Isan 遺産 - L'eredità della Nebbia, Role libera per -Egeria- (1°pg) e Lucifergirl88 (1°pg)

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view post Posted on 15/4/2022, 17:49     +1   -1
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Kiri
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Kiri, Studio del Mizukage.
10 Ottobre 252 DN.

Carte. Carte. CARTE!
Erano passati solamente un paio di giorni da quando Fuyu-sensei gli aveva passato ufficiosamente il testimone alla guida della Nebbia, ma tanto era bastato anche ad un novellino come lui - da quel punto di vista, almeno - per capire quanto nella merda fossero. C’erano documenti arretrati a non finire! Questioni irrisolte rimaste in piedi, rapporti da controfirmare, resoconti da valutare…Anche senza contare i lavori di ricostruzione della Gabbia Bianca e gli interrogatori di Manpeiko, di lavoro da fare ce n’era a iosa ed era tutto un gran casino! Adesso capiva perché lo Yuki gli aveva consigliato di scegliersi con accuratezza qualcuno che potesse fargli da aiutante in tal senso e, grazie ai Kami, Yu conosceva la persona perfetta. Avrebbe chiamato Kasumi quanto prima…anche per dare una svecchiata a quell’ufficio che, santo cielo, dire che fosse in condizioni pietose era un eufemismo. Sospirò affranto, di fronte alle pile di documenti che torreggiavano sulla scrivania. A grandi linee, nel tempo che non passava a torchiare la vecchia del Kyo Dan, il Capo ANBU gli aveva spiegato di cosa occuparsi come prime cose. In quei due giorni avevano fatto un po’ di affiancamento per agevolare il passaggio di consegne, cosa che avrebbero fatto anche i giorni seguenti; tuttavia, in quanto tornato al suo precedente incarico, Fuyu aveva anche l’arduo compito di spillare alla lingua di Manpeiko tutte le informazioni chiave circa Hayate e la sua scomparsa. Quindi era normale che avesse da iniziare a girarsi un po’ da solo in quel nuovo ruolo che ancora gli sembrava un po’ come un paio di pantaloni troppo larghi.
Ma inutile girarci tanto attorno: il modo migliore per prenderci confidenza era mettere le mani in pasta, e così avrebbe fatto.
C’era una questione irrisolta che aveva irritato in maniera particolare Fuyu, sebbene quando si erano incontrati a casa sua fosse stato perfettamente in grado di nasconderlo, e riguardava un rapporto mancato. Allungò la mano per prendere la cartella in cui normalmente sarebbero stati conservati i documenti circa la missione assegnata, ma in questo caso c’era poco che nulla. Il fascicolo del Tessitore, qualche carta che attestava l’invio di ANBU in supporto e…un bigliettino, apparentemente scritto di fretta:


Avviso di allontanamento temporaneo dal Villaggio.
Data: 6 Ottobre
Prima destinazione: Sado. Ipotizzati spostamenti ulteriori.
Motivazione: verifica segnalazione attività sospette.
Ipotesi: attività criminosa volta all'elaborazione di armi biologiche.
Si richiede invio squadra ANBU in località Sado, non prima delle ore 24 del giorno 6 Ottobre. Non anticipare tempistiche indicate, rischio fuga informatore. Seguire itinerario Tessitore, mantenere distanze, basso profilo; evitare contatto diretto: elevato rischio fallimento ricognizione.


Più che una missione assegnata, sembrava che lo Spadaccino fosse incappato in qualcosa di grosso e non avesse trovato nessuno a cui fare riferimento. Hayate mancava da tre anni, Natsu no Kaze era fuggito dalla Gabbia Bianca ed era stato giustiziato da Yu stesso nei panni di Zenko, mentre Fuyu…boh, probabilmente in quei giorni che avevano preceduto la convocazione del Rosso alla sua dimora, si era diviso, come sempre in quegli ultimi anni, tra il ruolo di Mizukage e quello di Capo ANBU. Facilmente era già ad interrogare Manpeiko.
Da quanto risultava dalle poche carte in merito, il Tessitore era tornato sano e salvo dalla ricognizione, ma si era categoricamente rifiutato di fare rapporto a chiunque non fosse il Mizukage, rischiando di essere tacciato per insubordinazione, considerando che Fuyu no Yuki, fino a prova contraria, era stato insignito dei poteri di reggenza proprio da Hayate in persona. Risultato? Quella faccenda era rimasta irrisolta fino a quel giorno.


« Bel tipino questo Tessitore. Che ne sappiamo di lui? »
Poco in realtà. Prese per le mani il fascicolo sullo Shinobi iniziando a scorrere le righe del profilo psicologico e delle sue precedenti imprese. Si fa chiamare Jorogumo, ma non penso sia il suo vero nome. Se lo fosse, i suoi genitori sarebbero stati davvero poco simpatici…o fin troppo fantasiosi, dipende da che punto vuoi vederla. Semplicemente si tratta di un’identità celata, come quella di Zenko. Nemmeno in questo fascicolo è scritto chi sia in realtà…presumo che Hayate lo sapesse, ma dopo la sua dipartita non è rimasto nulla in proposito.
« Eeeeeh Jorogumo? Quella donna-ragno che utilizza piccoli ragni per prendere possesso degli uomini e succhiarne il sangue? »
Proprio lei. E’ per causa sua che si dice “se trovi un ragno di mattina lascialo andare, ma se ne trovi uno di notte, uccidilo anche se assomiglia a un tuo genitore”! Perché di giorno ha l’aspetto di una bella donna, mentre quando cala il buio diventa un orribile bestia a otto zampe. Vedo che sei diventato un esperto, comunque!
« E’ colpa tua: leggi sempre tutti quei libri. » Sbuffò Kurama, prima di riprendere le redini del discorso. « Quindi? Cosa pensi di fare? »
Lo convocherò qui. E’ l’unico Spadaccino rimasto, dovrei farlo a prescindere dal fatto che rischi di essere accusato di insubordinazione. Immagino che parlarci mi dirà più di quanto possano fare queste carte sterili.

E di questo era piuttosto sicuro, visto che i dati riportati sui documenti ufficiali erano da considerarsi solamente una parte di ciò che uno shinobi era o poteva essere. Lui questo lo sapeva bene, anzi era forse uno degli esempi più lampanti. Certo era, che se si aspettava di vedere l’Efebico, avrebbe avuto una bella - o brutta - sorpresa una volta varcata la soglia di quell’ufficio. Bah, tanto prima o poi sarebbe accaduto, tanto valeva togliersi il dente subito.

Kizu!

La maniglia si abbassò subito e l’ANBU spuntò dalla soglia, chiudendosi la porta alle spalle, mentre si inchinava in segno di saluto e rispetto. Il ragazzo era stato uno dei pochi “capricci” di Yu: aveva appositamente richiesto a Fuyu di lasciare che il suo vecchio compagno di divisione entrasse nella sua guardia. Meglio lui di qualche altro shinobi arrivista…era l’unico che considerava di più di un mero compagno, all’interno della Squadra Speciale. Averlo vicino, in quella sua nuova avventura, lo rassicurava ed era anche un modo per premiare quel giovane di talento.

Fai venire qui il Tessitore. Digli che è il Mizukage a convocarlo.

Ryōkai-desu. Un cenno del capo, la maschera col taglio violaceo si abbassò verso il pavimento per qualche istante.

Poi, silenziosamente, Kizu lasciò la stanza.
Non restava che attendere.



Edited by Lucifergirl88 - 15/4/2022, 19:37
 
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view post Posted on 16/4/2022, 22:37     +1   +1   -1
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Kirigakure no sato - 10/10/252 DN



La danza del pulviscolo sospeso a mezz’aria è ipnotica. Pigra, volubile, lenta, magica… starebbe a fissarla per ore - specie se, come accade proprio stamattina, la voglia di strisciare fuori dal futon è prossima allo zero.
È così caldo e morbido…

Con un breve mugolio si volta su un fianco, raggomitolandosi sotto le coltri tiepide, lasciando che la abbraccino ancora un poco; porta le ginocchia al petto, infilandosi al calduccio fino al naso. L’odore di polvere è forte.
Non ha mai tempo di pulire.
Fortuna che non è allergica.

Per un istante, le pare di potersi assopire di nuovo. È una sensazione dolce, impalpabile e densa allo stesso tempo: uno sciroppo viscoso che cola sulla mente e la avviluppa, rendendola lenta e torpida; un carosello di immagini variopinte inizia a scorrerle davanti, saltando dall’uno all’altro dipinto senza soluzione di continuità, con una logica che appartiene unicamente ai sogni MA senza motivo apparente, la magia si spezza di colpo.

Una sgradevole scarica di adrenalina l’ha fatta sobbalzare ed ora si ritrova, completamente senza motivo, a fissare con gli occhi sbarrati le fessure che si aprono nel pavimento di legno consunto.

Nessun rumore improvviso, nessun pensiero, nessuna immagine che possa giustificare quel colpo di reni del cervello, che no, ha deciso che basta dormire e che è ora di alzarsi.
Non ne ha voglia.
Là fuori è freddo. E umido.
Ci sono cose da pensare.
Cose che si stava sforzando di tenere fuori dalla testa, e che adesso scalpitano per riappropriarsi del proprio posto al sole: eccole lì, che sfondano la porta e sfilano tronfie, per prendere possesso ciascuna del proprio scranno, alla tavola affollata che si stende nella testa della diciottenne.

A capotavola c’è Mizuguchi: aria torva e muscoli gonfi, nient’affatto simile al quasi-ventenne pacato riapparso magicamente a Kiri tre giorni prima. Alla sua destra la sedia vuota di Hayate Kobayashi, su cui una sorta di bambola grossa e inquietante cerca di strisciare, proveniente da sotto al tavolo: la kokeshi demoniaca del ragazzo di Suna. Ricorda più la faccia della bambola che quella del suo possessore, e fortuna che l’ha conosciuto solo il giorno prima. E poi c’è sua mamma con Yukiko e Hitomi in braccio, che si lamenta perché non è riuscita a trovare prima un momento per far visitare le bambine, perché non sa tenere pulito, perché ha quasi vent’anni e non è minimamente in grado di cucinare, perché di fidanzatini non se ne vedono, da quando per fortuna si è tolto di mezzo quello là, e forse è meglio così, ma sarebbe anche il caso che rimediasse. Non c’è proprio nessuno nessuno di carino, dove lavora?
Ecco, lei non smette di parlare un secondo nella sua testa: la nenia monotona dei suoi rimbrotti perseguita Urako incessantemente, quando striscia fuori dal futon e quando si lava rapidamente, a pezzi; quando si spazzola i denti e quando calza i panni del Tessitore, perché stamattina il dottor Yakamoto non è di turno e bisogna che Jorogumo si faccia regolarmente vedere bardato di tutto punto, con maschera, parrucca e malumore. E sì, anche con Nuibari.

Niente al Villaggio lascia presagire che quel giorno, il dieci ottobre, sia diverso dagli altri.

Come sempre, aspetta di trovarsi a due o tre isolati da casa, prima di rilasciare la sottile nebbiolina che maschera la sua presenza. Dall’alto, le vie di Kiri sono bigie come al solito, solcate da lenti carri che arrancano nel fango, trascinati da bestie che arrancano ancora più di loro, gli zoccoli che affondano nella terra zuppa d’acqua; sono in pochi a sollevare lo sguardo e ancora di meno a scorgere il Ragno che salta di tetto in tetto. Si farà vedere come sempre in una o due zone commerciali, farà due passi nel quartiere malfamato di turno, contando sul fatto che di giorno il lavoro sia poco come sempre, e… si arresta di colpo, nel momento in cui la figura atletica di un ANBU le si para davanti: maschera bianca, priva delle consuete fattezze animali, attraversata unicamente da una semplice linea violacea.

Improvvisamente, sua madre smette di blaterare nella sua testa.

Quel silenzio è delizioso, ma… cosa?!

Sente il cuore accelerare i battiti di colpo, in modo quasi doloroso, da mozzarle il fiato.
Kobayashi… oh, cazzo. Non se lo fa ripetere due volte. Non crede di aver corso più velocemente in vita sua, quasi non capisce dove sta andando, le gambe si flettono e scattano da sole, i tetti scorrono sotto ai suoi piedi e quasi non ci fa nemmeno caso, quando i sandali le scivolano su una tegola coperta di muschio. È come se un arpione invisibile l’avesse infilzata all’altezza dell’ombelico e la stesse tirando a folle velocità verso il centro del suo mondo, il motore della sua vita, la motivazione di ogni sua giornata - che credeva ormai perduta per sempre. Oh, cazzo - si ripete nella testa, mentre un marasma indistinguibile di emozioni monta sempre più prepotente, fino a eclissare qualunque percezione del mondo fisico. Potrebbero pugnalarla, darle fuoco, prenderla a sassate in questo momento e lei nemmeno se ne accorgerebbe. Mizuguchi che riappare, Hayate che torna - forse il mondo si sta rimettendo assieme. Forse la sua vita sta tornando ad avere un senso. Il Morbo finirà, manderanno finalmente affanculo il Raikage in via ufficiale e insieme andranno a crepare di mazzate Inori Ashura, lui e i suoi stermini di massa. Le sembra quasi di vederlo, quel giorno. Le sembra quasi di poter respirare più liberamente.

Toc-toc.
Il portone dello studio stamattina è una piuma.
Ha davanti agli occhi la figura simmetrica, regolare, quasi ieratica del Mizukage, nel momento in cui i battenti le si schiudono davanti.
È per questo che, quando fa finalmente il suo ingresso, il cervello impiega un tempo eccezionalmente lungo per metabolizzare le informazioni che i suoi occhi le stanno inviando.

