All that you are, Autogestita Speciale - Recupero PG

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view post Posted on 5/3/2022, 19:41     +1   -1
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>Paese del Fuoco, posizione sconosciuta, anno 249 – 17 Dicembre<

Difficile riuscire a spiegare il turbine di sensazioni ed emozioni che dominavano l’animo del giovane Victor in quel momento. Era tutto confuso, opaco, come se fosse stato offuscato da una folta coltre di nebbia. E non importava quanto il ragazzo cercasse di correre, fuggire, agitarsi ed urlare. La nebbia era onnipresente, pesante ed aveva ormai avvolto tutto attorno a lui. Il petto si era fatto pesante, con un dolore lancinante proprio sul pettorale sinistro. Cos’era, il cuore? Effettivamente sentiva i suoi battiti come un rumore martellante e costante. Erano però calmi, non c’era nessun segno di un eventuale attacco cardiaco o altro. E non sembrava nemmeno il battito di una persona che aveva paura. Eppure lui ne aveva, eccome se ne aveva.
Nonostante la confusione generale, riuscì a capire che il dolore che sentiva, trasformatosi successivamente in bruciore, era il marchio imposto dai sacerdoti delle terre Occidentali da cui proveniva. Abbassando lo sguardo verso il basso, infatti, notò che il segno stava bruciando, ardeva, sempre più forte. Sentiva un fuoco divampare dentro di sé, come se lo stesse consumando dall’interno. Cercò di urlare, cercare aiuto, ma nemmeno un rivolo di voce riuscì ad uscire dalla sua bocca. Cadde in ginocchio, in preda alla disperazione ed al panico. Le sue ginocchia non sbatterono contro qualcosa di duro come il terreno, bensì contro qualcosa di morbido e soffice. Anche la superficie sotto di sé, notò, era bianca. Un candido bianco che, se non fosse stato per la confusione e la paura in generale, forse lo avrebbe anche tranquillizzato.
Una volta toccato terra con le ginocchia, il petto iniziò ad ardere ancora più forte. Si incurvò su sé stesso, cercando di raggomitolarsi, ma non ci riusciva. Formò un arco con la sua schiena, allungandosi in avanti e avendo come appoggio sul terreno sia le gambe che i gomiti. Gli sembrava di morire, che da un momento all’altro il suo petto dovesse esplodere.
Fu proprio a causa di quest’ultima sensazione che gli tornarono in mente i ricordi più vividi che aveva, precedenti a quella strana situazione in cui si trovava. Il tempio del Fuoco, nella nazione dei ninja, il vecchio Josuke che si sacrificava divorato dalla melma che sua nipote, Aki, stava sprigionando dopo aver assorbito l’Oni che si trovava nel tempio. Le urla dei mercenari che venivano dilaniati dalla melma e dalle ombre che ve ne uscivano. Il panico, il sudore, la corsa ed infine una gigantesca esplosione che lo scaraventò via.
In quel momento sembrò ricordare. Nonostante il dolore egli realizzò-

???: Hai impiegato un po’ a capirlo… Si, sei svenuto a seguito dell’esplosione. Un frammento di melma ci ha colpiti alla base del colpo e adesso eccoci qui. Bentornato, Victor.

Una voce calma, fredda e distaccata ruppe il silenzio assordante che ormai circondava il ragazzo. Con un’enorme fatica, tra sudore, dolore e sofferenza, riuscì ad alzare leggermente il collo. Dal guardare il pavimento, Victor riuscì ad incrociare lo sguardo della creatura che aveva parlato. Non capì perché, ma rimase sorpreso. Davanti a se aveva una figura completamente nera, dalle dimensioni grottesche. Quasi scheletrica, con braccia e gambe decisamente più lunghe del normale. Una sottile linea a zig zag, di un bianco etereo come quello che li circondava, delineava la bocca di quell’essere. Gli occhi erano sempre di questo bianco, etereo e vitreo, senza alcuna pupilla. Ed infine anche i capelli, ricci, erano bianchi, lunghi, raccolti in una coda dietro la testa. Era sempre la stessa figura che, dall’imposizione del marchio, lo stava tormentando. Una sua copia ma al negativo e adesso con aspetti molto più anormali rispetto a prima. Anche il suo comportamento era cambiato. Normalmente si sarebbe rivolto a Victor con un tono molto più saccente e presuntuoso, aggressivo. Invece questa volta, la figura rimaneva lì impalata, davanti a sé, a fissarlo mentre soffriva, non sentiva nemmeno un accenno di beffa o superiorità provenire dalla creatura. Iniziò a vorticargli un pensiero in testa.

Victor: Sto per morire forse?

Pensò, ormai disperato. Molto probabilmente era arrivata veramente la sua fine. Senza aver avuto nemmeno il tempo di poter riprendere a vivere, senza aver fatto chiarezza sul “male” che lo aveva afflitto e che gli avevano imposto. Inerme di fronte a questa situazione sentì le forze abbandonarlo e decise di lasciarsi completamente andare al fuoco che ormai sentiva divampare in ogni fibra e muscolo del suo corpo. Se quello era il suo destino, morire, lo avrebbe accettato, perché dovuto agli errori che aveva commesso sino a quel momento.
Sentiva le fiamme iniziare a consumare i suoi piedi e le sue mani.
Se lo meritava. Non era mai stato buono in qualcosa di specifico, la sua vita era andata a rotoli a causa della sua mancanza di determinazione. Suo padre molto probabilmente era stato condannato a causa sua a seguito della disertazione. Aki e Josuke forse erano morti proprio perché lui non aveva avuto il coraggio di fermarli, di opporsi alla pazzia del rituale che stavano per effettuare. Aveva trascinato anche Hanako e Matthew all’interno di quell’assurda situazione, sempre a causa della sua poca forza di volontà, della sua pigrizia nell’opporsi a queste situazioni. Fermo, ecco quale sarebbe stato un termine giusto per descriverlo. Fermo nella vita, nelle scelte, nelle situazioni. Fermo con la famiglia, fermo con le situazioni sentimentali. Fermo ed in balia delle onde della vita e delle circostanze attorno a lui.

???: Non credo tu ti stia sbagliando su niente, eccezion fatta per due semplici dettagli.

Echeggiò di nuovo la voce di quella strana presenza la quale, in tutto ciò, era rimasta semplicemente a guardare senza muovere un dito. Victor aveva torto, ma la ragione non gli era ben chiara. Era realmente rimasto fermo tutta la sua vita, lo sapeva e la cosa gli dava tremendamente fastidio. Non aveva mai preso una vera e propria posizione, si era sempre fatto trasportare dagli altri e dalle loro scelte. Escluso ovviamente il momento in cui aveva deciso di rinunciare alla leva militare per poter vivere la sua vita.

