Terrore in Reparto, Sessione autogestita #1

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view post Posted on 12/1/2022, 23:22     +1   -1
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Ospedale di Konoha, 26 Novembre 252, ore 13:47


Il fumo della deflagrazione penetrava da sotto la porta come un velo pesante e denso, nel piccolo ripostiglio stavano gli unici superstiti della furia di quella creatura: una dottoressa avanti con l'età, un giovane infermiere e il nostro shinobi.
Tutti e tre seduti a terra tra siringhe e boccette cadute dagli scaffali a causa dei tremori, la fioca lampadina ad incandescenza senza paralume dondolava vistosamente illuminando i loro volti scossi.
La donna più di tutti sembrava aver perso la ragione, rannicchiata si stringeva le ginocchia e dondolava avanti e indietro mentre fissava un punto all'infinito.

"Mi dimetto... mi dimetto... mi dimetto...", continuava a ripetere, "una bestia così non la vedevo dai tempi di Watashi!"
L'infermiere manteneva una parvenza di calma ma sapeva molto bene quanto la situazione era critica, guardò il soldato al suo fianco e non disse niente ma nel suo silenzio c'era tutta la sua preoccupazione.
Matsuda non era abituato ad avere sulle spalle l'incolumità dei civili, era l'unico ninja nella struttura e da lui dipendevano le loro vite. "Il portantino sta tornando. Atteniamoci al piano", si limitò a dire.

"E se è caduto anche lui? Come tutti gli altri... cosa facciamo?! Qui siamo in trappola!", l'infermiere strattonò il camice del Nara, anche lui stava cadendo vittima del terrore. "Calmati! Vedrai che tornerà."

E proprio in quel momento la maniglia della porta cigolò, al trio di rifugiati si gelò il sangue ma ecco che insieme a una nuvola di fumo entrò nella stanza il portantino. Richiuse la porta dietro di sé e si lasciò cadere a terra.
Matsuda lo prese tra le sue braccia, aveva il camice sporco e strappato in più punti. "Sei ferito?! No, dai... non mi sembri messo male. Allora???", lo incalzò impaziente mentre lui continuava a tossire cercando di espellere tutta la fuliggine inalata. "Coff... coff... è... è come dicevi tu... ci ha mentito per tutto questo tempo. Poi... l'ha usata ancora... Coff coff..."

"Dannazione lo sapevo! Cosa ha usato?"

"...quell'arma...", tutti rabbrividirono alla sola allusione.

"Va bene, sei stato bravo. Ora riposati. Lui dov'è ora?"

"Vicino... corridoio... coff coff..."

"Non capisco, spiegati meglio."

"E'... è... QUI FUORI!"

In quel momento la corrente elettrica andò via e lo stanzino si ricoprì di oscurità, tutti tacquero sentendo i passi lenti e sempre più vicini di quella creatura. Una risatina insana ruppe il silenzio.

"Muauauauua!"

Tutti, nel piccolo ripostiglio divenuto trincea, pensarono all'unisono: saremo i prossimi.




Palazzo dell'Hokage, 26 Novembre 252, ore 7:12


"[...] Insomma, giovane genin, questo è il quadro della situazione. A dir poco critica oserei dire e anche se è classificata come una missioncina di basso rango, ha la massima priorità. Hai domande?"

Il jonin aveva parlato ininterrottamente per dieci minuti con tono serio, rimarcò più e più volte quanto l'ospedale di Konoha fosse sotto stress e di come alcuni reparti non riuscivano a stare al passo con i sempre più numerosi ricoveri. Continuava a ribadire gli stessi punti con fare sempre più melodrammatico e faceva crescere l'apprensione del ragazzo per la salute della sorella, anch'essa ricoverata nella struttura, però lo scopo ultimo della missione rimaneva ancora piuttosto nebuloso.

"Tatsuke-sensei, ho capito perfettamente la gravità della situazione ma, a dire il vero, non mi è ancora chiaro quale sia il mio compito."

Lui lo ammonì con lo sguardo, scattò in piedi battendo le mani sulla scrivania. "Ti ho detto in che razza di situazione ci troviamo! Il grosso delle forze, mediche e militari, non sono qui presenti. Ti assegno un incarico così importante e non mi stai nemmeno a sentire?!"

