Ufficio di Ryuzaki - Genbu, Sora no Kuni
8 Novembre 252
Ancora piacevolmente colpito per ciò che Heiji gli aveva rivelato, Masao girò intorno alla scrivania. Sembrava tremare, difficile dire se per paura o se per
eccitazione. Si appoggiò al tavolo con entrambe le mani, incurvando la schiena, trovando in quella struttura lignea il supporto per il peso del suo corpo e della sua coscienza. Lo sguardo magnetico perso fra le trame del legno, ma al tempo stesso volto verso un futuro pieno di insidie, talvolta di sacrifici estremi. Aveva il fiato corto.
- Sei ancora in tempo per fermare tutto questo, Masao. - lo incalzò Heiji, con un tono di voce quasi rassegnato all'inevitabile. In tutta risposta, l'altro scosse il capo lentamente, in segno di dissenso.
- Heiji... mio caro, adorato Heiji. Niente potrà cambiare ciò che è stato, né ciò che sarà da adesso in avanti. Tutto questo non è soltanto utile per annientare la fama di quella donna, ma necessario. È di vitale importanza, per il destino del Cielo che intendiamo regalare ai figli di questa nazione malata, affetta dal cancro incurabile del Credo. Strinse i pugni, rischiando quasi di far sanguinare le unghia, graffiandole sulla scrivania. Anche soltanto
ammettere che quella puttana l'avesse spinto a tanto era un qualcosa di inconcepibile. Lui, l'eterno e immortale liberatore di Sora no Kuni, costretto a scendere a compromessi con la sua moralità e i suoi ideali, per evitare che il castello di carte che aveva eretto con la sconfitta di Buraindo. Inaccettabile. Heiji lo guardò ancora, le spalle tese, pesanti tanto quanto quelle del fratello al cui fianco aveva combattuto la tirannia del Dio che aveva governato quelle terre e ridotto alla miseria quel Paese. Condannando ad una ciclica, eterna, spirale di distruzione e rinascita.
- C'è altro che io possa fare per te?- Accertati soltanto che, entro due giorni, la notizia sia sulla bocca di ogni abitante di questa nazione. Dopo aver assediato ed espugnato il Tempio di Suzaku, Yurei - la donna conosciuta come Tenshi del Cielo - ha insozzato per l'ennesima volta la serenità di queste terre. Tutto ciò, soltanto con lo scopo di dar vita ad una guerra fratricida per ottenere il trono del Daimyo, per un fine egoistico che non riguarda minimamente i suoi propositi di liberazione, pace e conoscenza. Allora, tutti sapranno che vi è solo infamia ed ambizione, nel suo sogno.La voce di Ryuzaki tremante, il volto buio di Heiji ferito dalle lacrime. Annuì in silenzio, dando le spalle al Daimyo e dirigendosi verso la porta. La aprì, ma prima di richiuderla alle sue spalle ebbe il tempo di udire le ultime parole di Masao. Qualcosa che riportò entrambi indietro nel tempo, al monito che si erano dati per giustificare il massacro di Kugyou.
- Maigo non può essere salvata, non più. E anche senza tutto questo, con l'epidemia prossima a dilagare, niente sarebbe andato diversamente. Ma ancora una volta... porterò queste morti come un eterno fardello che mi ricorderà cosa è stato sacrificato per la libertà della mia gente.Quel giorno...
