Missione 13C - Sulle tracce di Gyobu, Per Griever (2°pg) e Astaroth (2°pg)

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 8/5/2021, 15:20     +1   -1
Avatar

A Man of No Consequence

Group:
Member
Posts:
2,041

Status:


20 Ottobre 252 DN

Cercare una sistemazione adatta per Hanako non fu facile: ormai rimasta sola al mondo, Ryoshi non ebbe altra scelta se non portarla ad Oto, con sè, magari sperando di trovare un famiglia disposta a prendersi cura di quella sventurata creatura. Il ronin si ritrovò con parecchie porte chiuse in faccia, vuoi per lo scetticismo nei suoi confronti, vuoi per la difficoltà di dover crescere una ragazzina con cui era difficile comunicare, data la sua disabilità.

Certo, vi era sempre l’orfanotrofio del villaggio come ultima spiaggia, ancora di salvezza per altri sventurati, piccoli trovatelli, rimasti orfani perché abbandonati o, come Hanako, perché avevano perso prematuramente i genitori. Come posto non era poi così male: sembrava esser gestito da persone che sembravano tenerci alla salute e alla buona crescita di quei bambini, seppur soffrissero per la carenza di fondi. Per non parlare, poi, della gioia che provavano quando, una volta a settimana, nella struttura si presentava un giovane ninja noto come “il giocattolaio”: anche lui, come quei bimbi, orfano cresciuto ad Oto, il quale si era preso come missione quella di portare il sorriso a quei piccoli ospiti, portando con sé sempre nuovi giocattoli con cui regalare loro un momento di spensieratezza.

Però, anche lì, la disabilità della ragazzina poteva creare problemi: gli altri bambini, quelli più piccoli, non capivano il motivo del suo mutismo; quelli più grandi, o la prendevano in giro o, semplicemente, la ignoravano, perché ritenevano troppo difficoltoso parlare con lei, nonostante, in più di un’occasione, lo stesso giocattolaio avesse cercato di convincere i bambini ad interagire con lei, magari cercando di insegnar loro il linguaggio dei segni.

Era quindi difficile per il ronin decidere cosa fare, con lei, e Hanako, dal canto suo, si sentiva spaesata, persa, senza la presenza di quel samurai, divenuto ormai il suo punto di riferimento...

Era però giunto il momento di decidere, di prendere una decisione sul futuro di quella ragazzina, perché il tempo stringeva e, se voleva sperare di riuscire a mettere le mani sul responsabile della morte dei genitori di quella piccina, doveva assolutamente rimettersi al più presto sulle tracce di Tai Gyobu, e ripagarlo con la stessa moneta, se non di più, per tutto il male che aveva causato.

CITAZIONE
Ed eccoci qua!
Non sapendo bene come avreste preferito iniziare, ho pensato di dare un breve accenno sulla difficoltà di cercare un posto adatto dove lasciare in custodia Hanako. Sentitevi liberi di sfruttarlo o meno, io, nel dubbio, ne ho approfittato per introdurre la location dell’orfanotrofio per poterlo sfruttare in futuro (qualcuno ha parlato di un mio secondo pg? Coff coff)

Sciocchezze a parte, lascio a voi la tastiera per il vostro primo post... E abbiate pietà di me, che come master sono abbastanza arrugginita :asd:
 
Top
view post Posted on 14/5/2021, 10:18     +1   -1
Avatar

Group:
Meccanici
Posts:
23,986
Location:
Albuquerque

Status:


Hanako (花子)
qXGAAX

Orfanotrofio - Oto
20 Ottobre 252


Non passa giorno, da quando sono qui, senza che mi manchi casa mia. Ci è stato inculcato che la vita è dura, che cose del genere possono accadere a chiunque, purtroppo. Qui, non mi è permesso avanzare pretese di nessun tipo, perché il mio caso non è speciale, né poi così diverso dal destino toccato ad un altro bambino. Sono tutti orfani, qui. Oltretutto, i bambini dell'Orfanotrofio sono perlopiù figli di guerrieri di Oto caduti in battaglia o nell'adempimento del loro dovere. Ninja, così vengono chiamati gli assassini appartenenti ai ranghi militari del Paese. C'è chi si mostra fiero di essere figlio di eroi di guerra, ma la verità è che, qui dentro, tutti ci sentiamo inevitabilmente soli. Io in particolar modo, dato che sono l'unica bambina ad essere del tutto straniera a questo Paese; nessuno degli altri ospiti dell'Orfanotrofio ha sentito mai parlare di Netsuyama, figuriamoci del piccolo centro di Uji. Eppure no, non è questo il solo motivo per il quale vengo costantemente umiliata, derisa ed evitata dagli altri bambini. Non è il mio Paese di provenienza a rendermi diversa da loro.

Sono sorda, questo è il problema. Questo è ciò che nessuno di loro, purtroppo, sembra disposto ad accettare. Non mi capiscono, né io sono in grado di comprendere loro. Ho tentato all'inizio, di comunicare per iscritto, ma nessuno mi è sembrato interessato e disposto a compiere quello sforzo in più, pur di farmi sentire parte integrante di qualcosa. Oltre Ryoshi, che ogni tanto viene a farmi visita, l'unico contatto positivo che ho avuto è quello con quel ragazzo misterioso. Il giocattolaio, se non ho capito male. È stato lui a tentare di costruire una connessione tra me e gli altri, l'unico a conoscere il linguaggio dei segni... e sempre lui a regalarmi il gattino di pezza che mi tiene compagnia, nel buio e nel silenzio della mia stanza. È un giocattolo vecchio e malandato, fatto a mano chissà quanto tempo fa, ma non importa: in un certo senso, è l'unica cosa vera che sono riuscita ad ottenere qui dentro. E per me, è comunque meglio di niente.
L'ho portato con me, stamattina. In cortile, approfitto di uno spiraglio di sole, in questo Ottobre che finora ha riservato per lo più nuvole e pioggia, per dipingere all'aria aperta. Sto ancora lavorando per perfezionare i tratti della Tigre, quando sento qualcosa strattonarmi i capelli. La presa fa male, l'istinto mi suggerisce di assecondare il movimento anziché oppormi, per alleviare il dolore... e così mi giro, per vedere non quel qualcosa, ma il qualcuno che mi sta facendo del male. È Daisuke, con la sua solita banda di teppistelli. Sono tutti più grandi di me, dovrebbero avere quattordici, forse addirittura quindici anni. Con la coda dell'occhio, riesco ad incontrare le iridi di lui, scure come i suoi capelli, di un nero pece non molto diverso dal mio inchiostro. Mi dice qualcosa, vedo le sue labbra muoversi, ma non riesco a capire di cosa si tratti. Provo ad allungare le braccia per liberarmi dalla presa, ma è più alto di me; gli basta alzare la mano a sua volta, strattonando di più i miei capelli, per impedirmi di arrivare fin lì. Poi fa un cenno ad un altro, un biondino, che come un bravo soldatino esegue gli ordini del suo capo e si impadronisce del gattino di pezza, che ho lasciato sui gradini dell'ingresso, insieme alla pergamena sulla quale stavo disegnando.

Ha in mano quello che sembra un... kunai? Guardo la lama sgranando gli occhi, terrorizzata. Non ci è permesso detenere oggetti pericolosi, dentro l'Orfanotrofio. È una regola rigida che ci è stata imposta, per ottime ragioni... dopotutto, se siamo qui, è anche perché i grandi vogliono tenerci d'occhio, perché sanno che rimanere orfani in tenera età possa renderci disturbati. In qualche modo, però, Daisuke e i suoi devono aver superato i controlli, nascondendo quel coltello chissà dove. Il biondo, Kawamaru, solleva il gattino e gli punta la lama alla gola, come se volesse tenerlo in ostaggio.

Lascwawo stawe. Ridawmwelo!

