Rei continuava ad osservare gli occhi lucenti di Po’ia, l’unica persona che gli avesse mai suscitato un qualcosa di così forte e misterioso. Di certo non era uno stupido, comprendeva molto bene che la sua richiesta di unire i popoli era impossibile da attuare, d’altronde ci si trova sempre dinanzi a realtà esterne, politiche e sociali, che non rendono attuabili il quiete vivere, la vera pace ed armonia. Che strano, la paura del futuro ci porta ad agire in un modo così insensato, fuggendo e stringendo braccia e mani che non ci appartengono, nella speranza di poter disegnare un divenire più bello, non comprendendo che, invece, molte volte facendo proprio questo ci si crea una fossa di malinconia e tristezza.
Sperava con tutto sé stesso di poter, invece, coronare il suo sogno che si era delineato sempre più nel corso di questa spedizione, ossia il perseguimento della pace in tutti i suoi aspetti. In quel frangente, con il nemico bloccato e gli amici, si ripromise di voltare pagina ed essere il Rei che aveva imparato a conoscere lì: “dedizione, ragionamento e mediatore” dovevano essere le nuove parole che lo avrebbero descritto da lì in futuro, sostituendo il suo quasi motto “impulsivo, testardo e diretto con le parole”.
Alle parole della ragazza, e sentendosi finalmente chiamato col suo nome e non con l’appellativo di uomo-pelliccia, sorrise con i suoi bei trentadue denti. Durante quella spedizione, pensò proprio in quel momento, aveva perso quella sua abitudine, ma non doveva mutare così tanto. L’esperienza aiuta, ma il sorriso migliora sempre ogni situazione, non doveva perdere questo aspetto del suo carattere, forse l’unico davvero bello.
Po’ia voleva mostrarsi forte, era così chiaro ai suoi occhi, ma lui avrebbe tanto voluto farle cadere quel muro di paura costruito nel tempo, ma sapeva bene che non poteva pensarlo neanche: erano due conoscenti, non altro, non poteva fare nient’altro.
Ebbene sì, lui capì che il benessere del prossimo spesso si viene a creare proprio con quelle alte mura di cinta che la mente crea dal nulla; pensare di non poter fare qualcosa, non è sempre un male, anzi ci permette di incontrare il noi stessi, il nostro subconscio, e scontrarci con esso per conoscere i propri limiti.
Essere vinti da sé stessi non è sempre una sconfitta, ma può essere anche sinonimo di maturità.
Abbandonò i pensieri filosofici che tante volte affollavano la sua mente, prendendo la strada verso sud per l’accampamento A, potendo finalmente portare a compimento quella missione così complessa e articolata.
In vista della lunga camminata, si avvicinò alla piccola Aiata e si distese lievemente, per farla salire sulle sue spalle. Incuriosita la bambina accettò l’invito e per Rei quello fu uno dei momenti più belli di sempre, perché gli parve di portare in spalla non solo una bambina, che per lui era una sorellina, ma proprio la voglia di vivere, tutto ciò che rimane di bello in questa vita, ovvero la bellezza del divenire.
La camminata fu lunga, ma non molto stancante per il giovane, nonostante la bambina sulle spalle giocasse con i suoi ricci capelli: vedere le sue dita perdersi in quei ricci lo facevano molto divertire.
In più, la visione di Po’ia che teneva legato, come al guinzaglio, il nemico gli portò alla mente pensieri non molto puri, anzi sarebbe più consono sorvolare su di essi, perché certamente non erano filosofici come quelli di sopra.
Ed ecco giungere all’accampamento A.
Dopo aver fatto scendere la bambina, andò a parlare con Fumio.
Provò a riassumere tutte le vicissitudini affrontate, provando a non allungare troppo il discorso anche perché aveva imparato, a sue spese, che meno si parla meglio è, molto spesso.
Aiata sembrava felice, e questo bastava. Quella sua amata sorellina, scampata dal naufragio nella precedente spedizione, era incuriosita dagli uomini-pelliccia, e lo si comprendeva chiaramente dai suoi occhioni che guardavano intorno; d’altronde, quanto è bella la spensieratezza che forse finalmente, finalmente continuerei insistentemente a ripetere, potrebbe vivere quella bambina.