- Oh, Tenshi-sama...Non vi fu altro che la Kanaeshi riuscì a dire, al cospetto di un discorso così appassionato e vicino non soltanto alle sue esigenze, ma a quelle dell'intera popolazione di Senchu - anzi no, di tutta Sora no Kuni! Tutti i presenti furano pervasi da quel carisma, persino le loro ossa vibrarono, scosse al ritmo del martello della lingua di Mira che sbatteva sull'incudine delle loro coscienze. Fu in quel momento che uno di loro, un anziano uomo, si avvicinò ad uno dei soldati con intenzioni tutt'altro che ostili. Allungò la mano per poggiarla sull'elsa della sua spada, legata alla cintola. Di fronte allo sguardo accusatorio della folla, però, il militare - un ragazzo che poteva avere appena vent'anni, poco più che un moccioso - avvertì la cosa come una minaccia e strattonò l'uomo, per divincolarsi dalla sua presa. Nel farlo, il vecchio perse l'appoggio del suo bastone e cadde all'indietro, battendo il capo e perdendo i sensi. Eccola, infine, la scintilla che Yurei stava attendendo e attorno alla quale aveva cucito il suo monologo. Gli uomini del corteo si infuriarono, la loro collera pareva ardere tanto quanto il loro sdegno. Si riversarono contro il manipolo di soldati, ognuno dei quali sguainò la propria lama, passando al contrattacco. Nella confusione, nessuno avrebbe saputo riconoscere chi aveva sferrato il primo colpo... ma non appena il primo schizzo di cremisi ebbe insozzato il fango umido della piazza, fu chiaro agli uomini della Squadra Medica al servizio del Tenshi che era arrivato il momento di schierarsi a difesa della popolazione, pronti sia a fare da scudo, che a fornire assistenza ai feriti.
Intanto, a Zoku, l'ultima frase di Mira aveva fatto centro. Non fu tanto il Capitano a tentennare, quanto la sicurezza dei soldati sotto il suo comando. Soltanto uno stolto avrebbe potuto non ammettere che vi fosse della verità, nelle parole di quella donna presentatasi al popolo nel suo aspetto etereo di Tenshi. Il governo di Ryuzaki era stato tutto, fuorché roseo... ma prima ancora che a qualcuno di loro balenasse in mente l'idea di unirsi davvero alle fila dell'Angelo, di fatto macchiandosi di diserzione verso il Comitato, la voce di Yamaguchi quietò l'animo dei suoi uomini.
- Come non v’è fida alleanza fra uomo e leone, e lupo e agnello non hanno mai cuori concordi, ma si odiano senza riposo uno con l’altro, così mai potrà darsi che un solo guerriero del Cielo possa schierarsi con una lurida rivoluzionaria.Sguainò la sua enorme e pesante spada e provò ad affondarla nel petto della donna, ma qualcosa di imprevisto accadde. Il ferro cozzò contro altro metallo e d'un tratto, Yamaguchi vide la punta della sua spada deviata dal filo della lama di un giovane ragazzo al servizio dell'Angelo. Mitsuo si era rivelato abile nel comprendere le intenzioni del leader del Comitato ed aveva parato il colpo con la maestria degna di un ex samurai del Ferro. Sorrise con aria di sfida nei confronti del Capitano, il quale ricambiò a sua volta con una smorfia sardonica coperta appena dai suoi baffi ricurvi.
A Maigo, invece, l'allarme dato da Kakumei aveva letteralmente provocato il panico. Pur non conoscendolo, Jou si fidò di quell'uomo che pareva essere da molto tempo al servizio di Yurei e non osò opporsi, anzi fece tutto ciò che poteva per guidare l'evacuazione verso la caserma. Non fu impresa semplice, il tempo a loro disposizione era sconosciuto. Quanto sarebbe passato, prima dell'inevitabile - ammesso che l'inevitabile dovesse davvero arrivare? Minuti? Secondi? Nessuno avrebbe potuto trovare risposta a questa domanda. Ciò che però fu certo ad entrambi, sia all'ex fuorilegge che alla spia di Yugure, era che sarebbe stato impossibile far evacuare l'intera popolazione in un arco di tempo così breve ed incerto. Non con la consapevolezza di avere una spada ben affilata che penzolava sulle loro teste, pronta a calare e a recidere in un istante il loro collo. Fecero il possibile, per radunare un numero consistente di persone, tra le quali anche donne e bambini, ma al tempo stesso per evitare di perdere del tempo prezioso, che avrebbe potuto rivelarsi fatale. Erano in poco meno di trenta, dentro la caserma, quando Kakumei ultimò in fretta i preparativi della Kekkai.