Victor: Ma mi ha condotto soltanto ad ulteriori sofferenze quella scelta.

Victor abbassò di nuovo la testa, rassegnato al pensiero di non aver mai scelto. I suoi occhi nuovamente rivolti verso il terreno iniziarono ad inumidirsi. Le mani, dapprima semplicemente poggiate con i palmi aperti a terra, si chiusero in dei pugni per la rabbia. Iniziava a sentirsi frustrato, deluso da se stesso. Incapace di scegliere, incapace di cambiare il suo destino, costretto a terminare qui il suo viaggio, arso vivo da una maledizione imposta a causa della vera ed unica scelta che avesse mai preso.

???: Eppure continua a mancarti un dettaglio, Victor. Non scegliere, non importa quale sia la circostanza o la situazione, anch’essa è una scelta. Hai sempre deciso di rimanere immobile, di farti trasportare dalle correnti delle emozioni e delle scelte altrui. Per comodità? Per pigrizia? Hai sempre scelto di non fare niente. La vera domanda che dovresti porti è: perché all’improvviso hai scelto di cambiare l’abitudine ormai così radicata all’interno del tuo essere? Come mai hai deciso di abbandonare tutto, affetti, conoscenti, la tua casa ed i tuoi piaceri, prendendo una scelta diversa dall’immobilità?

Un brivido di freddo attraversò la colonna vertebrale del ragazzo. Ecco a cosa si riferiva l’aberrazione che aveva davanti. Aveva sempre compiuto scelte. Probabilmente discutibili o comunque passive, ma era lui ad aver deciso così. Sino ad un momento specifico della sua vita, quello che proprio lui chiamò “punto di rottura”. Il momento in cui il suo animo, ormai stanco e sofferente, spinto dal suo istinto di sopravvivenza ed alimentato dalla sua logica, disse basta. Fu letteralmente soltanto una parola al tempo, una semplice parola, per di più pensata. Ma decisa, forte e pensata con determinazione nella sua vecchia camera, la stessa che tempo fa definì la sua piccola gabbia per uccelli. Era riuscito ad evadere, era riuscito a sottrarsi alle correnti degli altri che lo sobbalzavano da una parte all’altra senza fargli godere quello che aveva attorno o senza dargli il tempo di potersi dedicare a quello che gli interessava.
Quello che era successo, forse, quel giorno, si potrebbe definire processo di crescita.

Victor: La capacità di prendere decisioni e compiere delle azioni sulla base delle stesse è la natura di noi esseri umani… La possibilità di sbagliare e poter imparare dai nostri errori… E’ per questo che decisi di scappare quel giorno, capì che stavo soltanto sbagliando a rimanere. Venivo soppresso e limitato.

Non scesero lacrime dal suo volto. Gli occhi si erano soltanto inumiditi, ma niente di più. Adesso la sua espressione era più calma e determinata. Il terreno sotto di lui iniziò a mutare, da morbido si trasformò in terra e rocce a lui familiari.

???: E spesso per compiere scelte, per poter guadagnare qualcosa da esse, bisogna sacrificare qualcosa. Errare è umano, ed è per questo che voi umani mi avete sempre interessato.
Victor iniziò a sentire alzarsi del vento. Le sue braccia e le sue gambe riguadagnarono forze, permettendogli di poter riprendere fiato. Anche le fiamme che lo stavano divorando sembravano essersi calmate, tant’è che le sue mani ed i suoi piedi non erano più in fiamme. Alzando lo sguardo potè osservare la creatura con un braccio alzato e disteso verso l’esterno. Nel palmo della sua mano una luce violetta si stava concentrando diventando sempre più luminescente.

???: Quindi, ti chiedo adesso Victor VonVin, il tuo viaggio è oramai volto al termine, senza una fine degna di nota o alcuna scoperta su quello che ti è successo e chi sei veramente, oppure è appena iniziato e ti prenderai la responsabilità delle tue scelte, siano esse attive o passive, tragiche o gioiose, perseguendo i tuoi sogni ed i tuoi obiettivi? Scegli la disperazione e la pazzia o il sacrificio e la conoscenza?

Victor rimase dapprima impietrito da quelle parole. Ne sentiva il peso, riusciva a capire che dalla risposta che avrebbe dato sarebbe cambiato tutto all’interno della sua vita. E forse quello era quello che voleva, quello che cercava di ottenere scappando di casa. La sua, meno di un mese fa, non fu paura, fu voglia di vivere. Non voleva finire nelle mani di un esercito, quello della sua terra natia, che avrebbe completamente annichilito la sua possibilità di prendere scelte e decisioni. Quello era quello che voleva. Poter scegliere, sbagliare, imparare. In poche parole, poter vivere come un essere umano, cosa che in tutta la sua vita, sino a quel momento, non aveva fatto.
Il ragazzo decise di alzarsi. Nonostante si trovasse sulle sue gambe, la figura nera davanti a sé era comunque molto più alta rispetto a lui. Ne sentiva la pressione, ma riusciva anche a percepire che non era minacciosa e pericolosa.

Victor: Mi ha condotto soltanto ad ulteriori sofferenze quella scelta. Ma è proprio con essa che ho ricominciato, anzi, ho cominciato a vivere. Sacrificando la mia vecchia vita, sono riuscito a dare inizio ad un’altra. Se è questo quello che devo accettare, la possibilità di poter crescere e vivere, allora la accetto volentieri!

Non vi era più alcun dubbio nelle parole del ragazzo. Determinazione e coraggio, misti a paura. Ecco cosa provava. La nebbia si diradò ulteriormente lasciando spazio ad un panorama che aveva già visto altre volte. Partendo da dove si trovavano i due interlocutori, si poteva notare il terreno sul quale poggiavano i piedi, poco distante da loro si trovava un piccolo falò, caldo e luminoso, che ardeva quasi all’infinito. L’ambiente era circondato da una serie di scale, con giusto una decina di gradini, che guidavano ad un cerchio più altro e grande formato da tante lastre di pietra. Da lì si potevano osservare diverse porte e corridoi che il ragazzo non aveva mai esplorato.
Con l’ambiente ormai definito, Victor si rese conto di trovarsi nel suo castello mentale, la sua piccola tana all’interno della sua mente. Realizzò che tutto quello che era successo era solo frutto della sua immaginazione. Ma era vivido, acceso, quasi reale. Una volta terminata la frase, l’aberrazione davanti al ragazzo iniziò a spostare il braccio che aveva spostato verso il lato. La luce violetta iniziò a brillare ancora più luminosa. Victor si rese conto che il bruciore non si trovava più sul suo pettorale sinistro, bensì alla base delle sue pelvi. Piano piano iniziò ad avanzare, creando una scia e diventando più forte in alcuni punti. Il bruciore terminava proprio sulla sua fronte dove, secondo alcune religioni, si trova il terzo occhio. La figura nera poggiò la sua mano sulla parte alta della testa del ragazzo. Il calore quindi riprese a camminare, convergendo proprio in quel punto. Fu in quel momento che l’aberrazione parlò. Victor potè notare che anche l’interno della sua bocca era bianco, etereo, e non vi erano né lingua né denti.

