Il silenzio e il suo peso, Masaaki Hyuga | Autogestita speciale Time Skip e recupero PG

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view post Posted on 15/2/2022, 20:10     +1   -1
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Maggio 248 DN




Indovino: “Oh beh, credi che sia così semplice, ragazzo? Mi sembra che sia una richiesta un po’ vaga, non credi?”

Rispose con voce roca, dando l’impressione che ad ogni parola una delle tre sigarette stesse per cadere da un momento all’altro. Masaaki continuava a tossire, senza sapere esattamente cosa rispondere.

Indovino: “Non credo però di essere nella posizione di poter rifiutare. Il mestiere dell’indovino è assai importante, quasi quanto quello di voi Shinobi. Come credete andrebbe avanti il mondo, senza i consigli di noi profeti? Lasciate che ve lo dica, sarebbe un disastro! Comunque sia, inizierò provando a indagare il vostro futuro.”

Lo Hyuga voltò lo sguardo con aria perplessa, cercando gli occhi della compagna del clan Loto. Tai era in disparte, con le spalle appoggiate all’angolo della stanza, lo sguardo visibilmente contrariato. Continuava a sollevare e ad abbassare la punta del piede destro con fare spazientito e sembrava volersi trovare in qualsiasi altro luogo che non fosse quello. L’indovino nel frattempo aveva iniziato ad armeggiare con alcuni degli strumenti sopra al tavolo. Iniziò ad agitare le mani tremanti attorno alla sfera di cristallo - o meglio, di vetro - che però non sembrava intenzionata a mandare alcun segno di risposta. Passarono così diversi minuti senza che l’indovino aprisse bocca, con l’aria all’interno dello studio che si faceva sempre più pesante.

Indovino: “Non capisco… Vedo il deserto… E’ forse quello il luogo in cui si trova il distintivo che cercate? Mmmh, non credo.”

Tai, che nel frattempo si era fatta sempre più nervosa, si era spostata dal suo angolo e si era avvicinata ai due, appoggiando entrambe le mani al tavolo. Stava fissando attentamente la sfera e i movimenti del veggente.

Indovino: “Vedo proprio te, ragazza, sì. Stai correndo, e il tuo compagno è con te, ma non sembra che… Oh diamine, mi dispiace.”

Disse, spostando per un attimo gli occhi dalla sfera ai due shinobi.

Indovino: “Mi dispiace, non sarete voi i vincitori della competizione. Oggi stesso tornerete a Konoha di gran carriera, ma senza il distintivo.”

( Non può essere, ci deve essere un modo. Lui è senz’altro il maggior consumatore di sigarette Fukuda & Co., il distintivo deve essere qui da qualche parte... )

Tai: “E’ un tranello! Dimmi come posso cambiare il futuro!”

Indovino: “Il futuro ha parlato, non è possibile cambiare il vostro destino, mi spiace. Vedo un viaggio di ritorno, quasi una fuga… E poi vedo dei mostri giganti, una scimmia di dimensioni colossali…”

SBAM!
La kunoichi sbatté con violenza i pugni sul tavolo, facendo sobbalzare la sfera e mandando all’aria decine di mozziconi di sigarette che erano sparsi su tutta la superficie.

Tai: “Sciocchezze! Non tornerò al villaggio senza aver portato a termine la missione! Lei è solo un impostore, pagato per farci perdere tempo. Andiamo Masaaki, faremo vedere lui di cosa sono capaci i ninja della Foglia!”

E dicendo questo prese lo Hyuga per il polso e lo trascinò fuori dallo studio. Appena fuori dalla porta, Masaaki si piegò con le mani sulle ginocchia e tossì ripetutamente. Quando smise, la gola gli grattava e gli girava la testa. Respirò a fondo l’aria finalmente salubre e si ricompose. La chunin lo stava aspettando pochi passi più avanti.

Masaaki: “Tai… Sei… sei sicura? Sembrava proprio lui il più grande fumatore del villaggio…”

Tai: “Stai scherzando? Era solo un grande impostore, te lo dico io. Agitava le mani attorno a un pezzo di vetro e credeva di farmi credere di poter prevedere il futuro. Non si può prevedere il futuro, credi a me, Masaaki! Tornare al villaggio… Ti sembro una che ha l’intenzione di arrendersi? Visiteremo tutte le locande del villaggio e troveremo quel dannato distintivo, quant’è vero che l’Hokage è un Uchiha!”

