Una prigione fatta di stelle, Chiaki Hyuga - Sessione Autogestita #4

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view post Posted on 18/1/2022, 13:27     +1   -1
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Chi vive senza follia non è così saggio come crede...


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Da una Lacrima di Luna

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Atto I ~ Tradimenti

[x] Non fu facile per la kunoichi capire cosa le fosse accaduto. Un attimo prima si trovava tra le braccia di Hakurei che sosteneva il suo corpo paralizzato dal sigillo imposto da Akane Uchiha, mentre l’attimo successivo davanti a lei si stagliava un luogo completamente sconosciuto: bianco, luminoso, idillico. Si trovava ai piedi di una scalinata in travertino, o perlomeno un materiale che gli assomigliava molto, il cielo era contornato di stelle la cui energia era talmente potente da illuminare quasi a giorno l’ambiente circostante. In lontananza di fronte alla Hyuga un’imponente castello, svettava completamente sull’intorno. Doveva avere mille domande per la testa, sul come e perché si trovasse esiliata in quel posto, eppure stranamente non le importava in quel momento. Che avesse desiderato così ardentemente non essere dove il suo corpo si trovasse, e quindi la sua speranza fosse riuscita ad oltrepassare persino il tempo e lo spazio? Oppure stava semplicemente impazzendo? Non era da escludere. Avanzò di qualche passo, avventurandosi verso quel lungo ponte di pietra sospeso nel cielo. Le nuvole come un mare spumeggiante, nascondevano le profondità delle fondamenta. L’immensa reggia pallida e splendente era l’unico faro nella nebbia per qualunque straniero, che come lei si trovasse disperso lì. Le cinque torri erano alte e acuminate, come delle frecce di lancia; una più di tutte svettava sulle altre, centrale e più ampia. Che si trattasse della residenza di qualche ricco sultano? L’unico modo per scoprirlo era chiedere a qualcuno, oppure presentarsi personalmente alla corte per chiedere delucidazioni. Sicura delle sue poche alternative ed ormai in cammino, la giovane mai si sarebbe sognata di vedere quello che di lì a pochi minuti i suoi occhi le avrebbero mostrato. Una città, un vero proprio regno abitato da esseri “animali”. Per sua esperienza dopo aver vissuto anni in una famiglia pelosa non avrebbe dovuto allarmarsi troppo, eppure quel popolo era diverso. La loro forma fisica era bestiale ma il loro corpo non sembrava definito. Intensamente bianco ed irradiato di luce propria, i contorni si muovevano come quelli di un fuoco fatuo. Spiriti? Chi erano quegli animali parlanti? Compivano gesti quotidiani, come farebbe qualsiasi gruppo sociale in un villaggio. Li osservò con cautela, mentre al suo passaggio gli sguardi esterni le accarezzavano la pelle sempre più insistentemente. Nessuno si avvicinò o le rivolse parola, ma i più smisero di compiere qualsiasi attività per osservare l’invasore. Così diversa, così umana, così straniera tra loro. Una piccola processione tra i più curiosi si mise in coda al suo passaggio. Chiaki accelerò il passo, presa un po’ alla sprovvista da quelle eccessive attenzioni. Conigli, lupi, volpi, cervi, ricci, gufi e tanti altri. Ci mise un po’ per collegare cosa li accumunasse: la notte. Animali notturni o spiriti notturni che si erano stabiliti in un villaggio folcloristico giapponese, caratterizzato da una perfetta manutenzione. Forse perché quella che stava attraversando era una strada principale, ma non aveva scorto nemmeno il minimo segno di deturpazione o povertà nell’intorno. Se da un lato dentro di lei si sentiva spaesata da quella situazione, in un angolo del petto avvertiva la stessa pace trasmessa dall'essere a casa. Ma come poteva essere possibile? Le missioni, partire all’improvviso, l’aveva sfiancata fino a quel punto? Ed i suoi figli? Si le mancavano, ma era pronta ad affrontarli di nuovo? A dirgli quanto era stata inetta la loro madre? Sbatté le palpebre confusa a quel pensiero, a quella spensieratezza che non le apparteneva. I ragionamenti non tornavano, quella non era lei. Improvvisamente la processione si bloccò e con loro la ragazza che notò immediatamente il cambiamento. Questa volta si girò osservando i musi dei presenti impassibili, che continuavano a mantenere una certa distanza reverenziale. Fece per aprire bocca la diciottenne, ma ebbe un ripensamento all’istante. Si rese conto di non sapere nemmeno lei cosa dire. Fu così che riprese la strada maestra, addentrandosi nel primo grande arco che limitava l’ingresso verso una vasta struttura fatata.

