曇り水 Kumori Mizu - Acque Torbide, Autogestita #4/Time Skip - Harada Takumi

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view post Posted on 5/2/2022, 21:57     +1   -1
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Continua da QUI.

中の闇 Chū no Yami - Il Buio Dentro
Paese Dell'Acqua, 7/8 Luglio 249 DN


I gemelli Tsujihara, arrivati ai piedi alla loro casa, corsero incontro ai loro cari con le lacrime agli occhi, lasciandosi andare tremanti fra le loro braccia dopo l'inferno che avevano dovuto passare lontani da casa. Comprensibile, per due figli di buona famiglia che prima d'allora non avevano conosciuto pericoli e miseria. Quella scenetta strappalacrime colma di ringraziamenti per coloro i quali avevano reso possibile il ritorno dei due frivoli rampolli gli dava il voltastomaco, specialmente per il fatto di dover farsi venire quei mezzi sorrisi di cortesia. Fosse stato per lui, li avrebbe lasciati a marcire li dentro. Eppure quell'ordinaria amministrazione era rassicurante e rafforzava la sua tesi circa l'esigua pericolosità di quei due. Erano giovani e ingenui, traumatizzati e superficiali. Qualsiasi cosa avessero raccontato, sarebbe apparso enormemente ingigantito dalle loro paure e dalla loro voglia di apparire come sopravvissuti, e per questa ragione poco credibile. E questo era l'importante. Nessuno doveva sapere del demone che albergava dentro la sua anima, raggomitolato placidamente nell'angolo più oscuro in attesa del prossimo gioco. Appena con la coda dell'occhio ebbe modo di intravedere la figura di Nasai, provata quanto lui e soprattutto ferita. Lei era un grosso problema. Nonostante la personalità doppia e la voglia di vivere rasente lo zero, lei era una kunoichi con la testa sulle spalle e aveva visto chiaramente il suo cambiamento. Se avesse aperto bocca con qualcuno, sarebbe stata la fine e non avrebbe mai più rivisto il suo Yūzora. Chiuse gli occhi, passando un momento la mano a massaggiare la tempia. Era stanco, come se il demone gli avesse prosciugato le energie e gli impedisse di pensare con lucidità. L'unica possibilità che riusciva a vagliare in quel preciso istante era quella di cancellare le possibili problematiche che avrebbero potuto impedirgli di rivedere il Rosso. E Nasai ERA una problematica, bella grossa. Pur non avendone fatto parola, come nulla fosse accaduto in quel lasso di tempo, era li. Una variabile pazza che avrebbe potuto rendergli la vita un inferno. Doveva trovare il modo di eliminare quella possibilità, nella maniera più pulita possibile. Doveva farlo per poter incontrare quegli occhi limpidi come acqua di uno stagno e potergli confessare tutto, e chiedergli perdono, aiuto. Si. Era la cosa migliore. E mentre declinava l'invito a fermarsi per una notte, trovando il completo appoggio della compagna nel voler rincasare il prima possibile e fare rapporto, nella sua mente si delineava il capolinea.
Arrancarono faticosamente nella foresta che li separava da casa, completamente immersa in una fitta coltre di nebbia che rendeva molto complesso l'orientamento. Al calar del sole. Erano provati, chi nel fisico per le ferite riportate, chi nello spirito per il patimento subito. Avevano entrambi preferito il silenzio tombale e il distanziamento da quanto accaduto, piuttosto che rivangare la faccenda e aprire una scomoda discussione. Eppure quel silenzio era pericoloso per i piani del castano, che come primo passo per salvaguardarsi aveva stabilito dovesse esserci una base di fiducia. Aveva un solo modo per guadagnarsela e farle abbassare la guardia quel tanto che bastava per metterla a tacere per sempre, e di li a poco avrebbe mosso la prima pedina sulla scacchiera della sua tragica disfatta. Un altro passo ancora.
Meglio fare una pausa. Quelle ferite non mi piacciono per niente e anche io ho bisogno di fermarmi e riprendere fiato. esordì con un sospiro, invitandola a fermarsi e facendolo a sua volta, appoggiandosi al tronco massiccio di un albero dalla folta fronda. Avvertì lo sguardo interrogativo di Nasai sulla sua pelle. Sei sicuro? Non dobbiamo fermarci a causa mia, posso ancora andare avanti.. rispose, cercando di apparire forte prima di fare un ulteriore passo e piantare una eloquente smorfia di dolore. Si. Come no. s'espresse sarcastico, sollevando un sopracciglio con un mezzo sorrisetto di scherno. Siediti e fammi controllare quelle ferite. Non sono un medico, ma conosco qualche erba che può aiutare. E le conosceva davvero. Aveva studiato i fondamenti della medicina e dell'erbologia perché credeva potessero essere utili nelle situazioni come quelle, e spesso e volentieri lo erano stati. Non avevano risolto il problema, ma avevano evitato amputazioni di troppo, cancrene e dissanguamenti. Porgendole la mano, la agevolò nel sedersi contro un tronco e chiedendo silenziosamente permesso scostò le vesti lerce della ragazza per mostrare le sue ferite. I dardi della balestra erano penetrati bene in profondità, squarciando la pelle che presentava del sangue rappreso sui bordi. Perfetto, per quello che aveva in mente. Non muoverti. Qui nei dintorni dovrebbe esserci qualcosa per alleviare il dolore e al contempo disinfettare le ferite. disse, sollevandosi stanco per cercare l'erba giusta nel sottobosco. Trovatola, la annusò per essere sicuro di avere davanti quello che cercava e ne tirò via una generosa quantità prima di tornare da Nasai, che osservava ogni suo movimento. Si inginocchiò presso di lei e masticando le erbe per farne una pappetta omogenea - facevano davvero schifo - applicò la mistura alle ferite, facendo sobbalzare la ragazza. Passerà presto il bruciore, quanto al sapore invece non saprei.. confessò, cercando di sputacchiare i residui di quello schifo dalla bocca. Sembri molto a tuo agio qui fuori, pensavo fossi un tipo da ristorante di lusso piuttosto che da campeggio. Sorrise a quell'affermazione, sollevandosi e scotolando le vesti per eliminare il terriccio in eccesso. Sono stato raccolto che ero simile a un selvaggio, quindi possiamo dire che il bosco è un po' la mia seconda casa. rispose un po' disinteressato, senza scendere troppo nei dettagli. Non aveva voglia di intraprendere quella discussione e di ricordare quel pezzo della sua vita condividendolo con una persona sconosciuta. Fece per guardarsi attorno alla ricerca di qualcosa. Vado a cercare del cibo. Ci fermeremo non più di una ventina di minuti, poi ripartiremo. Abbiamo un rapporto da fare. disse, e Nasai, stanca a affamata, fece cenno d'assenso con il capo, mostrandosi d'accordo. Riemerse dopo pochi minuti senza il suo haori addosso, infagottato per contenere una moltitudine di bacche che sarebbero servite per riempire i loro stomaci prima della ripartenza. Wow. Conosci anche cosa è commestibile e cosa no. disse, osservando quelle succose bacche rosso cremisi. Sorrise il castano, prendendone una per osservarla attentamente e gettarla via. Tutto procedeva secondo i piani. Si. Dovevo pur campare, quando non avevo nessuno a portarmi un pasto caldo a tavola. concluse, sedendosi e selezionando una bacca dal mucchio, masticando con gusto. Nasai si espresse in un debole sorriso, quindi prese a mangiare a sazietà, sotto gli occhi vigili del castano che quasi spiluccava il cibo preso con le sue stesse mani, scartando distrattamente alcune bacche piuttosto che altre. Pochi minuti e fu scacco matto.

Apparvero consequenzialmente i sintomi. Prima una strana sudorazione, che avrebbe potuto essere scambiata per una banale febbre dovuta alle ferite riportate, poi la bocca asciutta e la vista. H-harada.. c'è qualcosa c-che.. disse appena Nasai, prima di avvertire delle fitte allo stomaco, dapprima deboli, poi sempre più forti. Il castano non disse assolutamente nulla e non rispose ai tentativi della ragazza di raggiungerlo con la mano alla ricerca di aiuto. Semplicemente la osservava, come si osserva un topo contorcersi dal dolore prima di spirare. Nemmeno le lacrime di lei furono in grado di intenerire quel cuore di pietra, soddisfatto di vedere il suo problema sparire, sepolto dal dolce fiele di una semplice bacca. Oh, la conosceva bene quella bacca. Ne aveva assaggiata una tempo addietro e aveva patito dolori non da poco. Lei ne aveva mangiate in quantità invece, senza rendersi conto della loro velenosità. Sorrise appena, vedendola accasciarsi e spegnersi, con un'espressione di terrore dipinta sul volto. Fino alla fine, aveva visto il suo aguzzino osservarla morire e il Tristo Mietitore avvicinarsi alle sue spalle per prenderla. Quella fu la fine di Nasai, sfortunatamente deceduta a causa di dardi avvelenati su cui un semplice shinobi come lui non avrebbe potuto fare molto altro. L'alibi perfetto.
Cominciò a piovere. Era uno spettacolo triste quello che vedevano i suoi occhi smeraldini, speranzosi soltanto di rivedere colui che amava. Aveva architettato tutto e aveva perpetrato senza rimorsi un cruento omicidio, gustandoselo sino all'ultimo alito di vita solo per non essere allontanato da lui. Si avvicinò al tronco dell'albero dove il corpo privo di vita di Nasai giaceva, poggiandovisi a sua volta. Un sospiro. Se si impegnava, sentiva ancora il calore avvolgente del sangue di Yūzora sulla sua pelle, mentre gli scivolava privo di vita fra le braccia. Voleva rivederlo. Voleva riabbracciarlo. Voleva sentirlo. Nient'altro aveva importanza. Nemmeno la vita di una sciocca ragazzina che gli aveva salvato la vita.