Provo a farmi capire, sono abbastanza sicura di esserci riuscita. Ma la reazione è prevedibile, non diversa da quella delle altre volte in cui mi hanno maltrattata. Ridono, come se la mia voce orrenda fosse un trofeo da esibire, un abominio che mi hanno tirato fuori con la forza, un'impresa di cui andare fieri. Sento le lacrime rigarmi le guance, calde, bagnarmi gli occhi fino ad appannare la vista. Kawamaru affonda la lama nella pezza, dilaniando il mio giocattolo, mentre Daisuke tira più forte la mia chioma, fino a farmi davvero male. Lo sento ridere dietro di me, sento la sua voce simile ad un rumore ovattato, che però distinguo chiaramente. Così come percepisco, provenire da dentro, una rabbia che ormai mi appartiene da mesi.

Sono stanca di essere esclusa.
Stanca di essere derisa, maltrattata, percossa o minacciata.
Stanca di Daisuke, Kawamaru e degli altri ragazzi che si prendono gioco di me.
Stanca di questo maledetto posto.

Non ci penso nemmeno, le mie mani si muovono da sole seguendo l'istinto. Sopravvivenza? No, non credo. Quando realizzo di aver evocato il chakra, mettendo a frutto gli allenamenti a cui mi sono dedicata negli ultimi mesi per affinare le arti del maestro Zhen, vado nel panico. Non posso averlo fatto davvero.
Il mio incubo prende forma, proprio come la Tigre che si materializza dalla pergamena. Minacciosa, balza accanto a me, azzannando Daisuke sul fianco e costringendolo a mollare la presa. Indietreggio preoccupata, ma sono così terrorizzata da non riuscire a reggermi in piedi. Le gambe e le mani tremano, così inciampo, cadendo di sedere. Proprio davanti al ragazzo, quanto mi basta per mettere a fuoco le chiazze di sangue che gli insozzano i vestiti. Le zanne della Tigre sono andate a fondo e lì restano, immobili. Paralizzate come me, la sua evocatrice. Aspettano un mio ordine, non sanno se dilaniare ancora la carne o se lasciare la morsa, aspettano me... ma io, non so che fare. Con i capelli scompigliati, tra le lacrime, l'unica cosa che riesco a fare e piangere, mentre avvolgo le braccia tremanti intorno a me e avvicino le ginocchia al petto.

Che cosa ho fatto?

Partiamo katifi :guru:
 
Top
view post Posted on 16/5/2021, 16:31     +1   -1
Avatar

la curiosità e la sete di conoscenza guiderà l'animo umano fino alla fine dei suoi giorni...

Group:
Admin
Posts:
7,412

Status:


Si trovava dentro una piccola locanda lungo la strada che portava al confine con Oto, a osservare il fondo di un bicchiere senza dire una parola. Rifletteva, e tamburellava nervosamente le dita sul tavolo di legno. Alzò d'un tratto la mano per ordinare che il bicchiere venisse riempito nuovamente, e venne esaudito senza bisogno che aprisse bocca: non doveva essere nuovo di quel luogo. Ryoshi era un samurai particolare: il suo stile di combattimento era pieno di influenze dell'arte Bushido del paese del Ferro, che richiedeva disciplina, onore e lealtà verso il proprio padrone, eppure lui era da solo, senza passato, e con vizi e passioni che sarebbero immediatamente stati puniti nei luoghi in cui probabilmente era cresciuto. Era un viandante, un cacciatore e sebbene non amasse farsi dei legami, con le sue vittime lo instaurava necessariamente. Imparava a pensare come loro, a ripercorrere i loro passi, studiava la loro storia, la loro influenza e infine si prendeva la loro vita, impossessandosi della loro anima. Non esisteva altro nel suo percorso, non una foto, non un'immagine che potesse raccontare ciò che si celava dietro il suo cappello di paglia, se non le lame che portava sempre con sé. Eppure quello che era successo a Uji lo aveva scosso, era riuscito a toccare delle corde che credeva sopite, abbandonate, cancellate, che adesso non riuscivano a farlo concentrare sul lavoro. La maniera con cui Gyobu e i suoi uomini avevano aggredito la famiglia di quella ragazzina, gli ridava alla mente immagini di un passato a cui sapeva di non appartenere più, ma che riuscivano a dargli influenza. Bevve d'un sorso il liquido ambrato nel bicchiere e lasciò la locanda poggiando una manciata di Ryo sul tavolo, e partì in direzione dell'orfanotrofio in cui aveva lasciato Hanako e in cui continuava a tornare di tanto in tanto.

