| Osservò il corpo della sua avversaria a terra nel fango con un misto di incredulità e sollievo. La notte tornata silenziosa dopo il tonfo che l’aveva vista protagonista, martoriata dai fuochi fatui della sua tecnica, che l’avevano colpita brutali e impietosi. Si era difesa, aveva cercato di resistere, aveva provato a rialzarsi, ma nulla aveva potuto. Abbandonata nell’abbraccio freddo della melma, se ne stava immobile. Quella volta non ci sarebbe stato un altro round. Ci volle un po’, però, prima che le membra di Yu perdessero la naturale tensione mantenuta durante lo scontro. Quasi come se temesse che la vecchia potesse coglierlo di sorpresa e rialzarsi mentre le dava le spalle. Restò immobile, guardandola, una smorfia di dolore trattenuta sul viso, le Kitsuneo ancora a volteggiargli attorno ammantate dalla loro aura splendente, sordo anche alle parole di Kurama. Solo quando sentì il chakra di Natsume ritirarsi dal suo corpo, mentre la volpe si avvicinava cauta alla sacerdotessa sconfitta, iniziò veramente a respirare conscio del fatto che quello scontro fosse terminato. Non la missione, ma lo scontro sì. Osservò quasi divertito il Fulvo che con circospezione, si approssimava sempre più al corpo, stringendo il cerchio, dando un colpetto alla testa della donna col muso, mordendole la mano. Solo quando fu certo che fosse bella che pesantemente svenuta tirò un sospiro di sollievo. Senza tante cerimonie, le sfilò il wakizashi dalla cinta che lo teneva saldamente legato alla sua vita e fece rotolare lontano dalle sue dita distese il kiseru, prima di avvicinarsi a Yu…E per fortuna lo fece, perché la tensione parzialmente svanita, fece piombare sulle spalle del jonin tutte le conseguenze di quella battaglia. Ebbe un mezzo mancamento, un secondo di blackout che l’avrebbe fatto crollare a terra come una pera cotta se non fosse stato per il suo Legato. Natsume fu da lui prima che cadesse, la sua mano fredda sulla guancia permise al Rosso di restare tra noi e di mettere lentamente a fuoco i lineamenti umani della sua Kitsune. Si era trasformato per sorreggerlo.
Ehi Yu, non mi abbandonare adesso ok? Ci penso io a te. E dicendo questo fece avvicinare i fuochi fatui che fino a quel momento avevano creato impedimenti e fastidio a Manpeiko. Il colore viola divenne azzurrino, purissimo e lentamente l’ANBU si sentì un pelo meglio. Provò ad alzarsi, ma la volpe lo tenne giù. Nonono, adesso aspetti due minuti e riprendi fiato. Sei ridotto uno straccio, stai fermo qui un momento e poi fai quello che devi fare. Intanto lego quella Onibaba. Siamo intesi?
Al suo cenno d’assenso, lo fece appoggiare ai ruderi di una delle pareti della locanda, andando a dedicarsi a quello di cui aveva accennato, mentre la luce benefica dei fuochi fatui aiutava Yu a riprendersi lentamente, così come il lavoro svolto in silenzio da Kurama che, a sua volta, cercava di impegnarsi a stabilizzare il suo corpo, almeno un minimo. Nessuno di questi interventi lo avrebbe guarito, un giro in ospedale non glielo levava nessuno, purtroppo, ma quanto meno limitavano i danni e gli restituivano un po’ di energie. Non era ancora finita, doveva appurare come se la fossero cavata i suoi compagni, la sentenza di Natsu no Kaze andava eseguita e gli abitanti liberati. Quei poveracci si sarebbero trovati il paese mezzo distrutto…probabilmente era il caso di dare loro asilo a Kiri fino a quando la Nebbia non avesse ricostruito le loro case. Era il minimo per quel casino. Dio…la testa gli pulsava da morire. Chiuse gli occhi qualche attimo, cercando di calmare quel dolore intermittente e di raccogliere le forze per la conclusione di quella storia. Natsume lo fece alzare solo quando fu sicuro che riuscisse a reggersi sulle proprie gambe. Fece sparire i fuochi fatui, si legò alla cinta le armi della loro avversaria e se la caricò in spalla come un sacco di patate. Il suo sedere allo stesso livello del proprio viso. Non ci volle molto a raggiungere il punto in cui Nashi, Kuri e Ringo avevano combattuto contro Daisuke e Natsu. Bastò seguire i segni dello scontro, caratterizzati da distruzione e residui di ghiaccio e lava solidificata qui e là. Al suo arrivo, comunque, era già tutto finito. Il silenzio che aveva accompagnato il suo incedere fino al posto effettivo, glielo avevano fatto sperare, ma fino a quando non fosse stato lì non poteva proprio avere la certezza di quale piatto della bilancia fosse risultato più pesante. Tirò un lungo respiro dal naso, quando, nel cuore della foresta, si riunì ai suoi uomini. Erano ammaccati, ma per lo più indenni - diversamente da lui che doveva dare l’impressione di un morto che camminava. Natsu no Kaze era stato neutralizzato e incatenato ad un grosso albero, mentre Daisuke…
Sumimasen! Gli occhi di Yu, passarono dal corpo senza vita del pelato e barbuto sottoposto di Manpeiko, a Nashi, piegato a novanta nel chiedergli perdono. Hontōni Sumimasen!