La fluente chioma fulva della persona seduta alla scrivania incornicia una faccia che certamente non è quella di Hayate Kobayashi. Sì, è vero, c’è il suo jingasa lì accanto, vicino alle consuete pile di documenti, ma… - Jorogumo arriva al centro esatto della stanza, il petto che si alza e si abbassa come un mantice per il fiatone, prima di riuscire a scendere a patti col fatto che qualquadra non cosa. E a quel punto si blocca lì, fermo, come una naginata piantata in terra, smettendo quasi di respirare.

Una goccia di sudore solitaria le cola giù, lungo la schiena, perdendosi nella stoffa all’altezza dei reni.

Assomiglia vagamente a Yu.
Più lo guarda, e più assomiglia a Yu.

“Jorogumo fingerà di non aver visto” - le parole le escono dalla bocca prima ancora che il cervello abbia deciso qualcosa, riguardo alla stranissima somiglianza di quel tizio con un certo rosso di sua conoscenza. Dovrebbe incazzarsi, o almeno fingere di farlo, ma la novità di stamattina è troppo GROSSA per lasciare spazio a una reazione ordinaria. Non potrebbero saltarle i nervi, nemmeno se lo volesse. La voce dietro alla maschera è stentorea, merito più del fiato mozzo che di una effettiva irritazione nei confronti dell’occupante abusivo dello scranno dei Mizukage, mentre la mano destra si solleva a disegnare in aria un gesto eloquente: l’equivalente non verbale di un secco “smamma”.

Qualsiasi somiglianza svanirà come nebbia al sole entro una manciata di secondi, appena Hayate entrerà dalla porta: magari avrà qualche cicatrice in più, ma è certa che non esiterà a riconoscerlo. Hanno tante di quelle cose di cui parlare… purché quel tizio si levi di torno, chiunque egli sia, fosse anche il nuovo fidanzatino del Mizukage.





 
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view post Posted on 24/4/2022, 14:53     +1   +1   -1
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Quella era proprio una gran bella rogna. Non fosse stato assolutamente necessario, l’avrebbe volentieri evitata, magari con un bel comunicato ufficiale o qualche cazzata del genere. Ma contrariamente a quando Hayate era subentrato ad Hogo con la forza, lui era stato ufficialmente nominato dal reggente in carica a causa della prolungata assenza del suo predecessore. Chiunque fosse stato un fervente sostenitore dell’Efebico, un suo fedelissimo, ci avrebbe messo due secondi a vederlo come un cuculo che stava appropriandosi del nido altrui. E questo a prescindere dal fatto che ad affidargli quel ruolo fosse stato colui che era stato insignito di tale potere proprio da Hayate stesso.
Era del tutto normale, per quanto fastidioso. A parti invertite non faticava a vedersi fare un ragionamento simile nei confronti di chi, spuntato dal nulla, si era appropriato del trono di colui al quale, invece, riteneva appartenergli di diritto. Come se ci fosse scritto il nome sopra, inciso a fuoco, indelebile e impossibile da cancellare. Il fatto, poi, che non fosse nemmeno uno Spadaccino, non era che un’aggravante, vista la situazione. Ma erano tutte cose che sapeva già dal momento in cui aveva accettato quella responsabilità nella convinzione di poter effettivamente dare qualcosa a quel Villaggio che stava lentamente sgretolandosi sotto i loro piedi. Poco da farci, per quanto fosse una cosa fastidiosa doveva sbatterci la testa.
Il Tessitore era l’unico Spadaccino rimasto in servizio, a quanto sapesse, era suo dovere e onere avvisarlo del cambiamento dello stato delle cose, nonché parlare di quella ricognizione rimasta in sospeso. Non che saperlo lo aiutasse a sentirsi meglio. Era pur sempre uno che faceva bolle dietro ad una scrivania ereditata che avrebbe dovuto scendere a patti con uno degli shinobi più importanti e vociferati della Nebbia. Per quanto ne dicesse Fuyu-sensei, Yu poteva anche essere una colonna portante del Villaggio, ma a conoscere le sue potenzialità erano una manciata di persone. Se invece si nominava il Tessitore, chi più chi meno, aveva qualcosa da dire in proposito: che poi fosse vero o meno, erano un altro paio di maniche. Dubitava che lo shinobi mascherato sapesse qualcosa di lui, il che rendeva il tutto ancora peggio di quanto potesse sembrare. Solo i Kami sapevano quanto avrebbe voluto andarsene e lasciare quell’incombenza a qualcun altro! Natsume, una sua copia, chiunque! Ma purtroppo sapeva di non poterlo fare. Il Tessitore era uno dei suoi uomini, se voleva cercare di costruire un minimo di rapporto con lui, non poteva certo fondarlo su una menzogna. E lasciare che lo venisse a scoprire dalle dicerie che, presto o tardi, avrebbero preso a serpeggiare in giro, infiltrandosi in ogni dove peggio dell’umidità, era anche peggio.
Niente: gira che ti rigira il succo del discorso era che, volente o meno, doveva fare quella cosa. Rimuginarci su come un idiota adesso che aveva fatto la prima mossa era a dir poco inutile e stupido, lo sapeva. Ma che volete farci? Era fatto così. Se non lo fosse stato, nel momento in cui Fuyu gli aveva offerto il posto avrebbe fatto i salti di gioia, accettando subito su due piedi, senza farsi venire mille dubbi.
Kuso…Fortunatamente, fu il Tessitore stesso a non dargli troppo tempo per affondare in quel genere di riflessioni.
Si era appena lasciato andare sullo schienale imbottito della poltrona, quando il rumore secco di qualcuno che bussava alla porta, lo fece scattare composto. Non attese nemmeno di sentire il suo
Avanti lo Spadaccino, prima di entrare nello studio e chiudersi l’uscio alle spalle. Aveva il fiatone di qualcuno che non aveva atteso un solo secondo prima di correre a destinazione, probabilmente aspettandosi qualcuno che, in quel momento, non vedeva, perché si bloccò in mezzo allo studio. Yu non poteva vedere che espressione vi fosse dietro la maschera di porcellana decorata di rosso, ma non serviva un genio ad immaginarsi il disappunto. Disappunto che sfociò, però, in parole che il Rosso non aveva proprio calcolato di sentire!

« AHAHAHAHAHAH! Ti ha scambiato per un ficcanaso! » Le risate cavernose di Kurama erano talmente forti da rimbombargli nelle viscere.
Oh andiamo, non è così divertente…Anche se francamente mi immaginavo tutto, meno che questo. Adesso come glielo dico che ha appena fatto “sciò” al Mizukage?
« Mi spiace solo abbia quella maschera! Vorrei proprio vedere che faccia fa! »

Beato lui che si divertiva. Dal canto suo, Yu preferì soprassedere alla cosa. D’altronde era un errore del tutto plausibile considerata la situazione, non gli sembrava il caso di calcare la mano. Sorrise piuttosto, squadrando al contempo la persona che aveva di fronte. Sembrava poco più di un ragazzino…quasi come Kizu, sebbene avesse parlato con voce autorevole poco prima, dimostrando anche di saper chiudere un occhio - pure due - di fronte a situazioni per le quali normalmente si sarebbe potuti finire dietro le sbarre. Nuibari era assicurata nel suo fodero e la tensione nel corpo del suo possessore era pienamente percepibile.

Ci hai messo poco. Iniziò, confermando tra le righe di essere il mandante dell’ANBU che lo aveva contattato, a lui valutare se illecitamente o meno. Ammetto di essere stato un po’ scorretto nel convocarti qui in quella maniera, ma era necessario che riuscissi a parlarti prima che le voci di corridoio iniziassero a circolare nella magione e, di conseguenza, per le strade del Villaggio. Puntellò i gomiti sui braccioli della poltrona, cercando di trovare una posizione che lo facesse sentire più a suo agio in quella seduta che ancora gli sembrava troppo grande per lui. Non ci girerò molto attorno, non c’è un modo piacevole di dirlo, quanto meno cercherò di essere breve. Serio, scrutò il ragazzo di fronte a lui, puntando le iridi verdi verso le fessure della maschera: non riusciva a vedere oltre quei lunghi tagli, ma almeno gli dava l’impressione di guardare in faccia la persona con cui parlava. Dubito tu abbia mai sentito parlare di me…Sono Kyōmei Yūzora e da poco sono stato ufficiosamente nominato Juuichidaime Mizukage. L’investitura ufficiale avverrà tra qualche giorno, ma mi premeva parlare con te, prima che questo accadesse, per svariati motivi. Attese che quelle parole attecchissero e sortissero i loro - presumeva - spiacevoli effetti, prima di indicare le sedie davanti alla scrivania e aggiungere Puoi accomodarti, se vuoi.

 
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Kirigakure no sato - 10/10/252 DN



Sul volto dell’intruso si dipinge un sorriso, di cui non riesce a decifrare l’intento: la fissa, senza mostrare un briciolo di quella deferenza che di solito le viene tributata. Un coro di voci stonate le scoppia nella testa - tra quella che grida allarme, quella che la incita a fargli il culo, quella che urla “chi accidenti è?!” e l’altra, che strepita “dove cazzo è Hayate Kobayashi?!”, assieme all’ultima, che corre sbraitando frasi sconnesse nello spazio immaginario racchiuso dal suo cranio, tirando testate contro le pareti.

Ignorarle è faticoso.
Comportarsi come se non ci fossero… la rende stanca, seccata. Irritabile; al sudore c’è abituata, ma non vuol dire che le piaccia essere madida e sentirselo rapidamente raffreddare addosso, tra mille piccoli brividi carichi di disagio, e quella sensazione appiccicaticcia che accompagna il processo, che non è comunque paragonabile allo sgomento che ha attecchito e sta rapidamente montando nell’animo ancora incredulo della diciottenne.
Ci hai messo poco. - fa quello, serafico, con la voce di Yu.
Lei ingoia il groppo di saliva viscosa che le si è raccolto in bocca per la corsa forsennata. Le si inchioda dolorosamente nella gola contratta, come un boccone troppo grosso di pane.
Una sensazione di gelo le scorre lungo la spina dorsale.
Una delle voci nella sua testa, non saprebbe dire esattamente quale, cambia nenia di colpo. Dice: “no.”

Ammetto di essere stato un po’ scorretto nel convocarti qui in quella maniera, ma era necessario che riuscissi a parlarti prima che le voci di corridoio iniziassero a circolare nella magione e, di conseguenza, per le strade del Villaggio.
No.
No, no, no, no, no…
- se ne aggiunge un’altra di voce, poi un’altra, e un’altra ancora, finché la mente non diventa come invasa da uno sciame di calabroni impazziti.
Voci… di corridoio?! - lo osserva sistemarsi sulla poltrona, esattamente come farebbe il padrone di casa, se fosse seduto al suo posto. Non crede di ricordarsi più come si fa a respirare.
Non si azzarda a muovere un muscolo.
Se riuscisse a muoverlo… allora vorrebbe dire…

È tutto sbagliato.
Sta dormendo.
Sta dormendo. È un incubo.
Non può essere che un incubo.
Deve svegliarsi.
VUOLE svegliarsi.


Dubito tu abbia mai sentito parlare di me…Sono Kyōmei Yūzora e da poco sono stato ufficiosamente nominato Juuichidaime Mizukage. L’investitura ufficiale avverrà tra qualche giorno, ma mi premeva parlare con te, prima che questo accadesse, per svariati motivi. spiega quello là, mostrando un’adeguata dose di serietà ed ammazzando a colpi di katana, in pochi istanti, gli ultimi barlumi di incredulità a cui la diciottenne si ostinava ad aggrapparsi fino a farsi sanguinare le dita. Puoi accomodarti, se vuoi. - fa Yu, con tutta la calma che potrebbe mostrare il legittimo occupante di quella stanza, e nel momento in cui realizza che sì, quello che ha davanti è senza alcuna ombra di dubbio la persona che dice di essere, si sbriciola anche quel sipario di ghiaccio che l’aveva avvolta tra le sue coltri immobili.

Un sibilo basso, come di gatto o forse di serpente, striscia da sotto la maschera sobriamente decorata, mentre per una manciata di secondi il corpo minuto di Jorogumo sembra scosso da una cascata tremiti - Rabbia? Freddo? Paura? - mentre la destra si solleva lentamente, a raggiungere l’elsa dell’arma che ancora riposa nel fodero. La voce che segue pochi istanti dopo è stentata, forzata, come se il minuto shinobi stesse lottando contro qualcosa di invisibile, per far fuoriuscire ciascuna singola sillaba.

“Gentile Kyōmei Yūzora.
Jorogumo ritiene, senza alcuna ombra di dubbio, che voi siate nella merda fino al collo, tanto ufficiosamente quanto ufficialmente.”
- lo apostrofa, parafrasando una delle frasi precedenti del rosso senza preoccuparsi di velare la minaccia in alcun modo, minacciata a sua volta da quel pianto che le monta prepotente nella gola, e minaccia - sì, pure lui minaccia - di strangolarla ed ammazzarla lì, soffocata nel suo stesso panico.
Rinchiude le voci gracchianti nel retro del cranio, chiudendo il portone a doppia mandata, sforzandosi si concentrare l’attenzione sulla punta aguzza dell’arma che si frappone fra lei, e l’ultima persona al mondo che avrebbe immaginato dietro a quella scrivania. Preoccupata che possa aver cospirato contro il Juudaime per rovesciarne il governo?
Macché.
Sticazzi.

