Spedizione C/B - Blätter, per Ardyn e Elda

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ArdynIzunia
view post Posted on 11/4/2021, 17:18 by: ArdynIzunia     +1   -1
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A Man of No Consequence

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• Da qualche parte nel Paese dei Fiumi, 3 ottobre 252 DN

Il respiro affannoso era l’unico suono che si sentiva all’interno di quella stanza buia e spoglia, priva di alcun tipo di ornamento. Probabilmente si trattava di uno sgabuzzino, data la presenza di scaffali a coprirne le pareti, ricolmi di casse e cianfrusaglie varie, ma l’uomo presente lì, in quella stanza, non era affatto interessato agli oggetti ivi contenuti, tutt’altro, era l’ultimo dei suoi pensieri.

Legato ad una sedia, le braccia erano strette lungo i braccioli della sedia, le mani completamente spappolate, il viso tumefatto, le labbra gonfie e spaccate da cui si intravedevano le gengive a cui erano stati strappati via dei denti. Doveva aver pianto, almeno stando alle chiazze di umido presenti sulle bende che gli coprivano gli occhi ed un ragionamento analogo poteva esser fatto per i suoi pantaloni, ma in quel momento l’uomo voleva solamente che la sua agonia finisse, che il suo aguzzino lo lasciasse libero, in un modo o nell’altro.

«T-ti prego… T-ti ho detto tutto quello… che volevi sapere… » Piagnucolò, ansimando, cercando di direzionare lo sguardo verso il suo aguzzino, ma non potendolo vedere, non aveva la benché minima idea di dove si trovasse…. E furono dei passi a fargli capire dove volgere lo sguardo reso cieco dalle bende, cosa che lo iniziò a far tremare, disperato, riprendendo a piagnucolare per aver salva la vita.

L’aguzzino si fermò dietro la sedia del suo ostaggio, mentre un nuovo rumore fece sobbalzare l’uomo sulla sedia, aumentando l’intensità del suo piagnucolio. Era un fruscio pesante, simile a quello che producono indumenti di cuoio quando vengono sfilati e, a giudicare dal tonfo prodotto quando questi toccarono terra, doveva trattarsi di qualcosa di non proprio leggero e di un certo spessore. L’ostaggio capì immediatamente che si trattava dei grossi guanti che il suo aguzzino aveva indossato, prima di torturarlo, lunghi fin sopra il gomito, simili a quelli che sono soliti utilizzare fabbri e maniscalchi nella lavorazione del metallo.

Lo scricchiolio che ne seguì e la vibrazione lungo la sedia gli fecero capire che quel mostro, perché chiunque gli aveva fatto una cosa del genere non poteva ritenersi affatto umano, si era poggiato proprio sullo schienale e… Si, percepiva il suo respiro sopra la testa e l’odore forte e penetrante di cioccolato e caffè tostato lo colpirono come un pugno nello stomaco, serrandogli la gola. «P-perché… Perché continui a farmi q-q-questo...»

Lo scatto di un accendino e quella fragranza si fece ancora più intensa, mentre il suo aguzzino sbuffava direttamente il fumo sopra di lui, facendolo tossire. Un inferno, per la sua bocca devastata e la gola riarsa. «Perché, mi chiedi? Dovresti saperlo, il perché...» Pronunciò l’aguzzino, spostandosi di fianco all’uomo, a passi lenti e strascicati, in modo tale da permettergli di sapere esattamente dove lui fosse. «M-ma gli affari… Nel mondo degli affari… F-funziona così… Io ho solo… Ho solo venduto al miglior offerente...» «Mh, certo… Vendere merce pagata e attesa da altri alla famiglia del Daimyo mi sembra un affare più che ragionevole da fare, no?» L’ostaggio emise un verso stridulo, singhiozzante, timoroso di esser bruciato con la brace della sigaretta, cosa che però non avvenne… Non a questo giro, per lo meno.