???: Umano, Victor, accetta quindi il potere della corona, la connessione con lo spirito, accetta il tuo nuovo destino, uno tutto da forgiare e che dipenderà solo dalle tue scelte. Accetta il peso delle scelte, rinnega l’immobilità e fatti carico del destino delle vite che dipenderanno dalle tue azioni. Io, Spirito, ti concedo parte del potere dei Grandi Esseri. Non abusarne, non farlo rimanere sopito, usa con saggezza tale potere. La mia figura rimarrà in silenzio ad osservare le tue azioni e a giudicarle, così da capire se il tuo essere sarà veramente degno o se dovrà essere sottoposto a giudizio.

E così facendo una forza inaudita colpì il corpo del ragazzo dall’interno. Dapprima sentì la gravità schiacciarlo al suolo, quasi distruggerlo. Dopo di che si sentì leggero e libero. Anche la sua testa, che ormai da quando era nato non faceva altro che portargli dolore e malattia, sembrava più leggera. Non sentiva più ronzii o fischi, ma silenzio, solo il rumore dei suoi pensieri e lo scoppiettio del fuoco che si trovava al centro dello stanzone. La figura nera, Spirito a quanto pare, tolse la mano dal capo di Victor e, fluttuando si diresse verso i gradoni che si trovavano nella stanza, per sedersi ed iniziare ad osservare il ragazzo.

Spirito: Il mondo lì fuori cambia, Victor. Muta insieme ai suoi abitanti. E non sempre questi cambiamenti portano buone notizie. Sventure e pericoli si nascondono nelle ombre mentre piano piano il sole cala su queste terre. La cautela non è mai troppa, il coraggio spesso invece lo è. Azioni avventate potrebbero portare a morte certa, così come potrebbero salvare innumerevoli vite. La conoscenza guida gli animi verso la salvezza, l’ignoranza verso la morte. Ma non sempre la conoscenza è facile da ottenere e non sempre rivela ciò che vogliamo sapere.
Adesso torna, torna nel mondo materiale, nel Piano che ti appartiene. Compi il tuo viaggio ovunque ti porterà. Io, semplicemente, rimarrò ad osservare.


Fumo nero e denso, quasi come se fosse solido, iniziò ad avvolgere il ragazzo in una spirale senza fine, trasportandolo verso il basso. Gli mancava l’aria, annaspava, gli sembrava nuovamente di morire. Troppe volte aveva sentito quella sensazione in quei pochi minuti. O almeno, gli sembrava fossero passati pochi minuti. Si sentiva buttato da una parte all’altra. Prima a destra e poi a sinistra, sospeso nel vuoto e poi tirato giù. Non riusciva ad aprire gli occhi, sino a quando…


>Paese delle Onde, Periferia, anno 249 – 24 Dicembre<
La brezza marina accarezzava una folta barba ormai grigiastra e quei pochi capelli che erano rimasti sulla testa di Narubi. Nelle sue tozze e raggrinzite mani si trovava la sua canna da pesca di bambù, con la lenza rilassata e floscia, segno che nessun pesce stesse abboccando alla misera esca che aveva attaccato all’amo. Si trovava su un vecchio pontile, ormai diroccato, mancavano alcune assi ed altre ancora erano rotte o malandate. L’acqua era placida, ma si distendeva a vista d’occhio. Osservava il mare che dall’isola del Paese delle Onde, portava al famoso e più grande Paese del Fuoco. Per tanto tempo aveva sognato, da giovane, di avere una barca tutta sua e, assieme ai suoi amici di un tempo, partire verso terre sconosciute, al largo, lontano dalle lamentele della gente a terra e delle loro noie. Indipendenti da tutti, capaci di sopravvivere solo con quello che gli offriva il mare. Un sorriso, un po’ spento, si disegnò sul suo volto, mentre con la mano libera raggiungeva il taschino dove teneva i fiammiferi per potersi accedere il sigaro che aveva in bocca. Fece una grande boccata dal sigaro di seconda mano, facendo poi fuori uscire una nuvola di fumo densa ed aspra, insieme ad un sospiro altrettanto aspro.
Era più o meno dalle sei di mattina che si trovava fuori di casa, una piccola capanna in riva al mare in vimini e paglia, con lo scheletro in legno. Era uscito presto per poter battere la concorrenza e poter pescare prima degli altri, così da non trovare quasi nessuno al mercato e non farsi soffiare nessuna preda da quei giovani che, piano piano, stavano prendendo il dominio della sua amata isola. Concentrati sul commercio, sul ponte Naruto e tutte quelle bazzecole. L’isola poteva anche sopravvivere da sola, senza l’aiuto di nessuno e di nessun grande Paese. Ma il presente non era proprio come se lo immaginava Narubi. Né per quanto riguardasse la sua preziosa isola, né per quanto riguardava la sua amata pesca. Erano ormai le sei di pomeriggio, il sole era calato (ci trovavamo in inverno) e la voglia di pescare era calata a dismisura. Era riuscito a prendere giusto una decina di pesci, niente di più. Tanti altri li aveva dovuti liberare, troppo piccoli. Ormai anche in quella zona era arrivata la concorrenza con le sue grandi reti e le barche. Un uomo solo, armato semplicemente della sua canna da pesca, era destinato a pescare giusto quello che gli bastava per arrivare alla fine della giornata.

Narubi: Dannati pesci. Quasi quasi sono felice che i demoni stiano minacciando il mondo.

L’uomo si stava per alzare e portar via tutta l’attrezzatura per la pesca quando sentì qualcosa strattonare la sua canna. Sobbalzò e quasi gli cadde il cappello di paglia che aveva in testa. Subito portò entrambe le mani sull’asta per poterla tenere con più forza e tirare. La preda era fortissima, sembrava lo volesse trascinare giù. Era invecchiato e di conseguenza non aveva più le forze di un tempo, certo, ma non aveva mai incontrato qualcosa di così forte. Una passione, che non sentiva da tempo, si accese dentro di lui, era determinato a vincere contro quel pesce, non l’avrebbe scampata. Magari sarebbe stato lungo due metri e l’avrebbe potuto vendere per una bella cifra al mercato. Serrò sempre più forte le mani sulla canna da pesca, portò in avanti la gamba sinistra per darsi forza ed iniziò a dare strattoni sempre più forti.