Nemmeno lei lo sa, cosa la spaventa: le ragioni politiche sono collocate in qualche punto sperduto della sua lista, pressappoco tra l’ultima voce dell’elenco e il nulla assoluto. Fatto sta che la soluzione più rapida e - relativamente - indolore per tutti - secondo la sua testolina imparruccata - è una sola: bluffare, farlo cagare sotto e fare in modo che scappi a gambe levate. Ripristinare lo status quo. Ricondurre il mondo in quel nauseante, rassicurante equilibrio che deteneva, nell’interminabile attesa del ritorno di quella persona che l’aveva chiamata sorella, prima che il rosso adagiasse le sue natiche sode sul cuscino di quella poltrona.
Potete accomodarvi fuori se volete, e convocare lo stimatissimo Fuyu no Yuki, con cui Jorogumo desidera intrattenere ufficialmente un’amabile conversazione - riprende, muovendo un passo in avanti, mentre il gomito dominante si flette all’indietro, pronto a caricare la prima stoccata - Se al contrario non volete, penserà Jorogumo a risolvere rapidamente, e ufficiosamente, questo curioso equivoco.
Un altro passo in avanti, lento, misurato. Niente movimenti bruschi.
Kyōmei Yūzora non è un cazzone ed è troppo tempo che non lo vede combattere: di rinfrescarsi la memoria proprio oggi, non ha la minima voglia. È già troppo da digerire quello che ha dovuto ingoiare negli ultimi minuti.

... ma come diamine ce l'hanno incastrato, Yu, in un casino simile?!





 
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Se si aspettava che si sedesse? Ovviamente no. In realtà la reazione del Tessitore fu noiosamente simile a quella che si era prospettato, anche se decisamente più controllata di quanto avesse potuto vagliare nel ventaglio di idee offerte dalla sua immaginazione. Il che apriva una serie di orizzonti meno molesti di quanto pensasse. Nella sua rosa di papabili reazioni, aveva preso in considerazione qualcosa di più violento da parte di uno dei Sette…soprattutto da qualcuno che era stato investito di tale titolo durante il mandato di Hayate. Quindi vedersi consigliare, per la seconda volta, di prendere la porta lo lasciò leggermente più sorpreso rispetto allo scenario apocalittico che si era costruito nella propria testa. Jorogumo lo stava palesemente minacciando, mostrandosi ostile in tutte le forme possibili. La tensione del corpo lo gridava a gran voce, così come quel sibilo che uscì da dietro la sua maschera prima che iniziasse a parlare, le sue parole stesse e il tono secco con cui erano state pronunciate…Eppure la prima cosa che aveva pensato di fare era intimidirlo, piuttosto che farsi avanti con violenza. Avvisarlo e porre l’arma tra sé e il presunto intruso, piuttosto che approfittare del momento e tentare di prenderlo di sorpresa.
Un comportamento curioso. Non per questo meno preoccupante, ma sicuramente curioso. Yu non avrebbe detto a nessuno del brivido che gli era corso lungo la schiena nel momento in cui Nuibari era scorsa fuori dal suo fodero, tanto meno di quelli che lo avevano colto ad intermittenza nel vedersi prima avvicinare la punta dell’Ago alla faccia e poi seguirla indietro mentre lo Spadaccino caricava il braccio dell’arma, in preparazione ad una scoccata. Solo Kurama era complice consapevole di quelle sue sensazion;, all’esterno il Rosso fece in modo che non trasparisse nulla se non la durezza del suo sguardo che si fece evidentemente più intensa.
Era chiaro non avrebbe fatto nulla di quello che Jorogumo suggeriva: non avrebbe né chiamato Fuyu - figuriamoci - né tanto meno abbandonato la nave alla prima minaccia volante. Restava da capire che tipo di Shinobi fosse quello che aveva davanti: se uno a cui interessava veramente del suo Paese o se uno a cui lo stato attuale di Kiri andava bene anche così. Chissà perché era quasi certo che, se lì ci fosse stato seduto qualcuno di diverso da lui, qualcuno munito di Spada magari, quella situazione non si sarebbe creata. E pensare che Yu lo aveva pure detto a Fuyu-sensei che uno come lui non sarebbe stato accettato. Ma lui “no, devi smetterla di sminuirti, di pensare che vali meno degli altri solo perché sei nato ultimo tra gli ultimi, ecc…ecc…”, e aveva anche ragione in fin dei conti, però che palle…possibile dovesse essere proprio lui a dare una svegliata al Tessitore? Perché di questo si trattava, aprire gli occhi e guardarsi attorno: la situazione era a dir poco disastrosa.


Hayate Kobayashi manca dal Villaggio da tre anni. Scandì, la sua voce graffiata tagliò il silenzio più secca di quanto avrebbe voluto, mentre non toglieva gli occhi dalle fessure scure della maschera dello Spadaccino. Mitsuaki Kanada, Kazuku Mizuguchi e Akio Nakajima risultano dispersi con le loro Spade. Un Morbo sconosciuto sta decimando la popolazione del Continente e un Cataclisma senza precedenti ha recentemente colpito le coste orientali del nostro Paese provocando migliaia di morti. Sembrava la lista degli orrori. Faceva fatica a guardare indietro nella storia del loro Villaggio e trovare un momento tragico come quello, forse solo la fuga dei Sette in concomitanza alla presa di Kiri da parte di Sabaku no Keiichi. Se gli altri Paesi non si sono resi conto della nostra situazione, è solo perché attualmente hanno gli occhi puntati altrove. In un momento storico diverso, probabilmente avrebbero approfittato rapidamente della debolezza della Nebbia, allungando le loro mani su ciò che è nostro. Il fatto che non sia accaduto non è una giustificazione valida nel protrarre oltre questo scempio. Si alzò dalla poltrona, facendola scorrere indietro per liberare le gambe da sotto la scrivania e alzarsi, camminando attorno al tavolo per avvicinarsi al Tessitore. Hai proprio ragione quando dici che sono con la merda fino al collo, perché in questo momento Kiri ci sta affondando. Un altro passo verso lo Spadaccino, Nuibari venne pervasa da un chakra verdognolo…del tutto simile a quello medico. Probabilmente Jorogumo, proprio come Hayate, era addestrato in quell’arte.

« Che hai intenzione di fare? »
Una scommessa.
« Ti pare il momento di giocare?! Quello ti usa come un puntaspilli. »
Francamente non conosco un bel niente delle sue capacità effettive. Potrebbe essere più forte di me, per quanto ne so, tuttavia…mi ha dato per ben due volte l’opportunità di andarmene: uno che avesse avuto veramente l’intenzione di uccidermi, non lo avrebbe fatto. Lo sai tu e lo so benissimo io stesso. Da ANBU ho calato la lama più di una volta.
« Uff…sei proprio una spina nel fianco quando fai così. Di fronte a quella Spada il tuo cuore trema, ma hai la cocciutaggine di affrontarla a viso aperto lo stesso. Si può sapere cosa cerchi? »
…Non lo so nemmeno io di preciso. Penso solo di voler capire con chi ho a che fare.

Poteva costruire qualcosa con lui? Poteva fidarsi? Jorogumo era solo un cagnolino di Hayate o impugnava Nuibari per un motivo più ampio? Queste ed altre le domande affollavano la mente del Rosso mentre si fermava di fronte al Tessitore, a portata di affondo. Kenmaki lo aveva lasciato appoggiato alla parete in fondo alla stanza, dietro alla scrivania, mentre Yukinko era ancora adagiata nella sua rastrelliera a casa dello Yuki. In quel confronto, con sé aveva solamente la propria risolutezza e il suo fidato Hakanai, ma si augurava di non doverlo usare: se avesse dovuto impugnarlo, sarebbe stato un fallimento.

Di fronte a questo scenario, tu cosa hai intenzione di fare Tessitore? Chiese infine, piantato con decisione di fronte a lui mentre il chakra verdognolo bruciava sulla bizzarra lama dell’Ago.

Tenterai di uccidermi, rendendoti complice dell’inabissarsi nella merda del Villaggio o deciderai di camminare al mio fianco per cercare di riportarlo a galla?

 
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view post Posted on 18/5/2022, 22:22     +1   +1   -1
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Kirigakure no sato - 10/10/252 DN



Hayate Kobayashi manca dal Villaggio da tre anni - attacca Yu, e ciascuna delle frasi che seguono è come un chiodo, piantato sul coperchio di una bara.

Martellate secche, cupe, che risuonano nel legno, vuoto di un corpo non pervenuto.

Lo sa, cazzo. LO SA.
Sente un tremore incontrollabile ghermirle le ginocchia, arrampicarsi su per le gambe, per l’addome, per la schiena, nel petto e su, su, lungo le spalle, le braccia, fino a farle digrignare i denti con forza, per non farli sbattere tra loro come nacchere.

La sua voce… non l’ha mai sentito così. Forse. Non ricorda. Le memorie con lui sono come congelate, come se la mente si rifiutasse di associare la persona che ha davanti col vecchio Yu, per quanto l’abbia ormai riconosciuto come tale. Quello là non s’è mosso di un millimetro, davanti alle sue minacce.
È così che si sente un gattino indifeso, quando soffiare, inarcare la schiena e gonfiare il pelo non basta? È così che si sente, prima di essere azzannato? Prima di sentire la spina dorsale spezzarsi con uno schiocco disgustoso, tra le zanne sbavanti, prima che il mondo sprofondi nel tetro oblio del sonno eterno?

Nemmeno il barlume di chakra verdastro di cui ha rivestito Nuibari, né il basso ronzio che si leva dal fusto dell’arma, reso tagliente come un rasoio da quell’energia vibrante, sembra avere il potere di farlo desistere dall’avvicinarsi, apparentemente disarmato, a uno shinobi dalle prevedibili tendenze aggressive.

La verità… è che lei per prima, non crede che riusciranno mai a venirne fuori.
Ciò che è successo a Sado non è che il primo segno della decomposizione di un cadavere già bello che morto. Il ritorno insperato di Mizuguchi, un'ultima beffa della sorte.

La risata che si sente sgorgare dalla gola è quanto di più stridulo, grottesco e orribile non abbia mai prodotto: uno sghignazzare doloroso, aberrante, amplificato in un crescendo strozzato dalla maschera dall’espressione impenetrabile. L’intero esile corpo di Jorogumo sembra scuotersi per lo sforzo di sostenere quell’esternazione agghiacciante e… - Jorogumo ritiene che abbiate dimenticato un paio di cosucce, ojou-sama replica con una buona dose di scherno, non appena sembra tornare padrone di sé. Ingoia una misura colma di fiele purissimo, un dolore che le stringe la faringe quasi fino a strozzarla.

Mi dispiace, Yu.
Sei ancora in tempo per salvarti il culo da questi casini.
Kami-sama, non farti mettere in mezzo a questo schifo, te ne prego…


“Numero uno” - esordisce, sollevando con un movimento volutamente posato un dito della sinistra, per non suscitare reazioni inconsulte da parte dell’altro - “Il villaggio di Sado sterminato quasi per intero, per mezzo di Tecniche ritenute ormai estinte da Kirigakure e numero due, quel simpatico clan che la vostra piccola amica ha dichiarato estinto, e che ora trama oltremare per mandarla in rovina… sì, sì, esatto: Jorogumo li ha visti con i suoi occhi.

Gli Ashura sono tra noi.

Mai sentiti nominare, Mizukage-sama?
Immagino di no. In caso contrario, Jorogumo vi porge i suoi complimenti. Sareste ben informato, per essere un novellino”
- lo apostrofa in tono accondiscendente, carezzevole, velenoso, mentre solleva il secondo dito.

”Ah, sì, naturalmente sono stati gli Ashura ad attaccare Sado. E poi un’altra cosa, e con questa fanno tre” - seguita, sollevando il dito mezzano assieme alle altre due - ”Il Raikage ha sconfinato e si è appropriato dell’artefatto usato dagli Ashura per distruggere Sado.”

Lascia che le parole abbiano il tempo di andare a fondo, prima di riprendere. La sua sola speranza? Quella di vedere il terrore riempire quegli occhi verdi, un’espressione spaventata impallidire il viso incorniciato di ciocche fulve.

“E anche qui vi porgo i miei complimenti. Ci avete visto giusto.
Solo che gli occhi puntati su Kiri li abbiamo già.
Predittivo a dir poco!
Lasciate a Jorogumo quindi un’ultima domanda…”
si interrompe, lasciando in sospeso il quesito mentre, con estrema lentezza, col cuore in gola, che batte così forte da farsi quasi vomitare fuori, si muove incontro a quel testardo, stupido ragazzo che si è messo in testa di salvare il mondo, come quel coglione di Shi - ”Di fronte a questo scenario, cosa avete intenzione di fare, Mizukage-sama?”

”Confidare nella fortuna del principiante? Giocarvela a Shogi con gli altri Kage? Inviare un tributo umano agli Ashura per placare la loro sete di sangue?”

La voce con cui riprende a parlare è tetra, lugubre. Risuona come la maschera come un lamento del vento notturno, tra le scogliere del nord dell’isola. ”Verrete tradito, Kyōmei Yūzora.
Chi accidenti sia stato a infilare Yu in quell’ufficio, lei non può saperlo.
Il Daimyo in persona, forse?
Ma il Daimyo non mette bocca in queste situazioni. Deve esserci dell’altro. Gente dei Clan? Gli Youton, per caso? Non può azzardare ipotesi… solo suggerirle, e far sì che sia il rosso a unire i puntini per lei. Deve… deve andare da Mizuguchi.
Non può farcela da sola, questa cosa è troppo grossa, anche per lei, con la sua maschera e i suoi orpelli imnacciosi. Tre anni di nulla, e ora, all'improvviso, un nuovo kage, senza nemmeno un fiato, un avviso, un annuncio?
Lasceranno che falliate, prenderanno il vostro posto, dichiareranno la vostra deposizione un male minore, necessario, per il bene della Nebbia, così come hanno celato le sorti del Kyuudaime e abbandonato Kirigakure a una lenta deriva… e allora sì, che ci sarà ben poco da salvare.

Jorogumo vi richiama a quella saggezza che dovreste possedere.

Aprite gli occhi.”
Lo esorta stancamente.
Il chakra si spegne, lasciando il fusto di Nuibari lucido e grigio, come è sempre stato.

Jorogumo continuerà a vegliare, fino al volgere della marea. E anche oltre, se la Nebbia lo chiederà. La vostra vita invece, spendetela in modo più proficuo. Appartiene alla Nebbia. Non sacrificatela a un falso padrone.”