Ebbero poca fortuna.
Erano appena usciti da una taverna chiamata “Il sole nascente”, ma anche lì - come nei precedenti dieci tentativi - nessuno riuscì ad essere loro d’aiuto. Il sole stava tramontando, e il morale dei due ninja cominciava a calare. Erano passate ormai diverse ore dal loro arrivo, e non avevano fatto un singolo passo avanti. Nella loro testa cominciava ormai a materializzarsi il timore che qualcuno potesse aver già avuto l’intuizione vincente, e ogni minuto che passava si sentivano sempre più disorientati. Il calare del buio inoltre li metteva di fronte alla necessità di trovare una sistemazione per la notte. Stavano per entrare in una locanda che sembrava affittare delle stanze, quando dalla strada dietro di loro giunse una voce.

???: “Ehi, voi due!”

Si voltarono: era uno shinobi, il coprifronte della Sabbia allacciato sulla fronte.

Shinobi della Sabbia: “Siete i ninja inviati in missione dal Villaggio della Foglia, giusto? Sono arrivate comunicazioni importanti dall’Hokage, dice di interrompere immediatamente la missione e tornare il prima possibile al villaggio.”

Disse, con sguardo preoccupato.

Tai: “Non esiste! Ho una missione da portare a termine e non intendo interromperla!”

Masaaki ascoltava attentamente, allarmato. Forse se avessero saputo il motivo di tale richiamo sarebbe stato più semplice accettare l’ordine, ma a quanto pare la questione era più delicata di quanto sembrasse.

Shinobi della Sabbia: “Temo di dover insistere. Non posso dirvi di più, è giusto che sappiate tutto da qualcuno del vostro villaggio. Vi consiglio di partire subito e affrontare il deserto con il sole appena calato, così eviterete il calore del sole. E fate attenzione, mi raccomando. Ci attendono tempi molto duri. Buon rientro.”

Detto questo si voltò e scomparve in mezzo ai passanti.
Tai e Masaaki si guardarono negli occhi, delusi e preoccupati, poi lentamente si diressero verso la porta principale del Villaggio.



Gennaio 249 DN



Masaaki camminava lentamente a lato della strada. Il freddo e il buio gli entravano dentro fino alle ossa, mentre la luna disegnava riflessi di morte sulle finestre delle case. Erano passati ormai diversi mesi dal suo infelice ritorno dal villaggio della Sabbia, mesi che aveva riempito di allenamenti continui, in attesa di una missione che però non era mai arrivata.Si arrampicò sul tetto dell’abitazione che aveva appena superato, sedendosi con le gambe penzoloni nel vuoto.Nel pieno della notte, il villaggio era immerso in un silenzio assordante. Nessun movimento, se non quello dei capelli dello Hyuga mossi da una gelida quanto delicata brezza invernale. Da quando tutti se n’erano andati, Konoha sembrava un villaggio fantasma.Quando, diversi mesi prima, l’ufficiale dell’Hokage aveva richiamato lui e Tai dalla missione per informarli della minaccia dei Bijuu, Masaaki aveva provato di nuovo il terrore, quella sensazione che aveva sperimentato per la prima volta nel Naos e che era in grado di farti mancare il fiato e asciugare la bocca. Aveva desiderato sparire, nascondersi fra le radici più profonde degli enormi alberi che sorgevano attorno al villaggio. La cosa che gli era rimasta più impressa però, era quella sensazione di gelo che gli aveva morso lo stomaco quando aveva scoperto che, a differenza della stragrande maggioranza dei ninja del villaggio, non era stato inserito nella lista dei ninja partenti per fornire supporto al Taisei. Per un brevissimo istante, aveva provato una stupida quanto vigliacca sensazione di sicurezza, per la quale si sentiva ancora in colpa a mesi di distanza. Quell’ effimero sentimento era però stato subito sostituito da un dubbio lancinante, in grado di capovolgergli lo stomaco. Con quale criterio venivano selezionati coloro che non dovevano partire? Perché non era stato inviato come tutti gli altri?

“Con tutti gli shinobi impegnati in missione, il compito di mantenere l’ordine nel villaggio rappresenta un incarico delicatissimo, di primaria importanza.”

Gli era stato detto. A ripensare a quei momenti, lì con le gambe nel vuoto e lo sguardo perso fra i tetti delle case, non provava rabbia, ma inquietudine, una sorta di colpevole autocommiserazione. In fondo, come avrebbero potuto spedire un ragazzino che aveva a fatica passato il suo esame Genin e che non era riuscito a trovare un misero distintivo?