«M-ma n-non l’ho ancora consegnata… T-te l’ho detto… È ancora qui… P-potete prenderne metà…. N-no, no, anche t-tutta… Ma vi prego, lasciatemi andare...» «E perché dovrei? Grazie al tuo preziosissimo contributo, so fin dove posso spingermi con la tortura psicologica, e poi… » Sobbalzò nel sentire la mano dell’aguzzino vicino alla sua testa e, finalmente, fu nuovamente in grado di vedere, gli occhi liberi dalle bende e, nel vedere ciò che aveva davanti, il mercante urlò di terrore, desiderando di non essersi mai cacciato in quella situazione: gli occhi del suo aguzzino erano zaffiri che splendevano nel nero abisso dell’inferno, mentre schiere di forme umanoidi, scure e spettrali, lo circondavano attendendo, fameliche, il loro turno per poter agire. «C’è chi ha ancora un conto in sospeso, con te… Dopotutto, il ritardo nella consegna di quei medicinali ha causato la morte di diverse persone, sai? E non vedono l’ora di chiarirsi con te, faccia a faccia...» Sorridendo sornione, Kacchan, sigaretta in bocca, diede un buffetto affettuoso al mercante e, voltandogli le spalle, si diresse verso la porta, mentre l’uomo iniziò ad implorarlo di non lasciarlo solo con loro. «Mi raccomando ragazzi, non esagerate troppo, con lui… Non sia mai che poi ci tocchi sorbircelo anche da morto...» E si chiuse la porta alle spalle, ignorando le urla disumane che venivano dall’altra parte.

Ancora poggiato sulla porta, tirò qualche altra boccata alla sigaretta, cercando di rilassare i muscoli contratti, gli occhi chiusi, nel tentativo di cercare un sollievo che, però, non sembrò arrivare. Era proprio necessario spingersi a tanto? Gli domandò Chiyo, circondandogli con un braccio le spalle nude e poggiandosi di peso a lui. Un tempo non sarebbe stato facile, per Kacchan, reggere l’enorme stazza dell’Akimichi, ma questo era quando lei era ancora in vita. Da morta, invece, la sua anima arenata non pesava nulla, eppure l’ombra che delineava era sempre mastodontica come quando era in vita.L’hai visto anche tu, no? L O R O hanno insistito tanto affinché quel verme ricevesse parte del dolore che sono stati costretti a patire per colpa della sua sete di denaro. Se i medicinali fossero arrivati per tempo, forse molti di loro si sarebbero potuti salvare e...

«Kacchan? Qui abbiamo finito… Tu a che punto sei?» La figura di Shiroko si sporse oltre l’ingresso del magazzino sotterraneo, costringendo così lo Yamanaka ad interrompere il discorso con Chiyo. « Qui ho finito... » Rispose stancamente, concludendo la frase con un profondo sospiro. Quando raggiunse l’albina, non poté fare a meno di notare il brivido leggero che la percorse da capo a piedi, nonostante l’impassibilità fosse un suo tratto distintivo, e come darle torto. Non gli serviva di certo avere uno specchio per sapere in che stato era ridotto, cosa che giustificava senza troppi problemi la reazione avuta dalla collega: decine di impronte di mani avevano marchiato la pelle pallida dell’uomo, sporca di fuliggine e sangue; profonde occhiaie scure marcavano il suo sguardo stanco, mentre lacrime nere gli rigavano il viso, man a mano che la sclera ritornava del suo colore originario. « Hai bisogno di riposare? » Gli domandò la donna, porgendogli il suo giaccone, che Kacchan indossò con un brivido, la pelle estremamente sensibile al contatto col tessuto pesante. « Nah, non serve… Prima riconsegniamo la merce ai legittimi proprietari, prima mi riposerò. » Esclamò, usando la t-shirt che aveva indossato in precedenza per pulirsi almeno il viso.

All’esterno, Makoto li attendeva seduta sulla coda di un carro trainato da una coppia di cavalli. Nel vederli arrivare, l’adolescente balzò giù, chiudendo la sponda mobile e mettendosi al posto del guidatore, dove venne raggiunta da Shiroko, che prese le redini del mezzo. Kacchan, invece, con uno sforzo immane, si tirò su, lasciandosi cadere pesantemente all’interno del piano di carico, sdraiato di fianco alle dieci casse di medicinali che avevano recuperato. « Aaallora… Che ne è stato del mercante? L’hai accoppato? » Domandò incuriosita la ragazzina, raggiungendo il giovane mentre il carro proseguiva verso la loro prossima destinazione. Kacchan, per tutta risposta, grugnì, coprendosi il viso con un braccio, nel tentativo di riposare, ma la Yotsuki era un tipo terribilmente insistente. « No. Era ancora vivo quando l’ho lasciato. Certo, era messo male, ma se la caverà… Loro non lo uccideranno. Alla fin fine, deve aver modo di imparare la lezione, no? » Sentì la ragazzina annuire, eppure percepiva chiaramente qualcosa di strano… E, di fatti, Makoto era ancora accanto a lui, i vispi occhi ametista spalancati nello scrutarlo con troppo attenzione, per i suoi gusti…

