichi era teso, pronto a scattare, i suoi occhi smeraldini fissi, così come le sue palpebre, che si socchiusero leggermente nel momento in cui, anche se un po' spiazzato, lo shinobi della Nuvola rispose dicendo che non si sarebbe arreso e non avrebbe lasciato quella spiagga. Gli occhioni della Yamanaka si chiusero per un istante mentre un respiro profondo si fece spazio fra le sue sottili labbra, scocciato quanto di rassegnazione. Senza aggiungere una parola la kunoichi portò la mano sulla fedele Ryu no Wakizashi, carezzandone le perle che ornavo l'impugnatura come suo solito, quando improvvisamente tutto intorno a lei divenne luce, un profondo bianco abbagliante! Istintivamente Shiho si ritrovò quasi avvinghiata alla sua wakizashi, le dita di entrambe le mani serrate, tutto il corpo disteso come se le fosse stato gettato addosso un secchio di acqua ghiacciata, le palpebre incollate fra loro a voler difendere la sua vista da quell'inaspettato flash, che dopo alcuni lunghissimi secondi scomparve nel nulla, rivelando uno scenario a dir poco inverosimile. La piccola Yamanaka si ritrovò di colpo su di una morbida distesa d'erba, ci volle solo qualche secondo al suo ginocchio, piegato al suolo come in un inchino, a rendersi conto che non si trovava più su quella maleodorante spiaggia, l'aria era di nuovo pulita, fresca, una leggera brezza le agitava la ciocca di capelli che era rimasta orfana della sua coda: doveva per forza essere stata teletrasportata in un luogo differente da quello nel quale si trovava. Una mano si mosse istintiva a stropicciarsi gli occhi, mentre con un leggero brivido il suo corpo sembrò quasi volersi riprendere da quel veloce quanto faticoso viaggio. Riaprì gli occhi, lentamente, guardando inespressiva quanto sbigottita le facce degli shinobi che si trovavano intorno a lei. Poi lo vide, chiarendo tutti i suoi dubbi, realizzando immediatamente dove si trovava, cominciando a riconoscere piano piano il luogo in cui era stata poco tempo prima: il Paese delle Cascate. Quel tempio era li, di fronte a lei, alle spalle di alcuni di quei volti sconosciuti che si trovava in quel luogo, impassibile, imponente...

(Ancora quel tempio... Di nuovo quel Dio...)



|Dannazione! Proprio questo momento doveva scegliere per chiamarci tutti a raccolta! Dopo tutta la fatica che abbiamo fatto con quel molluscone! Questo non è divertente, per niente!|



(I prescelti... Sono dunque loro i dodici ai quali è toccato il nostro destino, la nostra stessa croce...)



|Ci vorranno degli anni per tornare su quella spiaggia! E' stato tutto inutile!|



(Calmati un attimo! Lasciami il tempo di pensare, di capire...)