E detto ciò, con un movimento lento, stanco, torna a infilare l'Ago crudele nel fodero.
Se non l'ha spaventato in questo modo, teme che non ci sia null'altro che possa fare in proposito.





 
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Nessuna risposta. Di nuovo. Solo una stridula e nauseante risata seguita dal vomitare saccentemente informazioni fino a quel momento tenute nascoste, proprio dal Tessitore stesso. Forse lui non sapeva che Yu era a conoscenza della sua insubordinazione nei confronti del Reggente Incaricato, forse non sapeva che il Rosso era perfettamente cosciente del fatto che avesse dichiarato che avrebbe fatto rapporto unicamente al Mizukage. E sebbene lo stesse facendo solo per scherno, senza nemmeno scendere troppo nei particolari, di fatto quello poteva dirsi una specie di resoconto di quanto accaduto durante quell’incarico non convenzionale. Un villaggio quasi totalmente sterminato, un clan che si pensava estinto era tornato, il Raikage che sconfinava e, non contento, si appropriava dell’artefatto usato dagli Ashura. Un bel casino, che abbisognava sicuramente di un approfondimento per essere adeguatamente compreso e analizzato, ma che sicuramente aggiungeva ulteriore peso ai problemi che già gravavano sulle spalle della Nebbia e, di conseguenza, di Yu. Jorogumo nemmeno li conosceva tutti…Il Jonin, si era ben visto dal citare l’incidente alla Gabbia Bianca nella lista sciorinata poc’anzi, tenendosi da parte un’informazione che, in fin dei conti, avrebbe solamente fatto numero tra quelle precedentemente citate.
Non sapeva bene come interpretare il comportamento del Tessitore: se da un lato dava l’impressione di respingere la sua sola esistenza, dall’altro dava l’idea opposta…Se non lo riteneva degno del ruolo che aveva dischiarato di ricoprire, perché mai avrebbe dovuto fare quella specie di rapporto? Perché condividere quelle informazioni riservate se pensava che non fosse adatto a stare dove stava, tanto da consigliargli più e più volte di levare le tende? Veramente credeva che, se aveva accettato di ricoprire quel ruolo, non fosse cosciente di cosa avrebbe dovuto affrontare da lì in avanti? Mattaku…non sapeva se sentirsi più offeso dal fatto che lo trattasse come un Cadetto dell’Accademia, che pensasse di poterlo infinocchiare con informazioni che si era tenuto per sé fino a quel momento o dalla velata insinuazione che fosse un cane al servizio di qualcuno. Essere stato un ANBU servì parecchio in quella circostanza, sia a non farsi schiacciare dalle dichiarazioni a dir poco rilevanti circa quella missione a Sado, sia a nascondere il tumulto di emozioni che gli si stava agitando dentro in quel momento. Un groviglio di fastidio, irritazione e sì…paura, tenute a bada solamente dalla sua cocciutaggine. Strinse i pugni fino a conficcarsi le unghie nei palmi: il dolore come piacevole sfogo a quegli schiaffi. Tuttavia, non si mosse di un millimetro, nemmeno quando il Tessitore si avvicinò per finire di spurate il suo fiele. D’altronde cosa c’era di diverso dal solito? Veniva sottovalutato, screditato e giudicato superficialmente nove volte su dieci: non sarebbe stato certo il fastidioso abbaiare di un cagnolino di piccola taglia a farlo scappare con la coda tra le gambe. Che poi…come se potesse tornare a fare la vita che faceva prima, dopo aver messo il naso in mezzo a tutti quei documenti. Stronzate.
Sarebbe finito rinchiuso alla Gabbia Bianca, se andava bene.
Il finale di quel lungo soliloquio, venne bagnato dall’amarezza. C’era in qualche modo resa nei gesti e nel modo di porsi del Tessitore che rinfoderò Nuibari, tornata un immobile e silente Ago d’acciaio. Non riusciva a comprendere l’individuo che aveva di fronte: perché si preoccupava così tanto di lui? Avrebbe capito se si fosse opposto per motivi d’orgoglio, legati al fatto che fosse un Nessuno…ma così, dicendogli di spendere meglio la sua vita, di usare la saggezza che avrebbe dovuto possedere, suonava tutto stranamente anomalo. Che c’era che non andava in quello shinobi?



Domo-arigatō. Presumo di poter considerare questo blando resoconto, un assaggio del rapporto mancante che ti sei rifiutato di fare a Fuyu no Yuki, asserendo che ne avresti parlato solo ed unicamente col Mizukage, rischiando d’essere tacciato d’insubordinazione. Sogghignò, chiarendo che la sapesse più lunga sulla faccenda di quanto probabilmente il Tessitore immaginasse. Cosa fare in merito lo valuterò una volta che avrò tutte le informazioni e un rapporto completo sulla mia scrivania, di sicuro non a fronte di dati sputati al veleno con l’intenzione di farmi sentire inadeguato. Per quanto riguarda il resto invece… Si voltò, andando verso la vetrata che dava sul villaggio avvolto dalla nebbia perpetua che lo caratterizzava. Ci furono lunghi attimi di silenzio, seguiti da un sospiro che parve portarsi via un po’ della rigida severità con cui si era rivolto allo shinobi mascherato poco prima. Lo so. Sono tutte cose che ho valutato nel momento in cui ho accettato questa proposta. Sicuramente vivrei una vita più spensierata se non mi imbarcassi in quest’impresa.., ma per esperienza diretta mi risulta che si possa essere traditi anche senza essere Kage, così come si possa morire ed essere ritenuti un male minore. Osservò il riflesso del Tessitore senza voltarsi direttamente verso di lui. La verità è che tutto questo, lo vedevo già da prima. Ma da dove stavo, anche volendo fare qualcosa, ero comunque limitato in ciò che potevo mettere in atto. Da qui, invece, forse qualcosa posso farlo davvero. Magari sarà poco, magari sarà solo la scintilla che prenderà in mano chi verrà dopo di me e che avrà preso il mio posto con la forza, ma sarebbe comunque qualcosa. Già. Qualcosa. Qualcosa per dimostrare che anche chi è nato senza kekkei genkai può essere qualcuno. Qualcosa per proteggere le persone a cui teneva, anche a costo di guardare il tutto in maniera più ampia. Kiri ha bisogno di cambiare. Ma non può farlo gravando sulle spalle di due sole persone. Fuyu e Jorogumo avevano tenuto in piedi la Nebbia in quei tre anni. Lui aveva aiutato lo Yuki, certo, ma questo il Tessitore non lo sapeva. C’era bisogno di un gruppo solido. Di una squadra che cooperasse, in cui ognuno avesse un compito preciso e dove tutti, né più né meno, lavorassero per risollevare il Villaggio dalla melma in cui stava affondando. Tornò a voltarsi, rivolgendosi direttamente a Jorogumo, non più al suo riflesso sul vetro. Sai, ho la pessima ed egoistica abitudine di fare le cose di testa mia. Ho accettato questa proposta perché penso di poter dare qualcosa alla Nebbia e farò tutto quello che posso per riuscirci. Tanto meno aveva l’intenzione di farsi uccidere facilmente. E tu? Non sei stufo di correre e vegliare da solo, Tessitore?

 
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view post Posted on 14/6/2022, 14:51     +1   +1   -1
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Kirigakure no sato - 10/10/252 DN [Al Passato]



Osservarlo mentre ascolta il suo resoconto, parola per parola, senza fare una piega… assomiglia a quando piove, e le gocce si schiantano contro i vetri delle finestre, producendo un tap-tap leggero, prima di scivolare via e raccogliersi verso il basso in piccoli rivoli trasparenti. In quel groviglio spiacevole di sentimenti se ne infila un altro, più rumoroso ed evidente degli altri: le ricorderebbe le farfalle allo stomaco, se solo non fossero così terribilmente fuori luogo, in una situazione del genere. L’’ammirazione non è un sentimento che può accettare di provare, non certo nel momento in cui ha deciso di spaventarlo a morte per convincerlo a darsi per vinto e a togliersi di torno.

Osserva il movimento appena percettibile delle dita del rosso, che non si sono certamente chiuse su se stesse per via di un’allegria improvvisa, eppure neanche quello è un segnale soddisfacente, per la resa che vorrebbe ottenere da lui… difatti eccolo là, che ribalta la frittata con un colpo da maestro.
Non si sarebbe potuta aspettare di meno, da quel manigoldo.
Liquida in due secondi la faccenda del rapporto, asserendo che ci siano troppo pochi dati per decidere qualcosa - dannato lui, chi gli ha insegnato a fare anche il politico?! - concedendo tuttavia spazio a qualcosa che difficilmente, finora, ha trovato spazio tra le pareti di quello studio: un riferimento niente meno ai suoi sentimenti… piccole e scomode spine al fianco che la maggior parte della gente che passa da lì preferisce fingere di non provare. Eccezion fatta per la rabbia: quella la sfruttano tutti, quando c’è da costringere qualcuno ad obbedire.

Non è questo il caso del rosso - e si sarebbe stupita del contrario.

Le piacerebbe poter stringere i pugni come ha fatto lui prima, lasciare che il suo disappunto fluisca tra le fibre dei muscoli e si scateni contraendole con astio, ma niente: le dita restano rilassate, inerti, abbandonate lungo i fianchi.
Quella risposta è così “da Yu”. Cambiare le cose dall’unico posto in cui ha davvero il potere di farlo. A Inori Ashura non sarebbe fregato proprio niente, dei suoi intenti così nobili, questo lo capisce lui?
Improbabile. Gli mancano i famosi dettagli, e pure se li avesse, è sicura quanto è vero il mare che non sarebbe sufficiente a farlo retrocedere… ma no, non è ancora pronta ad adeguarsi a quel testone. Impossibile liberarsi di una rete tessuta di odio e faide decennali, solo dichiarando di trovarsi in disaccordo col motivo degli scontri e sulle modalità brutali che li hanno contrassegnati. Gli Ashura sarebbero stati la ciliegina sanguinante in cima a una torta di carne umana farcita di odio, ma di soggetti pronti a uccidere in nome di rancori tanto vecchi quanto profondi, là fuori, ce ne sono a pacchi.

Sai, ho la pessima ed egoistica abitudine di fare le cose di testa mia… - ”Tsk. Come se non lo sapessi” ribatte lei, mandando a farsi benedire di colpo tutte quelle belle cerimonie con cui aveva tentato di far saltare i nervi allo stesso Mizuguchi. Scuote la testa sbuffando, facendo ondeggiare la lunga coda posticcia alle sue spalle. Non ha ben capito chi siano le “due persone” che ha nominato. Nessuna delle due deve essere Hayate, per forza di cose; forse Yu si riferisce a se stesso?
Forse è addirittura meglio non saperlo: se l’idea di non vedere Hayate da tre anni era come una ferita incancrenita, il pensiero che delle eminenze grige e ignote stiano controllando di nascosto il Villaggio le fa mancare il terreno da sotto i piedi.
Correre e vegliare da sola… sì.
È stanca. Terribilmente stanca, spossata, affranta, specie ora che di certo c’è solo il fatto che ha atteso tre lunghi anni senza motivo, aggrappandosi a speranze forse infondate sin dal principio. Si sente svuotata, priva di forze, e con addosso la terribile responsabilità di evitare che una delle poche persone decenti al Villaggio faccia una fine di merda.


”È rientrato Mizuguchi.”

Le parole lasciano la sua bocca atone, prive di qualsiasi inflessione che denoti gioia o irritazione. ”Cosa intendi fare al riguardo?” - evita parzialmente così l’ultima domanda del rosso, tirando fuori l’ennesima potenziale fonte di instabilità, in quella fragile tregua che avvolge Kirigakure. Cosa rappresenti per lei il Diavolo deve ancora capirlo; cosa possa rappresentare per lei la reazione di Yu a questa determinata notizia non lo sa ancora, eppure è l’ultimo tentativo a sua disposizione per provocare una qualche reazione in lui: l’ultima cartuccia che le resta per metterlo alla prova.

Provocare e irritare, le cose che fa più spesso ultimamente.
Bel baluardo di Kiri che è diventata.





 
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view post Posted on 19/6/2022, 14:40     +1   +1   -1
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Lo conosceva? Possibile che si fossero già visti e lui fosse così idiota da non ricordare quando, dove e per quale occasione? No, non gli risultava. La memoria era - malauguratamente o fortunatamente a seconda dei casi - uno dei suoi pregi: se avesse già avuto a che fare col Tessitore, avrebbe dovuto averne memoria. Anche se, in effetti…quella mascherata non era d’aiuto. Poteva essere che avesse incontrato chi stava sotto quella porcellana bianca, non direttamente lo Spadaccino, ma finchè se ne stava a volto coperto era difficile dirlo. La voce e la parlata potevano facilmente venire camuffate, lo sapeva fin troppo bene, così come la gestualità, il modo di comportarsi e di porsi. Cazzo. Era in occasioni come queste che il suo naso fine gli mancava come poche cose! Purtroppo, però, dopo l’avvento del Morbo era rimasto azzoppato e faticava a riconoscere con chiarezza gli odori come faceva prima. Ce la faceva impegnandocisi, ma ci voleva un po’. Un bel po’ rispetto a prima. E per quanto ne sapesse, l’individuo che aveva di fronte avrebbe potuto aver coperto anche la sua normale traccia olfattiva. Il dubbio quindi gli sarebbe rimasto, come un chiodo arrugginito conficcato nel cervello, fino a quando non fosse stato Jorogumo stesso a decidere di estrarlo e sciogliere quel mistero. Perché di sicuro non lo avrebbe fatto se glielo avesse chiesto, stava eludendo ogni singola domanda posta da Yu, come un danzatore che volteggiava prima di qua e poi di là. Anche se, e questo era abbastanza evidente, le parole del Rosso non gli erano completamente indifferenti. Non riceveva risposta, ma sembrava che i concetti arrivassero dove dovevano arrivare, altrimenti quella conversazione sarebbe finita parecchio prima, sfociando in uno scontro. La cosa sembrava esasperare notevolmente il Tessitore che scosse la testa sbuffando al suo ultimo discorso, questa volta forse un po’ a corto di idee su come controbattere.
Quella conversazione stava diventando un po’ come un tiro alla fune o un braccio di ferro. Andando sul volgare, sembrava che stessero facendo a chi ce l’aveva più duro. Rimanendo sul moralmente accettabile, stavano facendo a gara a chi aveva la testa più cocciuta.