Narubi: Dannata bestia, vieni fuori da lì!

Ad un certo punto il vecchio era quasi in procinto di cadere in acqua, tanta era la forza con cui il pesce lo stava tirando. Quando con un ultimo sforzo riuscì a tirar fuori la sua preda. Era mastodontico, un tonno pinna gialla che stava nuotando troppo vicino alla riva. Gli suonò strano che un tonno si trovasse così vicino, ma vista l’enormità di questa bestia, all’incirca due metri e mezzo, poco gli importava. Subito prese lo spadino che aveva con sé per poter dare il colpo di grazia al pesce e non farlo muovere più. Un sorriso, molto più vivo rispetto a quello nostalgico di prima, si disegnò sul suo volto. Raccolse da terra il suo sigaro e, ripescando un altro fiammifero, se lo riaccese.

Narubi: Ah-ah, dannato pesciaccio! Adesso sei mio! Temevo mi sarebbe capitato qualche naufrago o qualche scarpa come succedeva spesso a Kusagi. Buahahahahah

Iniziò a ridere sguaiatamente. Mentre lo faceva iniziava a raccogliere tutta la sua roba per potersi finalmente ritirare. Il suo carretto avrebbe sostenuto il peso di quella bestia, ma forse per lui sarebbe stato difficile trasportarla sino a casa. Poco gli importava, era troppo felice per la pesca grossa che aveva fatto. Niente lo ostacolò dal buttare la sua pesca sul carretto in legno che aveva e, con estremo sforzo, iniziare a viaggiare verso la sua umile dimora. La stranezza di quella pesca non lo tangeva. Poteva essere successo di tutto, qualche mostro in mare che aveva spaventato il tonno e lo aveva costretto a riva, magari qualche scontro tra pirati o checche fosse. L’importante era che fosse riuscito a pescare una bestia del genere. Con il cuore in pace e la pancia brontolante, iniziò a percorrere la strada che ogni giorno lo portava alla sua banchina in legno.
Arrivato a casa era praticamente sera, il sole aveva lasciato completante spazio ad una timida luna calante. Le fronde delle palme che circondavano la sua capanna erano illuminate da una flebile luce biancastra. Più a nord, invece, si potevano notare le luci della città vicina, la stessa che, in cuor suo, ripudiava per la troppa modernità. Quella sera la ignorò, non la bestemmiò come suo solito, era troppo concentrato sul da farsi in quel momento. Arrivato in procinto della sua casa, ripose il carretto nel piccolo magazzino che aveva costruito di fianco alla sua dimora, un'altra piccola capanna in legno e vimini. Lì dentro erano presenti attrezzi ed armi di quasi ogni tipo, tra falcetti per l’erba, le zappe per la terra, addirittura qualche spada utilizzata nei momenti più bui della sua vita e qualche altro ninnolo che custodiva con gelosia. Posizionato il carretto nel suo solito posto, e ripulito da tutto quello che vi era riposto all’interno, il vecchio Narubi si prese un attimo di pausa dai grandi sforzi compiuti nell’ultima ora. Un uomo della sua età non era più abituato a certe cose. Certo, era ancora in forma ed abbastanza nerboruto, cosa che gli aveva permesso di vincere contro il tonno e di poter trasportare il tutto a casa sua, ma le forze spese erano forse state un po’ troppe. Si appoggiò alla porta, ormai chiusa, del suo piccolo magazzino, si accese un nuovo sigaro ed iniziò a guardare le stelle in cielo. La sua, dopo tutto, era una vita soddisfacente, pensò, lontana dalla frenetica necessità di innovazione e commercio che ormai condizionava il mondo moderno. Gli bastava poco per poter vivere e la cosa lo faceva stare bene.
Mentre continuava a fissare il cielo, si rese conto che proprio da lì si stava avvicinando qualcosa. Dapprima sembrava un semplice insetto che ronzava in cielo, poi piano piano la figura si fece sempre più grossa e sempre più veloce. Ad un certo punto diventò così grande che ebbe paura avrebbe schiacciato lui e tutta la sua casa. Si alzò di scatto ed entrò nel suo magazzino per prendere la sua vecchia spada ed il suo vecchio scudo. Mentre si trovava lì dentro sentì un grosso schianto e rumore di assi di legno che si rompevano. Un brivido attraversò la sua schiena, arrivando sino al cervello, dal quale, invece, partì una scarica di adrenalina e rabbia. Raccolte le sue armi con un calcio riaprì la porta del magazzino e, caricando i suoi polmoni di aria, caricò con un urlo da battaglia contro qualsiasi cosa fosse atterrata vicino alla sua casa.
Uscito dal suo umile magazzino il vecchio Narubi sgranò gli occhi. La cosa che aveva visto in cielo era atterrata dentro casa sua, schiantandosi proprio sul suo tetto e lasciando un gigantesco buco lì sopra. Vi era ancora del fumo che usciva dal sito dello schianto. Iniziò a sudare freddo, non sapeva cosa l’avrebbe atteso, ma quella era la sua casa, non poteva abbandonarla così tanto facilmente. Iniziò a muoversi più piano, di socquatto, avvicinandosi sempre di più alla maniglia della porta principale della sua casa. Una volta raggiunta la girò lentamente e con una capriola si fiondò in casa sua, scudo alzato a coprirlo del tutto, spada in avanti contro eventuali nemici e la sua figura inginocchiata a terra per potersi riparare del tutto dietro lo scudo. La scena che vide lo inquietò e lo incuriosì allo stesso tempo. Una figura alta più di due metri, scheletrica, con braccia e gambe più lunghe del normale e capelli argentati, quasi bianchi, si trovava lì, in piedi, su quelli che erano i piatti ed i cimeli di famiglia, oramai distrutti. Attorno a lui un’aura di fumo nero aleggiava e lo circondava. Sembrava un demone uscito dagli inferi, pronto a portar via tutto quello che si trovava attorno a lui. Narubi notò che, davanti a quel mostro, si trovava un ragazzo dai capelli ricci, ormai svenuto e privo di sensi. Che stesse combattendo quella creatura? Il ragazzo aveva delle luci, dei sette colori dell’arcobaleno, che brillavano su punti specifici del suo corpo. Le stesse luci, prima vivide, iniziarono ad affievolirsi sempre di più sino a spegnersi del tutto. Che il ragazzo fosse morto?
La figura aberrante si voltò verso il vecchio ed iniziò a tendere una mano, a palmo aperto, verso di lui. Il vecchio non ci pensò due volte, sentendo la sua persona in pericolo e vedendo anche il ragazzo dai capelli ricci quasi morto, decise di buttarsi in avanti in quello che, nel profondo, sapeva sarebbe stato un attacco suicida. Con uno scatto delle ginocchia si butto in avanti, scudo sempre in alto e spada portata all’indietro per poter colpire il mostro con un fendente dall’alto verso il basso, nella speranza di potergli recidere un braccio o un pezzo di pelle.

