Kirigakure no sato - 10/10/252 DN [Al Passato]
E quindi nessuno gli ha detto di Mizuguchi.
Le sopracciglia del rosso schizzano verso l’alto come le schiene di due gatti spiritati - no, veramente non lo fanno: è solo che in quella situazione, anche uno starnuto le farebbe lo stesso effetto dell’esplosione di una carta-bomba. Yu è senz’altro sorpreso, solleva un po’ le sopracciglia ma non mostra un grammo di quello che la maggior parte dei loro compaesani paleserebbe, messo davanti a un fatto simile.
Conoscete il solito binomio, scalpellato nel cervello degli isolani: Momochi-Kubikiri, come se portare quel cognome e quell’arma (o anche uno solo dei due) desse diritto al titolo di Mizukage di per sé.
… esatto, provate a immaginare Shi Momochi dietro la scrivania, fatevi due risate e poi torniamo a Jorogumo e Yuzora nello studio, nel momento in cui il secondo non mostra nemmeno minimamente il timore di essere anche solo vagamente a rischio, al rientro del Diavolo.
È solo perché non se l’è trovato ancora davanti
commenta una delle ben note vocette nella sua testa, improvvisamente tornate alla ribalta;
chi, il testone? E secondo te riesce a spaventarsi davanti a quel quintale e mezzo ambulante di muscoli e borbottii?
“No, non lo farebbe”
convengono le vocette, zittendosi per ascoltare i commenti del rosso, per poi esplodere in sibili carichi di astio -
“ma tu guarda…”
“Risolutezza!
Ci manca solo che gli dia un premio per essere tornato”
“... tre anni…”
“Maschi!”
“... sola…”
“Tempo due ore e sono già assieme all’Izakaya a tracannare…”
- la frase resta incompiuta, stroncata da quell’invito inatteso e nemmeno troppo celato a dire la sua.
Abbassa la mandibola quel tanto necessario da mordersi l’interno del labbro superiore, come per non far uscire quelle parole che vorrebbe tanto vomitare fuori. Perché si rifiuti di dire la sua anche quando ne ha l'occasione, non lo sa neanche lei; c'entra qualcosa col fatto che non sa ancora come sentirsi, per il rientro del Diavolo?
Il sollievo e la rabbia se la battono alla pari, cercando di prevalere l'uno sull'altra e riuscendoci, a fasi alterne, senza mai assestarsi in un equilibrio rassicurante. Oppure forse vuole solo puntare i piedi davanti all'ultimo arrivato, per rompergli le scatole così, gratis, per non farlo sentire troppo importante, se no si monta quella sua zucca pelosa.
Senti, non so cosa speri di ottenere, ma mi preme farti notare che non sarei qui se mi cagassi sotto ogni volta che si nomina uno Spadaccino“Adesso lo ammazzo. Tenetemi o lo ammazzo.”
Il che si traduce in un sibilo snervato, incupito dall’incavo della maschera -
”No che non hai paura, testa di fugu che altro non sei!” sbotta allargando le braccia, per poi lasciarle ricadere lungo i fianchi. Bene, la pazienza per proseguire il gioco delle parti l'ha esaurita: il cocktail mattutino di emozioni è stato esplosivo, e quell'ultima frecciata ha decisamente acceso la miccia -
”Ho perso anche troppo tempo a cercare di infilarti un po' di sale in zucca, ma sai cosa? Sono io la scema che sa di combattere una battaglia persa in partenza.
Cavoli tuoi.
poi non dirmi che non ti avevo avvertito."Sta per vuotare il sacco?
Alla sola idea, il trotto del cuore nel torace passa a un galoppo rapido, mentre un vago senso di vertigine fa ondeggiare leggermente i contorni della stanza. ha già usato il femminile, nella frase precedente... l'avrà già capito, oramai. Di kunoichi basse come lei ce ne sono diverse, ma nessuna abbastanza esperta da poter fare il suo lavoro.
Quindi è fatta?
Si forza a sollevare lo sguardo verso il volto del rosso, per studiarne l'espressione, combattendo ogni secondo contro l'impulso di negare, correggersi, inventare una palla ancora più colossale, o anche inventare qualche stronzata sul rispetto e scappare dallo studio a gambe levate -
"E dov'è che vai, poi? A fare la lagna da Mizuguchi?"
Certo.
Certo.
Dimenticava.
È sola.
Si aspettava qualcosa che non ha ottenuto, la cosa l'ha mandata fuori dai gangheri e adesso non ha più nemmeno le forze per tenere in piedi quella parvenza di solidità che ha tentato disperatamente di sostenere, nei lunghi mesi da quando Hayate se n'è andato.
Ecco, se n'è... andato.
Non torna.Sente i muscoli del corpo irrigidirsi, opponendo resistenza a quel pensiero devastante; la gola si chiude come stretta in una morsa. Decide di non decidere subito di accettare o meno quel dato di fatto: risolvere proprio tutto tutto, in questo momento, è qualcosa di superiore alle sue risorse mentali.
La prospettiva di continuare a tirarla per le lunghe e tenersi quella maschera anche davanti a lui è...
estenuante.
E allora andiamo.
”Mi conosci, mi conosci, sottospecie di carota bipede” - prosegue con voce seccata, piantandosi i pugni serrati sui fianchi, come solo sua mamma sa fare -
”E ti ricordo che anche in mezzo alle decine di cose che ti faranno desiderare di non essere mai nato, rimane sempre valido lo stesso principio”Non sa cosa prova.
Non capisce cosa senta il suo corpo.
Sa solo che raggiunge la scrivania, piantandoci sopra i pugni chiusi.
”Non morire, Kyomei Yuzora.
Se no scendo all'inferno, ti riporto indietro e ti ammazzo con le mie mani... o qualcosa del genere, oramai non me la ricordo manco più così bene” - conclude la frase borbottando tra se, con un'evidente alzata di spalle.
Sbuffa pesantemente, stacca i pugni dal legno, recupera la postura eretta e porta ciascun indice irrorato di chakra verso la spalla opposta, dove porta impressi i kanji del Ragno. Sbuffo di fumo. L'aria pulita le fa sentire la pelle eccezionalmente calda; l'assenza della parrucca e della porcellana rendono la testa incredibilmente leggera.
Il viso arrossato di Urako Yakamoto emerge dalla nuvoletta bianca, le labbra strette tra loro in una smorfia seccatissima, fissando con sguardo bieco il
qualcosesimo Mizukage.
”Azzardati a farne parola con qualcuno, e mi appendo la tua lingua al collo come un ciondolo.”