Lo specchio della terra è il cielo

La frase scavata nella pietra con caratteri sinuosi e morbidi, sembrava far risaltare il contenuto ancor più luminoso e vivo. Forse era solo un’impressione del ninja ma la roccia emanava vita propria, come se il materiale scalfito fosse una ferita inferta direttamente sulla carne. Con un profondo sospiro angosciato proseguì all’interno. La sensazione di essere tenuta sulle spine, la tormentava. Sembrava tutto maledettamente un sogno, eppure ogni dettaglio era così accurato e vivido. Non c’era stato bisogno di darsi un pizzicotto, perché sapeva con certezza che il suo risveglio non sarebbe dipeso da lei. Quel mondo era reale come sapeva per certo lo fosse la sua esistenza. Adagiò il piede con maggior vigore, affrontando una nuova rampa parecchio pendente. Non aveva la minima idea di dove dovesse dirigersi per arrivare nel cuore del ricco palazzo, eppure sembrava sapere esattamente dove si stesse recando. I suoi muscoli si muovevano da soli, caratterizzati di una memoria propria. Altri svincoli, un corridoio, alcuni atri spettacolari, scale ed ancora scale, e poi eccolo: un salone immenso. Fiori grandi simili a gigli ricoprivano ogni angolo troppo nudo della sala, brillanti e profumati. Un’altra cosa che apparteneva solo a quel posto. Fermò la sua avanzata, trovando finalmente la chiave del regno segreto. Una donna si ergeva di spalle davanti a lei, con la chioma bianca che si muoveva ad ogni soffio di vento esterno. Sembrava stesse guardando fuori un’immensa porta finestra che nascondeva un balcone piuttosto spazioso.

- Ed infine sei arrivata - ruppe il silenzio la bella ammantata di mistero, senza il bisogno di voltarsi - Ti stavo aspettando.

- Non che potessi perdermi... - rispose di rimando Chiaki, perfettamente conscia di chi avesse davanti - Cos’è questo posto? Ed esattamente perché ci troviamo qui? Stavamo parlando con quell’essere ferito dagli uomini e poi... eccoci. In questo luogo non possiamo essere utili a nessuno. Cosa ci facciamo bloccate qui?

Seguì un lungo silenzio riflessivo, prima che l’albina decidesse di sprofondare le sue iridi diafane dentro quelle della compagna.

- Non saresti stata comunque utile a nessuno in quelle condizioni - riferì glaciale come la verità che aveva appena riversato addosso alla sua protetta - Quel sigillo rende un oggetto rotto te, quanto me. Non ci possono essere amicizie nel vostro mondo, lo capisci adesso? Sei stata tradita e abbandonata dalle stesse persone che credevi tuoi alleati. Gli umani sono egoisti, dovresti averlo appreso bene ormai nel corso della tua storia. Quell’incarico poteva essere la fine di tutti i sacrifici che abbiamo fatto io e tua madre. Sei rimasta in balia degli eventi senza poterti muovere, sai cosa significa? Che l’unica ragione per cui posso parlare ancora con te, è la fortuna sfacciata che ti guarda le spalle.