Assorta nei suoi pensieri insieme a Kumiko, Shiho fissava senza battere ciglio il tempio che tanto aveva disturbato i suoi sonni, la sua vita, quando improvvisamente, una voce più o meno conosciuta, una voce che sembrava quasi provenire da un passato prossima a volerla riportare alla realtà, interruppe le sue riflessioni, accompagnata da due robuste mani che le cinsero con violenza le spalle scuotendola per intero. Non ascoltò le sue parole, non cercò di liberarsi, si limitò solamente a sgranare gli occhi nel fissarlo, incredula. Più passavano i minuti e più tutta quella situazione sembrava un gigantesco e reale sogno. Troppo realtà si stavano mischiando in quel momento, compagni di Konoha sconosciuti, altri conosciuti di vista all'accademia, luoghi che facevano parte del suo passato, quel tempio che era apparso dal nulla a turbare i suoi pensieri, il taglialegna che stava fronteggiando pochi attimi prima di essere catapultata in quell'incubo... Tanti volti, tanti eventi, troppi ricordi, nessuno, o quasi, correlato con l'atro, tutti mischiati la in quel luogo, proprio come accade nei sogni, un miscuglio della sua vita che ora vorticava nella sua testa senza trovare un senso, un ordine, un'ubicazione, capace solo di regalare alla piccola kunoichi una forte fitta all'altezza delle tempie. Shiho si lasciò andare all'enorme caos che ora regnava nella sua testa, ogni suo muscolo di distese, quasi abbandonato da ogni forza come il suo cervello da ogni pensiero, quando improvvisamente i tredici globi che dominavano l'immenso portone del tempio presero a brillare. Fu in quel momento che la vide, fu nell'attimo in cui le porte presero ad aprirsi con quel minaccioso cigolio che la riconobbe, lei, quell'eterea messaggera, lei, quell'angelo di porcellana, quell'abbraccio capace di regalarle emozioni fino a quel momento mai provate. Shiho la fissò, quasi disinteressandosi per un momento dell'evento che in quel momento stava attirando le attenzioni di tutti i presenti, il suo cuore si infiammò, ma di nuovo non di rabbia, ma dello calore che aveva provato durante la sua seconda visione. Con gli occhi fissi, completamente catturati da quella visione, Shiho portò flemmatica una mano a stringere il marchio ricevuto in quell'occasione, quando nuovamente, anche se questa volta da una voce ben diversa da quelle sentite finora, le tenebre che regnavano all'interno del tempio la portarono di nuovo con i piedi per terra, alla realtà, sempre ammesso che quella che aveva davanti lo fosse. Si stava congratulando con lei, con quell'angelo etereo, una voce antica, profonda, immensa. Tutto quindi tacque. Lo spettro quindi si inchinò, rispettoso quanto servizievole, e così quell'antico sussurro si presentò con il nome di Watashi, chiedendo ai presenti, ai suoi prescelti, di esporre i desideri che aveva promesso loro.

|Quasi mi ero scordato di lui... Ma a quanto pare la situazione non è peggiorata, ma migliorata... Forse abbiamo perso la possibilità di firmare il nostro contratto con quei molluschi, ma la sua domanda ci apre scenari sicuramente molto più interessanti! Ahahah Ora si che mi sto divertendo di nuovo! Ahahah Chi l'avrebbe mai detto! Ahahah|



(Akane... Io ho tradito la sua fiducia... Le avevo promesso che non mi sarei recata in luogo... Non senza avvertirla...)



|Smettila con questi pensieri stupidi! Non siamo mica venute qui di nostra volontà o con le nostre gambe! Non è colpa nostra... Peeerò, visto che ci troviamo qui, possiamo sempre approfittarne! Ahahah|



(Non tradirò la fiducia che la mia Hokage ha riposto in me... Non dico che la proposta di questo Watashi, sempre che sia veritiera, non mi alletti, anzi... Ma io ho messo me stessa al servizio di Konoha e questo viene prima dei miei stessi desideri...)



|Oggi è proprio una giornata da dimenticare! Ma che avete in testa voi umani? Ma che ti prende?! Prima perdiamo la possibilità di firmare un contratto quando tutto era a nostro favore, ora ti ci metti con i tuoi ideali quando ci viene offerto... Ci viene offerta qualsiasi cosa! Svegliati! Puoi benissimo usare il tuo desiderio per ottenere un potere con il quale difendere poi Konoha! Io nn vi capisco proprio! Voi umani e i vostri sentimenti! Fai un po' come desideri, ma poi non lamentarti con me! Pfffff|