« Si può sapere cosa hai da fissare così tanto? » « Lo sai che giorno è oggi? » Gli domandò, con un entusiasmo nella voce che mise immediatamente in allerta lo Yamanaka. Conoscendo Makoto, non c’era da fidarsi di lei quando era così euforica: era il presagio di un mare di guai. Nel vedere la sua perplessità, la ragazzina alzò gli occhi al cielo, voltandosi verso l’amica, alle prese con la guida del carro. « Non ci credo… Shiroko, ma fa sul serio secondo te? » « Beh, abbiamo avuto parecchio da fare in questi giorni… Non mi sorprenderebbe se gli sia passato di mente... » « Ma si può sapere di cosa stracazzo state parlando? » « Ma del tuo compleanno, bakacchan che non sei altro! » « Ah. » Non che gli importasse particolarmente. Alla fin fine, i giorni, per lui, erano diventati tutti uguali e la sola idea di festeggiare un nuovo anno della sua miserabile vita gli sembrava troppo… Cazzo, ricordava fin troppo bene l’ultima volta che lo aveva festeggiato, e sembrava esser passata una vita intera. « Dobbiamo festeggiare come si deve! Ho già organizzato tutto e... » « No Makoto, ti prego… L’ultima volta che abbiamo festeggiato alla tua maniera ci siamo ritrovati in mezzo ad una rissa da taverna, ubriachi fradici… » « Lascia perdere quella volta. A questo giro mi sono superata, fidati… Non rimarrai a bocca asciutta. Non so se mi spiego, eh eh eh eh.» Fece la ragazzina con una risatina maliziosa, tirando una leggera gomitata al giovane che, esasperato, si tirò su a sedere, mentre Shiroko esalò un sospiro di rassegnazione.

« D’accordo, d’accordo… Basta che non sia nulla che attiri troppo l’attenzione… » Capitolò infine, rassegnato, venendo investito dall’entusiasmo di Makoto che, nella foga, si strinse al suo braccio, iniziando a descrivergli il programma della serata. Fingendo interesse, Kacchan si accese una sigaretta e, componendo alcuni sigilli, richiamò una piccola cassetta di latta, che era solito usare per scambiare messaggi con quei pochi contatti che gli erano rimasti, da quando aveva lasciato Konoha. Al suo interno trovò un rametto di Myosotis dai piccoli fiori color indaco col centro giallo a contrasto, e boccioli rosa pallido. Sorrise malinconico il giovane, accarezzando i petali delicati di quel piccolo ramo di non ti scordar di me lasciatogli da sua madre, per poi prendere una lettera in busta chiusa, sigillata con alcune gocce di ceralacca. Quando l’aprì, pensò di riconoscere la grafia di sua madre, ma rimase sorpreso nello scoprire che quella lettera non apparteneva affatto alla sua genitrice, ma a… « Masaru? » « Oddio, se vuoi farla venire, possiamo sempre chiederglielo, sempre se riesce a raggiungerci in tempo, però… Non è che poi ha da ridire? Voglio dire, dovevamo andare a conquiste, e... » « No, ma che hai capito… Masaru ha bisogno di me per svolgere un incarico… Vuole che ci incontriamo a Sado, nel Paese dell’Acqua, tra tre giorni. » « Se parti subito, dovresti riuscire ad arrivare per tempo… » « Cosa!? E rinunciare alla fantastica festa di compleanno che ti ho organizzato?! » « Mi dispiace Makoto, ma lo sai bene… Prima il dovere e poi il piacere… »

La ragazzina si scostò dallo Yamanaka, fulminandolo con lo sguardo per poi sogghignare sorniona, sfregandosi le mani. « Oh beh, se la metti così allora, non posso che alzare le mani, però… Di certo non puoi andarci conciato così, se vuoi mantenere un basso profilo...» « Makoto, mi preoccupi quando mi guardi a quel modo… » « Oh, tranquillo anaki, lascia fare a me. Quando avrò finito, nemmeno tua mamma saprà riconoscerti...»

• Sado, Paese dell'Acqua, 6 ottobre 252 DN, ore 3:00

Seduto su una bitta di uno dei moli più esterni del porto, Kacchan era intento a fumarsi una delle sue solite sigarette, gli occhi chiusi a godersi l’arietta frizzante della sera. Con un sospiro profondo, osservò il suo riflesso nell’acqua scura, passandosi una mano tra i capelli, con una smorfia. Makoto glieli aveva tinti utilizzando una tintura a base di barbabietola rossa e adesso erano diventati di un improponibile colore rossiccio, simile a quello dei fagioli rossi. Ma come gli era venuto in mente di lasciarsi conciare in quella maniera? Beh, dai, non sei poi così male… Guarda! Finalmente riesco a vedere anche quel tuo bel faccino senza tutto quell’acciaio che ti porti appresso! E poi quei tatuaggi! Che fighi che sono… Perché non te li fai fare per davvero da Makoto? Scherzò Chiyo, facendo riferimento al fatto che fosse completamente sbarbato e senza i soliti piercing sul viso, lasciandosi i soli dilatatori alle orecchie, mentre il collo e metà braccio sinistro erano tatuati, nei punti proprio dove aveva le cicatrici lasciate dalle ustioni. [X]