Le membra martoriate di Daisuke parlavano da sole. Nashi si era lasciato prendere un po’ la mano, forse complice la volontà di riscattarsi per la magra figura fatta nella locanda, forse per la foga della battaglia in generale…Yu era certo non si fosse scordato le direttive, uomini come quelli, dediti agli ordini, abituati a portarli a termine in maniera pulita, lineare e regolare, non potevano essere in grado di farlo. Probabilmente, appunto, un errore di calcolo. Quello che avrebbe potuto fare anche lui se ci fosse andato troppo pesante con la sacerdotessa in quell’ultimo attacco. Ma non costituiva certo una scusante, come nemmeno il fatto che avessero catturato viva la donna. Se non fosse successo, si sarebbero trovati a fare rapporto a Shika di una missione riuscita a metà. Si ritrovò a sospirare mentre osservava la nuca coperta di capelli mori del collega piegato davanti a lui, non aveva nemmeno la forza di riprenderlo formalmente.
Non succederà più. Giusto, Nashi? Fu naturale, ripetere quasi le stesse identiche parole di quella volta all’esecuzione di Endo Keizo. Nemmeno se ne rese conto, mentre attendeva la sua risposta, uno squillante e deciso Hai! che precedette il suo segnale di “riposo”. Se l’era cavata con poco il Kaguya, forse troppo poco, tanto che Yu si ritrovò a rovinargli la festa nel giro di due nanosecondi. La predica che ti farà Shika sarà più che sufficiente come punizione.
La questione finì così, con Natsume che se la rideva sotto i baffi, Nashi che faceva gli scongiuri a tutti i Kami che conosceva e Kuri e Ringo che gli tiravano amichevoli pacche sulle spalle…non si capiva se fosse più un addio precoce o un tentativo di tirarlo su. Questione di attimi, prima che il Rosso richiamasse tutti all’ordine e si informasse sulla situazione di Natsu. Gli ordini di Fuyu erano inderogabili, tuttavia voleva capire ed essere sicuro di chi avesse davanti, se l’austero Natsu o solo la sua ombra. Purtroppo sembrava la seconda. Il controllo mentale sull’ex Capo ANBU Assalitori non era cessato nemmeno con la sconfitta di Manpeiko, il che poteva significare tendenzialmente due cose. Il Sigillo era stato imposto da qualcun altro e non dal leader dell’organizzazione, oppure, si trattava di un sigillo che scompariva solo con la morte di chi lo aveva impresso. In quest’ultimo caso, essendo la sacerdotessa malconcia, ma solamente svenuta, il funzionamento del jutsu non ne veniva inficiato. Davvero uno jutsu infido…in grado di rendere schiavo il più fedele degli uomini. Lo aveva già detto, vero, che non avrebbe mai voluto finire così? Era sicuro che tornato a casa, avrebbe iniziato ad informarsi meglio sulla cosa, a studiare per poter prendere una contromisura per il futuro. Ma prima…dovevano chiudere quella questione. I suoi uomini si fecero da parte, aprendo i ranghi per lasciare che Yu si avvicinasse al fuggitivo, Natsu no Kaze. Zoppicando, Zenko si approssimò all’uomo dal viso bendato. Gli occhi azzurri sembravano proprio gli stessi che aveva visto quella volta prima della missione ad Hatoma, eppure…eppure l’uomo che li possedeva non era più il medesimo.
Natsu no Kaze. Chiamò, estraendo la katana dal fodero, puntandola verso lo sfortunato collega, un tempo superiore al pari di Fuyu. La spalla faceva male, ma fece il possibile per mantenere salda la presa. Kiri ti ringrazia per il lavoro svolto in questi anni in difesa della Nebbia e del Paese dell’Acqua tutto. Ciò che hai fatto non verrà dimenticato, né sarà insudiciato da colpe che non possono, e tantomeno devono, esserti attribuite. Sapeva che chi aveva davanti non era più il vero Natsu, tuttavia ci teneva a dire quelle parole. Chissà, magari lo avrebbero raggiunto comunque. Sei congedato. I tuoi servigi non sono più richiesti.