Quando gli venne raccontato quello che aveva fatto la ragazza, strinse i pugni e serrò la mascella, celando l'espressione grazie al kasa. Aveva sempre saputo che quella bambina non sarebbe mai riuscita ad adattarsi in un posto come quello, non nelle sue condizioni, non con le sue strane capacità. Aveva un modo tutto suo di utilizzare il chakra, e riusciva a dare vita ai suoi disegni facendo esplodere i colori che rappresentava. Come se gli acquarelli potessero compensare ciò che il suo udito non riusciva a percepire. Gli dissero che l'avrebbero condotta nell'ala di isolamento, sperando che il bambino rimasto ferito non morisse nel frattempo. Aveva davvero scelta? Non avrebbe mai permesso che la trattassero come un'omicida impazzita, non dopo tutto quello che le era successo e che aveva passato. Non riusciva a crederci nemmeno lui ma accettò di riprenderla con sé, senza più sapere a chi affidarla, e come prendersene cura. Ryoshi non era bravo come padre, né come fratello maggiore. Era un solitario, aveva scelto quella via per dimenticare la sua storia, la sua patria e non poteva permettersi di avere un'altra vita sulle spalle. Eppure quando la vide venire verso di lui, a testa bassa, e senza incrociare lo sguardo con le persone che per tutto quel tempo l'avevano maltrattata e insultata, pensò che le zanne di una tigre per difendersi non sembravano poi così sbagliate. Si chinò sulle ginocchia per incontrare il suo sguardo: aveva ancora il viso gonfio per tutte le lacrime che aveva versato e l'espressione di chi non sapeva più di chi fidarsi in una vita come la sua, in un mondo come quello.


Ti porto via di qui. le disse con un linguaggio dei segni estremamente accennato. Aveva avuto delle notizie sugli ultimi spostamenti di Gyobu e tutto sommato pensò, osservando quegli occhi spenti ma ancora desiderosi di ardere, che non le avrebbe negato la possibilità di vendicare le persone amate. Inoltre, con quelle capacità, sarebbe potuta risultare utile in battaglia. Il samurai si rialzò a quel punto, dando un ultimo sguardo all'orfanotrofio e alla gente che lo gestiva.

Ryoshi - Vi ringrazio per il vostro tempo, ma va bene così Si inchinò e dopo aver firmato tutte le carte per il rilascio, pregò Hanako che lo seguisse nel boschetto vicino la struttura, quello con un piccolo torrente che ne attraversava il sentiero alberato. Ryoshi si sedette su un masso, incrociando le mani davanti al grande kasa che gli copriva perennemente lo sguardo. Ci stette un po' a pensare, poi prese una pergamena e cominciò a scriverci sopra qualcosa. Erano parole per la ragazzina, regole. Avrebbe dovuto seguirle alla lettera, tutte, o sarebbe tornata in quel posto infernale o peggio.

CITAZIONE
REGOLA 1:

Fai quello che dico io, sempre.

REGOLA 2:

Non mi rallenti, non fai i capricci, si mangia e si dorme quando dico io.

REGOLA 3:

Non usi le tue capacità se non lo dico io. Niente tigri e leoni in giro.

REGOLA 4:

La regola 1 deve essere chiara.

Glielo passò senza aggiungere una parola. Ciò che Hanako doveva sapere era scritto lì. Era sicuro che se ne sarebbe pentito, ma in fondo che aveva da perdere? Meglio che lasciarla a marcire da sola tra bulletti e psicologi convinti di poterti entrare nella testa.
 