Si sentiva inutile, intrappolato in un mondo che chiedeva molto di più di quanto sarebbe mai riuscito a dare.

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In aggiunta a tutto questo poi, c’era sempre la paura. Suo padre, sua madre, Naori stessa erano partiti per combattere. Sapeva quanto fossero terribili i Bijuu e le storie sulla rovina e la devastazione causata da Son Goku a Kumo erano corse veloci di villaggio in villaggio. Nessuno in tutto il continente ninja era al sicuro, e nel freddo della notte Masaaki si chiedeva se avrebbe mai rivisto qualcuna di quelle persone.Quella sera gli era stato assegnato il turno notturno per la ronda, unica attività per il villaggio che aveva continuato a svolgere in tutti quei mesi. Odiava il turno notturno. L’inquietudine e la paura erano un avversario terribile da combattere nel silenzio della notte, e non riusciva a fare a meno di pensare, continuamente, a quante poche armi avesse per combatterli. D’un tratto, un fruscio. Il genin, allarmato, si rizzò in piedi e cominciò a guardarsi attorno, attivando all’istante il Byakugan. Qualcuno si stava muovendo lungo la strada, e stava andando verso la sua direzione. Giunto sotto il palazzo si fermò, fissando lo Hyuga in piedi sul tetto. Era un suo compagno, un altro dei ninja rimasti a guardia del villaggio.

Shinobi della Foglia: “Ehi tu, Hyuga, scendi subito!”

Una volta a terra, rilasciò la sua doujutsu e si avvicinò in silenzio.

Shinobi della Foglia: “C’è stato un furto nel distretto commerciale. Abbiamo bisogno di aiuto per identificare cosa è stato rubato e seguire le tracce del ladro. Identificati, dimmi il tuo nome”

Masaaki: “Sono Masaaki Hyuga, grado genin.”

Lo shinobi spalancò gli occhi, come colto di sorpresa. Erano profondi e scuri come la notte.

Shinobi della Foglia: “Ah! Oh, allora non preoccuparti. Prosegui lungo questa strada.”

E sparì in direzione del distretto commerciale, senza ulteriori spiegazioni. Masaaki lo seguì con lo sguardo stringendo i pugni con forza tale da provare dolore ai polpastrelli.

( “E’ così che mi vedono tutti?” )

Voleva rincorrerlo, urlargli addosso che poteva essere d’aiuto, che avrebbe trovato il ladro, ma la verità era che non ci credeva nemmeno lui.
Una grande rabbia cominciò ad accumularsi dentro di lui e sentì il fortissimo istinto di gridare, di bruciarsi le nocche a suon di pugni contro i muri delle case, ma il contegno che gli era sempre stato insegnato gli impedì di farlo. Ingoiò tutto in silenzio, e si incamminò nella direzione che gli era stata indicata, con l’inquietudine e la delusione che lo ferivano da dentro.



Maggio 251 DN




La porta scorrevole si chiuse con delicatezza, senza fare troppo rumore. Nell’aria della piccola residenza c’era un delizioso profumo di carne di maiale e di brodo. Dalla cucina proveniva il rumore ritmato del coltello che fermava ripetutamente la propria corsa sul legno rovinato del tagliere. Una donna era intenta a tritare finemente l’estremità verde acceso di un cipollotto, mentre accanto a lei tre larghe ciotole colme di liquido fumante riempivano la stanza di vapori e profumo. Dalla finestra alle sue spalle entravano timidi gli ultimi raggi rossastri di uno splendido tramonto, gli ultimi istanti di libertà prima di accompagnare il sole nel suo quotidiano riposo. La donna ultimò la sua preparazione posizionando all’interno delle ciotole le uova che erano state preparate facendo grande attenzione a non cuocerne troppo l’interno.

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Mirina: “Masaaki! La cena è quasi pronta… La porteresti a tuo padre?”

Masaaki: “Ciao mamma. Come sta papà?”

Sua madre si voltò a guardarlo con aria sera.

Mirina: “E’ peggiorato. Oggi non ha voluto nemmeno alzarsi dal letto. I medici non sanno cosa fare per aiutarlo, e dicono che nel villaggio molte persone sono nella sua stessa situazione.”