Mentre le parole di Akane tornavano a carezzare le sua mente, piano piano i presenti cominciarono a esprimere i loro desideri, chi di potere, chi di pace, chi di sottomissione, tutte parole che però Shiho non poté udire, troppo persa in una lotta interna senza fine. Così come le parole della sua Kage rapivano con gentilezza il suo cuore, allo stesso modo quelle di Kumiko tentavano con violenza la sua mente... Tutto vorticava nella sua testa, i suoi occhi si erano ormai spenti da tempo, persi nel vuoto di quel tempio, ogni sorta di potere si figurava autonomamente nella sua testa, fronteggiato dai moniti delle spadaccina di Kiri che aveva conosciuto a Suna e dal discorso, pubblico e privato, di Akane. Le stesse mura di Konoha cercavano di barricarsi intorno al suo cuore per riportarlo alla sua mente, mentre quest'ultima veniva tentata dall'abbraccio caldo di quella messaggera di porcellana, dalla sete di potere, di primeggiare che sempre aveva dominato ogni suo impresa, sfamato il suo cuore dopo ogni successo. Per lunghi minuti, mentre tutti intorno a lei rispondeva a quella richiesta, Shiho rimase la imbambolata, come in trance, lei, sempre sicura e risoluta, ora non riusciva a spiaccicare nemmeno una parola, schiacciata dal peso della sua mente, della sua lotta interiore. Ma qual'era veramente il bene in questa lotta? E quale il male? Tradire Konoha, i propri ideali per se stessi o se stessi per quest'ultimi, per Konoha? Mille volti presero a passare nella sua mente, veloci, affettuosi, dal padre ai fratelli, dai maestri dell'accademia alle sue sensei più recenti, da quelli dei nonni a quello... Sconosciuto di sua madre... Riportarla in vita? Era questo che voleva? Ma perché? Se i Kami gliel'avevano tolta, se aveva scelto questa strada per lei, se aveva scelto questo per il suo bene, perché lei doveva cambiare tutto? Il potere? I grandi Kami anche in questo avevano dimostrato di essere, col tempo, coscienti delle sue volontà, addirittura donandole una di loro, Kumiko, per accompagnare i suoi passi e dissetare la sua sete di conoscenza... Ma se tutto ciò era abbastanza, allora perché quella domanda continuava a tentarla così profondamente? Dopotutto anche questo Watashi si era presentato come un Kami... Ancora in silenzio, ancora persa, Shiho estrasse lentamente tre bastoncini di incenso dalla tasca latelare del suo pantalone, per poi lasciare che le loro estremità inferiori si conficcassero dolcemente nel morbido terreno e accenderli. Quindi cercò di rilassare il più possibile la sua mente, distendere i muscoli, lasciarsi andare, abbandonarsi in quello che aveva sempre creduto, quei Kami ai quali i nonni le avevano insegnato a pregare. Col levarsi di quelle tre colonnine di fumo verso il cielo la sua mente cominciò ad aprirsi, Shiho cominciò a tornare in se, a tranquillizzarsi, non vi era più sete di potere, così come non vi erano più le parole di Akane, il sorriso di sua madre, le tentazioni di Kumiko, quindi tornò a fissare quell'oscurità, di nuovo decisa.

-Io ho molti desideri, così come non ne ho nessuno, vorrei conoscere mia madre, così come vorrei padroneggiare meglio di chiunque altro le arti illusorie o la paura stessa, vorrei essere fedele al mio villaggio, come per tutta la vita mi hanno insegnato a fare, così come vorrei tradirlo per poterlo difendere meglio di chiunque altro... Ho sempre affidato la mia vita ai Kami, mi son sempre fidata di loro, delle scelte che hanno fatto per me... Ed per questo che io non posso rispondere a questa domanda... Ora vorrei tornare da dove sono venuta se è possibile...-




 
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.Watashi.
view post Posted on 25/9/2012, 19:18




"La Fine."
U

no dopo l'altro quei pronfondi spaccati d'umanità si mostrarono di fronte alla Divinità, con le loro parole, i loro gesti. Parole di puro amore si levarono verso di lui, altre di disprezzo, altre ancora erano semplici richieste, dettate o dalla freddezza e dalla diffidenza, o dalla passione e dalla convinzione di ottenere ciò che si andava a chiedere a colui che poteva tutto. Uno di loro chiese ciò che era un simbolo per la sua gente, un altro ancora l'amore e la pace per le persone che amava, i suoi piccoli pargoli, e addirittura l'amore nel senso più utopico possibile. La pace. Solo due mancavano all'appello di quella schiera di richieste e commenti, quelli che avevano trascinato tutti lì, i due ninja di Iwa che più vicini al portone osservavano, uno titubante, l'altro col cuore trasudante d'eccitazione, sghignazzando. Fu il biondo a trovare il coraggio per parlare prima del compagno, tanto era forte la sua richiesta...

Io... Rivoglio mia figlia indietro.

Shinpu. Un padre a cui era stato tolto il bene più prezioso. Un padre devastato e spaventato, che ora si faceva da parte, per lasciare la sua parte anche all'ultimo. L'uomo che forse più di tutti aspettava quel momento. Braccia spalancate, bocca in un tetro sorriso sbavante, occhi scintillanti di pura goduria. Si lappò le labbra, facendo qualche passo traballante verso le oscurità che aveva di fronte. La donna di Porcellana l'osservò fredda, come aveva sempre fatto con tutti... Quindi, parlò.