« Io lo avrei sottomesso con la forza e basta. Voi umani avete questa abitudine di parlare, parlare, parlare… Ho capito che lo vuoi capire, ma la cosa sta diventando estenuante! Siete due testardi! »
Ahahaha! Sì, sono sicuro che tu con due ringhiate avresti sottomesso chiunque. Ma a questo punto, se lo facessi a mia volta, non avrei nulla di diverso dai Kage che mi hanno preceduto. E io non sono fatto a quel modo. E’ per questo che sono qui.
« Lo so. Lo so bene. Ma ci tengo a ricordati che a tornare a casa col mal di testa poi siamo in due. »
Abbi pazienza. Sei un cacciatore, dovresti sapere come si fa.
« Magari faccio una seduta di meditazione, eh? »

Fu mentre Kurama faceva quel velato riferimento alla loro avventura con Chishiki Sen di ormai diversi anni prima, che il Tessitore parlo nuovamente. Breve, atono. Senza tutti i giri di parole di poc’anzi, annunciò secco che Kazuku Mizuguchi, detentore di Kubikiri, fosse rientrato al Villaggio. Erano passati almeno tre anni dalla sua scomparsa, forse di più. Nei rapporti aveva letto che fosse stato inviato da Fuyu per investigare circa alcune sparizioni di infanti nel villaggio di Zieshi, che potevano essere legate al Chimico. Da quel momento più nulla. Il silenzio assoluto. Non un rapporto. Non una richiesta di rinforzi. Niente. Come fosse sparito nel nulla. E ora, dopo tutto quel tempo, si palesava all’ovile. Fu impossibile non mostrare stupore alla notizia. Sia per il contenuto, sia per il fatto che il Tessitore ne fosse informato, ma lui no. Anche se quest’ultimo fatto poteva avere una spiegazione piuttosto semplice. Doveva essere accaduto in quegli ultimi giorni con una conseguente conduzione molto autogestita della cosa. Chiunque fosse entrato in contatto col Diavolo, non doveva aver trovato Fuyu, impegnato con Manpeiko e la notizia che lui fosse stato nominato Mizukage era ancora rimasta silente. Si trovavano in una zona di grigio dove era possibile che fatti simili venissero amministrati dai singoli corpi stessi e dai pochi titolati presenti al Villaggio, come lo Spadaccino che aveva di fronte e che ora gli chiedeva come avesse intenzione di comportarsi.

Se lo dici in questo modo, presumo sia già stato confermato si tratti effettivamente di lui. E magari il Tessitore aveva già avuto modo di parlarci. Beh, non che ci fosse molto altro da fare per capirci qualcosa. Vorrò avere un colloquio con lui. Ho bisogno di capire cosa sia accaduto, perché non sia rientrato, perché non si sia fatto sentire fino ad ora, come o perché alla fine sia tornato e quali siano le sue intenzioni da qui in avanti. Corrucciò le sopracciglia, riflettendo. Non ho la più pallida idea di cosa lo abbia tenuto lontano dal Villaggio, se una situazione precisa o una decisione deliberata. E, fosse anche quest’ultimo caso, non posso che riconoscere la sua risolutezza nella decisione di tornare sui propri passi e prendersi le sue responsabilità, penso conscio e pronto ad accettare qualsiasi conseguenza - effettiva o meno - che un comportamento simile possa causare. La cosa lo incuriosiva non poco. Da quello che aveva letto, Mizuguchi era un Diavolo ben diverso da qualsiasi altro lo avesse preceduto. Ovviamente se qualcuno dovesse avere qualcosa da dire a riguardo, lo ascolterò. Come il Tessitore ad esempio. Lo vedeva bene quel ritorno dopo tre anni? Anni nei quali era rimasto solo a sorreggere le sorti del Villaggio. In fin dei conti, dietro quell’ennesima provocazione, c’era molto più di quanto potesse sembrare. Molto di più di quanto forse anche Jorogumo stesso voleva intendere. Sospirò, incrociando le braccia al petto. Senti, non so cosa speri di ottenere, ma mi preme farti notare che non sarei qui se mi cagassi sotto ogni volta che si nomina uno Spadaccino. Quindi prego, fece, invitandolo con un gesto della mano se vuoi puoi tirare fuori qualche altro nome. Oppure, magari, potresti iniziare a rispondere a qualche domanda. Ad esempio…da dove ti è uscita l’affermazione di poco fa? Non mi risulta di averti mai incontrato prima di oggi.

 
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Kirigakure no sato - 10/10/252 DN [Al Passato]



E quindi nessuno gli ha detto di Mizuguchi.

Le sopracciglia del rosso schizzano verso l’alto come le schiene di due gatti spiritati - no, veramente non lo fanno: è solo che in quella situazione, anche uno starnuto le farebbe lo stesso effetto dell’esplosione di una carta-bomba. Yu è senz’altro sorpreso, solleva un po’ le sopracciglia ma non mostra un grammo di quello che la maggior parte dei loro compaesani paleserebbe, messo davanti a un fatto simile.

Conoscete il solito binomio, scalpellato nel cervello degli isolani: Momochi-Kubikiri, come se portare quel cognome e quell’arma (o anche uno solo dei due) desse diritto al titolo di Mizukage di per sé.
… esatto, provate a immaginare Shi Momochi dietro la scrivania, fatevi due risate e poi torniamo a Jorogumo e Yuzora nello studio, nel momento in cui il secondo non mostra nemmeno minimamente il timore di essere anche solo vagamente a rischio, al rientro del Diavolo.

È solo perché non se l’è trovato ancora davanti

commenta una delle ben note vocette nella sua testa, improvvisamente tornate alla ribalta;

chi, il testone? E secondo te riesce a spaventarsi davanti a quel quintale e mezzo ambulante di muscoli e borbottii?



“No, non lo farebbe”



convengono le vocette, zittendosi per ascoltare i commenti del rosso, per poi esplodere in sibili carichi di astio -

“ma tu guarda…”
“Risolutezza!
Ci manca solo che gli dia un premio per essere tornato”

“... tre anni…”
“Maschi!”
“... sola…”
“Tempo due ore e sono già assieme all’Izakaya a tracannare…”

- la frase resta incompiuta, stroncata da quell’invito inatteso e nemmeno troppo celato a dire la sua.

Abbassa la mandibola quel tanto necessario da mordersi l’interno del labbro superiore, come per non far uscire quelle parole che vorrebbe tanto vomitare fuori. Perché si rifiuti di dire la sua anche quando ne ha l'occasione, non lo sa neanche lei; c'entra qualcosa col fatto che non sa ancora come sentirsi, per il rientro del Diavolo?
Il sollievo e la rabbia se la battono alla pari, cercando di prevalere l'uno sull'altra e riuscendoci, a fasi alterne, senza mai assestarsi in un equilibrio rassicurante. Oppure forse vuole solo puntare i piedi davanti all'ultimo arrivato, per rompergli le scatole così, gratis, per non farlo sentire troppo importante, se no si monta quella sua zucca pelosa.
Senti, non so cosa speri di ottenere, ma mi preme farti notare che non sarei qui se mi cagassi sotto ogni volta che si nomina uno Spadaccino

“Adesso lo ammazzo. Tenetemi o lo ammazzo.”



Il che si traduce in un sibilo snervato, incupito dall’incavo della maschera - ”No che non hai paura, testa di fugu che altro non sei!” sbotta allargando le braccia, per poi lasciarle ricadere lungo i fianchi. Bene, la pazienza per proseguire il gioco delle parti l'ha esaurita: il cocktail mattutino di emozioni è stato esplosivo, e quell'ultima frecciata ha decisamente acceso la miccia - ”Ho perso anche troppo tempo a cercare di infilarti un po' di sale in zucca, ma sai cosa? Sono io la scema che sa di combattere una battaglia persa in partenza.

Cavoli tuoi.
poi non dirmi che non ti avevo avvertito."


Sta per vuotare il sacco?
Alla sola idea, il trotto del cuore nel torace passa a un galoppo rapido, mentre un vago senso di vertigine fa ondeggiare leggermente i contorni della stanza. ha già usato il femminile, nella frase precedente... l'avrà già capito, oramai. Di kunoichi basse come lei ce ne sono diverse, ma nessuna abbastanza esperta da poter fare il suo lavoro.
Quindi è fatta?
Si forza a sollevare lo sguardo verso il volto del rosso, per studiarne l'espressione, combattendo ogni secondo contro l'impulso di negare, correggersi, inventare una palla ancora più colossale, o anche inventare qualche stronzata sul rispetto e scappare dallo studio a gambe levate -

"E dov'è che vai, poi? A fare la lagna da Mizuguchi?"



Certo.
Certo.
Dimenticava.
È sola.
Si aspettava qualcosa che non ha ottenuto, la cosa l'ha mandata fuori dai gangheri e adesso non ha più nemmeno le forze per tenere in piedi quella parvenza di solidità che ha tentato disperatamente di sostenere, nei lunghi mesi da quando Hayate se n'è andato.
Ecco, se n'è... andato.
Non torna.

Sente i muscoli del corpo irrigidirsi, opponendo resistenza a quel pensiero devastante; la gola si chiude come stretta in una morsa. Decide di non decidere subito di accettare o meno quel dato di fatto: risolvere proprio tutto tutto, in questo momento, è qualcosa di superiore alle sue risorse mentali.
La prospettiva di continuare a tirarla per le lunghe e tenersi quella maschera anche davanti a lui è... estenuante.
E allora andiamo.

”Mi conosci, mi conosci, sottospecie di carota bipede” - prosegue con voce seccata, piantandosi i pugni serrati sui fianchi, come solo sua mamma sa fare - ”E ti ricordo che anche in mezzo alle decine di cose che ti faranno desiderare di non essere mai nato, rimane sempre valido lo stesso principio”
Non sa cosa prova.
Non capisce cosa senta il suo corpo.
Sa solo che raggiunge la scrivania, piantandoci sopra i pugni chiusi.

”Non morire, Kyomei Yuzora.
Se no scendo all'inferno, ti riporto indietro e ti ammazzo con le mie mani... o qualcosa del genere, oramai non me la ricordo manco più così bene
- conclude la frase borbottando tra se, con un'evidente alzata di spalle.
Sbuffa pesantemente, stacca i pugni dal legno, recupera la postura eretta e porta ciascun indice irrorato di chakra verso la spalla opposta, dove porta impressi i kanji del Ragno. Sbuffo di fumo. L'aria pulita le fa sentire la pelle eccezionalmente calda; l'assenza della parrucca e della porcellana rendono la testa incredibilmente leggera.

Il viso arrossato di Urako Yakamoto emerge dalla nuvoletta bianca, le labbra strette tra loro in una smorfia seccatissima, fissando con sguardo bieco il qualcosesimo Mizukage.

”Azzardati a farne parola con qualcuno, e mi appendo la tua lingua al collo come un ciondolo.”








Edited by -Egeria- - 18/7/2022, 15:24
 
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view post Posted on 16/7/2022, 14:44     +1   +1   -1
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Di pazienza Yu ne aveva tanta. Tuttavia doveva ammettere che il Tessitore stava iniziando a raschiare il fondo della botte. Quell’ultima uscita sul ritorno di Kazuku Mizuguchi lo aveva innervosito più del dovuto e non tanto per la notizia in sé, quanto piuttosto per il modo in cui era stata usata, quasi utilizzando il nome del Diavolo per farsi grossi di fronte a lui. Come un gatto che per farsi vedere più imponente e pericoloso di quanto in realtà fosse, gonfiava il pelo e soffiava nell’intento di spaventare chi aveva di fronte.
Bel tentativo se l’idea era quello di farlo irritare. Se c’era qualcosa che non amava particolarmente era proprio chi tentava di farsi forte nascondendosi dietro qualcun altro, oltre a chi eludeva sistematicamente le sue domande come un danzatore professionista. Tuttavia sembrava non essere l’unico ad essere arrivato al limite della pazienza. Probabilmente quell’ultima sparata sul proprietario di Kubikiricho doveva essere stato l’ultimo kunai avvelenato disponibile nella bisaccia di Jorogumo, perché differentemente dalle altre volte, in quell’ultima occasione si decise di fargli l’onore di rispondere alla sua domanda. Ma lo fece…in maniera diversa, rispetto a come aveva parlato fino a quel momento. Smise di riferirsi a sé stesso parlando in terza persona e anche il registro linguistico prese una piega del tutto differente se confrontata col resto della conversazione che aveva avuto luogo in quell’ufficio inguardabile. E, in un certo senso, mentre quello sbottava la sua frustrazione, Yu non riuscì a non avvertire in quella situazione una specie di dejà vu. Come se conoscesse quel modo di fare. Come se non fosse la prima volta che si trovava ad affrontare una ramanzina da quella persona. Eppure era sicuro di non avere mai avuto contatti con Jorogumo prima di…No, un momento. Cos’è che aveva detto?


LA scema? Si ritrovò a ripetere, stupito forse dalla svista rivelatoria, mentre i meccanismi della sua testa si mettevano a lavorare rapidamente cercando tutti i pezzi, mettendoli in ordine uno affianco all’altro. Aspetta, no, non sarai mica..?