Bravo ragazzo. Vedo che impari molto in fretta.. commentò Matatabi, spettatore in prima fila di quella scena deliziosa e delle elucubrazioni del suo tramite, che ancora una volta si era mostrato senza scrupoli. Soltanto i Kami avrebbero saputo di cosa sarebbe stato capace, se quel fastidioso ragazzino dai capelli rossi gli fosse stato sottratto.

 
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view post Posted on 5/2/2022, 22:21     +1   -1
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鋭い氷 Surudoi kōri - Ghiaccio tagliente
Kiri, 8 Luglio 249 DN, Sera



Fare rapporto non era stato difficoltoso, a dispetto di ogni aspettativa. Il suo composto distacco nell'esporre i fatti e le manovre di primo soccorso, esplicite negli impacchi di erbe rinvenuti sulle ferite del corpo senza vita di Nasai, avevano avvalorato le sue parole. Agli occhi del mondo, la sfortunata ragazza era morta avvelenata dai dardi scoccati dalla balestra del nukenin Oguro Yamatai e il suo compagno di missione, pur soccorrendola, non era riuscito a salvarla dalla sostanza nociva di cui erano imbevuti. Sicuramente lo sconvolgimento emotivo dei suoi incubi era stato essenziale per far sembrare il tutto maggiormente veritiero. Vedendolo provato, coperto di sangue da testa a piedi e con le borse sotto agli occhi lo congedarono senza ulteriori indagini. Aveva portato a casa non soltanto una missione compiuta, ma anche una compaesana morta - onorandola della possibilità di una sepoltura nella sua terra - e le teste mozzate delle ricercate gemelle Kinsei. Aveva fatto sin troppo.
Tramontava, quando fece per avviarsi sulla strada di casa. Varcata la soglia d'ingresso, il primo pensiero non fu spogliarsi e togliersi le vesti lerce di sangue, evitando di sporcare il pavimento. No. Si mise a cercare delle candele, come se temesse che la notte incombente portasse seco gli incubi che aveva combattuto nemmeno ventiquattr'ore prima. Le accese e le sistemò un po' ovunque, creando un'atmosfera soffusa e sinistra allo stesso tempo. Aveva bisogno della luce, per non perdere se stesso. Soltanto dopo aver fatto questo si tolse i vestiti logori, gettando haori, kimono e hakama a terra, fuori dalla soglia del bagno, incurante, per raggiungere la doccia e lasciarsi andare contro la parete, poggiando la fronte sulle fredde assi di legno mentre il getto caldo dell'acqua gli attraversava la pelle, pulendolo dal lordume dei suoi peccati. Come poteva dire al Rosso che un demone spietato albergava nella sua anima? Cosa avrebbe pensato di lui, se avesse confessato l'omicidio a sangue freddo di Nasai? Chiuse gli occhi affranto, provando un inaspettato dolore all'altezza del petto. Cosa avrebbe fatto se il suo Yūzora avesse deciso di abbandonarlo?