"Certo ho ascoltato tutto! Sono onorato della fiducia che ha nelle mie capacità, non la deluderò. Vorrei solo capire cosa dovrei fare io di specifico...", disse Matsuda umilmente. Lui sbuffò e si calmò a fatica, si risiedette e portandosi le dita intrecciate davanti alla bocca disse scandendo ogni singola parola: "Te lo ripeto, l'ospedale ha bisogno di supporto. Fornisci il tuo contributo in ogni modo possibile... pulisci i cessi, cucina per i pazienti... robe di questo tipo."

"Ah... robe di questo tipo...", gli fece eco interdetto il Nara.

"Esatto, robe di questo tipo. Obiezioni?!"

"No! No! Assolutamente."

"Allora va. Ora."




Ospedale di Konoha, 26 Novembre 252, ore 6.55


Matsuda prima dell'inizio del turno era passato a far visita alla sorella e naturalmente aveva raccontato la conversazione avuta con il jonin, lamentandosi e imitando il suo modo di parlare. Lei rideva di gusto tra le lenzuola.

"Ahhhh... il caro vecchio Tatsuke, fa sempre così. Me lo ricordo bene quando mi assegnava missioni, voli pindarici per spiegare alla fine che andava semplicemente acciuffato un gatto randagio. Ti ci abituerai, fratellino."

"Sarà... comunque ora vado, tra poco inizio. Ripasso stasera a fine turno, ok? E quando torno ti taglio i capelli, si stanno allungando troppo rispetto all'ombra, non vorrei che qualcuno lo notasse."

Lei sembrò balzare dal letto, per quanto possa una persona che riesce a muovere solo collo e testa. "NO! Ancora? Ufffffa... sono stufa di avere i capelli come un maschiaccio. Più tardi dovrebbe passare Tomoe, li faccio tagliare a lei che almeno ha un minimo di stile a differenza tua..."

"Va bene ma se li lascia troppo lunghi poi ripasso io col... zac! zac! Rasoio." imitò con le dita lo scorrere dell'oggetto mentre mandava sorrisetti malefici alla sorella, lei continuò ad obiettare ma alla fine rise divertita prima di vederlo uscire dalla stanza.

Il giovane ninja quindi si incamminò nei corridoi affolati dell'ospedale, doveva incontrare una certa Susume che gli avrebbe assegnato i compiti della giornata, non sapeva chi fosse o che aspetto avesse ma per fortuna fu proprio lei a notarlo e gli si parò davanti. Era una donna grassona dalla pelle scura.

"Eccoti finalmente. Sono Susume, caposala del reparto di geriatria..."

E te pareva. Vecchi, altri vecchi. Ultimamente mi perseguitano...

"...per cominciare indossa questo," gli lanciò un camice bianco che sapeva di varichina, "primo incarico: pulisci a terra questa stanza. Quando hai finito c'è anche quella, poi i bagni dei pazienti. Dopo accompagna quell'infermiere nelle medicazioni, dopo ancora..."

Continuò ad elencare con fare sufficiente i vari compiti, uno più noioso dell'altro, Matsuda prese nota mentalmente di ogni cosa e si mise subito al lavoro. Le prime ore passarono lentamente ma senza troppi imprevisti, si trattava alla fine solo di usare un mocio, più tardi invece nell'accompagnare gli infermieri nel loro giro letti le cose divennero più complicate. Continuavano a chiedere informazioni sul carrello delle medicazioni: "C'è questo? C'è quest'altro? Va a prenderlo allora...", tutto condito con termini tecnici e nomi di farmaci che lui non aveva mai sentito. Cercò di stare al passo e in un modo o nell'altro arrivò l'ora di pranzo.

"Ti conviene tenerlo quello." Disse Susume alludendo al camice che il giovane si stava togliendo, "potrai riposarti più tardi. Vedi il signore in quel letto? Portagli il pranzo e imboccalo, deve mangiare tutto. Ti avverto però che in passato ci ha dato dei problemi, non è collaborante e spesso sputa quello che mastica."