Top
view post Posted on 11/7/2021, 16:19     +1   -1
Avatar

Group:
Meccanici
Posts:
23,986
Location:
Albuquerque

Status:


Hanako (花子)
qXGAAX
Quando vedo Ryoshi, tutto si placa, dentro di me. Tutto si dissolve come polvere portata via da un vento leggero e dolce. Mentre avvolgo le mie braccia attorno ai suoi fianchi, una volta ridotte a zero le distanze, dimentico tutto. L'angoscia per le condizioni incerte di quel bambino, la solitudine e l'ansia trascorse nella notte in isolamento. Tutto scompare, poi, quando lo vedo tentare di comunicare con me con il linguaggio dei segni. Ne rimango affascinata, quasi commossa. Quasi non riesco a credere ai miei occhi: davvero sta cercando di impararlo... per me? Mi sembra quasi trascorsa un eternità, dall'ultima volta in cui ho percepito questo calore, insieme al rossore delle mie guance. Un po' mi dispiace non avere modo di salutare come si deve il giocattolaio, l'unico che davvero ha avuto un occhio di riguardo per me, lì dentro; alla proposta di Ryoshi, però, la mia risposta non può essere altra, se non un timido "sì".

Tiro un sospiro di sollievo quando, dopo aver firmato le carte per la dimissione, diamo le spalle all'orfanotrofio e ci allontaniamo. La prima cosa che faccio, mentre Ryoshi si accomoda su quel masso, è avvicinarmi alla sponda del fiume ed affondare il viso nella fredda superficie dell'acqua, dopo essermi chinata. È come una doccia d'acqua gelida, ciò che mi serve per allontanare i pensieri da quel luogo tremendo e concentrarmi verso la prossima meta... qualunque essa sia, perché ad essere sincera non ho la minima idea di dove lui voglia condurmi. Casa sua, forse? Per un momento, spero di poter passare la notte in un giaciglio comodo, con coperte che profumano di freschi fiori di giardino e non di stantio, per una volta.
Quando torno verso di lui, lo trovo con una piccola pergamena in mano. Me la consegna ancor prima che i miei occhi realizzino che ci abbia scritto qualcosa sopra - la prima cosa a cui penso, appena leggo, è che Ryoshi ha davvero una pessima calligrafia. Dovrebbe impegnarsi di più nel renderla appena più elegante e comprensibile, ma ovviamente non glielo dico e dubito che lui possa interpretare la cosa dalla mia smorfia corrucciata. Ad ogni modo, sono regole... e non sono nemmeno tante, per fortuna. Mentre gli rendo la pergamena, annuisco timidamente con il capo. Poi, faccio ricorso a tutta la gratitudine che provo nei suoi confronti, specialmente adesso che mi ha portata via dall'orfanotrofio. Gli sorrido, mentre avvicino il medio della mano destra alla spalla, picchiettando con il polpastrello su di essa tre volte. Il labiale si capisce appena, ma sono certa che Ryoshi abbia imparato il significato di quel segno.

Grazie.

 
Top
view post Posted on 12/7/2021, 19:49     +1   -1
Avatar

A Man of No Consequence

Group:
Member
Posts:
2,041

Status:


Ora che la situazione con Hanako sembrava essersi sistemata, per il ronin non restava altro che riprendere le cose da dove le aveva lasciate. Dopotutto, aveva un incarico da portare a termine e, di certo, la testa di Gyobu non si sarebbe presa da sola, perciò era giunto il momento di agire, di darsi da fare per prendere quella carogna e fargliela pagare per le nefandezze da lui compiute.

Da dove iniziare, però? Bhe, semplicemente da dove le aveva interrotte: a Netsuyama il nome di quel farabutto l’aveva portato fino al padre della piccola, brutalmente ucciso, oltre al resto della sua famiglia… Poteva ricominciare da lì le sue ricerche, oppure tentare un’altra pista, il sempre eterno e collaudato metodo del girovagare per i bassi fondi, facendo le giuste domande nel giusto giro…

La scelta finale spettava pur sempre al veterano, ma in un modo, o nell’altro, poteva esserne certo, sarebbe riuscito a trovare quella feccia e farle pentire amaramente di essere nato.
 
Top
4 replies since 8/5/2021, 15:20   112 views
  Share