Takumi? A quel richiamo le palpebre si sollevarono stancamente e l'istinto gli suggerì di chiudere il getto d'acqua per minimizzare qualsiasi tipo di rumore proveniente da dentro casa. Takumi sono io, posso entrare? Ancora quella voce. Apparteneva a qualcuno che conosceva e la cosa lo stimolava. Prese un'asciugamano e la avvolse rapidamente alla vita, prima di uscire dalla doccia e nascondersi in una delle stanze vuote: l'inaspettato ospite aveva varcato la soglia, annunciandosi con un semplice Entro. Eccolo. Occhi dello stesso colore dell'acqua di uno stagno limpido, lunga chioma fulva simile a una colata di fuoco che cadeva morbida sulla schiena. Sapeva chi era quel ragazzo. Lo aveva visto. Gli permise di seguire la scia di sangue sino alla porta del bagno, prima di uscire noncurante allo scoperto, addossandosi a una parete con le braccia conserte e un sogghigno sinistro pennellato sulle labbra. Proprio una bella sorpresa. Allora sei tu, colui per il quale questo ragazzo commetterebbe le peggiori follie. Non credevo che il nostro incontro potesse avvenire così presto. s'espresse, palesando la sua presenza al giovane intruso. Una strana coincidenza conoscerlo proprio in quelle circostanze, al suo risveglio. Mi chiedevo proprio quanto tempo ci avresti fatto attendere prima di degnarci della tua presenza.. rispose con forse sin troppa sicurezza per una persona ignara, poco prima di voltarsi con un sogghigno che, ad essere sinceri, non gli piacque per nulla. Matatabi. Sorrise. Allora sapeva davvero chi era. Lo sapevi? Una finta sorpresa la sua, ovviamente. Non poteva immaginare come quel ragazzo sapesse della sua presenza, ma soprassedette. Per il momento non era importante. Strano. O sei parecchio perspicace o qualcuno ha fatto la spia. s'azzardò ad ipotizzare, avvicinandosi a passi felpati in sua direzione, osservandolo attentamente. A cosa devo l'onore di tanta trepidante attesa? chiese, curioso di sentire il responso. A nulla in realtà. ridacchiò serafico, con una calma non naturale per un umano. Stavo solo iniziando a pensare che stessi schiacciando un pisolino, da quella volta a Fukagizu. Ne è passato di tempo.. anche se ogni tanto facevi una capatina velata. disse, per poi avvicinarsi a sua volta e prenderlo per il mento, sollevandoglielo. Un brivido. Come si permetteva? Sono carine le tue fusa, sai? Stava oltrepassando il limite. Afferrò quella mano e la allontanò malamente, digrignando i denti infastidito. Sfrontato a dir poco, ragazzo. Dovresti scappare terrorizzato, e invece hai anche il coraggio di punzecchiarmi. Lodevole. E stupido. parole al fiele, prima di emettere un lieve sospiro per riacquisire la compostezza perduta. E' colpa del ragazzo.. quando è in tua presenza, quando avverte il contatto con la tua pelle, tende a.. come dire.. rilassarsi. E questo è un problema. ammise senza mezzi termini, quasi a voler giustificare quel brivido piacevole che aveva accarezzato languido la spina dorsale del suo tramite al contatto con il singolare ragazzo. Allora lo strattonò per un braccio e lo costrinse a voltarsi, per essergli alle spalle come un predatore e afferrarlo per il collo, stringendo in una morsa blanda per fargli saggiare i suoi artigli sulla pelle. Dovrei ucciderti e lasciare che questo ragazzo dia fondo a tutta quella ribollente sente di vendetta nei confronti del mondo. Già una volta lo hai salvato, strappandolo dalle mie grinfie.. e questo non posso accettarlo sai? sibilò nel suo orecchio, sensuale e profondamente pericoloso. Ancora una volta la reazione del ragazzo fu strana. Sfrontata. Condiscendente a quel gioco. Desolato. rispose. Ma grazie per le dritte. Significa che se ti ho sconfitto una volta, lo posso fare ancora. Una risata fragorosa. Certo che aveva un bel coraggio. Sconfitto? fece eco. Oh no. Non mi hai sconfitto, mio caro ragazzo. Come puoi vedere, alla fine, sono qui. e con un movimento rapido lo fece voltare verso di lui. Occhi negli occhi. Una sfida silenziosa. A Fukagizu è tornato da te perché io glie l'ho permesso. Ero stanco di sentirlo gridare mondato dalle fiamme, e della tua voce che chiamava il suo nome. Non era necessario trattenerlo oltre. Il tempo non è un elemento che mi rema contro, a differenza di voi fragili mortali. disse, con un sorrisetto bastardo pennellato sulle labbra. Già ti contraddici? Accidenti.. la paura fa davvero male.. rispose lui, stuzzicando la collera del felino che fece per graffiarlo, ma si trattenne dal farlo davvero. No. Cedere al suo gioco non era la cosa giusta da fare. Sorrise. Paura? Possibile. Voi sudici esseri inferiori avete mostrato di saper essere dei veri sciacalli, al punto da soverchiarci e rinchiuderci tutti. Me e i miei fratelli.. ma non sarà per sempre così, te lo posso assicurare. e dicendolo, decise di mollare la presa sul ragazzo e allontanarsi. Osservò le candele consumate dal fuoco e sogghignò. Questo ragazzo potrà anche accendere altre decine di candele, ma alla fine l'oscurità inghiottirà tutto. I suoi incubi, lo inghiottiranno. E tu non potrai fare assolutamente nulla. e si volse verso di lui, allargando le braccia divertito. Sai.. ti ha ucciso talmente tante volte in questo breve lasso di tempo lontano da casa da averne perso il conto. A un certo punto, quel barlume di luce si spegnerà e del bel Takumi non rimarrà che un semplice ninnolo da usare per spazzarvi via.. TUTTI. concluse con malignità, mostrando tutto il suo disprezzo per quegli esseri inferiori che avevano osato sfidarli e rinchiuderli. Sì.. anche lui diceva così. Lo pensa ancora in realtà, ma sai che c'è? C'è un motivo se hai scelto Takumi. E non è per le ombre che ha nel suo animo.. non potevi mica vederle prima di attaccartici. Sono sicuro che lo sai anche tu, ma sei troppo orgoglioso per ammetterlo. rispose facendo spallucce, per poi aggrottare le sopracciglia. Tanto più che rivelarmi i tuoi grandi progetti in anticipo, non mi pare una grande idea per riuscire a realizzarli. Cominciava a essere sinceramente irritante. E poi di chi diamine stava parlando? Cosa andava blaterando? Una breve pausa. Ah giusto, lo fai per vedermi soffrire, certo certo, la solita solfa. Di chi diamine parli? chiese a denti stretti, visivamente infastidito da quell'atteggiamento spocchioso, ma quella domanda passò in sordina. A quel punto la cieca collera prese il sopravvento del demone e con uno strattone lo afferrò di nuovo, spingendolo malamente al muro e stringendo nuovamente sul suo collo, questa volta con tutta l'intenzione di metterlo a tacere. Oh no, non mi importa che sia tu a soffrire, ragazzino. Soffrirete tutti, dal primo all'ultimo. Rivelarti le mie intenzioni non cambierà il risultato di nulla! Questo ragazzo porterà a compimento un grande progetto di epurazione e io e i miei fratelli saremo liberi. E mi adoreranno sai? Mi osanneranno per aver cancellato voi piccoli tumori dal mondo. vomitò fiele dalle labbra, ma non era ancora finita. Sapeva dove colpire. Oltretutto, non starei così tranquillo fossi al tuo posto. Hai la vaga idea di cosa stia provando in questo momento? chiese, sprezzante. Ooh. Aveva pizzicato il giusto nervo. Era apparso un guizzo nello sguardo del ragazzo, a quelle parole. Non hai idea di come stia gridando, soffocato dai suoi incubi. sussurrò al suo orecchio, rincarando la dose che fece esplodere il Rosso. Preso totalmente in contropiede, le posizioni vennero ribaltate e gli occhi del ragazzino divennero cremisi. Cosa diavolo..? Soffiò forte. No, sei tu che non hai capito un cazzo. ringhiò, feroce. Non importa quante volte ci proverai, non importa quante volte tenterai di raggiungere il tuo folle obiettivo, perché ad ogni ripresa io sarò lì a buttarti giù dal tuo piedistallo. Sarò lì a dare forza a Takumi e a rubarla a te e non sarò solo. Mentre tu, nella tua miseria, non sei nemmeno in grado di renderti conto della pessima situazione in cui ti trovi, Gatto. A quel punto comprese. Fu tutto dannatamente chiaro. Ecco come faceva a sapere della sua presenza all'interno dell'anima del ragazzo, ed ecco spiegato perché si trovasse tanto a suo agio davanti a lui. Si sarebbe aspettato di tutto, meno che LUI. K-Kurama?! chiese sconcertato, sostenendo lo sguardo del fratello con un cipiglio di biasimo. Davvero? Stava aiutando un umano ad andare contro di lui?
Coraggio, fallo. rise, sfidandolo apertamente. Ma no.. certo che non lo farai.. non puoi toccarmi senza fare del male al tuo preziosissimo Takumi. proseguì a rincarare la dose, assolutamente certo del fatto che quel ragazzino non avrebbe alzato un singolo dito su di lui. A quel punto si rivolse direttamente alla volpe, con un certo astio. Non poteva ancora credere che stesse patteggiando per gli sporchi umani. Non credevo potessi cadere così in basso da fidarti di un misero umano, Kurama. Ti sei già dimenticato quello che ci hanno fatto? O semplicemente ti sei rassegnato a essere un parassita di uno sfrontato ragazzino convinto di poter salvare le persone che ama? strinse i denti, sentendo la stretta sul collo farsi più marcata. «Non me ne sono scordato, idiota. E ti faccio presente che a me il tuo umano non piace per niente. Non avrei alcun problema a toglierlo di mezzo, contrariamente a Yu. Ma non lo farò. Semplicemente perchè vederti capitolare lentamente sarà più divertente di farti fuori.» Questo era troppo. Andresti contro di me e non contro chi ti ha rinchiuso come un cane?! chiese infervorato, sporgendosi verso di lui per rendere quell'accusa ancora più marcata. Gli avevano fatto il lavaggio del cervello? «Chi ci ha rinchiuso pagherà. Come anche chi ha fatto di noi degli idoli da adorare per semplice tornaconto personale. Folli, piccoli e invasati. Periranno nelle mie zanne!» Rise ancora Matatabi, a quelle parole. Come no. Non credeva a una sola virgola di quelle stupide affermazioni, dopo che colui il quale le pronunciava si ostinava a tenerlo per il collo piuttosto che collaborare. Ma era meglio cambiare soggetto. In un certo senso, quella voce grossa accompagnata dall'assoluta immobilità da parte dei suoi due interlocutori lo divertiva. Quindi tu non hai nessun problema a uccidermi in questa veste, giusto? Perché mai allora non mi hai ancora fatto nulla e ti limiti a delle futili minacce? chiese con scherno, assumendo poi un atteggiamento del tutto sensuale. Ah.. dimenticavo.. il tuo umano.. disse. ..a questo ragazzo piace da impazzire. sottolineò, cercando di colpire psicologicamente il ragazzo, cercando di fargli pesare il fatto che volente o nolente il suo Takumi non sarebbe più stato lo stesso. «Oh lo so. So anche che mi detesta..» rispose, con un sorrisetto stampato in volto che non piacque per nulla al felino. Cosa aveva in mente? Lo osservò avvicinarsi pericolosamente al suo orecchio per sussurrare quel «Mi senti LinguaLunga? Riconosci la mia voce? Yu è MIO.» con particolare enfasi sull'ultima parola, e qualcosa avvenne. Fu quella voce e quell'ultima affermazione a scuotere il mondo composto da incubi nel quale era piombato inconsapevolmente, destabilizzando la presa di Matatabi sulla sua anima. Kurama. Lo avrebbe riconosciuto fra mille, dopo la terribile esperienza al tempio di luce. E stava riferendosi al suo Yūzora.. minacciava di tenerlo lontano da lui, di strapparglielo per tenerlo per sé! Feroce strinse i denti e quasi i canini pronunciati non si piantarono sulla sua pelle. Tu.. sibilò collerico, con voce mischiata a quella del suo improvvisato coinquilino. C'era anche lui li dentro. Reagendo con violenza, gli fece assaggiare un gancio sinistro sulla mandibola che fu sufficiente a destabilizzarlo e a farli mollare la presa. Tossì. LASCIALO! Non me lo porterai via! sobbolliva, come una pentola a pressione ricolma di collera. Era tanto Takumi quanto Matatabi in quel preciso istante, pur non accorgendosi minimamente di quella comunione. Ansimava. La presa del demone era decisamente troppo forte. Lo vide sorridere, mentre leccava il sangue che era sgorgato dalle labbra del suo Yu. «E chi me lo impedirà? Tu? Non sei nemmeno capace di liberarti di quel Gatto! Allora LinguaLunga? Sei solo questo? Parole parole o anche fatti? D i m o s t r a m e l o.» Lurido figlio di puttana. Letteralmente fuori controllo, lo raggiunse nuovamente a rapide falcate, spingendolo malamente al muro per sferrare un altro gancio sul suo viso, ma questa volta il Rosso non rimase fermo a incassare. Le nocche arrivarono violente contro il muro, graffiandosi a sangue per la violenza operata, ma non se la sarebbe cavata così. Era una furia omicida e avrebbe continuato a colpirlo sino a quando non avesse lasciato il corpo del ragazzo, ma a seguito di una breve colluttazione il castano dovette fermarsi e tenersi il capo con entrambe le mani. Cazzo. Faceva male da impazzire. Per un lungo istante la vista si appannò pericolosamente e le gambe cedettero sotto il peso della confusione, mentre Matatabi continuava a ringhiare nella sua testa, apostrofandolo per essersi lasciato abbindolare da stupide minacce senza alcun fondamento. Gli mancava il fiato e il muscolo miocardico pareva dovesse sfondare la cassa toracica da un momento all'altro, ma non gli mancava certo l'ardire di osservarlo in cagnesco. Giuro che se anche provi a fargli del male t-ti.. ma non riuscì a terminare quella frase, troppo provato. Devastato come mai prima di quel momento, dovette portare la destra al petto nella speranza di fermare quell'improvvisa impennata di battiti al secondo. Sembrava un attacco di panico, cominciava a sudare. R-ridammelo.. disse appena, completamente incapace di aggiungere altro, mentre Kurama rincarava la dose con una bella predica dell'ultimo secondo. Proprio quello di cui aveva bisogno. «Non ho interesse nel fargli del male, brutto idiota! Vedi di non fargliene tu piuttosto. Impara a tenere quel gatto al suo posto, ora sai come fare.» e detto questo, quella dannata Volpe scomparve per lasciare posto semplicemente a Yūzora, che con preoccupazione gli si fece vicino e quasi parve sfiorarlo sulla schiena, quasi come potesse spezzarsi da un momento all'altro. Come ti senti? Mi hai fatto prendere un colpo. chiese, attirando magneticamente il suo sguardo. Quello che aveva davanti non era Kurama, ma Yūzora. Puro. Cristallino come lo era sempre stato. Gomen.. s'azzardò a dire, ma a quel punto la sua tempra morale aveva ceduto. Gomen nasai.. ripeté nuovamente, afferrandogli il braccio e lasciandosi andare in un pianto liberatorio, pieno di sensi di colpa che non avrebbe potuto esprimergli. Era terrorizzato da quello che aveva fatto, da come aveva reagito contro di lui. Ma a Yūzora questo non parve importare, perché di tutta risposta lo strinse fra le sue braccia sussurrandogli quel rassicurante Sssth, va tutto bene adesso. prima di aiutarlo ad asciugarsi per bene, cambiarsi e mettersi sotto le coperte. Quella notte avrebbero dormito nello stesso letto, in maniera tale da tenere lontani gli incubi che tormentavano la mente provata del castano.