Intanto, la misteriosa creatura alata continuava a volare nella stessa posizione, limitandosi a sbattere le pesante ali per rimanere in alta quota. Poi una voce femminile destò la serenità di Maigo, mentre occhi azzurri come quel cielo terso osservavano la città in fermento, da cento metri d'altezza. Un timbro forte, quasi un urlo, che sarebbe arrivato chiaro alle orecchie di chiunque fosse rimasto nel cimitero.
- Popolo di Maigo! Con il rischio di far scoppiare un'epidemia che minaccia di coinvolgere l'intera nazione, il Tenshi del Cielo non può permettere che le vostre vite possano minare l'incolumità di centinaia, anzi migliaia di altre vite innocenti.Parole tremende, che fecero raggelare il sangue di coloro i quali erano rimasti fuori dalla caserma. Improvvisamente, qualcosa parve precipitare dall'alto. Un costrutto di uno strano materiale, la quale aveva la forma di un ovale umanoide, con grosse ali dispiegate. Man mano che questo si faceva sempre più vicino a terra, fu chiaro a tutti che le sue dimensioni fossero considerevoli - diamine, neppure dieci persone, una sulle spalle dell'altra, avrebbero potuto eguagliarlo in altezza. D'un tratto, le ali vennero ripiegate verso il corpo della sagoma, incrociandosi tra loro in un abbraccio letale. In piedi sopra al suo enorme destriero alato, intanto, la donna che era stata artefice di quello spettacolo osservò quest'ultimo dall'alto. Un sadico sorriso a ferirle il volto.
Sparirete in un istante.
Quando infine ebbe toccato terra, l'ordigno detonò, sfogando tutta la sua potenza distruttiva. L'intero villaggio di Maigo venne inghiottito nell'occhio del ciclone, divorata da una deflagrazione così violenta da produrre un boato assordante. Era come se la terra stessa stesse ruggendo per sfogare la sua collera, un grido tellurico che avrebbe scosso e distrutto ogni cosa. Le abitazioni di Maigo vennero letteralmente incenerite in un istante, spazzate via da quella tremenda bomba che era riuscita a cancellare quella città, per la seconda volta, dalla storia. Persino le urla di chi aveva tentato di scappare, invano, si erano zittite. Sovrastate dal boato, il quale al suo termine aveva lasciato spazio ad un inquietante silenzio, interrotto solo dal rumore dei detriti che crollavano e dal battito d'ali della creatura che si alzò ancora più in alto, portando via rapidamente la sua signora dal luogo della strage.
Quanto alla caserma, la struttura era stata letteralmente disintegrata, ma la Kekkai di Kakumei - seppur finita in pezzi, a causa della violenza inaudita dell'esplosione - aveva permesso che non vi fossero vittime tra coloro che erano riusciti a completare l'evacuazione. Svelti, gli uomini della Squadra Medica si riversarono fuori, ma ciò che trovarono fu angosciante. In un'area di almeno venti chilometri quadrati, non era rimasto niente. Né strade da percorrere, né case in cui cercare superstiti. Nessuna persona da salvare. La conca che la bomba aveva creato nel terreno era l'unico segno rimasto di quella strage, di un eccidio senza precedenti nella storia del Continente degli shinobi e delle sue nazioni.
Un vento di morte e il rumore della terra che tremava, così come il boato di quella che pareva essere stata una violenta esplosione, sarebbero giunti anche a Zoku e Senchu. Parevano provenire da Maigo e, ahimè, nessuno di coloro che erano scesi in piazza, civili o soldati, avrebbe saputo riconoscere in quella brezza che odorava di fiamme e cenere l'ultimo saluto di un villaggio che Sora no Kuni avrebbe pianto, in un modo o nell'altro.