Narubi: MOSTROOOOOO!

Urlò sino a non avere più fiato in gola. Una rabbia cieca annebbiava oramai la sua mente, pronto a tutto per poter difendere la sua vita e quella del ragazzo. Ciò nonostante, il suo scatto durò veramente poco. Infatti, dopo nemmeno qualche passo, il suo corpo si fermò come congelato, incapace di muoversi in qualsiasi direzione. La mano del mostro, nel frattempo, che precedentemente si era colorata di viola, era diventata sempre più luminosa, sino a quasi accecarlo. Non riusciva a vedere niente, se non questa luce che piano piano si avvicinava. Sudore iniziò a colargli dalla fronte e dietro la schiena.
Narubi: Furobe, perdonami, non sono riuscito a mantenere la mia promessa…

Pensò in quelli che credeva oramai i suoi ultimi istanti di vita. La sua mente viaggiò sino ai ricordi di sua moglie, unica donna della sua vita, morta giovane.
La luce diventava sempre più intensa, sino a quando, come ad opera di una magia, non scomparve nel nulla. Il suo corpo poteva nuovamente muoversi, però non riusciva ancora a vedere per bene, per questo, istintivamente si abbassò sulle sue ginocchia, scudo verso l’alto e con la spada iniziò a menare qualche fendente davanti a sé. La lama non toccò niente, i fendenti erano andati a vuoto. Piano piano riuscì a riaprire gli occhi e a vedere cosa ci fosse davanti ed attorno a lui. Il mostro non c’era più, così come i danni procurati alla sua casa, svaniti nel nulla. L’unica cosa rimasta lì, da quello strano incontro, era il giovane ragazzo dai capelli ricci. Si avvicinò piano piano, sempre armato del suo scudo e della sua spada. Il ragazzo sembrava non respirare, sino a quando, come se fosse in apnea, ritornò in vita prendendo un lunghissimo respiro e alzandosi di scatto da dove era poggiato. Narubi, spaventato e mal fidato verso il ragazzo, non ci pensò due volte a tirargli un pugno in faccia per farlo nuovamente svenire.

>Paese delle Onde, Periferia, anno 249 – 25 Dicembre<

Piano piano Victor ricominciò ad aprire gli occhi. Il senso di stordimento e di annebbiamento era scomparso e stavano ricominciando a tornare tutti e cinque i sensi. Il che, però, non lo aiutò nella situazione in cui si trovava. Dapprima le sue narici vennero pervase da uno stantio e penetrante odore di pesce marcio ed acqua di mare. Poi furono gli occhi ad essere completamente investiti da una luce abbagliante che, solo successivamente al trauma iniziale, riconobbe essere quella di un forte, quanto debole, sole invernale. Il tatto riconobbe che aveva i piedi scalzi e sospesi per aria, mentre le mani erano legate da una corda, robusta e spessa, anche se bagnata e piena di quella che sembrava essere sabbia. Infine, il gusto percepì un forte sapore salato ed acre, collegato a quello che sembrava uno straccio imbevuto di acqua marina. Quando i suoi occhi, dopo qualche minuto, si furono riadattati alla luce del giorno, capì completamente la sua situazione. Era stato legato ad un albero, con le mani legate verso l’alto, probabilmente ad un ramo dello stesso, i piedi a penzoloni e la bocca serrata da un bavaglio. Davanti a sé vide un vecchio uomo, con una lucente pelata ed una folta barba ormai diventata grigia a causa dell’età. Si era appisolato con la spada in mano, in quel momento piantata a terra, tra della sabbia ed un po’ di erbacce.
Victor iniziò a mugugnare, cercando, anche se invano, di liberarsi dalle corde. Diede qualche strattone con i polsi, sfregandoli tra di loro, guadagnando più che altro qualche smorfia di dolore che un vero e proprio vantaggio su quelle corde. Quindi cercò di spingersi, con le gambe poggiate al tronco dell’albero a cui era stato legato, così da provare ad allentare la corda che lo legava dal busto, ma niente anche da lì. Infine provò a mordere o quanto meno spostare il bavaglio che aveva sulla bocca, così da poter comunicare o comunque urlare per chiedere aiuto. Ma niente anche così, anzi, cercando di morderlo un po’ di acqua gli andò a finire in bocca, disgustandolo ancora di più.

Victor: Bene, credo di poter dire di essere finito dalla padella alla brace. Prima l’incontro con… Spirito a quanto pare, e adesso un vecchietto, e si spera soltanto quello, mi ha legato e lasciato a seccare al sole.

Non potendo fare nient’altro se non attendere il vecchio, sperando nella sua magnanimità, il ragazzo iniziò ad agitarsi e a farfugliare da sotto il bavaglio, così da poter velocizzare l’attesa. Tra il rumore delle onde, anche se soffocato dalla distanza del posto in cui si trovavano, si sentiva questa voce smorzata, più versi che vere e proprie parole uscivano dalla sua bocca.

Victor: MMMMPFH, MPFH….. MMMMMMMMMMMMMMMPFH

Iniziò a sbattere anche i piedi verso il tronco di quella che aveva dedotto essere una palma, dato che in giro non vi erano altre tipologie di alberi. Piano piano il vecchio iniziò a svegliarsi, muovendo prima i piedi e poi le braccia. Fu un attimo soltanto che divise la calma della persona appena sveglia, dalla furia di colui che si era ricordato chi avesse di fronte e perché l’avesse legato. Narubi impugnò nuovamente la spada, con una sola mano, mentre con l’altra si avvicinava cautamente al ragazzo che aveva legato.

Narubi: Bene, nessuno dei due vuole fare stronzate. Adesso con calma io ti toglierò il bavaglio e tu mi dirai tutto quello che voglio sapere…

Mise una mano sul bavaglio e con l’altra avvicinò la punta della spada alla pancia di Victor.

Narubi: …Intesi?