Rabbrividì leggermente, stringendosi al collo il bavero del giaccone, scrutando la gente di passaggio. A quell’ora della notte non c’era molto movimento, ma eccola, tra i passanti, una figura a lui familiare… E no, non la riconobbe subito, dacché anche lei aveva usato un travestimento per non farsi riconoscere. A fargli capire che si trattava di Masaru era l’anima arenata che l’accompagnava, l’inseparabile Ryunosuke, il suo primo grande amore.

Come avrebbe dovuto sentirsi, nel rivederla dopo tutto quel tempo che era passato? In ansia, con il cuore in gola ed un vuoto nello stomaco? Forse, eppure, in quel momento, non sentiva affatto quell’agitazione sotto pelle che ti prende quando fremi nel rivedere la persona che… ami? Aveva mai davvero provato una sensazione simile, in vita sua? Certo, c’era una certa attrazione fisica, tra lui e Masaru e, tutto sommato, la considerava un’amica, allo stesso livello di Chiyo e Natsuko… Nel ripensare alla Hyuga, non poté fare a meno di abbassare lo sguardo, chiudere gli occhi e massaggiare la radice del naso, sbuffando nel tentativo di non dar peso al groppo che sentiva in mezzo allo stomaco. Ecco, forse era quello il vero problema, di tutta quella situazione…

« Lo so, fa strano anche a me...» Fece lo Yamanaka, sorridendo stancamente a Masaru, la quale sembrava esser rimasta imbambolata ad osservarlo. « Sarà un'impresa tornare al mio colore naturale... Certo, i pigmenti naturali sono meno aggressivi, ma sui capelli chiari sono comunque infernali da togliere... Per non parlare delle lenti a contatto... Porco Kagutsuchi, se non sono fastidiose... » Gli sfuggì una risata roca mentre piegava un braccio sul ginocchio e poggiava la testa sulla mano, picchiettando leggermente la sigaretta per far cadere la cenere in eccesso. « Si. Un vero dramma... » Fu la risposta della donna e, a quel punto, Kacchan non poté fare a meno di sorridere divertito, nel osservare la sua espressione e percepire il suo subbuglio emotivo. « Makoto ha insistito troppo… Non ce l’ho fatta a dirle di no... » Le spiegò, continuando ad osservarla attento. E lei poteva ben intuire come lui la stesso sondando, con quel suo sguardo reso verde smeraldo dalle lenti a contatto. « Mi dispiace. » « Nha, alla fin fine è necessario, se voglio mantenere un basso profilo... Purtroppo la mia faccia è ancora troppo riconoscibile e diciamo che ultimamente il lavoro ci sta spingendo troppo a... Metterci la faccia. Vedo che anche tu non ci sei andata giù leggera… » Le fece, alzandosi in piedi e divertendosi un mondo nel vederla alzare gli occhi al cielo. Ecco una cosa che gli piaceva di Masaru: a differenza del rapporto con Natsuko, era lui a fare la parte dello stronzo.

Le si avvicinò, sogghignando come un gatto malefico, iniziando a pungolarle una guancia con la punta del dito. « Ma guardala, la donna di ghiaccio... Com'è poco imperturbabile in mia presenza... » Per tutta risposta lei lo scrutò con sguardo minaccioso, incrociando le braccia al petto. « Fai meno lo spiritoso, Azuki, abbiamo da lavorare. » Azuki. Lo aveva davvero chiamato come i fagioli rossi? Sibilò tra i denti, facendo una smorfia, grattandosi dietro la nuca. « Touche. Te lo concedo. » Per poi schiarirsi la gola, cercando di riassumere un atteggiamento serio. « Allora, cosa abbiamo? »