Kiri, 20 Luglio 249 DN



Dovresti dirlo a Fuyu. Furono quelle le parole che spezzarono quella piccola cornice di quotidianità che si era creata il mattino seguente, a seguito delle reciproche confessioni sui demoni che avevano artigliato le loro anime. Sapeva che prima o poi la questione sarebbe venuta a galla, che lo avesse voluto o meno.. ma per quale ragione dirlo proprio a quel damerino? Yada. rispose, esprimendo tutto il suo disagio a quel pensiero con l'espressione del viso. Non gli piaceva avere a che fare con quell'uomo, lo aveva sempre visto come uno snob che guardava tutti dall'alto in basso (specialmente chi come lui era cresciuto in un riformatorio come un teppistello da quattro ryo). Senza contare che quell'uomo era sin troppo attento ai movimenti del Rosso e la cosa gli piaceva ancora meno. Se lo dicessi in giro mi darebbero la caccia e mi porterebbero lontano da te, non posso rischiare. proseguì ad avvalorare il suo diniego, nel momento in cui vide lo sguardo severo del compagno su di sé. Nonostante quel silenzioso rimprovero, Yūzora aveva ancora la destra sul suo volto, calda, dolce, cristallizzata nella morbida carezza che aveva preceduto quella proposta. Se lo scoprono da soli è peggio. Allora sì che ti mettono in gattabuia! E non dirmi che ti sai controllare, sai meglio di me che non è così. Come poteva controbattere? Non poteva. Aveva ragione su tutto e lo sapeva benissimo, ma non riusciva a farsi andare giù quell'idea. Uno sbuffo, prima di piantare un broncio adorabile e distogliere lo sguardo. Colpito e affondato.



Non a cuor leggero fece per recarsi nello studio dell'ANBU, su consiglio - e imposizione, perché nemmeno esponendo tutti i ragionevoli dubbi del mondo avrebbe potuto fargli cambiare opinione - del Rosso. Aveva un appuntamento quel pomeriggio e ogni passo che lo avvicinava a quell'incontro non voluto pesava come un macigno. Ancora non capiva perché doveva essere proprio lui. Non voleva rischiare di essere allontanato dall'unica persona da cui non voleva essere allontanato, e questo, al pari della presenza del demone felino annidato nella sua anima che come una variabile impazzita avrebbe potuto prendere il sopravvento e distruggere la sua vita, lo spaventava. Arrivato dinnanzi alla porta che lo separava dall'imminente confronto, rimase immobile con la mano alzata in procinto di bussare. Come avrebbe dovuto introdurre l'argomento? Solitamente era bravo con le parole, ma in quell'occasione non sapeva come comportarsi. Era un qualcosa di più grande di lui, qualcosa che temeva e che ancora non era in grado di tenere per le redini. Si sentiva alla deriva. Probabilmente sarebbe bastata una pacca da parte di Yūzora per alleggerire quel peso e spronarlo a entrare senza timore in quella stanza, ma lui non era lì. Era una cosa che doveva fare da solo. Chiuse gli occhi e trasse un profondo respiro per distendere un minimo i nervi a fior di pelle, prima di bussare tre volte e attendere risposta dall'altra parte per entrare. Eccolo. Seduto dietro alla scrivania piena di scartoffie, con accanto uno dei suoi uomini. Curioso. Quel giovane albino che sostava alla sua destra, in posizione militare, portava sul viso una maschera di volpe.
Abbandonato nelle mani del suo giudice e possibile aguzzino, da quando aveva varcato quella soglia non era riuscito a dire una sola parola. Si sentiva totalmente a disagio in quella stanza, come un gatto chiuso in una gabbia. Fuyu doveva aver percepito qualcosa, perché dopo aver atteso ancora qualche secondo, chiese con un pizzico di impazienza
Dunque, Harada? per cercare di spronarlo a sputare il rospo. A quelle parole, lo sguardo smeraldino dapprima piantato saldamente su un punto imprecisato della scrivania incontrò quello del superiore. Ostentava sicurezza, seppure non ne avesse nemmeno un pizzico in quel momento. Non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di vederlo intimorito dai suoi modi perentori. Cosa sapete delle bestie codate, Fuyu-san? disse, cominciando la conversazione. Voleva volutamente prenderla alla larga, per avere il tempo di racimolare le idee e soprattutto per capire cosa e quanto sapessero nello specifico di Matatabi. Inutile dire che quest'ultimo rimaneva acciambellato come nulla fosse, con un occhio socchiuso e le orecchie ben tese. Di più, rispetto a chi ha vissuto l'inferno di Fukagizu? e fu chiaro dal suo tono come quel ' di più ' fosse stato volutamente accentuato. Fece un cenno d'assenso il castano, incoraggiando silenziosamente una risposta che avrebbe tardato ad arrivare. Quell'irritante uomo si prese tutto il tempo del mondo, ostentando disinteresse e superba calma mentre sollevava la teiera fumante per versare in una delle due tazze il suo prezioso infuso. Cosa diamine ci voleva a rispondere?! Tè bianco di Anji. Sapore delicato, ma capace di lasciare un retrogusto corposo sul palato. Una combinazione decisamente insolita. disse, soffermandosi sulla seconda tazza senza però versare nemmeno una goccia, osservando il suo ospite come se volesse chiedergli se ne voleva un po'. Non era un amante del tè. A stento beveva tè verde. Senza pensarci, declinò la gentile offerta con un cenno del capo. Fosse stato un bicchierino di sakè, forse.. ma non era andato in quello studio per bere. Non sono un tipo da tè. ammise candidamente, provando con tutto se stesso a mantenere la calma nell'attesa che il damerino si decidesse a rispondergli, abbassando quella cazzo di teiera. Anche il demone, avvertendo il nervosismo del suo tramite, sfoderò i suoi affilatissimi artigli, che andarono a graffiare sinistramente il suolo intangibile in cui stazionava. Lo osservò con nervosismo, mente posava la teiera facendo spallucce e prendeva la tazza fumante con entrambe le mani, per poi portarla all'altezza delle labbra senza però assaggiarne il contenuto. Lo annusò soltanto, riempiendosi i polmoni della fragranza aromatica prima di degnarsi di poggiare tutto sul piano e tornare a dargli importanza. So che l'incubo potrebbe coglierci ancora, ad occhi aperti, se l'avidità dell'uomo dovesse superare il suo desiderio di quiete. Se la disciplina venisse meno, in favore del mero istinto. parole enigmatiche che Takumi non comprese appieno. L'unica cosa chiara era la consapevolezza che gli eventi di Fukagizu non fossero isolati e che avevano causato un effetto domino, come un sasso gettato in acque profonde. Assottigliò lo sguardo, mentre Fuyu si rilassava sulla sedia. Mi è stato riferito che sei qui per fare rapporto, Harada. È di questo, che intendi parlarmi? Delle Bestie Codate? ed eccola, trapelare nella sua voce più nitidamente: una genuina curiosità, spoglia da arroganza, pregiudizi o false convinzioni. Hai. rispose, punto sul vivo della spinosa questione. Era evidente che sapesse più di quello che mostrava, dopotutto non era un caso se Yu aveva voluto mandarlo da lui e non direttamente dal Mizukage. Fuyu sapeva certamente di Kurama e ancora non riusciva a spiegarsi come il Rosso si fidasse di lui; a differenza sua, era convinto che quell'incontro sarebbe andato bene, che l'ANBU lo avrebbe aiutato.. ma c'era una piccolo dettaglio in quella questione che al castano faceva pensare tutto il contrario. Lui non era Yūzora. Agli occhi delle autorità era soltanto un cane, un povero stronzo trovato fuori dalle mura del villaggio come un selvaggio e rinchiuso senza nemmeno il beneficio del dubbio dentro una struttura per disagiati con manie di violenza. C'era una bella differenza. Se vi dicessi che le bestie codate sono ancora tra di noi, vi stupirebbe? chiese, conoscendo perfettamente la risposta. Era OVVIO che quell'affermazione non avrebbe stupito nessuno la dentro, ma ancora una volta aveva preferito virare, temporeggiare, evitando di andare subito al sodo.