Eppure, più ci pensava più i pezzi combaciavano. Più Jorogumo proseguiva con la sua invettiva, più quello che diceva disegnava un profilo chiaro agli occhi del Rosso. Il Tessitore era piccolo e gracile come la maggior parte delle kunoichi, ma non erano molte a poter vantare d’essere abbastanza in gamba da riuscire a raggiungere il titolo di Spadaccino, senza contare che il chakra che aveva illuminato Nuibari poco prima era palesemente quello caratteristico dell’arte medica. Poi, a dirla tutta, chi è che si sarebbe mai permesso di chiamarlo con così tanta confidenza “testa di fugu” o che si sarebbe preoccupato così tanto vedendolo in una situazione che - vuoi o non vuoi - comportava rischi notevoli? Chi lo minaccerebbe di scendere all’inferno a riprenderlo solo per ucciderlo con le proprie mani se fosse morto?
Il nome era uno. Ma non lo pronunciò, nemmeno lo ammise tra sé e sé, fino a quando, dopo le ultime minacce, il Tessitore non andò ad attivare i sigilli con i kanji “Ragno” che portava sulle spalle. Dalla nuvola di fumo che si generò, emerse alla fine il viso della persona che mai si sarebbe aspettato di trovare sotto quella maschera, all’inizio di quel colloquio. Urako Yakamoto riuscì a stupirlo più di quanto non avessero fatto tutte le parole pronunciate in quello studio da Jorogumo fino a quel momento. Senza maschera e senza parrucca, il volto della ragazza appariva seccato come non mai: difficile dire se fosse arrossato per l’irritazione o per il calore causato da tutto quello che si portava addosso fino ad un istante prima. Forse entrambe le cose.


« E chi l’avrebbe mai detto che sotto quella maschera ci fosse la Bambina Invisibile?! Ahahahah! Stento a crederci che proprio lei si sia data alla carriera di Spadaccino! E invece guarda lì: è una dei pochi che hanno avuto le palle di tenere in piedi questo Villaggio! »
Davvero ti sembra così strano?

Non era completamente d’accordo con la Volpe questa volta. Ma di sicuro sapere che l’identità del Tessitore fosse quella della sua vecchia amica lo aveva al contempo sorpreso e confortato. Adesso capiva tante cose, tra le quali anche il fatto di non averci più avuto a che fare in missione da un sacco di tempo. L’ultima “raccomandazione” della ragazza, lasciava intendere che non fossero in molti a sapere di questa sua doppia identità e sicuramente andava avanti già da parecchi anni. Se non ricordava male, si vociferava del nuovo Tessitore già da prima che lui entrasse negli ANBU, si parlava quindi di quando ancora il Morbo era solo un brutto incubo con cui nessuno sul Continente aveva dovuto fare i conti. Non era facile non ammirare Urako. Già quando era andata a trovarlo durante la convalescenza aveva rivelato di invidiare il modo in cui riuscisse a dividersi tra il lavoro di medico e quello di Kunoichi. Ora, quei sentimenti non potevano che essersi ulteriormente sedimentati. Urako era una ragazza eccezionale e lui questo, lo aveva sempre saputo.

Sospirò, ridacchiando, scacciando la tensione accumulata fino a quel momento, mentre si avvicinava all’enorme poltrona dietro la scrivania. Ti ho mai delusa? Chiese retorico, in risposta a quell’ultima minaccia, mentre si lasciava cadere sul seggio del Mizukage. In qualche modo ora che sapeva con chi stava parlando, si sentiva più a suo agio. Sai, non posso dire di non essere sorpreso nel sapere che c’eri tu dietro a quella maschera, però…sono contento che sia così. Perché alla fine non è che non avesse paura di essere pugnalato alle spalle dai suoi sottoposti più prossimi. Anzi. E sapere che almeno una era qualcuno di cui si fidava, gli dava una buona dose di sollievo. Sebbene fosse cosciente di non avere proprio le spalle scoperte, in ogni caso. Vorrei poterti dire con certezza assoluta che non morirò, ma è qualcosa che va oltre le mie possibilità. In compenso posso prometterti che farò il possibile per evitarlo. Sai come la penso, no? “Chi non tiene alla propria vita, non può proteggere quella degli altri.”, sarebbe inutile se mi facessi uccidere per un nobile ed onorevole sacrificio. Per il resto…beh, posso contare sugli Spadacini, no? Sogghignò, sottintendendo uno dei compiti principali del corpo degli Shinobi Katana. Anche se devo ammettere che potrebbe essere divertente finire all’inferno per essere recuperati da te solo per avere la soddisfazione di mandarmici tu stessa. Takumi non l’avrebbe presa bene, ma era indubbio che quel pensiero fosse piuttosto spassoso. Peccato non poterci indugiare troppo, c’erano un mucchio di cose di cui doveva parlare col Tessitore e ora che sapeva fosse Urako, c’era anche un dettaglio extra di cui voleva discutere proprio con la ragazza. Ora…so che sei arrabbiata con me, ma ti va se parliamo un po’ come persone civili? Sono curioso di sapere cosa ti ha spinto a diventare Spadaccina e vorrei che mi dessi qualche informazione in più sulla faccenda degli Ashura, nonché sul ritorno di Mizuguchi. Inoltre… Strinse tra loro le dita intrecciate sulla scrivania, facendosi improvvisamente molto serio. Avrei un favore personale da chiederti, Urako.

 
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view post Posted on 18/7/2022, 16:08     +1   +1   -1
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CITAZIONE
Nello scorso post non ho cambiato colore dialoghi da con- a senza maschera. Ho editato il post precedente, solo per l’ultima battuta.



Kirigakure no sato - 10/10/252 DN [Al Passato]



Unica consolazione?
Non si aspettava nemmeno quello.

Vedere la faccia di Yu passare velocemente dall’espressione “di ordinanza” tendente allo scocciato, alla sorpresa, al riconoscimento finale, le fa sentire un nonsoché. Assomiglia al calore che provi dopo aver litigato con qualcuno, quando fai la pace: roba che non sente da così tanto tempo, da aver dimenticato quale sia stata l’ultima volta. No, che non è davvero soddisfatta: non era quello lo scopo delle sue provocazioni. Non voleva farsi due risate dopo lo scherzone del secolo.

Voleva solo evitare a se stessa una sofferenza, o forse anche più d’una, viste le nubi all’orizzonte che a breve li avrebbero investiti come una mandria di bufali e perché no, anche sfogare un pochino di quella rabbia e quella frustrazione che l’hanno strangolata nell’arco dei lunghi mesi trascorsi in solitudine. Avrebbero litigato a morte, se lo sente: lui testardo fino allo sfinimento, lei che non avrebbe mai accettato di obbedire in tutto e per tutto a una persona che considera come di famiglia, come avrebbe fatto con un Hayate a caso. La paura di non riuscire a trovare un equilibrio inizia a punzecchiarla come uno sgradevole prurito alla schiena, in una zona dove non arrivi bene a grattare con le dita: sarebbe stata capace di ingoiare le sue repliche all’acido? E se non ce l’avesse fatta, Yu sarebbe riuscito a sorvolare?
Come si sarebbero trattati a vicenda, una volta usciti da quella stanza?
Distacco? Deferenza?
Ha forse guadagnato un Kage a cui sottomettersi a collo torto, perdendo nel contempo uno dei rarissimi amici che le restano?

Ti ho mai delusa? - replica quello, strappandola momentaneamente dal loop deprimente in cui stava lentamente sprofondando; ridacchia, sembra decisamente meno teso di prima. Lei sente le sopracciglia distendersi - non si era nemmeno resa conto di averle aggrottate prima; inclina la testa di lato - ”Mhhh… ho imparato a mie spese che le promesse di un Kage non sono sempre scritte nella roccia” - ribatte a sua volta con gli occhi ridotti a due fessure, ed un sorrisetto amaro che le arriccia le labbra.
”La lingua batte dove il dente duole. Jorogumo lavora solo come un cane da due anni, e la sua chance più grossa di uscirne è un tizio sbucato dal completo nulla. Uno con più muscoli che neuroni, a dirla tutta.
Il che non sta a dire che non abbia cervello, anzi, sembra decisamente meno coglione dell’ultima volta che l’ho visto… ma nel frattempo è diventato un coso alto due metri, pompato in modo allucinante. Dovresti vederlo… anzi, no… devi vederlo e basta, non credo sia facoltativo, vista la tua posizione… e anche la sua”
nota con un’alzata di spalle, mentre cerca con lo sguardo una sedia libera: la trova, la prende e la trascina davanti alla scrivania senza chiedere il permesso, appollaiandosi poi sulla seduta imbottita, a gambe incrociate.

”Tecnicamente non è che ce l’ho proprio con te.
Vorrei prendere a calci in culo l’ANBU che è venuto a chiamarmi, senza avvisare del cambio di consegne. L’altra cosa che mi piace davvero poco, è avere la certezza che per due anni qualcun altro abbia utilizzato il sigillo di Hayate al posto suo, e senza dire un emerito cazzo a nessuno.
Non è che mi aspettassi chissà che considerazione: Hayate è sparito poco dopo avermi imposto il Sigillo, non ho mai fatto in tempo a compiere chissà che imprese per il Villaggio - eravamo tutti impegnati a non crepare malissimo - e sono stata la prima a mettere in giro voci fasulle sul conto del Tessitore, ma cavoli…”
- e così dicendo stringe i pugni, un’ondata di rabbia che si fa sempre più palese sul suo viso, piegandone i lineamenti sottili - ”Questo è davvero troppo!” esclama, ma senza alzare eccessivamente la voce. Sfoga la frustrazione sbuffando sonoramente, per poi prendersi il tempo di fare due o tre bei respiri profondi, lasciando le dita libere di allargarsi sulle ginocchia.

”Ho la ragionevole certezza che tu ne sappia qualcosa, se sei seduto lì” - riprende, puntando l’indice verso lo scranno del Mizukage, mentre la sua espressione torna a distendersi un poco - ”Ma dici bene, adesso ci sono un bel po’ di casini bestiali da sistemare.
Te l’ho già detto, che siamo nella merda fino al collo.
Posso solo essere sollevata per il fatto che ora ci sia qualcuno a trattare con pari autorità con quel pallone gonfiato del Raikage, mentre per gli Ashura saranno cazzi amari, Yu.
Il Raikage è davvero il meno, con tutto che è immortale e al posto dei parassiti intestinali si porta appresso una bestia con più code del necessario.”


Si prende una pausa per tirare il fiato, lasciando che un lungo sospiro le riempia il torace, per poi abbandonarlo lentamente. Quando solleva di nuovo la testa, cercando lo sguardo di Yu, ha un’espressione terribilmente abbattuta; prende a giocherellare con le dita, mentre inizia a snocciolare una storia che ha tenuto accuratamente per sé da almeno tre anni.
E l'ha fatto per più di un'ottima ragione.

”Il motivo per cui ho reclamato Nuibari può attendere.

Quello per cui dovrei essere messa a morte per tradimento e sovversione invece no”
- esordisce nel migliore dei modi, sganciando una cartabomba abbastanza grossa da far precipitare l’intero Palazzo nelle viscere della terra. Tiene lo sguardo alto, ben fisso sul volto di Yu: non prova vergogna per ciò che sta per narrare, e vuole che sia ben chiaro. ”Se ti nascondessi la verità ora, condannerei il Villaggio a morte, e questo non posso permetterlo.”

”Lascia perdere il rapporto di Gashima, una buona parte sono puttanate. Ho mentito” - dichiara candidamente, allargando le braccia per poi lasciarsele ricadere in grembo, riprendendo subito a tormentarsi le dita. ”Riassumo i fatti per te: due anni fa hanno interpellato il Villaggio affermando che sull’isola di Gashima fosse in corso un’epidemia similare a quella che avrebbe sterminato il Clan Ashura, diversi decenni addietro, ma questo è scritto anche nel rapporto.
Quello che non c’è scritto, è che il ricercatore attivo sul posto era uno di loro. Ashura Kaede, ultimo della sua stirpe… o così credeva. È saltato fuori che la tara genetica degli Ashura - ciò che conferiva loro i poteri eccezionali di cui disponevano - era un legame simbiotico con un microscopico parassita del sangue, che nutrendosi di chakra, donava poteri inconsueti al proprio ospite… ma finiva puntualmente per divorare il suo stesso portatore, trascinandolo verso una fine orribile. Kirigakure, temendo che il Parassita risultasse contagioso, ha sterminato brutalmente tutti gli Ashura in vita, che è stata una bella stronzata, visto che il Parassita non sopravvive a lungo, se si alimenta con del chakra ordinario. Kaede è scampato allo sterminio. Kiri ha mentito sulla fine del Clan. Fine antefatto.
Ti fai portare un po’ di tè? Se continuo a parlare così tanto, mi si seccheranno le corde vocali”
- chiede di punto in bianco, lasciandosi ricadere contro lo schienale della poltrona.

”Seconda parte: Kaede stava indagando sul Parassita per evitare di restarci secco a sua volta, quindi ha contaminato col Parassita un povero sfigato e l’ha dato in pasto a Kiri, mentendo sul fatto che ci fosse un’epidemia in corso sull’isola. Kiri ha abboccato come una carpa Koi obesa. Hanno mandato me ad aiutarlo ad arginare il morbo e lui ha pensato bene di stimolarmi ad impegnarmi nelle ricerche, contaminando anche il mio sangue. Mi sono cagata sotto, me la sono vista brutta ma come vedi sono ancora qui… al contrario di Kaede e di un paio di ANBU che si sono messi in mezzo, tanto per cambiare.
Quando ci sono di mezzo io, c’è sempre qualche ANBU che crepa"
- borbotta a denti stretti, poco felice di questo particolare, ma non si concede altro tempo per divagare.

”Quando Hayate ha deciso di portare avanti il suo golpe e assassinare Hogo Kyujo, l’ha fatto perché Kiri gli stava chiedendo di compiere lo stesso massacro che era stato perpetrato verso gli Ashura, verso un Clan a vocazione medica. Anche se gli Ashura erano stati un Clan a vocazione tanto medica quanto bellica, ero praticamente certa che se avessi insabbiato questa faccenda, mettendone a parte solo lui, avrebbe approvato la scelta che ho fatto.