Quelle parole furono talmente crude e dirette, che la diciottenne rimase impietrita davanti a tanta franchezza. Yume l’aveva spesso consigliata, protetta dandole supporto bellico ma mai si era comportata così aggressivamente. Per la prima volta dopo tanti anni si sentì di nuovo una bambina davanti al suo sensei. Ciò che affermava la sua altra metà non era poi così sbagliato, ma lei cosa poteva farci? Avrebbe dovuto appendere al chiodo tutte le sue armi e fare la casalinga?

- Io, io volevo essere utile alla causa. Ho passato la vita ad addestrarmi per diventare più forte, degna del ruolo che mi sono trovata a ricoprire - balbettò quasi come ai vecchi tempi, cecando di convincere più sé stessa che la proprietaria del castello - Infondo, queste catene cosa sono in confronto alla vita spensierata dei miei figli?

- Devi smetterla di pensare sempre agli altri, sei arrivata al punto di annullarti e continui a infangare gli sforzi compiuti per arrivare fino a qui. Queste sono scuse, giustificazioni che trovi per non guardare in faccia alla realtà dei fatti - disse di getto come un torrente impetuoso, continuando ad infierire nell’io della madre - Nelle mie terre sarai al sicuro, almeno finché non rinsavirai.

Quindi come aveva sospettato quello era il regno dello Tsuki no Seishin. Sul come ci fosse arrivata rimaneva ancora un mistero, anche se una mezza idea durante il tragitto se l’era fatta. Quello che non accettava però era la decisione dello spirito, che sembrava convinto a trattenerla lì contro la sua volontà. Avvicinò le mani componendo i sigilli, sicura di poter rompere quella genjutsu rivolta a sé stessa, ma il nulla seguì l’immediata difesa.

- Non succederà nulla, mi dispiace. Ho utilizzato parecchio del mio potere accumulato in tutti questi anni nel tuo corpo per imprigionarci qui. Rafforzerò la tua mente e il tuo spirito, ti farò maturare e forse sarai pronta ad interfacciarti con la vita in maniera diversa - fu difficile capire i suoi sentimenti, ma la Hyuga ebbe l’impressione di leggere una nota abbattuta nella sua voce.

Che quella svolta non fosse stata prevista dall’imperatrice? Una rabbia crescente iniziò ad impossessarsi dell’evocatrice, ormai stanca di tutto quello che le stavano rovesciando addosso. Le mani cominciarono a tremare ed il chakra della fanciulla iniziò a fuoriuscire da ogni poro libero del suo corpo. Lo scarico di tensione stava prendendo una brutta piega. Il conto alla rovescia era cominciato, la bomba stava per esplodere.

- In che senso siamo bloccate in questo posto? Come hai potuto azzardare una simile mossa, senza sapere le conseguenze del tuo gesto. Che ne sarà di noi? Il mio corpo è rimasto in quella caverna? - tanti erano i quesiti che si ingarbugliavano nella mente della bella dalla chioma blu - Come facciamo ad accumulare abbastanza energie per andarcene? Riesci a darmi almeno delle risposte!

Non era dalla kunoichi farsi prendere dal panico, ma quella situazione aveva dell’inverosimile. Mai si sarebbe aspettata un simile comportamento dalla sua doppelgänger. Come aveva potuto buttarsi a capofitto su un’idea senza prima avere un quadro generale degli effetti causati dalla stessa.

- Ho ottimizzato i danni, ma l’energia che ho dovuto utilizzare è stata maggiore di quella che avevo preventivato. Nella mia esperienza millenaria, non sono mai stata costretta a questo - confessò distogliendo lo sguardo e agganciandolo ad una porticina che dava verso un’altra stanza - Il tuo corpo è al sicuro, protetto da una barriera infrangibile finché entrambe resteremo insieme.

- E dove voglio andare, non ho la minima idea di cosa ci sia lì fuori - rispose di getto la prigioniera, sfogando tutta la sua frustrazione - Ed i miei figli? Quanto tempo occorrerà per uscire di qui? Li ho lasciati in balia di loro stessi e di Mirai.