Io voglio diventare Re di tutto, il ninja più forte su questa schifosa terra... E che tutti i desideri di questi idioti spariscano nel nulla!

Un colpo basso, bassissimo, a tutte le persone lì, ma soprattutto a quell'uomo che l'aveva aiutato e che già quando aveva finito di parlare aveva trascinato tutta la sua energia nei pugni, in un urlo di pura rabbia e disperazione per distruggere quell'uomo infimo e meschino. Una vendetta giusta che probabilmente avrebbero voluto ben più d'una persona in quei tredici. Ma...



... Ma tutto si fermò ben prima che lo scontro potesse devastare l'entrata del tempio. Come un richiamo, un profondo sospiro, più simile ad un lamento che ad un respiro, fece vibrare tutta la struttura del tempio. I glifi sul petto di tutti e tredici inziarono a brillare, per poi svanire lentamente, duolendo in maniera acuta sulla pelle. La mano scura protesa verso di loro roteò su se stessa, poggiandosi poi sull'anta della porta verso sinistra. Una seconda mano, lenta e gigantesca quanto la prima, fece lo stesso spuntando dalle tenebre, spingendosi verso l'anta opposta. Acciuffò così ambo gli stipiti, rantolando di nuovo con la sua voce profonda. Fu allora che una terza mano sgusciò fuori dal buio... Una mano che senza alcuna pietà andava a schiacciare quella Figlia nominata precedentemente, che impassibile si lasciava stringere al terreno. Fu un colpo secco, che non lasciò nemmeno udire lo scricchiolare di quel capo di ceramica. Le dita di questo terzo arto agguantarono il terreno con forza, solcandolo... Quindi ci fu una spinta... Un volto, tremendo, iniziò a intravedersi dalle tenebre.

Sapete... Quale è... Il mio desiderio?..

Scivolarono fuori quelle parole viscide da quella bocca zannuta e indecifrabile. Una bocca larga e inespressiva su d'uno sfondo completamente nero, un grosso capo senza lineamenti, se non tredici occhi viola posti sei da un lato, sei dall'altro, con uno più grande al centro esatto del volto, aperto in verticale. Ognuno di essi osservava qualcuno, ma l'immenso era voltato verso solo quell'uomo di Iwa tanto viscido da esprimere un desiderio così tremendo. Le sue mani si mossero, spaccando i cardini del portone che cadde rovinosamente a terra. Con uno scatto a dir poco rapido, gettò ambo i pugni contro quell'uomo, acciuffandolo stretto tra le dita, osservandolo quindi ora con tutti gli occhi.

MANGIARE!

La bocca si spalancò in diverse file di denti viola come tutti gli occhi, mentre quell'uomo urlava disperato. L'azzannò senza pietà alcuna, tranciando di netto il suo capo, che sgranocchiò golosamente. Gettò via il suo corpo, mentre il panico dilaniava tra tutti. Però, tra tutti, quello più vicino al dio, mantenne la lucidità. Capì il suo peccato, si maledì mille volte. Gli occhi del Dio, di Watashi, si gettarono tutti contro di lui. Non poteva fare altro... Si voltò verso gli altri, tutti gli altri, con gli occhi fiammeggianti per il suo arcano. Si spensero, il suo corpo iniziò a tremare.

Fuggite!!!

Fuggite. Fuggirono. Come la sua energia si spense nell'aria, travolta dalla mano distruttrice e nera che lo schiacciarono a terra, tutti scomparvero. In uno scintillio di luce pura, quasi ad opporsi all'oscurità di quella creatura immonda, scomparvero, trascinandosi dov'erano prima che Shinpu li richiamasse. Watashi rimase così, solo, con due anime dentro di sé e nulla di più. Non era andata come voleva. Non era AFFATTO andata come voleva.

NOOOOOOOOOOOOO!