E' inutile che giri attorno alla questione, tanto alla fine glie lo dirai comunque, che ti piaccia o meno. sottolineò scocciato il demone felino dalle due code, sbuffando annoiato. Quel suo girare attorno alla questione non avrebbe portato a nulla, se non a una lenta agonia. Era stufo del quel nervosismo. Fottiti. rispose candidamente, avvertendo quell'accenno di scherno nelle parole del Gatto.

Un brivido freddo corse lungo la sua spina dorsale, mentre gli occhi di Fuyu erano attentamente piantati sulla sua figura. Non aveva negato di sapere. Era bastato un cenno del suo capo per dargli la conferma che cercava.
Continua, Harada. Hai la mia attenzione. sottolineò, mentre il castano cominciava ad accusare quell'improvviso calo di temperatura. Si prese sino all'ultimo secondo per continuare come gli era stato richiesto, incapace di proferire quella semplice ammissione, quel ' Matatabi, il demone dalle due code, è in questa stanza, dentro di me '.

Mostraglielo. Fa vedere senza vergogna di essere un burattino nelle mie zampe. Qualsiasi cosa possa fare, non vivrà abbastanza a lungo per raccontarlo ai posteri. suggerì al castano, silenzioso come mai prima d'allora. Oramai era alle strette e piuttosto che ammettere l'evidenza con parole che non riusciva nemmeno a comporre nella sua mente, probabilmente era meglio mostrargliela.

Fu a quel punto che il demone prese il sopravvento del suo tramite, assumendo quella inaspettata e gelida accoglienza del suo interlocutore come una sfida diretta alla sua persona. Un sospiro, mentre abbassava lo sguardo per poi sollevarlo fieramente su quello di Fuyu, senza proferire alcuna parola, lasciandogli silenziosamente trarre le dovute conclusioni. Non era più Takumi in quel momento. Qualche secondo, prima di proferire quel
Questo è quanto. e non aggiunse null'altro. Era fatta. Cosa avrebbe fatto adesso? Lo avrebbe arrestato sul posto? Lo avrebbe ucciso? Matatabi non aspettava altro che sgranchirsi e giocare con un bel sacco di carne per scaricare le energie. Ma quello che ottenne in tutta risposta fu un sorpreso Kuso! a seguito di un fragoroso impatto della ceramica della tazza a contatto con il suolo. Era spaventato e nonostante tentasse di riprendere un contegno congruo al suo ruolo era tutt'altro che facile agguantare nuovamente l'autocontrollo perduto. Inutile dire che il castano - e il demone con lui - provò un soddisfacente e macabro piacere nell'essere spettatore e artefice di quella inaspettata reazione.

Senti questa sensazione? E' inebriante non è vero? La paura altrui.. un sussurro quello di Matatabi, simile al canto melodioso di una sirena per il castano che desiderava essere temuto e non calpestato.

Devi dirmelo, Takumi. Chi, tra i Nove, ho di fronte? chiese, suscitando nel castano un sorrisetto macabro che espose i canini appena pronunciati. Matatabi. Il demone dalle due code. rispose schietto, con appena una punta di orgoglio nel tono che non era propria del castano ma quanto più del demone stesso. In quel momento, l'unico desiderio del ragazzo posseduto era quella di tornare a casa e allontanarsi quanto più possibile da quella gabbia gelata. Avrebbe anche voluto saper controllare e tenere a bada quel Gatto, ma non era facile divincolarsi fra gli opprimenti pensieri oscuri che gli davano la caccia ogni volta che Matatabi decideva di servirsi di lui. Ma non ne era capace. Tsk. Fu lo Yuki a porre fine a quegli attimi di teso silenzio. Voglio la verità, Takumi. Puoi... controllarlo? chiese allora, facendo scattare qualcosa che non avrebbe dovuto far scattare. Per qualche istante proseguì nell'osservarlo con sguardo pericolosamente assottigliato, ma poi scoppiò a ridere. Nemmeno avesse appena ascoltato una barzelletta esilarante. Controllarlo? fece eco fra le risa, con un cipiglio di scherno e una voce contaminata. Sciocco umano, credi davvero che uno di voi possa controllare me? O i miei simili? disse sprezzante, completamente sordo alle suppliche dell'umano che gli chiedeva di farsi da parte e di non lasciarsi abbindolare da una parola sbagliata. Sono dannatamente stufo delle vostre patetiche manie di grandezza. Vi credete superiori, in grado persino di controllare a vostro piacimento i Kami.. ma sai una cosa? proseguì, avvicinandosi passo dopo passo alla scrivania che lo separava dal Ghiaccio sino a che non fu a portata per potervi puntare le entrambe le mani e sfoderare gli affilatissimi artigli, mentre delle strane macchie simili a striature macchiavano la pelle del giovane Takumi. Siete solo dei sudici topi. sentenziò, ma non fece in tempo a scattare per rovinare quel bel visino che subito l'interlocutore si fece risoluto e compiendo tre sigilli con la sola mancina condensò in un unico punto il ghiaccio di sua competenza per inchiodarlo alla scrivania, anticipandolo. Un soffio che parve essere un acuto ringhio fuoriuscì dalle labbra del castano, nel momento in cui le stalattiti acuminate perforarono i palmi aperti delle sue mani. Cazzo. Te lo richiedo, Takumi. Puoi controllarlo? chiese ancora, con un'accezione che adesso pareva assai diversa dalla prima alle sue orecchie. Digrignando i denti per il dolore, sollevò gli occhi dal suo sangue che colava dalla scrivania per guardarlo in cagnesco, desideroso di strappargli la pelle di dosso. P-puoi incitarlo quanto vuoi, sono io a decidere quando uscire di scena. rispose a denti stretti, ma non sembrava convincente come prima. Non adesso che il castano, sospinto dal forte dolore, stava dimenandosi come un ossesso per riprendere il suo corpo. Scoppiò nuovamente a ridere, abbassando il capo. Era proprio fastidioso, quando ci si metteva d'impegno. Ma la risata che riempì la stanza gelata presto andò scemando, sino a diventare un pesante ansimo. Le ginocchia cedettero.

Dato che vuoi sbrigartela da solo, prego, accomodati. Ma non venire a piangere quando questo figlio di puttana ti ridurrà a un colabrodo. sentenziò, mollando la presa sulla sua anima a quell'incresciosa e petulante supplica. Non è questo il momento di fare i gradassi e lo sai bene anche tu. Se mi avessi ascoltato un momento fa, probabilmente non saremo arrivati a questo punto. Bakayarou.. Fottiti, mio piccolo cocciuto ninnolo. canzonò, accuciandosi.