- Non ne ho idea, lo scorrere delle stagioni è difficile da calcolare e nel mio regno tutto è molto relativo. Ma c’è un modo per accelerare i tempi - a quel punto prese a camminare in direzione della stanza che aveva adocchiato già da un po’, invitando l’altra fanciulla a seguirla - Questa è la fonte del mio potere, la sua luce è molto tenue come puoi vedere. Ma se ci allenassimo, se riuscissimo a far uscire tutto il tuo potenziale potremmo entrambe tornare.

Il medico seguì silenziosamente la divinità. I passi dell’altra erano talmente leggeri che sembrava camminare sull’acqua, sfiorando appena il pavimento. La porta finemente intagliata si aprì al solo comando della sua mano, rivelando una statua scolpita a forma di luna sospesa sopra le loro teste. Il disegno era più rifinito ma ricordava lo spicchio di luna che lo stesso ninja portava sulla sua spalla sinistra fin dall’infanzia. Sospesa a mezz’aria sopra una colonna al centro della stanza, la roccia era pallida; anche se ricordava la materia intera di quel regno, l’energia che emanava era flebile e altalenante come una lucciola che giunge al termine della sua esistenza. Chakra doveva trattarsi di quello, lo avvertiva chiaramente anche senza l’ausilio del Byakugan. Solo che quel suo calore era seguito da una melodia magica di sottofondo, ripetitiva e delicata. La madre era arrabbiata, continuava ad esserlo anche se adesso comprendeva meglio la difficoltà di Yume ad ammettere le sue colpe. Esistere senza sapere quando sarebbe tornata alla sua normale quotidianità era una sofferenza a cui teoricamente era abituata, eppure non riusciva a mandare giù quel boccone amaro. Forse perché proprio chi più pensava vicino a lei l’aveva tradita, non fidandosi del suo giudizio. Akane era colpevole per quella sconsideratezza, aveva complicato un’intera missione per una sua sfiducia e adesso anche l’albina la relegava in quello spazio ignoto, senza sapere come e quando sarebbero tornate.

- Allora cominciamo, non c’è altro tempo da perdere - concluse la konohana, distendendo il busto e gli arti in posizione di attacco.