Il genin abbassò lo sguardo verso il pavimento, triste. Suo padre stava male da molto tempo, più o meno da quando, poco meno di un anno prima, erano tornati dalla battaglia di Fukagizu. Erano entrambi sopravvissuti a quegli eventi terribili, ma quello che Hakito aveva visto mentre il suo spirito era intrappolato all’interno del Gedo Mazo lo aveva sconvolto, distruggendo la sua psiche. Da allora alternava momenti di follia a momenti più lucidi, in cui riusciva ad avere una completa consapevolezza di sé stesso. Recentemente però, aveva contratto quello che in tutto il continente era diventato famoso come “morbo”, un disturbo del chakra che aveva ulteriormente peggiorato le sue già precarie condizioni di salute, rendendo sempre più rari i suoi momenti di coscienza.

Mirina: “Hai paura figliolo?”

Quella domanda, posta improvvisamente con aria apprensiva e preoccupata, aveva causato una sensazione di fastidio nel giovane.

Masaaki: “Non ho paura! Ho 15 anni, sono grande ormai.”

Non capiva perché provava quella sensazione di nervosismo, e non gli era chiaro perché di tutti, doveva essere lui quello ad avere paura. Forse suo padre poteva avere paura, ma se c’era qualcuno che non se lo poteva permettere era lui.

Mirina: “Voglio solo che tu sappia che è normale avere paura, anche io ne ho.”

Lasciò passare qualche secondo.

Mirina: “E’ da tanto che non vai in missione.”

Masaaki: “Non è colpa mia se non vengo convocato, non posso farci nulla.”

Mirina: “Si può sempre fare qualcosa. C’è bisogno di tutti, forse i ninja del villaggio hanno semplicemente bisogno che tu ti faccia vivo per proporti qualche incarico… Penserò io a tuo padre, sempre. Lo sai.”

Il giovane rimase in silenzio, afferrò con due mani la ciotola calda, e facendo attenzione a non rovesciarne il prezioso contenuto uscì dalla stanza e cominciò a salire le scale.

( Farmi vivo… Come se fosse colpa mia! Non ho scelto io di rimanere al villaggio un anno fa. Non ho scelto io di essere richiamato dall’unica missione che avessi mai iniziato… Altro che paura. )

Aprì con delicatezza la porta scorrevole, ed entrò nella stanza. Suo padre era girato di fianco, rivolto verso la finestra aperta da cui entrava un filo d’aria fresca.
Dormiva.
Masaaki si avvicinò, appoggiò la ciotola accanto al letto e gli toccò leggermente la spalla.

Masaaki: “Padre… la cena.”

Hakito si svegliò con un sussultò e si girò fino a guardare il figlio, gli occhi completamente bianchi curvati in un’espressione di sofferenza. Guardò poi la ciotola, cercando di trovare la forza per alzarsi ed afferrarla, ma poi d’un tratto tornò di scatto a guardare il figlio, con occhi questa volta terrorizzati.

Hakito: “Masaaki NO! SCAPPA DA ME! FUGGI! Non posso, non posso di nuovo! La finestra! Fuggi ti dico!”

Continuò a passare rapidamente gli occhi dalla ciotola al figlio per qualche secondo e poi li chiuse, tornando a dormire nuovamente.
Terrorizzato, Masaaki cercò di ricomporsi e si sedette. Gli sistemò la coperta e appoggiò la fronte sul bordo del letto, abbattuto.
Suo padre era veramente stato condannato alla sofferenza perpetua, o c’era ancora qualche speranza di pace? Solo la morte lo avrebbe salvato?
Solo il pensiero gli congelava la spina dorsale. Suo padre era il ninja più esperto che conosceva. Se persino lui aveva fallito, aveva perso, chi poteva sperare di farcela? Forse, non valeva nemmeno la pena di combattere.



Dicembre 252 DN




Un forte vento freddo soffiava prepotentemente, scuotendo i rami spogli degli alberi attorno alla radura. Masaaki era in guardia nella tipica posizione Hyuga, il Byakugan attivo nel tentativo di prevedere la successiva mossa del proprio avversario. Studiava il traffico del chakra che si muoveva frenetico da un internodo all’altro, cercando di capire da che lato sarebbe arrivato il prossimo attacco.
La sua avversaria invece, era in piedi di fronte a lui, i capelli blu raccolti in una lunghissima treccia che gli cadeva leggera dietro la schiena, il viso delicato irrigidito in un’espressione di concentrazione. Era molto alta, con un fisico tonico e slanciato, anche se l’età aveva accentuato la femminilità delle sue forme. Il giovane scansò il primo attacco portato allo stomaco con un piccolo scatto verso sinistra, ma una seconda e più rapida offensiva lo colse impreparato. Il palmo di Naori lo colpì direttamente sulla spalla, con forza vigorosa. Nessun accenno di chakra, un semplicissimo colpo fisico assestato con grande tecnica, ma abbastanza forte da sorprenderlo e farlo barcollare all’indietro, privato per un’istante dell’ equilibrio. Dopo essersi ricomposto, fece una breve corsa e la attaccò cercando di distrarla prima con un gancio, per poi cercare di colpirla con una gomitata al volto. La ragazza incassò il primo colpo senza battere ciglio ed evitò il secondo semplicemente ruotando sulla gamba sinistra.
Guardò Masaaki con disprezzo.