Si fece forza, un ultimo incarico prima di una meritata pausa. Si avvicinò al letto e il vecchietto dai capelli bianchi sembrava tranquillo, guardava fisso davanti a sé e non diceva una parola.

"Buongiorno signore! E' ora di pranzo, le ho portato del riso e della pappa di pomodoro."

Il paziente girò la testa di scatto in direzione della voce, gli occhi puntavano un punto imprecisato dietro la testa di Matsuda, sembravano completamente persi.

Povero... è cieco. Ora capisco perché ha bisogno di qualcuno che lo imbocchi. Ma i contenimenti? Legare i polsi mi sembra un po' esagerato.

"Chi sei? Non riconosco la tua voce?"

"Mi chiamo Matsuda, è il mio primo giorno qui."

"Non voglio che mi imbocchi un novellino, voglio un'infermiera. Una donna."

"Su su, non faccia storie adesso"

"No! No! No! Voglio una bella infermiera!"

Continuò a lamentarsi per qualche minuto agitandosi sempre di più, Matsuda seccato alla fine si allontanò, o meglio, fece finta di allontanarsi per tornare poco dopo imitando una voce femminile. Il trucco funzionò e l'anziano finalmente cominciò a mangiare. Mandò giù tutto con molta calma, mancavano pochi bocconi quando riprese a parlare.

"Che ore sono infermiera?"

"Quasi le dodici", disse il giovane in falsetto.

"Voglio sapere l'orario preciso!", fece brusco lui.

"Ehhh, precisamente... le 11 e 56."

"Bene. Basta non mi va più niente... Ah! Le mie mani che dolor."

Matsuda pensò che aveva mangiato abbastanza e mise da parte il cibo, si concentrò sul dolore che lamentava e vide che i polsi legati stavano sanguinando. Non poteva accettarlo, va bene ingannarlo pur di farlo mangiare, ma vedere un povero nonnino legato così stretto da ferirsi con le corde non gli andava proprio a genio. Gli allentò le cinghie fino a liberare gli arti.

"Ecco ora dovresti stare meglio, vado subito a prenderti delle garze per le ferite."

"Aspetta, aspetta. Osserva... alle 11 e 57, puntuale come un orologio, passa davanti la porta un uomo che va in pausa. Già con la sigaretta in bocca e l'accendino tra le dita, aspetta questo momento per tutta la mattinata."

Il ragazzo si voltò ed effettivamente il nonnetto aveva ragione, proprio in quel momento stava attraversando il corridoio un uomo con una sigaretta tra le labbra. La cosa incuriosì il giovane.

"Ma tu che non ci vedi come fai...", cominciò a domandare mentre si girava di nuovo verso il paziente, lo vide mentre lo fissava dritto negli occhi con un ghigno malefico. Frizionava i denti uno sull'altro in un trepidante desiderio di libertà ormai prossimo. La belva era libera.

"Bastardo! Tu ci vedi benissimo!"

"Esatto bel giovanotto dagli occhi verdi. E ora... addio!"

In una frazione di secondo sul letto non rimase altro che la sua immagine residua, il ninja allungò una mano per bloccare il vecchiaccio ma era già lontano. Solo in quel momento si rese conto che le cinghie non erano sporche di sangue bensì la sostanza rossa era pappa di pomodoro astutamente spalmata.

Come diavolo ha fatto?!?!?

"Ehi tu ma che fai?! Aja!!!", il portantino era stato spintonato dal fuggitivo sbattendo violentemente contro lo stipite della porta. "C'è puzza di vecchio in questo reparto, che ne dite di... una bella doccia?" Fece l'anziano mentre con un'altra rapida mossa saltò e divaricando le gambe fece attrito contro le pareti per rimanere sospeso a mezz'aria. Un gesto atletico da vero ninja.

"No! Non osare..." provò ad intimorirlo Matsuda, ma era troppo tardi. La tenue fiamma dell'accendino si avvicinò al dispositivo antincendio sul soffitto, pochi secondi e cominciò a piovere ovunque. I pazienti urlavano, i dipendenti impauriti nel caos.