Lei meriterebbe soltanto di sorridere, nient’altro.
Ed ecco, finalmente dalle parole di Po’ia si comprese meglio cosa sono i fiori di Rakau, ossia l’incontro tra terra e cielo: non è forse questo il disegno più divino che la gente potrebbe sperare di poter toccare per mano? Fulmine che si scontra con la superficie terreste e, per un qualche motivo, porta alla nascita di quei bellissimi fiori. È come se il divino si facesse natura per essere accarezzato e abbracciato dal mondo, come se sentisse, esso stesso, una solitudine dall’alto delle cime.
L’amore è l'ingrediente che deve sempre e per sempre esistere nel mondo, per portare colore nella tristezza. D’altronde, non è forse il mondo una caotica tristezza da abbattere con la propria vita? Chissà, forse il pensiero di Rei era così contorto e fuori luogo, ma proprio nei momenti di gioia la sua mente vagava di più, riuscendo quasi a toccare il lembo del velo che separa la realtà dal subconscio.
Gli ultimi tempi passarono molto velocemente, in un susseguirsi di chiacchiere e allegria.
Rei comprese che, al rientro, doveva cambiare per sempre le carte in tavola; quella spedizione doveva essere la base della sua crescita.
Grazie Josui per avermi aiutato a migliorare e a crescere.Disse al compagno, avvicinandosi e allontanandosene frettolosamente. Non voleva sentire la sua risposta, magari non avrebbe compreso le sue parole ma sentiva che doveva ringraziarlo; senza di lui quasi sicuramente quella spedizione sarebbe terminata in un brutto modo.
Era giunto il momento degli addii, inutile pensare che sarebbe stato un arrivederci. Non era pronto ad allontanarsi da loro, questi indigeni che sentiva parte della propria essenza; che strano, perché doveva sentire un tale avvicinamento per quella tribù, per quelle due donne che erano lì?
Guardò Po’ia, impaurito. Sì, sentiva una paura dentro ma non poteva esserne assoggettato, doveva quantomeno salutarla. Provò ad avvicinarsi e, quasi imbarazzato, esclamò poche parole.
Sono felice di vedere che stai bene e, mi raccomando, riguardati. Si voltò, dopo averla vista ancora una volta dritto negli occhi.
Ebbene sì, altrettanto doloroso è stato salutare Aiata: le si avvicinò e la strinse in un caloroso e forte abbraccio. Delle lacrime volevano varcare le sue guance, ma riuscì a trattenerle.
Aiata, non farmi mai preoccupare e, per favore, non dimenticarti di me. Detto questo, prese uno dei suoi amati anelli e lo consegnò alla bambina.
Lui avrebbe avuto per sempre la collana, lei un suo anello.
La nave giunse e Rei salpò, tenendosi dentro tutti i sentimenti e le passioni travolgenti.
Coinvolgimento Personale: decisamente 10, è stata una spedizione molto importante per il mio pg e, non lo nego, anche per me: chi ha avuto modo di conoscermi un minimo sa che nel gioco metto me stesso (o almeno, ci provo), quindi è come se fossi migliorato e maturato io stesso.
Tempistiche: Anche qui 10. La giocata è stata davvero gradevole grazie anche alla ottima presenza del master, sia in on che in off. Nulla di scontato.
Trama e impostazione: Beh, 10 sicuro! Rei, con questa trama, è riuscito a mettersi in gioco, ergo davvero ben fatto; complimenti al master e alla squadra!
Scrittura: 10 e anche di più, davvero! Ammiro il modo di scrivere di Wanderer, è un vero punto di appoggio per me stesso.
Ambientazione e caratterizzazione NPC: 10. Po’ia e Aiata oramai fanno parte della vita di Rei, questo è poco ma sicuro! Ho però apprezzato molto anche tutti gli altri, e la presenza di Sanzo (per me ignoto, ma per Josui importante) è stata davvero una trovata geniale!
Valutazione finale: 10. Non c’è nulla da dire, master impeccabile in tutto: presenza, disposizione, trama, nel coinvolgimento dei personaggi. Grazie con tutto il cuore, davvero!
Edited by Rei_hyuga - 20/1/2022, 13:29