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Atto II ~ Accettazione

Ore, giorni, settimane, anni. Yume aveva ragione in quel posto non si riusciva a percepire quanto tempo fosse effettivamente trascorso. Le uniche certezze che aveva erano quelle che concretamente aveva appreso rimanendo bloccata in quella realtà alternativa. Il paese, la popolazione, gli odori, le sensazioni ogni momento che godeva, lo aveva già assaporato. Non c’era luogo non esplorato, non c’era spirito che non avesse almeno interloquito una volta con lei. Un intero regno così disteso ormai sembrava infinitamente piccolo alla Hyuga. Il regnante aveva stabilito delle regole quasi scolastiche, dove ogni quattro ore avevano l’obbligo di scontrarsi praticando le arti ninja, mentre le altre di recupero potevano essere sfruttate come meglio si credeva. In quel posto il vincolo che le univa era lontano: ognuno possedeva la sua anima in autonomia, ognuno poteva eseguire le proprie mansioni, ognuno ritagliava del tempo dedicato solo al piacere di sé stesso. E così dopo ogni scontro, dopo ogni sudata si tornava a chiudersi nel baratro che era l’insoddisfazione di non poter più assaporare la vita come la si conosceva. Chiaki per quanto avesse raggiunto una certa calma interiore, non riusciva comunque a perdonare la sua protettrice. Quel suo gesto l’aveva chiusa in una palla di vetro, nell’ignoranza più totale di come il mondo andasse avanti senza di lei. Perlomeno finché era capace di ragionare, finché non provava dolore, il suo corpo era al sicuro. La divinità era stata chiara: la sua parte umana si trovava nei pressi delle macerie dell’abitazione distrutta dalla potenza del Gedo, lì dove era crollata priva di energie ed aveva visto i compagni cadere come foglie in autunno. Quindi la sua ultima avventura vissuta tra i suoi compaesani era stata una specie di sogno comandato dal Bijuu. Forse il team l’aveva rintracciata e portata a casa, forse si trovava all’ospedale di Konoha priva di conoscenza. Le tornarono in mente i ricordi di quando dovette svegliare dal coma Fuyuki, senza esitazione era partita abbracciando tutte le sue conoscenze pur di riportare indietro l’amato. Chissà se anche lui avrebbe fatto lo stesso per lei? Sì, non poteva essere diversamente. Sospirò profondamente allontanando le sue memorie. I piedi a penzoloni nel vuoto, mentre un rumore di passi sanciva la fine della sua pausa. Aiutata dalla katana si rimise in piedi con la massima calma, quella routine era diventata noiosa e stancante. Non vedeva l’ora che tutto tornasse alla normalità. Estrasse l’arma bianca, posizionandola di fronte a lei. Una nuvola si intromise tra i due combattenti, sancendo l’inizio dello scontro. Non occorsero parole, perché ognuno sapeva dove essere e quando esserci. La prima a dare il via alle danze fu la diciottenne che con la sua solita rapidità si scagliò feroce verso l’avversario, sguainando pericolosamente la lama. Lo spirito fu altrettanto leggiadro e si allontanò approfittando del vento. Le vesti candide volteggiavano intorno a lei come quelle di un’odalisca. Imprevedibile come sempre fissò negli occhi la fanciulla, abbattendole addosso un branco di dieci lupi bianchi come la neve, arrivati da dietro le sue spalle. Gli spiriti erano stati richiamati con l’incarico di seguire i suoi ordini. Come in una danza acrobatica, senza poter utilizzare nessun ausilio in un campo così scoperto, la giovane si trovò ad eseguire i migliori volteggi al pari di un cistercense. La lama volteggiò in aria dove non era possibile eseguire uno spostamento senza l’ausilio degli arti. Per quanto potessero essere abili le bestie notturne era una mossa che già conosceva bene. Ci mise un attimo per sbarazzarsi di quell’inghippo, sfidando con un semplice sguardo il suo mentore a fare di meglio. Conosceva perfettamente le sue capacità, stava semplicemente avanzando in modo cauto per godersi maggiormente lo spettacolo. Uno strano rumore attirò la sua attenzione verso il cielo, che da un blu intenso iniziò a tingersi di rosso mentre lacrime di magma scendevano dall’alto. Le stelle si stavano schiantando proprio verso di loro.