"Muauauau!" Una risata isterica e soddisfatta accompagnò quella cascata di sottili gocce per poi diventare un'eco lontana mentre il malfattore si diede alla fuga. Lo shinobi non rimase a guardare e si gettò all'inseguimento, il corridoio era disseminato di pazienti e proseguiva a zig zag svoltando diverse volte prima di giungere al prossimo reparto. Ad ogni angolo c'erano corpi a terra, scaraventati dall'irruenza del vecchio ma di lui già non c'era più traccia. Era veloce quanto il fulmine.

Superato l'ultimo angolo lo vide, di spalle davanti alla rampa delle scale poteva ammirare l'indegna immagine delle sue natiche raggrinzite, non si era nemmeno scomodato ad allacciarsi la vestaglia. Dinnanzi a lui due energumeni, probabilmente addetti alla sorveglianza, si frapponevano minacciosi bloccandogli la strada.

"Forza nonnino, fa il bravo. Hai già causato troppi guai. Arrenditi e non ti farai male."

"Ohhh la spavalderia dei giovani. Arrendetevi voi altrimenti...", frugò sotto la vestaglia alla ricerca di qualcosa. "No, non vorrai. AIUTO!"

Il farabutto aveva un asso nella manica, un'arma che tirò fuori minacciosa. Le due guardie alla sola vista cominciarono a tremare e, non appena la riconobbe, anche Matsuda si preoccupò per le loro vite.
Agitato come fosse un mazzafrusto, il nonno temerario sventolava il suo catetere vescicale con veemenza. La sacca piena di liquido putrido era oltremodo gonfia, al minimo urto sarebbe scoppiata inondando col contenuto ogni avversario. Persino un Kage avrebbe vacillato davanti a una scena simile.

"Vecchio abbi pietà di loro!" Implorò il giovane alle spalle. Lui lo ignorò e caricò i due oppositori... lo scontro fu breve e impari. Il nonnino ne uscì vittorioso.

Le prossime vittime erano dei ragazzi tirocinanti appena arrivati dalle scale, ignari di quello che stava succedendo avevano assistito alla scena sbigottiti. Per loro sfortuna si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato, non avevano speranze... potevano solo attendere l'inevitabile.
Il Nara doveva intervenire altrimenti quello che sarebbe potuto succedere avrebbe perseguitato quei giovani dipendenti per tutta la loro carriera, un incubo indelebile da condizionarti fino alla pensione. Non poteva permetterlo. Frugò nella sacca ed estrasse un fumogeno, probabilmente non era l'idea migliore ma quantomeno quei poveri ragazzi potevano tentare una disperata fuga nei fumi della bomba.

"Scappate, ora!", gridò mentre lanciò l'ordigno contro il fuggiasco. Lui si avvide del pericolo ma invece di scansarsi o evitare la bomba, gli si gettò contro.



La deflagrazione inondò di oscurità ogni cosa, l'unica via di fuga sembrava un piccolo stanzino con la porta socchiusa. Il ninja afferrò il gruppo di tirocinanti e si barricò all'interno.

,,,

"Giovinooooottiiiii... sono il lupo cattiiiiivoooo..."

"E' qui fuori! E' qui fuori! E' la fine!", i sopravvissuti alla furia di quell'essere non ragionavano più, trincerati in un buco di stanza priva di luce avevano perso ogni barlume di speranza.

"Basta così! Rimanete qui, ci penso io a lui." Disse lo shinobi chiamato al suo dovere, l'ultima cosa che voleva era affrontare un vecchio pazzo e armato con i suoi stessi fluidi corporei ma doveva intervenire. In gioco c'era troppo.
Uscì allo scoperto pronto a difendersi da un attacco imminente ma nel corridoio c'era una relativa calma, i fumi si stavano diradando scoprendo alla vista due sagome una davanti all'altra. Il primo era il vecchio, turbinava il catetere con abilità al pari di un maestro della kusarigama; l'altra era la caposala Susume, l'ultimo baluardo a difesa del reparto di geriatria. Lo fissava dritto negli occhi le braccia incrociate al petto, tra le nocche dei pugni chiusi stringeva tre siringhe per mano cariche di sedativo. Una quantità sufficiente a stendere un elefante.