Il ragazzo per ovvie ragioni non poteva protestare, decise quindi di annuire e rispondere alle domande che il vecchio gli avrebbe fatto.
Narubi: Bene, quanto meno sei sveglio. E non fare brutti scherzi, altrimenti l’Ammazzasquali potrà nuovamente assaggiare il sapore del sangue.

Esordì il vecchio con fermezza nella sua voce e con uno sguardo serio quanto penetrante. Narubi tolse il bavaglio dalla bocca di Victor, il quale subito prese una grande boccata d’aria per poi tossire la stessa acqua di mare che precedentemente, anche se per sbaglio, aveva quasi ingerito. Il vecchio fece riprendere il ragazzo, per poi iniziare, come aveva già annunciato, a fare domande. Quello che gli interessava e che gli premeva era ovviamente e senza dubbio quello che aveva visto la sera precedente.

Narubi: Il demone, quello con cui ti sei schiantato sulla mia casa, chi era? Qual è il tuo legame con lui?

La preoccupazione del vecchio Narubi verteva sul fatto che, probabilmente, quel mostro potesse tornare, ed era più che sicuro che non sarebbe riuscito a sconfiggerlo nemmeno questa volta, visto il risultato del loro incontro precedente.
D’altro canto invece Victor rimase confuso da quella affermazione. Pensava che il vecchio ce l’avesse con lui e considerasse lui una minaccia, ma a quanto pare aveva frainteso il tutto. Il problema adesso consisteva nel fatto che non avesse la minima idea di che demone stesse parlando il suo “carceriere”.

Victor: Q-quale demone?

L’espressione di Narubi divenne ancora più seria, e si era appena creata una nota di nervosismo sul suo volto. In quel momento per lui due erano le opzioni: la prima che il ragazzo non sapesse davvero niente di quell’essere che era comparso, insieme a lui, l’altra notte; la seconda che il ragazzo fosse un bugiardo. Ovviamente, per lui, l’opzione più plausibile era la seconda.

Narubi: Ragazzo non ti consiglio di scherzare con me. Il demone di ieri sera, quello completamente nero. E non credere che mi possa bere qualsiasi scusa del tipo che non ti ricordi niente o altro. Ti ho visto brillare, come un arcobaleno, e sei caduto insieme a lui dal cielo.[color]

Victor rimase ancora più confuso. Era stato sbalzato via da un’esplosione all’interno del Paese del Fuoco, ma addirittura cadere dal cielo, forse era un po’ troppo.

Victor: [color=green]Che abbia a che fare con quello che è successo con Spirito? Magari quando il fumo nero mi ha trascinato verso il basso, è come se mi avesse teletrasportato da qualche altra parte. Forse l’esplosione nel Paese del Fuoco mi avrebbe ucciso e grazie a Spirito mi son salvato, e sempre lui è il dem-

I pensieri del ragazzo vennero interrotti da una gomitata nello stomaco da parte del vecchio. Per la sua età era molto forte e Victor se n’era appena accorto. Sul suo volto non vi era più nervosismo ma rabbia. Con il gomito ancora puntato nello stomaco del giovane, Narubi esordì

Narubi: Niente scherzi ragazzo! Stai pensando troppo, non voglio trovarmi rifilata una bugia, rispondi e velocemente anche, devi ringraziarmi per il fatto che ti abbia lasciato in vita dopo quello che ho visto ieri sera!

Victor: S-si, ho combattuto con lui! È nemico della mia religione e della mia chiesa, io sono il guerriero prescelto per sconfiggerlo, ma lui è troppo forte, infatti…

Una nota di amarezza si disegnò sul volto di Victor prima di proseguire.

Victor: Infatti ha anche ucciso tutti coloro che si trovavano all’interno della chiesa.

Il suo pensiero subito si concentrò su Josuke, Matthew, Hanako e la povera Aki, la ragazza che aveva veramente combattuto contro un demone per poterlo sigillare dentro di lei. Ripensò alle loro espressioni prima dell’esplosione, a Josuke divorato dalla melma, le urla. Insomma, l’incubo che aveva lasciato dietro di sé lo stava perseguitando nei suoi ricordi.
Narubi, nel frattempo, se prima, sentendo che lui era un “guerriero prescelto”, aveva spinto ancora di più il gomito all’interno dello stomaco del ragazzo, quando vide la sua espressione cambiare sentendo che delle persone era morte, allentò la presa, arrivando a togliere completamente il gomito. Aveva percepito della verità all’interno delle parole del ragazzo, ma soprattutto sofferenza. Sotto un certo punto di vista gli ricordò sé stesso tempo fa. Convinto, anche se non del tutto, dalle parole del ragazzo, continuò con le domande.

Narubi: Tornerà? Quell’abominio tornerà?

Victor, ancora un po’ scosso, continuò con la sua mezza bugia.

Victor: No, no… La mia chiesa mi ha insegnato una tecnica proibita. Le luci che hai visto erano per sigillare quel mostro dentro di me. Adesso è rinchiuso e non potrà più uscire, almeno sino a quando rimango in vita.

Modificando la sua storia il ragazzo era riuscito a girare la sua vera maledizione a suo vantaggio. Adesso il vecchio non poteva ucciderlo, altrimenti il mostro che tanto temeva sarebbe stato liberato, per lui sarebbe stato meglio lasciare in vita quello che in quel momento era il suo contenitore.

Narubi: Cielo ragazzo, adesso non so chi tra voi due sia il vero mostro. E com’è? Doloroso, difficile? Sembri stanco e provato, indebolendoti il mostro potrebbe uscire di nuovo?

Il vecchio aveva creduto alla mezza bugia, adesso sembrava quasi un padre preoccupato per suo figlio, apprensivo e quasi amorevole. Sul suo volto vi era un’espressione realmente stupita oltre che incuriosita. La spada non puntava più verso Victor, bensì verso il terreno, come se Narubi avesse completamente dimenticato il fatto che davanti a lui vi era quella che, sino a qualche secondo prima, considerava la minaccia. Cos’era stato a fargli cambiare idea? La sincerità nella voce di Victor quando aveva detto che aveva perso qualcuno? Il fatto che fosse il contenitore di un demone? Poco importava al ragazzo, l’importante era esser riuscito a sbrigarsela da quella situazione, anche se in parte dato che era ancora legato. In più effettivamente si sentiva tremendamente spossato, affamato e stanco, come se il suo corpo non avesse avuto riposo per giorni o settimane.

Victor: E’ difficile, si, anzi il mio corpo adesso è tremendamente stanco e dolorante. In più l’esser legati non aiuta. Per quanto riguarda il demone e se può liberarsi, beh, è come se rinchiudi una bestia in gabbia, se la gabbia di indebolisce per lui sarà molto più semplice liberarsi.