Giochi sporco tirando fuori sempre carte nuove

Non poteva essere reale quello che stava succedendo. Avvicinò le mani in tutta fretta impastando il chakra verso la sua mente, sicuramente vittima di un’illusione. Il terrazzo non poteva reggere un tale schianto e poi che intenzioni aveva? Voleva distruggere l’intero villaggio sottostante? Si trattava di un’altra prova per vedere se le sue abilità di manovra. Ormai un meteorite era a pochi chilometri da lei, quando il cielo tornò nuovamente ad apparire fermo e luminoso. Adesso stava al jonin contrattaccare, doveva smetterla di perdere tempo. Approfittò di quel momento di stallo per avvicinarsi pericolosamente alla sua protettrice, nascondendo un sorrisetto divertito. Si sollevò in cielo, facendosi trasportare dalle correnti più impetuose. La katana sempre stretta tra le mani, in attesa di un sacrificio di sangue. Le bastò tagliare il vento perché delle lame di aria si susseguissero in direzione del rivale. Yume era pronta, dopo tutti quei numerosi allenamenti era difficile non conoscere apertamente una lo stile dell’altra. L’imperatrice convertì la direzione delle lance, con un semplice gesto della mano destra lasciandole vagare verso l’alto, mentre con le dita della sinistra si sistemò una ciocca di capelli scomposta dall’elemento. Quasi persero la concezione del tempo andando avanti. Con quel cielo statico, gli orologi inesistenti, solo la stanchezza della Hyuga poteva essere la loro fonte di informazioni. La fronte del ninja era completamente scintillante, come gli astri del firmamento sopra le loro teste. Le palpebre si tenevano aperte a metà mentre il sonno cercava bruscamente di vincere sulla concentrazione. Non si poteva arrendere, era stufa di quel posto. Voleva tornare a casa, voleva abbracciare i suoi bambini, raccontargli una favola della buonanotte, sentire ogni loro progresso fatto. Per quanto lei e lo spirito fossero unite, c’era una parte esistenziale della sua vita che le mancava. Più lo scorrere del tempo andava avanti e più aveva impressione di perdersi dettagli importanti della sua storia. Quell’insaziabile voglia di uscire di lì la portò a continuare, ad agguerrirsi nonostante i colpi si facessero più dolorosi e difficilmente schivabili. Diverse volte la controparte provò ad interrompere il combattimento ma Chiaki si rimetteva sempre in piedi. Il respiro ed il cuore sempre più affannati. Scattò in avanti nuovamente, correndo in direzione dell’albina, spostandosi di traiettoria per non dare modo all’altra di prevedere la direzione del suo attacco. Fu proprio a quel punto che un suono piacevole ed intenso, una melodia che conoscevano bene arrivò alle loro orecchie. Gli occhi diafani del medico si spostarono in direzione del palazzo, in un punto preciso che conoscevano entrambe le combattenti. L’artefatto era pronto.


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Atto III ~ Progetto Speciale

Quando le sue palpebre si sollevarono, quasi fece fatica a mettere a fuoco persino il soffitto buio del posto dove si trovava. Anche un piccolo muscolo come quello sembrava pesare tonnellate, tanto era arrugginito. Le lunghe ombre di fronte a lei, divennero un astratto disegno da contemplare. Che diavolo era successo? Perché avvertiva il suo corpo come un enorme masso? Le dita congelate, piano piano si sciolsero iniziando a compiere dei piccoli movimenti ondulatori. Poco distante da lei doveva esserci qualche strumentazione medica, avvertiva il rumore del suo cuore, che regolare manteneva sempre lo stesso ritmo. Dove diavolo si trovava? Il buio dominava su tutto, se non per la luce tenue che si diffondeva da lontano. Non riuscì a voltarsi per vederne l'origine, il suo corpo faceva di tutto per remarle contro. Ogni cosa, anche la più semplice sembrava faticosa: come respirare. Iniziò ad indagare il contesto di dove si trovasse, approfittando del poco campo visivo che aveva a disposizione. Sotto il suo corpo doveva esserci un letto, ne avvertiva la soffice consistenza. Poi lo sguardo cadde sul bordo inferiore, vicino ai suoi piedi, il tubolare d'acciaio era leggermente impolverato. Mano a mano che i suoi occhi si abituavano all'ambiente, riscoprì la familiarità di quel posto. Lì dove aveva passato parecchie giornate intense di lavoro, lì dove aveva condiviso gioie e dolori, lì dove era cresciuta professionalmente. Tirò un respiro di sollievo, ringraziando i Kami per la loro benevolenza. Per quanto tempo era stata assente? Chissà i suoi compagni che fine avevano fatto... sicuramente erano partiti per qualche nuova missione. Nel continente ninja non ci si annoiava mai. Lanciò una rapida occhiata al suo fisico un po' in apprensione, sembrava che ogni cosa fosse al suo posto ad un primo esame: sempre che non fosse stata vittima della sindrome dell’arto fantasma. Provò ad emettere qualche suono ma la sua gola era completamente asciutta. Passò una buona mezz’ora prima che con estrema concentrazione riuscisse a muovere gli arti più pesanti. Con un gesto secco si strappò via qualsiasi cosa la legasse a quell'estraneo giaciglio. In lontananza non avvertì nessun rumore, forse non si erano accorti del suo risveglio. Se si trovava nei piani inferiori, ciò poteva avere solo una spiegazione: che la sua presenza nel mondo di Yume non era durata solo pochi giorni. Era lì, in quel reparto che venivano accudite e supervisionate le persone nel mondo di mezzo. Piano, piano tutti si dimenticavano di te; solo gli inservienti e il personale addetto alla pulizia del paziente ricordava il tuo nome. I suoi figli l'avevano vista in quello stato? Cosa avevano pensato? Nessuno al di fuori dal suo guscio era riuscito a rompere la prigione dello spirito che albergava nel suo corpo? Domande, tantissime domande senza una chiara risposta. Una volta che si riuscì a sedere convogliò il suo chakra, che come il suo corpo sembrava ancora addormentato.

