| Chishiki, Città Alta, Sora no Kuni, 31 dicembre 252 DN. I polpastrelli della mano destra poggiarono sulla maniglia in legno chiara della porta, facendo una piccola pressione, abbassandola; prima Tsume, poi Kuro, entrarono in stanza incontrando sguardo e parole di Hideyoshi. Poco prima di riuscire a parlare, Kuro venne anticipato da una Tsume che sembrava piuttosto euforica. - Non ti preoccupare! Kuro-san mi ha parlato molto di te! Con molta enfasi, scodinzolando. - Perdona la sua scortesia, Hideyoshi-dono. Sei forse il terzo umano con il quale parla da quando ha abbandonato la radura per seguirmi. E... si, non è stato semplicissimo, devo ammetterlo. Ma ora sono qui, e lei è con me. Quindi la visita è andata bene, nonostante tutto. Per un attimo, perso con lo sguardo, Kuro pensò ai due giorni passati, all'incontro con Fenrir, alle difficoltà affrontate ed alle promesse fatte, da mantenere.
Radura, Eremo dei Cani, 29 dicembre 252 DN. Il viaggio per ritornare ancora una volta all'Eremo dei Cani, sembrò più piacevole del solito e soprattutto più silenzioso dal momento che non c'era Pakkun con lui. Le poche volte che vi aveva fatto visita, c'era arrivato tramite evocazione inversa, palesandosi davanti il Sommo; non percorreva quei sentieri tortuosi da molto, troppo tempo. La mente era persa nei pensieri e nello stupore che ogni volta riaffiorava nel vedere quel panorama che la natura aveva creato, favorendo la mimesi dell'Eremo. Pensava a quel che avrebbe affrontato di lì a poco, pensava a quanto austero e fiero Fenrir si sarebbe posto, ma anche alla sua enorme arroganza e prepotenza, quasi non incline al nindo di quella razza: era ben diverso dal sommo, non amava la compagnia, non si fidava di nessuno eccetto di una persona, che ormai dava il tormento a Kuro. Ancora qualche passo, prima di trovarsi all'imbocco della radura, un ampio spazio che precedeva l'entrata della grotta principale. E proprio lì, a pochi metri dalle quattro grandi statue del Yyamadziro, le enormi zampe di Fenrir, si incrociavano, sbarrando il basso a chiunque volesse avvicinarsi troppo. Il nero lupo giaceva disteso con la testa china sulle zampe, quasi dormiente. Il respiro pesante, lasciava intendere la solita pericolosità. Kuro ruppe il silenzio, la cosa andava affrontata, ed anche in fretta.- Ebbene, Fenrir. - Per te sono ancora Fenrir-sama, ragazzo. Lo sarò sempre. - Abbiamo molto di cui discutere. Impostare una conversazione in questi termini non giova assolutamente. Cerchiamo di venirci incontro e di risolvere la cosa in una maniera calma e pacata. La bestia alzò prima la testa, poi lentamente allunghò le zampe, mettendosi in piedi ed incamminandosi verso lo shinobi del Suono. Gli occhi sembravano estremamente infuriati e non avevano neanche iniziato a parlare. Il tono di voce si alzò di scatto, tuonando in tutta la radura. - OSI PARLARMI IN QUESTO MODO? HAI MANDATO UN CANE A DIRMI CHE LE COSE SAREBBERO CAMBIATE ED ORA ORA RIVOLGERTI A E IN QUESTO MODO? I passi lenti, le unghia pronte ad infilarsi nelle carni del giovani. Kuro, d'altro canto, sembrava mantenere una insolita calma, il totale contrario di Fenrir. Gelo. Una vera statua. - Ho mandato Pakkun, un mio alleato, parte della nostra famiglia. Non un cane. Accettarmi come firmatario è significato accettarmi come fratello e come vostro pari. Io per voi, voi per noi. Il tempo di identificarsi come il più forte è finito, davvero. Non abbiamo motivi per cercare di sopravalere l'uno sull'altro, sebbene sia indubbio che tu, grande Fenrir, sia il guerriero più forte di cui disponiamo. Allargò leggermente le braccia, come per placare l'animo dell'animale. Lo aveva già visto impazzire ed aveva contribuito a salvarlo da quel turbinio di emozioni che l'avrebbero condotto di nuovo alla pazzia. - Non ti permetto di rivolgerti a me con tutta questa arroganza. Tu non sei lui, NON LO SARAI MAI! - Allora pronuncia il suo nome! Pronuncia il nome di quell'uomo! Abbi il coraggio di pronunciare il nome dell'uomo che ti ha ingannato, ti ha plasmato ed è poi andato via! Sii l'essere fiero