Ho avuto pietà di Kaede.

Di lui, della sua famiglia, del suo dolore. Era un pazzo, ma…”
- fa una pausa, stringendo le labbra in un’espressione contrita - ”Non aveva colpe per ciò che gli è accaduto.
Ho cercato con sincerità di aiutarlo, nonostante mi stesse uccidendo lentamente: l’ho invitato a trasferirsi a Kiri, gli ho proposto di lavorare al nostro ospedale, gli ho detto che le cose erano cambiate, gli ho promesso che il Mizukage avrebbe capito e l’avrebbe accolto ed ho avuto l’impressione che avrebbe potuto accettare… ma le sue condizioni sono degenerate rapidamente e una serie di malintesi e scelte inconsulte hanno portato ad uno scontro mortale con la squadra ANBU di sorveglianza.
Io stessa ne sono uscita a stento, lui non ce l’ha fatta.
Avrei voluto riabilitare la memoria degli Ashura, ma senza Hayate a coprirmi le spalle e a dirigere le ricerche sugli eventuali superstiti ancora in vita, la cautela necessaria a non farmi finire nel mirino degli ANBU come sovversiva mi ha impedito di compiere gesti concreti, e poi… quando credevo che fosse ormai tutto passato, mi arriva da fonte affidabile la soffiata che mi ha costretta a partire in fretta e furia.
E qui arriva il vassoio di mochi ripieni di merda di cavallo che dovremo gustarci a breve, caro il mio Undicesimo”
- dichiara, annuendo lentamente col capo.

”Kaede non era certo fuggito da solo dal massacro, aveva solo tre anni. È stato Ashura Inori, suo nonno, a portarlo in salvo e adesso ha acquisito un potere grazie a cui pare possa trascendere i limiti fisici imposti da sempre al suo Clan.
E indovina un po’, di chi vuole vendicarsi?

… esattamente.

E c’è la grossa probabilità che Yakamoto Urako muoia chiedendosi se ciò che lei chiama pietà non sia stata piuttosto una colossale dose di idiozia, e se le cose non sarebbero potute andare diversamente, con hayate ancora al Villaggio.”

La diciottenne ha lo sguardo fisso nel vuoto.
Tace per qualche istante, prima di concludere il suo resoconto con tono incolore: ”La distruzione avvenuta a Sado è stata opera di un solo individuo, per quanto potenziato dall’artefatto che il Raikage ha indebitamente prelevato dal luogo degli scontri.
Quello che ho visto fare da quell’unica persona --”
si interrompe, piantando nuovamente le iridi scure in quelle verdi del Mizukage ”Non è minimamente commensurabile ai sogni più deliranti di Kaede, nemmeno se si fosse drogato pesantemente.

Non posso dirti che mi dispiace, Yu.
Questa situazione va ben oltre quelle per cui è lecito esprimere dispiacere. Abbi la magra consolazione di sapere che non è per pararmi il culo, che ho cercato di scoraggiarti poco fa.”







Edited by -Egeria- - 18/7/2022, 18:25
 
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view post Posted on 24/7/2022, 15:19     +1   +1   -1
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Porre quelle domande ad Urako, fu come togliere il tappo alla vasca da bagno, lasciando che tutta l’acqua defluisse in un gorgo rapido e vorticante. Acqua sporca, però, piena di detriti e schifezze, che restavano inesorabilmente impigliate nei forellini dello scarico, sotto gli occhi di chi era lì a guardare. In questo caso, Yu. Fu difficile non correre indietro con la memoria, ai tempi in cui erano genin o chunin, quando i problemi più grandi da affrontare erano una litigata tra innamorati e genitori che si impicciavano in affari che non gli appartenevano. Eppure il lungo discorso della ragazza, gli ricordò proprio una di quelle occasioni, forse una delle poche in cui la kunoichi era stata a casa sua, per sfogarsi. Da un certo punto di vista lo rincuorava che fossero ancora capaci di parlarsi in quella maniera. Non ricordava bene, ma se non andava errato l’ultima volta che aveva visto la compagna era stata quando lui e Takumi si erano prodigati a sistemare il tugurio in cui viveva. Si parlava di qualche anno prima. Poi più nulla. Anche se Kai gli aveva riportato notizie della moretta, durante il periodo più nero del Morbo, visto che aveva più possibilità del Rosso di averci a che fare, lavorando assieme a lei in ospedale. E non era che lo avesse fatto di proposito ad allontanarsi, semplicemente era andata così. La vita, il lavoro, le situazioni mancate. “Scuse” direte voi e forse avete ragione. Se uno vuole farsi sentire, ci riesce. Se uno ci tiene davvero lo fa. Si,sì certo. Le solite frasi fatte da cioccolatini. La verità era che nemmeno lui sapeva come fosse successo…E nonostante tutto erano ancora lì. Lei uno Spadaccino, lui il futuro Kage.
Nessuno lo avrebbe mai detto quella volta al parco, mentre Yu e Shi osservavano la ragazza morta al centro della radura e Urako si nascondeva come un gatto. Probabilmente nessuno lo avrebbe mai detto neppure ora. Evidentemente quello era uno di quei rari casi in cui la realtà superava la fantasia. Un pacchetto che non sempre portava solo buone notizie, ma che per qualche ragione lo faceva sentire bene…“a casa”, anche in quell’ufficio che non riusciva ancora a ritenere proprio. I panni di Mizukage erano esageratamente grandi per lui, e stranamente pesanti. Non sapeva ancora come avrebbe dovuto comportarsi con chi aveva un legame particolare con lui - parenti, amici… - ma presumeva che essere sé stesso fosse sempre e comunque l’unica via percorribile. Senza scordarsi che una volta fuori da lì, rimaneva comunque Yu. A ben vedere, c’erano tante cose di cui avrebbe voluto parlare con Urako, tante cose su cui aggiornarla, ma si trattava di informazioni personali, cose che non si confacevano a quello studio quanto piuttosto ad una cena di fronte ad una buona ciotola di ramen. Cose che avrebbero dovuto attendere, precedute da ciò che andava a toccare direttamente il Villaggio che entrambi - supponeva - si erano impegnati a proteggere.


Allora ce l’hai proprio con me! Rise. Sono stato io a dire all’ANBU quale messaggio riportare. Ha fatto solamente il suo dovere, non avercela con lui. Sai, si dice che di fronte ad un imprevisto si possa conoscere meglio una persona. La precedette, spiegando le proprie motivazioni. Non sapevo nulla del Tessitore, se non quello che riportano le voci che corrono per il Villaggio, volevo semplicemente capire meglio con chi avessi a che fare. Ma mi sono già scusato per questo. E sì, era stata la prima cosa che aveva detto. Tuttavia non era certo che la ragazza lo avesse sentito, in quel momento probabilmente stava elaborando di non avere di fronte Hayate, ma qualcuno che non si sarebbe mai aspettata di vedere lì. Piuttosto si stupiva che non fosse venuta a conoscenza del fatto che fosse Fuyu a reggere le redini del Villaggio in assenza di Hayate…Certo, tra gli ANBU c’era quella direttiva secondo la quale ogni cosa riguardante la sparizione degli Spadaccini dovesse restare solo una voce, ma come lo aveva saputo lui, presumeva lo sapesse pure lei. Presumeva male, evidentemente, ma sorrise alla sua deduzione. Non è il momento per parlarne scendendo nei particolari, ma ti posso assicurare che non c’è stato nulla di illegittimo. Né nel passaggio da Hayate a chi lo ha sostituito, né tra questi e me. Nessuna “eminenza grigia”. E te lo dico come amico, non come Kage.

Poteva pensare solamente che fosse stato preferibile evitare il diffondersi delle notizie infauste che stavano susseguendosi al Villaggio, per non far cadere definitivamente Kiri nel caos più totale e scongiurare il diffondersi di voci di tale situazione di debolezza della Nebbia, al di fuori dei confini della stessa. Era l’unica spiegazione che gli sembrava plausibile e per la quale avrebbe sicuramente dovuto scusarsi a nome di Kiri non solo con gli abitanti del Villaggio stesso, ma anche coi loro alleati della Roccia. Tempo al tempo.
Urako aveva appena iniziato a parlare. Si era seduta su una delle sedie messe a disposizione davanti alla scrivania, e non aveva uno sguardo confortante. Quegli occhi abbattuti gli davano una strana sensazione allo stomaco, come se si stesse chiudendo su sé stesso. Avrebbe dato qualsiasi cosa per potersi sedere dallo stesso lato del tavolo, e cercare di darle un po’ di conforto, ma in quel momento non poteva. Decise di stare zitto e aprire gli orecchi, perché probabilmente era la cosa di cui Urako aveva più bisogno: qualcuno che ascoltasse quella cosa che, fu subito evidente, aveva tenuto per sé per tanto…troppo tempo. E per ovvie ragioni.
Si alzò dalla scrivania solo per andare alla porta e chiedere all’ANBU di guardia, di portare del tè, raccomandandosi di bussare quando fosse stato pronto, senza entrare. Sarebbe andato a prenderlo lui. Tornato alla scrivania col vassoio, versò il tè caldo in una tazza che porse alla ragazza, rimettendosi ad ascoltare quella che si rivelò essere una lunga e brutta storia, iniziata male e finita anche peggio.
Non gli era nuovo che Kiri in passato avesse fatto strage dei Clan che non rientravano in quelli approvati dal Villaggio. In realtà quel brutto vizio, si era protratto - sebbene in maniera meno marcata - fino in tempi moderni: quello che era accaduto a Namine ne era un esempio lampante. Tuttavia, non aveva mai sentito parlare degli Ashura…presumibilmente il Villaggio si era prodigato per far sparire quante più tracce possibili. Una pratica deprecabile, che aveva finito per trasformarsi in un lavoro poco pulito, a quanto pareva, lasciando in circolazione non uno, ma ben due Ashura che avevano tutto il diritto di voler radere al suolo Kiri. D’altronde era scontato che il passato sanguinoso della Nebbia, tornasse indietro come un boomerang. Smarcarsi da esso sarebbe stata la cosa più difficile tra tutte, eppure necessaria per permettere al Villaggio di andare avanti. Di questo era convinto.

Lungo tutto il discorso, Urako avrebbe potuto vedere l’espressione di Yu crucciarsi mano a mano che la sua storia procedeva di male in peggio, con un picco piuttosto evidente quando rivelò di essere stata contaminata da Kaede Ashura. Strinse i denti, la mascella si fece rigida, ma rimase in silenzio per permettere alla ragazza di andare avanti, di spiegare quali fossero le sue intenzioni, andate in frantumi per l’assenza di Hayate e degli sviluppi più recenti circa quella montagna di merda, in cui era rimasto coinvolto anche il Raikage.
Non aveva ancora le idee chiare sulle capacità di Inori Ashura, su questo potere che gli aveva permesso di trascendere i limiti del suo Clan, tanto meno di cosa comportasse. Ma Urako era in gamba e il Raikage aveva dichiarato al mondo di possedere un Bijuu. Se entrambi erano stati messi in difficoltà da quell’individuo, quel tale doveva essere estremamente pericoloso. Su questo non c’era alcun dubbio in merito. E Kiri non era per niente nella posizione per poter affrontare una cosa simile, al momento. Non sapeva nemmeno se lui stesso ne sarebbe stato in grado.


« AH! Stronzate! Quale potere abbia quel tizio, resta comunque un sudicio umano. E non mi interessa quale dei miei fratelli lo abbia affrontato: sono inferiori a me in ogni caso. »
Una volta forse poteva essere così, ma adesso sei costretto nel mio corpo. Per quanto, non possiamo ritenerci imbattibili. Penso di non doverti ricordare che abbiamo battuto Manpeiko di misura.
« Cazzate! Avremmo potuto ucciderla in scioltezza. Ma ti serviva viva. »
Questo è vero. Ma non significa sia stata una vittoria schiacciante. E non sto dicendo che tu sia debole, ma non conoscendo la reale forza di questo Inori Ashura, non possiamo fare tanto i gradassi. So che l’unico che ti abbia mai tenuto testa è Yoyuki, ma il mondo cambia. Dobbiamo essere pronti ad aspettarci il peggio.
« Tsè…sarà anche come dici. Ma ti assicuro che alla fine mi pulirò le zanne con le ossa di quel verme, parola mia. »
…Non mi è nuova questa.

Sospirò, tirandosi su e allungandosi per versare una tazza di tè per sé. Gli si era seccata la gola. Portò il liquido alle labbra e il calore generato, assieme al profumo portato dal vapore gli diedero la calma per poter riordinare le idee.