Strillò tutta la sua furia il Dio, spalancando le sue braccia a distruggere il tempio che l'aveva imprigionato per tanti anni. La sua figura scivolò poco a poco fuori da quel costrutto bianco che veniva sgretolato sotto i suoi corpi, fino a diventare che poco più d'una corona perlacea che si apriva nel terreno, una Tana degna del mostro che aveva rigurgitato. Un mostro che si mostrava al mondo per metà, con un corpo che l'immaginazione non avrebbe potuto descrivere, che si protraeva verso l'alto per decine e decine di metri. Tredici occhi. Tredici braccia, che si potraevano ovunque, aggrappandosi al terreno per trattenere il suo furore. Ringhiava, come la bestia affamata che era. Ringhiava. Le sue urla si protraevano per chilometri, spogliando gli alberi e uccidendo gli uccelli.

Non sono completo... Non sono completo... Ma anche se ho mangiato solo due anime, posso comunque proseguire...

E mentre pronunciava quelle parole rivolte al mondo e a se stesso, una calca infinita iniziò a scivolare dalla base del suo corpo, dalla Tana, brancolando tutto intorno come un mare di insetti neri. Chiassosi esserini scuri, senza forma e mollicci, che s'addensavano l'uno all'altro con una velocità immensa... Germi che presto, avrebbero infettato il mondo. Watashi si guardò intorno, quindi ordinò, coinciso.

Fate il vostro dovere, figli miei.

Non tardarono ad ubbidire. L'infinita calca iniziò a muoversi, con la velocità del fulmine, in ogni luogo del mondo. Ogni luogo. Le foreste, i villaggi, le strade, i mari, le montagne... Tutti videro nel giro di qualche secondo questa infinita massa di creature scure pararglisi contro, intangibile e innocua, ma che poco a poco andava a sparire. Tanti piccoli semi di corruzione, che presto sarebbero sbocciati... Troppo presto.

Watashi.

Un Dio che prometteva tutto... Ora chiedeva Tutto.



E il mondo fu in Guerra.

 
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view post Posted on 27/9/2012, 07:59

The Pine

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*Occhi pieni di paura si puntavano verso l'orizzonte. Aveva visto tutto, quella donna d'anime e Dei, ogni scena, ogni singolo avvenimento, nonostante la distanza. Vedeva quel mostro spuntare dalla terra, in tutto il suo orrendo e disgustoso splendore.

Shiroko aveva deciso di muoversi appena nel cielo s'estense il tredicesimo di quei raggi infernali, ma non fu semplice convincere i saggi a spedirla in questa missione che poteva essere addirittura suicida. Al suo seguito, due uomini nerboruti e scuri, imbaccuccati di nero come erano soliti gli Anbu e con due maschere semplici sul volto. Quando il suo sguardo poté esaminare il tempio, al limitare della vallata creata dallo stesso, era già troppo tardi. Vide il lampo di luce che salvò i Genin tutti, quindi la creatura scivolare fuori dalle viscere della terra, urlando il suo disprezzo al mondo tanto forte da scuoterle le vesti e assordarle le orecchie.

L'aveva saputo fin dal primo momento che non c'era da fidarsi d'una creatura del genere, ma ora ebbe la conferma. Il suo animo in subbuglio scintillava, letteralmente, manifestando la sua aura sottoforma d'uno scheletro giallo, tremendo, ma necessario. Arrivò la prole, doveva salvare lei e i suoi uomini... E così fece. Si sollevò da terra in un ringhio, insieme ai suoi fidi, mentre quelle creature le scivolavano sotto.

Fu un lampo, mai aveva creduto che tanti esseri potessero sparire lontano dallo sguardo in così poco tempo. Si poggiò di nuovo a terra, con lo sguardo potratto verso casa. Doveva andare. Di corsa.*


- Dobbiamo avvisare gli altri. Non c'è un secondo da perdere.
 
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.Watashi.
view post Posted on 1/12/2013, 00:09




"Il Giorno del Giudizio."