che sei! - Tu... piccolo lurido moccioso che non sei altro. COME OSI!? Con un balzo rapidissimo, il grande lupo si alzò in aria diretto verso Kuro. Gli occhi ricolmi di rabbia, denti affilati e bava. Se l'avesse preso nel suo morso, per l'Ombra non ci sarebbe stata una singola probabilità di salvezza, sarebbe stato spezzato a metà come una foglia troppo esile per resistere alla potenza del vento. Ma Kuro, ancora una volta, non sembrò minimamente preoccupato o agitato. I suoi occhi fissavano quelli di Fenrir, prima di pronunciare una singola parola, a bassa voce. - Disperdi. Esattamente come accadde anni prima, Kuro sembrò liberarsi della sua spada per non combattere e non ripetere lo stesso errore fatto con Bull ma questa volta, qualcosa cambiò. Una nuova consapevolezza. In una frazione di secondo, forse anche meno, tre grosse lame comparvero dal terreno, incrociandosi esattamente in tre croci, sul corpo del Lupo. La precisione millimetrica aveva fatto sì che Fenrir fosse immediatamente bloccato, tra braccia e busto senza subire alcun graffio. Ora impossibilitato a muoversi, la fiera cercò di divincolarsi, facendo risuonare nella radura un urlo che mai si era sentito. Kuro si avvicinò al muso dell'animale. - Noi siamo una famiglia, e tu sei il capofamiglia. Ma non siamo i serpenti. Noi basiamo il rispetto e la stima sulla nostra lealtà e non sulla nostra forza. E se tu mai capirai questa cosa, riuscirai a stare in pace con te stesso e non rischierai di impazzire, di nuovo. - Non hai idea di quello che stai facendo. Non hai idea della mia forza e di quello che ti farò. Non ti aspettare che io ti ringrazi nuovamente per.. - Non voglio che tu mi ringrazi. Il punto è questo. Io non l'ho fatto per avere un ringraziamento da parte tua o di nessun'altro. L'ho fatto perché avevi bisogno di me. Io ci sarò sempre, per chiunque. Lentamente le lame di acciaio iniziarono a sgretolarsi, liberando il corpo del lupo che sembrava essersi calmato leggermente. Kuro non aveva finito di parlare, ma forse, ora che Fenrir sembrava poter dialogare, continuò con quello che aveva da dire. Prima però si guardò attorno, avvertì la presenza di un'altra entità, estremamente simile a quella di Fenrir, ma non ne riusciva a scorgere la sagoma. - Io non temo quell'uomo e non ho paura di pronunciare il suo nome. Kairi Uchiha è stato un fedele alleato ma nel momento in cui ha deciso di sparire completamente dalla circolazione, diventando un'ombra, non merita il mio rispetto. Io non sono qui per pretendere, ma per essere compreso. E se la cosa può anche leggermente aiutarti a stare meglio, a placare la tua ira, io cercherò sue notizie, lo porterò qui se necessario. Ma ad un costo. Se io ti porto quel che vuoi sapere su Kairi Uchiha, tu mi riconoscerai finalmente come Eremita, mi riconoscerai come parigrado. Fenrir non annuì, non reagì, non disse nulla. Si voltò di spalle, quasi abbattuto, per tornare lentamente esattamente dov'era prima, al centro perfetto tra le quattro statue. Si sdraiò ed osservò gli occhi di Kuro, sbuffando notevolmente, incerto sul da farsi. - Porterai con te mia figlia, Tsume. Ho sentito che l'Uchiha si trova oltre il mare, oltre le terre conosciute. Poi chiuse gli occhi e tornò al suo riposo. Rumori di foglie calpestate e rami rotti spezzarono il silenzio, prima di vedere una figura balzare davanti a lui, scodinzolando. Un grosso lupo bianco, dallo sguardo fiero come quello del padre, ma dall'animo più giocoso ed allegro. Seduta davanti a lui, si presentò con voce forte e squittente. - Io sono Tsume, è un piacere fare la tua conoscenza! Poi proseguì a bassa voce. - Hai già il mio rispetto. Nessuno ha mai detto quelle cose a mio padre, neanche il saggio! - Io sono Kuro. Avrai già capito che tra me e tuo padre non scorre buon sangue. Ma sono l'Eremita, e lo sarò sempre. A qualunque rischio. Per poi voltarsi ed incamminarsi, certo del fatto che da quel momento in poi, aveva ottenuto una piccola parte del rispetto di Fenrir ed una nuova compagna di viaggio.
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