"Non farai un altro passo!"

"Questo lo vedremo, ciacciona..."

I due rivali si squadravano a vicenda, le loro auree si scontrarono rendendo l'atmosfera carica di elettricità. Sembravano due Sannin a confronto.
All'unisono si gettarono l'uno contro l'altra cimentandosi in rapidi colpi e fulminee schivate, il ninja allora caricò quella belva feroce alle spalle sperando che la superiorità numerica potesse essere abbastanza per sconfiggere quella belva raggrinzita.
Ma il maestro del catetere aveva previsto anche quello scenario... lanciò l'arma all'indietro contro il ninja ma non lo colpì, usò invece il suo corpo come perno per far cambiare direzione alla sacca di urina e dargli una maggior forza d'impatto.
Susume non aveva previsto un attacco così ben congeniato e venne colpita in pieno... cadde a terra nei liquami devastata.

"Siete troppo deboli per me! Fatevene una ragione!" E così dicendo scappò via ancora un volta, la direzione presa puntava verso il reparto di psichiatria.

"Non te lo permetterò!", il Nara ferito nell'orgoglio convogliò il chakra sulla pianta dei piedi per corrergli dietro il più veloce possibile. Venne però trattenuto per la caviglia dalla stessa caposala.

"Ragazzo... non pensare a me... VA E FERMALO! Non possiamo farlo uscire dall'ospedale o per Konoha... SARA' LA FINE!", un ultimo appello detto col cuore prima di perdere i sensi.

"Non lo permetterò. Il tuo sacrificio non sarà vano, Susume-sama!!!"

Matsuda, animato dal sacrificio di quella valorosa donna, corse più forte di quanto avesse mai fatto in vita sua. Non avrebbe permesso a quel vecchiaccio maledetto di vedere la luce del sole al costo di sacrificare anche se stesso.
Arrivarono infine al reparto di psichiatria, pochi metri separavano l'evaso dal suo inseguitore mentre da un altro corridoio parallelo stava arrivando di gran carriera un nuovo plotone di addetti alla sicurezza. Era il momento giusto!

"Kagemane no jutsu!"

L'ombra si propagò veloce come il suono tra le mattonelle celesti dell'ospedale, schivò pazienti, letti e strumenti ospedalieri, il suo bersaglio ormai a solo pochi centimetri dal contatto.

E' fatta! Lo bloccherò quanto basta per aspettare quei rinforzi... scacco matto nonnaccio!

Assaporava già il sapore della vittoria quando si rese conto che l'anziano aveva smesso di correre, si era fermato vicino ad una paziente, anch'essa avanti con l'età, che osservava timorosa fuori dalla finestra. Rimase in ascolto del loro breve dialogo.

"Kioru, buon cinquantesimo anniversario amore mio. Hai visto? Non me ne sono dimenticato."

"I piccioni! Ci sono piccioni ovunque! Sul davanzale, in sala, tra le lenzuola. Guardali... guardali come ci scrutano dalla cima degli alberi, stanno architettando qualcosa. Lo sento!"

Ma di pennuti non c'era traccia, stava delirando... non era sana di mente.

"Dai non sono così anticipi in fin dei conti? Tu non credi?", disse conciliante il vecchio, una voce confortante e amorevole.

"Tu chi diavolo sei?"

"Sono io... tuo marito Kuroro"

"Piccioni! Ah! Piccioni ovunque!"

Lui chiaramente abituato ai deliri della compagna non commentò oltre, si limitò ad appoggiare la nuca sulla sua spalla e le accarezzò i capelli candidi. "Già... maledetti piccioni...", sussurrò infine, rassegnato ma felice.

Matsuda aveva assistito commosso alla scena, deviò l'obiettivo della sua Kekkai e una mano nera chiuse di scatto la porta d'ingresso. I sorveglianti si ritrovarono il portone sbarrato e non poterono entrare.
Avrebbe interrotto il jutsu più tardi ma ora quel maledetto nonnino poteva godersi qualche minuto di serenità. Si sedette a terra e si grattò il capo pensoso mentre osservava la coppia vicina vicina a guardare fuori il cielo azzurro.