Naori: “Goffo e sconclusionato. Deve essere una danza.”

Poi ripartì subito all’attacco. I colpi iniziarono a susseguirsi con rapidità ed eleganza, con il genin che faticava a difendersi e molto raramente riusciva a passare al contrattacco. Un paio di volte finì addirittura carponi, sorpreso dalla violenza dei colpi che gli venivano inferti. Fermo a distanza di qualche metro, si prese qualche istante per riprendere il fiato e riordinare le idee. Aveva lividi in varie parti del corpo e le ossa iniziavano a fargli male.

( A che gioco stai giocando? Non sembra un addestramento. )

Naori era molto più esperta di lui, eppure cercava sempre di non esagerare, per dargli modo di contrattaccare e sperimentare diverse tipologie di tecniche. Oggi però sembrava diverso. Masaaki passò ad un’offensiva più diretta, nuovamente senza risultato. La kunoichi rispose con una serie di colpi in rapida successione, conclusi con un vigoroso schiaffo sul volto, talmente forte da fargli fischiare le orecchie. Stordito, provò ad attaccare nuovamente.

Masaaki: “Parlami, che succede?”

Naori: “Tra noi due, non credo certo di essere io quella che non parla.”

Deviò con l’avambraccio il colpo e rimase ferma immobile.

Naori: “...ma visto che preferisci continuare a tenerti tutto dentro, ti dirò cosa penso. Sei un bambino, Masaaki. Lo sei sempre stato. Ti nascondi dalla malattia di tuo padre chiudendoti in te stesso e eviti qualsiasi impegno meglio di come eviti i miei attacchi.”

Masaaki la guardò con occhi spalancati, completamente colto di sorpresa.

Masaaki: “Cerco solo di stargli vicino… E poi a cosa può mai servire il mio impegno, se nessuno al villaggio crede che io possa essere d’aiuto?”

Naori: “Questo è quello che ti racconti. Lo vedi questo marchio?”

Disse, indicando la svastica uncinata, causa di atroci sofferenze.

Naori: “Da qualche giorno, nessuno può più usarla per abusare di me. Ma credi che sia cambiato qualcosa? Tu non li vedi, ogni giorno, i loro sguardi. Non senti sulla tua pelle il peso dell’odio e della discriminazione. Sono schiava da una vita e tu, privilegiato, hai paura di uscire dalla tua camera.”

Masaaki: “Parli a me di sofferenza?”

Urlò, cercando di dare un contegno alla propria rabbia.

Masaaki: “Fenrir e le sue fiere mi hanno ucciso almeno tre volte nel Naos. La morte è terribile. E poi Watashi, le salamandre, i Bijuu e tutto il resto. Che senso ha combattere se da un momento all’altro qualsiasi entità potrebbe spazzare via tutto ciò che amiamo?”

Naori: “Chiunque di noi può fare la differenza. Basta volerlo. Fuyuki ci è riuscito, segui il suo esempio.”

( Non riuscirò mai ed essere come Fuyuki. )

La kunoichi assunse nuovamente la posizione di guardia, ma continuò a parlare.

Naori: “Ascoltami, ho deciso di rimanere con te nonostante non ci sia più nessun marchio a obbligarmi di farlo. L’ho deciso e continuo a volerlo perché tu sei l’unica persona che abbia mai avuto affetto per me, ma non ho intenzione di farlo se tu rinunci a vivere. Combatti e fai uscire quello che hai dentro.”

Quelle parole lo colpirono facendogli più male di qualsiasi colpo. Eppure, non voleva crederle, non voleva ascoltarla, voleva urlare pur di farla tacere. Prima di poter fare qualsiasi cosa però, lei si avventò su di lui e lo colpì con un calcio all’altezza del ginocchio, facendolo volare a terra, con il fiato che gli veniva meno per il dolore.
Il terreno era duro e congelato. Il freddo gli entrò dentro, mentre la polvere si impossessava di tutti i suoi vestiti.