Non addossarti responsabilità che non ti competono. Iniziò, appoggiando la tazza perfettamente al centro del suo piattino. Non è colpa tua se ho deciso di accettare questo incarico e francamente non ho mai pensato, neanche per un secondo, che stessi cercando di allontanarmi per pararti il culo. Così come non ho mai pensato di mollare, per l’enormità di ciò che avrei dovuto affrontare. Ne sono stato sempre cosciente…che avrei dovuto spalare una montagna di merda, non credeva così tanta, ma ehi quindi non fartene una colpa, d’accordo? Così come vorrei che non pensassi a cosa sarebbe successo “se”, a cosa avresti potuto fare, a tutte quelle cose che ormai non sono altro che ramoscelli secchi della strada che hai percorso. Non serve a niente. E te lo dice uno che lo fa spesso e che per questo è stato più volte rimproverato. Fece una pausa, osservando la ragazza dritto negli occhi. Hayate non c’è. Dovremo trovare noi il modo per sistemare questa faccenda. E dico “noi” perché non sono così presuntuoso da pensare di poter fare tutto da solo. Così come non sono tanto arrogante da dire che, se mi fossi trovato nella situazione che hai vissuto tu con Kaede Ashura, avrei agito diversamente. Non c’ero io lì, non posso sapere cosa avrei fatto. Mi interessa solo essere certo che tu adesso stia bene. In teoria il parassita avrebbe dovuto essere morto di fame per essersi nutrito con chakra comune, ma preferiva essere certo che la sua amica fosse in salute e non si portasse dietro gli strascichi di quell’esperienza. Per quanto riguarda Inori Ashura invece, da come me l’hai descritto non sembra uno che ci va molto per il sottile. Dubito avremo modo di poter aprire un dialogo con lui. D’altro canto, nell’immediato non abbiamo la possibilità di fare nulla di incisivo. Kiri deve prima rialzarsi per poter affrontare un nemico simile. E serviranno tutte le informazioni possibili. Sarà mia cura mettermi in contatto col Raikage, per chiarire la faccenda dello sconfinamento e farmi restituire l’artefatto utilizzato da Inori. Si portò le dita al mento pensoso. Sia mai che quella reliquia possa dirci qualcosa. Per il resto...sarebbe ideale riuscire a prevenire le sue mosse e i suoi spostamenti, nonché capire bene di cosa sia capace. Prenderlo in contropiede sarebbe stato utile. Se si voleva catturare o abbattere un predatore, piazzargli la preda di fronte e prenderlo alle spalle era certamente la cosa migliore da fare. Ma sapeva di conoscere ancora troppo poco su quel tipo per poter dire o fare più di quanto ipotizzato. Non ti dirò che ce la faremo sicuramente. Purtroppo la realtà non ha simpatia per gli assoluti, ma puoi fidarti del fatto che mi impegnerò affinché Kiri non sia un’altra Sado. Troppe persone a cui teneva abitavano quella terra ammantata dalla nebbia. Non avrebbe permesso, con tanta facilità, che venisse spazzata via. Mai. Sorrise, un po’ amaramente però. Sono certo che avresti preferito fare questo discorso ad Hayate e sentirti dire da lui che Kiri ne sarebbe uscita, ma ti ringrazio lo stesso per essere stata sincera con me.

 
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view post Posted on 9/8/2022, 22:59     +1   +1   -1
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Kirigakure no sato - 10/10/252 DN [Al Passato]



”Mhhh…” - un grugnito lamentoso accoglie la realizzazione del fatto che gli ANBU altro non fanno, se non eseguire ciò che viene loro detto.
Al contrario di lei.
”Figurati” - e ci mancherebbe altro.

Grugniti altrettanto laconici, accompagnati da cenni affermativi del capo, segnalano al neo-kage la comprensione non eccessivamente gioiosa della situazione, meno losca di quanto la diciottenne non avesse immaginato.

Farsi andare giù la possibilità di lasciarsi i sé alle spalle, richiede addirittura un sospiro sbuffante, assieme all’ennesimo - ovviamente - grugnito. No, non crede di riuscire a dare retta tanto presto al suggerimento del rosso né tanto meno ad accettarne il supporto morale; ”Tutto a posto adesso, nessuna traccia di contaminazione” - lo rassicura, evitando di accennare subito all’esistenza di un certo fluido magico, custodito sotto chiave a basse temperature da ben tre anni. Al novanta percento Yu avrebbe disapprovato anche il solo ventilare la possibilità di effettuare esperimenti su se stessa, con quella roba.
Avrebbe trovato il modo di fargliela andare giù, al momento opportuno - non appena le sue ricerche le avessero aperto qualche possibilità di sfruttare il Parassita a suo vantaggio. ”Speravo che farmi amico Kaede potesse aprirmi la strada verso la riconciliazione dei superstiti con Kiri, ma con la sua morte, quella strada sarà definitivamente sbarrata per noi. Non riesco a illudermi di poter spegnere quel rancore a suon di chiacchiere, scuse e promesse.
Cercherà di distruggere la Nebbia, a costo di perdere se stesso e ciò che resta del patrimonio genetico del suo Clan”
- conferma a Yu cupamente, con lo sguardo basso, ma presto è costretta a sollevare lo sguardo, una luce allarmata che le accende gli occhi scuri: ”Non sei obbligato a sistemare i miei casini, non è così che deve andare!” - esclama, quasi saltando in piedi, giù dalla sedia.
”L’unico motivo per cui quello lì ha fatto il gradasso, è perché se lo sente più duro di tutti. E… perché non facevo abbastanza paura” aggiunge, abbassando di nuovo lo sguardo, stavolta con aria abbattuta.
”Non sono grossa né muscolosa, la mia spada non incute né timore né rispetto a chi non la conosce. A Sado credo di aver dato il peggio di me, non ho combinato quasi nulla di utile.
Come simbolo di Kiri faccio abbastanza schifo, e l’idea di dovermi nascondere dietro alle tue sottane per raddrizzare le cose mi piace davvero poco”


C’è un colossale “non sono come Mizuguchi e Kubikiri” nascosto tra quelle righe, qualcosa che non pronuncerà ad alta voce, aspettandosi una probabilissima smentita da parte di Yu - a cui naturalmente non darebbe ascolto.

”Sì, avrei preferito ci fosse lui” - confessa con un candore quasi crudele, consapevole di dare un probabile dispiacere al suo vecchio compagno. Non ne incrocia lo sguardo: lascia che gli occhi vaghino sulla scrivania ingombra di documenti, sulla tazza di tè intonso che sta facendo raffreddare troppo, sulla tazza di Yu, che il ragazzo tiene tra le mani. ”Avrei preferito fossimo in un’epoca in cui le scelte pericolose per la gente, fosse qualcun altro a prenderle e calarle dall’alto, senza spiegare il perché e il percome. Qualcuno a cui non potessi replicare o esprimere il mio parere, o un consiglio divergente dalle sue intenzioni; qualcuno a cui obbedire sperando che sia nel giusto, e disobbedire di nascosto, ma solo quando è davvero necessario.
Qualcuno che poi si sarebbe preso tutte le responsabilità, se avesse fatto i passi sbagliati”


Solleva lo sguardo, tornando a intercettare quello del rosso: ”Disobbedire aspettandosi una condanna è un conto. Fare di testa mia, sapendo di deludere una persona a cui voglio bene… beh, lo capisci da te.
E scaricarti un barile, di qualsiasi dimensione e peso sia, è qualcosa che non farei in nessun momento… capisci quindi che a me non conviene affatto averti qui, ma proprio per niente.
E se vorremo uscirne, dovrò farmi il culo esattamente come te.”

Peccato che non so ancora da dove cominciare, Yu - ma nemmeno a questo pensiero, per ora, decide di dare voce.

”Di che favore avevi bisogno?” - riprende all’improvviso, ricordandosi della richiesta rimasta in sospeso qualche minuto prima. Un ottimo assist per cambiare argomento.





 
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view post Posted on 10/9/2022, 14:57     +1   -1
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E poi dicevano a lui che pensava troppo: vivere nella testa di Urako doveva essere davvero difficile. Con le seghe mentali che si faceva quella ragazza ci si sarebbe potuto scrivere un libro, ed era certo che quelle che esprimevano erano meno della metà di quelle che formulava in quella testolina incasinata. Ora iniziava a capire anche come si sentiva Fuyu quando era lui quello che faceva quei discorsi. Un misto di comprensione, irritazione e voglia di schiaffarsi una mano in faccia. Sì, qualcosa del genere. Ma il Rosso non era lo Yuki, non era bravo come lui a fare le prediche e non ne avrebbe fatte a Urako. Anche se certamente qualcosa le avrebbe detto un po’ per tutto. Sul suo operato si era già espresso e le parole della moretta non facevano che confermare le sue ipotesi circa l’impossibilità di instaurare un qualsiasi tipo di dialogo civile con Inori Ashura. Per quanto riguardava il resto…quella palese sensazione e certezza di inferiorità di Urako, così come la sua ovvia preferenza nell’avere come superiore qualcuno a cui non era legata in nessun modo, in un certo senso Yu le capiva bene. In fin dei conti anche lui spesso e volentieri non si sentiva all’altezza. E questo ancora prima di aver accettato l’incarico di Kage, figuriamoci ora! Una zecca attaccata al suo cervello che ogni tanto gli ricordava che lui era solo Yu. Non era uno Spadaccino, né uno Shinobi famigerato…e se era Kage era solo perché non c’era stata una scelta migliore - e questo la diceva lunga sulla situazione di merda in cui si trovava il Villaggio. Ma poi si ricordava che chi gli aveva affidato Kiri, non l’avrebbe mai fatto se non avesse avuto piena fiducia in lui…perché la Nebbia era tutto ciò che gli restava. E allora quelle vocine fastidiose tornavano a dormire per un po’, fino alla crisi seguente. Ultimamente erano piuttosto ravvicinate. Faticava ancora a capacitarsi di occupare quella poltrona e che da lì in avanti tutte le decisioni importanti per il loro paese, sarebbero passate tra le sue mani e pronunciate dalla sua voce. Decisioni e ordini che avrebbero potuto sancire la morte di persone a lui molto care. Sarebbe bastato un errore di valutazione suo o di chi riceveva l’incarico - poco importava a quel punto - perché un segno indelebile lo lacerasse per sempre. Suo l’ordine, sua la responsabilità. Avrebbe dovuto farci l’abitudine. In realtà avrebbe dovuto avercela già fatta. Era risaputo tra chi lo conosceva bene che per lui essere il comandante di turno era un compito scomodo. Quando era diventato Jonin ed era entrato negli ANBU, aveva iniziato a farci il callo, ma lì…l’anonimato della Squadra Speciale senz’altro aiutava. Era adesso che la cosa diventava più difficile. Ma pensò non fosse il caso di sottolineare quella cosa all’amica: la riteneva abbastanza intelligente per capire che quella situazione non fosse scomoda solo per lei.

« Pff…secondo me la sopravvaluti. »
Tu dici?
« Lo sai meglio di me. Gli umani stanno in cima alla piramide degli egoisti. Se devono pensare a qualcuno, prima pensano a sé stessi e poi, forse, agli altri. La Bambina Invisibile non fa eccezione. Ma va bene così: la proliferazione umana in questo mondo è la conferma che la vostra natura, per quanto subdola, funzioni. »
Eeeeeh, non so se ritenerti più acido o più filosofo in questo momento. Ma sicuramente ci conosci abbastanza bene da poter essere una fonte affidabile. Non sarò io a smentirti. In fondo sono il primo a dire di essere un egoista. Ricordi? Ero un egoista con uno scopo. E in qualche modo quello scopo l’ho raggiunto.
Anche se al tempo non immaginavo…questo.


Decisamente no. Era stata la sua arroganza a parlare quel giorno sul tetto. La sua determinazione, la sua brama…i suoi ideali. E quello Yu genin di sicuro non avrebbe mai pensato che un giorno si sarebbe trovato seduto a quella scrivania. Non se lo immaginava nemmeno lo Yu di qualche giorno fa. Soprattutto di trovarsi lì a fare quel genere di discorsi con la sua amica di sempre, ora Spadaccina sotto falsa identità.

E Kiri non potrà che giovarne, ti pare? Sorrise furbetto alla dichiarazione della ragazza di doversi fare il culo da quel momento in poi per far funzionare le cose. Un’affermazione divertente, come se fino a quel momento avesse fatto il suo, sì…ma solo il minimo indispensabile. I compitini a casa, ecco. Lo stesso vale per il nome del Tessitore: appena si spargerà la voce delle imprese di Jorogumo, non servirà che lui sia grosso, muscoloso e con una Spada famosa. Ovviamente non posso garantire per tutti. Alcune persone non hanno il senso del pericolo, ma questo va solo a nostro vantaggio. E il suo pensiero andò proprio a quella testa calda del Raikage che con tanta facilità aveva dichiarato al mondo d’essere un seguace di Jashin e di aver stretto un patto con un Bijuu. Una scelta discutibile, che avrebbe potuto allontanare non solo i nemici di Kumo, ma anche possibili alleati…e attirare come api al miele soggetti come Manpeiko. Per il resto mi spiace contraddirti, ma le cose funzionano così. Qualsiasi cosa accada sotto la giurisdizione di Kiri o per mano di uno Shinobi della Nebbia ricade sotto la mia responsabilità. Che si tratti di te, del genin di turno o di chiunque altro.

Si era fatto più serio nel pronunciare quelle parole. Non esistevano “i casini di Urako” o “i casini di Yu”. Esistevano solo e unicamente “i casini della Nebbia” ed essendone rappresentante stava a lui dirigere i lavori per sistemarli. Considerato quanto scocciasse alla ragazza doversi appoggiare a lui per questo genere di incombenze, sperava bene che cercasse di fare in modo di non portare a casa troppi problemi o, come diceva lei, di farsi il culo il doppio per evitare di dover richiedere la sua assistenza.
Fu a quel punto della conversazione che distolse gli occhi dall’amica. Li abbassò mentre, pensieroso, prendeva un sorso di tè, tornando ad appoggiare la tazza con un lieve tintinnio sul piattino. Solo quando Urako ricordò della sua richiesta di poco prima, le iridi chiare del Jonin si spostarono nuovamente sulla figura minuta della compagna.


Oh, giusto. Fece. Pensavo di parlartene da un po’ e non era mia intenzione tirare in ballo la questione convocando qui Jorogumo, ma vista la situazione penso di poterne approfittare. Parlare con Urako Yakamoto per quella faccenda era uno dei suoi punti in programma, ma fino a poco prima non aveva la più pallida idea che richiedendo di parlare col Tessitore, avrebbe automaticamente chiamato nello studio la moretta. Due piccioni con una fava, senza saperlo. Non si tratta di nulla di che. Semplicemente, per una serie di questioni, vorrei che tu mi facessi da medico personale. Questioni di cui avrebbe parlato alla ragazza. Questioni che coinvolgevano una grossa Volpe. Ma prima voleva vedere come prendeva quella proposta. Pensi di poterlo fare?

 
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26 replies since 15/4/2022, 17:49   433 views
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