Non una parola seguì quell'evento. Non avrebbe dato al suo superiore e all'ANBU che silenzioso osservava la scena il sazio di gongolare o di anche solo pensare che non fosse in grado di fare qualcosa. Con fatica fece per risollevarsi e guardarlo nuovamente dritto negli occhi, questa volta non attraverso quelli di Matatabi. Se solo avesse potuto, gli avrebbe fatto così tanto male da costringerlo a pregare per una morte rapida, ma d'altro canto sapeva bene di essergli inferiore. Era un dato di fatto.
Se non ne sei in grado, dovrai far sì che la tua perseveranza superi la tua debolezza, Harada Takumi. Come shinobi della Nebbia, negli interessi di Kiri e della sua popolazione, è mio preciso dovere assicurarmi che tu ottenga questo risultato. Ritengo superfluo parlare delle conseguenze, nel caso in cui dovessi fallire nell'intento. disse poi, dopo qualche attimo di silenzio. Sapeva bene cosa gli avrebbero fatto se avesse fallito. Era il motivo per il quale non voleva dire nulla. La trappola di ghiaccio cominciò dunque a liquefarsi, bruciando da pazzi sulle ferite aperte. Tuttavia, conosco chi potrà aiutarti affinché ciò non accada. proseguì. Quella pappardella era umiliante. E si sorprese nel sentirgli dire quell'ultima frase, o meglio.. riuscì a innervosirlo più di quanto già non fosse. Era palese si riferisse non troppo implicitamente a Yūzora e sapere che voleva metterlo nuovamente in mezzo e magari costringerlo a ripetere quello che aveva fatto la sera prima fece tornare a galla tutto il risentimento - giustificato o meno - che aveva per quell'uomo. Come intendete ottenere il risultato che sperate? Non avete la più pallida idea di cosa comporti contrastarlo. chiese, senza nemmeno fare lo sforzo di celare il fastidio che stava provando. Glie lo si leggeva negli occhi. Sarai addestrato alla manipolazione del chakra del Bijuu da Kyōmei Yūzora. eccolo. Era esattamente quello che temeva e che non voleva sentire. Non voleva perdere il controllo ancora davanti a Yu e rischiare di fargli del male, ma a quanto pare quel maledetto non gli dava altra scelta. Non appena lo riterrò opportuno, ti sottoporrò a un test per osservare i tuoi progressi nell'autocontrollo. Sino ad allora ti suggerisco di impegnarti al massimo e non abbassare la guardia. e con queste parole venne congedato. Non aveva diritto di replica. Doveva solo abbassare la testa e accettare quella sentenza, che non era di morte ma c'era vicina. Ryōkai. fu l'ultima parola che rivolse al superiore, pronunciata a denti stretti. Strinse le mani a pugno, soffrendone in silenzio.

Non ho bisogno di aiuto.


BTuN44y


Nei giorni seguenti a quell'incontro, pur non avendo la minima intenzione di coinvolgere nuovamente il Rosso in quella faccenda pericolosa, il castano fu costretto a sottostare alle volontà del superiore. Il compagno era stato avvisato con abbastanza anticipo da non ammettere repliche da parte sua. Ma non fu un allenamento usuale, tutt'altro; non era stato portato in quel campo - a detta del Rosso protetto da una barriera che non avrebbe permesso a nessuno di percepire l'immenso potere di Matatabi o di Kurama - per darsene di santa ragione. Fu molto chiaro in questo. L'unico vero insegnante in quel frangente era il felino poco collaborativo che albergava nella sua anima, in quanto lo stesso Kurama aveva affermato che ognuno dei suoi fratelli codati avevano poteri diversi. Lui sarebbe stato solo un compagno di allenamento, qualcuno pronto a suggerirgli come muoversi per controllare quella forza e non lasciare che lo surclassasse. Non poteva fare altro. Solo esserci. Legami. disse schietto, slegando con rapidi movimenti l'obi che teneva perfettamente insieme il suo vestiario, con il chiaro intento di porgerlo al compagno e lasciare che lo usasse come una banale corda. E non ammise repliche. Non voleva assolutamente rischiare di fargli del male, senza contare che la situazione era piuttosto umiliante.

Quanto sei noioso. Non vuoi dare una bella lezione a quella Volpe che ha preso possesso dell'anima del tuo amato Yūzora? chiese beffardo il felino dalle due code, ottenendo come tutta risposta un silenzio che sapeva di 'fai del tuo peggio, ma non ti permetterò di alzare un solo artiglio su di lui'. Un ghigno divertito, mentre veniva legato dal ragazzo dai capelli rossi con le mani dietro la schiena. Lo sguardo ferino del demone penetrò da parte a parte la sua figura. Come desideri.

Come predetto dal compagno, non fu una passeggiata. Tutt'altro. La sua anima venne lacerata dal potere del demone con divertimento, incisa in modi che nemmeno il castano aveva capacità di raccontarlo. Le prime volte fu impossibile resistergli e solo per volere del demone il tormento cessava, lasciando il suo corpo debole, la testa pesante e il volto pallido e madido di sudore. Yūzora fu costretto a raccogliere i cocci di quello che restava di lui ogni santa volta, trascinandolo a casa sconvolto e tremante dopo una serie di conati o nella vicina grotta che anche lui spesso utilizzava dopo gli allenamenti con Kurama. Doveva cercare di entrare in confidenza con quel chakra, come gli era stato suggerito.. ma la storia era tutt'altro che semplice. Matatabi aveva deciso sin da subito di metterlo a dura prova, senza step intermedi per rendergli il passaggio più graduale. Secondo lui, quello non era nemmeno una scintilla del suo potere e se già così si riduceva a pezzi poteva pure scavare a mani nude la sua tomba. Ma nonostante tutto, nonostante il tormento e il timore, Takumi si sottopose al trattamento senza tirarsi indietro, legato come un prigioniero, sino a quando le urla divennero mugugni e i mugugni solo ansimi. Solo quando fu in grado di chiamare incerto il nome del compagno seppe di essere riuscito a dominare quel potere, impressionando persino Matatabi che, dovette ammetterlo, era più forte di quanto pensasse. Qualsiasi umano si sarebbe spezzato a quelle torture, ma non il castano. Era davvero un ottimo tramite.

Passarono diversi giorni e come sempre stavano recandosi alla barriera per poter affinare l'autocontrollo del castano durante la possessione del demone, ma quella volta accadde qualcosa che non si aspettavano. Avvertirono appena un freddo insolito, prima che una cupola di ghiaccio non li separasse, lasciando il Rosso fuori e lui, da solo, dentro quella prigione di ghiaccio. Allarmato - non tanto nell'essere chiuso dentro la cupola, quanto più per aver perso di vista il compagno - batté forte con i pugni sul ghiaccio, chiamandolo.
Yu! Sono qui! Parlami! disse, sperando di farsi sentire, ma non pervenne risposta da fuori. Solo l'eco delle sue stesse parole rimbombarono dentro quella che poteva benissimo essere la sua tomba. Un silenzio assordante lo avvolse, mentre il gelo gli penetrava le membra man mano che si addentrava dentro la barriera. Cauto. Allerta. Si guardò attorno, sperando di scorgere qualcosa, qualsiasi cosa. Nulla.

Detesto i posti freddi e umidi. s'intromise stizzito il demone, svegliato dal trambusto e da quel freddo pungente che era arrivato sin dentro l'anima del suo tramite, per effetto delle sue sensazioni. Almeno su una cosa siamo d'accordo.. rispose sarcastico, sperando davvero di uscire da quel posto e raggiungere nuovamente il suo Yūzora. Le parole del superiore tornarono a matellare la sua testa e in quel momento fu facile per lui ricollegare il tutto. Aveva detto di stare allerta, che quando l'avrebbe ritenuto più opportuno lo avrebbe sottoposto a una prova per saggiare con mano i suoi progressi. Quel giorno doveva essere arrivato, con più anticipo del previsto. Teme.. sussurrò a denti stretti, mettendo mano all'elsa della katana per prepararsi. Uno scintillio lo fece voltare di scatto, ma non c'era nessuno in quella direzione. Una ferita si era aperta sulla sua guancia: un piccolo taglio di avvertimento che fu sufficiente a infastidirlo. Dove diavolo era?! Un altro colpo, questa volta alle spalle, più cruento, che lo fece cadere a terra e ruzzolare di qualche metro. Non aveva mai combattuto contro uno Yuki e non sapeva come muoversi. Avrebbe voluto urlargli di smetterla con quei giochetti da quattro soldi e di uscire allo scoperto, affrontandolo ad armi pari, ma si morse la lingua. Non gli avrebbe dato quella soddisfazione.

Devo trovarlo. Se continuo a essere cieco, sarò alla sua mercé.
E' veloce. Anche i topi lo sono, quando scappano verso le loro tane. rispose, con estrema sufficienza.