Le domandò, incrociando le braccia al petto e ascoltando le informazioni riguardo quello che avrebbero dovuto fare. In apparenza non sembrava un compito difficile, ma le insidie potevano nascondersi dietro l’angolo: incomprensioni con le popolazioni locali, gruppi avversi interessati alla loro merce, incognite meteorologiche… Insomma, se i Kami avessero voluto, avrebbero trovato facilmente mille e uno modi per mettergliela in culo. « Bene. » Commentò semplicemente il suo resoconto, terminando di fumare la sigaretta. Bene un paio di balle: non era mai stato nelle Isole Orientali e quel che sapeva delle popolazioni locali erano scarse informazioni raccolte dal mero sentito dire dei spedizionieri che vi avevano interagito. In quell’ultimo periodo si era semplicemente impegnato ad eseguire incarichi da recupero crediti per la Compagnia e per qualche piccolo villaggio che si era ritrovato a fare commerci con loro, e sempre in territorio del continente, quindi… Sarebbe stato bene rimanere vigili fin dal primo momento… « Per il resto, invece? Come...come va? » E addio concentrazione sul lavoro. Perché diavolo doveva incespicarsi in interazioni sociali che in quel momento erano del tutto superflue? Ah, già, aveva quel tipo di relazione con Masaru, doveva pur sempre fingere un minimo di interesse… E dire che ti lamentavi di Natsuko… Certo che sei proprio stronzo, quando ti ci metti...

« La situazione si è stabilizzata, mio padre deve ancora riprendersi del tutto ma... Sta migliorando. » « Cazzo, non sapevo, mi spiace… È un bene che si stia riprendendo... Lo sai, se dovesse servire... » Ma poi sventolò la mano davanti al viso, quasi a voler scacciare materialmente quelle parole appena pronunciate. « Ma sicuramente sarà assistito da un'ottima equipe medica... » Nel sentirlo sminuirsi in quella maniera, Chiyo non poté fare a meno di fulminarlo con lo sguardo, stringendo le mani intorno al bavero della sua giacca, quasi a volerlo strangolare. Santi numi, perché devi sempre mortificarti in questa maniera, bakacchan che non sei altro.

« Tu invece? Come stai? » Eh, bella domanda. Come stava? Uno schifo, ecco come stava. Nonostante la compagnia di Makoto e Shiroko, si sentiva perennemente solo, soffocato dalla sensazione di sentirsi inutile: con la morte di Chiyo, causata dal morbo, si era ripromesso di accantonare le sue ricerche per concentrarsi sulla ricerca di una cura o, quanto meno, di un palliativo, ma su quel frangente era completamente impantanato, così come erano impantanate le sue ricerche… Ed era convinto che questo “blocco” non fosse causato dalla mancanza d'informazioni, quanto da lui stesso, dalla sua incapacità di mettersi appieno in gioco.

Questo avrebbe dovuto risponderle, ed invece… « Che dire, si tira avanti con quel che si può... Le ragazze mi tengono impegnato... Ehm, non in quel senso eh! Intendo dire col lavoro! Quando ho ricevuto la tua lettera, con Makoto e Shiroko avevamo appena terminato un incarico e... Beh, la solita roba, insomma... » « Le tue ricerche? » Ed eccola un’altra domanda affilata come una stilettata gelida dritta dritta al suo ego martoriato. « Sono ad un punto morto... O per la meno, mi sono imposto di metterle da parte, almeno fino a che questa situazione col morbo non rientra...Una delle mie compagne... Chiyo.... Beh, non ce l'ha fatta e... Bhe, io non sono stato in grado di fare nulla e... Beh, hai capito insomma… » Incerto sulle parole, abbassò lo sguardo, incurvandosi leggermente con le spalle, le mani infilate in tasca alla ricerca di una nuova sigaretta da accendere, nel tentativo di dissipare col fumo tutte quelle parole vane e vuote… Perché diamine dovevano perdersi in chiacchiere? Non potevano avviarsi subito per portare a termine sto parto?

Si sentì sfiorare il viso dalla mano esile di Masaru, che cercò di consolarlo come meglio poté e, per tutta risposta, lo Yamanaka indietreggiò, sottraendosi a quel contatto tanto dolce, paonazzo in viso. Davvero Kacchan, certe volte non ti capisco… Ti sei ripromesso di essere sincero nelle tue intenzioni, eppure perché con lei non lo sei? Insomma, che intenzioni hai con lei? Provi qualcosa o stai solo usando i suoi sentimenti per cancellare quelli che provi per Natsuko? Ti prego Chiyo, non adesso... Aspetta… Non mi dire che sei combattuto per via di quello che ti ha raccontato Shiroko!


« Hai… Hai bisogno di qualcosa? Devi aver fatto un viaggio molto lungo... » Le domandò Kacchan, cercando di ignorare l’ombra di Chiyo che lo tartassava su quelle domande. Non è il momento di farmi da strizzacervelli… Ci ha già pensato mio cugino, costringendomi a quelle sedute del cazzo...

Edited by ArdynIzunia - 2/5/2021, 11:13
 
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