R

iverse al suolo giacevano le vittime di quella guerra dove perenne viveva il senso di paura e d'angoscia generato dall'infinito conflitto. Sterminati campi, vallate e radure restavano pregne del puzzo di morte e sudore, macchiato di sangue ogni campo di battaglia non contava ormai più le vittime né da una parte né dall'altra. Giorni e mesi si susseguirono in quella danza, quasi tre anni dove il tempo veniva scandito dal rumore dei passi nel fango, dal cozzare del ferro e dallo scoppiettare delle fiamme di purificazione. Epidemie e infezioni sconfinate si erano abbattute sul mondo ninja e fautore di tutto Watashi, restava al suo posto silente tra le macerie del suo tempio. In bilico tra l'ancestrale e il mondo terreno la divinità risorta stava esaurendo le energie e i suoi amati figli trovavano sempre più ostacoli sulla loro strada, gli shinobi si erano fatti furbi e uniti per combatterlo arrivarono a spazientirlo. Perfino i suoi figli prediletti vennero scacciati e in parte derisi, gli Araldi avatar del suo Io rappresentavano le sue carte vincenti eppure stavano arrancando dinnanzi all'ostinazione del genere umano. Così piccoli, fastidiosi e insignificanti come formiche quegli esserini furono in grado di scatenare l'ira divina costringendo Watashi ad una mossa subdola e inaspettata.

Voi.. piccole pulci fastidiose..
Mi avete stancato!

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Tuonò in ogni dove la voce incorporea del Dio, possente riecheggiò tra mari e monti giungendo in un istante all'orecchio di ogni singolo abitante di quel piccolo mondo che intendeva schiacciare e far suo. Watashi era stanco dell'ostinazione di quegli scarti e prossimo ormai a finire l'energia vitale che aveva assorbito mangiando i due jonin della Roccia giunse a un punto di rottura: il cielo che sovrastava il mondo si oscurò come da tempo non si vedeva, violacea la volta riflesse l'immagine del tempio distrutto da cui si affacciava e d'improvviso ogni altra luce e interesse scomparve dai cuori della gente.

Avete osato prendervi gioco di me anziché venerarmi, voi e quei miseri trucchi che chiamate "jutsu" saranno la vostra rovina! La fine è vicina e il Giorno del Giudizio presto calerà sulla vostra insignificante esistenza.
Vi estinguerete. Fuggirete mentre berrò il vostro sangue. Temete la morte e accoglietela o apprenderete la verità sulla disperazione: la Terra sarà la prigione dove marcirete insieme alle vostre speranze.

Sazieremo la nostra fame, innalzeremo i calici e intonando l'Inno della Distruzione brinderemo sui vostri cadaveri.

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Il grande occhio famelico penetrò le menti di chi fu costretto a guardare e ad ascoltare, nessuno potè ignorare quella minaccia e per quanto stesse proiettando le immagini della ritirata della sua prole qualcosa di più profondo inquietava l'animo dello spettatore. Una consapevolezza di un atto più grande in fase di raccoglimento, una stasi che preannunciava lo scatenarsi infausto di quel Cancro sceso sull'umanità. L'obiettivo fu mostrato, fugace, scelto per istinto, casuale e il fermo immagine di montagne svettanti attorniate da nuvole bianche andò ad incorniciare il paesaggio di un villaggio lontano eppure così vicino..

Tutte le forze rimanenti dell'esercito di Watashi stavano scivolando tra le scarpate e i versanti più impervi pronte a marciare su Kumogakure.




    GdROff//Chi vorrà partecipare in modo attivo alla fase finale dell'evento è tenuto a postare l'adesione nel Censimento in modo tale che dopo l'organizzazione del summit i vari Kage potranno formare i vari team per le missioni a difesa di Kumo.
    Il suddetto sarà lasciato aperto per 7 giorni a partire da ora (scadenza in 07.12.13 alle 00:00), tempo in cui dovrete ruolare la nuova visione con i vostri personaggi e dove tutti i Master dovranno impegnarsi a terminare le missioni/quest ancora aperte con la ritirata della progenie/degli araldi.

    Si invitano inoltre i Master a stilare un rapporto delle missioni portate a termine e/o interrotte postando un resoconto nel topic Notizie.

    Tranquilliziamo fin da subito chi ha paura di aver perso tempo e punti preziosi per via dell'interruzione, alla fine dell'evento saranno assegnati premi in base Anche al precedente operato (fattore valido anche per chi aveva in corso una missione per il passaggio di rango).

    Se avvertite il bisogno di chiarire ulteriori dubbi vi invitiamo ad utilizzare la sezione Faq Evento//GdROn



Edited by .Watashi. - 2/12/2013, 18:24
 
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