Un altro colpo, che anticipò per il rotto della cuffia ma che lo ferì a un braccio. Un bel taglio lungo il bicipite, e tanti saluti anche all'haori e al kimono. Era evidente che il suo invisibile nemico sfruttasse la cupola per nascondersi, ma era talmente immensa che faticava a stare dietro ai suoi movimenti. Si sentiva lui un topo in trappola, chiuso in una scatola di latta. Nervoso continuò a guardarsi attorno, ma non appena volgeva lo sguardo subito veniva colpito, una volta con un pugno che lo scaraventava a qualche metro di distanza, un'altra da un qualcosa di freddo e acuminato.
Smettila di perdere tempo a cercare di intercettarlo con la vista. Amplia i sensi! soffiò adirato il demone felino, stanco di quella situazione incresciosa. Giusto. Aveva ragione! Si sentì uno stupido per non averci pensato prima, lasciandosi sopraffare da quel senso di impotenza che lo aveva colto. Un topo poteva pure essere invisibile agli occhi, ma prima o poi avrebbe squittito e allora la sua posizione sarebbe stata palese. Stai calmo, sei nella merda tanto quanto me. Farmi agitare non serve. rispose a tono, per poi chiudere gli occhi e affidarsi soltanto al suo udito per intercettarlo. Era un musicista, le sue orecchie erano uno strumento importante, tanto quanto le dita che pizzicavano le corde e il polso per il movimento dell'archetto. Un altro colpo, che gli fece tossire sangue. Aveva sentito qualcosa. Un altro ancora, che per poco non gli fece battere la testa. Ancora un altro, che lo scaraventò quasi fino al limite della cupola. Solo allora fu in grado di anticiparlo, aprendo gli occhi in tempo per vedere la figura sopra di lui, coperta da una maschera di porcellana e fusa col ghiaccio circostante, pronta a colpire. Lo afferrò in tempo e riuscì con buona forza a tirarlo via da dentro quel maledetto rifugio, e provò a non dargli tempo, perché sapeva che se ne avesse avuto probabilmente sarebbe ritornato dentro quella cupola. Si avventò contro di lui, katana alla mano, pronto a colpirlo dal basso verso l'alto e sollevarlo da terra con la potenza del fuuton, e successivamente scaraventarlo a terra con un altro colpo. Malauguratamente non andò secondo i suoi piani: il primo colpo fu schivato facilmente e il suo avversario, sfruttando la destabilizzazione del momento, lo colpì duramente, passandolo da parte a parte con una stalattite all'altezza della spalla prima di scaraventarlo lontano. K-kuso.. disse a denti stretti, cercando di rimettersi in piedi e di resistere al dolore. Il suo avversario era nettamente più forte di lui e nonostante ci provasse ad essere all'altezza, non riusciva. L'uomo che stava dietro alla maschera indecifrabile dell'ANBU lo osservava quasi con cipiglio inquisitore, provocandolo silenziosamente. Sembrava gli stesse suggerendo che quello era il suo posto, con vermi. Doveva strisciare. Sottomettersi. Ma era chiaro che non l'avrebbe fatto, né lui né tantomeno Matatabi. La collera si impadronì di lui e quello fu terreno fertile per il demone, che stufo di vedere quel topo scorrazzare felice prese il sopravvento, sfoderando le unghie con un Adesso lo faccio fuori. Allora cominciarono gli incubi per il castano: suo padre - la figura umana scorticata dalle fiamme con la fibbia alla mano - pronto a seviziarlo, suo fratello a riderne, sua madre a piangere incapace di intervenire, sua sorella con l'orrore dipinto nel viso e lui, piegato al suolo, a stringere i denti e resistere. Lo aveva fatto una volta, poteva farlo ancora. Doveva farlo ancora. E allora si aggrappò al ciondolo con la bolla e il serpente, come se quel gesto potesse farlo aggrappare proprio all'unica persona in grado di alleviare quel dolore lancinante con la forza di un sorriso. E vi riuscì ancora. Yūzora si materializzò nuovamente all'interno dei suoi incubi, luminoso come un faro nella notte più oscura, e si inginocchiò vicino a lui, accarezzandogli la nuca mentre suo padre procedeva a martoriarlo. Affondò il volto nel suo petto, stringendo i denti, aggrappandosi anche a quella visione. Allora riottenne coscienza e fu padrone del suo corpo tanto quanto Matatabi, palesemente scocciato dall'ennesima intrusione del cucciolo di Kurama che però, in quel frangente, era provvidenziale per rinforzare il suo tramite.

I primi colpi furono cruenti, al punto tale da perforare in profondità la pelle del malcapitato e scaraventarlo contro la cupola. Ma l'avversario non fu da meno e ricambiò il favore con prontezza, facendogli male, spingendolo contro il ghiaccio con una violenza tale da incrinarlo. Strano. Sembrava che i suoi colpi fossero mossi da una maggiore agitazione e la causa fu presto detta. Sorrise beffardo.
Che figlio di puttana.. hai portato tuo figlio alla morte e adesso avverti la morsa del senso di colpa? rise, con un commisto di collera nei confronti dell'ennesimo padre mancato e di estremo divertimento derivato dal diletto del Gatto. C'era anche un'altra figura a tormentare quell'uomo, come un presagio di morte che si lanciava da un'altezza ragguardevole in continuazione, morendo sul colpo. Patetico. proseguì ad infierire, colpendolo ancora con più violenza, con più foga, prima di scatenare la reazione dell'uomo mascherato che lo puntellò nel petto con delle chirurgiche lame di ghiaccio - che fortunatamente non toccarono punti vitali - e un ennesimo ninjutsu che ebbe l'effetto di scaraventarlo nuovamente contro la cupola, che già incrinata precedentemente si frantumò in mille pezzi facendolo volare per altri metri.

Ansante, pieno di sangue, con i vestiti laceri e la voglia di continuare a lottare che però lo tradì facendo vacillare il suo braccio mentre tentava di risollevarsi. Vide appena l'uomo abbassare la maschera, ma con la vista appannata non comprese chi fosse. Anche i suoni divennero ovattati e in un momento tutto fu buio, e freddo.



CITAZIONE
6942 Caratteri (spazi esclusi) solo la parte delle mazzate con il simpatico Shika.
 
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view post Posted on 6/2/2022, 00:43     +1   -1
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A Man of No Consequence

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Addio Nasai, insegna agli angeli come fare le bolle con la cigomma.

Beh, niente da eccepire, prenda pure i 100 exp e vada verso l'orizzonte degli eventi che attende dietro il time skip e... Ok, basta deliri, arrivederci. :coffee:
 
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view post Posted on 6/2/2022, 18:40     +1   -1
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病気 Byōki - Il Morbo
Kiri, tra Settembre 250 DN e Settembre 252 DN.



Aprire gli occhi non fu esattamente gradevole: aveva un bel mal di testa e dolori in ogni parte del corpo. Specialmente nel costato. Si sentiva stordito - probabilmente a causa di qualche sostanza che stava venendo assorbita dal suo corpo attraverso i tubi delle flebo che aveva attaccate - e completamente incapace di muoversi, nemmeno se un edificio gli fosse crollato addosso. Anche contrarre appena i muscoli per poter fare anche solo un semplice movimento come il portarsi la mano alla testa gli causava dolore. Era chiaro dove si trovasse, ricordava bene quella cupola di ghiaccio e l'ANBU che aveva deciso di fare di lui il suo sacco d'allenamento. L'unica cosa positiva era la presenza al suo fianco, che lo osservava rincuorato ma senza dire una parola, quasi avesse timore di infastidirlo. H-ho p-passato l'esame? chiese un po' biascicato, spezzando quel silenzio innaturale. Sei vivo, quindi direi di si. rispose lui, abbozzando un sorriso che dissipò appena quel velo di preoccupazione che era facile leggergli negli occhi. Sorrise, ma se ne pentì due secondi dopo a causa di qualche colpo di tosse che lo fece sussultare dal dolore. Porca puttana. Lo aveva conciato per le feste, quel maledetto. Lo sapevo che non avrei dovuto dire nulla a quel damerino formato ghiacciolo.. disse, pentendosi amaramente di aver spifferato tutto a colui che stava dietro al suo stato attuale. Tutto quel dolore per cosa? Per dimostrare il suo autocontrollo? Sarebbe stato peggio non averlo fatto. Ti riprenderai. lo rimbeccò, stringendogli la mano. Quel contatto. Anche se erano passate soltanto alcune ore, o forse giorni dal suo risveglio, quel contatto gli era mancato. Strinse debolmente. Sapeva di non essere solo, e seppure al momento non poteva essere dimesso sapeva che Yūzora sarebbe stato al suo fianco per tutto il tempo necessario, come tempo prima aveva fatto lui.