Finì con un colpo. Ben assestato, il fendente tranciò giogurali e carotidi in una volta soltanto. Il sangue schizzò fino sulla maschera mentre lentamente ciò che restava di Natsu no Kaze soffocava nel proprio stesso sangue. Una fine indegna per un uomo come lui, forse. Tuttavia, per quello che sapeva sul suo conto, Yu era certo l’avrebbe preso come un onore: era quel tipo di shinobi l’ex Capo ANBU del reparto d’Assalto. Quello che crede nel valore di una morte onorevole. Differentemente dal Rosso. Ciò che era certo era che ora non ci sarebbero più state mine vaganti in giro per il Villaggio, utilizzabili contro lo stesso. Anzi…forse qualcuna c’era, ammettendo fosse sopravvissuta all’incendio dell’ala nord della Gabbia Bianca. Ne dubitava ed era certo che Fuyu avesse già fatto valutare da un team di esperti i sopravvissuti. In ogni caso, non erano affari della loro Squadra. Ormai c’erano ben poche cose da fare per loro: liberarsi del corpo di Natsu, andare a prendere gli abitanti e organizzarsi per il rientro. Considerato che avrebbero portato al Villaggio anche gli abitanti e che Yu non era in condizione di farsela a piedi, avrebbero fatto bene ad usare dei carri. Così, mentre il corpo della controparte di Shika bruciava, Natsume, Nashi e Ringo andarono ad occuparsi del recupero delle persone e dell’imbastimento dei carri. Kuri, che era uno Yuki conoscitore di arti mediche, fece in modo di dare le prime cure d’emergenza al caposquadra. Tempo qualche ora ed erano sui mezzi di trasporto che li avrebbero portati fino a casa: abitanti, Nashi e Ringo su un carro, mentre Natsume, Yu, Kuri e la prigioniera sull’altro. Ci sarebbero voluti almeno un paio di giorni al passo di quei birocci e con le pause che avrebbero richiesto i civili. Sarebbe stato un viaggio lungo.
« Smettila di crucciarti e riposati un po’. Hai fatto un ottimo lavoro, ma il tuo corpo ne ha risentito parecchio, se non vuoi passare altre settimane relegato a letto come l’ultima volta, devi startene buono! Questa era l’unica soluzione valida. » Aaaah lo so, lo so. Non credere che mi faccia fare i salti di gioia l’idea di venire rinchiuso in quel posto, ancora…Però la missione non è finita fino a quando non torniamo. « Non rifilarmi queste cazzate da umani! Il vostro codice non mi interessa, a me interessa che le tue condizioni non peggiorino. » Che gentile… « Fai poco il sarcastico! » Dicevo…sul…serio.
Da quel momento i suoi ricordi si fecero offuscati e sovrapposti. I momenti di veglia si alternavano ad altri in cui non dormiva, ma nemmeno era totalmente presente. Gli sembrava di aver visto vagamente il viso preoccupato di Natsume, e di aver sentito le parole di Kuri, diceva che gli era salita la febbre, che le ustioni si erano infettate. Era il secondo giorno di viaggio, probabilmente, non lo sapeva con esattezza. Sapeva solo che si sentiva sempre peggio, sempre più debole.., finchè tutto non venne avvolto dall’oblio. Kiri, Casa di Yūzora. 7 Ottobre 252 DN. Le gocce scendevano lente, tic, tic, lungo il tubicino trasparente collegato all’ago infilato nel suo avanbraccio. Erano passati un po’ di giorni da quando era tornato dalla missione, dopo un intervento d’urgenza e una degenza abbreviata, lo avevano lasciato andare a casa per intercessione di Kai, che si sarebbe occupato di continuare la terapie a base di flebo per il reintegro dei liquidi e degli elettroqualcosa, direttamente a casa loro. Come suo solito, non aveva avvisato nessuno del suo stato…tanto Urako lo avrebbe scoperto lo stesso, Kai e Kohaku già gli avevano tirato le orecchie, senza sapere effettivamente cosa, come e quando, mentre Takumi…beh a lui doveva ancora parlare, a dirla tutta. Si sarebbe spaventato da morire se lo avesse visto nelle condizioni in cui era quando era tornato, ma i medici avevano fatto un gran lavoro e, questa volta, non gli erano rimasti ricordini. Manco a dirlo comunque, stare a riposto lo annoiava da morire! Anche perché spesso doveva starsene seduto sul divano come in quel preciso momento con la flebo attaccata. Esasperante! Quanto meno il giorno prima aveva finito di compilare il rapporto dell’accaduto a Yokohama, consegnandolo ad un ANBU che lo avrebbe portato a Fuyu. Ci aveva provato già in ospedale, ma i medici gli avevano vietato qualsiasi sforzo, sia mentale che