Ahhhh sono troppo di buon cuore...




Ospedale di Konoha, ore 19.15, fine turno.


Il lavoro in ospedale si era rivelato decisamente stancante, aveva aspettato la fine del turno per tutta la giornata e non vedeva l'ora di tornare a casa e fare una bella doccia calda, ma subito dopo essersi cambiato un'infermiera gli aveva detto che il dottor Ukoto lo stava cercando. Non aveva per niente voglia di rivederlo ma seccato e puzzolente si diresse comunque verso il suo studio.
Il signor Ukoto seguiva ormai da tre anni il giovane, da quando era miracolosamente guarito dalla paralisi. Avevano pattuito di comune accordo di incontrarsi ogni tre mesi per alcuni esami di routine, all'ultimo appuntamento però non si era presentato visto che si trovava in missione nelle isole orientali.

"Buonasera dottore. Mi hanno detto che voleva vedermi, se si tratta del nostro ultimo appuntamento, mi scuso ma ero..."

"Oh Matsuda! Metti comodo. Non ti preoccupare, non fa niente per la visita mancata.", lo rassicurò lui, "Anzi, ti ho fatto chiamare proprio per discutere dei nostri appuntamenti. Non credo siano più necessari, sei perfettamente sano. E poi ormai sei un ninja! Hai cosa più importanti a cui pensare. Congratulazioni."

"Grazie. Non sapevo che ne fosse a conoscenza. Mi sono diplomato a settembre."

"Ci conosciamo da anni ormai, so molte cose di te. Di alcune nemmeno tu ne sei a conoscenza."

Il giovane fece una faccia interrogativa a quell'ultima frase, non capiva bene a cosa si riferisse.

"Era una battuta tranquillo, non fare quella faccia! Scherzi a parte, sei davvero sano come un pesce ed è inutile continuare a fare elettrocardiogrammi o test sotto sforzo. Non è più necessario."

"Bene, ne sono felice. Quindi posso andare?"

"Così di fretta? Aspetta... parliamo ancora un po', per un'ultima volta."

"E' stata una giornataccia, vorrei solo riposarmi in questo momento. Ma non si preoccupi, tornerò di tanto in tanto a farle visita. E grazie per tutto l'aiuto che mi ha dato in questi anni"

Fece un rapido inchino, più di circostanza che sentito, e stava già per guadagnare l'uscita.

"Insisto, Matsuda Nara. Fermati per qualche minuto," fece più serio lui, quel tono che il ninja ormai conosceva bene e non gli piaceva affatto.

Negli ultimi anni si erano conosciuti a vicenda entrando anche in confidenza ma in Matsuda c'era sempre il sospetto che il dottore tramasse qualcosa. Più di una volta quel tono lo aveva tradito, quando cominciava a tirare in ballo sua sorella Makiko esordiva sempre con quel timbro di voce.

"L'altro giorno sfogliavo per caso la cartella clinica di tua sorella..."

"Signor Ukoto," lo interruppe visibilmente contrariato, "già altre volte abbiamo fatto questo discorso. Lei non c'entra niente con le mie visite qui, avevamo deciso di non mischiare le due faccende e vorrei che rimanesse tutto così."

"No." Fece lui, spiazzandolo. Matsuda lo guardò stupito, solitamente al primo barlume di obiezione lui metteva da parte la curiosità ma questa volta non sembrò funzionare.

"Sono un uomo che va in fondo alle questioni. Io so che mi stai mentendo, che mi hai mentito per tutto questo tempo. O quantomeno hai volontariamente omesso dei dettagli, che dettagli dopotutto non sono..."

Il Nara tacque, voleva vedere fino a che punto il dottore si sarebbe spinto.

"Ho promesso che avrei scoperto cosa ha causato la tua miracolosa guarigione, tu avevi promesso collaborazione ed è vero... avevo dato la mia parola di non indagare oltre su tua sorella. Beh, l'ho fatto invece e vorrei parlare della cosa, con toni calmi, insieme."