Mentre era a terra, uno strano rumore anticipò di qualche istante la comparsa di una nuvoletta di fumo bianco poco distante dai due Hyuga. Il fumo lentamente scomparve, e al suo posto comparvero due cani, uno più grande ed uno invece più piccolo. Quello più piccolo era un carlino, aveva un viso conosciuto e sembrava essere al comando del gruppo. Quello più grande invece, uno Shiba dalla curatissima pelliccia color arancione, era sicuro di non averlo mai visto.

Pakkun: “Masaaki-chan! C’è qualche problema? Chi è lei?”

Disse il più piccolo, assumendo una posizione di allerta.
Masaaki cercò di mettersi a sedere, imbarazzato dal farsi vedere in quelle condizioni dai suoi fratelli cani, ai quali aveva giurato fedeltà appena qualche anno prima.

Masaaki: “Si.. Si, lei è con me, è solo un addestramento, vero?”

Disse, rivolgendosi alla Hyuga senza però ricevere risposta.

Masaaki: “Pakkun-dono, sono contento di vederti! Come ve la siete passata durante questi anni all’eremo?”

Pakkun: “Sono stati anni difficili, ma fortunatamente siamo riusciti a superarli. Tu invece? Sempre a mangiar polvere eh?”

E scoppiò a ridere, seguito a ruota da Naori.

Naori: “Da qualche anno è il suo passatempo preferito.”

Pakkun: “Convenevoli a parte, è il sommo che mi manda. Dice che dopo questi anni complicati, è arrivato il momento di rafforzare il nostro legame con te, per questo motivo ha scelto di assegnarti un compagno. Sarà come un fratello per te e sarai responsabile di qualsiasi cosa gli possa capitare, così come lui lo sarà per te. Ti presento Aki.”

E fece due passi indietro.
Aki, il suo compagno avanzò lentamente fino a fermarsi a qualche metro di distanza dallo Hyuga, e abbassò il muso quasi a compiere un inchino. Il colore vivace della pelo e il portamento elegante gli davano un’aria regale, quasi principesca.

Pakkun: “Oh beh, non ho intenzione di rimanere qui ad ascoltare tutta la manfrina. Masaaki-chan, se non hai particolari domande, io ti saluto.”

Masaaki: “Buona fortuna Pakkun-dono. E porta i miei saluti a Kuro-sama, digli che sono e sarò sempre in debito con lui e con tutti voi.”

Non appena la nuvoletta scomparve portandosi via il carlino, lo Shiba prese parola e si presentò con voce altisonante.

Aki: “Masaaki, è per me un grande onore conoscerti. Mi presento: il mio nome è Aki! Sono conosciuto per la mia esperienza in combattimento e per le mie abilità specifiche nel campo dell’esplorazione. Credimi, non poteva capitarti compagno migliore. E, per inciso, visto che immagino cosa stiate pensando, sì! La mia pelliccia è indubbiamente la più elegante e raffinata di tutto l’eremo. Non fate i complimenti, su! Potete accarezzarmi, preferibilmente sotto al collo o dietro le orecchie.”

Il genin, sbalordito dall’esuberanza del suo nuovo compagno, si alzò in piedi e si avvicinò con aria curiosa, mentre Naori guardava la scena divertita. Accarezzò il cane dietro le orecchie con diffidenza.

Masaaki: “Il piacere è mio, farò del mio meglio per essere all’altezza del patto che ho firmato.”

Disse, dimenticando per un momento la discussione che aveva appena avuto, felice di aver conosciuto un nuovo, stravagante, amico.

Aki: “Allora, qual è il prossimo obiettivo? Posso dare prova delle mie abilità in qualsiasi luogo e momento. Quando si inizia?”

Naori: “Credo che il tuo nuovo amico abbia ragione, è ora per te di metterti alla prova. E’ ora di uscire dalla tua camera, Masaaki.”

 
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view post Posted on 16/2/2022, 12:46     +1   -1
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Eccoti, mi stavo chiedendo come andasse l'autogestita! Bel lavoro, all'epoca non mi era capitato di seguirti, scrivi proprio bene^^ lo skip è colmato in maniera snella e coerente, non sei stato affatto pesante da leggere e non hai inserito elementi critici di sorta. Immagino tu abbia già contattato Kuro per riprendere le fila dell'Eremo.

Purtroppo non possiamo assegnarti Exp, ma con questa sessione ufficializziamo il rientro; ricorda che abbiamo un Evento in corso a Sora, a cui puoi partecipare al Passato con una Libera extra.
 
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