Che situazione del cavolo... e adesso quanto ci metterò a recuperare?

Scese lentamente dal solido piano orizzontale, facendo carico sulle braccia di una parte del suo peso. Fu tutto inutile, infatti cadde al suolo rovinosamente. Le occorreva altro tempo per capire, per ambientarsi. L’ansia iniziò a farsi palpabile. Una creatura indifesa alla mercé del mondo, ecco cos’era. Dal suolo scorse le sue cose appoggiate su una sedia, non troppo distanti da lì. Nessuno le aveva reclamate. Nonostante ci fosse un altro letto simile al suo dentro quella camera, avevano deciso di lasciata isolata. Da professionista del settore notò all’istante la presenza della cartella medica in fondo alla branda. Si rimise in piedi, afferrando tutti gli oggetti possibili per dare tempo al suo corpo di abituarsi alla gravità e a quella sensazione di debolezza. Dovette fare fede a tutta la sua forza di volontà per eseguire quel breve tragitto ed infine afferrare a fatica il documento. Lesse tutto d’un fiato, mentre i suoi occhi si spostavano sul plico. Dai dettagli emergeva che nessuno era riuscito ad avvicinarsi a lei, perché protetta da una forma sconosciuta di chakra. Poi si bloccò, scioccata dalla data della sua ultima visita. Doveva andarsene da lì, doveva tornare a casa e abbracciare i suoi figli; un'esigenza viscerale si svegliò da dentro di lei. Lanciò un ultimo sguardo sulla riga finale e si accigliò. Progetto speciale “Mugen no Shisen - Sguardo Infinito” codice fascicolo ID: 97423. Ma quell'ultima nota a cosa si riferiva? Non le era mai capitato di leggere un appunto simile. Che negli ultimi anni Konoha avesse ampliato la struttura medica con un nuovo ramo specialistico? O che fosse cambiato qualcosa nel sistema sanitario? Ma non riuscì a cogliere niente di più. Le date, le terapie, i vari tentativi per svegliarla le si sovrapposero nella mente. Tutto si traduceva in anni. Anni. Anni vissuti in una dimensione parallela e andati persi per sempre.



Edited by Karen91 - 25/1/2022, 19:54
 
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view post Posted on 26/1/2022, 11:21     +1   -1
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Eccoci, finalmente^^ la sessione rispetta i 20k richiesti; è un bell'approfondimento su Yume, oltre che a traghettare il pg in sicurezza oltre il famigerato skip. L'accenno nelle ultime 2 righe è innocuo: ho sottoposto il dettaglio ai Narra e non crea problemi, visto che non solleva (per ora) grattacapi per Konoha o per il Kage in fase di skip. Poi ci organizzeremo quando anche quegli elementi saranno pronti e pubblicati.

Come sessione Speciale purtroppo non frutta Exp, ma almeno sei ufficialmente skippata e hai recuperato il periodo di latitanza.
 
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1 replies since 18/1/2022, 13:27   93 views
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