"Pff, non so cosa si è messo in testa ma io ora esco da questa stanza. Per quanto mi riguarda non è un mio superiore, e non è nemmeno più il mio medico."

"Matsuda! Per chi mi hai preso?! Uno scemo? Un cretino? Un sadico che gode a torturare un giovane con stupidi test o vedere sua sorella malata?
Non credi che dovresti cominciare a dirmi la verità? Per il bene di Makiko? O sei così egoista ed egocentrico da mentire anche a lei?"


"Come cazzo si permette!? Lei non sa niente di me e non sa niente di lei! Lei ha il morbo, quel fottuto morbo! Punto." Balzò in piedi inferocito, non aveva mai urlato così sfacciatamente al dottore prima.

"Oh andiamo ragazzo... sappiamo benissimo che lei non è paralizzata per quello, è praticamente ormai guarita dal morbo."

"Benissimo. Allora la riporto a casa questa sera stessa"

"Io non credo," sventolò con teatralità un documento che teneva pronto sulla scrivania, "ho appena firmato questo documento, tua sorella si sottoporrà a dei test genetici comparati con i campioni di sangue che ti abbiamo prelevato in tutti questi anni. Guarda, basta una X qui e posso classificarla come contagiosa, come soggetto critico... di modi per trattenerla ce ne sono tanti."

"Lei... lei non oserà..."

"Oh si invece. Non volevo arrivare a tanto, speravo che avresti capito. Ma a quanto pare continui a fare il testardo. Pensi che non abbia indagato? Il Villaggio della Foglia non è poi così grande e la gente parla. Sai quante persone hanno visto voi due e quei vostri amici Akimichi e Yamanaka giocare per le strade di Konoha? Eravate bambini, tu eri ancora malato, e tua sorella ti portava a zonzo con il controllo dell'ombra.
Poi puf... sei guarito, e lei si è ammalata. Andiamo... un nesso c'è, lo capirebbe chiunque."


Un pungo. Avrebbe voluto tirargli un pugno in faccia. Si trattenne a malapena nemmeno lui sapeva come. A passi svelti andò verso la porta, non voleva trascorrere un secondo in più in compagnia di quell'uomo.

"Pensavo fosse una persona diversa, dottor Ukoto. Ricorrere a certi ricatti meschini..."

"Potrei dire lo stesso. Ho rispettato la tua volontà di tenere lei fuori da questa storia, ma ormai sei un uomo e dovresti comportarti come tale, se vuoi che gli altri facciano lo stesso con te."

Matsuda non rispose, se ne andò senza neppure chiudere la porta.
I suoi timori più nascosti erano diventati realtà, camminò con la faccia bassa verso la stanza di sua sorella maledicendo e imprecando contro chiunque gli rivolgesse un saluto.

"Ah fratellino eccoti! Guarda, Tomoe è venuta alla fine mi ha tagliato i capelli. Lo so, lo so... la frangetta è un po' lunga ma fidati, abbiamo fatto delle prove e non si nota nulla. Poi..."

" 'Kiko...", la interruppe bruscamente lui. Lei lo guardava confusa.

"Sono stato da Ukoto. Sta cominciando a capire..."

Lei abbassò lo sguardo fissando le candide lenzuola, poi gli chiese preoccupata: "che facciamo ora?"

"Non lo so. Ma l'ospedale non è più un posto sicuro."




CITAZIONE
Tratto da una storia vera...

Prima parte missione S D un po' comica, seconda parte sviluppi del rapporto gemelli-dottore di Konoha.

 
 
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view post Posted on 13/1/2022, 15:45     +1   -1
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Un ottimo lavoro. Lo scritto si fa leggere con piacere: hai saputo, in una sola giocata, creare suspance, alleggerire la tensione con momenti più divertenti e tenere incollato il lettore nella parte finale, quella più importante alla fine della crescita del PG. Nulla da segnalare quindi, sia nello stile che nell'accuratezza dello scritto in sé.
Il fatto che poi abbia letto tutto in un raro momento buco della mia vita notturna, in mezzo al terrore del mio reparto, ha reso il tutto ancor più poetico ed esilarante. Complimenti davvero ;D

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