Il vecchio Narubi non ci pensò due volte. Con la sua spada tranciò sia la corda che reggeva il ragazzo alla palma che quella che legava le sue braccia verso l’alto. Victor atterrò sulle sue ginocchia, potendo finalmente assaporare la sua libertà. Non sentendosi più in pericolo, iniziò a sentire tutto quello che era attorno a loro. I rumori, gli odori. Si sentiva più tranquillo, ma allo stesso tempo era tremendamente confuso.

Victor: Vecchio, dove ci troviamo?
Narubi: Che domande, nel Paese delle Onde, ovvio. Per la precisione ti trovi nelle terre della mia umile dimora. Sono Narubi Inoue, umile pescatore di queste terre.
L’espressione di Victor si crucciò ancora di più. Non conosceva minimamente la geografia di quelle terre, ma sapeva perfettamente che passare da un Paese all’altro richiedeva tempo. Il continente dei ninja era vasto, quindi come aveva fatto a viaggiare da una parte all’altra?

Victor: Narubi, che giorno è oggi?

Si chiese subito quanto tempo fosse passato. Magari quell’esplosione aveva provocato altro.

Narubi: Che domanda, oggi è il 25 dicembre.

Narubi notò la confusione del ragazzo e, consapevole di avere vicino a sé una potenziale bomba ad orologeria, decise di cercare di aiutarlo quanto meno a calmarsi per evitare qualche catastrofe.

Narubi: Ragazzo, perché non entriamo in casa? Potrai riposarti e rifocillarti, son più che sicuro che un’esperienza del genere, come hai anche già detto, sia provante, ma non solo fisicamente, anche mentalmente. Vieni, preparerò qualcosa per entrambi. A stomaco pieno si pensa meglio.

Entrambi si diressero verso la capanna di Narubi, un buon pasto avrebbe giovato ad entrambi. Ed infatti fu così, entrambi si sentirono meglio dopo l’esperienza della sera prima, ma a Victor continuavano a sfuggire dei dettagli importanti su quello che fosse successo.


>Paese delle Onde, DIVERSO TEMPO DOPO<

Dopo quell’episodio passarono diversi giorni, addirittura mesi. Victor aveva chiesto al vecchio Narubi di poter rimanere con lui, così da poter avere una dimora e potersi riprendere come doveva. Dopo l’incontro con Spirito, all’interno del suo castello mentale, il ragazzo si sentiva diverso. Diverso era il suo modo di approcciarsi con le persone, più disponibile e gentile ad esempio con quelle del villaggio lì vicino, quello dove il vecchio ogni tanto lo portava quando dovevano vendere il pesce che avevano pescato. Diverso era il suo corpo, infatti non solo era scomparso il suo atroce mal di testa, ma sentiva anche una nuova forza pervadergli tutti i muscoli, come se fosse pronto ad esplodere e a fare di tutto. Grazie a questo riprese i suoi allenamenti, sfruttando la spiaggia, con la sua sabbia ottima per qualche allenamento di resistenza, gli alberi, per qualche allenamento di agilità e la pesca con Narubi per qualche allenamento di forza, soprattutto contro qualche pesce più grosso. Si sentiva diverso e sapeva che avrebbe avuto bisogno di tempo per imparare a conoscere il suo nuovo sé, nuovo in tutti i sensi. In fondo non aveva avuto una pausa in quei mesi. Dopo la maledizione vi era stata un’avventura dopo l’altra. Prima in quello strano Paese tutto congelato, poi nel Paese delle Terme ed infine in quello del Fuoco. Non aveva avuto il tempo di adattarsi ai cambiamenti che se ne proponevano degli altri. Invece, così facendo, rimanendo con Narubi, aveva finalmente un po’ di tranquillità, cosa che anche da piccolo gli era mancata.
Dal canto suo anche il vecchio traeva vantaggio dalla situazione. Se in prima battuta aveva rifiutato la richiesta del giovane, dopo qualche giorno, notando l’insistenza del ragazzo e ricordandosi i tempi con sua moglie, Furobe, decise di prendere sotto il suo tetto un ragazzo. Lo aiutava in casa, lo aiutava con il lavoro e addirittura lo aiutava con quei giovani pianta grane che volevano rubargli la terra e limitare il suo lavoro.
La convivenza durò per più di un anno e senza alcun intoppo, almeno sino a quando non vi fu l’arrivo della Piaga. Nessuno ne conosceva l’origine, ma tutti la temevano. Una serie di casi iniziarono a spuntare in tutto il mondo, ma nel Paese delle Onde non sembrava preoccuparsene nessuno in quanto le voci erano lontane. Tutto cambiò quando vi furono i primi casi anche nella città vicina alla casa di Narubi. Victor, possedendo qualche abilità da curatore, decise di prestare soccorso alla città, rimanendo lì quasi tutto il giorno, ritornando a casa giusto per mangiare e dormire qualche ora, per poi, appena sorta l’alba, ritornare a lavoro. Alcune volte non tornava nemmeno. Questo fece allontanare i due, ma soprattutto non permise a Victor di notare che, colui che era diventato praticamente il suo secondo padre, si era ammalato a sua volta. Lo notò una sera, quando tornando a casa sentì dalla stanza del vecchio una forte tosse, pesante e grave, quasi come se Narubi si stesse soffocando. Ne aveva sentiti tanti così al villaggio, alcuni erano morti tra le sue mani. Si piombò nella stanza e lì lo vide: il vecchio che tossiva sangue, in un secchio. Guardandolo meglio vide che era dimagrito molto.

Victor: Narubi, tu…

Il vecchio iniziò ad accasciarsi a terra. Victor si fiondò contro di lui per poterlo prendere tra le braccia ed evitare che cadesse. Era bollente, in volto bianco ed aveva il fiatone, quasi come se cercasse aria e quella che respirava non gli bastasse.

Narubi: Non è… coff coff… niente ragazzo… coff coff.