fisico, strappandogli di mano il tutto. E adesso…adesso era il turno del suo diario. Era da giorni che non scriveva nulla lì, si sentiva quasi un po’ impedito, ma era simile a lanciare un kunai: iniziato una volta, non si scorda mai, e dopo le prime parole, i discorsi fluirono lisci come l’olio. Finalmente trovo il tempo per scrivere. Gli ultimi giorni sono stati un po' frenetici e dire che mi sia sembrato d'essere rinchiuso in una prigione asettica è dire poco. Ormai inizia tristemente ad essere un'abitudine quella di essere ricoverato d'urgenza in ospedale - una brutta, bruttissima abitudine - ma quest'ultima volta è stata anche peggio delle precedenti. Non avete idea di cosa mi hanno fatto in quel posto orribile! Ad essere sincero, non ricordo bene nemmeno come ci sia arrivato. Ho vaghe memorie fumose del ritorno al Villaggio, a malapena riesco a rammentare Kuri che si raccomandava di correre in fretta all'ospedale, assicurandomi che si sarebbero occupati loro di portare Manpeiko nelle prigioni e di fare un primo rapporto a Shika...quanto meno di quello di cui erano a conoscenza. Quello che so, lo so solo perché Natsume è rimasto con me tutto il tempo. Credo sia stato lui a portarmi alla clinica; quando mi sono svegliato era acciambellato sul mio addome, il primario ha detto che si è rifiutato categoricamente di andarsene nonostante i loro sforzi. In un certo senso, mi fa piacere che sia stato con me da quelle prime deliranti ore, sino a quando non ho ripreso definitivamente coscienza. Dei momenti del mio arrivo, ho ricordi davvero frammentati. Ma una cosa la ricordo bene più di altre, come se il terrore me l'avesse incisa a fuoco nella memoria, nonostante la nebbia che avvolge tutto il resto: c'era una macchina, con dei tubi attaccati al mio corpo. Prendeva il sangue da me, passava in quell'aggeggio e poi veniva reimmesso nel mio corpo. Serviva a pulire il sangue, da quanto mi hanno detto...per me era semplicemente un congegno del demonio. Tra la febbre e il resto, credo di aver delirato un bel po' quando mi hanno attaccato a quella roba. Se ci ripenso mi vengono ancora i brividi: vedere il mio sangue uscire e poi rientrare aveva qualcosa di surreale, ma il peggio erano quei medici tutto attorno, con i loro stramaledetti camici bianchi. Brr…Spero di non ripetere mai più un’esperienza del genere! Toc.Toc.Toc. Ma che cavolo vuole questo? Vattene, su! Dopo quello, devo dire che il resto è stato per lo più accettabile. Sto migliorando a tenere la mia paura per le orecchie! Anche se…credo mi abbiano sequestrato un set intero di kunai. Li tenevo sotto il cuscino per ogni evenienza e andavo a cercare conforto nel freddo acciaio ogni volta che un medico varcava la soglia. Non ero nemmeno nella stessa stanza dell’ultima volta, penso mi abbiano portato in una sezione apposita dell’ospedale adibita agli ANBU…I dottori che entravano erano sempre gli stessi, evidentemente è un meccanismo utile a tutelare la Squadra Speciale. Non saprei proprio dirlo, me ne intendo poco di queste cose e non ho indagato a fondo, volevo solamente andarm… Toc.Toc.Toc. Crick. Oi Yu-nii, mi sa che questa è roba tua!
Alzò gli occhi dalla pagina di diario, giusto in tempo per vedersi arrivare incontro una freccia bianchiccia, entrata presumibilmente dalla finestra che Kohaku aveva aperto. Gli ci volle un attimo per inquadrare che fosse un colibrì di ghiaccio, quello utile al famiglio a raggiungerlo, fargli girare la testa vorticandogli attorno come un pazzo e, infine, appoggiarsi placidamente sull’asta della sua piuma per scrivere, opportunamente alzata perchè la usasse come trespolo. Stava giusto chiedendosi quanto ci avrebbe messo Fuyu a contattarlo per discutere il rapporto. Pensava avrebbe aspettato che la sua convalescenza fosse terminata, ma evidentemente si sbagliava. Sulle ali del colibrì, questa volta, però, non c’era scritto di raggiungerlo subito, c’era scritto “seguimi” il che lasciava intuire che non si sarebbero incontrati allo studio. Curioso. Beh, non era caso di fare aspettare lo Yuki troppo tempo, comunque. Così, senza pensarci due volte, posò diario e penna sul tavolino e si tolse l’ago dal braccio, iniziando a tamponare il sangue,mentre andava in camera a prendere il suo kimono verdognolo, con le urla di Kohaku che arrivavano fin lì.