Fu dimesso qualche giorno dopo e accompagnato a casa con prognosi non rassicurante, per quanto affermassero che tutto sarebbe andato bene. Aveva tre costole rotte. Questo significava che non poteva fare grossi movimenti e che ogni respiro sarebbe stato un dolore, soprattutto una volta finiti gli antidolorifici prescritti dal medico (troppo forti e inclini a creare dipendenza, se abusati). E non fu semplice avere a che fare con quei limiti, con la noia e con il malumore che lo investiva ogni qual volta ne affrontava uno nuovo. Era terribile. Ma anche quel periodo trascorse. Mano a mano che passavano i giorni, con l'aiuto del Rosso e di suo fratello Kai che si era prestato a controllarlo e aiutarlo nella riabilitazione, riprese pieno possesso delle sue facoltà e anche Matatabi, abbastanza stufo di quella stasi totale che non gli permetteva di sfruttare appieno il suo tramite, ritrovò la vitalità sopita. Ma la quiete spesso preannuncia tempesta, e questa li investì sotto forma di una malattia che colpiva il sistema circolatorio del chakra, comunemente denominata 'Il Morbo'. Anche quelli furono momenti assai difficili, seppure né lui né Yūzora accusarono malesseri di qualsiasi genere. Finsero di averli in presenza degli altri per evitare che qualcuno sospettasse di qualcosa, adeguandosi ai sintomi classici quali il mal di testa e la debolezza generale, estremamente facili da inscenare e difficili da negare. Ma un sintomo in particolare lo ebbero anche loro, e Takumi non la prese molto bene: non riuscivano più ad adoperare come prima il loro chakra. Ci provò con tutto se stesso a riprendere al meglio le sue facoltà, allenandosi giorno e notte, saltando pure i pasti quando necessario.. ma nulla. Non riusciva più a fare molte cose e questo fu un duro colpo: perse totalmente la facoltà di manipolare il fuuton, ma mantenne con qualche sforzo quella di manipolare il katon; le sue genjutsu non erano più così efficaci come prima e la sua abilità con la katana, pur rimanendo perfetta nell'esecuzione, mancava di brio e ingegno. Ci perse letteralmente il sonno su queste cose. Si sentiva inutile.
Nel corso dei mesi qualcosa migliorò, specialmente nella manipolazione del katon che parve tornare con l'allenamento e con il nuovo modo di concepire quella stessa manipolazione agli antichi fasti. Aveva anche sviluppato una strana capacità, attraverso quegli sbalzi d'umore che lo coglievano ogni volta. Un giorno si era accorto che dentro di lui c'era qualcosa, una corda, con un colore e una lucentezza bizzarra; con cautela la prese fra le dita e la allungò, tirandola fuori dal suo petto e da quel momento aveva cominciato a sentire una pesante tristezza, risultando inconsolabile a qualsiasi tentativo di Yūzora di rincuorarlo. Sapeva giocare con le emozioni, le vedeva se si impegnava negli altri ed era sicuro che avrebbe potuto trarre vantaggi da questa curiosa peculiarità. Ma non era abbastanza. Non sapeva fare altro, non sapeva come essere efficiente. Non sapeva più nulla.


BTuN44y


Seduto sotto la rigogliosa fronda dell'albero in giardino, pensieroso mentre giocherellava con una invisibile corda dal colore appena accennato, rimase a guardare il vuoto davanti a sé. Anche scervellandosi e aguzzando l'ingegno non aveva idea di come applicare in battaglia quella peculiarità scoperta durante gli allenamenti, come renderla sua e renderla pericolosa. Attualmente sapeva solo giocare con le emozioni e se voleva poteva mutare la propria per qualche istante, scacciare la tristezza con la felicità prima di tornare a pensare lucidamente, scevro da sentimenti. Ma anche facendolo cosa avrebbe ottenuto? Allora lo avvertì avvicinarsi, spezzando quella serie di pensieri inconcludenti. Si volse verso di lui e lo osservò con un cipiglio corrucciato e sorpreso mentre portava con sé un incarto lungo che verosimilmente poteva contenere un'arma. Fai una pausa dai, ho una cosa per te. Consideralo un regalo di compleanno anticipato. disse avvicinandosi abbastanza da potergli porgere l'involucro, che il castano prese con cura dalle sue mani, con un misto di curiosità e titubanza. Un regalo? Un po' troppo anticipato, oserei dire. Compio gli anni a Novembre.. rispose, abbozzando un sorriso. Era appena finita l'estate. Fece per scartare l'involucro e rivelare il contenuto dello stesso, ma si arrestò per osservare il suo compagno negli occhi e chiedere silenziosamente quel permesso che venne subito accordato con un cenno positivo del capo. Sciolse con cura le corde che tenevano insieme la carta, mentre il Rosso si accomodava accanto a lui per poter godere appieno della sua reazione. Non poteva credere a quello che stava vedendo, mentre eliminava la carta per fare emergere una magnifica katana dalla lama assai particolare, simile per conformazione a un arco di ehru. Rimase a bocca aperta, come un bambino che ha appena ricevuto un giocattolo inaspettato. Osservò attentamente ogni dettaglio di quella magnifica arma, saggiando delicatamente il filo con il pollice e osservando la meravigliosa guardia composta da un elaborato serpente attorcigliato che ingoiava la sua stessa coda. L'elsa era comoda, intrecciata finemente con un tessuto morbido e resistente. È.. semplicemente splendida.. commentò, rapito da quel regalo inaspettato. Arigatō. un ringraziamento, vero. Ha un nome? chiese poi scioccamente, non avendo fatto caso alle incisioni alla base della lama. Cosa che il Rosso gli fece notare prontamente, indicando con un dito il punto esatto. Il fabbro e il liutaio che ho interpellato per creare quest'arma, mi hanno detto che non me l'avrebbero data senza che prima fosse battezzata. Evidentemente sono di quella linea di pensiero. Così mi sono permesso di sceglierlo io il nome. Yomikoe. Spero ti piaccia.. disse, con un accenno di preoccupazione. Si sciolse in un sorriso sincero, dopo lunghi attimi di snervante attesa. Voce dello Yomi.. Bellissima anche nel nome, ma mai quanto colui che l'ha pensata per me. espresse, per poi semplicemente baciarlo, con un bacio avvolgente e passionale che valeva più di mille grazie. Cominciava a ragionare sui suoi possibili utilizzi e quello che gli venne in mente fu estremamente folle, ma valevole di un tentativo accurato. Permetti una cosa? chiese, non appena le loro labbra si separarono, osservandolo negli occhi con un magnetismo a cui difficilmente avrebbe potuto resistere. Di tutta risposta, Yūzora inarcò le sopracciglia e curioso piegò il capo di lato, chiedendogli candidamente Certo, che vuoi fare? Takumi sorrise a quella curiosità, ma rispose con un semplice Lo sentirai.. prima di scendere con lo sguardo sul suo petto ad accompagnare quel sensuale movimento della mano, scesa in una carezza. Eccola. La vedeva chiaramente. Aveva un colore appena dorato, vivace. Prese la sottilissima corda, arrotolandola nell'indice prima di tirarla piano, dolcemente, osservando gli effetti benefici che questo apportava sul volto radioso del compagno. Allora prese saldamente Yomikoe, facendo scorrere lungo il suo filo il proprio chakra prima di poggiarla su quella stessa corda e accarezzarla dolcemente, come stesse suonando il suo ehru. Cosa senti? chiese, continuando a far vibrare dolcemente la corda. Serenità, gioia.. disse un po' incredulo, per poi ridere Non riesco a non sorridere. al che pure il castano sorrise, interrompendo quell'esperimento. Sei tu che lo stai facendo? Come.. come ci riesci? chiese, genuinamente curioso. Non lo so. So solo che riesco a vedere qualcosa, se mi ci metto d'impegno. Delle corde, del tutto simili alla tela tessuta da un ragno per intenderci. Hanno colori diversi e in base a quelle che riesco a tirare, ho provato cose diverse. Ho solo pensato di suonarle.. disse, sorpreso quanto lui ma molto più sereno rispetto a prima. Sapeva cosa doveva fare e che direzione prendere. Inconsapevolmente, Yūzora gli aveva aperto un mondo. Arigatō. ripeté ancora una volta, felice. Senza di te, non ci sarei mai arrivato. Fu allora che arrivò un altro bacio, al quale non si sottrasse. Prego. gli sussurrò a un soffio dalle labbra, prima di allontanarsi del tutto. Anche se davvero non ho fatto nulla di che. Ho solo pensato di darti un'ispirazione verso qualcosa che sai fare bene. Chi se la immaginava questa cosa delle corde? concluse, ridacchiando. A quel punto non riuscì a trattenere quello che provava. Con un colpo di reni si sollevò sino a metterglisi sopra e impedirgli ogni via di fuga, sollevandogli il viso con una carezza che sapeva di desiderio. Persino i suoi occhi esprimevano quel torbido bisogno. Ma le sue parole furono dolci. Sei tu la mia fonte principale di ispirazione. e ancora una volta azzerò le distanze fra le loro labbra, lasciandosi trasportare dai sentimenti.

Da quel giorno in avanti fu cavia di se stesso, apprendendo come applicare Yomikoe al suo nuovo misterioso talento, non solo per allietare o peggiorare uno stato d'animo, ma anche come ferire attraverso di esso. Matatabi, acciambellato nell'oscurità della sua anima, approvava quel nuovo pericoloso gioco di emozioni. Adesso poteva affermare con sicurezza che il morbo era finalmente un lontano ricordo.

 
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