Victor lo poggiò sul letto. Aveva bisogno di riposo, ma soprattutto aveva bisogno di cure. Ritornò in cucina per poter prendere delle erbe mediche che, con il tempo, aveva convinto il vecchio a tenere in casa. Ne prese una manciata ed iniziò a creare un impasto tra le sue mani. Una volta ottenuto, anche se molto grossolano e forse incompleto, lo poggiò sul petto di Narubi, unendo le sue mani su di esso ed iniziando a convogliare il suo chakra. Quante volte l’aveva fatto nell’ospedale della città e mai si sarebbe aspettato di doverlo fare anche sotto il tetto di quella capanna.
Victor: Dovevi avvisarmi, dovevi dirmelo, ti avrei aiutato, avrei potuto fare qualcosa!
Le mani di Victor premevano sempre di più e lui cercava di imprimere tutta l’energia che aveva in corpo per quella magia curativa che, qualche anno fa, aveva imparato nella terra dei ninja. Con il tempo e l’esperienza nel Paese delle Onde aveva imparato a renderla più stabile ed efficace, ma purtroppo con quell’esperienza aveva anche capito che, per il male che affliggeva Narubi, non sarebbe bastato semplicemente quello. Praticamente stava osservando il vecchio morire tra le sue mani. Poteva osservare la malattia nel suo stadio finale: difficoltà nel respirare, sclere biancastre, colorito pallido, occhi iniettati di sangue ed infine cassa toracica a botte. Non poteva fare niente, ma cercava con tutte le sue forze di salvare quella vita che, in un modo alquanto strano, aveva salvato la sua tempo fa.
Ad un certo punto il giovane sentì le sue mani essere fermate da qualcosa, ed era proprio il vecchio. Con quel poco di forza che gli rimaneva in corpo fermò Victor, spostando le sue mani. Lo guardò sorridendo, interrotto dalla tosse che quasi gli toglieva il fiato.

Narubi: E’ questo… coff coff… il tuo problema… coff coff. Ti preoccupi troppo per… coff coff… gli altri. Sei… coff coff… passato da non… coff coff… fidarti di nessuno… coff coff… a voler aiutare tutti.

Il vecchio prese un grande respiro, come se parlare gli facesse male.

Narubi: Mi hai parlato… coff coff… dei tuoi obiettivi, ragazzo… coff coff. Capire cosa fare… coff coff… come gestire quello che… anf anf… hai dentro. Ti sei fermato… coff coff… in questo Paese per troppo tempo… coff coff.

L’ultimo colpo di tosse fu più forte degli altri, facendo uscire una copiosa quantità di sangue. Parte della stessa cadde sulle mani di Victor che oramai, con uno sguardo shockato ed impotente, guardava il vecchio mentre parlava. Quando pronunciò la parola “fermato” iniziarono a calare delle lacrime dal volto del giovane. Sentì qualcosa toccare le sue mani, erano quelle di Narubi, di nuovo.

Narubi: Ti sei… anf anf… fermato troppo… anf anf… con me. Vai, esplora il mondo… coff coff… te stesso… anche per me… coff coff.

In quel lasso di tempo, breve ma intenso allo stesso tempo, i due avevano imparato qualcosa l’uno della vita dell’altro. Narubi aveva compreso il senso di smarrimento che in passato aveva provato il ragazzo, lo stesso che, a parer suo, stava cercando di colmare rendendosi utile alla comunità e rimanendo in quell’umile Paese, senza continuare le sue ricerche. Ne comprese il dolore e l’incertezza, accettandola così com’era senza mai fare un commento in quanto, a parer suo, il ragazzo era giovane e doveva compiere le sue esperienze senza che nessuno interferisse. D’altro canto, invece, Victor aveva compreso i pentimenti e rimorsi che portava con sé il vecchio. Anche quella una vita spesa nell’immobilità, ma in un’immobilità consapevole, una vita ferma a causa del dolore. Nonostante il vecchio, da giovane, volesse esplorare i mari in maniera indipendente e con una nave tutta sua, decise di non farlo per trovarsi un’occupazione “più sicura”. Trovò moglie ed insieme cercarono di avere un figlio per poter costruire una famiglia. Il fato o i Kami, come spesso ripeteva il vecchio, però gli negarono questa possibilità, infatti non solo, nonostante numerosi tentativi, la sua compagna non riusciva a rimanere incinta, ma quando finalmente riuscì a rimanere gravida, morirono durante il parto sia lei che il neonato. Il vecchio Narubi ne uscì distrutto, iniziando a vivere una vita priva di gioie e di piaceri. Con il tempo riuscì ad uscire dal vortice di tristezza e malinconia che lo avevano trascinato per anni, ma a parer suo era troppo tardi per poter tornare a vivere una vita piena di spensieratezze e libertà, così che iniziò semplicemente a vivere di pesca e alla giornata.
Entrambi, però, avevano il desiderio di vivere e viaggiare senza che nessuno li limitasse. Fare le loro scoperte, percorrere la loro strada come meglio credevano. Era quindi logica la richiesta del vecchio che, ormai in punto di morte, chiedeva al giovane estraneo di portare avanti il sogno che entrambi condividevano.

Narubi: Sai, anf anf, non ho mai… creduto alla cazz- COFF COFF… cazzata del tempio. Ma… riconoscevo il tuo smarrimento, il tuo… coff coff… dolore… Ti ho conosciuto, Victor… coff coff, sei un bravo ragazzo… anf anf… vai, vivi libero.

Il vecchio strinse le mani del ragazzo, come per voler sancire con forza un patto, una promessa. Non uno di quei legami che costringono una persona a perseguire un obiettivo preciso e limitato per un altro. No. Narubi voleva che il giovane Victor vivesse, vivesse per entrambi, viaggiasse libero per la sua strada senza che niente e nessuno, nessun senso di colpa o mal riposto senso di pietà lo fermassero da fare quello che qualsiasi uomo dovrebbe fare nella sua vita.
Le mani del vecchio iniziarono a perdere piano piano forza, lasciando andare quelle insanguinate del giovane. Il suo corpo iniziò a rilassarsi e ad affievolirsi sul letto. Prima che Victor potesse accorgersene Narubi l’aveva lasciato.
Lo straniero continuò a piangere per un po’, onorando la memoria del defunto con qualche minuto di silenzio, sapendo in cuor suo che le sue parole erano piene di verità. Sapeva che erano le parole pronunciate anche da “Spirito” che si trovava dentro di lui. Cosciente di tutto ciò, e con il lutto nel cuore, decise, il giorno dopo, di annunciare la morte di Narubi al villaggio, dedicandogli un’umile sepoltura. Dopo di che, prese le ultime cose da quella casa, comprese l’Ammazzasquali e lo scudo del vecchio, e si diresse verso le coste del Paese per poter viaggiare nuovamente e poter ricominciare ad esplorare il mondo, la sua condizione e la sua vita.
 
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view post Posted on 22/3/2022, 14:03     +1   -1
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Perdona l'attesa, ma finalmente ci siamo!
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Adesso sei ufficialmente Time Skippato e pronto per rientrare dalla latitanza, non appena ti verrà sistemata la scheda :riot:
 
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