Yu-nii! Kai si arrabbierà! Mi ha lasciato detto di non farti alzare dal divano fino a quando la flebo non fosse terminata! La testa mora e gli occhi ambrati fecero capolino dalla porta della camera del Rosso. Si infurierà come una belva sia con me che con te.
Sono stato convocato da un superiore, non me ne sto andando a zonzo per mio piacere. Fece, alzando gli occhi dall’obi che stava legando, per poi tornare all’avanbraccio, sembrava che il sangue si fosse fermato. Bene. Vedrai che se gliela metti su questo piano capirà. E quando rientrerà dal turno, mi farò rimettere l’ago e starò buono buonino sul divano fino a quando la flebo sarà terminata.
Promesso?
Promesso! Mi passi il laccio per favore? Indicò il nastro verde lasciato sul comodino e Kohaku, lo prese, porgendoglielo.
Magari potrei preparare il suo piatto preferito, per mitigarne le reazioni.
Raccolse i capelli di fronte allo specchio, osservando dal riflesso il ragazzo che cercava in tutti i modo di trovare una soluzione all’ira di Kai. Ottima idea. Bofonchiò legandosi la chioma fulva nella consueta alta coda. Ecco fatto! Esco, faccio ciò che devo e torno, d’accordo? Non ci metterò molto, credo… Imboccando il corridoio, diretto verso la porta, il colibrì di ghiaccio lo investì come una scheggia, iniziando a girargli attorno infervorato, facendogli premura. Ok, ok ho capito, andiamo!
Varcata la soglia di casa, il piccolo famiglio di ghiaccio iniziò a guidarlo nella nebbia. Non aveva la più pallida idea di dove lo avrebbe portato, nemmeno riusciva a immaginarlo. In genere con Fuyu era facile…Al massimo poteva essere indeciso se andare nel suo vecchio ufficio o in quello del Mizukage, ma non c’era bisogno di seguire niente e nessuno, conosceva la strada. Quindi quel piccolo accompagnatore era qualcosa di veramente insolito e fuori dagli schemi per un compito del genere. Però era curiosissimo! Non sapere dove sarebbe sbucato, alla fine di quella serie di stradine, vicoli e vicoletti, lo elettrizzava. Non aveva dubbi che la convocazione fosse relativa agli esiti dell’ultima missione, era strasicuro anche che non si trattasse di un nuovo compito, Fuyu sapeva benissimo che era ancora in convalescenza, dubitava l’avrebbe fatto uscire con la maschera essendone a conoscenza. Quindi, in un certo senso, l’unica incognita di quell’incontro era il dove…e se finalmente si sarebbe deciso a porre o meno quelle domande che da tanto teneva per sé. Si stupì quando si ritrovò ad uscire dalle mura del Villaggio. Si stupì ancora di più quando in un angolo un po’ discosto dell’area, si ritrovò davanti una casa tradizionale. Rimase di sasso, quando il colibrì andò proprio in quella direzione. Possibile che quella fosse…casa di Fuyu? Si avvicinò un po’ circospetto, ancora incredulo al fatto che quel colibrì l’avesse portato lì, ma senza perdersi dettagli del luogo. Era sì una casa molto tipica e in un certo senso simile esternamente a quella di Takumi, tuttavia aveva dei dettagli molto particolari, quasi esotici e originali che, generalmente, abituazioni di quel tipo non avevano. Salì i pochi gradini del portico con passo felpato, come avesse terrore che quelle assi potessero scricchiolare e fare un rumore del diavolo, e quando si fermò di fronte alla porta, il colibrì gli si posò sulla spalla.
« Cosa ti trattiene, ragazzo? Sei stato esemplare nella missione, non dovresti preoccupartene. » Non è quello. E’ solo che è strano. Fuyu non mi ha mai convocato a casa sua. Sembra quasi una convocazione non ufficiale. « Ci sarebbe qualcosa di male? E’ il tuo sensei, forse vuole vedere se ti stai riprendendo. » Forse. Non so, è insolito. « Non lo scoprirai mai finchè stai impalato davanti alla porta. »
Kurama aveva ragione. Come sempre. Alzò la mano a pugno. Bussò. Una, due, tre volte. E attese.
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